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CAPITOLO 3

L'arte simbolo
della fede

3
Definire l’arte oggi risulta essere un’impresa titanica, 1
Rodolfo Papa, Discorsi sull’arte
sacra, Edizioni Cantagalli, 2012,
eppure riflettere su una definizione potrebbe essere Siena, p. 17-35
utile a comprendere aspetti antropologici e socio- 2
ibid., p.39-43
3
ibid., p.34, 42
logici propri dell’epoca che stiamo vivendo. Nella
prima disamina di Rodolfo Papa, pittore, teorico e
storico dell’arte, vengono espressi quei caratteri
dell’arte che hanno inserito nella storia la perturba-
zione sulla definizione dell’arte stessa.1 L’autore, ci-
tando Gianfranco Morra, individua una sequenza, o
inevitabile evoluzione umana, che porta alla forma-
zione di quattro stadi umani, legati indissolubilmente
alle dinamiche sociologiche, culturali e scientifiche.
La modernità, nello stadio del terzo uomo, e la post-
modernità, nello stadio del quarto uomo, hanno pro-
dotto una serie di controversie sulla questione del
prodotto artistico, portando a sè gli strascichi di una
concezione esistenziale critica sul piano identitario.2
Si presenta quindi ardua la ricerca di una definizione
di opera d’arte, come la stessa definizione di artista.
Dunque la conclusione di tale grattacapo può solo
rimandare ad una delle tante voci che possono de-
finire questa pratica umana che nei nostri giorni ha
perso il minimo collegamento con l’umanità, o con
l’umanesimo.3 Una volta escluso il dibattito, tanto
agognato, sulla storia dell’arte (l’individuazione del
periodo moderno come del periodo postmoderno),
forse un ritorno ad una definizione classica può ap-
parire anacronistica o tradizionalista, ma non si può
nascondere che dall’antichità si possa trovare più
4
Andrea Chinappi, Che cos’è un’ope- facilmente un senso delle cose più genuino. L’ope-
ra d’arte, 2013 (lintellettualedissiden-
te.it/arte/cose-unopera-darte) ra d’arte, secondo il filosofo neo-platonico Plotino
5
Walter Benjamin, L’opera d’arte è l’idea, l’immagine perfetta che l’artista ha in lui e
nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, ET Saggi, 2014 sulla quale fonda il suo lavoro, concetto che Bene-
(1935) detto Croce attribuisce alla sola immagine interiore
6
Lev Tolstoj, Che cos’è l’arte, Don-
zelli editore, 1897 dell’artista, escludendo il prodotto materico di cui è
7
Alessandro Tempi, Il nome e la cosa. composta.4 Più recentemente, grazie alla concisa,
Per una genealogia del rapporto
Arte-Tecnologia, in “XÁOS. Giornale seppur esaustiva, disamina sulla questione dell’arte
di confine”, Anno II, N.3 Novem- del ventesimo secolo, Walter Benjamin definisce tra
bre-Febbraio 2003/2004 (Numero
doppio), URL: http://www.giornaledi- le righe che l’opera d’arte è la testimonianza storica,
confine.net/anno_2/n_3/15.htm un prodotto artistico che contiene in sé i caratteri di
autorità, autenticità e unicità.5 Nel campo letterario,
lo scrittore e filosofo Lev Tolstoj racchiude il concet-
to di opera d’arte in queste poche righe: “L’arte è
un’attività umana per cui una persona, servendosi
di determinati segni esteriori, trasfonde consapevol-
mente i sentimenti da lei provati in altre persone,
che a loro volta ne restano contagiati e li provano”.6
Nel contesto ecclesiastico, per il dottore della Chie-
sa San Tommaso d’Aquino, troviamo che l’arte sia
definita come recta ratio factibilium - ovvero l’arte è
la corretta ragione delle cose da fare -, viene così
posta tra le virtù dianoetiche insieme alla saggezza,
cioè tra le perfezioni dell’anima razionale.7
A seguito di questa sequenza di definizioni, pos-
siamo concludere che l’arte sia una fonte di cono-
scenza e di emozione interiore, condivisa tramite
strumenti, tecnica (saper fare) e materiali nell’este-
riore. Una definizione ancora molto ambigua, che
non tiene conto della grande crisi che l’arte ebbe 8
Rodolfo Papa, Discorsi sull’arte
sacra, Edizioni Cantagalli, 2012,
quando venne separata dall’artigianato e dalla stes- Siena, p. 28
sa filosofia.8 Tuttavia è certo che nella definizione più 9
Papa Giovanni Paolo II, Lettera di
Giovanni Paolo II agli Artisti, Santa
ambigua troviamo dei caratteri generali, o costanti, Sede, Vaticano, 4 aprile 1999
capaci di esprimere quanto l’arte appartienga alla
sfera individuale, tanto quanto appartiene alla sfera
globale tanto quanto appartiene a Dio, creatore del
nostro mondo terreno. In essa e per essa l’uomo
è artefice, specchio della figura di Dio che opera la
Creazione del mondo. San Giovanni Paolo II, nel-
la Lettera agli Artisti, individua una similitudine tra i
termini polacchi stwórca=creatore e twórca=artef-
ice.9 Il carattere generativo dell’opera d’arte, seppur
analogo all’atto creativo divino, se ne distacca per
l’approvvigionamento della stessa materia che co-
stituisce l’opera. Per Dio la creazione è ex-nihilo (dal
nulla), mentre l’opera d’arte dell’uomo, è frutto di
una massa già esistente, per questo motivo l’uomo
è artefice e non creatore (ars artis ‘arte’ e del tema di
facĕre ‘fare’). Si desume che la crisi sulla definizione
appaia già chiara una volta concepito l’aspetto di
centralità nell’opera d’arte, se in questa posizione ci
sia l’uomo o Dio.

