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SCHEDA

HABERMAS
TEORIA DELL'AGIRE COMUNICATIVO

§ 1. I 3 MONDI DELLA COMUNICAZIONE E I 4 TIPI DELL'AZIONE (tratto soprattutto da Teoria dell'agire


comunicativo, Il Mulino, Bologna, 1986, vol. 1, pp. 143-178)

Habermas, nella sua teoria sociologica dell'azione razionale, parte dall'idea che siano dati tre
"mondi" di riferimento della comunicazione, mondo oggettivo, mondo soggettivo e mondo sociale. Si
tratta di concetti tratti da Conoscenza oggettiva di Popper: il "1° mondo" per Popper è quello dei fatti
oggettivi, degli eventi che accadono fuori di noi, il "2°" è quello delle emozioni e dei contenuti mentali
privati, soggettivi, e il "3° mondo" è quello dei concetti, delle idee, che non sono puramente privati e
soggettivi, ma che sono il prodotto di un'elaborazione storica sociale, e che perciò hanno loro norme,
e una loro logica interna che sono indipendenti dall'arbitrio soggettivo (dimensione dello "spirito og-
gettivo"). A Popper interessavano le teorie presenti in questo mondo, che ha per lui la dimensione di
oggettività ideale propria della matematica secondo Frege e Russell, ma riconosceva come entità del
terzo mondo anche le istituzioni sociali e le opere d'arte. Habermas integra questa concezione notando
che sono prodotti dello "spirito oggettivo" in generale i sistemi di norme istituzionalizzati, i sistemi di
rapporti normativi tra soggetti.
L'azione sociale razionale è da lui tipizzata sulla base dei mondi che essa concerne o che mette in
relazione. In primo luogo, l'azione teleologica o strategica riguarda solo il mondo dei fatti oggettivi,
che sono visti come mezzi da modificare sulla base di fini dati. L'azione è semplicemente teleologica se
riguarda il mondo oggettivo in quanto tale; è invece specificamente strategica se considera le norme so-
ciali o i vissuti soggettivi come puri fatti manipolabili, come semplici mezzi in vista di un fine, non rico-
noscendo così il secondo e il terzo mondo nella loro specificità comunicativa (teorie sociologiche che
hanno studiato in modo particolare questo tipo di azione sono in particolare la teoria dei giochi e la teo-
ria della decisione).
In secondo luogo, l'azione regolata da norme riguarda due mondi, quello oggettivo e quello so-
ciale. Tale azione presuppone l'esistenza di un gruppo sociale che orienti la sua azione in base a valori
comuni e a norme già date, per cui il vissuto soggettivo non abbia bisogno di essere tenuto in considera-
zione nella comunicazione e nell'azione (teorie sociologiche che hanno studiato in modo particolare
questo tipo di azione sono quelle legate alla teoria dei ruoli).
In terzo luogo, l'azione drammaturgica (espressiva) è quella che per Habermas mette in relazio-
ne il mondo soggettivo e il mondo oggettivo. Per esprimere in modo "teatrale" il suo vissuto ad un
pubblico, il soggetto ha bisogno di fare riferimento al mondo oggettivo, che gli fornisce la scena. "Se-
condo il modello dell'azione drammaturgica i partecipanti possono assumere un atteggiamento verso
la propria soggettività nel ruolo dell'attore e un atteggiamento verso il manifestarsi espressivo di un
altro attore nel ruolo del pubblico, soltanto nella consapevolezza che il mondo interiore di Ego è delimi-
