3. Globalità
Un’altra caratteristica del sistema che è eccezionale, ma che non ha a che vedere con il sistema Westfaliano
è la GLOBALITA’ ->
GLOBALITA’ = prodotto storico reversibile formatosi in 3 fasi:
1) Preistoria della globalità: fino al ‘500 il globo era un insieme di sistemi internazionali preglobali che
avevano ciascuno i propri attori diversi dagli altri, le proprie gerarchie di poteri/principi organizzativi, le
proprie regole per disciplinare i propri soggetti e quelli esterni. L’Europa al suo interno non era un sistema
internazionale, c’erano pochi rapporti trascurabili. Con la pace di Westfalia c’è la svolta decisiva: la guerra
dei 30 anni fonde i sistemi europei in un unico sistema.
2) Espansione della globalizzazione: il conflitto delle civiltà avviene sullo sfondo di questa vicenda. La
globalizzazione come espansione del sistema europeo sul resto del mondo. Tra ‘500 e ‘900 progressiva
globalizzazione delle relazioni internazionali -> eurocentrismo: paesi inglobati nelle dinamiche europee;
Giappone e Cina no, competitori troppo forti che ammettevano l’Europa solo alle loro condizioni. Anche
l’India resiste fino al ‘700. Quando l’impero ottomano cede, ‘600, inizia il sistema delle capitolazioni: la
Cina resiste fino all’800 poi tutti gli ordinamenti internazionali vengono subordinati e inglobati.
3) 1850 - guerre mondiali: fase decisiva che vede la fine della globalizzazione eurocentrica -> tutti gli altri
sistemi sono stati inglobati, le relazioni internazionali sono eurocentriche. Ammessi a questo sistema (diritto
di partecipare alle conferenze) alcuni stati subordinati come l’Impero Ottomano oppure con il rango di
grande potenza come Giappone e Russia. Lo smottamento dell’eurocentrismo avviene con le due guerre
mondiali. Con le guerre mondiali si ha uno dei culmini della globalizzazione, si hanno guerre Mondiali in
quanto il sistema è già diventato globale, il sistema internazionale è uno, come vediamo il fulcro delle guerre
è l’Europa; da metà 900 a fine secolo troviamo una fase una globalizzazione ormai compiuta, il sistema
internazionale è compiutamente globale (guerra fredda è tipicamente globale) ,la novità di questa epoca è il
superamento dell’eurocentrismo, ora l’Europa non è più il centro di irradiazioni seppur rimanendo teatro
degli scontri.
5. IDEALISMO
1) L’idealismo nasce da un trauma storico: la prima guerra mondiale, che vede il crollo del sistema
Westfaliano. La guerra era vista come prassi, come un normale strumento di politica estera -> queste
convinzioni crollano dinnanzi alla distruzione, alla catastrofe, all’intensità del conflitto, al fatto che la
situazione sia sfuggita dal controllo degli stati stessi lasciando spazio alla violenza. Emerge dunque l’idea
che la storia della politica internazionale debba compiere un salto.
2) Il problema posto al centro è dunque una riflessione su come evitare la prossima guerra. Un esito come
quello della Grande Guerra non doveva più essere accettabile, era insostenibile. Un ordinamento che avesse
accettato una simile ipotesi non si poteva nemmeno considerare un ordinamento.
3) Soluzione proposta: vengono individuate 4 strade che diventano progressivamente il linguaggio
dell’amministrazione americana:
a) La causa della guerra è la politica. Le relazioni politiche si nutrono del conflitto e ne creano sempre di
nuovi; l’idealismo quindi si prefissa di cambiare questo concetto di ottenimento del risultato con la guerra
quando le situazioni possono essere risolte diplomaticamente, ciò si ottiene con la crescita del commercio, la
rete globale di consumo; Per diminuire la belligeranza è necessario aumentare le relazioni economiche che
creano interdipendenza ed interessi a non entrare in conflitto.