La risonanza che propone l’arte nel panorama


dell’esistenza è estremamente ampia, poiché si
rende governatrice del simbolo -ne decide la pre-
senza, la posizione, la funzione e l’ordine-, di ciò
che seppur piccolo amplifica il suo significato all’e-
10
Definizione: Simbolo, Vocabolario sperienza globale della storia dell’uomo. Che cos’è
on line, Treccani
Catechismo della Chiesa Cattolica, in effetti il simbolo? La parola “simbolo” viene dal
Articolo 188 latino symbolum che a sua volta si origina dal gre-
11
Il termine al condizionale indica la
difficoltà di poter definire l’artista e co σύμβολον [symbolon] (“segno”) che a sua volta
la sua opera in un periodo storico deriva dal tema del verbo συμβάλλω (symballo) dal-
in cui il fruitore, non intenditore, è
costretto a domandarsi se ciò che le radici σύν «insieme» e βάλλω «gettare», avente il
fruisce si tratti di arte o no. Il dubbio significato approssimativo di “mettere insieme” due
instaurato su questo aspetto è frutto
di una concezione artistica legata parti distinte.10 L’artista condurrebbe11, all’interno del
al ready made, all’happening, alla suo bagaglio culturale, la ricerca dei simboli capaci
performance o all’arte concettuale.
Un’arte che concede al prodotto di di unire il presente al passato, l’individuale all’uni-
consumo uno spazio in un museo. versale, nei dettagli di una rappresentazione figu-
Una soggettivizzazione autonoma
di un prodotto artistico che prevede rativa. Decidere di mettere in relazione valori distinti
la sola scelta di prendere possesso significa farli comunicare, riconoscerli ed esprimer-
della presenza dell’oggetto nel pano-
rama artistico, capace di muovere i li affinché siano riconoscibili, lo scopo è quello di
complicati movimenti economico-fi- veicolare messaggi criptati, la funzione simbolica è
nanziari.
12
René Alleau, La scienza dei simbo- un modo di stabilire una relazione tra il sensibile e il
li, Sansoni Editore, 1983, p.166 sovrasensibile12. L’arte è infatti l’espressione audace
13
Diego Fusaro, Per una teoria
dell’arte in Karl Marx, Koiné, Vol 1-3, di un essere umano, della sua storia personale e
2007, p.111-125 intima, quanto è l’espressione dell’intera umanità e
14
(Genesi 1-5)
del mondo invisibile entro il quale in maniera ignara
giace e agisce. L’arte è da considerarsi, al pari di
altre espressioni culturali, non autonoma, ma stori-
camente determinata, capace di mutare al mutare
delle condizioni strutturali che la definiscono.13 Alla
base della mutazione si trova lo srotolamento della
storia dell’uomo, caratterizzata dalle sue inevitabili
vicende. L’essere umano è creato da Dio sul finire
dell’opera della Creazione dell’intero universo.14 Di-
venta poi schiavo di spazio e tempo, e per questo
diventa prodotto di una particolare dinamica storica, 15
Walter Benjamin, L’opera d’arte
nell’epoca della sua riproducibilità
la quale, costituita da un valore morale universale tecnica, Einaudi, ET Saggi, 2014
(esperienza esterna, sovrastrutture) -storia come ri- (1935)
16
Régis Debray, Dio: un itinerario,
sultato di libera scelta-, cozza fortemente con la sua RaffaelloCortina Editore, Milano,
esperienza morale individuale (esperienza interna, 2001, p. 111

struttura). In questo senso l’arte finisce per essere


un fotogramma di questa condizione di confronto, o
talvolta scontro, che scaturisce dall’intersecazione
tra le strutture e le sovrastrutture.

Il ruolo dell’arte nella storia umana, come ci ricor-


da Walter Benjamin, è quella di imprimere trami-
te il modellamento della materia, la bellezza di un
accadimento magico o rituale. Il ricordo a cui ci
riporta Benjamin, è il momento della raffigurazione
della “grande caccia” condotta dall’uomo primiti-
vo.15 Questo frangente, riducibile ad un periodo
della storia di un uomo, ma anche ad un attimo, ad
un’illuminazione fulminea, carico di simbolismo e di
soggettiva bellezza, sfocia nella sua reincarnazione
in forma differente all’interno del concetto artistico.
L’arte è elemento nostalgico, melanconico, “L’im-
magine era il sostituto visibile del morto invisibile”16
afferma il filosofo Régis Debray, trasmissione unidi-
rezionale che, al contatto con la materia, si veste
di oggettività e di trasmissibilità universale. La con-
trapposizione tra singolare e l’universale è coadiu-
vata dalla caratteristica sociale dell’opera artistica,
la quale non è certamente da considerare fine a sé
17
Émile Durkheim riteneva che il pro- stessa; un’opera d’arte può essere mai considera-
gresso avrebbe portato la religione
tradizionale a un declino irreversibile; ta solo espressione libera, elitaria o straordinaria di
ma era altresì convinto che nessuna un individuo, al contrario, è il cancello che accoglie
società potesse sopravvivere
senza quel tessuto connettivo (valori, il visitatore alla globalità. Il frangente, hic et nunc,
credenze e riti capaci di suscitare in- sottoposto ad analisi di Benjamin confluisce, a se-
tensi legami di solidarietà) proprio di
una natura essenzialmente religiosa. guito della perdita di autenticità dell’arte tramite la
Nelle società progredite e altamente riproducibilità dell’opera, nella più congetturale per-
differenziate la religione non sarebbe
quindi scomparsa, ma avrebbe dita del fondamento rituale di cui l’arte -in particolare
subito una metamorfosi, consistente quella figurativa- è capostipite, per sfociare nel fon-
nella s. dei suoi contenuti (sacraliz-
zazione della persona umana, culto damento politico. Con l’immissione dell’opera d’arte
dell’individuo; Definizione: Seco- in questa branca del vivere umano, oramai seco-
larizzazione, Vocabolario on line,
Treccani larizzata, l’arte finisce per non rappresentare più la
18
Walter Benjamin, L’opera d’arte realtà sovrannaturale o sovrasensibile con il valore
nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, ET Saggi, 2014 cultuale che la caratterizzava, bensì ne aumenta il
(1935) valore sensibile, materico, funzionale ed espositivo,
sbilanciando l’equilibrio che, prima della secolariz-
zazione17, vedeva entrambi i valori equamente distri-
buiti negli attributi dell’arte. Il cuore dell’arte, come
espressione visibile della realtà invisibile (ma non
astratta), rompe drammaticamente con la tradizione
cultuale, che al contrario, si sottomette ad una ten-
denza sempre più astrattista forzata, perchè non più
indirizzata ai misteri dell’eternità, ma a prosaici sofi-
smi appartenenti agli stessi valori deceduti durante
la sua emancipazione.18