tato da un mondo esterno" (p.167). Ma il rapporto tra i soggetti dell'azione espressiva non ha di per sé
niente a che vedere con le norme sociali e con il terzo mondo (sono l'interazionismo simbolico e la socio-
logia dell'"agire quotidiano come rappresentazione" di Irving Goffman che hanno affrontato questa di-
mensione dell'azione umana).
In quarto luogo, l'azione comunicativa (o azione rivolta all'intesa) riguarda, anche se indiretta-
mente, tutti e tre i mondi. In essa gli agenti entrano in comunicazione allo scopo di intendersi sui conte-
nuti dei tre mondi, di appurare la verità oggettiva, di determinare la validità delle norme e di esprimere
autenticamente se stessi. Si tratta dunque di un'azione e di una comunicazione riflessive, che hanno per
oggetto se stesse.
Alle pagine 136-137 è detto che i 3 mondi corrispondono alle 3 immagini del mondo dell'evolu-
zione psicologica secondo la teoria strutturale di Piaget ripresa da Kohlberg (preconvenzionale, conven-
zionale, postconvenzionale). Altrove Habermas parla del discorso della terza persona (discorso monolo-
gico sui fatti), della seconda persona (discorso dialogico sui valori) e della prima persona (discorso
espressivo).
La tesi generale di Habermas è che ciò che caratterizza il programma filosofico e sociale della mo-
dernità è la proposta di razionalizzazione della società nel senso dell'azione comunicativa, ma che tale
programma è deviato e deformato dalla tendenza a ridurre l'azione sociale nel suo complesso ad azione
strategica. Già nella filosofia della storia di Condorcet (modello di quelle successive) è presente la ten-
denza a ridurre la razionalizzazione nel senso della razionalità comunicativa con la razionalizzazione nel
senso della razionalità strategica, proponendo come modello essenziale di progresso la crescita delle
scienze naturali. Inoltre l'autonomizzazione di due media sociali essenziali, cioè il Denaro e la Pubblica
amministrazione, contribuisce a rendere l'azione strategica la modalità dominante di azione.
Tuttavia la modernità contiene dentro di sé un essenziale correttivo: la stessa azione strategica per
funzionare rimette in gioco la potenzialità dell'azione comunicativa. L'azione strategica nell'ambito capi-
talistico e statale distorce infatti la comunicazione in modo sistematico, ma al tempo stesso la presup-
pone: è l'azione comunicativa, si potrebbe dire semplificando, che crea le riserve di fiducia, di consen-
so e di intesa che sono indispensabili all'azione strategica del capitale e dello Stato. Anche se Habermas
non riporta questi esempi, si può pensare che ci sia un certo parallelismo tra la dialettica servo-padrone
di Hegel, la dialettica proletario-capitalista di Marx e il rapporto di implicazione dell'azione comunicativa
nell'azione strategica. Come il padrone o il capitalista, non bastando loro possedere animali da lavoro o
macchine, devono sottomettere un servo o un proletario capaci di intelligenza e di autonomia, e creano
così le condizioni di una ampia dialettica storica, così l'azione strategica ha bisogno che l'azione comuni-
cativa ristabilisca la riserva di valori, di consenso, di legittimità (la latency nel senso di Parsons) e a que-
sto fine non può minarne del tutto la vitalità o eliminarne le potenzialità libertarie.

