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CARTESIO

L’esigenza di Cartesio è di trovare un metodo per dividere il vero dal falso senza basarsi su principi
dogmatici già dati, come Dio.
Il suo metodo è universale e può servire all’uomo in tutti gli ambiti teorici e pratici e lo aiuta ad essere
‘padrone e possessore della natura’. La base di partenza per il suo metodo è la matematica, dalla quale si
parte per creare un metodo scientifico, poiché questa è già in possesso del metodo e lo applica nella pratica
con le sue regole, ma Cartesio vuole giustificare ovvero dalla pratica tornare alla teoria, cioè ai fondamenti
da cui già la matematica applica il metodo. Il suo obiettivo è di formulare delle regole del metodo a partire
dalla sua applicazione in matematica e arrivare ai principi assoluti e universali applicabili a tutte le scienze,
queste regole sono: evidenza, analisi, sintesi e enumerazione e revisione.
Evidenza: accettare come vero solo ciò che si manifesta a noi in modo chiaro e ben distinto, tutto ciò che non
è ben definito o non è chiaro va escluso.
Analisi: è necessario per ogni problema suddividerlo nei suoi elementi più semplici, ovvero scomporlo in
tante semplici parti.
Sintesi: processo inverso al precedente, si passa dal semplice al complesso.
Infine si ha l’enumerazione dell’analisi e la revisione della sintesi, per ricontrollare che analisi e sintesi siano
state fatte bene con criterio.
Il dubbio metodico consiste nel mettere in dubbio tutto ciò che può costituire il metodo partendo dalle
conoscenze sensibili, provenienti da nostri sensi essendo soggettivi. Esistono però conoscenze che possono
sembrare vere a priori, quelle matematiche, es 2+3=5, Cartesio prende in causa Dio, non sappiamo se 2+3 fa
veramente 5 siccome il mondo è stato creato da Dio, magari 2+3=6. C è un uomo che basa tutto sulla
matematica, se si dubita di essa il dubbio diventa iperbolico, la causa di ciò è un genio maligno che fa
credere che sia vero ciò che è falso. Secondo Cartesio se io dubito allora io esisto, nasce ‘cogito ergo
sum’=penso,quindi sono. Il pensiero ci consente di dire che noi esistiamo. Cartesio è il fondatore del
razionalismo filosofico perché mette in primo piano la ragione che ci consente di non avere dubbi sul fatto
che esistiamo perché è grazie ad essa che noi sappiamo di esistere. Cartesio deve dimostrare l’esistenza di un
Dio e un Dio buono che non inganna l’uomo. Dio costituisce il fondamento della verità di ciò che l’uomo
conosce e del mondo esterno. Procedimento a priori partendo dal cogito, analisi dei contenuti del pensiero.
Esamina le idee, le rappresentazioni, distinguendole a seconda della loro origine
-presenti in me da sempre, innate: concetto di cosa, so di essere una cosa pensante; es Dio.
-estranee a me, avventizie: idee delle cose naturali, idea di albero, di pietra;
-trovate da me stesso, fattizie: idee delle cose chimeriche o inventate.
Per scoprire se a qualcuna delle idee corrisponde una realtà esterna bisogna interrogarsi sulla loro causa, tutte
le idee che io possiedo non contengono nulla di così perfetto che non possa essere stato prodotto da me, ciò
vale per le idee avventizie e fattizie, ma non per l’idea di Dio, infinito, considerata innata, é difficile supporre
che io creatura imperfetta e finita abbia prodotto da me l’idea di una sostanza infinita, eterna e perfetta, la
causa di idea di infinito è esterna a me e deve essere causata da una realtà infinita, ente infinito, quindi Dio
Seconda prova, dal cogito, constatazione del fatto che dubito, atto meno perfetto del conoscere in modo
certo, sono un essere imperfetto poiché solo un’entità perfetta non dubita di niente. Se sono in grado di
riconoscermi come essere imperfetto esiste un essere più perfetto del mio, dal quale io dipendo. Se io fossi la
cusa di me stesso, mi sarei dato tutte le perfezioni e cosi non è quindi esiste qualcuno di perfetto che contiene
tutte le perfezioni.
