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GENERALITA’ SUI SISTEMI

ELETTRICI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e
biomedici

A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 1. GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI
1. Introduzione…………………………………………………...….pag. 2
2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia…...……....pag. 3

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CAPITOLO 1
GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI

1. Introduzione

Il trasferimento dell’energia elettrica dai luoghi di produzione ai punti di consumo


avviene nella generalità dei casi in corrente alternata trifase.
Tale scelta è dettata da un insieme di motivazioni di carattere economico e tecnico e
principalmente per:

• la possibilità di utilizzare il trasformatore: una macchina statica estremamente


semplice e robusta, che consente di adattare il valore della tensione nel
sistema elettrico ai livelli più adatti alla produzione, trasmissione,
distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica prodotta;
• la maggiore facilità che si ha nell’interrompere correnti alternate, negli istanti in
cui la corrente alternata si annulla;
• la possibilità di impiegare per la produzione dell’energia elettrica il generatore
sincrono, che è una macchina più affidabile delle dinamo, soprattutto nel caso
in cui il motore primo è costituito da una turbina a vapore che lavora ad alte
velocità;
• possibilità di utilizzare su larga scala i motori asincroni monofase e trifase, che
sono macchine versatili, robuste con grande elasticità di funzionamento (in
grado di sostenere sovraccarichi).
In particolare
1. il motore trifase, a parità di carico, di tensione e di perdite consente una
economia del 25% sul materiale del conduttore
2. il generatore sincrono trifase rispetto al generatore monofase garantisce
maggiore stabilità di funzionamento
3. i costi del materiale conduttore delle linee trifasi é inferiori a quelli del
sistema monofase .

2
È bene, però, osservare che, pur essendo gli impianti in corrente alternata
trifase praticamente quelli universalmente impiegati ormai da quasi cento anni,
esistono alcuni casi di importanza non trascurabile, in cui si impiegano ancora la
corrente alternata monofase o gli impianti per la trasmissione in corrente continua.
Ad esempio, il sistema monofase in corrente alternata trova impiego
nell’ambito degli impianti per la trazione elettrica e nel caso della distribuzione in
bassa tensione, mentre gli impianti di trasmissione dell’energia elettrica in corrente
continua vengono impiegati sia quando è necessario trasmettere energia elettrica a
grandi distanze, per i motivi accennati in precedenza, sia quando, dovendo
attraversare il mare, si può usare quest’ultimo come conduttore di ritorno, con ovvi
risparmi economici.

Per esempio realizzazioni di linee in corrente continua sono: la linea di


trasmissione sottomarina in c.c. della rete italiana con cavo di interconnessione
Sa.Co.I. (Collegamento triterminale che unisce Sardegna, Corsica e Italia
Peninsulare), la linea di trasmissione sottomarina in c.c. con un cavo di collegamento
tra Italia e Grecia ed la linea di trasmissione sottomarina in c.c., attualmente in via di
realizzazione, con cavo sottomarino Sa.Pe.I. (Collegamento biterminale tra Sardegna
e Penisola Italiana).

2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia

Un sistema elettrico è generalmente composto dai seguenti sottosistemi:


- Nodi di produzione: sono in pratica le Centrali Elettriche (idroelettriche,
termoelettriche, etc.);
- Linee di trasmissione ed interconnessione: sono collegamenti in alta ed altissima
tensione, realizzati con conduttori aerei sorretti da apposite palificazioni metalliche
(tralicci o sostegni) ed impiegati per trasporto della energia elettrica dai nodi di
produzione ai punti di consumo.
Normalmente i nodi di produzione sono pochi, con potenza prodotta concentrata. Le
esigenze logistiche (esempio: per le centrali termoelettriche la necessità di favorire
l’approvvigionamento di combustibile in prossimità di porti di mare o fluviali e la

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necessità di grosse quantità d’acqua per il raffreddamento. Per le centrali
termoelettriche la locazione delle centrali è legata alla disponibilità naturale delle
fonti)
Le linee di trasmissione possono essere di due tipi:
a) Linee di trasmissione primarie: connettono le centrali ai nodi primari di
smistamento, detti a loro volta sottostazioni di distribuzione o più
semplicemente sottostazioni;

Fig. 1 Traliccio per linee di trasmissione primarie

b) Linee di trasmissione secondarie: partono dalle sottostazioni ed alimentano,


a livello locale, la distribuzione dell’energia elettrica.

Le Linee di distribuzione sono collegamenti in media e bassa tensione,


realizzati su palificazioni o mediante cavi sotterranei, impiegati per ripartire l’energia
tra i vari utilizzatori finali di tipo industriale o residenziale. La fig. 2 illustra diversi
esempi di sostegni a stelo per linee di distribuzione MT.

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Fig. 2 Sostegni a stelo: a) Palo in legno per linea 15 kV e telefonica di servizio; b) Palo in cemento armato
centrifugato per linea 15 kV e telefonica di servizio; c) Palo in acciaio tubolare per linea 15 kV e telefonica
di servizio;d) Palo in cemento armato centrifugato per linea 60 kV.

I sistemi elettrici delle singole nazioni europee e mondiali sono in gran parte
interconnessi tra loro sia per garantire una maggiore stabilità e qualità del servizio,
sia per consentire la continuità di servizio attraverso continui scambi di energia
regolati da complessi regimi economici.
Per consentire tali interconnessioni, è stato necessario standardizzare i valori delle
grandezze elettriche, come la tensione e la frequenza.
In ambito europeo la frequenza di rete è pari a 50Hz. La variazione massima
consentita (1%) per il corretto funzionamento di generatori ed utilizzatori è assicurata
attraverso il costante controllo delle produzioni e dei consumi a livello nazionale dai
singoli TSO (Transmission System Operators) ed a livello internazionale da un
Coordinatore Centrale Europeo (UCTE).
La scelta del livello di tensione adeguato per ognuno dei sottosistemi descritti
(dalla produzione alla distribuzione) è anch’ esso uniformato a livello internazionale, e
dipende da motivazioni tecnico-economiche (uniformità e standardizzazione dei valori
commerciali).

5
Inoltre poiché la potenza elettrica in transito su una determinata linea è
proporzionale al prodotto tra il valore della tensione nominale e della corrente
nominale che la attraversa:
P (MW) α V (V) * I (A)
per ottenere un elevato rendimento di trasmissione dell’energia elettrica, occorre
ridurre quanto più possibile le perdite di trasmissione che possono essere di due tipi:

a) Perdite per effetto Joule, direttamente proporzionali al quadrato della


corrente che percorre la linea;
b) Perdite per effetto corona, direttamente proporzionali alla tensione di linea.

Dalla relazione precedente si evince che a parità di potenza trasmessa, aumentando


la tensione, si ottiene una diminuzione dell’intensità della corrente di linea
proporzionale alle perdite per effetto Joule.

Nelle centrali elettriche l’energia elettrica viene prodotta con valori di tensione
compresi tra 6 ed i 12 kV, che per la trasmissione della energia vengono innalzati a
di 380 kV mediante l’utilizzo di appositi trasformatori elevatori di tensione.
Per questo motivo nelle lunghe linee di trasmissione primarie e secondarie utilizzate
per il trasporto di ingenti potenze, le tensioni di esercizio sono le più alte possibili.
I valori standard europei sono 400-380kV (Linee ad Altissima Tensione, o AAT) e
220-150kV (Linee ad Alta Tensione o AT).
Il livello di tensione in MT è in via di unificazione su tutto il territorio nazionale
al valore di 20 kV (a tutt’oggi esistono anche linee MT con V = 10-15 kV).
Le zone abitate sono interconnesse alla rete principale di trasmissione attraverso
linee di distribuzione in Media Tensione (MT), che fanno capo alle varie stazioni di
conversione (cabine di trasformazione MT/BT). Infine attraverso le sottostazioni
MT/BT avviene il collegamento alle linee a bassa tensione (BT) nelle quali i livelli di
tensione sono rispettivamente uguali a 380 V trifase e 220V monofase.

La fig. 3 illustra uno schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e


distribuzione dell’energia elettrica.

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In essa, per semplicità si è rappresentata un unica centrale di produzione, e sebbene
si tratti di un sistema di tipo trifase, si è adottata una rappresentazione di tipo
unifilare.

Fig. 3 Schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e distribuzione.

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PROTEZIONE DAI CONTATTI
INDIRETTI: METODI DI
PROTEZIONE PASSIVA

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e
biomedici
A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 13. PROTEZIONE DAI CONTATTI INDIRETTI: pag. 2
METODI DI PROTEZIONE PASSIVA

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CAPITOLO 13
PROTEZIONE DAI CONTATTI INDIRETTI: METODI DI
PROTEZIONE PASSIVA

La normativa CEI 64/8 prevede metodi di protezione senza interruzione


automatica del circuito; essi sono metodi preventivi che tendono ad impedire che
possano verificarsi condizioni di pericolo, con conseguente vantaggio per la
continuità di servizio, dato che non interrompono il funzionamento.
Tra i principali tipi di protezione passiva si distinguono:

• Protezione passiva mediante l’utilizzo di apparecchi di classe II o a doppio


isolamento.
Tali dispositivi sono provvisti di doppio isolamento di modo che tra i poli in
tensione e la superficie accessibile si hanno due strati di isolamento di per
sé sufficienti per la protezione. Le parti metalliche accessibili non in
tensione dei componenti di classe II non sono da considerare masse e
quindi non devono essere collegate all’impianto di terra (CEI 64-8). Risulta
molto difficile e costoso nella pratica realizzare impianti a doppio
isolamento, basti pensare che tutti gli utilizzatori di tale impianto dovrebbero
essere del tipo a doppio isolamento.

• Protezione passiva mediante locali isolati.


La separazione elettrica fra sorgente di alimentazione e impianto
utilizzatore. In questo caso i locali sono dotati di pavimento e pareti isolate,
in modo che in caso di contatto con una parte in tensione, la persona non
sia comunque percorsa da corrente. La difficoltà di questo sistema consiste,
così come per il sistema precedentemente esaminato, nel garantire nel
tempo le caratteristiche di isolamento, anche in considerazione di interventi
di manutenzione o ristrutturazione negli impianti e nelle strutture.

• Protezione mediante sistemi elettrici a tensione di sicurezza.


Vengono denominati sistemi di categoria OS (bassissima tensione di
sicurezza) i sistemi elettrici a tensione nominale minore od uguale a 50 V in
corrente alternata e a 75 V in corrente continua alimentati da una sorgente

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autonoma o da un trasformatore di isolamento o da altre sorgenti con
analoghe caratteristiche di sicurezza.
Il trasformatore di isolamento è una macchina elettrica statica composta da
due avvolgimenti separati, montati su un nucleo magnetico ed interagenti
fra loro per effetto del flusso magnetico generato. Il primario del
trasformatore è collegato al circuito di alimentazione, mentre il secondario
all’impianto utilizzatore.
Si consideri il caso di guasto verso massa di un apparecchio utilizzatore
alimentato da una rete con neutro a terra mediante un trasformatore di
isolamento (fig.24)

Fig. 1 Guasto verso massa di un apparecchio utilizzatore

È chiaro che non essendovi alcuna via di richiusura, non potrà manifestarsi
alcuna corrente di guasto; la carcassa M assumerà semplicemente il
potenziale del punto A. In realtà fluiranno piccole correnti tali comunque a
non creare situazioni di pericolo in condizioni ambientali ordinarie, che si
richiudono attraverso le capacità parassite di accoppiamento verso terra dei
vari componenti.
Il pericolo maggiore è rappresentato dal cedimento dell’isolamento tra
primario e secondario, che annullerebbe in tutto o in parte il vantaggio della
separazione elettrica; allo scopo si adottano avvolgimenti con isolamento
doppio o rinforzato oppure con uno schermo metallico tra gli avvolgimenti,
collegato all’impianto di terra del primario in modo da convogliare a terra
eventuali correnti di guasto, impedendone il passaggio dal primario al
secondario.
Per quanto riguarda il collegamento delle masse all’impianto di terra, esso
è espressamente vietato dalla norma CEI 64/8. Dato che l’adozione del

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trasformatore di isolamento ha lo scopo di impedire la richiusura delle
correnti di guasto, sarebbe un controsenso il collegamento a terra delle
masse, collegamento che, inoltre, introdurrebbe il potenziale di terra sulle
masse del circuito separato, in conseguenza di un guasto in un qualsiasi
punto dell’impianto connesso a terra.
Le masse del circuito separato devono invece essere collegate fra loro per
rendere equipotenziali ed evitare il determinarsi della grave situazione di
pericolo mostrata nella fig. 25.

Fig. 2 Esempio di contatto contemporaneo con masse in tensione

In occasione di un doppio guasto da fasi diverse, nella persona,


accidentalmente a contatto con i due involucri, circola una corrente molto
intensa, alimentata dalla tensione secondaria del trasformatore e limitata
essenzialmente dalla resistenza del corpo umano. È da notare che, in
assenza di contatto, le correnti di guasto non si manifestano non avendo via
di richiusura e gli utilizzatori continuano a funzionare regolarmente,
impedendo di prevenire la situazione di pericolo.
La presenza di un collegamento fra i due involucri (collegamento posto in
parallelo alla persona), converte il doppio guasto in un corto circuito che
viene interrotto dall’interruttore di protezione. Per prevenire la possibilità di
un doppio guasto si può installare un dispositivo di controllo dell’isolamento
che avverte della presenza del primo guasto.
Questi sistemi sono adoperati in casi speciali per l’alimentazione di
giocattoli, apparecchi elettromedicali, apparecchi che si trovino in zone
pericolose, etc. (apparecchi in classe III).