§ 2. MAX WEBER E LA SUA ANALISI DELLA RAZIONALIZZAZIONE MODERNA SECONDO HABERMAS (op.
cit., vol. 1, SEZ. 2).

Habermas avverte che c'è una discrepanza tra la definizione weberiana dell'azione sociale raziona-
le, che la riduce ad azione puramente strategica, e le sue analisi delle concezioni del mondo sussegui-
tesi nella storia, o la sua analisi dell'alienazione burocratica: qui Weber impiega, senza approfondirne
troppo il senso, una nozione più ricca della razionalità, in qualche modo vicina a quella habermasiana.
Weber, soprattutto nelle sue opere di sociologia della religione e nell'analisi dell'etica economica
delle grandi religioni, mostra di avere una concezione ampia del processo di razionalizzazione che costi-
tuisce la modernità, muovendosi già su tutti i tre piani corrispondenti alla teoria habermasiana: razio-
nalizzazione sociale (corrispondente al 1° mondo, alle strutture sociali obiettive), razionalizzazione cul-
turale (corrispondente al 3° e alle strutture culturali) e razionalizzazione motivazionale (corrispondente
al 2°, cioè alla soggettività, alla personalità) - p. 270.
Tuttavia là dove la sua analisi assume un taglio radicalmente critico e giunge alle note conclusioni
di pessimismo radicale nei confronti dei destini della modernità occidentale, è quando Weber si occu-
pa soprattutto di spiegare la dimensione della razionalizzazione sociale: la "gabbia d'acciaio della bu-
rocratizzazione" del mondo moderno riguarda in primo luogo la razionalizzazione dell'impresa e della
professione, nonché dell'amministrazione, della politica e delle grandi organizzazioni sociali, che tende a
soffocare ogni possibilità di iniziativa e di espressione dell'individuo. Egli restringe il suo concetto dell'a-
zione sociale alla razionalità in rapporto allo scopo ( che corrisponde sostanzialmente all’azione strate-
gica di Habermas) [cfr. p.es. p. 293 e p.321]: da tale angolatura devono necessariamente sfuggirgli le
potenzialità positive della razionalizzazione della sfera comunicativa. Per lui la razionalizzazione integrale
prodotta della moderna economia capitalistica distrugge implacabilmente, con il "disincantamento del
mondo", l'etica protestante e la sua immagine del mondo, che pure l'avevano generata. Dà per scontato
che la razionalizzazione della sfera comunicativa e di quella espressiva non siano in nessun modo possi-
bili e che l'esaurimento delle immagini religiose e metafisiche del mondo debba portare necessaria-
mente alla lotta irrazionale tra valori o al loro generale ottundimento e perdita di senso (sulla scia di
Nietzsche - su quest'ultimo cfr. l'ampia trattazione di Habermas nel Discorso filosofico della modernità,
Laterza 1987).
Weber inoltre non compie ancora la "svolta linguistica" che sarà la caratteristica della filosofia del
XX° secolo. Quando parla del soggetto mostra di averne una concezione fondata sull'idea di interiorità
e di "intenzionalità", e l'idea di un'interazione comunicativa linguisticamente mediata gli è ancora
estranea.

§.3. DA WEBER ALLA SCUOLA DI FRANCOFORTE: LA MODERNITÀ COME ALIENAZIONE DEL SOGGETTO

In Weber e nel marxismo occidentale che si ispira a Hegel e a Weber (in particolare in Lukács, Hor-
kheimer, Adorno e Marcuse) c'è dunque una concezione pessimistica della modernità come processo
di affermazione della ragione strumentale, che distrugge implacabilmente la sfera etica ed espressiva.
In sostanza essi affermano che:
1) le unitarie immagini religiose e metafisiche del mondo che hanno dato inizio alla razionalizzazione
culturale dell'occidente ne cadono vittime (pp. 468-469);
2) di conseguenza si differenziano in sfere di valore separate e, infine, attinenti alla sola vita privata;
3) la ragione soggettiva moderna, che è il protagonista di questo disincantamento, è uno strumento di
autoconservazione di forze (materiali) in lotta tra loro e sostanzialmente irrazionali.
In conclusione, nella modernità si afferma, secondo il modello di Hobbes, la ragione strumentale
come "conservazione dell'esistente" (cfr. pp.515-529), cioè come puro di strumento di autoconserva-
zione (di inerzia) di una formazione biologica particolare, o di volontà irrazionale di esistenza in nessun
modo passibile di giustificazione (pp.516-517).
Nel mondo premoderno, in cui l'immagine del mondo è prevalentemente metafisica, l'autoconser-
vazione non riguardava un soggetto individuale, ma un ordine sovraindividuale. Le metafisiche proto-
moderne e moderne della conciliazione (Spinoza e Leibniz, e poi Hegel e, in certo senso, Marx) prose-
guono questa impostazione. L'immagine del mondo moderna è invece dominata dalla scienza e dalla
tecnica e dalla lotta irrazionale tra gli esistenti, chiusi nella loro soggettività. Horkheimer ed Adorno,
nell'ultima fase del loro pensiero, abbandonati gli aspetti metafisici del marxismo, possono proporre
solo una conciliazione con la natura e la comunità, che proprio per non essere più metafisica, è ormai
solo "muta" e irrazionale. La "mimesi" dell'ultimo Adorno è un affratellamento con il diverso che ten-
denzialmente prescinde dallo stesso linguaggio, dalla comunicazione razionale.
La via di uscita di Habermas dalla scuola di Francoforte è proprio l'abbandono del paradigma sog-
gettivistico e l'assunzione del paradigma linguistico, che permette una conciliazione delle diverse sfere
di valore nell'agire comunicativo (pp. 528-529; interessante anche la polemica con Henrich, sostenitore
del paradigma della coscienza, alle pp. 522-524).