b) La radice della guerra non è la politica in quanto tale (in politica interna i conflitti non sfociano in guerra)
, bensì il modo in cui NON è organizzata la politica internazionale -> anarchia del sistema internazionale ->
bisogna produrre un governo mondiale, un solo ordine dotato di legittimità, un grado di garantire la pace. La
stessa soluzione del Leviatano di Hobbes, ma su scala mondiale: un governo mondiale, strada verso le
organizzazioni internazionali che abbozzano un governo mondiale o quantomeno lo invocano.
c) Gli stati non riescono a concepire la propria sicurezza se non in termini egoistici -> disastroso gioco a
somma zero, in cui ciò che uno guadagna viene perso da qualcun altro. Bisogna invece elaborare un nuovo
modello di sicurezza collettiva (l’aggressione a uno equivale ad un’aggressione a tutti, la sicurezza di uno fa
parte della sicurezza collettiva) .
4) Nozione del tempo: concezione progressiva della storia; la politica internazionale si può cambiare.
6. REALISMO
1) Lo scoppio della seconda guerra mondiale e della guerra fredda immediatamente dopo fanno da sfondo
alla nascita di quest’approccio. Questi due elementi, infatti, mettono a nudo le debolezze dell’approccio
idealista dichiarate utopie: l’idealismo non mantiene le promesse (fallimento delle organizzazioni
internazionali e delle politiche estere) . La debellicizzazione delle relazioni internazionali è improbabile.
2) Il problema si sposta da come mantenere la pace/eliminare la guerra a come vincere/non perdere la
guerra che tanto è e resta un male inestirpabile. Come evitare invece le guerre non necessarie, quelle che
costituiscono uno spreco economico.
3) Soluzioni: il vincolo tra le relazioni economiche e quelle politiche è ribaltato: sono le relazioni politiche
quelle più importanti. La sicurezza collettiva non funziona; funziona soltanto controi deboli e non contro i
forti. Riconoscere che la guerra è uno strumento ineliminabile ma estremo e che pertanto prima di arrivarvi
si possono usare minacce, dissuasione. Ciò che conta è la distribuzione del potere, non le caratteristiche
interne di uno stato.
4) Nozione del tempo: fiducia assoluta nell’immobilità della politica internazionale. Rimane la stessa cosa
perché è dominata dalle stesse cose. Mentre nel discorso idealista vi è la possibilità del salto, in quello
realista no, cambiano i nomi ma nella sostanza la politica internazionale rimane il regno della ricorrenza e
della ripetizione.
8. ISTITUZIONALISMO LIBERALE
1) Anni ’70. Trauma storico: non c’è un vero e proprio choc, ma piuttosto la preoccupazione crescente che
esso arrivi. A partire dalla seconda metà degli anni 60 si diffonde l’idea che almeno tra i paesi più forti
dell’Occidente (triangolo economico dell’epoca, Europa Usa Giappone) non ci siano più relazioni di tipo
politico militare, bensì si siano diffuse ormai le relazioni economiche. Comincia ad apparire impossibile uno
scontro armato tra paesi europei o tra Usa e Giappone, si diffonde l’idea che le relazioni internazionali siano
entrate in una fase del tutto nuova. L’interdipendenza economica si fa sempre più fitta (antenato della
globalizzazione) ed i problemi sorgono da questa dimensione -> choc petrolifero. Si assiste ad un crescente
declino Usa: fine di Bretton-Woods, sconfitta in Vietnam, Watergate, rivoluzione islamica in Iran, ripresa
Urss.
2) Problema: Nell’eventualità del declino Usa, che cosa accadrà all’interdipendenza economica? Essa è stata
un prodotto degli Usa, loro sono stai gli inventori del sistema. Accade ciò che dicono i realisti? Il
ribaltamento dell’interdipendenza economica? Gli istituzionalisti liberali si chiedono ciò.