4
• Misura delle tensioni di passo e di contatto.
In alcuni casi particolari non è possibile utilizzare realizzare un
adeguato impianto di terra. Si pensi ad esempio ad un impianto alimentato
da una linea trifase MT che ha una protezione con corrente di sgancio
elevata.
Non si riesce a realizzare realisticamente una resistenza di terra al di
sotto di certi valori. Ci si deve accontentare in questo caso di verificare che
in ogni punto dell’area dell’impianto accessibile alle persone, nelle peggiori
condizioni di dispersione, cioè per corrente a terra uguale a quella di
sgancio, la tensione di contatto sia superiore al valore indicato sulla tabella
di cui si è parlato nel paragrafo 2.2.4.
La misura delle tensioni di passo e di contatto si rende necessaria
allorquando si misura un valore della resistenza di terra:

Vp
(7.1) RT >
Ig

Si definisce convenzionalmente tensione di passo VP quella tensione


che durante il funzionamento di un impianto di terra può risultare applicata
tra i piedi di una persona posti alla distanza di un metro l’uno dall’altro,
mentre si definisce tensione di contatto VC quella tensione alla quale può
essere soggetta una persona in seguito al contatto con le carcasse e le
strutture meccaniche, normalmente non in tensione, delle macchine e delle
apparecchiature.
La misura delle tensioni di passo e contatto è effettuata in scala
ridotta; si invia cioè nell’impianto di terra una corrente di prova che è una
frazione della corrente di guasto Ig che l’impianto deve disperdere, ed il cui
valore viene generalmente fornito dall’ente distributore di energia elettrica.
Occorre in ogni modo utilizzare una corrente di prova non inferiore all’1%
della corrente di guasto, con un minimo di 5A per le cabine di
trasformazione MT/BT e di 50 A per le stazioni AT ed AAT.
Le tensioni di contatto e di passo ricercate si ottengono moltiplicando
quelle misurate per il rapporto di riduzione tra le correnti, potendo essere
considerato il fenomeno lineare entro ampi limiti. Nella pratica è necessario
che la corrente di prova sia la più alta possibile in modo che le tensioni di

5
disturbo (tensioni di passo e contatto misurate in assenza di corrente di
prova) siano trascurabili rispetto alle tensioni misurate quando la corrente di
prova viene dispersa. Se le tensioni di disturbo sono costanti nel tempo, è
possibile depurarle dalla misura.
Il dispersore ausiliario utilizzato per inviare la corrente di prova deve
essere posto rispetto all’impianto di terra ad una distanza che va dalle 3 alle
cinque volte il diametro massimo dell’impianto stesso. La tensione di passo
si misura tra due punti del terreno ad un metro di distanza tra loro, gli
elettrodi verso terra devono avere una superficie di contatto di 200 cm ed 2

essere premuti con una forza di 250 N (fig. 26).

Fig. 3 Circuito per la misura della tensione di passo

La tensione di contatto va misurata ad un metro di distanza dalla


massa tra la massa stessa e i due elettrodi ausiliari posti in parallelo l’uno
vicino all’altro (si veda fig. 27).

Fig. 4 Circuito per la misura della tensione di contatto

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GENERALITA’ SUI SISTEMI
ELETTRICI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e
biomedici

A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 1. GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI
1. Introduzione…………………………………………………...….pag. 2
2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia…...……....pag. 3

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CAPITOLO 1
GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI

1. Introduzione

Il trasferimento dell’energia elettrica dai luoghi di produzione ai punti di consumo


avviene nella generalità dei casi in corrente alternata trifase.
Tale scelta è dettata da un insieme di motivazioni di carattere economico e tecnico e
principalmente per:

• la possibilità di utilizzare il trasformatore: una macchina statica estremamente


semplice e robusta, che consente di adattare il valore della tensione nel
sistema elettrico ai livelli più adatti alla produzione, trasmissione,
distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica prodotta;
• la maggiore facilità che si ha nell’interrompere correnti alternate, negli istanti in
cui la corrente alternata si annulla;
• la possibilità di impiegare per la produzione dell’energia elettrica il generatore
sincrono, che è una macchina più affidabile delle dinamo, soprattutto nel caso
in cui il motore primo è costituito da una turbina a vapore che lavora ad alte
velocità;
• possibilità di utilizzare su larga scala i motori asincroni monofase e trifase, che
sono macchine versatili, robuste con grande elasticità di funzionamento (in
grado di sostenere sovraccarichi).
In particolare
1. il motore trifase, a parità di carico, di tensione e di perdite consente una
economia del 25% sul materiale del conduttore
2. il generatore sincrono trifase rispetto al generatore monofase garantisce
maggiore stabilità di funzionamento
3. i costi del materiale conduttore delle linee trifasi é inferiori a quelli del
sistema monofase .

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È bene, però, osservare che, pur essendo gli impianti in corrente alternata
trifase praticamente quelli universalmente impiegati ormai da quasi cento anni,
esistono alcuni casi di importanza non trascurabile, in cui si impiegano ancora la
corrente alternata monofase o gli impianti per la trasmissione in corrente continua.
Ad esempio, il sistema monofase in corrente alternata trova impiego
nell’ambito degli impianti per la trazione elettrica e nel caso della distribuzione in
bassa tensione, mentre gli impianti di trasmissione dell’energia elettrica in corrente
continua vengono impiegati sia quando è necessario trasmettere energia elettrica a
grandi distanze, per i motivi accennati in precedenza, sia quando, dovendo
attraversare il mare, si può usare quest’ultimo come conduttore di ritorno, con ovvi
risparmi economici.

Per esempio realizzazioni di linee in corrente continua sono: la linea di


trasmissione sottomarina in c.c. della rete italiana con cavo di interconnessione
Sa.Co.I. (Collegamento triterminale che unisce Sardegna, Corsica e Italia
Peninsulare), la linea di trasmissione sottomarina in c.c. con un cavo di collegamento
tra Italia e Grecia ed la linea di trasmissione sottomarina in c.c., attualmente in via di
realizzazione, con cavo sottomarino Sa.Pe.I. (Collegamento biterminale tra Sardegna
e Penisola Italiana).

2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia

Un sistema elettrico è generalmente composto dai seguenti sottosistemi:


- Nodi di produzione: sono in pratica le Centrali Elettriche (idroelettriche,
termoelettriche, etc.);
- Linee di trasmissione ed interconnessione: sono collegamenti in alta ed altissima
tensione, realizzati con conduttori aerei sorretti da apposite palificazioni metalliche
(tralicci o sostegni) ed impiegati per trasporto della energia elettrica dai nodi di
produzione ai punti di consumo.
Normalmente i nodi di produzione sono pochi, con potenza prodotta concentrata. Le
esigenze logistiche (esempio: per le centrali termoelettriche la necessità di favorire
l’approvvigionamento di combustibile in prossimità di porti di mare o fluviali e la

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necessità di grosse quantità d’acqua per il raffreddamento. Per le centrali
termoelettriche la locazione delle centrali è legata alla disponibilità naturale delle
fonti)
Le linee di trasmissione possono essere di due tipi:
a) Linee di trasmissione primarie: connettono le centrali ai nodi primari di
smistamento, detti a loro volta sottostazioni di distribuzione o più
semplicemente sottostazioni;

Fig. 1 Traliccio per linee di trasmissione primarie

b) Linee di trasmissione secondarie: partono dalle sottostazioni ed alimentano,


a livello locale, la distribuzione dell’energia elettrica.

Le Linee di distribuzione sono collegamenti in media e bassa tensione,


realizzati su palificazioni o mediante cavi sotterranei, impiegati per ripartire l’energia
tra i vari utilizzatori finali di tipo industriale o residenziale. La fig. 2 illustra diversi
esempi di sostegni a stelo per linee di distribuzione MT.

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Fig. 2 Sostegni a stelo: a) Palo in legno per linea 15 kV e telefonica di servizio; b) Palo in cemento armato
centrifugato per linea 15 kV e telefonica di servizio; c) Palo in acciaio tubolare per linea 15 kV e telefonica
di servizio;d) Palo in cemento armato centrifugato per linea 60 kV.

I sistemi elettrici delle singole nazioni europee e mondiali sono in gran parte
interconnessi tra loro sia per garantire una maggiore stabilità e qualità del servizio,
sia per consentire la continuità di servizio attraverso continui scambi di energia
regolati da complessi regimi economici.
Per consentire tali interconnessioni, è stato necessario standardizzare i valori delle
grandezze elettriche, come la tensione e la frequenza.
In ambito europeo la frequenza di rete è pari a 50Hz. La variazione massima
consentita (1%) per il corretto funzionamento di generatori ed utilizzatori è assicurata
attraverso il costante controllo delle produzioni e dei consumi a livello nazionale dai
singoli TSO (Transmission System Operators) ed a livello internazionale da un
Coordinatore Centrale Europeo (UCTE).
La scelta del livello di tensione adeguato per ognuno dei sottosistemi descritti
(dalla produzione alla distribuzione) è anch’ esso uniformato a livello internazionale, e
dipende da motivazioni tecnico-economiche (uniformità e standardizzazione dei valori
commerciali).

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Inoltre poiché la potenza elettrica in transito su una determinata linea è
proporzionale al prodotto tra il valore della tensione nominale e della corrente
nominale che la attraversa:
P (MW) α V (V) * I (A)
per ottenere un elevato rendimento di trasmissione dell’energia elettrica, occorre
ridurre quanto più possibile le perdite di trasmissione che possono essere di due tipi:

a) Perdite per effetto Joule, direttamente proporzionali al quadrato della


corrente che percorre la linea;
b) Perdite per effetto corona, direttamente proporzionali alla tensione di linea.

Dalla relazione precedente si evince che a parità di potenza trasmessa, aumentando


la tensione, si ottiene una diminuzione dell’intensità della corrente di linea
proporzionale alle perdite per effetto Joule.

Nelle centrali elettriche l’energia elettrica viene prodotta con valori di tensione
compresi tra 6 ed i 12 kV, che per la trasmissione della energia vengono innalzati a
di 380 kV mediante l’utilizzo di appositi trasformatori elevatori di tensione.
Per questo motivo nelle lunghe linee di trasmissione primarie e secondarie utilizzate
per il trasporto di ingenti potenze, le tensioni di esercizio sono le più alte possibili.
I valori standard europei sono 400-380kV (Linee ad Altissima Tensione, o AAT) e
220-150kV (Linee ad Alta Tensione o AT).
Il livello di tensione in MT è in via di unificazione su tutto il territorio nazionale
al valore di 20 kV (a tutt’oggi esistono anche linee MT con V = 10-15 kV).
Le zone abitate sono interconnesse alla rete principale di trasmissione attraverso
linee di distribuzione in Media Tensione (MT), che fanno capo alle varie stazioni di
conversione (cabine di trasformazione MT/BT). Infine attraverso le sottostazioni
MT/BT avviene il collegamento alle linee a bassa tensione (BT) nelle quali i livelli di
tensione sono rispettivamente uguali a 380 V trifase e 220V monofase.

La fig. 3 illustra uno schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e


distribuzione dell’energia elettrica.

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In essa, per semplicità si è rappresentata un unica centrale di produzione, e sebbene
si tratti di un sistema di tipo trifase, si è adottata una rappresentazione di tipo
unifilare.

Fig. 3 Schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e distribuzione.

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PROTEZIONE DAI CONTATTI
DIRETTI ED INDIRETTI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola

Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici


A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 8. PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità pag. 2

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI pag. 3

8.2.1 Tipi di isolamento pag. 4

8.2.2 Involucri e barriere di protezione pag. 5

8.2.3 Protezione mediante distanziamento pag. 7

8.2.4 Protezione mediante ostacoli pag. 7

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità pag. 8

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI pag. 10

8.3.1 Generalità pag. 10

8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti pag. 11

8.4 Elettricità statica pag. 12

1
CAPITOLO 8
PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità

La norma CEI 64/8 prevede due condizioni di contatto elettrico pericolose per la
persona:

• CONTATTO DIRETTO
Si verifica quando la persona entra in contatto con parti attive dell’impianto
(fig. 7).

Fig. 1 Esempio di contatto diretto

• CONTATTO INDIRETTO

Si verifica quando la persona tocca parti normalmente non in tensione ma che,


in condizioni di guasto o di difetto di isolamento, possono trovarsi in tensione
(fig.8). Questo tipo di contatto è molto più pericoloso del precedente nel senso
che normalmente non si adottano le precauzioni che anche le persone
inesperte usano verso elementi dell’impianto elettrico normalmente in
tensione, come cavi, interruttori etc.

2
Fig. 2 Esempio di contatto indiretto

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI

Gli impianti e gli apparecchi elettrici devono essere isolati e protetti in modo che le
persone non possano venire in contatto con parti in tensione senza deliberato
proposito.
Le misure di protezione contro i contatti diretti possono suddividersi in:
1. Protezioni di grado totale (contro il contatto volontario) che sono ottenute
mediante:
• Isolamento delle parti attive senza possibilità di rimozione;
• Involucri o barriere che sono rimovibili mediante utensili, interblocchi,
barriere intermedie.
2. Protezioni di grado parziale (contro il contatto involontario) che sono ottenute
mediante:
• Allontanamento delle parti a tensione diversa simultaneamente
accessibili.
3. Protezioni addizionali che sono ottenute utilizzando relè differenziali ad alta
sensibilità (IDmax = 30 mA).