“L’arte non serve il culto, rendendolo attrattivo, ma,


in quanto rappresentazione, in quanto opera, che
si eleva al di sopra di ogni empiria e di ogni lavoro
volto alla soddisfazione di bisogni naturali, manifesta 19
Le virtù morali, e tra queste in
particolare la prudenza, consentono
la discesa dell’essenza divina dal suo al di là al sé al soggetto di agire in armonia con il
dell’uomo” afferma Massimo Cacciari nell’introdu- criterio del bene e del male morale:
secondo la recta ratio agibilium, cioè
zione al saggio benjaminiano. Qual è quindi il ruolo il giusto criterio dei comportamenti.
dell’arte se vi è una sacralità nella sua matericità? L’arte, invece, è definita in filosofia
come recta ratio factibilium, cioè
Come già enunciato, l’aspetto formale dell’arte con- il giusto criterio delle realizzazioni),
tiene in sé il carattere più divino che l’uomo abbia Papa Giovanni Paolo II, Lettera di Gio-
vanni Paolo II agli Artisti, Santa Sede,
mai prodotto concretamente, al pari delle opere di Vaticano, 4 aprile 1999
carità, di cui la fede cattolica esalta la grandezza: 20
Miriam Savarese, La nozione
trascendentale di bello in Tommaso
“Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso d’Aquino, Febbraio 2015, disf.org/
specifico del termine. Secondo l’espressione della editoriali/2015-02I
Il poeta britannico Jean Keats nel po-
Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è affidato il compito ema “Ode su un’Urna Greca”, scrive
di essere artefice della propria vita: in un certo sen- la frase: «“Bellezza è verità, verità
bellezza,” - questo solo Sulla terra
so, egli deve farne un’opera d’arte, un capolavoro” sapete, ed è quanto basta». Platone
scrive a proposito San Giovanni Paolo II nella Lettera scrive inoltre : “La bellezza indica la
via che conduce al bene”, cfr. ,Arte
agli artisti. Ogni vita ben vissuta appare opera d’arte Sacra Cristiana per l’annuncio della
agli occhi di Dio, per cui la matericità dell’opera è te- fede, Kulturstelle der Erzdiözese
Wien, Vienna, 1999, p.12
stimone di una condotta di vita volta al bene19, all’e-
vangelizzazione, alla lode della creazione, secondo
la fede cattolica. Il bene e il bello giocano un’unica
partita, se il bello è parte dei trascendentali -cioè le
determinazioni proprie di ogni ente in quanto ente-,
significa che è una parte inseparabile di tutto l’es-
sere, di tutta la sostanza, del singolare (unum), del
vero (verum) e quindi del bene (bonum).20

Suscita tuttavia timore concepire l’arte come al ser-


vizio di Dio, poiché rischia di definire una serie di
responsabilità, o di dettami da rispettare, o ancora
21
Walter Benjamin, L’opera d’arte caratteristiche particolari a cui sottomettersi; si met-
nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, ET Saggi, 2014 te in gioco l’eternità nella nostra debolezza terrena.
(1935), p. 12 Eppure “La riproducibilità tecnica dell’opera d’arte
22
Ciro Lomonte, Ripartire da zero?
- perchè i linguaggi dell’architettura emancipa l’opera d’arte dalla sua esistenza paras-
moderna non sono adatti alla liturgia, sitaria nell’ambito del rituale”, afferma Benjamin,
Pubblicazione Academia EDU, 2005
“L’opera d’arte riprodotta diventa in misura sempre
maggiore la riproduzione di un’opera d’arte legata
alla riproducibilità”21; così avvenne la liberazione dal
peso della trascendenza dell’arte secondo il filosofo
tedesco. Questa tendenza di trattazione con la spi-
ritualità dell’arte venne amplificata con l’avvento del
modernismo, in particolare con la demonizzazione
e l’accusa criminosa nei confronti della decorazione
e dell’ornamento tanto comune all’interno dell’isti-
tuzione religiosa cattolica. La Staatliches Bauhaus,
fondata da Walter Gropius e da altri artisti del tem-
po che ne presero parte, aprirono le porte ad una
nuova concezione di arte e di architettura sulla scia
dell’età dei Lumi, proclamando l’ex novo e la tabula
rasa (cioè all’urgenza di ripartire da zero), atteggia-
mento progettuale che suonava ripetitivo all’interno
dell’accademia.22 L’architetto Mies Van der Rohe,
d’altro canto, seppure l’origine del manifesto mo-
dernista avesse precedentemente accusato i colpi
di una tendenza ad essa precedente, che eliminava
la concezione del dettaglio in seno ad uno scontro
politico nei confronti della borghesia, rompe ancora
più drammaticamente la sua relazione e collabora-
zione con l’arte con il motto “less is more”. A confer-
ma della filosofia modernista gnosticheggiante par- 23
“Le bon Dieu est dans le détail”
Gustav Flaubert (1821-1880); come
torita da Walter Gropius e dagli artisti collaboratori, “Der liebe Gott steckt im Detail” Aby
il motto miesiano fa del messaggio un vero e pro- Warburg (1866 - 1929)

