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passato prossimo
La scienza dell’antichità
alle origini della cultura moderna
L ’antiquario e il teatro 73
La satira letteraria 77
Un po’ di autoironia 79
Beffe e frodi 8o
Del buon uso della falsificazione 84
I precursori 87
II dibattito del x v r a secolo 90
L ’antichità illustrata 93
Dall’ipercritica all’esempio 94
Originali o copie? 95
Un caso di coscienza 98
Il re è nudo 99
Verso l’archeologia filologica 100
8
A rte, tecnica, cultura materiale 137
Bibliografia 183
9
Premessa
r2
PREMESSA
13
Antiquaria e ideologia
I.I
Antichità e rivoluzione
1. Assunto, 19 7 3 , p. 34.
2. Ivi, p. 57.
11. PASSATO PROSSIMO
3. Seznec, 19 76 , p. 2033.
4. Prow n. 19 6 6 , 11, p. 268.
16
1. ANTI QUARI A E I D EO LO GI A
quello che contava era restituire il presente al valore assoluto di cui l'antichi
tà [...] era modello [...]. Monarchie tradizionali e impero napoleonico, Rivo
17
IX PASSATO PROSSIMO
lu zion e [ ...] e R estau razione ven ivan o accettati (o respinti) [ ...] solo per la
m isura in cui di essi ci si p oteva servire p er realizzare un program m a esteti
co ch e era anche un program m a politico, ma di una politicità oltre (e sopra)
le istituzioni e i loro rispettivi lim iti, le id eologie e le loro verità o non-verità:
p erch é le istituzioni erano destinate a passare; i sovrani erano destinati a
m orire [ ...] ; le ideologie erano destinate a svanire, p er essere sostituite da
altre id eo logie [ ...] . Sareb b e rim asto [...] il m ondo rinnovato e restituito
all'im m agine di un'ideale polis antica: rinnovato dagli artisti, dagli uom ini di
lettere dei cui progetti i sovrani, i guerrieri, gli uom ini di stato erano puri e
sem plici e s e c u to ri7.
1.2
W inckelm ann e l'idea di libertà
7. Assunto, 1 9 7 3 , p. tt ^>.
18
I. ANT IQ UA RI A E I DEOLOGI A
8. Winckelmann, 17 6 4 . p. 43.
9. Ivi, pp. 10 6 ss.
19
IL PASSATO PROSSIMO
20
I. ANTI QUARI A E I DEOLOGI A
co è forse il caso del Torso del Belvedere. Benché non potessero esser
ci dubbi sul fatto che questa scultura fosse un capolavoro, era altret
tanto chiaro dalla paleografìa della “firma” delfartista che essa non
poteva essere stata eseguita prima deifetà di Alessandro Magno, vale
a dire in un’epoca in cui la libertà delle poleis era già tramontata. E
vero che Winckelmann sosteneva che il mecenatismo di un principe
illuminato poteva surrogare la libertà e favorire la creazione di una
grande arte, ma questo escamotage (ancora un pensiero alla Roma dei
suoi tempi?) non poteva essere usato per il Torso senza minare alla
base tutta la sua costruzione. Perciò egli avanza l'ipotesi che la statua
sia stata realizzata nel breve periodo tra la concessione della libertà
alla Grecia da parte di Tito Quinzio Flaminino, nel 194 a.C., e il
definitivo assoggettamento nel 146 a.C. I3.
Questa posizione teorica di Winckelmann non è importante solo
per la storia dell’arte antica propriamente detta. Ad essa infatti si
rifecero i governanti francesi all’epoca della Rivoluzione per sostenere
la legittimità delle spoliazioni dei musei italiani: il regime repubblica
no - e poi anche quello napoleonico - avrebbe offerto il clima favo
revole alla rinascita dell'arte, stimolata dai capolavori dell’arte antica
che nella libertà erano stati concepiti.
Cattività o liberazione?
21
rL PASSATO PROSSIMO
22
I. ANTI QUARI A E I D EO LO GI A
23
II. PASSATO PROSSIMO
24
I. ANTI QUARI A E I DE OL OGI A
1,4
Q uatrem ère de Q uincy: dividere è distruggere
2 1 . Questo testo non ha avuto per lungo tempo l’attenzione che avrebbe
meritato. D opo Schneider, 1 9 1 0 , bisogna attendere Pinelli, 19 7 5 -7 6 , per una sua
esauriente valutazione. Successivamente esso è stato preso in esame da Pucci,
1989, e da ultimo è stato ripubblicato con ampio commento da Pom mier, 1989.
22. Francisco de M iranda era un generale venezuelano legato al partito rea
lista con il quale Quatremère era in rapporti d ’amicizia, A nch’egli criticava la
politica del Direttorio, e sosteneva la priorità di una pace durevole rispetto itile
conquiste iuori dei confini.
IL PASSATO PROSSIMO
26
I. A NT IQUARI A E I D EO LO GI A
27
IL PASSATO PROSSIMO
28
I. ANT IQ UA RI A E I D EO L O GI A
\-5
L'antich ità e la festa
¿9
IL PASSATO PROSSIMO
30
I. ANT IQ UA RI A E I DE O LO G IA
31
IL PASSATO PROSSIMO
sterità delle antiche repubbliche. È vero che l’arco di trionfo (in se
guito adottato anche negli spazi pubblici delle maggiori città occiden
tali) era un connotato forte anche della Roma imperiale, ma nella
Parigi giacobina era il popolo che passando sotto i fornici celebrava il
suo trionfo, e perciò esso era inteso come un “segno” repubblica
no 38.
L ’ u luglio del 17 9 1 la traslazione al Pantheon del corpo di Vol
taire costituì l’occasione di un magnifico corteo che prese i tratti di
una solenne festa rivoluzionaria. Anche stavolta David fu l'anima
ispiratrice di tutta la cerimonia, l’autore della scenografia e delle de
corazioni. Queste erano ampiamente ispirate alla classicità. Il carro
funebre e la base della statua che aveva progettato Cellerier erano
improntati a un severo disegno neoclassico. Quelli poi effettivamente
realizzati - forse con modifiche di David - erano altrettanto severi, e
anzi la base della statua sacrificava parte della decorazione figurata a
un’iscrizione elogiativa. La processione era concepita come un corteo
della Roma antica, con uomini in toga che portavano insegne trionfa
li, fanciulle in tunica che recavano ghirlande, musicisti con strumenti
appositamente fabbricati sul modello di quelli della Colonna Traiana,
sui quali suonavano però “ inni nuovi” . Gli onori resi all’uomo in cui
aveva rifulso la luce della dea Ragione non potevano non prendere le
forme classiche deH’apoteosi.
Quello di Voltaire costituì il prototipo di tutti i successivi cortei
organizzati da David per i martiri e gli eroi della rivoluzione.
Il carro impiegato in quell’occasione fu riutilizzato da David nella
festa che si tenne il 15 aprile 1792 in onore degli Svizzeri del reggi
mento di Chàteauvieux. Il tema del «vivre libre ou mourir» era svol
to nei due nuovi emblematici bassorilievi: Guglielmo Teli da una
parte, Bruto che condanna il figlio dall’altra. La statua della Libertà,
ornata del berretto frigio, era ispirata all’iconografia della dea Roma,
con lancia e globo.
La prima grande festa repubblicana fu però quella del 10 agosto
17 9 3, che celebrò appunto la Kéunion Républicaine. Anch’essa si svol
se sotto la supervisione di David, che capeggiava ormai una sorta di
comitato artistico (ma anche d’affari) di cui facevano parte tra gli
altri gli architetti Durand e Serangeli, l’ebanista Duplay, il musicista
Méhul. Il corteo partì dalla piazza della Bastiglia, dove David aveva
fatto erigere, sopra una scalinata, una monumentale statua della Rige
nerazione, ispirata all’iconografia della dea egiziana Iside. La scelta
non stupisce, se si pensa all’attualità del tema isiaco in quest’epoca
32
I. A N TI Q UA RI A E I DEOLOGI A
39. Ozouf, 19 7 6 , p. 329. Sulle feste nell’erà della rivoluzione cfr. anche
Bassonet-Favre, 19 0 9 ; Starobinski. 19 6 5 ; M astropasqua, 19 7 6 ; Baczko, J9 7 8 ;
Schnapper, 19 8 0 .
40. Baczko, 19 78 , pp. 363 ss.
33
TI, PASSATO PROSSIMO
1.6
L ’ Egitto e il G ra n d e Oriente
34
r. ANTIQUARIA E I DEOLOGI A
35
IL PASSATO PROSSIMO
36
I, ANTI QUARI A e i d e o l o g i a
37
IL PASSATO PROSSIMO
i-7
A ntolini e la Città degli Eguali
38
1. ANTI QUARI A E I DE OL OGI A
1.8
L ’ antichità futuribile
49. Cfr. Gam buti, 19 7 7 . Nella diatriba sulla priorità dell'architettura greca
rispetto a quella romana Antolini sembra propendere per la tesi filo-italica.
50. Su Ceracchi cfr. i diversi contributi raccolti nel catalogo della mostra
Giuseppe Ceracchi (1751-1801), scultore giacobino, Rom a 1989.
39
IL PASSATO PROSSIMO
5 1. Middleton, Watkin, 198 0, pp, 33 ss. Sulla cultura delle rovine cfr. an
che Carena, i9 8 ia e 19 8 1I).
40
I. ANTI QUARI A E IDEOLOGI A
1.9
T ra pubblico e privato
41
TI. PASSATO PROSSIMO
4 2
I. ANTI QUARI A £ IDEOLOGI A
I.IO
Accad em ie e politica culturale: il caso di N apoli
43
IL PASSATO PROSSIMO
I.II
Antichità e riscatto nazionale: V in cen zo C u o co
57. Da Sansone. 1966. Nella stessa categoria vengono fatti rientrare l 'Abo
rtite di Pindemonre e Le avventure di Saffo di Alessandro Verri.
44
I. A NT I QUARI A E I DEOLOGI A
re alla luce le vestigia esistenti nelle loro terre, il momento della “sco
perta” non vi figura che come iniziale e fugace pretesto (il manoscrit
to greco che l’autore finge di aver tradotto sarebbe stato trovato da
un suo avo nello scavare «le fondamenta di una casa di campagna,
che ei volea costruire nel suolo istesso ove già fu Eraclea»). In realtà
l’opera non si iscrive tanto nella tradizione del romanzo didascalico-
antiquario — i cui esempi più gloriosi erano il Télémaque di Fénelon
(1669) e il Voyage dii jeune Anacharsis di Barthélémy (1788) — quan
to in quella del Sokrates mainomenos o ¿AYAgatone di Wieland, tra
dotti in Italia dopo il 1780 5*. Mentre le ricostruzioni enciclopediche
alla Barthélémy erano animate da un intento soprattutto divulgativo,
in Cuoco - come in Wieland - la rievocazione dell'antichità si so
stanzia di nuove valenze, potendosi leggere nella filigrana della narra
zione un’allegoria politica delle condizioni attuali dell'Italia. L ’erudi
zione vi tiene naturalmente un posto privilegiato (oltre che della per
sonale conoscenza dei maggiori autori antichi, il Cuoco si giovò del
l'opera del Montfaucon e del poderoso commento alle Tavole di Era
clea di Aurelio Simmaco Mazzocchi), ma tutto sommato essa passa in
secondo piano rispetto itile implicazioni politiche del libro.