3
8.2.1 Tipi di isolamento

Ogni apparecchio elettrico è dotato di un isolamento tra le parti attive1 e tra queste e
la carcassa, senza il quale sarebbe impedito il funzionamento. Tale tipo di
isolamento prende il nome di isolamento funzionale.
Si definisce isolamento principale quello utilizzato per la protezione delle persone
contro il pericolo di folgorazione. Talvolta, al fine di garantire la sicurezza delle
persone in caso di guasto dell’isolamento principale, viene introdotto un ulteriore
isolamento, detto isolamento supplementare.
L’insieme dell’isolamento principale e supplementare prende il nome di doppio
isolamento (fig. 9). In luogo dei due isolamenti distinti, principale e supplementare, si
può inoltre realizzare un unico isolamento avente proprietà elettriche e meccaniche
equivalenti; questo tipo di isolamento viene chiamato isolamento doppio o rinforzato
(CEI 64/8 413.2.1.1). I componenti elettrici aventi isolamento doppio o rinforzato
vengono detti di Classe II (CEI 64/8 413.2.1.1).

Fig. 3 Esempio di doppio isolamento

In relazione al rischio di contatto diretto, i componenti elettrici vengono classificati


secondo quattro diverse classi:

1
Parti conduttrici dell’impianto che sono in tensione durante il normale funzionamento dell’impianto

4
Classe 0 Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale e non aventi
alcun dispositivo per il collegamento
delle masse2 ad un conduttore di
protezione; esse quindi non possono
essere collegate a terra e, nel caso di
guasto dell’isolamento, la protezione è
affidata soltanto alle caratteristiche
dell’ambiente in cui si trovano.
Classe I Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale ed aventi un
dispositivo per il collegamento delle
masse ad un conduttore di protezione.
Classe II Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento doppio o rinforzato e non
aventi alcun dispositivo per il
collegamento delle masse ad un
conduttore di protezione.
Classe III Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento ridotto in quanto destinate ad
essere alimentate da sistemi a
bassissima tensione di sicurezza (BTS).

8.2.2 Involucri e barriere di protezione

Il grado di protezione di un involucro o barriera è identificato in sede IEC dalle lettere


IP (International Protection) seguite da due o al massimo da 3 cifre:
• la prima cifra indica il grado di protezione dell’involucro o della barriera rispetto ai
corpi solidi,
• la seconda quello rispetto ai liquidi
• e la terza rispetto alle sostanze aeriformi.

2
Si definiscono tali le parti metalliche normalmente non in tensione, che potrebbero però andare in tensione a
causa di un difetto dell’isolamento.

5
Quando si vuole indicare solo uno o due tipi di protezione, le cifre mancanti sono
sostituite dalla lettera X. Nella seguente tabella sono riportati alcuni esempi di gradi
di protezione e delle prove corrispondenti a ciascuna cifra, al crescere della cifra
cresce il grado di protezione.
Le parti attive devono essere poste entro involucri, o dietro barriere, tali da
assicurare almeno il grado di protezione IP2X, salvo le eccezioni previste per alcuni
apparecchi per i quali le norme relative richiedono un grado inferiore di protezione
(CEI 64/8 412.2).

Le barriere e gli involucri devono essere saldamente fissati e rimovibili soltanto con
l’uso di un attrezzo (CEI 64-8) o di una chiave, purchè la chiave sia in possesso solo
di personale elettricamente addestrato. Il personale addestrato che abbia avuto
accesso alle parti attive, deve di regola sezionare il circuito prima di intervenire sulle
parti attive o nelle loro vicinanze, in casi di riconosciuta necessità è ammesso di
eseguire lavori su parti in tensione, purchè l’ordine sia dato dal capo responsabile
(DPR 547/55 art. 344). Nei lavori su parti in tensione l’operatore deve indossare
guanti isolanti, visiera di protezione, elmetto dielettrico, utilizzare idonei strumenti di

6
lavoro (CEI 11-16) ed essere accompagnato da un altro operatore specializzato,
munito di dispositivi di intervento in caso di pericolo.

8.2.3 Protezione mediante distanziamento

La protezione mediante distanziamento ha lo scopo di impedire che parti a tensione


diversa e simultaneamente accessibili siano a portata di mano.
Si intendono a portata di mano quei conduttori o parti conduttrici situati nella zona
che si estende da un punto o da una superficie occupata o percorsa ordinariamente
da persone fino ai limiti che una persona può raggiungere con una mano senza l’uso
di attrezzi. Convenzionalmente il volume che si estende attorno al piano di calpestio
(S) è delimitato come illustrato in fig. 10 (CEI 64-8/23.11).

Fig. 4 Distanze minime di sicurezza

8.2.4 Protezione mediante ostacoli

Gli ostacoli sono destinati ad impedire il contatto accidentale con le parti in tensione,
ma non il contatto intenzionale dovuto all’aggiramento deliberato dell’ostacolo.
Gli ostacoli devono impedire:
• l’avvicinamento non intenzionale del corpo con parti attive, oppure
• il contatto non intenzionale con parti attive durante i lavori sotto
tensione nel funzionamento ordinario.

7
Gli ostacoli possono essere rimossi senza l’uso di una chiave o di un attrezzo ma
devono essere fissati in modo da impedirne la rimozione accidentale.
Questa misura di protezione, che non assicura una protezione completa contro i
contatti diretti, è applicata in pratica solo nelle officine, come illustrato nella (fig. 11),
in cui L (distanza fra parti attive) deve essere non inferiore a 900 mm nel caso di
passaggi di manutenzione e 1100 per passaggi di servizio (CEI 64/8 par. 481).

Fig. 5 Distanze minime fra parti attive presenti entro officine.

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità

Le misure di protezione contro i contatti diretti finora illustrate hanno lo scopo


di evitare il contatto, trattasi dunque di misure di protezione di tipo passivo.
Se tuttavia si verifica un contatto diretto, la corrente che attraversa il corpo
umano può essere tale da non essere “avvertita” dai dispositivi di massima corrente
presenti nell’impianto (interruttori magnetotermici, fusibili). Ciò giustifica la presenza
nelle attuali reti di distribuzione di interruttori differenziali ad alta sensibilità (corrente
nominale differenziale di intervento ID ≤ 30 mA), in grado di interrompere
l’alimentazione qualora il corpo umano dovesse essere interessato dal passaggio di
corrente elettrica.
Il principio di funzionamento dell’interruttore differenziale è schematizzato in
fig. 12.

8
Fig. 6 Interruttore differenziale

Esso è costituito essenzialmente da un circuito magnetico toroidale con due


avvolgimenti uguali e percorsi da correnti uguali e contrarie, che nel funzionamento
normale producono un flusso magnetico totale nullo, infatti indicando rispettivamente
con I1 ed I2 i fasori rappresentativi della corrente entrante e della corrente uscente dal
circuito e con Φ il fasore rappresentativo del flusso magnetico totale prodotto, si ha:
NI1 − NI 2
Φ=

In cui ℜ rappresenta la riluttanza magnetica del circuito.

Se non vi è dispersione risulta:

I1 =I 2= 0

ed il segnale in uscita dall’avvolgimento rivelatore differenziale che viene inviato al


relè polarizzato, che a sua volta comanda lo sgancio dell’interruttore, risulta nullo.

9
Se al contrario vi è una corrente di dispersione ID nella linea, la somma
vettoriale delle due correnti assume un valore non nullo, così come anche il flusso
magnetico da essa generato:

I1 = I 2+ I D
NI D
Φ=

e conseguentemente si verifica lo sgancio dell’interruttore.
Lo sgancio è rapidissimo, dell’ordine dei 20, 30 o al più 50 ms, quindi con un valore
di taratura dell’interruttore differenziale di 30 mA si ha una sicura protezione.
Esistono anche interruttori differenziali trifasi che sono costituiti da un circuito
toroidale con tre avvolgimenti relativi alle tre fasi; se la linea è a quattro fili bisogna
naturalmente aggiungere il filo di neutro. Esistono anche relè differenziali di tipo
elettronico, che riescono a funzionare anche quando la forma d’onda non è
sinusoidale, ad esempio nel caso di correnti unidirezionali.

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI

8.3.1 Generalità

I metodi di protezione dai contatti indiretti sono classificabili nelle seguenti due
categorie:
• Metodi di protezione attiva, i quali non evitano la nascita di tensioni di
contatto, ma agiscono interrompendo l’alimentazione qualora tali
tensioni diventassero convenzionalmente pericolose, L’esempio più
tipico è l’impianto di terra.

• Metodi di protezione passiva, mirati ad impedire che possano verificarsi


condizioni di pericolo.

10
8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti

Definizioni
Prima di affrontare il problema della messa a terra degli impianti elettrici è opportuno
premettere una serie di definizioni dedotte direttamente dalla normativa vigente (CEI
64/8).

• Terra
Termine per designare il terreno sia come luogo che come materiale
conduttore, per esempio humus, terriccio, sabbia, ghiaietto e pietra.

• Dispersore
Conduttore appositamente posto in contatto elettrico con il terreno (dispersore
intenzionale), o parte metallica in contatto elettrico con il terreno o con l’acqua,
direttamente o tramite calcestruzzo, il cui scopo originale non è di mettere a
terra, ma di soddisfare tutti i requisiti di un dispersore senza compromettere la
sua funzione originale (dispersore di fatto).

I dispersori intenzionali più frequentemente impiegati sono:

o Dispersore orizzontale
Dispersore generalmente interrato fino ad una profondità di circa 1 m.
Questo può essere costituito di nastri, di tondini o di conduttori cordati
che possono essere disposti in modo radiale, ad anello, a maglia o da
una loro combinazione.

o Picchetto di terra
Dispersore generalmente interrato od infisso per una profondità
superiore ad 1 m. Questo può essere costituito da un tubo, da una
barra cilindrica o da altri profilati metallici.
• Massa
Parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che in
condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può diventarlo in condizioni di
guasto.

11
• Massa estranea
Parte conduttrice che non fa parte dell’impianto elettrico ed è in grado di
introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra.

• Conduttore di terra
Conduttore che collega una parte dell’impianto che deve essere messo a terra
ad un dispersore o che collega tra loro più dispersori, ubicato al di fuori del
terreno od interrato nel terreno e da esso isolato.

• Collegamento equipotenziale
Collegamento elettrico tra masse per ridurre al minimo le differenze di
potenziale tra queste.

• Conduttore equipotenziale
Conduttore che assicura un collegamento equipotenziale, tra masse estranee
e dispersore (conduttore equipotenziale principale) e tra masse estranee
(conduttore equipotenziale supplementare).

8.4 Elettricità statica


I meccanismi di formazione delle cariche elettrostatiche sono molteplici e non
completamente conosciuti, fra questi, il più diffuso è quello per contatto-separazione
(sfregamento). Il contatto fra materiali di natura differente genera il distacco delle
cariche elettriche superficiali ed il passaggio di queste da un corpo all’altro, il
fenomeno avviene in misura più o meno evidente a seconda delle caratteristiche di
resistività, costante dielettrica, temperatura, pressione del contatto, velocità relativa
delle superfici e temperatura dei due corpi.
La carica elettrica accumulata su di un corpo può scaricarsi a terra tramite una
persona, tuttavia, la corrente impulsiva di origine elettrostatica è di modesta entità e
non è da considerarsi pericolosa per quanto riguarda la folgorazione.
Il vero pericolo potrebbe manifestarsi in presenza di atmosfere esplosive qualora
l’intensità del campo elettrico associato alle cariche elettriche dovesse superare la
rigidità dielettrica dell’aria tanto da dar luogo ad una scarica elettrica. Se l’energia

12
associata alla scarica è maggiore della minima energia di accensione dell’atmosfera
può innescarsi il fenomeno dell’esplosione.
Per evitare che ciò avvenga si può agire in tre differenti modi:

◊ Limitando la formazione di cariche elettrostatiche, es. riducendo la


pressione e la velocità relativa dei corpi a contatto o modificando la natura
delle superfici. Tali provvedimenti sono difficilmente attuabili e raramente
portano a risultati soddisfacenti.
◊ Neutralizzando le cariche elettrostatiche accumulate mediante un campo
elettrico di segno contrario ed idonea intensità, sempre che questo non generi
problemi alle apparecchiature presenti.
◊ Attuando un collegamento al suolo del corpo soggetto ad accumulo di
cariche, in modo da favorire la dispersione della corrente impulsiva verso
terra.
L’ultimo è sicuramente il modo più semplice, efficace ed economico per evitare
l’accumulo di cariche elettrostatiche su un corpo conduttore.

13
IMPIANTI DI TERRA

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici
e biomedici
A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 9. IMPIANTI DI TERRA

9.1 Generalità pag. 2

9.2 SISTEMA TT pag. 3

9.3 SISTEMA TN pag. 3

9.4 SISTEMA IT pag. 4

9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI pag. 5


TERRA

1
CAPITOLO 9
IMPIANTI DI TERRA
9.1 Generalità
Per impianto di terra si intende un sistema limitato localmente, costituito da
dispersori o da parti metalliche in contatto con il terreno (dispersori), da conduttori
di terra e da conduttori equipotenziali (cfr capitolo “Impianti di messa a terra).
La messa a terra dell’impianto consiste nel collegare parte di un impianto elettrico
o di un apparecchiatura ad un impianto di terra allo scopo di :
• Proteggere le persone dallo shock elettrico (messa a terra di protezione);
• Consentire il corretto funzionamento degli impianti e dei suoi componenti
elettrici (messa a terra di funzionamento);
• Consentire lavori di manutenzione in sicurezza.

