Lo studio e la scuola, nonostante esistessero sin dall’antichità, costituirono per secoli un privilegio
riservato a pochi: inizialmente erano prerogativa solo degli aristocratici, poi anche della parte più ricca e
ambiziosa del ceto medio. Il resto della popolazione non aveva la possibilità di accedere all’istruzione:
il sovrano, in questo modo, poteva mantenere il popolo in uno stato di soggezione materiale e mentale;
imparare a “ragionare” sulla realtà circostante e su concetti complessi, significava comprendere la
differenza tra lavoro e sfruttamento, tra giustizia e abuso; tuttavia qualora lo Stato lo avesse permesso era
“il volgo” (popolo) a ritenere che frequentare e impegnarsi a scuola togliessero del tempo destinato ad
occupazioni che assicuravano la sopravvivenza.
Nel ‘700 gli ILLUMINISTI , filosofi che consideravano necessaria la trasformazione dello “Stato Assoluto” in
uno “Costituzionale”, fondato sulla divisione dei poteri e su un’apertura sociale, per primi cercarono di
combattere l’analfabetismo imperante; essi, infatti, associavano all’istruzione la consapevolezza civile e
politica. La Rivoluzione Francese, alimentata da questo “pensiero”, si nutrì di speranze e poi fallì perché
non preparata adeguatamente. Il monarca assoluto, una volta tornato al potere, cercò di far dimenticare le
istanze portate avanti dagli intellettuali illuministi. Ben presto IL ROMANTICISMO si innestò sulle idee
precedenti e riprese la battaglia per le conquiste liberali. In Italia il RISORGIMENTO rappresentò appunto il
movimento politico costituito da insurrezioni e accordi segreti, per ottenere l’autonomia. Con le guerre
d’indipendenza, i patrioti riuscirono a scacciare i dominatori stranieri, gli Austriaci, e a realizzare l’unità
d’Italia, anche se concretamente ci volle molto più tempo per uniformare leggi e linee di sviluppo.
Fin dalla creazione del Regno d’Italia nel 1860-61, lo Stato avviò un programma per combattere l’ignoranza
e creare negli Italiani una “coscienza nazionale” che mancava alla maggior parte degli Italiani, abituati da
millenni a far parte di piccoli stati con lingue-dialetti molto diverse, con costumi e strutture politiche
diverse. Dopo i primi tentativi di dare forma ad una scuola destinata anche alle a categorie meno abbienti ,
nacque la Legge Coppino del 1877, che introduceva “l’obbligo scolastico” finalizzato al “leggere, scrivere
e far di conto” e fissava delle sanzioni per i genitori inadempienti. Della Legge, articolata in diversi punti
riportiamo i primi due che definiscono l’impostazione della normativa (Approvata dal Senato del Regno
nella seduta del 1 giugno 1877 e ripresentato alla Camera il 4 giugno) . Legge Coppino 15 luglio 1877:
Art. 1 I fanciulli e le fanciulle che abbiano compiuta l'età di sei anni, e ai quali i genitori o quelli che ne
tengono il luogo non procaccino la necessaria istruzione, o per mezzo di scuole private ai termini degli
articoli 355 e 356 della legge 13 novembre 1859, o coll'insegnamento in famiglia, dovranno essere inviati
alla scuola elementare del comune.
L'istruzione privata si prova davanti all'autorità municipale, colla presentazione al sindaco del registro della
scuola, e la paterna colle dichiarazioni dei genitori o di chi ne tiene il luogo, colle quali si giustifichino i mezzi
dell'insegnamento. L'obbligo di provvedere all'istruzione degli esposti, degli orfani, e degli altri fanciulli
senza famiglia, accolti negli Istituti di beneficienza, spetta ai direttori degli istituti medesimi: quando questi
fanciulli siano affidati alle cure di private persone, l'obbligo passerà al capo di famiglia che riceve il fanciullo
dall'istituto.
Art.2 L'obbligo di cui all'articolo 1 rimane limitato al corso elementare inferiore, il quale dura di regola fino
ai nove anni, e comprende le prime nozioni dei doveri dell'uomo e del cittadino, la lettura, la calligrafia, i
rudimenti della lingua italiana, dell'aritmetica e del sistema metrico; può cessare anche prima se il fanciullo
sostenga con buon esito sulle predette materie un esperimento che avrà luogo o nella scuola o innanzi al
delegato scolastico, presenti i genitori od altri parenti. Se l'esperimento fallisce obbligo è protratto fino ai
dieci anni compiuti.
Da questo momento la Scuola , nonostante gli ostacoli e le inottemperanze che sono durate fino al ‘900,
ha cominciato a rappresentare in Italia e in tutta Europa il canale principale dell’istruzione dei cittadini.
L’idea di una scuola aperta a tutti e controllata dai poteri pubblici, se provocava la resistenza degli ambienti
più “tradizionalisti” ,che vedevano in questo fenomeno un’arma pericolosa in mano alle classi subalterne,
aveva non pochi motivi d’interesse per le classi dirigenti: la scolarizzazione diffusa poteva rappresentare,
infatti, uno strumento pacifico di promozione sociale e di trasmissione dei valori, un mezzo per educare
il popolo e per ridurre la criminalità. Tuttavia, a causa della povertà in cui versava la maggioranza delle
famiglie italiane, e della scarsa capacità dei comuni di provvedere ai compiti loro spettanti, non ci fu una
reale attuazione dell’obbligo scolastico; fino alla fine del secolo, la percentuale di analfabeti si mantenne
molto elevata, pur diminuendo costantemente.
Con lo sviluppo industriale, scientifico, tecnologico registratosi all’inizio del ‘900 aumentò anche la
frequenza scolastica; tuttavia nel 1911 nel Mezzogiorno il tasso di analfabetismo era ancora molto alto,
circa il 60%, una percentuale molto più alta che nel Nord. La situazione così grave nel Sud dipendeva
dall’arretratezza economica; qui l’agricoltura non era ancora meccanizzata e persisteva ancora la piaga del
latifondo, le industrie erano poche e sempre legate al settore agroalimentare. Molti sceglievano la strada
dell’emigrazione verso il Nord d’Italia e d’Europa oppure verso l’America.
La spaccatura tra Nord e Sud si accentuò con la I guerra mondiale, col Fascismo e soprattutto con la II
guerra mondiale. L’Italia era un paese sconfitto, dipendente dagli aiuti degli alleati. Tuttavia c’era una
grande volontà di ricostruzione. Il popolo si piegò a molti sacrifici per la ripresa politica ed economica.
ll 2 giugno del 1946 è la data della nascita della Repubblica e della “Costituente” che avrebbe dato vita
alla Costituzione. In questi due anni (1946-48)l’Italia riorganizzò la propria economia secondo il modello del
sistema capitalistico occidentale e si diede un equilibrio politico destinato a resistere per molti anni e a
riflettersi sul piano internazionale .
La Costituzione, improntata alle idee di libertà e parità nel senso vero del termine, insiste sull’importanza
dell’istruzione e della scuola pubblica, come opportunità di riscatto sociale e come crescita umana e civile.
Questi, in particolare gli articoli di riferimento:
Art.2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.
Art.3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Dal 1948 in poi anche le condizioni economiche generali della popolazione sono andate via via
migliorando. Per questo, lo Stato ha dovuto modificare a più riprese la scuola per adattarla a nuove
esigenze. Attualmente è obbligatoria l’istruzione impartita per almeno 10 anni e riguarda la fascia di età
compresa tra i 6 ei 16 anni.