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Scenario quanto mai attuale e allarmante se si pensa che H&M ha dichiarato per il
primo trimestre del 2018, oltre al calo delle vendite, un significativo aumento dei
prodotti invenduti e scorte superiori alle previsioni, pari a 3,4 miliardi di euro. Si è
vociferato di 15 tonnellate di abiti nuovi portati all’inceneritore, ma il vero problema
non è il singolo, benché inquietante, episodio: lo è, piuttosto, la scarsa qualità e, di
conseguenza, la breve durata dei capi di fast fashion che genera nuovi acquisti, ma
ha anche un enorme impatto ambientale per colpa dei rifiuti tessili eliminati a ciclo
continuo.
Il concetto di usa e getta – dipinto negli anni ‘50 come nuova forma di libertà -
nasce con la plastica: questo materiale leggerissimo e flessibile, l’ideale per la casa
moderna, ci ha abituati a creare scarti che l’ambiente non è in grado di riassorbire e
a disfarcene senza riflettere. Così, milioni di tonnellate di rifiuti raggiungono mari e
oceani spinti dalle correnti e danno origine a formazioni organizzate - vere e proprie
isole di immense proporzioni, i Plastic Trash Vortex - 5 quelle ufficialmente censite
negli oceani.
Scambiati per cibo, frammenti di plastica vengono ingeriti da animali marini, che ne
muoiono. La presenza nella catena alimentare avrà conseguenze disastrose sulla
fauna e sull’uomo, fino all’estinzione totale di alcune specie. Il video Albatros, del
fotografo americano Chris Jordan, suggestivo e struggente, descrive la breve vita di
un albatros nelle Isole Midway, infestate dalla plastica. Ma: «abbiamo il coraggio di
affrontare la realtà del nostro tempo e di concederci sentimenti tanto profondi da
trasformare noi stessi e il nostro futuro?».
Pare di no. Nel 1992, 1.700 scienziati di tutto il mondo, fra cui 104 premi Nobel –
riuniti nel Union of Concerned Scientists – hanno stilato un avvertimento
dettagliato all’umanità: «Per evitare grande sofferenza al genere umano è necessario
un cambiamento sostanziale del modo di amministrare la Terra e la Vita sul nostro
Pianeta». L’impegno di tutti avrebbe fatto la differenza. Inascoltato per oltre 15
anni, è stato seguito dal secondo avviso del 13 novembre scorso 2017, sottoscritto
da ben 15mila scienziati.
Ingenuamente, abbiamo finto di credere che il nostro stile di vita insostenibile
potesse durare in eterno: non avremmo immaginato che tossicità di aria e acqua,
eventi climatici estremi ed immense quantità di plastica avrebbero rappresentato
minacce letali. Infatti, l’epoca geologica attuale detta dell’Antropocene, è
caratterizzata dalla presenza delle attività e dei manufatti dell’uomo, che hanno
lasciato sulla terra un’impronta indelebile, imprimendo modifiche irreversibili sulla
geologia, l’ecosistema e la biodiversità del nostro pianeta.
Consci del locus horridus che ci circonda, provando dolore e nostalgia per un
mondo incontaminato, confezioniamo copie artificiali di quel Paradiso Terrestre
che temiamo di perdere. Del resto, in letteratura e in pittura la locuzione Locus
Amoenus descrive un sito idealizzato e piacevole, un paesaggio ricco di verde
presso un corso d’acqua.
Il concetto alla base del Bosco Verticale (Stefano Boeri Architetti, Milano) viene
replicato a Nanjing, in Cina: le torri verdi, esempio di architettura sostenibile,
garantiranno alla città una “boccata di aria”. Il compito delle 3.500 piante è di
assorbire diossido di carbonio e rigenerare la biodiversità.
La natura, nell’arte, è in scena nelle installazioni di luce, replicata, amplificata,
magnificata: Solar Wind, l’opera monumentale permanente dal potere evocativo di
Laurent Grasso, è la poetica rappresentazione di flussi cosmici mediante luce
proiettata sulle pareti di due grandi silos, visibili percorrendo la périphérique di
Parigi.
200 fari arancioni simulano luce e ombra, un’emulsione di acqua e zucchero imita la
nebbia: Olafur Eliasson in The Weather Project (Tate Gallery, London 2003)
ripropone l’esperienza emozionale del tempo meteorologico i cui cicli, nella realtà,
sono sconvolti.