Il generico sistema di distribuzione in BT posto a valle della cabina di


trasformazione MT/BT (fig. 13) è composto da tre conduttori di fase più un
conduttore di neutro collegato al centro stella del trasformatore.

Fig. 1 Cabina di trasformazione MT/BT

In relazione allo stato del neutro ed alla situazione delle masse i sistemi elettrici
sono individuati con due lettere. La prima lettera indica lo stato del neutro:
• T = neutro connesso a terra;
• I = neutro isolato da terra.
La seconda lettera indica la situazione delle masse metalliche:
• T = masse collegate a terra;
• N = masse collegate al neutro.

Si distinguono perciò tre tipi diversi di sistemi di distribuzione:

2
9.2 SISTEMA TT

Nel sistema TT il neutro è collegato direttamente a terra e le masse sono


collegate ad un impianto di terra locale, elettricamente indipendente da quello del
neutro (vedi fig.14).
Normalmente la resistenza terra-neutro RTN è molto minore della resistenza terra-
utilizzatore RTU. Tale sistema è utilizzato nella alimentazione della rete pubblica.

Fig. 2 Sistema di distribuzione TT

9.3 SISTEMA TN
Nel sistema TN il neutro è collegato direttamente a terra, mentre le masse
sono collegate al conduttore di neutro. Si distinguono i seguenti tipi di sistemi TN,
a seconda che i conduttori di neutro e di protezione siano separati o meno:
• TN-C: i conduttori di neutro e di protezione sono in comune (fig. 15);
• TN-S: i conduttori di neutro e di protezione sono separati (fig. 15);
Il conduttore che svolge la funzione sia di conduttore di neutro (N) che di
conduttore di protezione equipotenziale (PE) assume la denominazione di
conduttore PEN.
Il sistema di distribuzione TN è tipico degli impianti aventi una propria cabina di
trasformazione.

3
Fig. 3 A sinistra: Sistema di Distribuzione TN-C,a destra Sistema di Distribuzione TN-S.

9.4 SISTEMA IT

Nel sistema elettrico IT il neutro del trasformatore è isolato da terra oppure


collegato a terra attraverso un’impedenza di valore sufficientemente elevato,
mentre tutte le masse sono collegate a terra (fig. 16).
Tale sistema di distribuzione, che non prevede in genere l’interruzione
dell’alimentazione dopo un primo guasto, viene attuata quando esistano particolari
esigenze di continuità di servizio. Nella pratica, negli impianti aventi tensione
nominale di 230/400 V, si raccomanda di scegliere una resistenza avente valore
dell’ordine di qualche centinaio di Ω (CEI 64/8 413.1.5).

Fig. 4 Sistema di distribuzione IT

4
9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI TERRA

Il parametro fondamentale per la determinazione della resistenza di terra è


la resistività del terreno, la quale assume in generale valori molto elevati e
comunque variabili a seconda della percentuale di sali e di umidità del terreno
stesso. Da quanto detto risulta del tutto evidente come sia importante, per il
calcolo della resistenza di terra, determinarne con una buona precisione il valore
medio.

Il terreno svolge la funzione di conduttore elettrico quando a due elettrodi


(dispersori) conficcati nel terreno è applicata una d.d.p.. Ogni porzione elementare
del terreno offre una resistenza tanto più piccola quanto più è lontana dal
dispersore (per la verifica si è usato un dispersore emisferico di raggio “r0“ (fig. 5)
perché ad una certa distanza, qualunque sia la forma del dispersore, le linee
equipotenziali diventano emisferiche). Si dice resistenza di terra Rt la somma
delle resistenze elettriche elementari di queste porzioni di terreno. Ad una certa
distanza dal dispersore la sezione diventa così grande che la resistenza è
pressoché nulla, mentre, nelle immediate vicinanze, le sezioni attraverso le quali
la corrente fluisce si rimpiccioliscono e la resistenza aumenta.
Le seguenti considerazioni si basano sul presupposto che il terreno sia
omogeneo e che la sua resistività sia costante in tutti i suoi punti. Normalmente,
inoltre, si trascura l’effetto reattivo, supponendo prevalente quello resistivo. Per
quanto detto sopra si definisce equivalente emisferico di un dispersore, qualsiasi
dispersore di forma emisferica avente la stessa resistenza.

Fig. 5 Andamento del potenziale nel terreno per un elettrodo emisferico

5
Misurando la tensione che si stabilisce tra due elettrodi “sufficientemente
lontani”, dopo aver iniettato nel terreno una corrente costante, si ottiene un
andamento del tipo indicato in figura.

Fig. 6 Tensione di terra di elettrodi emisferici installati a grande distanza

La differenza di potenziale tra l’elettrodo e un qualsiasi punto lontano a


potenziale zero è detta tensione di terra o tensione totale di terra. La resistenza
di terra è legata alla Ut e alla corrente iniettata nel terreno per mezzo della nota
relazione:

La relazione di cui sopra ha validità di carattere generale e quindi anche per


elettrodi di forma diversa.

La misura della resistenza di terra del dispersore viene comunemente


effettuata mediante il metodo volt-amperometrico, secondo quanto prescritto dalla
norma CEI 64/8 All. B.

6
Il metodo consiste nel fare passare una corrente alternata di valore
costante fra il dispersore D ed una sonda di corrente T1 posta ad una distanza da
D tale che le zone di influenza dei due dispersori non si sovrappongano.
La sonda di corrente T1 si può ritenere in genere sufficientemente lontana quando
sia posta ad una distanza almeno cinque volte la dimensione massima di D:
questa, nel caso D sia un semplice dispersore a picchetto, può assumersi pari alla
sua lunghezza.
La sonda di tensione T2, situata al di fuori delle zone di influenza di D e T1,
consente di misurare la tensione totale di terra, come illustra la fig. 7.
Il rapporto delle indicazioni del voltmetro e dell'amperometro fornisce il valore della
resistenza di terra.
Per verificare che la resistenza di terra sia un valore corretto, si fanno altre due
misure con la sonda di tensione T2 spostata di qualche metro, rispettivamente più
lontana e più vicina rispetto a D. Se le tre misure sono sostanzialmente le stesse,
si prende come resistenza di terra del dispersore D la media dei tre. Se non c’è
tale accordo, le prove vengono ripetute con la distanza D e T1 aumentata.

Fig. 7 Misura della resistenza di terra

In genere l'insieme dei due strumenti utilizzati per la misura sono inglobati
in un unico apparecchio, comunemente denominati Megger, Tellurometri,
Terrohmetri.
Durante la prova si preferisce iniettare una corrente alternata, poiché la misura in
corrente continua potrebbe essere influenzata da forze elettromotrici di origine
voltaica presenti nel terreno e da eventuali correnti vaganti.

7
La precisione della misura dipende fortemente dalle posizioni reciproche dei
dispersori.
Il dispersore ausiliario T1, se posto troppo vicino al dispersore in prova, non
permette una corretta misura della resistenza di terra; la tensione Ut è infatti
dovuta soltanto ad una porzione di terreno posta intorno al dispersore in prova.
Affinché la misura sia corretta, la sonda di tensione T2 deve essere posta in un
punto a potenziale zero (fig. 8).

Fig. 8 Misura della resistenza di terra

Se invece la sonda T2 é troppo vicina a D, la tensione misurata é inferiore a Ut,


(esattamente U1) e la misura risulta errata per difetto.

8
GENERALITA’ SUI SISTEMI
ELETTRICI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e
biomedici

A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 1. GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI
1. Introduzione…………………………………………………...….pag. 2
2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia…...……....pag. 3

1
CAPITOLO 1
GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI

1. Introduzione

Il trasferimento dell’energia elettrica dai luoghi di produzione ai punti di consumo


avviene nella generalità dei casi in corrente alternata trifase.
Tale scelta è dettata da un insieme di motivazioni di carattere economico e tecnico e
principalmente per:

• la possibilità di utilizzare il trasformatore: una macchina statica estremamente


semplice e robusta, che consente di adattare il valore della tensione nel
sistema elettrico ai livelli più adatti alla produzione, trasmissione,
distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica prodotta;
• la maggiore facilità che si ha nell’interrompere correnti alternate, negli istanti in
cui la corrente alternata si annulla;
• la possibilità di impiegare per la produzione dell’energia elettrica il generatore
sincrono, che è una macchina più affidabile delle dinamo, soprattutto nel caso
in cui il motore primo è costituito da una turbina a vapore che lavora ad alte
velocità;
• possibilità di utilizzare su larga scala i motori asincroni monofase e trifase, che
sono macchine versatili, robuste con grande elasticità di funzionamento (in
grado di sostenere sovraccarichi).
In particolare
1. il motore trifase, a parità di carico, di tensione e di perdite consente una
economia del 25% sul materiale del conduttore
2. il generatore sincrono trifase rispetto al generatore monofase garantisce
maggiore stabilità di funzionamento
3. i costi del materiale conduttore delle linee trifasi é inferiori a quelli del
sistema monofase .

2
È bene, però, osservare che, pur essendo gli impianti in corrente alternata
trifase praticamente quelli universalmente impiegati ormai da quasi cento anni,
esistono alcuni casi di importanza non trascurabile, in cui si impiegano ancora la
corrente alternata monofase o gli impianti per la trasmissione in corrente continua.
Ad esempio, il sistema monofase in corrente alternata trova impiego
nell’ambito degli impianti per la trazione elettrica e nel caso della distribuzione in
bassa tensione, mentre gli impianti di trasmissione dell’energia elettrica in corrente
continua vengono impiegati sia quando è necessario trasmettere energia elettrica a
grandi distanze, per i motivi accennati in precedenza, sia quando, dovendo
attraversare il mare, si può usare quest’ultimo come conduttore di ritorno, con ovvi
risparmi economici.

Per esempio realizzazioni di linee in corrente continua sono: la linea di


trasmissione sottomarina in c.c. della rete italiana con cavo di interconnessione
Sa.Co.I. (Collegamento triterminale che unisce Sardegna, Corsica e Italia
Peninsulare), la linea di trasmissione sottomarina in c.c. con un cavo di collegamento
tra Italia e Grecia ed la linea di trasmissione sottomarina in c.c., attualmente in via di
realizzazione, con cavo sottomarino Sa.Pe.I. (Collegamento biterminale tra Sardegna
e Penisola Italiana).

2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia

Un sistema elettrico è generalmente composto dai seguenti sottosistemi:


- Nodi di produzione: sono in pratica le Centrali Elettriche (idroelettriche,
termoelettriche, etc.);
- Linee di trasmissione ed interconnessione: sono collegamenti in alta ed altissima
tensione, realizzati con conduttori aerei sorretti da apposite palificazioni metalliche
(tralicci o sostegni) ed impiegati per trasporto della energia elettrica dai nodi di
produzione ai punti di consumo.
Normalmente i nodi di produzione sono pochi, con potenza prodotta concentrata. Le
esigenze logistiche (esempio: per le centrali termoelettriche la necessità di favorire
l’approvvigionamento di combustibile in prossimità di porti di mare o fluviali e la

3
necessità di grosse quantità d’acqua per il raffreddamento. Per le centrali
termoelettriche la locazione delle centrali è legata alla disponibilità naturale delle
fonti)
Le linee di trasmissione possono essere di due tipi:
a) Linee di trasmissione primarie: connettono le centrali ai nodi primari di
smistamento, detti a loro volta sottostazioni di distribuzione o più
semplicemente sottostazioni;

Fig. 1 Traliccio per linee di trasmissione primarie

b) Linee di trasmissione secondarie: partono dalle sottostazioni ed alimentano,


a livello locale, la distribuzione dell’energia elettrica.

Le Linee di distribuzione sono collegamenti in media e bassa tensione,


realizzati su palificazioni o mediante cavi sotterranei, impiegati per ripartire l’energia
tra i vari utilizzatori finali di tipo industriale o residenziale. La fig. 2 illustra diversi
esempi di sostegni a stelo per linee di distribuzione MT.

4
Fig. 2 Sostegni a stelo: a) Palo in legno per linea 15 kV e telefonica di servizio; b) Palo in cemento armato
centrifugato per linea 15 kV e telefonica di servizio; c) Palo in acciaio tubolare per linea 15 kV e telefonica
di servizio;d) Palo in cemento armato centrifugato per linea 60 kV.

I sistemi elettrici delle singole nazioni europee e mondiali sono in gran parte
interconnessi tra loro sia per garantire una maggiore stabilità e qualità del servizio,
sia per consentire la continuità di servizio attraverso continui scambi di energia
regolati da complessi regimi economici.
Per consentire tali interconnessioni, è stato necessario standardizzare i valori delle
grandezze elettriche, come la tensione e la frequenza.
In ambito europeo la frequenza di rete è pari a 50Hz. La variazione massima
consentita (1%) per il corretto funzionamento di generatori ed utilizzatori è assicurata
attraverso il costante controllo delle produzioni e dei consumi a livello nazionale dai
singoli TSO (Transmission System Operators) ed a livello internazionale da un
Coordinatore Centrale Europeo (UCTE).
La scelta del livello di tensione adeguato per ognuno dei sottosistemi descritti
(dalla produzione alla distribuzione) è anch’ esso uniformato a livello internazionale, e
dipende da motivazioni tecnico-economiche (uniformità e standardizzazione dei valori
commerciali).