3) Soluzioni: per gli istituzionalisti liberali la soluzione è nelle istituzioni prodotte dagli Usa -> esse possono
sopravvivere al declino Usa, esse sono ormai consolidate e possono vivere anche senza il demiurgo
egemone. Interesse centrato sulle istituzioni, ci si scosta dall’anarchia, le istituzioni diminuiscono
l’incertezza in quanto all’interno di una istituzione ci si conosce tutti sempre di più, si dubita un po’di meno.
Le istituzioni una volta consolidate diminuiscono la propensione all’inganno in quanto all’interno di
un’istituzione i costi delle figure di merda sono molto più alti; se sgarro pago.
4) Nozione del tempo: l’immagine del tempo suggerita dai neoliberali non è cosi accentuata come
nell’idealismo, essi pensano ad una maturazione progressiva, rifiuto del’idea realista della politica
internazionale come regno della ricorrenza; essa può cambiare e sta cambiando. I neoliberali collocano la
discontinuità più rilevante degli ultimi decenni non tanto nella nascita del bipolarismo (realisti) ma è la
nascita di istituzioni anni ‘40 ‘50.
10. COSTRUTTIVISMO
Dagli anni ‘90 si sviluppa il costruttivismo che mette in discussione le tre premesse appena enunciate: stati
protagonisti, identità degli stati data una volta per tutte e che siano egoisti razionali.
1) Trauma storico: anni ’90 in Europa; fine della guerra fredda, caduta di identità, spazi.
2) Problema: come ricostruire l’ordine e su cosa basarlo.
3) Soluzione: istituzioni. Affidarsi alle istituzioni per dissipare l’orizzonte stato centrico. I costruttivisti si
aspettano di riplasmare le identità degli attori. Le istituzioni consolidate diventano entità a sé che devono
fare di più di quanto prospettato dagli istituzionalisti liberali: devono cambiare il concetto di sicurezza ->
processi di securizzazione. Eliminare l’anarchia. Debellicizzare.
4) Nozione del tempo: evoluzione storica centrata su una frattura assoluta, salto ad un mondo nuovo.
Come è possibile distinguere, sulla base di quale criterio, un contesto internazionale da un altro; i contesti
continuano a cambiare spesso in modo macroscopico:
ad esempio il cambiamento a cavallo della seconda guerra mondiale; il 1946 vede un mondo diversissimo
da quello prebellico.
lo stesso si può dire per il nostro contesto storico, forse ancora più diverso del 1989, l’assetto si è ridefinito
totalmente, il contesto è ribaltato.
Problema continuo di confronto -> c’è spesso il tentativo (inconsapevole) di leggere il contesto attuale sulla
base del contesto precedente (esempio la tendenza a leggere il mondo in termini bipolari come la guerra
mondiale al terrore, divisione bipolare e tra paesi democratici e paesi non democratici) ; in realtà il
bipolarismo non c’è più.
Il potere è così importante perché… le differenze nella distribuzione di potere spiegano perché i contesti
internazionali sono così diversi tra loro.
Le forme di ordine continuano a cambiare nel tempo -> le differenze nella distribuzione del potere spiegano
le differenze nei contesti internazionali.
Possiamo definire tre tipi di pace/di ordine riflesso della distribuzione del potere che danno vita a tre tipi di
contesto internazionale:
1) Ordine Imperiale -> esiste un soggetto nettamente più forte di tutti gli altri, diseguaglianza del potere
massima; il sistema internazionale assume una forma gerarchica: il soggetto più forte sfrutta il suo strapotere
per sopprimere la sovranità altrui.
2) Ordine Egemonico -> l’ordine somiglia all’impero per la distribuzione del potere ineguale; c’è un
soggetto più forte che domina tutti gli altri; MA lo strapotere NON viene usato per cancellare la sovranità
degli altri, rispetto almeno formale della sovranità altrui. C’è una struttura gerarchica ma informale, non
sopprimo gli altri, li domino, li guido, ma non arrivo al punto di cancellare la loro sovranità. Il paese
dominante comanda la politica estera dei paesi egemonizzati lasciando la politica interna pressoché libera.