11 Platone parte da un mito culturale di derivazione vichiana,
quello della preminenza della antiquissima italorum sapientìa, ovvero di
una civiltà italica giunta a maturazione prima ancora che Roma unifi
casse la penisola con le armi. Di questo mito il romanzo - costruito
in forma epistolare, come era canonico per questo genere — si serve
per preconizzare, precorrendo per molti aspetti il Gioberti, la con
quista di una nuova coscienza nazionale. Egli stesso fu chiaro in una
lettera al viceré Eugenio di Beauharnais: «quel mio libro non è solo
un libro di erudizione, ma è diretto a formare la morale pubblica
degli Italiani, ed ispirar loro quello spirito d'unione [...1 che finora
non hanno avuto». Essendo la storia dellltalia postclassica una storia
di occupazioni, di spartizioni e di contese, solo nella storia più antica
era possibile trovare valori unificanti. Nell’urgenza della battaglia
l’antichità diventa allora arma politica, di cui fare all’occasione un uso
spregiudicato. L ’amor di tesi lo porta a sostenere che gli antichi itali
ci furono «gli inventori di quasi tutte le cognizioni che adornano lo
spirito umano», e si arriva perfino ad opporre un’idillica civiltà dei
Sanniti (la natia Civitacampomarano è per lui l’«Atene Cisbifernì-
na»), fiorente di agricoltura e di scienze, alla barbarie dei Romani. In
questo senso il Platone è anche una testimonianza di fede meridiona
listica. Nell’esempio delle antiche civiltà italiche si individua la solu
45
IL PASSATO PROSSIMO
zione ad alcuni mali endemici del Sud. «Vedete - dice il sannita At
tilio agli ospiti - quelle tre casette...? Sono abitate da tre famiglie, tra
le quali io ho diviso quel terreno che prima era tutto mio [...]. Quel
terreno era prima mal coltivato: io non ne ritraeva che scarso, incerto
prodotto; ed intanto eranvi nella mia patria molti uomini, i quali per
vivere non avevano bisogno di altro che di lavoro, [...] La mia rendi
ta è cresciuta, ed ho dippiù la benedizione di venti infelici, che forse
senza me sarebbero morti di fame [ ... 1. Tu lo hai detto ieri, o Cleo-
bolo: la terra non ama di essere coltivata da mano servile o mercena
ria» (cap. lv ) .
Poiché Cuoco è interessato soprattutto all’uso ideologico dell’anti
chità, non ci si aspettino da lui pedanterie archeologiche. Anche l’il
lustrazione dei siti che tanno da sfondo alla narrazione indulge poco
alla descrizione erudita, e più, semmai, alla poedca delle rovine, co
me si può giudicare da questa pagina (cap. x x ix ) dedicata a Sibari:
«Passando da Turio a Crotone [sono Platone e Cleobulo che parla
no] volemmo vedere gli avanzi miserabili di quella città, che avea
ripiena la terra della lama del suo potere e della voluttà sua [...].
Noi vedevamo sotto i nostri occhi tutta la vasta pianura, che si sten
de tra il letto de’ due fiumi, ingombra di macerie e di rottami: tra'
quali si alzava una colonna ancora in piedi; lì l’occhio s’incontrava in
un portico, attraverso gli archi del quale scopriva in lontananza altre
rovine; in un altro angolo il mezzo muro di un antico edifìcio par
che rimanesse per rendere ancor più funesto lo spettacolo della rovi
na del tutto [...]. Questi fiumi - disse Platone - continuano a porta
re le loro onde al mare, e Sibari, che li dominava, non è più. Qual
paragone tra le opere dell’uomo e quelle della natura. Ma le prime
non deviano mai da quelle leggi che formano la loro essenza ed il
principio della loro vita; le seconde par che non usino della vita se
non per infrangerne le leggi». Dove si noterà tuttavia che la sensible-
rie protoromantica - mancano pochi anni ai Sepolcri - è ancora im
brigliata dalla razionalità del philosophe. A Paestum, dove si conclude
il viaggio, Platone dirà: «Vedi [...] l’Italia simile a un vasto edificio
rovinato dal tempo [...]: là un immenso pilastro ancora torreggia in
tero, qua un portico si conserva ancora per metà; in tutto il rimanen
te dell’area mucchi di calcinacci, di colonne, di pietre, avanzi prezio
si, antichi, ma che oggi non sono altro che rovine. Ben si conosce
che tali materiali hanno formato un tempo un nobile edificio [...] e
mi par di riconoscere un certo quasi fermento intestino e la mano di
un architetto ignoto che lavora ad innalzare un edificio novello»
(cap. lx x x v u ) . Le anticaglie, lungi dal fornire baloccamento agli eru
diti, daranno i materiali al progetto della nuova Italia.
46
I. ANTI QUARI A E I DEOLOGI A
1 .12
Biscari e il museo dem ocratico
47
IL PASSATO PROSSIMO
48
I. A NT IQUARI A V. I D EO LO GI A
Antiquaria e società
2. 1
Le tre repubbliche
51
II. PASSATO PROSSIMO
A coloro che guardano al presente con gli occhi della ragione viene
opposto dunque con ironia l’antiquario, simbolo di una curiosità
oziosa e maniacale (più tardi Sir William Hamilton, antiquario dilet
tante non privo di autoironia, avrebbe ammaestrato una vera scim-
mìetta a guardare con la lente delle vecchie monete in presenza degli
ospiti)3. Una satira non meno sferzante è quella di William Hogart,
che ne I cinque ordini di parrucche mette in burla le Antiquities o f
Athem di Stuart e Revett e l’uso di misurare pedantemente ogni fru-
stulo dell’antichità. Più bonariamente Jòshua Reynolds nella parodia
della Scuola di Alene raffaellesca sostituiva ai grandi filosofi antichi le
caricature dei milordi nei caffè romani atteggiantisi a seriosi antiquari.
Verso la metà del x v m secolo, in effetti, non esistevano ancora
gli archeologi e l’archeologia, ma solo gli antiquari e la scienza del
l’antichità. Ancora nel 1803 Amaury Duval cercava nella prima delle
Lettres stir la science des antiquités di legittimare il termine “ archoeolo-
gie”, scusandosi di utilizzare un neologismo4. E gli antiquari non
avevano fatto molto per scrollarsi di dosso lo stereotipo dell erudito
ancien régime, sicché quando si parlava di cultura era quasi automati
co che essi ne fossero esclusi. L ’articolo Érudition delYEncyclopédie,
scritto da d'Alembert, diceva: «Le goût des ouvrages du bel esprit et
l’étude des sciences exactes a succédé chez nous au goût de nos pè
res pour les matières d ’érudition. Ceux de nos contemporaines qui
cultivent encore ce dernier genre d’étude se plaignent de la préféren
ce exclusive et injurióse que nous donnons à d'autres objets». Questa
situazione si rifletteva, per esempio, nel diverso prestigio di cui gode
vano in Francia le accademie. La più prestigiosa era l’Académie des
3. Gir. Praz, 19 7 4 . P- 2 93 ·
4. Cfr. Raskolnikoff, 19 9 2 , pp. 660 ss. In francese la parola archéologie è
attestata per la prima volta nel 15 9 9 , ma non divenne usuale che nel corso del
x ix secolo, come del resto nelle altre lingue europee.
52
2. ANTIQUARIA E SOCIETÀ
2.2
L ’antiquario filososo
53
IL PASSATO PROSSIMO
completa dei testi e dei monumenti abbinata con il gusto delle idee
generali e la capacità di vaste sintesi. Come è stato detto, «he is thè
perfect blend of philosopher and antiquarian»6. Ma Gibbon era
un’eccezione. Nel resto d ’Europa e in Francia molti eruditi meritava
no effettivamente la taccia di pedanteria e di ristrettezza di vedute.
Lo stesso Gibbon ammetteva che qualcuno di loro «commentait
quand il fallait sentir et compilait au lieu de raisonner».
2 '3
V iva l’ antichità, abbasso gli antiquari!
Nella disputa settecentesca tra filosofi ed eruditi c’è però un caso che
merita di essere esaminato a parte: quello di D iderot7. Fra tutti i
philosophes egli è quello che più conosce e ama l’antichità. E tuttavia
nessuno più di lui si è mostrato tanto sarcastico verso gli eruditi e gli
archeologi. In un frammento di un’opera intitolata Anticomanie Dide
rot ha esposto lucidamente il suo punto di vista, che è quello di au
tentico cultore dell’antichità che non può non avere in odio chi ridu
ce quel nobile studio al collezionismo di anticaglie, senza rapporto
con la cultura del presente. L ’anticomane è per lui colui che ammira
l’antico perché egli stesso è antico. Non cerca il bello, cerca il vec
chio: come quel personaggio di Orazio che apprezza le opere più
grezze semplicemente perché sono più antiches. Purché il testo o
l'oggetto siano andchi, egli li raccoglie, fa delle liste, degli inventari,
delle collezioni.
Si avverte qui l’eco delle beffe che Voltaire si faceva di coloro
che cadono in estasi «à la vue d’une pierre taillée, pourvu qu elle ait
deux mille ans d’antiquité» 9. O della derisione di Montesquieu per
l’abbé de Guazco: «Vous êtes en Piémont, dans une nouvelle Hercu-
lée [...] où après avoir gratté huit jours la terre vous avez trouvé une
sauterelle d’airain 1...] Vous êtes tous des charlatans, Messieurs les
antiquaires!» ïo.
Diderot non ha che sarcasmo per un antiquario come Fougeroux
de Bondaroy, colpevole di aver riportato da un viaggio a Ercolano
nient’altro che «un catalogue fort sec d ’articles de ménage» (cfr. pp.
13 7 , 143 ss.). Ed è un peccato che la foga polemica, e la concezione
54
2. A N TI QUARI A F- SOCIETÀ
2.4
Polem iche letterarie
55
IL PASSATO PROSSIMO
56
2. A N TI QUARI A E SOCIETÀ
57
IL PASSATO PROSSIMO
58
2. A NT IQUARI A F. SOCIETÀ
59
IL PASSATO PROSSIMO
L ’antiquaria e la moda
1 5 . La citazione è in Mosser, 19 8 3 , p. 15 5 .
16 . Ibid,
60
2. A N T I QU ARI A E SOCIETÀ
61
IL PASSATO PROSSIMO
2.6
L ’antichità incarnata
62
2. ANTI QUARI A E SOCIETÀ
con tutta l’anima. Egli trova in lei tutte le statue antiche, tutti i bei
profili delle monete sicule, e perfino l’Apollo del Belvedere. Certo
che il divertimento è unico» 21.
L ’idea di posare in pubblico incarnando le opere d ’arte antiche
venne forse a Emma Hamilton dal ricordo di quando, giovanissima,
era stata a Londra assistente di un sedicente guaritore, il dottor G ra
ham, che la presentava ai suoi pazienti come la statua vivente della
dea Igea. Successivamente era stata la modella del pittore Romney,
per il quale aveva posato da baccante, da Ebe, da Medea. Ma la
perfezionò a Napoli sotto la guida di Hamilton. Walpole, sempre
caustico, disse che Hamilton «aveva sposato la sua galleria di statue».
In realtà Hamilton collezionava soprattutto vasi, mentre la moglie si
ispirava alle pitture, alle sculture e ai bassorilievi visibili a Roma e a
Napoli, largamente noti dalle incisioni che ne circolavano negli am
bienti artistici. Il suo pubblico non aveva difficoltà a riconoscere i
soggetti: «Bravo la Médea! ...V iva la Niobé» erano le esclamazioni
entusiastiche degli spettatori, al dire di una testimone. L ’effetto era
accresciuto dalla particolare illuminazione. A differenza di quanto av
veniva normalmente in quell’epoca a teatro, la Hamilton si esibiva in
una sala buia, rischiarata solo - come ricordano Goethe e altri - da
candele. Viene immediato il paragone con l’usanza, venuta di moda
proprio in quegli anni, di visitare le gallerie di scultura antica al lume
delle torce, per gustare i suggestivi chiaroscuri.
Nelle sue performances non c’era tuttavia esattezza filologica.
«[...] Elle s’inspirait des statues antiques, et [...] sans le copier servi-
lement, elle les rappellait aux imaginations poétiques des Italiens par
une espèce d’improvisation en action» 22. Non solo gli italiani, per la
verità, apprezzavano il suo talento. Nel 17 9 1 ella si recò a Londra e
presentò anche là con successo le sue at.titud.es. Madame Vigée-Le-
brun, la nota pittrice, curò la “regia’ di alcune sue rappresentazioni.