5
Inoltre poiché la potenza elettrica in transito su una determinata linea è
proporzionale al prodotto tra il valore della tensione nominale e della corrente
nominale che la attraversa:
P (MW) α V (V) * I (A)
per ottenere un elevato rendimento di trasmissione dell’energia elettrica, occorre
ridurre quanto più possibile le perdite di trasmissione che possono essere di due tipi:

a) Perdite per effetto Joule, direttamente proporzionali al quadrato della


corrente che percorre la linea;
b) Perdite per effetto corona, direttamente proporzionali alla tensione di linea.

Dalla relazione precedente si evince che a parità di potenza trasmessa, aumentando


la tensione, si ottiene una diminuzione dell’intensità della corrente di linea
proporzionale alle perdite per effetto Joule.

Nelle centrali elettriche l’energia elettrica viene prodotta con valori di tensione
compresi tra 6 ed i 12 kV, che per la trasmissione della energia vengono innalzati a
di 380 kV mediante l’utilizzo di appositi trasformatori elevatori di tensione.
Per questo motivo nelle lunghe linee di trasmissione primarie e secondarie utilizzate
per il trasporto di ingenti potenze, le tensioni di esercizio sono le più alte possibili.
I valori standard europei sono 400-380kV (Linee ad Altissima Tensione, o AAT) e
220-150kV (Linee ad Alta Tensione o AT).
Il livello di tensione in MT è in via di unificazione su tutto il territorio nazionale
al valore di 20 kV (a tutt’oggi esistono anche linee MT con V = 10-15 kV).
Le zone abitate sono interconnesse alla rete principale di trasmissione attraverso
linee di distribuzione in Media Tensione (MT), che fanno capo alle varie stazioni di
conversione (cabine di trasformazione MT/BT). Infine attraverso le sottostazioni
MT/BT avviene il collegamento alle linee a bassa tensione (BT) nelle quali i livelli di
tensione sono rispettivamente uguali a 380 V trifase e 220V monofase.

La fig. 3 illustra uno schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e


distribuzione dell’energia elettrica.

6
In essa, per semplicità si è rappresentata un unica centrale di produzione, e sebbene
si tratti di un sistema di tipo trifase, si è adottata una rappresentazione di tipo
unifilare.

Fig. 3 Schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e distribuzione.

7
PROTEZIONE DAI CONTATTI
DIRETTI ED INDIRETTI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola

Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici


A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 8. PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità pag. 2

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI pag. 3

8.2.1 Tipi di isolamento pag. 4

8.2.2 Involucri e barriere di protezione pag. 5

8.2.3 Protezione mediante distanziamento pag. 7

8.2.4 Protezione mediante ostacoli pag. 7

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità pag. 8

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI pag. 10

8.3.1 Generalità pag. 10

8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti pag. 11

8.4 Elettricità statica pag. 12

1
CAPITOLO 8
PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità

La norma CEI 64/8 prevede due condizioni di contatto elettrico pericolose per la
persona:

• CONTATTO DIRETTO
Si verifica quando la persona entra in contatto con parti attive dell’impianto
(fig. 7).

Fig. 1 Esempio di contatto diretto

• CONTATTO INDIRETTO

Si verifica quando la persona tocca parti normalmente non in tensione ma che,


in condizioni di guasto o di difetto di isolamento, possono trovarsi in tensione
(fig.8). Questo tipo di contatto è molto più pericoloso del precedente nel senso
che normalmente non si adottano le precauzioni che anche le persone
inesperte usano verso elementi dell’impianto elettrico normalmente in
tensione, come cavi, interruttori etc.

2
Fig. 2 Esempio di contatto indiretto

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI

Gli impianti e gli apparecchi elettrici devono essere isolati e protetti in modo che le
persone non possano venire in contatto con parti in tensione senza deliberato
proposito.
Le misure di protezione contro i contatti diretti possono suddividersi in:
1. Protezioni di grado totale (contro il contatto volontario) che sono ottenute
mediante:
• Isolamento delle parti attive senza possibilità di rimozione;
• Involucri o barriere che sono rimovibili mediante utensili, interblocchi,
barriere intermedie.
2. Protezioni di grado parziale (contro il contatto involontario) che sono ottenute
mediante:
• Allontanamento delle parti a tensione diversa simultaneamente
accessibili.
3. Protezioni addizionali che sono ottenute utilizzando relè differenziali ad alta
sensibilità (IDmax = 30 mA).

3
8.2.1 Tipi di isolamento

Ogni apparecchio elettrico è dotato di un isolamento tra le parti attive1 e tra queste e
la carcassa, senza il quale sarebbe impedito il funzionamento. Tale tipo di
isolamento prende il nome di isolamento funzionale.
Si definisce isolamento principale quello utilizzato per la protezione delle persone
contro il pericolo di folgorazione. Talvolta, al fine di garantire la sicurezza delle
persone in caso di guasto dell’isolamento principale, viene introdotto un ulteriore
isolamento, detto isolamento supplementare.
L’insieme dell’isolamento principale e supplementare prende il nome di doppio
isolamento (fig. 9). In luogo dei due isolamenti distinti, principale e supplementare, si
può inoltre realizzare un unico isolamento avente proprietà elettriche e meccaniche
equivalenti; questo tipo di isolamento viene chiamato isolamento doppio o rinforzato
(CEI 64/8 413.2.1.1). I componenti elettrici aventi isolamento doppio o rinforzato
vengono detti di Classe II (CEI 64/8 413.2.1.1).

Fig. 3 Esempio di doppio isolamento

In relazione al rischio di contatto diretto, i componenti elettrici vengono classificati


secondo quattro diverse classi:

1
Parti conduttrici dell’impianto che sono in tensione durante il normale funzionamento dell’impianto

4
Classe 0 Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale e non aventi
alcun dispositivo per il collegamento
delle masse2 ad un conduttore di
protezione; esse quindi non possono
essere collegate a terra e, nel caso di
guasto dell’isolamento, la protezione è
affidata soltanto alle caratteristiche
dell’ambiente in cui si trovano.
Classe I Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale ed aventi un
dispositivo per il collegamento delle
masse ad un conduttore di protezione.
Classe II Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento doppio o rinforzato e non
aventi alcun dispositivo per il
collegamento delle masse ad un
conduttore di protezione.
Classe III Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento ridotto in quanto destinate ad
essere alimentate da sistemi a
bassissima tensione di sicurezza (BTS).

8.2.2 Involucri e barriere di protezione

Il grado di protezione di un involucro o barriera è identificato in sede IEC dalle lettere


IP (International Protection) seguite da due o al massimo da 3 cifre:
• la prima cifra indica il grado di protezione dell’involucro o della barriera rispetto ai
corpi solidi,
• la seconda quello rispetto ai liquidi
• e la terza rispetto alle sostanze aeriformi.

2
Si definiscono tali le parti metalliche normalmente non in tensione, che potrebbero però andare in tensione a
causa di un difetto dell’isolamento.

5
Quando si vuole indicare solo uno o due tipi di protezione, le cifre mancanti sono
sostituite dalla lettera X. Nella seguente tabella sono riportati alcuni esempi di gradi
di protezione e delle prove corrispondenti a ciascuna cifra, al crescere della cifra
cresce il grado di protezione.
Le parti attive devono essere poste entro involucri, o dietro barriere, tali da
assicurare almeno il grado di protezione IP2X, salvo le eccezioni previste per alcuni
apparecchi per i quali le norme relative richiedono un grado inferiore di protezione
(CEI 64/8 412.2).

Le barriere e gli involucri devono essere saldamente fissati e rimovibili soltanto con
l’uso di un attrezzo (CEI 64-8) o di una chiave, purchè la chiave sia in possesso solo
di personale elettricamente addestrato. Il personale addestrato che abbia avuto
accesso alle parti attive, deve di regola sezionare il circuito prima di intervenire sulle
parti attive o nelle loro vicinanze, in casi di riconosciuta necessità è ammesso di
eseguire lavori su parti in tensione, purchè l’ordine sia dato dal capo responsabile
(DPR 547/55 art. 344). Nei lavori su parti in tensione l’operatore deve indossare
guanti isolanti, visiera di protezione, elmetto dielettrico, utilizzare idonei strumenti di

6
lavoro (CEI 11-16) ed essere accompagnato da un altro operatore specializzato,
munito di dispositivi di intervento in caso di pericolo.

8.2.3 Protezione mediante distanziamento

La protezione mediante distanziamento ha lo scopo di impedire che parti a tensione


diversa e simultaneamente accessibili siano a portata di mano.
Si intendono a portata di mano quei conduttori o parti conduttrici situati nella zona
che si estende da un punto o da una superficie occupata o percorsa ordinariamente
da persone fino ai limiti che una persona può raggiungere con una mano senza l’uso
di attrezzi. Convenzionalmente il volume che si estende attorno al piano di calpestio
(S) è delimitato come illustrato in fig. 10 (CEI 64-8/23.11).

Fig. 4 Distanze minime di sicurezza

8.2.4 Protezione mediante ostacoli

Gli ostacoli sono destinati ad impedire il contatto accidentale con le parti in tensione,
ma non il contatto intenzionale dovuto all’aggiramento deliberato dell’ostacolo.
Gli ostacoli devono impedire:
• l’avvicinamento non intenzionale del corpo con parti attive, oppure
• il contatto non intenzionale con parti attive durante i lavori sotto
tensione nel funzionamento ordinario.

7
Gli ostacoli possono essere rimossi senza l’uso di una chiave o di un attrezzo ma
devono essere fissati in modo da impedirne la rimozione accidentale.
Questa misura di protezione, che non assicura una protezione completa contro i
contatti diretti, è applicata in pratica solo nelle officine, come illustrato nella (fig. 11),
in cui L (distanza fra parti attive) deve essere non inferiore a 900 mm nel caso di
passaggi di manutenzione e 1100 per passaggi di servizio (CEI 64/8 par. 481).

Fig. 5 Distanze minime fra parti attive presenti entro officine.

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità

Le misure di protezione contro i contatti diretti finora illustrate hanno lo scopo


di evitare il contatto, trattasi dunque di misure di protezione di tipo passivo.
Se tuttavia si verifica un contatto diretto, la corrente che attraversa il corpo
umano può essere tale da non essere “avvertita” dai dispositivi di massima corrente
presenti nell’impianto (interruttori magnetotermici, fusibili). Ciò giustifica la presenza
nelle attuali reti di distribuzione di interruttori differenziali ad alta sensibilità (corrente
nominale differenziale di intervento ID ≤ 30 mA), in grado di interrompere
l’alimentazione qualora il corpo umano dovesse essere interessato dal passaggio di
corrente elettrica.
Il principio di funzionamento dell’interruttore differenziale è schematizzato in
fig. 12.

8
Fig. 6 Interruttore differenziale

Esso è costituito essenzialmente da un circuito magnetico toroidale con due


avvolgimenti uguali e percorsi da correnti uguali e contrarie, che nel funzionamento
normale producono un flusso magnetico totale nullo, infatti indicando rispettivamente
con I1 ed I2 i fasori rappresentativi della corrente entrante e della corrente uscente dal
circuito e con Φ il fasore rappresentativo del flusso magnetico totale prodotto, si ha:
NI1 − NI 2
Φ=

In cui ℜ rappresenta la riluttanza magnetica del circuito.

Se non vi è dispersione risulta:

I1 =I 2= 0

ed il segnale in uscita dall’avvolgimento rivelatore differenziale che viene inviato al


relè polarizzato, che a sua volta comanda lo sgancio dell’interruttore, risulta nullo.

9
Se al contrario vi è una corrente di dispersione ID nella linea, la somma
vettoriale delle due correnti assume un valore non nullo, così come anche il flusso
magnetico da essa generato:

I1 = I 2+ I D
NI D
Φ=

e conseguentemente si verifica lo sgancio dell’interruttore.
Lo sgancio è rapidissimo, dell’ordine dei 20, 30 o al più 50 ms, quindi con un valore
di taratura dell’interruttore differenziale di 30 mA si ha una sicura protezione.
Esistono anche interruttori differenziali trifasi che sono costituiti da un circuito
toroidale con tre avvolgimenti relativi alle tre fasi; se la linea è a quattro fili bisogna
naturalmente aggiungere il filo di neutro. Esistono anche relè differenziali di tipo
elettronico, che riescono a funzionare anche quando la forma d’onda non è
sinusoidale, ad esempio nel caso di correnti unidirezionali.

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI

8.3.1 Generalità

I metodi di protezione dai contatti indiretti sono classificabili nelle seguenti due
categorie:
• Metodi di protezione attiva, i quali non evitano la nascita di tensioni di
contatto, ma agiscono interrompendo l’alimentazione qualora tali
tensioni diventassero convenzionalmente pericolose, L’esempio più
tipico è l’impianto di terra.

• Metodi di protezione passiva, mirati ad impedire che possano verificarsi


condizioni di pericolo.

10
8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti

Definizioni
Prima di affrontare il problema della messa a terra degli impianti elettrici è opportuno
premettere una serie di definizioni dedotte direttamente dalla normativa vigente (CEI
64/8).

• Terra
Termine per designare il terreno sia come luogo che come materiale
conduttore, per esempio humus, terriccio, sabbia, ghiaietto e pietra.

• Dispersore
Conduttore appositamente posto in contatto elettrico con il terreno (dispersore
intenzionale), o parte metallica in contatto elettrico con il terreno o con l’acqua,
direttamente o tramite calcestruzzo, il cui scopo originale non è di mettere a
terra, ma di soddisfare tutti i requisiti di un dispersore senza compromettere la
sua funzione originale (dispersore di fatto).