§ 4. IL MUTAMENTO DI PARADIGMA IN MEAD E DURKHEIM

Dal punto di vista filosofico gli autori che gli hanno permesso il mutamento di paradigma dalla
filosofia del soggetto alla filosofia del linguaggio sono, per Habermas, il Wittgenstein del secondo perio-
do e, in parte e in modo polemico, Gadamer. Wittgenstein, Austin, Searle e altri filosofi analitici del lin-
guaggio sono spesso utilizzati anche in questo libro (soprattutto nella lunga Introduzione). Meno impor-
tante è qui poi il riferimento a Gadamer (cfr. invece alcuni dei saggi contenuti in Agire comunicativo e
logica delle scienze sociali, Il Mulino, 1980\2). Ma l'interesse principale qui, ai fini di un svolta di para-
digma in sociologia, è per George Herbert Mead e Emile Durkheim.

Mead, filosofo e psicosociologo americano di scuola pragmatista, è autore tra l'altro di Mind,
Self and Society del 1934. Egli osserva che il gesto di un organismo può essere interpretato da un altro
come "segnale" di un dato comportamento, e che questa interpretazione (questo atteggiamento inter-
pretativo che si traduce poi in un gesto, in un comportamento) retroagisce sull'interpretazione e sul
comportamento del primo organismo. Così riassume Habermas: "Quando il secondo organismo reagi-
sce al gesto del primo con un determinato comportamento e il primo organismo dal canto suo reagisce
agli elementi iniziali di questa reazione comportamentale, entrambi esprimono come interpretano
il gesto dell'altro, ovvero comprendono" (p.557). L'interiorizzazione di questo linguaggio gestuale serve
a Mead per chiarire come la "soggettività" sia essa stessa "costituita mediante il linguaggio" (p. 559).

Il grande sociologo francese Durkheim, tra l’altro, ha dedicato ampi studi alla sociologia della
religione. Per lui il sacro è la società stessa trasfigurata e pensata simbolicamente. Le regole morali rice-
vono la loro forza vincolante dal sacro. Tale forza fonda le sanzioni senza presupporle (pp. 610-614).
Habermas osserva che in Durkheim, superata la concezione sociologica piattamente positivistica, il sim-
bolismo religioso è finalmente inteso come "mezzo per una forma specifica di interazione mediata sim-
bolicamente" (p.617). Il sacro è la forma iniziale del consenso normativo nelle società: il rito è l'espres-
sione primitiva del consenso originario alle norme sociali.
Il sacro è "coattivo" (in senso psicologico) e insieme "attrattivo" (motivante positivamente - cfr.
p. 611). Attraverso la secolarizzazione il "sacro" diventa il "giusto": così il potere può essere considerato
legittimo e il diritto può essere considerato morale. Ciò non può avvenire per la linea di pensiero Hob-
bes-Weber, in cui vige la separazione fatto-valore, l'irrazionalità dei valori e l'assoluto soggettivismo.
Durkheim postula l'esistenza di una morale professionale di gruppo nel mondo moderno. La mo-
dernità è razionalizzazione anche morale, è portatrice di una morale universalistica (p. 659). Si noti
che anche Mead perviene ad un'etica universalistica democratica. Queste considerazioni "dall'interno
della sociologia" aggiungono argomenti dunque all'"etica del discorso" che Habermas intende fondare
filosoficamente nel libro omonimo (Laterza 1989). Anche là infatti del resto egli afferma che dalle regole
stesse del discorso teoretico scaturisce un'etica, e che giudizi di fatto e di valore si implicano a vicenda.

§ 5. LA NOZIONE HABERMASIANA DI MONDO VITALE (cfr. Teoria dell’azione comunicazione, "2a conside-
razione intermedia: sistema e mondo vitale")