Il segreto della Hamilton era l’originale mélange di moda, aite,
erudizione, condito da un fascino che mietè più di una vittima illu
stre (anche se, secondo la contessa de Boigne, quando lasciava la tu
nica per indossare gli abiti ordinari perdeva ogni distinzione). Ma
tanto favore non si spiegherebbe se la società dell’epoca non fosse
stata così permeata dalla cultura antica, se non fosse stata pronta a
vederla rivivere davanti ai propri occhi. Emma Hart realizzava quel
63
IL. PASSATO PROSSIMO
2.7
V ivere da antichi
64
2. ANTI QUARI A E SOCIETÀ
ziare «sans une modification profonde [...] aux sièges des fau
teuils!» 24.
La profezia di Grimm sarebbe stata invece felicemente realizzata
da Madame Vigée-Lebrun.
Nel 1788 1abbé Barthélémy aveva pubblicato il suo Anacbarsis e
Madame Vigée-Lebrun ne era subito divenuta entusiasta lettrice. La
descrizione dei banchetti di Atene e di Sparta le aveva in particolare
fatto nascere il desiderio di gustare quelle pietanze. La sua immagi
nazione si mise in movimento e un idea ne nacque: organizzare un
«souper à la grecque». La compagnia di artisti che frequentava il suo
salotto ne fu sedotta, e iniziarono i preparativi. La padrona di casa
predispose la scenografia, trasformando il suo appartamento parigino
in una sala greca. Quanto al vasellame, si potè disporre nientemeno
che di autentici vasi “etruschi” scelti nella collezione del conte di Pa
rois, altro ospite abituale, e il progetto finalmente si realizzò. Le bel
les furono trasformate in ateniesi con l’ausilio di eleganti tuniche, e
anche gli uomini si ammantarono di drappi. Si servirono «anguilles
de l’Eurotas, perdrix du Taygête, le brouet noir [...]. Deux jeunes
esclaves [...] circulaient autour des convives et leur versaient dans
des coupes d Herculanum le vin de Chypre [...]». Il musicista Cubi-
eres accompagnò con la lira i convitati che cantarono il coro Le Dieu
de Papbos et de Cnide di Gluck. Fu un trionlo. L ’indomani ne parlò
tutta Parigi, e presto l’Europa intera. Madame Vigée-Lebrun fu sup
plicata di ripetere il suo «souper grec», ma si rifiutò, non volendo
«changer en parodie l’enthousiasme d ’une improvisation» 25.
2 .8
L ’ antichità sulla scena
66
2. ANTI QUARI A E SOCIETÀ
67
4
IL PASSATO PROSSIMO
68
2. ANTI QUARI A E SOCIETÀ
Il suo Ettore, per esempio, aveva la posa della moglie di Bruto nell’o-
monimo quadro di David. E, al contrario, Talma finì per ispirare con
i suoi atteggiamenti i pittori contemporanei, che andavano a studiarlo
assiduamente a teatro. Il Pirro di Guérin, per citare un caso, pare
copiasse una posa che assumeva il celebre attore in questo ruolo. Lo
stesso dicasi dell’Oreste dello stesso artista e del Marius à Carthage di
Cogniet, dello Scipione di Ducq, dell’Astiage di Perrin, del Vespasia
no di Menjaud. A ben vedere, è possibile che anche Delacroix e In
gres abbiano subito l’inlluenza di Talma ì4.
Una volta lanciata la moda del costume all’antica sarebbe stato
impensabile tornare indietro. Gli attori che non avevano un David
come mentore si arrangiavano in altro modo. Per tacere di tutte le
informazioni che si potevano trovare nei libri di Caylus, di d’Hancar-
ville, di Winckelmann, di Sylvain Maréchal, si poteva consultare il
Costume des anciens peuples di Dandré-Bardon (17 7 2 ), che consisteva
in una serie di stampe eseguite con la collaborazione di Cochin; op
pure l 'Histoire universelles des théâtres dell’abate Desfontaines et Lefuel
de Méricourt. Ancora più utile era forse però una curiosa pubblica
zione periodica di Levacher de Chamois, intitolata Costumes et anna
les des grands théâtres de Paris, che si presentava come «ouvrage desti
né à représenter le costume exact de nos comédiens les plus éclairés,
à relever les erreurs des faux costumes, à offrir les modèles de ceux
qui sont inconnus ou altérés, ainsi que des recherches sur les habille
ments de l’antiquité et des nations étrangères». Per quanto riguarda
va gli abiti greci e romani Levacher de Charnois era sufficientemente
attendibile. Lo stesso non si può dire per i suoi costumi sciti, persia
ni, ebrei o egiziani55.
2.9
Bruto redivivo
69
IL PASSATO PROSSIMO
7«
2. ANT IQ U AR I A E SOCIETÀ
7i
3
Antiquaria e costume
3-1
L ’antiquario e il teatro
Sarebbe esagerato affermare tout court che nel x v rii secolo l’antiqua
ria fu “popolare” . Tuttavia non si può trascurare il fatto che l’anti
quario fu un personaggio socialmente attivo, una figura ben nota an
che fra i non addetti ai lavori e - a prescindere dalle specifiche diffe
renze - fortemente connotata, tanto da poter diventare all’occasione
oggetto di satira di costume. Oggi difficilmente un autore porterebbe
sulla scena uno studioso di antichità, sia pure per ridicolizzarlo. L 'ar
cheologo ha una presa sul pubblico solo in quanto eroe di romanti
che avventure, predatore di tesori, detective del mistero *, in altre pa
role per la sua eccezionalità. Invece in un’epoca in cui l'antiquario,
oltre che nelle accademie, si incontrava al caffè o nei salotti, in cui
era omogeneo alla società di cui era espressione, si poteva sorridere
bonariamente di lui, iarne il protagonista di lavori teatrali di succes
so.
Nel carnevale del 17 5 0 andò in scena a Venezia per la prima
volta La famiglia dell'antiquario di Carlo Goldoni. All’osservatore sa
gace del costume non poteva sfuggire il personaggio deiranticomane
che dilapida una fortuna per accaparrarsi delle cianfrusaglie di nessun
di valore. Il suo conte Anseimo Terrazzani fu modellato, si dice, su
un personaggio reale: quell'Antonio de’ Capitani che Giacomo Casa
nova immortalò in un cammeo caricaturale nel secondo tomo dei
suoi Mémoires: «Les raretés de son cabinet consistaient dans [...] reli-
ques de saints, monnaies soi-disant antédiluviennes, dans un modèle
de l’arche pris d ’après nature au moment où Noè aborda [...] le
1. Valga per tutti il personaggio di Indiana Jones, sul quale cfr. Pucci (in
corso di stampa).
73
II. PASSATO PROSSIMO
74
3. ANTI QUARI A E COSTUME
75
IL PASSATO PROSSIMO
76
3- ANTI QUARI A E COSTUME
3-2
L a satira letteraria
In quello stesso 1780 era stato scoperto a Roma, sulla via Appia, il
sepolcro degli Scipioni. Subito si scatenarono gii anticomani, che si
precipitarono ad appropriarsi - prima che intervenissero le autorità -
chi di un osso chi di qualche altra reliquia. L evento toccò la fantasia
anche di Alessandro Verri, che allora viveva a Roma e frequentava i
circoli antiquari (aveva già pubblicato tra l’altro Le avventure di Saf
77
IL PASSATO PROSSIMO
7«
3- ANT IQ U AR I A E COSTUME
3-3
Un po’ di autoironia
79
IT. PASSATO PROSSIMO
3*4
B effe e frodi
80
3- ANTIQUARIA E COSTUME
81
IL PASSATO PROSSIMO
82
3. ANTI QUARI A E COSTUME
^3
IL PASSATO PROSSIMO
3-5
D el buon uso della falsificazione
84
3- ANTI QUARI A E COSTUME
85
I
r
4
Dalle fonti letterarie
alle fonti archeologiche
4·1
I precursori
87
FL PASSATO PROSSIMO
88
4- DALLE FO NT I L E TT ER AR I E ALLE FONTI A R C H E O L O G I C H E
89
IL PASSATO PROSSIMO
4.2
D dibattito del x v iu secolo
90
4- DALLE FO NT I L E TT E R AR I E ALLE FONTI A R C H E O L O G I C H E
91
IL PASSATO PROSSIMO
9 2
4- DALLE FONTI L E T T E R A R I E ALLE FONTI A R C H E O L O G I C H E
4*3
L ’antichità illustrata
10 . I 1.8 0 0 esemplari della prima tiratura furono venduti in due mesi (la
maggior parte era stata prenotata per sottoscrizione), e anche la ristampa (2.200
esemplari) andò a ruba. Presto se ne fecero delle traduzioni in inglese ( 1 7 2 1 -
17 2 2 ) e in tedesco ( 17 5 7 ) . Cfr. Raskolnikoff, 19 9 2 , pp. 38 ss.
1 1 . Rodheblave, 18 S 9 , p. 256.
93
I L PASSATO PROSSIMO
44
D airipercritica airesem pio
1 2 . Momigliano, 19 5 5 , p. 93.
1 3 . Rossi, 19 6 8 , p. 5 1 (che riprende M omigliano, 19 5 5 , p. 93).
94
4· DALLE PO NT I L E T T E R A R I E ALLE F ONTI A R C H E O L O G I C H E
4*5
O riginali o copie?
14. Per una ricostruzione della vicenda cfr. Cristofani, 1983, pp, 18 ss.
95
IL PASSATO PROSSIMO
96
Illustrazioni
r. C. B. Pirane.si, Il Caffè degli bigles/, incisione da Diverse maniere ¿'adornare i Cammini...,
1769,
2. J. Gandv, La Banca ¿L'Inghilterra concepita come rovina, Londra. Sir John Soane's Alusem.
3. j.-B . Chardin, Le tinge antiquaire, Parigi, Mu
seo du Louvre.
«T*11
97
IL PASSATO PROSSIMO
4.6
U n caso di coscienza
18 . Winckelmann, 17 6 4 , p. 287.
19. Gir. Zampa, 1961, p. xvn.
98
4- DALLI· F O N T I L E T T E R AR I E ALLE FONTI A R C H E O L O G I C H E
4-7
Il re è nudo
20. Per negare l’originalità dell'Apollo M engs faceva osservare che la statua
era realizzata in marmo di Carrara, che secondo la testimonianza eli Plinio era
stato usato solo in età imperiale. Il ricorso ad un simile argomento di cultura
materiale è degno di nota. È anche da sottolineare che il Gladiatore Borghese e il
Torso del Belvedere, che Mengs continuava a ritenere originali, sono considerati
tali anche da parte della critica moderna.
z i . Com e vuole invece Potts, 1980, pp, 1 5 7 ss., che le fa risalire all'ùltimo
soggiorno romano dell’artista (17 7 7 -7 9 ).
99
II. PASSATO PROSSIMO
4*8
V erso l’archeologia filologica
22. Dell’arte di vedere nelle belle arti del disegno secondo i principii di Sulzer e
Mengs ( 17 8 1 ) in Milizia, 1826, pp. 2 30 -1.
23. In Zampa, 19 6 1, p. 249.
100
4- DALLE FONTI L E TT E RA R IE ALLE FONTI A R C H E O L O G I C H E
In nome del metodo filologico Lleyne pone dunque il dito sulla stessa
piaga già messa a nudo dal Milizia quando parlava di opere “ rappez
zate” e “strapazzate” . Criticando Winckelmann, Heyne era cosciente
di criticare l'esito più alto dell’antiquari a settecentesca, e appunto per
questo la sua presa di distanza è così netta. Ma proprio il confronto
con la pratica filologica apre prospettive non meno interessanti. «Il
caso che si dà per gli antichi autori, dei quali solo un piccolo numero
di scritti è pervenuto fino a noi [...] si dà anche per le opere d’arte».