I dispersori intenzionali più frequentemente impiegati sono:

o Dispersore orizzontale
Dispersore generalmente interrato fino ad una profondità di circa 1 m.
Questo può essere costituito di nastri, di tondini o di conduttori cordati
che possono essere disposti in modo radiale, ad anello, a maglia o da
una loro combinazione.

o Picchetto di terra
Dispersore generalmente interrato od infisso per una profondità
superiore ad 1 m. Questo può essere costituito da un tubo, da una
barra cilindrica o da altri profilati metallici.
• Massa
Parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che in
condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può diventarlo in condizioni di
guasto.

11
• Massa estranea
Parte conduttrice che non fa parte dell’impianto elettrico ed è in grado di
introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra.

• Conduttore di terra
Conduttore che collega una parte dell’impianto che deve essere messo a terra
ad un dispersore o che collega tra loro più dispersori, ubicato al di fuori del
terreno od interrato nel terreno e da esso isolato.

• Collegamento equipotenziale
Collegamento elettrico tra masse per ridurre al minimo le differenze di
potenziale tra queste.

• Conduttore equipotenziale
Conduttore che assicura un collegamento equipotenziale, tra masse estranee
e dispersore (conduttore equipotenziale principale) e tra masse estranee
(conduttore equipotenziale supplementare).

8.4 Elettricità statica


I meccanismi di formazione delle cariche elettrostatiche sono molteplici e non
completamente conosciuti, fra questi, il più diffuso è quello per contatto-separazione
(sfregamento). Il contatto fra materiali di natura differente genera il distacco delle
cariche elettriche superficiali ed il passaggio di queste da un corpo all’altro, il
fenomeno avviene in misura più o meno evidente a seconda delle caratteristiche di
resistività, costante dielettrica, temperatura, pressione del contatto, velocità relativa
delle superfici e temperatura dei due corpi.
La carica elettrica accumulata su di un corpo può scaricarsi a terra tramite una
persona, tuttavia, la corrente impulsiva di origine elettrostatica è di modesta entità e
non è da considerarsi pericolosa per quanto riguarda la folgorazione.
Il vero pericolo potrebbe manifestarsi in presenza di atmosfere esplosive qualora
l’intensità del campo elettrico associato alle cariche elettriche dovesse superare la
rigidità dielettrica dell’aria tanto da dar luogo ad una scarica elettrica. Se l’energia

12
associata alla scarica è maggiore della minima energia di accensione dell’atmosfera
può innescarsi il fenomeno dell’esplosione.
Per evitare che ciò avvenga si può agire in tre differenti modi:

◊ Limitando la formazione di cariche elettrostatiche, es. riducendo la


pressione e la velocità relativa dei corpi a contatto o modificando la natura
delle superfici. Tali provvedimenti sono difficilmente attuabili e raramente
portano a risultati soddisfacenti.
◊ Neutralizzando le cariche elettrostatiche accumulate mediante un campo
elettrico di segno contrario ed idonea intensità, sempre che questo non generi
problemi alle apparecchiature presenti.
◊ Attuando un collegamento al suolo del corpo soggetto ad accumulo di
cariche, in modo da favorire la dispersione della corrente impulsiva verso
terra.
L’ultimo è sicuramente il modo più semplice, efficace ed economico per evitare
l’accumulo di cariche elettrostatiche su un corpo conduttore.

13
IMPIANTI DI TERRA

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici
e biomedici
A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 9. IMPIANTI DI TERRA

9.1 Generalità pag. 2

9.2 SISTEMA TT pag. 3

9.3 SISTEMA TN pag. 3

9.4 SISTEMA IT pag. 4

9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI pag. 5


TERRA

1
CAPITOLO 9
IMPIANTI DI TERRA
9.1 Generalità
Per impianto di terra si intende un sistema limitato localmente, costituito da
dispersori o da parti metalliche in contatto con il terreno (dispersori), da conduttori
di terra e da conduttori equipotenziali (cfr capitolo “Impianti di messa a terra).
La messa a terra dell’impianto consiste nel collegare parte di un impianto elettrico
o di un apparecchiatura ad un impianto di terra allo scopo di :
• Proteggere le persone dallo shock elettrico (messa a terra di protezione);
• Consentire il corretto funzionamento degli impianti e dei suoi componenti
elettrici (messa a terra di funzionamento);
• Consentire lavori di manutenzione in sicurezza.

Il generico sistema di distribuzione in BT posto a valle della cabina di


trasformazione MT/BT (fig. 13) è composto da tre conduttori di fase più un
conduttore di neutro collegato al centro stella del trasformatore.

Fig. 1 Cabina di trasformazione MT/BT

In relazione allo stato del neutro ed alla situazione delle masse i sistemi elettrici
sono individuati con due lettere. La prima lettera indica lo stato del neutro:
• T = neutro connesso a terra;
• I = neutro isolato da terra.
La seconda lettera indica la situazione delle masse metalliche:
• T = masse collegate a terra;
• N = masse collegate al neutro.

Si distinguono perciò tre tipi diversi di sistemi di distribuzione:

2
9.2 SISTEMA TT

Nel sistema TT il neutro è collegato direttamente a terra e le masse sono


collegate ad un impianto di terra locale, elettricamente indipendente da quello del
neutro (vedi fig.14).
Normalmente la resistenza terra-neutro RTN è molto minore della resistenza terra-
utilizzatore RTU. Tale sistema è utilizzato nella alimentazione della rete pubblica.

Fig. 2 Sistema di distribuzione TT

9.3 SISTEMA TN
Nel sistema TN il neutro è collegato direttamente a terra, mentre le masse
sono collegate al conduttore di neutro. Si distinguono i seguenti tipi di sistemi TN,
a seconda che i conduttori di neutro e di protezione siano separati o meno:
• TN-C: i conduttori di neutro e di protezione sono in comune (fig. 15);
• TN-S: i conduttori di neutro e di protezione sono separati (fig. 15);
Il conduttore che svolge la funzione sia di conduttore di neutro (N) che di
conduttore di protezione equipotenziale (PE) assume la denominazione di
conduttore PEN.
Il sistema di distribuzione TN è tipico degli impianti aventi una propria cabina di
trasformazione.

3
Fig. 3 A sinistra: Sistema di Distribuzione TN-C,a destra Sistema di Distribuzione TN-S.

9.4 SISTEMA IT

Nel sistema elettrico IT il neutro del trasformatore è isolato da terra oppure


collegato a terra attraverso un’impedenza di valore sufficientemente elevato,
mentre tutte le masse sono collegate a terra (fig. 16).
Tale sistema di distribuzione, che non prevede in genere l’interruzione
dell’alimentazione dopo un primo guasto, viene attuata quando esistano particolari
esigenze di continuità di servizio. Nella pratica, negli impianti aventi tensione
nominale di 230/400 V, si raccomanda di scegliere una resistenza avente valore
dell’ordine di qualche centinaio di Ω (CEI 64/8 413.1.5).

Fig. 4 Sistema di distribuzione IT

4
9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI TERRA

Il parametro fondamentale per la determinazione della resistenza di terra è


la resistività del terreno, la quale assume in generale valori molto elevati e
comunque variabili a seconda della percentuale di sali e di umidità del terreno
stesso. Da quanto detto risulta del tutto evidente come sia importante, per il
calcolo della resistenza di terra, determinarne con una buona precisione il valore
medio.

Il terreno svolge la funzione di conduttore elettrico quando a due elettrodi


(dispersori) conficcati nel terreno è applicata una d.d.p.. Ogni porzione elementare
del terreno offre una resistenza tanto più piccola quanto più è lontana dal
dispersore (per la verifica si è usato un dispersore emisferico di raggio “r0“ (fig. 5)
perché ad una certa distanza, qualunque sia la forma del dispersore, le linee
equipotenziali diventano emisferiche). Si dice resistenza di terra Rt la somma
delle resistenze elettriche elementari di queste porzioni di terreno. Ad una certa
distanza dal dispersore la sezione diventa così grande che la resistenza è
pressoché nulla, mentre, nelle immediate vicinanze, le sezioni attraverso le quali
la corrente fluisce si rimpiccioliscono e la resistenza aumenta.
Le seguenti considerazioni si basano sul presupposto che il terreno sia
omogeneo e che la sua resistività sia costante in tutti i suoi punti. Normalmente,
inoltre, si trascura l’effetto reattivo, supponendo prevalente quello resistivo. Per
quanto detto sopra si definisce equivalente emisferico di un dispersore, qualsiasi
dispersore di forma emisferica avente la stessa resistenza.

Fig. 5 Andamento del potenziale nel terreno per un elettrodo emisferico

5
Misurando la tensione che si stabilisce tra due elettrodi “sufficientemente
lontani”, dopo aver iniettato nel terreno una corrente costante, si ottiene un
andamento del tipo indicato in figura.

Fig. 6 Tensione di terra di elettrodi emisferici installati a grande distanza

La differenza di potenziale tra l’elettrodo e un qualsiasi punto lontano a


potenziale zero è detta tensione di terra o tensione totale di terra. La resistenza
di terra è legata alla Ut e alla corrente iniettata nel terreno per mezzo della nota
relazione:

La relazione di cui sopra ha validità di carattere generale e quindi anche per


elettrodi di forma diversa.

La misura della resistenza di terra del dispersore viene comunemente


effettuata mediante il metodo volt-amperometrico, secondo quanto prescritto dalla
norma CEI 64/8 All. B.

6
Il metodo consiste nel fare passare una corrente alternata di valore
costante fra il dispersore D ed una sonda di corrente T1 posta ad una distanza da
D tale che le zone di influenza dei due dispersori non si sovrappongano.
La sonda di corrente T1 si può ritenere in genere sufficientemente lontana quando
sia posta ad una distanza almeno cinque volte la dimensione massima di D:
questa, nel caso D sia un semplice dispersore a picchetto, può assumersi pari alla
sua lunghezza.
La sonda di tensione T2, situata al di fuori delle zone di influenza di D e T1,
consente di misurare la tensione totale di terra, come illustra la fig. 7.
Il rapporto delle indicazioni del voltmetro e dell'amperometro fornisce il valore della
resistenza di terra.
Per verificare che la resistenza di terra sia un valore corretto, si fanno altre due
misure con la sonda di tensione T2 spostata di qualche metro, rispettivamente più
lontana e più vicina rispetto a D. Se le tre misure sono sostanzialmente le stesse,
si prende come resistenza di terra del dispersore D la media dei tre. Se non c’è
tale accordo, le prove vengono ripetute con la distanza D e T1 aumentata.

Fig. 7 Misura della resistenza di terra

In genere l'insieme dei due strumenti utilizzati per la misura sono inglobati
in un unico apparecchio, comunemente denominati Megger, Tellurometri,
Terrohmetri.
Durante la prova si preferisce iniettare una corrente alternata, poiché la misura in
corrente continua potrebbe essere influenzata da forze elettromotrici di origine
voltaica presenti nel terreno e da eventuali correnti vaganti.

7
La precisione della misura dipende fortemente dalle posizioni reciproche dei
dispersori.
Il dispersore ausiliario T1, se posto troppo vicino al dispersore in prova, non
permette una corretta misura della resistenza di terra; la tensione Ut è infatti
dovuta soltanto ad una porzione di terreno posta intorno al dispersore in prova.
Affinché la misura sia corretta, la sonda di tensione T2 deve essere posta in un
punto a potenziale zero (fig. 8).

Fig. 8 Misura della resistenza di terra

Se invece la sonda T2 é troppo vicina a D, la tensione misurata é inferiore a Ut,


(esattamente U1) e la misura risulta errata per difetto.

8
GENERALITA’ SUI SISTEMI
ELETTRICI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e
biomedici

A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 1. GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI
1. Introduzione…………………………………………………...….pag. 2
2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia…...……....pag. 3

1
CAPITOLO 1
GENERALITA’ SUI SISTEMI ELETTRICI

1. Introduzione

Il trasferimento dell’energia elettrica dai luoghi di produzione ai punti di consumo


avviene nella generalità dei casi in corrente alternata trifase.
Tale scelta è dettata da un insieme di motivazioni di carattere economico e tecnico e
principalmente per:

• la possibilità di utilizzare il trasformatore: una macchina statica estremamente


semplice e robusta, che consente di adattare il valore della tensione nel
sistema elettrico ai livelli più adatti alla produzione, trasmissione,
distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica prodotta;
• la maggiore facilità che si ha nell’interrompere correnti alternate, negli istanti in
cui la corrente alternata si annulla;
• la possibilità di impiegare per la produzione dell’energia elettrica il generatore
sincrono, che è una macchina più affidabile delle dinamo, soprattutto nel caso
in cui il motore primo è costituito da una turbina a vapore che lavora ad alte
velocità;
• possibilità di utilizzare su larga scala i motori asincroni monofase e trifase, che
sono macchine versatili, robuste con grande elasticità di funzionamento (in
grado di sostenere sovraccarichi).
In particolare
1. il motore trifase, a parità di carico, di tensione e di perdite consente una
economia del 25% sul materiale del conduttore
2. il generatore sincrono trifase rispetto al generatore monofase garantisce
maggiore stabilità di funzionamento
3. i costi del materiale conduttore delle linee trifasi é inferiori a quelli del
sistema monofase .

2
È bene, però, osservare che, pur essendo gli impianti in corrente alternata
trifase praticamente quelli universalmente impiegati ormai da quasi cento anni,
esistono alcuni casi di importanza non trascurabile, in cui si impiegano ancora la
corrente alternata monofase o gli impianti per la trasmissione in corrente continua.
Ad esempio, il sistema monofase in corrente alternata trova impiego
nell’ambito degli impianti per la trazione elettrica e nel caso della distribuzione in
bassa tensione, mentre gli impianti di trasmissione dell’energia elettrica in corrente
continua vengono impiegati sia quando è necessario trasmettere energia elettrica a
grandi distanze, per i motivi accennati in precedenza, sia quando, dovendo
attraversare il mare, si può usare quest’ultimo come conduttore di ritorno, con ovvi
risparmi economici.