Terza prova, ontologica: non è possibile concepire Dio come essere sovranamente perfetto senza ammettere
la sua esistenza, perché l’esistenza è una delle sue perfezioni necessarie. Se Dio è buono e perfetto non può
ingannare l’uomo, al contrario del genio maligno, perché l’uomo quindi commette errori? L’errore secondo
C deriva dall’intelletto o dalla volontà. Il nostro intelletto è limitato e la volontà è libera e più estesa
dell’intelletto, quindi io scelgo di spontanea volontà con il mio intelletto, e ciò causa errore che sta nel libero
arbitrio che ci ha dato Dio.
le cose corporee esistono, ci sono oppure sono l’inganno del genio maligno che appunto ci sta facendo
vedere delle cose che in realtà non ci sono. Ecco su questo Cartesio arriva ad un certo punto del suo
ragionamento filosofico a sostenere l’esistenza dei corpi perché l’idea dei corpi è evidente e quindi non è
ingannevole. Quindi abbiamo una sostanza dei corpi che è inserita nello spazio, è inconsapevole perché non
sa di esistere non avendo la ragione, non potendo pensarsi essendo solo corpo e poi è anche meccanicamente
determinata, ossia ha una causa meccanica per cui è nata e per cui agisce nel mondo. Pensa per esempio al
tuo corpo che è tenuto in vita da un insieme di organi, nervi, ecc. E poi c’è la res cogitans è invece la
sostanza pensante, una sostanza che non ha un corpo, è incorporea quindi e non è estesa nello spazio, per
questo è inestesa. Ma è consapevole perché usa la ragione e la ragione, il pensiero la rende consapevole ed è
libera, libera di pensare, libera di pensarsi anche con una certa autocoscienza. Ed è proprio l’autocoscienza
che consente alla res cogitans di sapere di esistere. Abbiamo quindi un dualismo appunto: da un lato abbiamo
la res extensa e dall’altro la res cogitans. E come si fanno a riunire queste due sostanze così diverse ma così
in interazione tra loro? Noi infatti siamo sia corpo che mente, siamo sia res extensa sia res cogitans e quindi
queste due sostanze si parlano tra loro, si influenzano, interagiscono tra loro. Cartesio si è posto questa
domanda e propone una teoria che è stata molto criticata e poi vedremo perché. Secondo cartesio l’incontro
tra res cogitans e res extensa avviene nell’unica parte del cervello che non è doppia, è unica e questa è quella
che lui chiamò ghiandola pineale (che è quella che oggi viene chiamata in anatomia ipofisi). La ghiandola
pineale (teniamo la terminologia usata da Cartesio) è l’unico organo del cervello che non si sdoppia mentre
gli altri hanno tutti una sede nell’emisfero destro e un’altra sede nell’emisfero sinistro. Quindi, secondo
Cartesio, la ghiandola pineale è la sede dove tutte le sensazioni del corpo si ricongiungono ed entrano in
connessione con il pensiero.
Stabilisce regole di morale provvisoria
prima regola: obbedire ai costumi e alle leggi del paese
seconda regola: essere il più fermi e risoluti possibie nell’azione e seguire con costanza anche l’opinione più
dubbiosa
terza regola: cercare di vincere se stessi invece più che la fortuna e cambiare i propri desideri invece
dell’ordine del mondo.
Le passioni dell’anima, divise in affezioni, involontarie, percezioni, emozioni o sentimenti causati da spiriti
vitali nell’anima, ovvero forze meccaniche che agiscono nel corpo e le azioni che dipendono dalla volontà.
La forza dell’anima consiste nel saper vincere le emozioni mentre la debolezza consiste nel lasciarsi
dominare da esse. Le emozioni fondamentali sono tristezza e gioia e ad esse è connesso uno stato di schiavitù
dal quale l’uoo deve liberarsi lasciandosi guidare dalla ragione. In questo dominio sulle emozioni consiste la
saggezza.
PASCAL
Questione più importante per l’uompo è il senso della vita. L’atteggiamento più comune ai problemi
esistenziali è il divertissement (oblio, stordimento di se, fuga da se) l’uomo occupa la giornata per fuggire
dalla noia, dal vuoto interiore, si stordisce pur di non pensare alla sua esistenza, vive in attesa del futuro
senza pensare al presente, così spera di vivere senza vivere. Secondo Pascal l’uomo deve accettare la propria
condizione e interrogarsi sul senso della vita e le risposte arrivano dalla fede, dalla religione cristiana non
dalla scienza ne dalla filosofia. Pascal delinea 3 limiti:
1. Limiti della mentalità comune
2. Limiti della scienza
3. Limiti della filosofia
La scienza ha due limiti:
uno è l’esperienza, la ragione non ha potere assoluto ma deve tenere conto dell’esperienza, l’altro limite è
l’indimostrabilità dei principi primi della scienza, non si possono spiegare all’infinito le cause dei principi
ma ci si ferma ai principi primi che non riescono ad essere spiegati dalla scienza, che in ambito proprio
arbitra in modo assoluto. La ragione non è in grado di occuparsi dei problemi esistenziali dell’uomo, in
contrapposizione ad essa vi è il cuore, organo in grado di cogliere gli aspetti più profondi della nostra
esistenza, rapportarti a dio, intuire i principi primi. Esprit de geometrie esprit de finesse.
l’unica vera filosofia è una meta-filosofia(unione di ragione e religione) consapevole dei limiti della
filosofia, unica religione è la cristiana, spiega la grandezza e la miseria dell’uomo tramite la dottrina del
peccato originale. Uomo non è come dovrebbe essere, privo di qualcosa che deve aver posseduto, sovrano
decaduto.