Habermas fa uso, nella sua analisi sociologica (o, se si preferisce, nella sua filosofia dell'uomo), della
nozione husserliana di mondo della vita. Egli però ne respinge gli aspetti legati alla filosofia del soggetto
e dell'intenzione. Per lui il mondo vitale può essere rappresentato come "una riserva culturalmente tra-
mandata e linguisticamente organizzata di modelli interpretativi" (p.712).
Egli intende per "situazione" un "frammento di nessi di mondo della vita, che è evidenziato da temi
e articolato mediante obiettivi e piani d'azione" (p.709) e che non può essere definito da altre situa-
zioni in termini assoluti (stare a discutere della sociologia di Habermas con gli amici in un salotto è una
situazione). Dunque, il mondo vitale può essere rappresentato come "una riserva culturalmente tra-
mandata e linguisticamente organizzata di modelli interpretativi. Allora il parlare di un nesso di riferi-
mento, che collega tra loro le componenti della situazione e quest'ultima con il mondo vitale, non avrà
più bisogno di essere spiegato nel quadro di una fenomenologia e di una psicologia della percezione. I
nessi di riferimento possono essere concepiti piuttosto come nessi semantici che sussistono tra un'e-
spressione comunicativa data, il contenuto immediato e il loro orizzonte di significato connotativo. I
nessi di riferimento rimandano a relazioni regolate grammaticalmente fra elementi di una riserva di sa-
pere linguisticamente organizzata" (p.712).
Ma se il linguaggio, come elemento centrale di qualunque comunicazione, è anche un elemento
centrale della definizione di "mondo vitale", la riserva di sapere non tematizzata "non consiste affatto
solo di certezze culturali". Essa contiene anche le istituzioni di sfondo della nostra convivenza quotidia-
na, la condotta quotidiana normale, le strutture della personalità considerate normali, ecc., cioè tutte le
risorse non messe in questione della vita individuale e sociale.
Bisogna poi distinguere tra il mondo vitale quale appare nella prospettiva immediata e interna dei
partecipanti e quale è studiato dall'esterno dalla sociologia. I partecipanti, al di là della loro partecipa-
zione pura e semplice, possono orientare la loro partecipazione al mondo vitale attraverso la prassi nar-
rativa, il racconto. La narrazione è lo strumento linguistico che permette di delineare e delimitare iden-
tità personali e sociali. "Mentre l'esposizione narrativa si riferisce all'intra-mondano, l'esposizione teo-
retica deve spiegare la riproduzione dello stesso mondo vitale."
Come si vede, la sociologia di Habermas è al tempo stesso "comprendente" (ha bisogno di fare
riferimento al senso dell'agire per i partecipanti all'interazione) e "sistemica", cioè oggettiva-fattuale (in
quanto la riproduzione materiale del mondo della vita non dipende solo da condizioni linguistiche).

§ 6. LINEE GENERALI DELLA TEORIA SOCIOLOGICA DI HABERMAS (dalla "Seconda considerazione inter-
media")

Habermas, come già ne "La crisi di razionalità del capitalismo maturo" (Laterza 1975) e in altri sag-
gi, distingue tra "integrazione sociale" e "integrazione sistemica" di una data società (cfr. p.es. p.749).
L'integrazione sociale riguarda l'azione comunicativa di una certa società e richiede il concetto
"comprendente" di società come "mondo vitale". Per gli attori partecipanti al mondo vitale, la società
come "sistema autoregolato" (che invece è l'oggetto della sociologia sistemica) esiste come componen-
te oggettiva, come risorsa sempre disponibile. Storicamente il mondo della vita e il sistema sociale si so-
no venuti oggettivamente differenziando nel mondo occidentale, ed è questo che permette la differen-
ziazione teorica tra le due forme di integrazione (cfr infra).
L'integrazione sistemica riguarda la società come "sistema autoregolato", come caso specifico dei
sistemi viventi, secondo l'impostazione di Parsons e Luhmann (che Habermas ambisce da un lato a criti-
care e correggere, dall'altro a inglobare). Questa impostazione secondo Habermas implica pur sempre
un riferimento al mondo della vita come suo orizzonte, anche se a sua volta pretende di contenerlo, in
quanto esso è, dal punto di vista sistemico, il momento della "pattern maintenance" (o Latency nella
terminologia del sistema AGIL [Adaptation-Goals atteinment-Integration-Latency] di Parsons) cioè il
momento della creazione delle risorse di senso e di valore a disposizione del sistema per motivare l'a-
zione.
Nello stesso sistema AGIL Habermas individua dunque uno spazio per l'integrazione sociale, distin-
to da quello dell'integrazione sistemica. La famiglia e la sfera privata da un lato (latency) e la sfera pub-
blica (integration) dall'altro sono le sfere in cui l'integrazione non può che essere "sociale", cioè comu-
nicativa, consensuale, mediata dall'agire volto all'intesa. Mentre l'economia (adaptation) e lo stato
(goals atteinment) e in particolare l'apparato amministrativo sono integrati in modo sistemico, cioè sen-
za bisogno di azione comunicativa. Habermas così si oppone alla tesi a suo tempo sostenuta da Luh-
mann secondo cui le società moderne complesse non necessitano di un processo di legittimazione diret-
ta ed esplicita, ma si integrano attraverso un processo autoregolato.
Come si vede, la sociologia di Habermas è una specie di gioco di scatole cinesi che contiene varie
altre teorie sociologiche, o forse -per quanto riguarda i rapporti con la sociologia sistemica- un gioco di
rimandi speculari. Bisogna però dire che a questo crescendo di complessità si accompagna un calando
nelle pretese di validità empirica, cosicché nella parte VIII troviamo l'onesto riconoscimento che "il pe-
so relativo fra integrazione sociale e integrazione sistemica è una questione difficile e risolvibile solo
empiricamente" (p. 965). Del resto ci si può chiedere fino a che punto sia verificabile empiricamente
l'opposta pretesa di Luhmann, per cui la legittimazione (o integrazione sociale) non sarebbe più necessa-
ria nelle società complesse e sarebbe sostituita dall'integrazione sistemica.