prio modus vivendi -certamente contemporaneo al


concetto socialista di un proletariato aggressivo nei
confronti dell’inutile ed eccessivo sfarzo borghese
e degli “escrementi” ornamentali dell’Académie des
Beaux Arts-, uno status, concluso nella sua estre-
mizzazione minimalista e nell’esaltazione dell’exi-
stens minimum e nell’esaltazione della fabbrica, la
nuova cattedrale del proletariato. Il motto di Mies
Van der Rohe si colloca accanto ad un’altra frase
“God is in details” -frase che proviene anche da altri
intellettuali come Gustave Flaubert o Aby Warburg
di qualche decennio prima-23, la quale sicuramen-
te esprime il concetto chiave della decorazione, del
fasto, della cura del dettaglio, ma istituisce quella
foga iconoclasta e purista promulgata da un moder-
nismo che non intendeva cancellare lo spiritualismo
dal proprio agire. Al contrario, pare che l’intenzione
sia di cancellare l’identità di Dio nel simbolo, in seno
alla nuova tendenza Teosofica panteistica. Se Dio
costituisce la materia, creando qualcosa che an-
cora oggi, dopo quasi seimila anni dalla creazione
dell’uomo (secondo il creazionismo) appare com-
plesso e saturo di mistero, ciò che è l’arte dell’uomo
per Dio (di carattere cultuale), deve necessariamen-
te contrarre questa complessità, quindi, emularla.
Quando questa fase artistica si rende specchio del-
24
Walter Benjamin, L’opera d’arte la creazione divina, come avvenne per il tradizionale
nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, ET Saggi, 2014 rapporto bimillenario dell’arte con la sacralità cristia-
(1935) na, il dettaglio diventa sinonimo di mistero, di pro-
25
Jean Paul Hernàndez, Lo spazio
sacro come kerygma e mistagogia, iezione al divino, di immagine di Dio -come l’uomo
Pietre Vive, 2010 effettivamente è, secondo le Scritture-. Se, al con-
26
Salmo 47(46),8: “perchè Dio è
re di tutta la terra, cantate inni con trario, avviene una catarsi (intesa come purificazione)
arte.” dal dettaglio, la quale costituisce un impedimento
per l’occhio nella contemplazione della purezza del-
la struttura, che a sua volta è risultato dello sviluppo
tecnologico e per questo esaltazione del progresso,
Dio non partecipa più all’opera d’arte, ma l’uomo si
fa creatore e non più artefice. L’assenza dell’identità
di Dio nell’opera architettonica moderna e nell’arte
contemporanea rende visibilmente spurio l’aspetto
cultuale che viene formandosi con l’autodetermina-
zione dell’art pour l’art, il quale si trasforma in valore
funzionale, prima, legato alla politica Marxista, ed
espositivo, dopo.24 Questa attitudine, nello sviluppo
culturale umano, non solo ha scemato la capacità
intellettuale dell’uomo di osservare ed apprezzare
l’aspetto simbolico dell’arte pre-modernista, ma ha
svuotato tutta l’arte del mondo dall’aspetto cultuale
e spirituale, donando il primato a quello funzionale
ed espositivo, trasformando la contemplazione del
dettaglio come un evento straordinario dentro una
carente ordinaria realtà.25Contemporaneamente
l’arte antica, testimone materica di un tempo sto-
rico, inno di lode alla bellezza del creato,26 diven-
ta nostalgicamente irraggiungibile e irriproducibile,
poiché manca la stessa aspirazione allo spirituale 27
Massimo Cacciari in Walter Benja-
min, L’opera d’arte nell’epoca della
monoteista. Il fondamento marxista introduce una sua riproducibilità tecnica, Einaudi,
nuova chiave di lettura dell’arte che diventa alienata ET Saggi, 2014 (1935)

dallo stesso apprezzamento fisico e spirituale uma-


no, per il quale ogni parte della materia viene vi-
sualizzata nel suo valore economico e non più per
i suoi caratteri di bellezza; materializzazione versus
trascendenza. L’attenzione si rivolge sul “processo
di de-sostanzializzazione del mondo”, per il quale
secondo Marx “la cosa tangibile è divenuta un pro-
cesso”, concetto che determina un valido lascia-
passare verso il prosaico, la descrizione fine a sé
stessa di un’opera inconcludente. In questa morte
del valore tangibile, strettamente connesso al suo
significato simbolico cultuale, si ritrova l’attenzione al
procedimento, al processo (catena di montaggio),
lontano dalla rappresentazione simbolica cultuale,
che si conclude con la sequenza “stirb und werde”
(muore e diventa) sempre di origine Marxista.27 Que-
sto accadimento, tuttavia, concerne la natura astrat-
ta e mutevole del denaro stesso -al quale aspira il
pensiero economico socialista-, poiché la mone-
tizzazione dell’arte rende l’arte stessa una moneta
amorfa, mutevole, sintetizzata nella sua esperienza
espositiva e nella sua forza mediatica nonché poli-
tica, atta a forzare persino lo stesso culto art pour
l’art, quindi il valore di una cosa è esclusivamente
relativa a quello delle altre con le quali risulta scam-
biabile. Seppure oggigiorno la concezione di bello
20
Régis Debray, Dio: un itinerario, sia ancora diversa rispetto alla visione di Benjamin o
RaffaelloCortina Editore, Milano,
2001, p. 299 alla visione marxista, pare che non sia cambiata, ma
che sia diventata parte di un substrato sedimentato
nella coscienza della società globalizzata.

Tornando all’aspetto cultuale dell’arte, è utile, se


non necessario, ricordare come nella radice tede-
sca, Bild (immagine), sia la stessa radice di Bildung
(educazione). Da qui si è in grado di costruire un
ragionamento sull’utilità dell’arte figurativa, sul suo
aspetto comunicativo e sulla sua responsabilità ri-
guardo agli attributi di “bene” e “male” che la lega-
no indissolubilmente alla spiritualità e al culto. Se
concepiamo ognuno dei cinque sensi all’educazio-
ne di un individuo, possiamo certamente condurre
un’analisi qualitativa relativa all’apprendimento che
avviene tramite essi, ma specialmente una com-
parazione rispetto alle strutture che li definiscono.
Quando consideriamo il senso della vista, ciò che
ci interessa maggiormente in questa analisi, possia-
mo affermare con sicurezza che si tratta di un me-
todo di apprendimento differente dal tatto, poiché
indiretto e distaccato; “La percezione visiva è di per
sé distanziata, la percezione sonora è fusionale, se
non tattile. Essa ignora la separazione tra soggetto
e oggetto” ne scrive Régis Debray28. L’antropolo-
go ed esoterista Rudolf Steiner (teosofo), tuttavia,
ha sottolineato la natura soprattutto volitiva, anzi-
ché conoscitiva, della visione: «L’uomo moderno ha
totalmente perduto la conoscenza di questo fatto. 29
Rudolf Steiner, Arte dell’educazio-
ne: antropologia Archiviato il 4 marzo
Perciò considera infantile quel che dice Platone, 2016 in Internet Archive., trad. it. di
cioè che il nostro vedere proviene dal fatto che una Lucio Russo, 1919
30
Chiesa Cristiana Evangelica di
specie di tentacoli si sprigioni dagli occhi e vada ver- Napoli, Definizione: Osservare, aprile
so le cose. Questi tentacoli non sono naturalmente 2014