Credere in Dio è una scommessa, se scommetti che esiste, allora se esiste guadagni l’infinito la vita eterna, se
non esiste hai perso il finito, il divertissement e il godimento dei beni terreni in vita; se non scommetti,
quindi non credi nella sua esistenza, allora se esiste hai perso l’infinito e se non esiste hai guadagnato il
finito, il godimento dei beni terreni in vita. Fede -> dono di Dio. Sottolinea limiti della ragione, che non può
tutto, solo la fede col cuore in Dio può portare a capire quale sia il senso della vita.
SPINOZA
Spinoza ritiene che la filosofia sia la strada per poter salvare la propria esistenza. La filosofia è quindi la via
per la salvezza esistenziale e questa concezione nasce da una forte delusione del filosofo riguardo ai valori
della vita che viviamo tutti i giorni che lo spingono a ricercare il bene con la B maiuscolo, il bene supremo
che non possiamo trovare nei valori di tutti i giorni ma che possiamo invece trovare percorrendo la via della
filosofia. Il bene vero non è, quindi, quello che si trova nella vita quotidiana perché i beni che vengono
costantemente ricercati dall’essere umano quali, per esempio, le ricchezze, gli onori e i piaceri dei sensi sono
vani e futili. Lo sono per tre motivi 1. perché questi beni non portano ad un appagamento vero e completo.
L’animo umano non viene appagato così come non vengono appagati i bisogni profondi dell’uomo che
rimangono inascoltati 2. questi beni sono passeggeri ed esteriori 3. questi beni non portano alla felicità ma
all’inquietudine Non è che Spinoza condanna in toto i beni terreni (i beni finiti). Lui condanna il fatto che noi
esseri umani li scambiamo spesso per il sommo bene quando in realtà non lo sono. Quindi, questi beni non
sono da demonizzare ma non devono portarci fuori da quella via che ci porta verso il sommo bene. insomma,
l’uomo deve uscire dalla strada del finito per percorrere la via dell’infinito che lo porterà a conoscere il
sommo bene. Questo viaggio di catarsi esistenziale e intellettuale è un viaggio verso. È il cosmo quella cosa
eterna e infinita e la gioia suprema è data dall’”unione della mente con la natura”. Per spiegare al meglio la
relazione tra Dio e il mondo, Spinoza utilizza due concetti importanti: quello di attributo e quello di modo.
L’attributo è una qualità dell’essenza o della struttura della sostanza. E, se la sostanza è infinita, saranno
infiniti anche i suoi attributi e noi esseri umani ne conosciamo solo due di questi attributi: l’estensione e il
pensiero ossia la res extensa e la res cogitans di Cartesio. Quindi, per Spinoza, l’estensione (cioè la res
extensa) e il pensiero (cioè la res cogitans) non sono sostanze, perché abbiamo detto che l’unica sostanza è
Dio ma sono degli attributi della sostanza, delle qualità della sostanza. Quindi, è come se dentro questo
cerchio che è Dio e quindi anche Natura ci sia un altro cerchio costituito dall’attributo dell’estensione e un
altro cerchio costituito dall’attributo del pensiero. Se gli attributi sono delle proprietà essenziali della
Sostanza, i modi invece sono delle modificazioni accidentali della Sostanza in riferimento all’attributo
dell’estensione e all’attributo del pensiero. Cioè, in poche parole, i modi sono delle manifestazioni concrete
degli attributi. Se gli attributi rispondono alla domanda: “Cosa sono?”, i modi rispondo al come sono, come
si manifestano, in che modo. I modi sono di due tipi: infiniti e finiti. - I modi infiniti sono proprietà
strutturali degli attributi e sono: il movimento e la quiete, l’intelletto e la volontà, il mondo come totalità, i
singoli corpi e le singole menti/idee - I modi finiti sono invece le modificazioni accidentali degli attributi,
ossia gli esseri particolari quindi quella mente, quel corpo, ecc. E qui si inseriscono i due termini di Natura
naturante e natura naturata. La Natura naturante è la causa di tutto ossia Dio e i suoi attributi mentre la natura
naturata è l’effetto che è costituito da tutti i modi ossia le manifestazioni concrete degli attributi. Quindi ù
la natura, se coincide con Dio è sia madre che figlia di sé stessa. Non c’è nulla al di fuori di Dio e quindi Dio
non può creare qualcosa di diverso da sé essendo Lui tutto il cerchio ma può modificare gli attributi che ci
sono dentro attraverso i modi. Per Spinoza noi esseri umani viviamo e agiamo nel mondo in base all’utile,
ossia al nostro tornaconto. Tu fai una determinata cosa perché hai uno o più obiettivi altrimenti non faresti
nulla. quindi, noi in realtà non siamo liberi ma determinati perché ci muoviamo in modo deterministico verso
l’utile che vogliamo ottenere dalle nostre azioni. Pur consapevole di questa cosa, Spinoza propone due
strade: - La strada della schiavitù delle passioni quando l’uomo agisce per il suo utile in modo inconsapevole
e istintivo - E la strada della libertà delle passioni quando l’uomo agisce per il suo utile con consapevolezza.