Benché nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con «copie o
imitazioni» di opere che non sono pervenute fino a noi, «esse ci so
101
IL PASSATO PROSSIMO
102
5
Le due culture
5-i
Prim a del divorzio
103
IL PASSATO PROSSIMO
5 2
L o spirito de! secolo
Di Spon si è già detto che era medico icfr. pp. 8 7 ss.), e anche
Stukeley lo era (cfr. p. 1 3 0 ) . Bianchini invece (cfr. p. 8 9 ) , prima di
farsi antiquario, aveva avuto una formazione di astronomo. Un amico
veronese, il Correr, gli aveva detto: «Come, un matematico che non
è antiquario? E a chi una tale professione conviene meglio e di più?
Se il matematico cerca la verità, e la trova con le dimostrazioni, lo
storico non la può scoprire che con Fosservazione dei monumenti
antichi» 2. Il suo interesse per il metodo sperimentale è testimoniato
dal suo De methodo philosophandi in rebus physicis, che gli valse la sti
ma di Leibniz. E successivamente fu il primo a datare con precisione
un monumento archeologico per mezzo delFastronomia. Grazie infat
ti alla teoria della precessione degli equinozi attribuì all’età antonina
XAtlante Farnese. Ma all’occasione sapeva affrontare e risolvere pro
blemi pratici di meccanica, come quando dovette sollevare, nel 1 7 0 7 ,
la colonna Antonina sul luogo attuale. Con la protezione del giovane
cardinale Albani, cui aveva trasmesso la passione per le antichità,
aveva fondato un’accademia — chiamata, non a caso, degli Alessandri
ni - che si riuniva al Quirinale e si occupava di antichità e di scien
za. Qui rifece tra l’altro gli esperimenti di rifrazione della luce di
Newton (del quale era diventato amico personale durante un soggior
no in Inghilterra). Newtoniano fu anche il marchese Algarotti, anti
quario à ses heures (cfr. p. 1 6 1 ) . Astronomo fu il Battoli, prima di
darsi all’erudizione e cadere sotto la frusta del Baretti (cfr. p. 56).
William Hamilton si occupò di vulcanismo. Lo stesso fece il principe
di Biscari (cfr. p. 4 7 ) . Cario Fea si occupò di storia naturale e coo
però a una pubblicazione sulla flora sudamericana }. Sir Hans Sloane,
1 . Momigliano, 19 5 5, p. 86.
2. Cfr. Raskolnikoff, 1992, p. 17 7 .
3. De Angelis d ’Ossat, 19 3 6 , p. 3 2 5 .
104
5- LE DUE CULTURE
105
IL PASSATO PROSSIMO
rito alla morfologia e alla decorazione dei vasi etruschi (da lui ovvia
mente considerati realmente tali, contro il parere di Cavlus e di altri
che li ritenevano greci). Partendo dall’analisi delle collezioni del Bal-
dani e del Gualtieri, e utilizzando le ricerche scientifiche di Gessner
e di Bonanni, Kartista-antiquario giunse alla conclusione che la forma
e il repertorio decorativo di tali vasi derivavano dalle conchiglie esi
stenti in natura, alle quali gli Etruschi si sarebbero ispirati 6. Era, con
tutti i suoi limiti, un tentativo di conciliare scienza ed arte superando
l'orizzonte del classicismo, di dare un'interpretazione più rigorosa di
certe tematiche già care ai manieristi in nome di un organicismo na
turalistico.
5-3
L'ingegnere svela l’antichità
106
5. LE DUE CULTURE
107
IL LASSATO PROSSIMO
5*4
L'an tiquaria sperimentale
ro8
5. LE DUE CULTURE
109
ÍL PASSATO PROSSIMO
n o
5. LE OVE CULTURE
12 . Ivi, p. 273.
1 ri
IL PASSATO PROSSIMO
112
5- LE DUE CULTURE
dal punto di vista della realtà fattuale, ma non sono '‘ingenue" nel
senso banale del termine. Esse sono ispirate da un preciso disegno:
mettere l’arte antica sotto i nostri occhi, non per stupirci o per rapir
ci, ma per farcela giudicare nella sua concretezza. Prima di Caylus
l’artista poteva disquisire d’arte antica senza erudizione e l’antiquario
senza conoscenze tecniche. Dopo Caylus non più.
Così dovremo stare ben attenti a non dare un giudizio sbrigativo
della sua opera maggiore, il Recueil d'antiquités. È ben vero che essa
è stata composta senza un disegno organico, che la descrizione degli
oggetti riflette più la casualità degli acquisti che un piano rigoroso di
trattazione, che vi sono fastidiose ripetizioni e oziose prolissità, che
l'interesse dei pezzi descritti è quanto mai diseguale. Ma intanto ob
bedisce a una regola ferrea che Caylus si era data: non pubblicare
che oggetti di sua proprietà o che ha tenuto tra le mani. Solo così
egli si sentiva al riparo dalle mistificazioni, sempre possibili quando ci
si trovava a dover giudicare sulla base di riproduzioni non controlla
bili de visu. E solo così poteva essere libero di impiegare sugli oggetti
il fuoco, l’acqua, gii acidi e quant’altro fosse necessario ai suoi esperi
menti. Perché Caylus non voleva essere creduto sulla parola, ma te
neva a mettere il lettore in grado di giudicare, di controllare. Di qui
la novità nel linguaggio e nella forma: niente excursus magniloquenti e
fumosi, niente giudizi vaghi o basati sul principio d’autorità. In pri
mo piano sono i monumenti: «si les monuments s’accordent, il fau-
clra bien que les textes s’accordent aussi» T*. Perciò le citazioni ci so
no, ma non c’è la loro ostentazione, il consueto compiacimento.
Chiunque abbia familiarità con le opere di erudizione coeve non può
non essere colpito dalla differenza: in Caylus i fatti sono esposti e
provati con sobrietà e rigore, distinguendo tra cose certe e cose dub
bie, e riconoscendo gli eventuali precedenti errori. Nelle memorie su
singoli problemi archeologici Caylus parte da un testo oscuro e lo
illumina con l’esperimento; nel Recueil parte piuttosto dall’oggetto e
ricorre all’erudizione solo nella misura indispensabile, anche perché
non era questo il suo forte. Ma di questa limitazione, che egli stesso
non cercava di nascondere, Caylus seppe fare un pregio. Un altro
pregio era l’estrema esattezza nella descrizione dei pezzi, la meticolo
sa cura prestata ai dettagli, del tutto inconsueta nei suoi contempora
nei. Si può dire che Caylus è stato il primo antiquario a schedare il
suo materiale in maniera moderna.
Pubblicando la sua collezione, formata da oggetti di piccola di
mensione e di modesto pregio, Caylus rinunciava inoltre programma
t3 . Ivi, P. 347.
113
IL PASSATO PROSSIMO
14. N isard, 18 77 , r, p. 9.
1 5 . Rocheblave, 1.889, P· 3* s ·
114
5- LE DUE CULTURE
ri5
IL PASSATO PROSSIMO
tere più ampio, così come gli scienziati ricavano dei principi dall'os
servazione ripetuta dei fenomeni. Da vero scienziato, Caylus sapeva
fin troppo bene che nuovi dati potevano in ogni momento costringe
re a modificare le proprie idee. Per questo motivo non poteva prova
re simpatia per Winckelmann. Si è da più parti sottolineata la rivalità
tra i due. Ma questa animò piuttosto Wickelmann verso Caylus che
viceversa. Non va dimenticato che il francese, più anziano, aveva rag
giunto la fama di primo antiquario d ’Europa quando il tedesco muo
veva ancora i suoi primi passi tra i monumenti romani. Anche se
Caylus fece in tempo a intuire la forza potenziale del rivale e ad ave
re qualche prova della sua ambizione (cfr. p. 83), morì quando la
Storia dell’arte di Winckelmann era uscita da appena un anno, e non
aveva avuto il tempo di dargli realmente ombra. Caylus non fece
neppure in tempo a leggerla, perché non era ancora stata tradotta in
francese, ed egli non padroneggiava il tedesco. Quando il solerte Pa-
ciaudi gliene diede notizia in termini altamente elogiativi rispose fred
damente, e in coerenza con le sue convinzioni più sincere: «Il n'y a
pas de thèse générale sur le monuments, et un coup de pied donné
au hasard est capable de démentir les propositions de tous les anti
quaires présents, passés et futurs» l6.
Eppure, a dispetto delle enormi differenze di carattere e di vedu
te, Caylus Ri in molte cose più vicino a Winckelmann di quanto forse
a lui stesso avrebbe fatto piacere ammettere. Si attribuisce a Winc
kelmann il merito di avere per la prima volta considerato l’arte antica
come autonomo campo di studi, distinto da quello dell’erudizione.
Ma Caylus, seppure per un altro cammino intellettuale, era arrivato
su posizioni in parte simili. Anch’egli biasimava l’attitudine degli an
tiquari che consideravano i monumenti nient’altro che «comme le
supplément ou les preuves de l’histoire ou comme des textes isolés,
susceptibles des plus longs commentaires», senza rendersi conto che
essi «mettent le progrès des arts sous nos yeux, et servent de modè
les à ceux qui les cultivent» l7. Con Winckelmann egli condivideva
anche l’idea dello sviluppo progressivo dell'arte, del quale ciascuna
delle civiltà antiche costituiva una tappa. Quanto a Winckelmann,
egli ha utilizzato ampiamente Caylus. La sua influenza su di lui appa
re chiaramente dall'importanza che, malgrado la sua formazione e le
sue inclinazioni, annette agli aspetti tecnici. Dopo Caylus era difficile
116
5- LE DUE CUI/TURE
18. Zampa, 1 9 6 1 , p. 32 1.
117
IL PASSATO PROSSIMO
5-5
U n a trirem e sulla Senna
118
5. I-E DUE CULTORE
5.6
W inckelm ann e le scienze
119
IL PASSATO PROSSIMO
22. L ’aneddoto è in una lettera al Bianconi del giugno 17 5 6 (cfr. Zam pa,
19 6 1, pp. 25-6).
23. Pontiggia, 1989, p. 326.
24. Ibùl (con riferimento a un giudizio di G iorgio Colli).
120
5- LE DUE CULTURE
teorica (il «sistema dottrinale») e una più storica, fermo restando che
entram be convergevano verso un unico fine: la definizione dell’«es-
senza dell'arte». Alla teoria dell'arte W inckelm ann assegna p ro pria
mente il com pito di stabilire delle regole scientifiche «sulla sua origi
ne, il suo sviluppo, i suoi mutam enti, la sua decadenza», illustrando
il variare dello stile presso i vari popoli. Egli si dichiarava sicuro che
la m etafora naturalistica fosse atta ad esporre le vicende storiche
quanto «la conoscenza di grandi principi, asturi eroi e spiriti forti».
Ora, la metafora dello sviluppo biologico dell’arte, che passereb
be attraverso gli stadi dello sviluppo, della fioritura e della decaden
za, è in effetti derivata dalla scienza dei naturalisti del suo tempo. E
avrebbe avuto corso ancora a lungo. Nel 18 2 1 Wilhelm von Hum-
boldt si esprimeva ancora a favore della scelta dell’analogia col mon
do corporeo nello studio del mondo dello spirito. Anche la cosiddet
ta “teoria del clima” (cfr. pp. 18 ss.), che oggi può indurre al sorriso
per il suo ingenuo determinismo, va considerata storicamente nel
quadro del pensiero dell'epoca. Dopotutto, anche un pensatore della
statura di Kant credeva all’influenza del clima su «tutte le facoltà di
pensiero e di invenzione». E poi non bisogna dimenticare che in
Winckelmann queste tesi sono esposte come leggi di tendenza, che
ammettono una quantità di eccezioni e adattamenti.