visibili con mezzi esterni, e se Platone ne era co-


sciente, ciò dimostra appunto ch’egli era penetrato
nel mondo soprasensibile. Effettivamente, quando
noi guardiamo gli oggetti, si compie, solo in maniera
più sottile, un processo simile a quello che avviene
quando afferriamo qualche cosa. Quando prendia-
mo in mano un pezzo di gesso, si tratta di un fatto
fisico del tutto analogo a quello spirituale che si svol-
ge quando scocchiamo dagli occhi le forze eteriche
per afferrare un oggetto per mezzo della vista»29.
In ebraico la vista, l’osservare, viene tradotto in ‫רַמָׁש‬
(shamar), che -a favore della teoria di Steiner- ha
un significato ben più profondo del solo guardare
e osservare. Il verbo “shamar” spesso mal interpre-
tato con la traduzione di “fare” o “ubbidire”, porta
invece ad un significato più tattile di ciò che ci si
può aspettare, cioè “difendere”, “proteggere”, “fare
proprio”, “custodire”.30 Per questo motivo la conce-
zione volitiva di Steiner si avvicina molto di più alla
visione ebraica testamentaria carpita dalle Scrittu-
re. Se procediamo su questa linea, tracciata dalle
Scritture, è possibile visualizzare chiaramente un
parallelismo che esplica la vera utilità dell’arte nella
vita spirituale di un individuo, passando attraverso il
31
Johann Wolfgang von Goethe, Teo- senso della vista.
ria dei colori, introduzione, 1810
32
Régis Debray, Dio: un itinerario, «Se l’occhio non fosse solare, come potremmo ve-
RaffaelloCortina Editore, Milano, dere la luce? Se non vivesse in noi la forza propria di
2001, p. 24
33
Papa Giovanni Paolo II, Lettera di Dio, come potrebbe estasiarci il divino?»31.
Giovanni Paolo II agli Artisti, Santa
Sede, Vaticano, 4 aprile 1999
34
Régis Debray, Dio: un itinerario, Quando consideriamo l’arte come “materia organiz-
RaffaelloCortina Editore, Milano, zata” -ciò che funge da oggetto di culto secondo
2001, p. 25
35
Walter Benjamin, L’opera d’arte l’attribuzione di Régis Debray32 - secondo un’aspi-
nell’epoca della sua riproducibilità razione al trascendente, in accordo alle forze del
tecnica, Einaudi, ET Saggi, 2014
(1935), p.15 bene e del male che guidano il nostro libero arbitrio,
è naturale rendere l’artista un sottoposto di Dio, al
suo servizio, un Suo epigono. “L’Artista divino, con
amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla
della sua trascendente sapienza all’artista umano,
chiamandolo a condividere la sua potenza creatri-
ce”, afferma Papa Giovanni Paolo II.33 Sorge quin-
di spontanea la domanda, chi trasmette il divino, a
chi, dove, come e sotto quali forme? Valorizzando
o ponendo interdetti a quale forma di espressione
- alle immagini o solamente al testo?34 Inoltre, tor-
nando a Benjamin, quanto l’immagine indirizzata al
culto deve essere esplicata e risposta da un testo
(didascalia o descrizione) e non all’ascolto di una
risposta -di una preghiera-?35