3) Ordine/Pace Di Equilibrio -> ordine sociale prodotto da una distribuzione del potere non gerarchica, non
c’è un soggetto più forte che detta comandi agli altri o li sopprime, al contrario esiste un equilibrio di potere
tra i principali attori. L’ordine è un sottoprodotto dell’incapacità di dominare gli altri.
Le ultime due sono un po’ più importanti in quanto la forma imperiale è una forma che oggi è
sostanzialmente scomparsa. Oggi la scena è anarchica quindi il sistema imperiale è impossibile.
L’egemonia ci dà una forma di rapporto tra distribuzione del potere e dell’ ordine gerarchico, somigliante
alla forma di rapporto nella politica interna con attore che domina e detta una serie di vincoli agli altri.
L’egemonia può essere regionale o globale, è più frequente quella regionale è più facile che si sviluppi per
esempio l’egemonia regionale degli stati uniti all’interno del continente americano -> imposizione di
vincoli ma senza togliere la sovranità degli altri stati, controllo delle relazioni di politica estera e non
(solitamente) di quella interna. Un altro caso molto più complesso di egemonia regionale è quello
esercitato dall’Urss sui paesi satellite nella seconda metà del ‘900, la sovranità era un limitata.
Le egemonie globali sono paesi egemoni che hanno i domini dei mari con posizione incontrastata non solo
centrale dal punto di vista dei commerci ma anche di “proiezione di potenza” dei mari. Esempi: Portogallo
nel ‘700 e Olanda. Più recenti: Gran Bretagna prima e Usa poi.
Così come per il mare si parla di spazi comuni (aria mare e spazio) , dominare lo spazio comune significa
avere la possibilità di muoversi liberamente e la possibilità di vietare l’uso di questo spazio agli altri, questo
è il dominio.
L’egemone detta l’ordine e la pace, non detta una pace o ordine qualsiasi ma il suo, detta un contenuto
specifico di ordine internazionale (esempio Usa attuali che escono da potenza egemone incontrastata da
scontro Urss e dichiarano la nascita di un nuovo ordine internazionale -> impone come modello politico la
democrazia liberale, il mercato sul piano economico..).
L’egemone guida gli egemonizzati, guida la comunità internazionale -> non solo nel periodo di guerra, ma
organizza anche la pace dal punto di vista diplomatico: rapporto simbiotico tra ordine ed egemonia, più c’è
egemonia più c’è ordine e viceversa.
L’equilibrio: è la modalità opposta all’egemonia; condizione in cui non esiste il predominio di un solo
attore, ma è l’uguaglianza tra un piccolo gruppo di grandi potenze che non sono paritarie tra loro. Nessuna
di esse però è in grado da sola di distruggere le altre. Vi è una continua formazione di coalizioni anti-
egemoniche. C’è un forte incentivo a buttarsi sullo stesso piatto della bilancia per riportare l’equilibrio.
La crisi sopraggiunge quando un attore ha un peso eccessivo rispetto agli altri, l’ordine internazionale si
incrina.
Attenzione a non confondere l’equilibrio con l’eguaglianza! Esso presuppone al contrario la disuguaglianza,
l’uguaglianza è tra poche grandi potenze, non tra tutti.
Nell’equilibrio solo in certe circostanze l’ordine internazionale corrisponde alla difesa dello status quo; in
certe altre circostanze esso deriva dal declino dello status quo.
L’equilibrio cambia a seconda del numero di potenze che si equilibrano tra loro: tra due (bipolarismo più
rigido, ma più ordinato) , tra molte (multipolarismo, più comunicazione e flessibilità, ma più bordel aussi).