Comunque, il fatto da sottolineare è il programma scientifico che
Winckelmann si era assegnato. Se consideriamo con quanta convin
zione egli vi aderì, è possibile perfino ricondurre la sua figura ad uno
dei miti più solidi della cultura settecentesca, quello dello scienziato
che crea una nuova scienza fondandosi solo su se stesso (tipico è il
caso di Linneo). Winckelmann cominciò ancor prima di aver pubbli
cato la Storia dell'arte a vantare di essersi avventurato in un terreno
vergine. In ima lettera a Stosch del 17 5 7 già dice: «io non posso
chiedere consiglio a nessuno. Devo pensare e ricercare da solo». In
varie circostanze Winckelmann manifestò l’orgoglio di aver costruito
una nuova disciplina contando esclusivamente sulle proprie forze,
senza ricalcare i passi di nessuno. Goethe, come è noto, lo paragonò
a un nuovo Colombo, definendolo «un uomo eccellente, educatosi
nella solitudine». Lo stesso fece Schelling nel suo saggio Über das
Verbältniss der bildenden Künste zu der Natur, dove parlò della «splen
dida creazione da parte di Winckelmann di una nuova teoria e dot
trina», riconoscendo che egli per primo aveva avuto «l'idea di tratta
re le opere d ’arte secondo il modo e le leggi delle eterne opere della
natura».
A nche il conte di Caylus puntava molto sulla scientificità dell’ap-
proccio nell’analisi delle opere d ’arte, e il suo m etodo fu per molti
122
I
5- LE DUE CULTURE
12 3
6
Nasce lo scavo stratigrafico
6.1
D alla geologia all’archeologia
1. D ’Agostino, 19 8 1, p. 19.
2. Gir. Daniel, 1967, pp. 57 ss.; Harris, 19 83, pp. 35 ss.; Carandini, 1993,
pp. 2 1 ss.
12.5
IL PASSATO PROSSIMO
126
6. NASCE LO SCAVO S T RA TI GRA FI CO
6. H o già valorizzato questo testo in Pucci, 1989, pp. 45-7. Cfr. anche
Oechslin, 1979, p. n o . Dello scavo del Picchetti parla anche il de Brosses nelle
Lettres famihères sur l'Ualie ert ijy j et 1740 (lettera x x x iv ).
127
IL PASSATO PROSSIMO
6.2
U no scavo ad A lesia
128
6. NASCE LO SCAVO STRATI OR AFI CO
derno, ma non c’è dubbio che la strada intrapresa era quella giusta.
Per un caso singolare, l’impresa avveniva nello stesso momento in cui
in un altro luogo, anzi in un altro continente, si celebrava forse dav
vero la nascita dell’archeologia stratigrafìca.
6.3
Il presidente archeologo
129
IL PASSATO PROSSIMO
6.4
L ’archeologia del terreno
130
6. NASCE LO SCAVO STRATI G R A F I CO
131
IL PASSATO PROSSIMO
132
6. NASCE LO SCAVO STRATI G R A F I C O
6.5
D allo scavo alla tutela
133
IL PASSATO PROSSIMO
tutto rispetto. Famosa era la sua traduzione della Storia delle arti del
disegno presso glt antichi di Winckelmann, e non meno Io era la sua
edizione delle Opere di Raffaello Mengs. Inoltre nel 179 7 aveva scritto
un Discorso intorno alle Belle Arti di Roma che lo aveva messo in vista
come una personalità interessata a un rinnovamento nel settore della
tutela artistica. Verificati i piccoli e grandi traffici di opere d’arte sot
to la Repubblica, nacque nel Fea l’esigenza di provvedere lo Stato di
una più moderna ed efficace legislazione di tutela. Egli, che era avvo
cato oltre che erudito, voleva in particolare imporre il concetto di
bene pubblico alle opere d ’arte. Fino a quel momento il controllo
sulle vendite e le esportazioni delle opere d’arte avveniva in base al
criterio dell’unicità del pezzo. Lo stesso Winckelmann aveva avallato
tante esportazioni con la formula «boni ma non singolari». Per esem
pio, nel 1765 aveva permesso che fosse esportata una «Venere nuda,
antica, di ottima maniera» solo perché di minor pregio rispetto ad
una analoga posseduta dai Musei Capitolini, e quindi giudicata cedi
bile senza pregiudizio per le collezioni statali. Qualche decennio do
po tuttavia la situazione era mutata. Le cosiddette arti minori e le
relative tecniche stavano subendo un processo di rivalutazione, e si
andava progressivamente ampliando il campo dei beni storico-artisti
ci, come si può rilevare dall’analisi degli editti settecenteschi.
Ma fu solo il chirografo del 1802 a individuare un sistema di
classi e sottoclassi in grado di definire la totalità dei materiali su cui
si voleva da quel momento in poi intervenire. I nuovi vincoli si este
sero anche agli oggetti non straordinari, o non corrispondenti al gu
sto in voga. Diceva il chirografo:
Vogliamo che sia affatto proibita da Roma, e dallo stato l'estrazione di qua
lunque Statua, Bassorilievo, o altro simile lavoro rappresentante figure Uma
ne, o di Animali, in Marmo, in Avorio, ed in qualunque altra materia, ec
altresì di Pitture antiche , Greche e Romane, o segate, o levate dai muri
Mosaici, Vasi detti Etruschi, Vetri, ed altre opere colorite, ed anche di qua
lunque opera d’intaglio, Vasi antichi, Gemme e Pietre incise, Carnei, Meda
glie, Piombi, Bronzi, e generalmente di tutti quelli lavori, o di grande, o di
piccolo Modello, che sono conosciute sotto il nome di antichità, pubbliche, c
private, Sacre, o Profane, ni una eccettuata, ancorché si trattasse di semplic
frammenti, da’ quali ancora grandi lumi ricevono le Arti e gli Artisti: e<
eziandio di qualunque antico Monumento, cioè di Lapidi, o Iscrizioni, Cip
pi, Urne, Candelabri, Lampade, Sarcofagi, Olle Cinerarie, ed altre cose anu
che di simil genere, e di qualunque materia siano composte, comprese anch
le semplici Figulinetfi.
*34
6 . NASCE LO SCAVO ST RA T IG R AE I CO
19 . Ivi, p. 97.
20. Ivi, p. 227.
2 1 . Ivi, p. 254.
135
ri. PASSATO PROSSIMO
Noi pure, i quali ora viviamo su queste mine, le miriamo deplorandole quasi
spettacolo di crudele devastazione. Anzi quanto a noi le custodiamo come
venerevoli [...] che se le ingiurie del fato ci hanno privi di tanti meravigliosi
edilìzi vostri, ci hanno però lasciata una brama ardente di considerarne ogni
avanzo e di scoprirlo. Quindi apriamo spaziosamente la terra desiderosi di
ritrovare in quella le sepolte vostre magnificenze, e [...] questa nostra solle
citudine è giunta a scoprire delubri, e tenne, ed urne, e reggie, e perfino le
intiere città, siccome a’ tempi miei di due della Magna Grecia è avvenuto.
Che se vi fosse noto, o magnanimi intelletti, con quanto dispendio intra
prendiamo queste opere, con quanto studio illustriamo gli antichi monumen
ti, con quanta cura li serbiamo, certo invece di dolervi di noi ci lodereste
con gratitudine corrispondente. Perocché apriamo le vostre urne palpitando,
e [...] tutto noi serbiamo con gelosa custodia; e qualunque moneta, ed ar
ma, e suppellettile, o segno delle consuetudini vostre, è per noi materia pre
ziosa di erudite congettureJi.
136
7
Arte, tecnica, cultura materiale
7 ,1
L a lezione del XEncyclopédie
137
IL PASSATO PROSSIMO
138
y. ARTE, T E C N I C A , CULTURA MA TERI ALE
7·2
Architettura e tecnica
139
IL PASSATO PROSSIMO
140
/. ARTE, T E C N I C A , CULTURA MATERI ALE
6. Dell'arte di vedere nelle belle arti del disegno secondo i principii di Sulzer e
Mengs ( 1 7 8 1 ) , in Milizia, 18 2 6 , pp. 3 0 1 ss.
7. Ivi, p. 480.
8. Ivi, pp. 3 1 6 ss.
9. Ivi, pp. 3 0 8 - 1 1 .
10 . Ivi, p. 3 1 3 .
I 4I
11, PASSATO PROSSIMO
7-3
Utensili e suppellettile
142
7- ARTE, T E C N I C A , CULTURA MA TERI ALE
14 . Cfr. Pucci, 19 79 , p. 7 1 .
15 . Ibid.
143
IL PASSATO PROSSIMO
144
7- ARTE, T E CN I C A, CULTURA MAT E RI AL E
M5
8
Antichità e design
8.1
L e ragioni di un connubio
147
IL PASSATO PROSSIMO
8.2
L ’Etruria è nello Staffordshire
rqB
8 . A N T I C H I T À E D ES IG N
suo apice, voleva dire davvero precorrere i tempi. Ancora nel 1764
Winckelmann giudicava le porcellane «figure piccole e informi», che
«altro merito non hanno fuorché la bellezza della materia, e nulla vi
si ravvisa mai di rimarchevole e di istruttivo».
La figura che meglio compendia questa tendenza è quella di Jo-
siah Wedgwood. Nato nel 1730, questo singolare personaggio era
riuscito, nonostante la modesda delle sue origini e la mancanza di
un’istruzione regolare, a diventare già nel .1762 «Potter to Her Maje
sty». Ma il suo intuito commerciale gli fece capire assai presto che,
pur continuando a fornire una clientela aristocratica, poteva fare
grossissimi affari soddisfacendo la richiesta proveniente dai ceti medi
di una ceramica raffinata come la porcellana, ma a un costo più bas
so. Come scrisse in una lettera, «the Great People have had their
vases long enough in their Palaces for them to be seen and admir'd
by the Middling Class of People [...] and the Middling People w.d.
probably by (sic) quantity of them at a reduced price»6. E se l’ari
stocrazia apprezzava l’arte antica, egli avrebbe orientato la sua produ
zione verso il gusto antiquario. Per i modelli, pensò bene di ispirarsi
alle maggiori raccolte esistenti di monumend antichi. Già nel 17 6 7 si
era fatto prestare il Recucii di Caylus (che poi avrebbe acquistato nel
1769), e l’anno dopo produceva nella fabbrica di Burslem vasi “etru
schi” a figure rosse. Successivamente si associò con Thomas Bentley,
un commerciante di buona cultura, che era in relazione con l’am
biente antiquario internazionale, e in particolare con Sir William H a
milton. Venne così in possesso dei preziosi volumi che il d ’Hancarvil-
le andava pubblicando, e che, nell’intento di Hamilton, dovevano
servire appunto a contribuire «to the advancement of arts» e costitui
re «an agreeable present to our manufacturers of earthenware and
China, and to those who make vases in silver, copper, glass, marble
etc.». E furono appunto "copie” di originali della collezione Hamil
ton i primi sei vasi che uscirono, il 13 giugno del 1769, dalla nuova
fabbrica che i due soci aprirono presso Stoke-on-Trent, nello Staf
fordshire. Il sito fu ribattezzato “Etruria”, e nel registro inferiore del
ta decorazione dei vasi era scritto: Art.es Etruriae renascuntur. Era la
realizzazione di un’utopia. Non solo perché si era trovato il modo di
ricreare dei manufatti antichi per mezzo di precise sperimentazioni
tecniche alla maniera di Caylus (il procedimento fu brevettato sotto il
nome di encaustic); ma perché era come se rivivesse nel cuore della
moderna Inghilterra, lanciata nella rivoluzione industriale, un pezzo
149
IL PASSATO PROSSIMO
150
8. A N T I C H I T À li D E S I G N
1.5 1
IL PASSATO PROSSIMO
152
8. A N T I C H I T À F DESIGN
8,3
Erasm u s D arw in e la Lu n ar Society
153
IL PASSATO PROSSIMO
8.4
Il lusso è la moneta dei poveri
L 54
8. ANTICHITÀ E DESIGN
8.5
D allo scavo alla manifattura
155
TL PASSATO PROSSIMO
8.6
L'avventura di Francesco Piranesi
156
8. ANTICHITÀ E DESIGN
8.7
L ’antichità domestica
157
IL PASSATO PROSSIMO
158
9
Antiquaria e antropologia
9 .1
11 mondo antico e il N u o v o M o n d o
159
IL PASSATO PROSSIMO
2. Cfr. il commento che ne fa A. Morino nel saggio Certe sere a Cirey sur la
Blaise..., incluso in Algarotti, 1987, pp. 49-67.