Nella storia delle religioni, della magia, dell’esoteri-


smo e di ogni mistagogia (dal greco μυσταγωγία;
v. mistagogo – Nell’antica religione greca, l’iniziazio-
ne ai misteri), l’uomo si è affacciato al divino trami-
te l’arte, ma in particolare tramite il simbolo. Come 36
Régis Debray, Dio: un itinerario,
RaffaelloCortina Editore, Milano,
anticipato precedentemente, il simbolo è capace di 2001, p. 131
rimandare ad una serie di significati molto più ampi 37
Andrea Chinappi, Che cos’è un’o-
pera d’arte, 2013 (lintellettualedissi-
delle sole parole; Il genio ebraico, vietandosi il pre- dente.it/arte/cose-unopera-darte).
stigio mondano della visibilità, ha spiegato l’indigen- citazione proveniente da Carl Gustav
Jung, Simboli della trasformazione,
za a proprio vantaggio, praticando la diminuzione Bollati-Boringhieri, Torino 1970
argomentativa (il simbolo dice più della cosa)36 scri- 38
Matteo Ficara, Il Simbolo, l’Archeti-
po e l’immagine. Insegnamenti da Le
ve sprezzantemente Régis Debray nei confronti del Stanze dell’Immaginazione, febbraio
Dio ebraico, chiamato “genio” seguendo il concetto 2018, (matteoficara.it/stanze-im-
maginazione-insegnamenti-simbo-
romantico kantiano37. Il simbolo è un concetto dif- lo-e-immagine)
ferente rispetto all’aspetto sensibile di un elemento,
proviene dal significato evocato da qualche carat-
teristica dell’elemento stesso, è inoltre disconnes-
so da un particolare linguaggio. Al contrario esso è
connesso alla tradizione di un popolo, alla sua cul-
tura e, volendolo determinare ulteriormente, ad uno
junghiano “inconscio collettivo”. Carl Gustav Jung,
infatti, afferma che “iI simbolo non è né allegoria né
segno (seméion), ma l’immagine di un contenuto
che per la massima parte trascende la coscienza”,
c’è un contenuto, quindi, che per mostrarsi assume
un volto, una immagine38, un prosopon (πρόσωπον,
cioè maschera dell’attore). Ogni simbolo diventa
schiavo di eventi e di storia, ma il suo concetto pri-
mordiale rimane vero e immutato, esso è uno spazio
eterno a cui viene data una forma infinitamente mu-
tevole ed entro il quale può avvenire la contempla-
zione. Quando questo concetto (codificato) tramite
la forma si instaura nella realtà (de-codificazione), di-
venta immagine di quel simbolo infinitamente vasto;
attraverso l’immagine avviene ciò che è la compren-
sione (comprendere, cum-prehendere, prendere
insieme, contenere in sè, afferrare con l’intelletto),
la quale sta alla base dell’educazione. L’arte ha fatto
uso di simboli per poter mettere a confronto la re-
altà tangibile con questa eterna ed invisibile realtà
vagante nel cuore degli uomini. In questa digressio-
ne nella spropositata vastità del significato al quale
il concetto di simbolo appartiene, sono stati altresì
delineati diversi attributi che si possono catalogare
nella trascendenza, l’invisibile, l’astratto o ancor più
correttamente nel divino -termine in grado di racco-
gliere tutti i significati-. Quest’ultima corrispondenza
che lega i due aspetti (arte e divinità), certamente
ci introduce ad una serie infinita di biforcazioni sul
percorso di analisi storico-geografico dell’aspetto
cultuale dell’arte nel mondo. Tuttavia, è necessario
costruire un filtro attraverso il quale si possa proce-
dere. Una volta intrapresa la strada del simbolico
nell’arte, come nel divino, ci si trova davanti alla va-
stità delle religioni che hanno condiviso un legame
tra i due aspetti, nelle quali bisogna considerare le
numerose declinazioni e deformazioni storiche che
ne hanno definito le strutture e sovrastrutture che
vediamo oggi. In tutte le casistiche, ogni religione
appare come materia organizzata, intesa come la
quantità di simbolismi che le rappresentano, ma an-
che come organizzazione materializzata, cioè le dif-
ferenti istituzioni o comunità che le costituiscono.39 39
Régis Debray, Dio: un itinerario,
RaffaelloCortina Editore, Milano,
Il simbolo è relativo ad entrambe le constituzioni. La 2001, p. 24
disamina a cui si prende parte in questa ricerca si 40
“Le idee sul pulchrum, sul verum,
sul bonum possiedono valore onto-
colloca nell’altrettanto vasto mondo della fede cri- logico, ma nel contempo rinven-
stiana. gono nella creatura che possiede
la stazione eretta, la mano abile, il
linguaggio articolato, la vista e l’udito
Quale responsabilità ha l’arte nella fede cristiana, e sottili atti a percepire la varietà delle
forme e delle armonie del sensibile
come ha usufruito del simbolo per tracciare i confini (Summa theol., I, 91, 3), il con-
di Dio?40 La fede cristiana fonda la propria fede sul naturale destinatario”,Definizione:
Tommaso d’Aquino, Vocabolario on
“Simbolo degli Apostoli”, o Credo41. Il primo sim- line, Treccani
bolo a cui la fede si affida è verbale, la prima opera 41
Il Simbolo degli Apostoli [è] così
chiamato perché a buon diritto è
d’arte è la vita di Gesù Cristo (presente nel Nuovo ritenuto il riassunto fedele della fede
Testamento), appartenente alla formula del Credo, degli Apostoli. È l’antico Simbolo
battesimale della Chiesa di Roma.
così come la vita dei suoi profeti ed apostoli appar- La sua grande autorità gli deriva da
tiene al concetto di simbolo per la proiezione verso questo fatto.», (Catechismo della
Chiesa Cattolica, articolo 194)
l’eternità, la Verità e il Regno Celeste. Se il simbolo
significa mettere insieme ed è verbale, certamente
significa che, nel dialogo con l’altro, la verità che
si professa torna a combaciare perfettamente. De-
bray, nel suo testo “Dio: un itinerario” affronta una
ricerca simbolica del divino, le differenti esperien-
ze nella cultura ebraica, protestante e cattolica, ma
senza affrontare sistematicamente la separazione
della Chiesa d’Oriente e d’Occidente. L’espressio-
ne del divino, seppur si stia trattando del medesi-
mo Dio, costituiscono differenti flessioni, quale più
connessa ai Sacri Rotoli e alla Parola di Dio come
alle Tavole della Legge, quale più connessa alle
Scritture e alla musica sacra e non alle opere, quale
42
Esodo 20,4-5; Deuteronomio 5,8- connessa alla Bibbia quanto ai Santi che ne hanno
10 (“Non ti farai idolo nè immagine
alcuna di quanto è lassù nel cielo emulato gli atti quale invece strettamente legata al
nè di quanto è quaggiù sulla terra culto dell’immagine o icona.
nè di quanto è nelle acque sotto la
terra. Non ti prostrerai davanti a loro
e non li servirai. Perchè io, il Signore, Ricorre insistentemente la domanda sopra il motivo
tuo Dio, sono un Dio geloso, che
punisce la colpa dei padri nei figli che spinge lo stesso Dio a mostrarsi spesso così
fino alla terza e quarta generazione, differente ed enigmatico. Egli è capace di condan-
per coloro che mi odiano, ma che
dimostra la sua bontà fino a mille nare apparentemente tutti i tentativi rappresentati-
generazioni, per quelli che mi amano vi42, ma allo stesso modo è in grado di benedire la
e osservano i miei comandamenti”);
Deuteronomio 4,15-20 propensione dell’uomo verso di Sè.43 Diventa quindi
43
Catechismo della Chiesa Catto- importante comprendere come non sia l’immagine
lica (CCC), articolo 2130 e 2132,
citazioni dei passi: Nm 21, 4-9; Sap rappresentata ad essere lo strumento di salvezza
16,5-14; 1Re 6,23-28; 7,23-26; Es -poiché la salvezza non si possiede materialmente-,
25,22; 36,8; 36,35; Col 1,15
44
Ciro Lomonte, Ripartire da zero? ma ciò a cui rimanda. Il Dio invisibile diventa, per i
- perchè i linguaggi dell’architettura cristiani, visibile con la venuta di Cristo, eppure per
moderna non sono adatti alla liturgia,
Pubblicazione Academia EDU, 2005 la religione ebraica non vi è il riconoscimento della
45
Marco Vitruvio Pollione, De Sua natura divina, ma esclusivamente profetica.
architectura libri decem, libro primo,
II, p. 5 “Con il cristianesimo il legame tra umano e divino si
consolidò in una forma impensabile in preceden-
za. Ormai l’Uomo-Dio era apparso nella carne di un
Uomo reale e non semplicemente nel marmo e nel
bronzo. Non era più l’immaginazione che dava con-
tenuto all’arte ma era la realtà che offriva il materiale
all’artista”.44 Con questa squisita esplicazione, Ciro
Lomonte contribuisce ad avvalorare l’importanza
del Decor 45, ricordando il valore che la decorazione
copriva per esprimere i contenuti e le caratteristi-
che del divino per i cristiani. Contrariamente al pro-
testantesimo, per il cattolicesimo sperimentato da
Debray nella sua ricerca, “quando il Simbolo viene 46
Régis Debray, Dio: un itinerario,
RaffaelloCortina Editore, Milano,
a mancare, ricompare il diabolico (dyaballo, ciò che 2001, p. 370
divide; il contrario di symballo)”.46 L’autore riconosce 47
Giovanni 10,33 (“Gli risposero i
Giudei:<Non ti lapidiamo per un’o-
quasi il necessario legame che la fede cattolica isti- pera buona, ma per la bestemmia e
tuisce nei confronti della simbologia. Nelle pagine perché tu, che sei uomo, ti fai Dio>”)
48
Ciro Lomonte, Architettura: il meno
successive, la natura dei simboli che vengono pre- e il più?, Pubblicazione Academia
si in esame evidenziano come addirittura si possa EDU, 2005

