1. Scenario
Nel mondo di oggi non ci sono più i confini di un tempo, per questo le aziende hanno
bisogno di braccia e gambe per eseguire semplici e brevi lavori nel territorio transazionale.
Per riuscire in questo servono competenze, sforzi creativi e pianificazione strategica. Oggi
il crowdsourcing è usato in moltissimi settori aziendali, ad esempio anche nelle
organizzazioni no-profit; queste tendono ad avere maggior successo nel raggiungere i loro
obiettivi di raccolta fondi rispetto alle organizzazioni for-profit, a significare che la forma
organizzativa può essere un importante fattore di successo per le iniziative di
crowdsourcing. Lambert e Schwienbacher (2010) suggeriscono che una possibile
spiegazione deriva dal fatto che le organizzazioni no-profit possono essere più inclini a
impegnarsi per i prodotti o servizi di alta qualità.
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2. Opportunità
• Sfruttare la massa per avviare un mix di cambiamenti per lavori semplici e complessi;
• Risparmiare sui costi;
• Avere un rapido accesso alle risorse;
• Dividere i grandi carichi di lavoro grazie alla forza lavoro in remoto;
• Avere accesso ad un grande numero di potenziali lavoratori con diverse
competenze, a volte anche molto specifiche, non individuabili all’interno
dell’azienda;
• Guadagnarne in visibilità sul web;
• Raccogliere idee senza essere limitati da preconcetti delle organizzazioni (ad
esempio “come funziona il business”), considerando aspetti e idee che per gli
insiders possono essere irrilevanti e andare oltre il “ciò che non è possibile”.
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3. Criticità
Non è stato ancora chiarito cosa significhi con esattezza “crowdsourcing” e i confini di
questa disciplina sono poco delineati. È difficile trovare tra le definizioni una che metta
d’accordo tutti gli studiosi, in quanto esse sono state ideate seguendo una particolare
prospettiva e l’applicazione dello strumento del crowdsourcing in un’area specifica.
Alcuni studi hanno evidenziato alcune criticità oggettive comuni, come:
● Sicurezza dei dati aziendali che vengono condivisi con individui all’esterno
dell’azienda;
● Tutela della privacy dei partecipanti che mettono a disposizione una parte della loro
vita privata;
● Rischio di conformità come accade nel bias gerarchico, dove si è maggiormente
influenzati nel fornire il proprio intervento da figure influenti;
● Il task non sempre è definito chiaramente;
● Rischio di “rumore” inutile dato dal disorientamento dei partecipanti nell’uso e nella
restituzione del feedback che spesso risultano non pertinenti con il task;
● Questioni legali, connesse, ad esempio alla proprietà delle idee;
● Responsabilità sociale ed etica nei confronti dei dipendenti: i dipendenti interni si
sentono minacciati da lavoratori esterni all’azienda a cui viene offerta una
retribuzione minore;
● Vulnerabilità del fenomeno che rischia di essere vissuta come una moda e quindi
destinata a decadere velocemente, come è successo ad altre tecnologie 2.0.
Vukovic (2009) inoltre afferma che la maggior parte dei sistemi di Crowdsourcing
permettono di creare facilmente gruppi di lavoro distribuiti in tutto il mondo, ma mancano
di un meccanismo di costruzione e scoperta di gruppi di lavoro flessibili. Inoltre questi
sistemi non possiedono strumenti e servizi che possono essere usati dagli utenti per
partecipare al problem-solving.
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4. Approcci seguiti
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5. Approcci possibili
1. Problem solving: Afuah e Tucci (2012) propongono che il crowdsourcing può consentire
la trasformazione della ricerca distante in ricerca locale senza incorrere in ulteriori costi;