§ 7. CONTROILLUMINISMO O REALIZZAZIONE COMPLETA DEL PROGRAMMA ILLUMINISTICO?

Habermas dedica altre opere specifiche all'esame della cultura e della filosofia moderne, delle lo-
ro contraddizioni interne e delle critiche rivolte loro dai pensatori antimoderni o postmoderni (cfr. in
particolare Il discorso filosofico della modernità, Laterza 1987) e qui si limita a semplici accenni. A
p.743 egli accenna infatti ad un movimento controilluministico, che in generale reagisce alla Rivoluzio-
ne francese, rappresentato recentemente da Gehlen, Heidegger, Lorenz, Schmitt, dal poststrutturalismo
francese), che rifiuta la razionalizzazione in generale e che critica frontalmente la modernità.
Habermas si considera invece prosecutore delle critiche interne della modernità, come il marxi-
smo e la psicoanalisi. Il marxismo non esclude affatto la possibilità di una razionalizzazione progressiva
del mondo vitale, razionalizzazione che consiste nell'indefinita tematizzazione di ciò che dentro di esso
si presenta immediatamente come ovvio, come risorsa di consenso tacito disponibile per gli usi vitali.
Esso però "vuole spiegare le deformazioni del mondo vitale razionalizzato a partire dalle condizioni della
riproduzione materiale" (p.743).
La critica e la terapia delle deformazioni patologiche del mondo vitale promosse dal marxismo e
dalla psicanalisi dovrebbero consistere, in positivo, nel mettere i risultati dei processi sociali di ap-
prendimento al servizio della prassi quotidiana e del mondo vitale. Oggi certo risulta infondata "l'esage-
rata aspettativa" di Condorcet "che arti e scienze favorissero non soltanto il controllo delle forze natura-
li, ma anche l'interpretazione del mondo e di se stessi, il progresso morale, la giustizia delle istituzioni
sociali, addirittura la felicità degli uomini" (p. 984). Tuttavia Habermas, sulla base della critica dell'ideo-
logia considera ancora possibile "indicare le condizioni per un ricongiungimento della cultura razionaliz-
zata con una comunicazione quotidiana dipendente da tradizioni vitali" (p. 1022).