5. Nel saggio Des coches, pubblicato nel 13 8 8 , questi esprimeva ammirazio
ne per la civiltà peruviana e rammarico per la distruzione operatane dagli euro
pei. E il coraggio e la magnanimità di quei popoli sfortunati gli parevano degni
«des plus fameux exemples anciens».
4. Un compendio di questa problematica si può trovare in due eccellenti
opere di studiosi italiani: Landucci, 19 7 2 ; Gliozzi, 1977.
160
9- ANTI QUARI A E ANT RO PO LO GI A
rebbe conto trattenersi oltre se non fosse per un aspetto della sua
polemica che converge verso il campo di studi che ci interessa in
questa sede: lo studio dell’antichità. Il disprezzo che i dotti mostrano
per le civiltà degli indigeni americani, egli dice, è dovuto al fatto che
questi ultimi «non sortirono un Tucidide o un Livio per istorici». Ma
si tratta di un’ottusità tipica dei «letterati». «Non così pensano colo
ro che, non contenti a viaggiare con la scorta di pochi scrittori nel
mondo degli Antichi, sanno scorrere con la mente tutto il globo, e
veggono che da quelle nazioni che i dotti dispregiano il più, si posso
no trarre insegnamenti per la vita civile ed esempi utilissimi» 5.
Il poliedrico Algarotti, che aveva già dato prova delle sue compe
tenze antiquarie nel saggio Sopra la durata de' regni de’ re di Roma
(1745), lamenta qui l’angustia di quelle ricerche basate esclusivamen
te sull'autorità degli storici antichi, e quindi incapaci di intendere la
cultura materiale e la civiltà dei supposti primitivi. La condanna del
classicismo è pronunciata in nome di una scienza dell’uomo senza
confini geografici e senza pregiudizi culturali.
Era possibile, era concepibile un’antiquaria aperta a quella scien
za dell’uomo che proprio nel Settecento conquista il proprio statuto
epistemologico? E, se sì, in quali forme si è di fatto realizzata?
I primi sistematici sforzi rivolti alla comprensione dell’umanità
“ diversa” si manifestano già nel diciassettesimo secolo, ma è soprat
tutto col secolo successivo che i selvaggi cominciano a non essere più
considerati testimonianze di un’umanità degradata, quando non addi
rittura di vita animale.
Nei primi anni del Settecento un viaggiatore philosophe, il De la
Crequinière, cercò di descrivere i costumi degli Indiani raffrontandoli
con quelli di altri popoli dell'antichità6. Non molto dopo Fontenelle
componeva il suo famoso srudio comparato sull’Origwe des fables. Di
fronte alla «conformité étonnante entre les fables des Américains et
celles des Grecs», egli non esitava a istituire un parallelo fra l’antichi
tà classica e i selvaggi del nuovo mondo. Ci voleva coraggio, e una
grande spregiudicatezza intellettuale per accostare i selvaggi agli anti
chi. Ancora di più ce ne voleva per sostenere apertamente come
Fontenelle fece che «les Grecs furent, pendant un temps, des sauva-
ges aussi bien que les Américains». Inoltre, egli gettava le basi della
moderna scienza delle religioni quando affermava che «ce n’est pas
5. Algarorti, 19 8 7, p. 13 .
6. L ’opera, pubblicata a Bruxelles nel 170 4 , era appunto intitolata Confor
mité des coutumes des btdiens orientaux avec celles des Juifs et des autres peuples de
l ’Antiquité.
161
IL PASSATO PROSSIMO
162
9- ANTIQUARIA E ANTROPOLOGI A
163
IL PASSATO PROSSIMO
164
9· ANTI QUARI A E A NT ROP OL OGI A
14. Il riconoscimento è dello stesso Van Gennep, 1 9 1 4 , pp. 199 ss.; cfr.
anche Sadrin, 1978 .
1 5 . Su di iui cfr. Van Gennep, 19 11. In generale su questi precursori del
l’antropologia storica nel x v m secolo cfr. Lemay, 19 7 6 ; Moravia, 19 7 8 ; 19 8 2 .
16. Volney, 18 3 8 , pp. 725-6. Cfr. anche Logan, 1976 , pp. 1 3 2 9 ss.
16 5
il
IL PASSATO PROSSIMO
9*f
II nobile selvaggio, gli artisti, gli antiquari
Essi peraltro non furono i soli: il dibattito che abbiam o appena illu
strato trova a sua volta una corrispondenza in taluni ambienti artistici
del Settecento.
Nel 17 7 6 a un’esposizione della Royal Academy di Londra si
ammutirò una singolare opera di Joshua Reynolds. Si trattava del ri
tratto di Ornai, un principe delle Isole del Pacifico portato a Londra
nel 17 7 4 dal Capitano Cook ( f ì g . 8 ) . Per alcuni anni il bellissimo
giovane indigeno fu l’attrazione dei salotti aristocratici di Londra.
Reynolds lo ritrasse in una posa che riecheggia intenzionalmente
quella delXApollo del Belvedere, proprio la statua che Winckelmann
aveva ripetutamente indicato nei suoi scritti come il massimo esem
pio del bello ideale ( f ì g . 9).
Del resto, era stato proprio Winckelmann a scrivere nei Pensieri
sull'imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura (17 5 5 ):
«Guardate il veloce Indiano che insegue a piedi un cervo: come i
suoi umori divengono fluidi, come si fanno agili e flessibili i suoi ner
vi e i suoi muscoli, come tutta la struttura del corpo si fa leggera.
Così Omero ci rappresenta i suoi eroi [...]». E Milizia non aveva
forse sostenuto che per trovare qualcosa di comparabile alYErcole
Farnese «bisognerebbe veder de’ Patagoni» I7? In Reynolds c’era forse
un sottinteso polemico ancor più evidente: l’ideale di perfezione degli
antichi si incarnava meglio nell’incorrotto uomo primitivo che nella
decaduta umanità civilizzatal8. Del resto, si vuole che Benjamin
West, una dozzina d ’anni prima, davanti all'Apollo del Belvedere escla
masse: «Mv God, how like it is to a young Mohawak warrior!». L ’a
neddoto può anche essere apocrifo, ma non lo è YAddio del Selvaggio,
che West dipinse intorno al 1760. Qui la figura del nobile selvaggio
ripropone, specularmente ribaltato, lo stesso celebre modello. West è
anche autore della Morte di Wolfe (1770 ) (fìg . io), nel quale la figu
ra del capo indiano è indubbiamente una trasposizione del Torso del
Belvedere (f ìg . i i ).
U n’analoga interpretazione del selvaggio in chiave di bellezza
1 7 . Dell'arte di vedere nelle belle arti del disegno secondo 1 principi di Sulzer e
Mengs ( 1 7 8 1 ), in Milizia, 1826, p. 178 .
1 8 . Cfr. Smith, i9 6 0, pp. 80 ss.; Pinelli, 19 8 7 , pp. 2 1 ss.
166
9- ANTI QUARI A E A N TR O P OL O GI A
167
IL PASSATO PROSSIMO
24. Cfr. Smith, i960, pp. 120 ss., e soprattutto Mitchell, 1964.
25. Knight, 1806, pp. 213-4. Il x v i i i secolo vide t Greci come dei fanciulli
che avevano vissuto all'alba della civiltà. Com e è noto, questa concezione si pro
lunga fino a Hegel e, per il tramite di questi, arriva fino al M arx dei Grundrisse
(cfr. K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, Firenze
1968, 1, p. 40).
168
9· ANT IQ UA RI A E .ANTROPOLOGIA
9-3
Etnografia e collezioni antiquarie
L'interesse concreto per l'etnografia era del resto ben presente nella
cerchia dei Dilettanti. Un altro dei suoi membri più noti fu William
Hamilton. Questi, oltre che dai vasi greci, era affascinato anche dai
selvaggi, e fra il 17 7 1 e il 1784 ebbe modo di acquistare in Inghilter
ra parecchi oggetti provenienti dalle spedizioni del Capitano Cook.
Hamilton era membro della Rovai Society di Londra, che aveva pro
mosso le esplorazioni di Cook, ed era in rapporti con Sir Joseph
Banks, che ad esse aveva partecipato. Proprio da questi dovette otte
nere le «curiosità artificiali» che, dopo aver portato a Napoli, regalò
infine al re Ferdinando rv. Una Storia dei Viaggi del Capitano Cook
pubblicata a Napoli dopo il 1785 conferma che molti oggetti dei ma
ri del Sud si potevano vedere nel Museo di Capodimonte, «il tutto
donato dal Signor cavaiier Hamilton».
La notizia è confermata dal Capitano Scott di Rosebank, che in
una pagina del suo diario del lySy a proposito del palazzo di Capo
dimonte dice: «The King seldom goes there. He is fitting up a Mu-
seum in town to which he intends moving this noble collection of
Pictures and other curiosities amongst which are some made in a
present to thè King by Sir William Hamilton of Captn Cooks (sic)
collecting amongst thè Island (sic) of thè South Seas».
Da Capodimonte questi oggetti passarono nel Museo Borbonico
al Palazzo degli Studi, e ci fu quindi un momento davvero straordi
nario, in cui si videro insieme le statue e i quadri della collezione
farnesiana, i reperd di Pompei e di Ercolano e i monili e gli utensili
dei tahitiani 2<\
Per altro già dal 1776 qualcosa di altrettanto significativo succe
deva a Madrid. Qui nel Reai Gabinetto di Storia naturale e di Anti
chità Carlo rii di Spagna, già re di Napoli, aveva raccolto insieme ai
manufatti provenienti dai primi scavi di Pompei le curiosidades preco
lombiane che gli aveva mandato il corregidor di Trujillo. Il sovrano si
compiaceva di visitare spesso il Museo e di osservare le sorprendenti
analogie tra i materiali pompeiani e quelli provenienti dalle tombe
Mochica, che secondo la tradizione erano anch’essi vecchi di 1.700
anni, e dunque contemporanei. Dopo aver patrocinato gli scavi clas
sici di Ercolano e Pompei Carlo n i progettò, una volta in Spagna, di
169
IL PASSATO PROSSIMO
far realizzare una Storia dell'antica America, sul modello delle pubbli
cazioni dell’Accademia Ercolanese i7.
Anche a Parigi accadevano cose interessanti. Nel 1785 Joseph
Dombey, medico, naturalista e antiquario aveva riportato da un lun
go viaggio in America meridionale diverse antichità peruviane desti
nate da Turgot al Cabinet des Antiques. Colà lavorava da anni l’abbé
Barthélémy. Pochi sanno che 1autore del Jeune Anacharsis scrisse del
le Reflexions sur quelques peintures mexicaines e che era stato lui a re
digere delle Instructions pour M. Dombey pour son voyage au Pérou,
nelle quali gli raccomandava di non trascurare le antichità di quel
paese, e di portare in Europa non solo gli oggetti artistici ma «tous
les petits ouvrages qui attestent l’intelligence et ¡’industrie des anciens
Péruviens» e anche «quelques-unes de leurs chansons» 2g, a riprova
che lo studio delle antichità non si concepiva più ormai separato dal
l'etnografia.
L'interesse per la cultura materiale dei selvaggi assumeva in qual
che caso posizioni radicali. John Douglas, uno dei com pagni di
Cook, arrivò a dire:
170
9- ANTI QUARI A E ANTROPOLOGI A
171
IL PASSATO PROSSIMO
172
9- ANTI QUARI A li A NT ROP OL OGI A
9*4
Religioni antiche e folklore
17 3
IL PASSATO PROSSIMO
Brosses ricondurre sullo stesso piano del feticismo dei selvaggi moderni
il culto per le pietre e gli animali di cui permangono tante tracce nella
mitologia classica e vedere dietro le nobili favole che tanta parte aveva
no nella cultura dei popoli civilizzati le più ingenue e assurde supersti
zioni legate a oggetti e fenomeni naturali.