Rapporto tra Equilibrio e Egemonia
- Possono essere due modi diversi di interpretare la politica internazionale:
Waltz: l’ordine è il prodotto involontario di più equilibri
Gilpin: l’ordine è il prodotto intenzionale dell’egemonia: una che declina e l’altra che ascende.
Teoria dei sistemi politici internazionali basata sul concetto di sistema politico internazionale.
- Possono essere due modi diversi di interpretare la storia delle relazioni internazionali:
Vista come una successione di equilibri sfidati senza successo da poteri egemonici.
Vista come una successione di egemonie marittime (Gilpin) .
Vista come una compresenza continua di egemonie marittime ed equilibri continentali.
- Possono essere due “ricette” alternative per il giusto ordine internazionale:
Ordine pluralistico europeo.
Cosa cambia nella politica internazionale quando si passa da una configurazione del potere ad un’altra?
1) A carattere teorico: teoria dei sistemi politici internazionali basata sul concetto di sistema politico
internazionale. Tale concetto caratterizza il passaggio da realismo a neorealismo.
2) A carattere storico: diffusione a partire dagli anni ’50 di strette interdipendenze;
3) A carattere storico (2) : gli equilibri cambiano, mutamenti strutturali. La teoria dei sistemi di Waltz mira a
spiegare –non solo descrivere- i mutamenti in atto. Per fare ciò è necessario in un certo senso allontanarsi
dalla realtà e limitarsi a ritenere il necessario, usare parsimonia, ridurre variabili e criteri fondamentali.
Trascuro ad esempio gli elementi interni degli attori internazionali e li tratto allo stesso modo; VS teorie
riduzionisti che che pretendono di spiegare tutto a partire dai singoli attori. Parsimonia; Rimozione aspetti
interni Concentrarsi sul sistema nel complesso, come un campo di forze, dei campi di gioco da distinguere
attraverso la distribuzione del potere. Miliardi di cose possono cambiare, ma ci si deve concentrare solo
sulla distribuzione del potere, non per dare una buona descrizione, bensì per spiegare il contesto
internazionale. Si può in questo modo interpretare l’evoluzione delle relazioni internazionali come un
passaggio da multipolarismo a bipolarismo post seconda guerra mondiale a unipolarismo attuale. La
condizione normale, cioè la più ripetuta è stata il multipolarismo. L’unipolarismo, sorto negli anni ’90 dalla
fine dello scontro bipolare è un’eccezione.
La teoria dei sistemi di Waltz è statica, non è una teoria del mutamento ed ha avuto successo perché il
bipolarismo era statico, non sembrava possibile alcun mutamento senza uno scontro nucleare. Ma il contesto
storico attuale è permeato dal mutamento -> necessità di una teoria che lo riguardi.
La prima teoria del mutamento comincia a svilupparsi negli anni ’70 con Gilpin: la sua riflessione sul
mutamento individua tre tipologie di mutamento, che dipendono da frequenza e intensità (rapporto inverso) :
1) < INTENSO, + FREQUENTE -> mutamento di interazione. Cambiano le interazioni ma non la struttura
fondamentale. Mutamenti che riguardano i rapporti tra gli attori ma che non toccano la struttura complessiva
del sistema, mutamenti come la formazione di alleanze, i rovesciamenti di alleanze, unificazioni o
disgregazioni di stati, le guerre limitate (cambiano solo in maniera parziale il sistema) ;
2) + INTENSO, < FREQUENTE -> Mutamento del governo del sistema, delle gerarchie. Cambia la
struttura del sistema internazionale, coincide con il cambiamento dell’egemonia, passaggio da un’egemonia
all’altra (Gilpin vi dedica grande attenzione perché si sta assistendo al declino Usa) .
3) ++ INTENSO, << FREQUENTE -> mutamento del sistema stesso. Cambiano le unità fondamentali, non
la gerarchia di potere o l’egemonia. Cambia la natura delle unità. Esempio: nascita del sistema Westfaliano.
Si tratta di un cambiamento radicale e raro.