§ 8. LA DIFFERENZIAZIONE STORICA TRA INTEGRAZIONE SISTEMICA E INTEGRAZIONE SOCIALE E LA ME-


DIATIZZAZIONE DEL MONDO VITALE

Per Habermas, nelle società premoderne l'equilibrio sistemico (l'ordine) poteva essere mantenuto
insieme a (indistintamente da) l'integrazione sociale, o attraverso il consenso dell'agire comunicativo
(cosa che fa venire in mente l'analisi del mondo greco eroico in Vita activa di Hannah Arendt) o attra-
verso l'obbedienza dei cittadini all'autorità dello Stato. Invece con lo sviluppo delle società moderne1,
l'economia di scambio e l'amministrazione statale si differenziano come sistemi d'azione separati,
che non richiedono, nel loro ambito, né consenso, né obbedienza (pp. 772-774): possono anche
essere coercitivi (coercizione economica e coercizione amministrativa), ma rinunciano alla tipica pretesa
all'obbedienza propria dell'autorità tradizionale. In sostanza, per lui, gli aumenti di razionalità sistemica
(di efficienza), tipici del mondo moderno, dipendono dalla differenziazione strutturale del mondo vitale
(p.776).
Ciascuno dei sottosistemi del sistema AGIL di Parsons ha un proprio medium, che permette la
circolazione interna delle informazioni e l'equilibrio funzionale. Per l'Economia si tratta del denaro, per
lo Stato del potere, per l'Integrazione (cioè, molto schematicamente, per la sfera dell'opinione pubbli-
ca) dell'influenza, per la Latenza o "pattern maintenance" (cioè, molto schematicamente, per la sfera
del privato e della famiglia, che mantiene e riproduce i valori sociali di base) il prestigio morale (value
commitment = impegno verso il valore). I media "denaro" e "potere" sostituiscono la comprensione lin-
guistica, eliminandone i costi e i rischi (dissenso) ed eliminando insieme anche la responsabilità dei par-
tecipanti all'interazione (p. 792), mentre "influenza" e "prestigio morale" non lo fanno, essendo facoltà
comunicative e linguistiche in linea di principio (anche questi media tendono ad essere regolati sistemi-
camente e strategicamente in linea di fatto, ma mantengono il loro essenziale riferimento alla comuni-
cazione, la loro pretesa di validità comunicativa; cfr. pp. 790-791).
La mediatizzazione dell'economia e dello Stato dunque non è basata sulla comunicazione volta
all’intesa. Ad essa tuttavia corrisponde, negli altri sottosistemi delle società moderne, il fatto che la fun-
zione della "generalizzazione dei valori" non avviene più come nelle società tradizionali: là essa avveniva
essenzialmente attraverso il prestigio e l'influenza di leaders soprattutto religiosi, ora invece avviene at-
traverso processi linguistici in linea di principio aperti a tutti.
Ma anche l'economia e lo Stato sono parte integrante del mondo vitale, poiché il sistema sociale
come sistema vivente è solo l'insieme delle condizioni materiali della riproduzione del mondo vitale, l'in-
sieme delle sue risorse non tematizzate. Perciò "la mediatizzazione del mondo vitale si compie su e con

1
Uno dei molti specchietti sull'evoluzione sociale si trova a p. 802
le strutture del medesimo" (p.794). "I meccanismi di integrazione sono fissati su effetti di azione [cioè
su riscontri fattuali leggibili essenzialmente in termini di azione strategica]. Mentre compenetrano gli
orientamenti di azione in modo soggettivamente non appariscente, essi possono lasciare strutturalmen-
te immodificati i nessi di azione efficaci ai fini dell'integrazione sociale da essi utilizzati in modo parassi-
tario" (p.795). Di conseguenza, "il soggettivo non-apparire delle coercizioni sistemiche (che strumenta-
lizzano un mondo vitale strutturato in modo comunicativo) assume il carattere di autoinganno, di co-
scienza oggettivamente falsa... Le coazioni alla riproduzione, che strumentalizzano un mondo vitale,
senza danneggiare l'apparenza di autarchia del medesimo, devono per così dire celarsi nei pori dell'agire
comunicativo" (p. 795).
La coazione alla riproduzione della società come puro fatto (faccio notare che essa corrisponde
all'"autoconservazione dell'esistente" di Hobbes) diventa più forte e più importante del consenso
espresso, del valore che espressamente assegniamo alla convivenza sociale, e, quel che è peggio, que-
sta coazione risulta invisibile e il nostro consenso normalmente non risulta forzato. Consideriamo le
conseguenze di questa situazione di falsa coscienza: da un lato, l'agire comunicativo è per sua natura in-
visibile per la stessa teoria sistemica, che non è in grado di valutare i costi dell'efficienza del sistema in
termini di comunicatività, dall'altro, per la coscienza comune la mediatizzazione del mondo vitale è
controintuitiva, supera l'esperienza diretta e l'intuizione ingenua, e richiede una teoria critica.
E' bene precisare che altrove (p. 973) Habermas precisa che la mediatizzazione del mondo vitale
diventa colonizzazione di esso solo oltre una certa soglia. Con mediatizzazione Habermas intende che il
mondo vitale viene riprodotto così com'è grazie ai media sistemici (anche se questo rende possibile la
colonizzazione); mentre per colonizzazione intende un processo in cui gli imperativi sistemici necessari
per riprodurlo si impongono al mondo vitale stesso, impedendone la razionalizzazione comunicativa e
sostituendo la razionalità in rapporto allo scopo alla razionalità volta all'intesa.