Il che, detto per inciso, finiva per essere una confutazione di Rous
seau, giacché da buon illuminista egli considerava il feticismo, ossia
tutte le religioni primitive, come un insieme di «usages déraisonnai-
bles», nate da un’organizzazione sociale primordiale tutt’altro che idilli
ca e razionale41.
Ma ciò che più conta in de Brosses è l’approccio antropologico alla
fenomenologia religiosa, che si afferma nonostante le dichiarazioni for
mali di rispetto per la religione rivelata degli Ebrei e dei Cristiani.
Un tale approccio non è isolato nel periodo che andiamo studian
do. Negli anni 1779-80 Charles François Dupuis, sacerdote e astrono
mo, pubblicò l'Origine des tous les Cultes ou Religion universelle e nel
1805 Jacques-Antoine Dulaure, ingegnere, diede alle stampe due opere
dello stesso tenore: Des cultes qui ont precède et amené Vidolatrie e Des
Divinités génératrices ou du culte du Phallus chez les Anciens et les Moder
nes. Soprattutto questo secondo scritto presenta elementi di interesse.
Vi si trova infatti un embrione di studio sistematico sul folklore moder
no in rapporto all’antichità. Egli ottenne delle informazioni dirette sui
riti fallici ancora sussistenti nell Italia dell’epoca da suoi corrispondenti
locali, come il Forges Davanzati di Canosa42.
Un’inchiesta sullo stesso soggetto portò avanti più o meno negli
stessi anni Richard Payne Knight, il quale pubblicò inizialmente a
Londra, nel 1786, un Account o f thè Remains o f thè Worship 0/ Priapus
Lately Existing al Isernia, in thè Kingdom o f Naples. Violentemente attac
cato dal puritano Maihias, l’autore ne ritirò tutte le copie dal mercato,
distruggendole. Ma presto ne uscì una traduzione francese, che fu forse
tenuta presente dal Dulaure.
L ’opera di quest’ultimo Li invece utilizzata per una seconda edizio
ne postuma del libro del Knight, apparsa nel 1865, nella quale un
anonimo aveva aggiunto allo scritto originale un Essay on thè Worship o f
thè Generative Poivers during thè Middle Ages o f Western Europe 43. Per
Knight il culto della fertilità era alla base di tutte le religioni, antiche e
174
9- ANTI QUARI A E ANTROPOLOGI A
1 75
I L PASSATO PROSSIMO
176
9 . ANTI QUARI A E A NT ROP OL OGI A
[...] il lento cammino delle forme, a partire dalla pietra bruta destinata
a fare da simulacro alla divinità, per arrivare a quelle il cui dissolvi
mento in tre parti esprimeva le qualità della potenza divina che crea,
conserva e distrugge, come le si esprim e ancora, in India, attraverso
ligure a tre teste».
La com parazione, che d ’Hancarville erigeva a sistema (avrebbero
i lettori «se lo studio dell’antichità può divenire una scienza,
e se è possibile fondarlo su dei principi»), veniva operata ora per la
prima volta in maniera consapevole e sistematica, tra l’arte classica e
quella extra-classica, com presa l’arte della Cina e dell’India. Anche per
questo egli «fascinated many ol his betters by his misuse of vases» 4fi.
Era soprattutto l’arte indiana ad esercitare la sua attrazione sul d ’Han-
carville, e il considerare quest’arte su un piede di parità con quella
classica era un atto di audacia intellettuale, che il classicismo del xix
secolo avanzato avrebbe poi soffocato.
9-5
Dal folklore alla classicità
I rapporti tra folklore e antichità messi in luce dalle ricerche dei vari
de Brosses, H am ilton e Knight risalivano, come si è visto, a inform a
zioni di seconda mano. N essuno di loro aveva personalm ente com piu
to indagini sul campo. Viceversa, proprio sull’esperienza personale si
basa una delle opere più singolari del secolo: il Voyage littéraire de la
Grece di Pierre Augustin Guys. G rosso com m erciante marsigliese, il
Guys spese circa v en tan n i in Grecia e in O riente per curare i propri
affari. Il suo libro è concepito in forma epistolare. Le leltres curieuses
sono indirizzate a un M. Bourlat de M ontredon, «hom m e très instruit
et am ateur éclairé des arts»; ma l’autore tiene a dichiarare con orgoglio
che non si tratta di lettere com poste après coup, nella quiete del p ro
prio studio, come tanta letteratura di viaggio. Esse sono scritte sugli
stessi luoghi che descrivono. L ’autore viene dipinto nella presentazione
dell’editore com e un «négociant distingué» che - convinto che le Belle
Lettere non sono incompatibili con il commercio - le ha coltivate con
cura.
L ’idea che presiede a tutto il libro è originale: «Je vous exposerai»,
dice il Guys nella lettera che funge da prefazione, «les traits de ressem-
blance que j’ai trouvés entre les anciens G recs et le m odernes dans un
nom bre d ’usages que ceux-ci ont fidèlement conservés». Si vuole cioè
mostrare, attraverso confronti sistematici e puntuali, che i Greci mo-
177
II PASSATI) PROSSIMO
derni conservano nei loro costumi, nella loro cultura materiale la me
moria fedele dell’antichità; che in essi si perpetua, nonostante l'asservi-
mento e l'avvilimento della loro presente condizione, la grandezza di
quella civiltà alla quale tutta la storia guarda come a un esempio e un
modello insuperati. Ne consegue che i Greci moderni hanno diritto
alla nostra simpatia e considerazione. Guys non fa mistero di preferire
i Greci ai Turchi «par inclination».
Ma il suo filellenismo non gli viene solo da un romantico pregiudi
zio. Egli non è un classicista laudator tempori* acti. Nonostante si picchi
di possedere - e in effetti possieda - una buona conoscenza delTanti-
chità classica, tiene a sottolineare che non intende fare sfoggio di eru
dizione, sovraccaricando i suoi resoconti di tediose citazioni. Spirito
eminentemente pratico, egli intende limitare la trattazione dei monu
menti antichi a quelli nei quali si può riconoscere una eredità mante
nutasi intatta fino ai suoi giorni; e citare la mitologia e la storia della
Grecia antica solo nella misura in cui esse si trovano rispecchiate nella
realtà presente.
A questo programma egli si attiene scrupolosamente, discutendo
tutte le possibili istanze: l’abitazione, l’arredamento, la suppellettile (i
confronti sono fatti con le tavole delle Antichità di Ercolano), le danze,
i giochi, i matrimoni, le nascite, le morti, i funerali, gli epitaffi, l’arte,
l’architettura, la lingua ecc. L ’appassionata conclusione del Guys è che
la Grecia moderna, «coperta del lungo velo degli schiavi, è una madre
prigioniera, afflitta, che i suoi figli abbracciano con tenerezza e pro
mettono di non abbandonare».
L ’opera del Guys incontrò un grande favore. In dieci anni si ebbe
ro tre edizioni. Alla seconda, del 1776, furono aggiunte, fra le altre
cose, delle Osservazioni sulle danze e i funerali di Madame Chénier,
greca di nascita. La popolarità dell’opera si deve anche ad altri fattori.
La pubblicazione coincise con una serie di eventi che attirarono 1at
tenzione deü’Europa sull’Oriente e i Balcani e alimentarono il filelleni
smo incipiente.
Anche l’imperatrice di Russia espresse la sua simpatia all’autore e
Voltaire lo ringraziò con questi versi: «Le bon vieillard très inutile, /
que vous nommé Anacréon /...achève sa pénible vie / auprès d un
poêle ou d’un glaçon / sur le montaignes de l'LIelvétie /...Enfin il se
croit au rivage / consacré par ses demi-dieux; / il les reconnoît beau
coup mieux / que s’il avoit fait le voyage, / car if les a vue par vos
yeux» -,7.
Sulla strada indicata dal Guys, dilettante di genio, si incam m inaro
178
9- ANTI QUARI A E ANTROPOLOGI A
9.6
C o m p a ra m m o e utopia
179
IL PASSATO PROSSIMO
amplia, grazie all’apporto eli giovani greci dei due sessi, felici di parte
cipare all’entusiasmante esperienza rigeneratrice.
In realtà c’erano degli aspetti assai poco irenistici e winckelmannia-
ni nell’utopia heinsiana. La sua pretesa comunità ideale non ripudiava
il principio di dominio, manteneva la schiavitù e approvava la guerra.
Affermazioni quali «il bisogno di godere legittima ogni azione; forza e
intelligenza, fortuna e bellezza conferiscono il possesso. Lo stato di
natura è perciò uno stato di guerra» e «dobbiamo combatterci l’un
l’altro perché nessuna creatura più elevata lo può» portano per via
diretta al superomismo nietschiano e rappresentano un momento non
trascurabile di quel processo di identificazione con la Grecia, fondata
su una supposta comune preminenza razziale, oltre che culturale, che
avrebbe in seguito avuto tanta fortuna nella cultura germanica 49.
9-7
V erso una scienza totale dell’uomo
La Società, gettando gli occhi sulle diverse parti del m ondo antico, noterà la
successione rapida e continua delle generazioni che l’hanno abitato in succes
sione, e l’arditezza dell'uom o che Io ha coperto di monumenti, alcuni dei quali
sussistono ancora d o p o tanti secoli, Essa risalirà sino a quelle epoche in cui la
tradizione ha collocato la culla delle arti, delle leggi e delle scienze; cercherà le
tracce della grandezza umana fin nelle rovine che attestano la sua nullità; si
sforzerà di dipanare l’origine e le differenti migrazioni dei popoli; e mentre i
suoi m em bri viaggiatori le faranno conoscere le differenti nazioni che o ccu pa
49. Questo aspetto, così come il rapporto con Winckelmann, è bene messo
in luce da Himmelmann, 1 9 8 1 , pp. 6 1 ss.
50. G ir. M oravia, 1 9 8 2 , p. 19 .
180
y. A NT IQUARI A E ANTROPOLOGI A
I membri storici erano più di una dozzina. I più noti per i loro interes
si antiquari sono Millin, Ansse de Viiloison, Volney. Secondo Jauffret
le loro ricerche «sui popoli antichi e in particolare su quelli che, non
avendo giocato un ruolo di prim o piano nella storia, sono quasi total
mente sconosciuti, getteranno luce sull’antropologia comparata; e, sot
to questo riguardo, la Società ha dovuto raccomandarli allo zelo di
quei membri che coltivano la scienza delle antichità».
Il program m a è chiaro: com prendere il m oderno attraverso la com
parazione con l’antico e viceversa. «M entre le ricerche sugli usi e co
stumi dei popoli antichi favoriranno quelle che si potranno fare sugli
usi e costumi dei popoli m oderni, le osservazioni dei navigatori sugli
attuali abitanti delle diverse regioni potranno fornire lumi preziosi sulle
prime epoche della storia del genere umano. Cosa di più adatto, in
effetti, a chiarire i punti più oscuri della nostra storia primitiva che
com parare i costumi, le abitudini, il linguaggio e l’industria dei diversi
popoli, e soprattutto di quelli che non sono ancora civilizzati?» 51.
Gli faceva eco Joseph D egérando nelle Consìdèrations sur les dtffé-
rentes méthodes à suivre dans l observation des peuples sauvages: «H viag
giatore che naviga verso le estremità della terra attraversa in effetti la
successione delle età: viaggia nel passato; ad ogni passo che fa scavalca
un secolo [...]. I popoli disprezzati dalla nostra ignorante vanità gli si
rivelano come antichi e maestosi m onum enti deU’origine dei tem pi» 52.