Per esempio realizzazioni di linee in corrente continua sono: la linea di


trasmissione sottomarina in c.c. della rete italiana con cavo di interconnessione
Sa.Co.I. (Collegamento triterminale che unisce Sardegna, Corsica e Italia
Peninsulare), la linea di trasmissione sottomarina in c.c. con un cavo di collegamento
tra Italia e Grecia ed la linea di trasmissione sottomarina in c.c., attualmente in via di
realizzazione, con cavo sottomarino Sa.Pe.I. (Collegamento biterminale tra Sardegna
e Penisola Italiana).

2. Costituzione del sistema elettrico per l’energia

Un sistema elettrico è generalmente composto dai seguenti sottosistemi:


- Nodi di produzione: sono in pratica le Centrali Elettriche (idroelettriche,
termoelettriche, etc.);
- Linee di trasmissione ed interconnessione: sono collegamenti in alta ed altissima
tensione, realizzati con conduttori aerei sorretti da apposite palificazioni metalliche
(tralicci o sostegni) ed impiegati per trasporto della energia elettrica dai nodi di
produzione ai punti di consumo.
Normalmente i nodi di produzione sono pochi, con potenza prodotta concentrata. Le
esigenze logistiche (esempio: per le centrali termoelettriche la necessità di favorire
l’approvvigionamento di combustibile in prossimità di porti di mare o fluviali e la

3
necessità di grosse quantità d’acqua per il raffreddamento. Per le centrali
termoelettriche la locazione delle centrali è legata alla disponibilità naturale delle
fonti)
Le linee di trasmissione possono essere di due tipi:
a) Linee di trasmissione primarie: connettono le centrali ai nodi primari di
smistamento, detti a loro volta sottostazioni di distribuzione o più
semplicemente sottostazioni;

Fig. 1 Traliccio per linee di trasmissione primarie

b) Linee di trasmissione secondarie: partono dalle sottostazioni ed alimentano,


a livello locale, la distribuzione dell’energia elettrica.

Le Linee di distribuzione sono collegamenti in media e bassa tensione,


realizzati su palificazioni o mediante cavi sotterranei, impiegati per ripartire l’energia
tra i vari utilizzatori finali di tipo industriale o residenziale. La fig. 2 illustra diversi
esempi di sostegni a stelo per linee di distribuzione MT.

4
Fig. 2 Sostegni a stelo: a) Palo in legno per linea 15 kV e telefonica di servizio; b) Palo in cemento armato
centrifugato per linea 15 kV e telefonica di servizio; c) Palo in acciaio tubolare per linea 15 kV e telefonica
di servizio;d) Palo in cemento armato centrifugato per linea 60 kV.

I sistemi elettrici delle singole nazioni europee e mondiali sono in gran parte
interconnessi tra loro sia per garantire una maggiore stabilità e qualità del servizio,
sia per consentire la continuità di servizio attraverso continui scambi di energia
regolati da complessi regimi economici.
Per consentire tali interconnessioni, è stato necessario standardizzare i valori delle
grandezze elettriche, come la tensione e la frequenza.
In ambito europeo la frequenza di rete è pari a 50Hz. La variazione massima
consentita (1%) per il corretto funzionamento di generatori ed utilizzatori è assicurata
attraverso il costante controllo delle produzioni e dei consumi a livello nazionale dai
singoli TSO (Transmission System Operators) ed a livello internazionale da un
Coordinatore Centrale Europeo (UCTE).
La scelta del livello di tensione adeguato per ognuno dei sottosistemi descritti
(dalla produzione alla distribuzione) è anch’ esso uniformato a livello internazionale, e
dipende da motivazioni tecnico-economiche (uniformità e standardizzazione dei valori
commerciali).

5
Inoltre poiché la potenza elettrica in transito su una determinata linea è
proporzionale al prodotto tra il valore della tensione nominale e della corrente
nominale che la attraversa:
P (MW) α V (V) * I (A)
per ottenere un elevato rendimento di trasmissione dell’energia elettrica, occorre
ridurre quanto più possibile le perdite di trasmissione che possono essere di due tipi:

a) Perdite per effetto Joule, direttamente proporzionali al quadrato della


corrente che percorre la linea;
b) Perdite per effetto corona, direttamente proporzionali alla tensione di linea.

Dalla relazione precedente si evince che a parità di potenza trasmessa, aumentando


la tensione, si ottiene una diminuzione dell’intensità della corrente di linea
proporzionale alle perdite per effetto Joule.

Nelle centrali elettriche l’energia elettrica viene prodotta con valori di tensione
compresi tra 6 ed i 12 kV, che per la trasmissione della energia vengono innalzati a
di 380 kV mediante l’utilizzo di appositi trasformatori elevatori di tensione.
Per questo motivo nelle lunghe linee di trasmissione primarie e secondarie utilizzate
per il trasporto di ingenti potenze, le tensioni di esercizio sono le più alte possibili.
I valori standard europei sono 400-380kV (Linee ad Altissima Tensione, o AAT) e
220-150kV (Linee ad Alta Tensione o AT).
Il livello di tensione in MT è in via di unificazione su tutto il territorio nazionale
al valore di 20 kV (a tutt’oggi esistono anche linee MT con V = 10-15 kV).
Le zone abitate sono interconnesse alla rete principale di trasmissione attraverso
linee di distribuzione in Media Tensione (MT), che fanno capo alle varie stazioni di
conversione (cabine di trasformazione MT/BT). Infine attraverso le sottostazioni
MT/BT avviene il collegamento alle linee a bassa tensione (BT) nelle quali i livelli di
tensione sono rispettivamente uguali a 380 V trifase e 220V monofase.

La fig. 3 illustra uno schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e


distribuzione dell’energia elettrica.

6
In essa, per semplicità si è rappresentata un unica centrale di produzione, e sebbene
si tratti di un sistema di tipo trifase, si è adottata una rappresentazione di tipo
unifilare.

Fig. 3 Schema semplificato della rete di produzione, trasmissione e distribuzione.

7
PROTEZIONE DAI CONTATTI
DIRETTI ED INDIRETTI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola

Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici


A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 8. PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità pag. 2

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI pag. 3

8.2.1 Tipi di isolamento pag. 4

8.2.2 Involucri e barriere di protezione pag. 5

8.2.3 Protezione mediante distanziamento pag. 7

8.2.4 Protezione mediante ostacoli pag. 7

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità pag. 8

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI pag. 10

8.3.1 Generalità pag. 10

8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti pag. 11

8.4 Elettricità statica pag. 12

1
CAPITOLO 8
PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità

La norma CEI 64/8 prevede due condizioni di contatto elettrico pericolose per la
persona:

• CONTATTO DIRETTO
Si verifica quando la persona entra in contatto con parti attive dell’impianto
(fig. 7).

Fig. 1 Esempio di contatto diretto

• CONTATTO INDIRETTO

Si verifica quando la persona tocca parti normalmente non in tensione ma che,


in condizioni di guasto o di difetto di isolamento, possono trovarsi in tensione
(fig.8). Questo tipo di contatto è molto più pericoloso del precedente nel senso
che normalmente non si adottano le precauzioni che anche le persone
inesperte usano verso elementi dell’impianto elettrico normalmente in
tensione, come cavi, interruttori etc.

2
Fig. 2 Esempio di contatto indiretto

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI

Gli impianti e gli apparecchi elettrici devono essere isolati e protetti in modo che le
persone non possano venire in contatto con parti in tensione senza deliberato
proposito.
Le misure di protezione contro i contatti diretti possono suddividersi in:
1. Protezioni di grado totale (contro il contatto volontario) che sono ottenute
mediante:
• Isolamento delle parti attive senza possibilità di rimozione;
• Involucri o barriere che sono rimovibili mediante utensili, interblocchi,
barriere intermedie.
2. Protezioni di grado parziale (contro il contatto involontario) che sono ottenute
mediante:
• Allontanamento delle parti a tensione diversa simultaneamente
accessibili.
3. Protezioni addizionali che sono ottenute utilizzando relè differenziali ad alta
sensibilità (IDmax = 30 mA).

3
8.2.1 Tipi di isolamento

Ogni apparecchio elettrico è dotato di un isolamento tra le parti attive1 e tra queste e
la carcassa, senza il quale sarebbe impedito il funzionamento. Tale tipo di
isolamento prende il nome di isolamento funzionale.
Si definisce isolamento principale quello utilizzato per la protezione delle persone
contro il pericolo di folgorazione. Talvolta, al fine di garantire la sicurezza delle
persone in caso di guasto dell’isolamento principale, viene introdotto un ulteriore
isolamento, detto isolamento supplementare.
L’insieme dell’isolamento principale e supplementare prende il nome di doppio
isolamento (fig. 9). In luogo dei due isolamenti distinti, principale e supplementare, si
può inoltre realizzare un unico isolamento avente proprietà elettriche e meccaniche
equivalenti; questo tipo di isolamento viene chiamato isolamento doppio o rinforzato
(CEI 64/8 413.2.1.1). I componenti elettrici aventi isolamento doppio o rinforzato
vengono detti di Classe II (CEI 64/8 413.2.1.1).

Fig. 3 Esempio di doppio isolamento

In relazione al rischio di contatto diretto, i componenti elettrici vengono classificati


secondo quattro diverse classi:

1
Parti conduttrici dell’impianto che sono in tensione durante il normale funzionamento dell’impianto

4
Classe 0 Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale e non aventi
alcun dispositivo per il collegamento
delle masse2 ad un conduttore di
protezione; esse quindi non possono
essere collegate a terra e, nel caso di
guasto dell’isolamento, la protezione è
affidata soltanto alle caratteristiche
dell’ambiente in cui si trovano.
Classe I Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale ed aventi un
dispositivo per il collegamento delle
masse ad un conduttore di protezione.
Classe II Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento doppio o rinforzato e non
aventi alcun dispositivo per il
collegamento delle masse ad un
conduttore di protezione.
Classe III Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento ridotto in quanto destinate ad
essere alimentate da sistemi a
bassissima tensione di sicurezza (BTS).

8.2.2 Involucri e barriere di protezione

Il grado di protezione di un involucro o barriera è identificato in sede IEC dalle lettere


IP (International Protection) seguite da due o al massimo da 3 cifre:
• la prima cifra indica il grado di protezione dell’involucro o della barriera rispetto ai
corpi solidi,
• la seconda quello rispetto ai liquidi
• e la terza rispetto alle sostanze aeriformi.

2
Si definiscono tali le parti metalliche normalmente non in tensione, che potrebbero però andare in tensione a
causa di un difetto dell’isolamento.

5
Quando si vuole indicare solo uno o due tipi di protezione, le cifre mancanti sono
sostituite dalla lettera X. Nella seguente tabella sono riportati alcuni esempi di gradi
di protezione e delle prove corrispondenti a ciascuna cifra, al crescere della cifra
cresce il grado di protezione.
Le parti attive devono essere poste entro involucri, o dietro barriere, tali da
assicurare almeno il grado di protezione IP2X, salvo le eccezioni previste per alcuni
apparecchi per i quali le norme relative richiedono un grado inferiore di protezione
(CEI 64/8 412.2).

Le barriere e gli involucri devono essere saldamente fissati e rimovibili soltanto con
l’uso di un attrezzo (CEI 64-8) o di una chiave, purchè la chiave sia in possesso solo
di personale elettricamente addestrato. Il personale addestrato che abbia avuto
accesso alle parti attive, deve di regola sezionare il circuito prima di intervenire sulle
parti attive o nelle loro vicinanze, in casi di riconosciuta necessità è ammesso di
eseguire lavori su parti in tensione, purchè l’ordine sia dato dal capo responsabile
(DPR 547/55 art. 344). Nei lavori su parti in tensione l’operatore deve indossare
guanti isolanti, visiera di protezione, elmetto dielettrico, utilizzare idonei strumenti di

6
lavoro (CEI 11-16) ed essere accompagnato da un altro operatore specializzato,
munito di dispositivi di intervento in caso di pericolo.

8.2.3 Protezione mediante distanziamento

La protezione mediante distanziamento ha lo scopo di impedire che parti a tensione


diversa e simultaneamente accessibili siano a portata di mano.
Si intendono a portata di mano quei conduttori o parti conduttrici situati nella zona
che si estende da un punto o da una superficie occupata o percorsa ordinariamente
da persone fino ai limiti che una persona può raggiungere con una mano senza l’uso
di attrezzi. Convenzionalmente il volume che si estende attorno al piano di calpestio
(S) è delimitato come illustrato in fig. 10 (CEI 64-8/23.11).

Fig. 4 Distanze minime di sicurezza

8.2.4 Protezione mediante ostacoli

Gli ostacoli sono destinati ad impedire il contatto accidentale con le parti in tensione,
ma non il contatto intenzionale dovuto all’aggiramento deliberato dell’ostacolo.
Gli ostacoli devono impedire:
• l’avvicinamento non intenzionale del corpo con parti attive, oppure
• il contatto non intenzionale con parti attive durante i lavori sotto
tensione nel funzionamento ordinario.