eseguire una statistica dei simboli più ricorrenti nei


luoghi religiosi. Debray addirittura dedica un capitolo
del suo libro a interrogarsi sulla scomparsa del Pa-
dre e la vittoria del Figlio sul trand della simbologia
cristiana. “Cristo parricida” è il titolo del capitolo, un
fascinoso itinerario che di per sé evoca immedia-
tamente la risposta. Dio non ha mai preso specie,
non si è mai definito in una forma, se non attraverso
Gesù Cristo, dietro il quale si cela un’insospettabi-
le Uomo-Dio.47 Cristo è sofferente ed empatico (ri-
guardo le sofferenze umane), ma altrettanto divino,
come mostra attraverso i Segni, ovvero i Miracoli
della Sua vita pubblica. I Miracoli sono senza dub-
bio il Simbolo per eccellenza della Potenza divina,
la loro indiscutibile presenza nel periodo di insegna-
mento di Cristo, è documentata e rappresentata
nella Biblia Pauperum di Papa Gregorio I (ideata da
Oscar di Brema, l’apostolo del nord).48 Cristo per
certi superficiali aspetti è rappresentato dalle Sue
opere; mentre la divinità di Cristo acquista fattezze
nella Sua stessa esistenza (venuta, vita, passione,
morte e resurrezione), nei Suoi atti, come nelle Sue
49
È necessario ricordare che se- parabole: il buon pastore, il fico, il seme di senapa,
condo Benjamin l’arte autentica ha
origine cultuale. La tesi benjaminiana il lievito, il pesce (Giona), l’alpha e l’omega, il figliol
si trova a discutere sul tramonto prodigo, la vite e l’uva, il seminatore, il pescatore,
di questa autenticità. Il concetto di
Aura a cui fa riferimento, poi esaltato i talenti, eccetera. Queste allegorie sembrano di-
nell’affermazione più romantica del ventare simbolismi -contrariamente alla definizione
termine, concerne i lati insiti di ge-
nialità e creatività di un’opera d’arte di Jung-, che rappresentano la vita dei Messia ed il
propriamente detta. Suo epigramma di salvezza, come anche il conte-
nuto del messaggio di giustizia e misericordia che
fanno della Sua venuta il fulcro principale.