solo attraverso questa strada possiamo essere liberi pur nel rispetto della legge deterministica. Quindi l’uomo
deve agire in modo attivo, non deve subire, deve essere consapevole e avere quella che Spinoza chiama la
“conoscenza adeguata”. Questa conoscenza ci consente di non essere in balìa delle emozioni ma di saperle
gestire Il primo genere di conoscenza è dato dai sensi, dalla percezione sensibile che avviene appunto
attraverso i sensi. Questo tipo di conoscenza è parziale perché noi attraverso i sensi conosciamo in modo
relativo il mondo e quindi questo tipo di conoscenza non è una conoscenza adeguata, prima di tutto perché è
una conoscenza parziale e in secondo luogo perché è una conoscenza confusa composta da pezzi di un puzzle
slegati tra loro. Questa conoscenza non delinea però un errore ma piuttosto una “mancanza”, una
“privazione” e la schiavitù delle passioni è il suo corrispondente etico perché l’uomo si fa travolgere dai
sensi e dalle emozioni da essa scaturite diventandone così schiavo. Il secondo genere di conoscenza è
costituito dalla ragione e si basa sulle “idee comuni” composto da idee chiare, ben distinte e soprattutto
adeguate. Questa visione di conoscenza rappresenta una visione razionale e scientifica del mondo, che
all’epoca di Spinoza andava molto di moda. E la vita secondo ragione o secondo virtù è l’equivalente
comportamentale di questo genere di conoscenza. Poi però c’è un terzo genere di conoscenza che si basa
sull’intelletto ed è un tipo di conoscenza che si fonda sulla concezione della realtà sulla base della Sostanza.
E abbiamo visto che la Sostanza è Dio quindi questo genere di conoscenza nasce da Dio e si concretizza da
Lui che è l’ordine geometrico e necessario del cosmo. Questa terza conoscenza porta alla letizia che abbiamo
visto essere uno dei tre affetti primari e che genera quello che Spinoza chiama “amore intellettuale di Dio”.
Questa è la massima conoscenza a cui possiamo aspirare per poter vivere nel modo migliore possibile
entrando in connessione con la Sostanza eterna e necessaria. l’uomo decide, per il suo tornaconto personale,
di unirsi ad altri uomini per vivere meglio e così si crea una comunità politica che da un lato limita il potere
del singolo individuo proprio perché l’uomo è soggetto a leggi e regole imposte dallo Stato, ma dall’altra ha
tutti i vantaggi del vivere in una comunità che gli garantisca innanzitutto il suo diritto naturale. Lo Stato,
però, secondo Spinoza, non ha poteri illimitati, non ha diritti assoluti perché il suo primo obiettivo è quello
della sua persistenza. E uno Stato per poter esistere e continuare a esistere nel tempo deve rispettare gli
individui che vi appartengono utilizzando primariamente la ragione e avendo come obiettivo ultimo la pace e
la sicurezza della vita di chi vi appartiene. Per quanto riguarda invece il suo pensiero teologico, contenuto nel
Trattato teologico-politico, Spinoza sostiene che:
L’uomo debba liberarsi dalla schiavitù perché ha dalla sua la libertà di pensiero.
L’uomo può pensare liberamente attraverso la ragione che gli è stata donata
Inoltre, per Spinoza, la fede implica un atto di obbedienza e questo pensiero porta con sé il fatto che per il
filosofo, proprio perché la fede è un atto di obbedienza, non debbano esistere in alcun modo conflitti religiosi
appunto perché i conflitti implicano una disobbedienza. Ma questo atto di obbedienza blocca anche il
conflitto tra fede e ragione che, secondo Spinoza, non sussiste proprio perché fede e ragione si occupano di
ambiti molto diversi, la ragione si occupa della verità mentre la fede si occupa dell’obbedienza a Dio.

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