§ 9. BUROCRATIZZAZIONE E GIURIDIFICAZIONE

Secondo Habermas (cfr. p.808), è proprio l'istituzionalizzazione giuridica del medium "denaro" (la
coincidenza incrociata della regolazione giuridica dei rapporti di denaro e della monetizzazione dei rap-
porti amministrativi) che permette l'autonomizzazione completa dell'agire strategico dall'agire comuni-
cativo (dalle pretese di consenso o di obbedienza). In altre parole, il fatto che lo Stato dia norme sull'at-
tività economica, e dia a se stesso un sistema amministrativo basato sul denaro, contribuisce in modo
decisivo alla separazione tra morale ed economia e tra morale e diritto, togliendo così il nesso tra l'agire
strategico (che così può servirsi esclusivamente dei media denaro e potere) e l'agire orientato all'intesa.
Denaro e potere sono caratterizzati da "calcolabilità, circolabilità e depositabilità"; tuttavia il po-
tere si distingue perché dipende più direttamente (o meno indirettamente) dai processi di formazione
del consenso, necessita cioè (in ultima istanza) di legittimazione attraverso processi linguistici di forma-
zione del consenso (per una teoria dei due media si veda alle pp. 892-915). Secondo Habermas, denaro e
potere - che lo sviluppo sistemico del mondo occidentale è venuto privilegiando tra l'altro per la loro ef-
ficienza e per la loro neutralità ai valori - tendono a sbarazzarsi dell'attrito del dissenso colonizzando
amministrativamente il mondo vitale. Egli rimprovera a Parsons di appiattirsi sul solo valore dell'inte-
grazione sistemica, abbandonando il pessimismo di Weber (secondo cui l’azione razionalizzatrice della
ragione strumentale porta alla distruzione di senso e di valore) per un acritico ottimismo: per lui il sot-
tosistema Latency riproduce spontaneamente il fabbisogno di valori, né egli vede che la colonizzazione
del mondo vitale distrugge le tradizioni, i valori e la razionalità comunicativa stessa. Si noti che non solo
il vecchio mondo vitale tradizionale viene colonizzato e devitalizzato, ma anche il mondo vitale raziona-
lizzato, moderno.
In effetti nella situazione contemporanea la colonizzazione è assai più avanzata che ai tempi di
Weber: quest'ultimo si preoccupava essenzialmente dell'istituzionalizzazione dell'agire razionale ri-
spetto allo scopo nelle imprese e nell'amministrazione pubblica, ciò che appannava lo spirito di iniziati-
va, il senso di responsabilità e lo slancio morale dell'etica calvinista. Luhmann, in tempi recenti (nei
suoi saggi sociologici degli anni sessanta e settanta), sembra essersi rassegnato al tramonto del sogget-
to e della stessa razionalità rispetto allo scopo: per lui la nozione stessa di razionalità dell'azione sogget-
tiva sta perdendo di significato e l'unica razionalità rimasta alla nostra società è la razionalità sistemica.
Un’ultima considerazione sulla giuridificazione: è essa che permette di ancorare denaro e potere
al mondo della vita (cfr. p.es. p. 961). Questo ancoraggio è contraddittorio, in quanto il diritto ha la fina-
lità di immettere i media non linguistici in un ambiente linguistico-comunicativo, per razionalizzarlo,
cioè per eliminarne gli squilibri e le imprevedibilità determinati dal dissenso; al tempo stesso il diritto
moderno postula un'interpretazione discorsiva e una costante possibilità di contestazione e di reinter-
pretazione.

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