Tenere conto del mutamento approfondisce la cognizione dei singoli contesti internazionali, perché essi non
si distinguono solo a seconda del modo in cui è distribuito il potere (alla Waltz) ma anche in base ala
I tre modelli di mutamento di Gilpin convivono oggi -> la teoria statica di Waltz non funziona più. Nel
nostro contesto storico vi è una quantità infinita di cambiamenti di interazione (mutamenti di alleanza,
formazione di più di 20 nuovi stati, nascita di istituzioni regionali, piccole-grandi guerre Iraq) . Inoltre in
questo stesso contesto troviamo tracce di una crisi del modello Westfaliano delle relazioni internazionali;
crisi di tutte le categorie politiche e spaziali.
Aron: lo spazio è un fattore determinante per le relazioni internazionali: esso può essere considerato
ambiente, teatro, posta delle relazioni internazionali.
a) ambiente: lo spazio grava sugli attori, detta dei limiti, è esagerato dire che dà una vocazione (come
dicevano i tedeschi) ma comunque ha un’influenza, dà vantaggi e svantaggi. ->
VICINANZA/LONTANANZA: produce interazione strategica, essa detta la percezione della vulnerabilità:
si percepisce come più pericoloso il vicino (Italia e Grecia intervengono con cautela nei Balcani perché
temono immigrazione, gli effetti del conflitto si ripercuotono in primo luogo su di loro che sono vicini, sono
i più esposti geograficamente) . Non vi è dunque necessariamente paura in caso di concentrazione del
potere, bisogna considerare anche la vicinanza/lontananza: ad esempio lo strapotere Usa non ha suscitato
Gerarchia: in certi contesti internazionali una regione è dominante -> essa agisce come centro di irradiazione
di conflitti e regole, è la regione nella quale in conflitto si decide; ci possono essere contesti internazionali
(teoricamente) nei quali le diverse regioni coesistono in parità, non c’è più un centro perché ci sono contesti
regionali con peso uguale. -> vi sono diversi modelli/possibili scenari di connessione tra contesti regionali -
> Incorporazione: alto grado di continuità gerarchia. Connessione tra aree regionali che ruotano intorno ad
una regione specifica che le ingloba: centro-periferia. Un caso di connessione per incorporazione è quella
del colonialismo europeo, sistema fondato sulla centralità di una regione (Europa) che incorpora anche in
senso formale tutte le altre aree regionali -> per gli attori locali non c è più spazio per dinamiche autonome,
hanno più relazioni con la madrepatria che tra di loro. Subordinazione: vi è meno continuità e alta gerarchia;
c’è sempre un luogo dominante ma non è più tale da incorporare tutto ->la maggior parte delle relazioni
avviene tra attori delle rispettive regioni, preoccupazioni locali. C’è quindi un processo di scomposizione
che si arresta ad un certo punto, i sistemi regionali sono comunque fortemente interessati dalla vicenda
globale; è vero che in ciascuna regione ci sono attori diversi ma comunque Usa e Urss ci sono e valgono,
sebbene il sistema dominante non sia più in grado di incorporare gi altri sistemi regionali resta in grado di
esportare le relazioni di amicizia o inimicizia, la guerra fredda è ovunque ma con forma di versa in ogni
regione.
Connessione: esiste ancora un modello regionale dominante ma viene progressivamente meno la continuità.
A fronte del fatto che c’è una gerarchia, i diversi contesti regionali si diversificano sempre di più. Modello
di diffusione dei conflitti invece che di subordinazione. Anche in questo caso ci sono attori dominanti
riconoscibili in una area dominante, ma c’è una profonda differenza rispetto al modello precedente -> questi
attori non riescono più ad esportare la dinamica di amicizia /inimicizia in tutte le regioni -> il grado di
continuità tra gli attori regionali decresce continuamente.