Qualche anno dopo, nel 1805, nasceva (con l’apporto decisivo di
alcuni membri della Societé des Observateurs de l’homme), l’Acadé-
mie Celtique. Il suo programma era quello di condurre ricerche siste
matiche sulla più antica storia nazionale (il regime napoleonico gradiva
ora che si ricercassero le più remote origini della grùndeur francese) e a
questo scopo si intendeva operare a tutto campo, abbinando la tradi
zionale ricerca antiquaria all’indagine folklórica sul campo. I Celtiques
si proponevano infatti «di raccogliere, di scrivere, di comparare tutte le
antichità, tutti i monumenti, tutte le usanze, tutte le tradizioni» 53. A
tale scopo essi inviarono a tutte le prefetture francesi un questionario
che conteneva domande sulla presenza e la consistenza di eventuali
vestigia di antichità, accompagnate da altre domande concernenti le
182
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II. P AS SAT O PROSSI MO
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Indice dei nomi
196
I N D I C E DEI NOMI
197
I L P AS SA T O PROSSI MO
F e a C ., 79, 10 4 , 1 3 3 - 4 , 14 8 11 Gisors J . - P . , 1 0 5
Federico Augusto, re di Polonia, 19 , Giuliano, imperatore rom ano, 1 6 0
36 Gliozzi G . , 1 6 0 η
F ederico ri, re di Prussia, 36, 1 6 0 G lu c k C . W ., 63
Fénelon F . de Salignac de la M othe, Godechot J., 17
4.5 G o e th e J . W . von, 49, 6 2 -3 , 84η,
Fenton W ., 16211 ,
103 I 2 2 ' 3, l 5 z
Ferd in an d o iv , re di Napoli (poi G o g u e t A .- Y ., 16 3 - 4 , 1 7 3 n
Ferdinando 1, re delle D u e Sici G o ld o n i C ., 7 3-4 , 79
lie), 4 3 , 16 9 , 1 7 1 G o n c o u rt E . e J . , 24, 6 i n
Ferm o, martire, 59 Goni A . F ., 47, 9 7η , 1 5 0
Ferri R ., 1 7 5 0 G ottschalk A ., 6 5η
Fidia, 96, 1 6 7 G r a u n C. H . , 1 6 0
Filippo v, re di Spagna, 28 Greville C h ., 16 8
Fischer von Erlach J B ., 33 G riin m F. M ., barone, 6 0 - 1 , 64-
Flaminino Tiro Quinzio, 2 1 ^ 76 > 1 14
Fla x m a n J . , 1 5 1 - 2 , 1 5 8 Gualtieri N ., 1 0 6
Fontaine P . - F .- L . , 29, 1 5 8 G u azco , abate di, 3 4
Fontenelle, B. L e Bovier de, 1 0 7 , G u erci L ., 1 7 η
16 1-2 G u é rin P .-N ., 69
Fontius M ., 2on G u e r ra G . , 82-4
Forges Davanzati D ., 1 7 4 G u sta v o in , re di Svezia, 1 3 5
Forster G . , 1 7 1 Guys P .-A ., 1 7 7 - 8
F o u g e ro u x de B o n d aroy M ., 54-5,
13 7 , 14 3-4
Frazer J . G . , 1 6 3 Halle N ., 1 6
Frere J . , 1 2 5 Ham ilton G., 1 5 3
Fréret N ., 9 1 - 2 Flamilton, L a d y , 6 2-4
Furio Cressino, 1 6 Ham ilton W ., 6 2 -3 , 1 0 4 , 1 4 9 - 5 2 ,
Fuste! de Coulanges N .- D ., 1 8 2 15 8 , 169-70, 17 5 -6
Hancarville P .-F . H ugnes, barone d ’ ,
69, 149, 16 8 . 1 7 6 - 7
G abetti L ., 1 7 9 0 H ard ouin, Pére, 94
G aeh tg en s T h .W ., 2 3 0 H arris E . C ., 1 2 5 η
G aliani F ., 58, 74-8 Harrison J . , 1 6 5
G a m b u ti A ., 39n H a rt E ., cfr. H am ilton, L a d y
G a n d y J . , 40 Haskell F ., 2 1 η , 28η, 97η, 1 7 5 η ,
G asp arri C ., 2gn 176 η
G a u th e ro t C ., 1 6 H aw kin s F ., 66η
G a u tie r J . , 66, 68 H aw orth, Fratelli, 1 5 7
G e n o v esi A ., 4 3 -4 Hegel G. W . F ., 168 11
G e r b i A ., 16 3 11 H eilm ann C h. H ., 8 in
Geroult, 69 H einse W ., 1 7 9
G essn er $ ., 1 0 6 H erbert R. L ., 70η
G ib b o n E ., 5 3 -4 H e rd e r J . G. von, 1 0 1 , 1 2 1
G io b e rti V ., 45 H eyn e C . G., 10 0 -2 , 1 1 9 , 1 6 4
198
I N D I C E DEI NOMI
199
tl. PASSATO PROSSTM0
M alakis E .. 17 8 11 M o ore E . L ., i6 2 n
M anacorda D ., 1 3 , r2Ón, i2 9 n M o ravia S., 16511, 18 0 -2 , i 8 2 n
M an co C apac, 1 6 0 M o ren z S., 3611
M an d ar T h ., 29 Moretti L ., 5òn
M anganaro G . , 47 0 M organ L . H ., 1 8 2
M anko w it2 W ., 1 5 m M orino A .. i5 9 n , t6on
M a n to u x P ., i 5 o n M osse C ., i 7 n
M a rc o Aurelio, 1 7 , 20 M e sser M ., 6on, 6 50
Maréchal S., 69 M ouilleseaux J . - P . , 3<>n
M aria Carolina, regina di N apoli, 43 Mozart W . A ., 3 6
M ariette P . J . , 97n, 1 3 8 M üller-K a rp e FI., 10 5 11, 1 2 6 0
M arm ontel J . - F . , 55, 66 Munby J ., i3o n , 13 x 11
M arm ottan P ., 1 5 7 0 Mtinter F . , 48
Marsilly, cavalier de, 80, 83 M u ra t J . , 1 7 1
Martini M . C . , 1 7 5 0 M u rray J . , 53
M a rx K . , i6 8 n Muzell-Stosch H . W . von, 82
M astropasqua F ., 3 j n Mylne R ., 48
Mathias, 1 7 4
Mattei S., 75
N a m o w ic z T ., 2on
M au ry A ., n 8 n
N apoleone, 1 5 , 1 7 , 2 2, 2 5 , 29, 37-
M azzocchi A. S., 45
9, 7 1 , 1 5 6 - 7 , 1 7 2
M c K e n d r ic k N ., 14 9 0
N apoli Signorelli P ., 43
M e ek R. L ., 1 6 3 0
Natali G . R ., 1 6 3 0
M éhu l È . - N . , 32
N atter J . L ., 1 3 8
M engs A . R ., 8 1- 4 . 9 8 - 1 0 0 , 1 0 2 ,
N egri R ., 7811
13 4 , 1 4 1 , 16 6
Nelson H ., 62
M engs M ., 82n
N ercessian A ., 1 2
M enjau d, 69
N ew ton I., 35 , 9 1 , 1 0 4 , 1 6 0
M ercier L .-S., 40
N icola 1, im peratore di Russia, 4 1
Metastasio P., 76
N icolson B ., 1 5 4 0
M iddleton R ., 400
N isard G h ., i0 9 n , 1 1 4 1 1 , n 6 n
Milizia F ., 39, 48, 9 9 - 1 0 1 , 1 4 0 - 1 ,
Novalis, 1 5 2
14 7 - 8 . 16 6
Millar F . , 3011
Millin L .- A ., 14 4 -5 , 1 7 1 , 1 8 1 Oechslin W ., i 2 7 n
M irabeau V . Riqueti de, 70 Ornai, 16 6
M iranda F . de, 2 5, 1 4 1 O m ero, 16 5 - 6
M irone, 1 6 8 Orazio, 24. 54, 74
Mitchell C h ., i6 8 n Ortolani G . , 7811
M om igliano A ., 1 3 , 5411, 87, 94n, Ottani Gavina A ., 2on, 6411
10 4 , i 7 7 n O verbeck 1., 1 0 2
M o n gez A ., 2 3 O z o u f M ., 3 3 n
M ontaigne M . de, 1 6 0
M ontesquieu C h .- L ., 5 1 , 5 4 , 57
M ontiaucon B. de, 34, 45, 5 3 , 93-4, Pacetti C ., 1 5 1 , 1 5 7
102, 17 0 Pachacutec, 1 6 0
200
IN DI CH DEI NOMI
Paciaudi P . M . , 55, 1 1 0 * 1 , 1 1 4 , 1 3 9 P o m p eo , 1 7 , 1 2 7
Paganini N . , 3 / n Pontiggia E ., i z o n
Paine T h ., 36 Portland, duca di, 1 5 2
Painter K ., 1 5 2 0 Potts A. D ., 2011, 99n
Paisiello G., 75 Poyet B ., 30
Palagi P., 36, 1 5 4 Prassitele, 96-7
Palom ba G., 7 7 Praz M ., 52n, 6 2n
Papavoine, 6 1 Priestley J . , 1 5 3
Paradin, 88 Procacci U ., 8411
Paravia P. A ., 56n Propalini C ., 8311
Parker H . T . , i7 n Prow n J . , i 6 n
Parkinson S., 1 6 7 Pucci G . , 2 5 n , 2 7n , 7311, 9211, 1 2 7 0 ,
Parois, conte di, 65 1 4 3n, i4 7 n , i 5 5 n , 1 5 7 0 , i 8 2 n
Passeri G . B ., 47 , 1 5 0
Patetta L ., 4 m
Q uatrem ère de Q uincy A ., 25-9,
Pausania, 96, 1 1 2
133, 14T-2
P au w C . de, 1 6 3
Querini A ., 4 1 - 2
Pelzel T h ., Son, S i n , 840
Q uerini A . M ., cardinale, 56
P enny N ., z8n, 9yn
Percier C h ., 29, T58
Pericle, 20 R acine de M onville, 40
Perrin O .- S .. 69 Racine J . , 66
Petit-Radel L ., 37 Ranieri A ., 7611
Peti tot E . -A., 6 1 R askolnikoff M ., 52n, 9m , 93n,
Philidor F .-A ., 24 i04n
Picchetti, clr. Picchiati F . A. R aw so n E . , i 7 n
Picchiati F . A ., 1 2 6 - 7 Récam ier, M a d a m e, 64
Piggott S., i } o n R ech en berg C . O ., 90
Pigorini L ., 1 7 1 Regnault-W arin, 6711, 7on
Pindem onte I., 440 Rei nach S., 1 0 2
Pindem onti L ., 39 Revett N ., 52
Pinelli A ., 24n, 25n , i6 6 n R eynolds J . , i7 n , 52, 1 5 2 , 16 6
Pio v u , papa, 1 3 3 Richardson J . (padre e figlio), 96-8
Piranesi F . , 37, 14 4 , 1 5 6 - 7 Riedesel H . von, 48-9
Piranesi G . B ., 3 1 , 35-6, 4 1 , 10 5, Riem ann G . . 4 m
13 9 - 4 0 . 1 4 4 Righetti F ., 1 5 7
Piranesi P ., 37, 1 5 6 - 7 Robert H ., 29, 3 3 , 40
Pisciceli! G . , 76 R obespierre M .- F .- L , 24, 30, 7 1
Pistocchi G . , 3 7 R ocheblave S., 8 30 , 9 3n , io 8 n ,
Planelli A ., 44 1 to n , 1 1 4 0 , i i6 n
Platone, 46, 1 8 0 Rollin C h ., 9 1
Plinio il G io v a n e , 41 R om agnosi G . D ., 3 7n
Plinio il V ecchio, 1 6 , 94, 96-7, 990, R om olo, 1 6 0
1 0 3 , n i , T 19 , 1 5 3 Rossi P ., 9411
Pom ian K ., 42m 92n, io S n Rossi Pinelli O ., 32n, 38n, 1 3 3 1 1
Pom m ier E ., 26n Röttgen S., 29n, 8on, 8 in
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I L PAS S ATO PROSSI MO
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I N D I C E D EI NOMI
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