Successivamente la morte di Gesù Cristo, vi è la


constatazione che l’apostolato sia un’investitura
che deve tendere all’imitazione del Maestro. Questa
configurazione rende la vita di Cristo stessa modello
da seguire, come il passo biblico “Il discepolo non è
da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà
come il suo maestro” (Luca 6,40), l’insegnamento
rimanda alla salvezza e la conoscenza della vita del
Messia è motivo che interseca la speranza della sal-
vezza all’evangelizzazione. La peculiartà della rap-
presentazione artistica sacra è quella di far apparire
la pienezza dell’essere di Dio e la sua immanenza
nell’opera d’arte di cui, in un certo senso, si fa stru-
mento. Una lettura più universale della precedente
asserzione può arrivare a riferirsi a Dio come origi-
ne e meta di ogni genere d’arte, rinunciando all’e-
sclusività dell’opera sacra.49 Esattamente in questa
motivazione si fornisce la risposta che invita alla rap-
presentazione come evangelizzazione, quando la
bellezza diventa funzionale e la figura diventa laico- 50
Ciro Lomonte, Architettura: il meno
e il più?, Pubblicazione Academia
rum literatura.50 La bibbia intera diventa oggetto di EDU, 2005 ; citazione di Onorio di
simbolismo, il libro Sacro è colmo di immagini che Autun probabilmente risalente all’o-
pera Clavis Physicae. “In quest’opera
anelano all’infinità della trascendenza ed alla ragione i simboli abbondano e fungono da
dell’esistenza umana. Non è casuale che vi siano interpreti al fine di ritrovare il Creatore
nello specchio dell’universo”
diverse posizioni sulle possibilità di esegesi delle 51
intervista: “Architettura e Liturgia”
Sacre Scritture: letterale, allegorico, tropologico e Flaminia Morandi Goffredo Boselli
Crispino Valenziano, Marko Ivan
anagogico. Proprio tramite l’ermeneutica è possibile Rupnik. Sabato. Dialoghi - “Uomini e
costruire una mappa di simboli facilmente estraibi- Profeti” del 19/11/2016 Radio Tre
(sito: https://goo.gl/jgsi3c)
li ed artisticamente codificabili. A coronamento di 52
Jean Paul Hernàndez, Lo spazio
questo atteggiamento, Padre Marko Ivan Rupnik, sacro come kerygma e mistagogia,
Pietre Vive, 2010
presbitero sloveno, autore di diversi capolavori figu- 53
Ciro Lomonte, Architettura: il meno
rativi con la tecnica del mosaico, ha definito in un’in- e il più?, Pubblicazione Academia
EDU, 2005
tervista che “la casa del padre non è muta”.51 I suoi
caratteri figurativi ricoprono importanza mistagogica
per le popolazioni,52 seppur non si tratti di analfabe-
ti, “i nostri contemporanei sono stati abituati, forse
anche costretti, al minimalismo”53 scrive Lomonte
nell’articolo “Architettura: il meno e il più”. Risulta
poco scontato nelle Chiese contemporanee trovar-
si davanti a rappresentazioni bibliche, ancora meno
a rappresentazioni dei Santi della storia cattolica. I
nuovi luoghi di preghiera sembrano rifiutare di ospi-
tare anche la raffigurazione del Santo a cui la Chiesa
è dedicata. Al contrario, la storia e la vita dei Santi,
parallelamente alla vita di Cristo forniscono le chiavi
di lettura per una reale vita cristiana, sulle orme del
Maestro. La loro devozione, le loro caratteristiche
più curiose ed il loro peculiare metodo di aposto-
45
“La nostra debolezza quindi è mol- lato vengono spesso celati dietro il simbolismo, si
to aiutata dalla loro fraterna sollecitu-
dine.” - Paolo Vescovo unitamente ai tratta spesso di oggetti che li accompagnavano in
Padri del Sacro Concilio, Costituzio- vita e che permettono il riconoscimento, altre vol-
ne Dogmatica sulla Chiesa - Lumen
Gentium, novembre 1964, cap VII te si tratta di specialissime caratteristiche fisiche. In
“[...] poiché nei servi di Dio vene- questo senso si possono citare: San Pietro, raffigu-
riamo Dio stesso” - San Tommaso
d’Aquino, Somma teologica, II-II, 82, rato spesso con due chiavi; San Giovanni il Battista,
2, ad 3 caratterizzato da una veste in pelle di cammello e
bastone pastorale; San Sebastiano, posto davanti
ad una colonna e perforato da diverse frecce; San-
ta Rita, con la peculiare spina sulla fronte; o ancora
Santa Agata, a cui vennero recisi i seni, e così via.
Il cristianesimo esalta il martirio, le sofferenze e la
predicazione, nonché l’investitura apostolica. Que-
ste caratteristiche rendono intriganti le vite dei Santi,
ma specialmente toccano gli animi di coloro che si
approcciano alla preghiera, poiché l’intercessione
di un Santo in un particolare momento di vita di un
fedele può avere importanza significativa.54 I Santi
sono coloro che “avevano più da vicino imitata la
verginità e la povertà di Cristo e infine altri, il cui sin-
golare esercizio delle virtù cristiane e le grazie insigni
di Dio raccomandavano alla pia devozione e imita-
zione dei fedeli” afferma Paolo Vescovo nella costi-
tuzione dogmatica Lumen Gentium, “Il contemplare
infatti la vita di coloro che hanno seguito fedelmente
Cristo, è un motivo in più per sentirsi spinti a ricerca-
re la città futura (cfr. Eb 13,14 e 11,10); nello stesso
tempo impariamo la via sicurissima per la quale, tra
le mutevoli cose del mondo e secondo lo stato e la
condizione propria di ciascuno, potremo arrivare alla 46
Paolo Vescovo unitamente ai Padri
del Sacro Concilio, Costituzione
perfetta unione con Cristo, cioè alla santità”.55 Dogmatica sulla Chiesa - Lumen
La ricerca della verità avviene con la parola e le ope- Gentium, novembre 1964, cap. VII.
nel Catechismo della Chiesa Cat-
re, ma anche tramite la matericità delle rappresen- tolica (CCC), articolo 957, citando
tazioni. Questo ausilio sulla via della verità evoca la Martyrium sancti Polycarpi, 17, 3: SC
10bis, 232 (Funk 1, 336) vi è scritto:
frase scolastica “adaequatio rei et intellectus” (ade- “Noi adoriamo Cristo quale Figlio di
guazione dell’intelletto alla cosa), tale definizione si Dio, mentre ai martiri siamo giusta-
mente devoti in quanto discepoli e
basa sul dualismo di realtà e pensiero, e caratte- imitatori del Signore e per la loro su-
rizza perciò la gnoseologia propria del realismo. Si prema fedeltà verso il loro Re e Ma-
estro; e sia dato anche a noi di farci
può affermare che l’intelletto fruisca del piacere del loro compagni e condiscepoli”,
bello per comprendere la realtà della vita come veri- 47
“Con la distruzione totale dell’or-
dine antico, con la dissacrazione
tà che rende vivi. Risulta quindi necessario lasciarsi e scristianizzazione della vita, con
rispondere dalle immagini per nutrire la speranza di l’abbandono della dignità e della
somiglianza di Dio dell’uomo, risulta-
sentirsi amati.56 no, inevitabilmente, quelle devia-
zioni grossolane e quelle caricature
blasfeme nella rappresentazione di
persone sante, che non tengono
conto nè del sacro nè dell’immagine
divina dell’uomo”. Karl Borromäus
Frank, Kernfragen kirchlicher Kunst,
Vienna 1953, citato in Georg Stein,
Arte Sacra Cristiana per l’Annuncio
della Fede, Kulturstelle der Erzdiöz-
ese Wien, Vienna, 1999, p.10

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