Contaminazione: il modello storico di oggi culmina con il massimo della gerarchia ed il minimo della
continuità; esiste la potenza dominante Usa, una sola potenza, una sola gerarchia fondamentale, un solo
attore rilevante per tutte le questioni in atto. Il grado di interagibilità si è abbassato ovunque. Gli Usa devono
smettere di fare lo stesso gioco ovunque perché ciò che è efficace in un luogo non lo è in un altro, le chiavi
di accesso universali non esistono più. Gli Usa devono inoltre affrontare altre due questioni: - la sostenibilità
economica dell’egemonia -> il contesto sta diventando sempre più costoso, bisogna far promesse a tutti - la
legittimità. Cosa potrebbe succedere dopo il declino Usa?
1°scenario -> scenario ordinato, globalizzazione senza gerarchia; competizione tra i grandi sistemi regionali
organizzati, nessuna nuova potenza globale.
2°scenario -> contaminazione reciproca tra sistemi non organizzati al loro interno. Caos regionali, non
riescono a darsi un ordine autonomo o gerarchico. Condizione simile all’anarchia di Hobbes.
In realtà l’dea dell’incompatibilità è fragile e rozza: vi sono enormi esperienze storiche che dimostrano che
contesti anarchici possono avere istituzioni -> ad esempio Europa fine ‘800 inizio ‘900 contesto privo di
governo, ma ci sono regole prese sul serio dagli attori.
Schmitt/scuola inglese/Bull -> muovono dal presupposto che l’anarchia non è disordine ma tessuto di
istituzioni.
Schmitt -> può essere considerato realista perché afferma che comprendere una realtà politica significa
comprendere il conflitto. Qualunque dimensione diventa politica nel momento in cui diventa conflitto. Una
chiesa non è un gruppo politico ma se riesce a scatenare una guerra di religione diventa un gruppo politico.
Per Smith è una falsità che le istituzioni siano una invenzione novecentesca. Le istituzioni si susseguono
continuamente e la storia moderna è la storia delle istituzioni. La loro funzione è di razionalizzare e
umanizzare la violenza, caratteristica dell’anarchia che non si può cancellare ma che si deve confinare. Le
istituzioni sono confinate in uno spazio definito (Europa) .
Bull+Scuola Inglese -> è il British Committee -> esperienza storica ben definita, fine anni ’80, anni
particolari per la storia britannica perché l’Inghilterra perde lo status di grande potenza egemonica. Due temi
di riflessione:
1) Rapporto Occidente-Mondo;
2) Natura della convivenza internazionale moderna.
-> contesto internazionale anarchico dominato da paura, insicurezza e possibilità di errore.
Per Bull il punto di partenza è rappresentare la politica internazionale come un sistema in cui gli attori sono
consapevoli. La politica internazionale a volte è solo una rete di interdipendenze, ma in altre circostanze
matura in una vera e propria società interstatale con valori e interessi comuni -> Europa Occidentale.
Quando matura la consapevolezza sociale nascono anche le istituzioni specifiche di questa società. La
comunità internazionale non è un sistema, è qualcosa di più, c’è un senso di appartenenza. Le tracce
dell’esistenza del sistema sono le interdipendenze economiche-diplomatiche, le tracce della società sono le
istituzioni. Rapporti tra sistema e società -> non ci può essere una società internazionale dove non c’è già un
sistema internazionale. C’è una sorta di rapporto di causalità tra di essi. Problema dell’ambiente: è
necessario inventare norme comuni -> non si può sfuggire all’interdipendenza ambientale e quindi più un
rapporto si rivela obbligato, più nasce l’incentivo a costruire regole comuni, cresce l’interesse a rendere tale
rapporto tollerabile attraverso le norme. Quando gli stati sono rinchiusi in un recinto da cui non possono
uscire e ne sono consapevoli nasce l’incentivo a costruire regole comuni da prendere sul serio. La norma ha
in sé un potere che potrebbe rivelarsi distruttivo: ciascuna violazione spacca l’ordinamento intero, non si