7
Gli ostacoli possono essere rimossi senza l’uso di una chiave o di un attrezzo ma
devono essere fissati in modo da impedirne la rimozione accidentale.
Questa misura di protezione, che non assicura una protezione completa contro i
contatti diretti, è applicata in pratica solo nelle officine, come illustrato nella (fig. 11),
in cui L (distanza fra parti attive) deve essere non inferiore a 900 mm nel caso di
passaggi di manutenzione e 1100 per passaggi di servizio (CEI 64/8 par. 481).

Fig. 5 Distanze minime fra parti attive presenti entro officine.

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità

Le misure di protezione contro i contatti diretti finora illustrate hanno lo scopo


di evitare il contatto, trattasi dunque di misure di protezione di tipo passivo.
Se tuttavia si verifica un contatto diretto, la corrente che attraversa il corpo
umano può essere tale da non essere “avvertita” dai dispositivi di massima corrente
presenti nell’impianto (interruttori magnetotermici, fusibili). Ciò giustifica la presenza
nelle attuali reti di distribuzione di interruttori differenziali ad alta sensibilità (corrente
nominale differenziale di intervento ID ≤ 30 mA), in grado di interrompere
l’alimentazione qualora il corpo umano dovesse essere interessato dal passaggio di
corrente elettrica.
Il principio di funzionamento dell’interruttore differenziale è schematizzato in
fig. 12.

8
Fig. 6 Interruttore differenziale

Esso è costituito essenzialmente da un circuito magnetico toroidale con due


avvolgimenti uguali e percorsi da correnti uguali e contrarie, che nel funzionamento
normale producono un flusso magnetico totale nullo, infatti indicando rispettivamente
con I1 ed I2 i fasori rappresentativi della corrente entrante e della corrente uscente dal
circuito e con Φ il fasore rappresentativo del flusso magnetico totale prodotto, si ha:
NI1 − NI 2
Φ=

In cui ℜ rappresenta la riluttanza magnetica del circuito.

Se non vi è dispersione risulta:

I1 =I 2= 0

ed il segnale in uscita dall’avvolgimento rivelatore differenziale che viene inviato al


relè polarizzato, che a sua volta comanda lo sgancio dell’interruttore, risulta nullo.

9
Se al contrario vi è una corrente di dispersione ID nella linea, la somma
vettoriale delle due correnti assume un valore non nullo, così come anche il flusso
magnetico da essa generato:

I1 = I 2+ I D
NI D
Φ=

e conseguentemente si verifica lo sgancio dell’interruttore.
Lo sgancio è rapidissimo, dell’ordine dei 20, 30 o al più 50 ms, quindi con un valore
di taratura dell’interruttore differenziale di 30 mA si ha una sicura protezione.
Esistono anche interruttori differenziali trifasi che sono costituiti da un circuito
toroidale con tre avvolgimenti relativi alle tre fasi; se la linea è a quattro fili bisogna
naturalmente aggiungere il filo di neutro. Esistono anche relè differenziali di tipo
elettronico, che riescono a funzionare anche quando la forma d’onda non è
sinusoidale, ad esempio nel caso di correnti unidirezionali.

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI

8.3.1 Generalità

I metodi di protezione dai contatti indiretti sono classificabili nelle seguenti due
categorie:
• Metodi di protezione attiva, i quali non evitano la nascita di tensioni di
contatto, ma agiscono interrompendo l’alimentazione qualora tali
tensioni diventassero convenzionalmente pericolose, L’esempio più
tipico è l’impianto di terra.

• Metodi di protezione passiva, mirati ad impedire che possano verificarsi


condizioni di pericolo.

10
8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti

Definizioni
Prima di affrontare il problema della messa a terra degli impianti elettrici è opportuno
premettere una serie di definizioni dedotte direttamente dalla normativa vigente (CEI
64/8).

• Terra
Termine per designare il terreno sia come luogo che come materiale
conduttore, per esempio humus, terriccio, sabbia, ghiaietto e pietra.

• Dispersore
Conduttore appositamente posto in contatto elettrico con il terreno (dispersore
intenzionale), o parte metallica in contatto elettrico con il terreno o con l’acqua,
direttamente o tramite calcestruzzo, il cui scopo originale non è di mettere a
terra, ma di soddisfare tutti i requisiti di un dispersore senza compromettere la
sua funzione originale (dispersore di fatto).

I dispersori intenzionali più frequentemente impiegati sono:

o Dispersore orizzontale
Dispersore generalmente interrato fino ad una profondità di circa 1 m.
Questo può essere costituito di nastri, di tondini o di conduttori cordati
che possono essere disposti in modo radiale, ad anello, a maglia o da
una loro combinazione.

o Picchetto di terra
Dispersore generalmente interrato od infisso per una profondità
superiore ad 1 m. Questo può essere costituito da un tubo, da una
barra cilindrica o da altri profilati metallici.
• Massa
Parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che in
condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può diventarlo in condizioni di
guasto.

11
• Massa estranea
Parte conduttrice che non fa parte dell’impianto elettrico ed è in grado di
introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra.

• Conduttore di terra
Conduttore che collega una parte dell’impianto che deve essere messo a terra
ad un dispersore o che collega tra loro più dispersori, ubicato al di fuori del
terreno od interrato nel terreno e da esso isolato.

• Collegamento equipotenziale
Collegamento elettrico tra masse per ridurre al minimo le differenze di
potenziale tra queste.

• Conduttore equipotenziale
Conduttore che assicura un collegamento equipotenziale, tra masse estranee
e dispersore (conduttore equipotenziale principale) e tra masse estranee
(conduttore equipotenziale supplementare).

8.4 Elettricità statica


I meccanismi di formazione delle cariche elettrostatiche sono molteplici e non
completamente conosciuti, fra questi, il più diffuso è quello per contatto-separazione
(sfregamento). Il contatto fra materiali di natura differente genera il distacco delle
cariche elettriche superficiali ed il passaggio di queste da un corpo all’altro, il
fenomeno avviene in misura più o meno evidente a seconda delle caratteristiche di
resistività, costante dielettrica, temperatura, pressione del contatto, velocità relativa
delle superfici e temperatura dei due corpi.
La carica elettrica accumulata su di un corpo può scaricarsi a terra tramite una
persona, tuttavia, la corrente impulsiva di origine elettrostatica è di modesta entità e
non è da considerarsi pericolosa per quanto riguarda la folgorazione.
Il vero pericolo potrebbe manifestarsi in presenza di atmosfere esplosive qualora
l’intensità del campo elettrico associato alle cariche elettriche dovesse superare la
rigidità dielettrica dell’aria tanto da dar luogo ad una scarica elettrica. Se l’energia

12
associata alla scarica è maggiore della minima energia di accensione dell’atmosfera
può innescarsi il fenomeno dell’esplosione.
Per evitare che ciò avvenga si può agire in tre differenti modi:

◊ Limitando la formazione di cariche elettrostatiche, es. riducendo la


pressione e la velocità relativa dei corpi a contatto o modificando la natura
delle superfici. Tali provvedimenti sono difficilmente attuabili e raramente
portano a risultati soddisfacenti.
◊ Neutralizzando le cariche elettrostatiche accumulate mediante un campo
elettrico di segno contrario ed idonea intensità, sempre che questo non generi
problemi alle apparecchiature presenti.
◊ Attuando un collegamento al suolo del corpo soggetto ad accumulo di
cariche, in modo da favorire la dispersione della corrente impulsiva verso
terra.
L’ultimo è sicuramente il modo più semplice, efficace ed economico per evitare
l’accumulo di cariche elettrostatiche su un corpo conduttore.

13
IMPIANTI DI TERRA

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici
e biomedici
A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 9. IMPIANTI DI TERRA

9.1 Generalità pag. 2

9.2 SISTEMA TT pag. 3

9.3 SISTEMA TN pag. 3

9.4 SISTEMA IT pag. 4

9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI pag. 5


TERRA

1
CAPITOLO 9
IMPIANTI DI TERRA
9.1 Generalità
Per impianto di terra si intende un sistema limitato localmente, costituito da
dispersori o da parti metalliche in contatto con il terreno (dispersori), da conduttori
di terra e da conduttori equipotenziali (cfr capitolo “Impianti di messa a terra).
La messa a terra dell’impianto consiste nel collegare parte di un impianto elettrico
o di un apparecchiatura ad un impianto di terra allo scopo di :
• Proteggere le persone dallo shock elettrico (messa a terra di protezione);
• Consentire il corretto funzionamento degli impianti e dei suoi componenti
elettrici (messa a terra di funzionamento);
• Consentire lavori di manutenzione in sicurezza.

Il generico sistema di distribuzione in BT posto a valle della cabina di


trasformazione MT/BT (fig. 13) è composto da tre conduttori di fase più un
conduttore di neutro collegato al centro stella del trasformatore.

Fig. 1 Cabina di trasformazione MT/BT

In relazione allo stato del neutro ed alla situazione delle masse i sistemi elettrici
sono individuati con due lettere. La prima lettera indica lo stato del neutro:
• T = neutro connesso a terra;
• I = neutro isolato da terra.
La seconda lettera indica la situazione delle masse metalliche:
• T = masse collegate a terra;
• N = masse collegate al neutro.

Si distinguono perciò tre tipi diversi di sistemi di distribuzione:

2
9.2 SISTEMA TT

Nel sistema TT il neutro è collegato direttamente a terra e le masse sono


collegate ad un impianto di terra locale, elettricamente indipendente da quello del
neutro (vedi fig.14).
Normalmente la resistenza terra-neutro RTN è molto minore della resistenza terra-
utilizzatore RTU. Tale sistema è utilizzato nella alimentazione della rete pubblica.

Fig. 2 Sistema di distribuzione TT

9.3 SISTEMA TN
Nel sistema TN il neutro è collegato direttamente a terra, mentre le masse
sono collegate al conduttore di neutro. Si distinguono i seguenti tipi di sistemi TN,
a seconda che i conduttori di neutro e di protezione siano separati o meno:
• TN-C: i conduttori di neutro e di protezione sono in comune (fig. 15);
• TN-S: i conduttori di neutro e di protezione sono separati (fig. 15);
Il conduttore che svolge la funzione sia di conduttore di neutro (N) che di
conduttore di protezione equipotenziale (PE) assume la denominazione di
conduttore PEN.
Il sistema di distribuzione TN è tipico degli impianti aventi una propria cabina di
trasformazione.

3
Fig. 3 A sinistra: Sistema di Distribuzione TN-C,a destra Sistema di Distribuzione TN-S.

9.4 SISTEMA IT

Nel sistema elettrico IT il neutro del trasformatore è isolato da terra oppure


collegato a terra attraverso un’impedenza di valore sufficientemente elevato,
mentre tutte le masse sono collegate a terra (fig. 16).
Tale sistema di distribuzione, che non prevede in genere l’interruzione
dell’alimentazione dopo un primo guasto, viene attuata quando esistano particolari
esigenze di continuità di servizio. Nella pratica, negli impianti aventi tensione
nominale di 230/400 V, si raccomanda di scegliere una resistenza avente valore
dell’ordine di qualche centinaio di Ω (CEI 64/8 413.1.5).

Fig. 4 Sistema di distribuzione IT

4
9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI TERRA

Il parametro fondamentale per la determinazione della resistenza di terra è


la resistività del terreno, la quale assume in generale valori molto elevati e
comunque variabili a seconda della percentuale di sali e di umidità del terreno
stesso. Da quanto detto risulta del tutto evidente come sia importante, per il
calcolo della resistenza di terra, determinarne con una buona precisione il valore
medio.

Il terreno svolge la funzione di conduttore elettrico quando a due elettrodi


(dispersori) conficcati nel terreno è applicata una d.d.p.. Ogni porzione elementare
del terreno offre una resistenza tanto più piccola quanto più è lontana dal
dispersore (per la verifica si è usato un dispersore emisferico di raggio “r0“ (fig. 5)
perché ad una certa distanza, qualunque sia la forma del dispersore, le linee
equipotenziali diventano emisferiche). Si dice resistenza di terra Rt la somma
delle resistenze elettriche elementari di queste porzioni di terreno. Ad una certa
distanza dal dispersore la sezione diventa così grande che la resistenza è
pressoché nulla, mentre, nelle immediate vicinanze, le sezioni attraverso le quali
la corrente fluisce si rimpiccioliscono e la resistenza aumenta.
Le seguenti considerazioni si basano sul presupposto che il terreno sia
omogeneo e che la sua resistività sia costante in tutti i suoi punti. Normalmente,
inoltre, si trascura l’effetto reattivo, supponendo prevalente quello resistivo. Per
quanto detto sopra si definisce equivalente emisferico di un dispersore, qualsiasi
dispersore di forma emisferica avente la stessa resistenza.

Fig. 5 Andamento del potenziale nel terreno per un elettrodo emisferico

5
Misurando la tensione che si stabilisce tra due elettrodi “sufficientemente
lontani”, dopo aver iniettato nel terreno una corrente costante, si ottiene un
andamento del tipo indicato in figura.

Fig. 6 Tensione di terra di elettrodi emisferici installati a grande distanza

La differenza di potenziale tra l’elettrodo e un qualsiasi punto lontano a


potenziale zero è detta tensione di terra o tensione totale di terra. La resistenza
di terra è legata alla Ut e alla corrente iniettata nel terreno per mezzo della nota
relazione:

La relazione di cui sopra ha validità di carattere generale e quindi anche per


elettrodi di forma diversa.

La misura della resistenza di terra del dispersore viene comunemente


effettuata mediante il metodo volt-amperometrico, secondo quanto prescritto dalla
norma CEI 64/8 All. B.

6
Il metodo consiste nel fare passare una corrente alternata di valore
costante fra il dispersore D ed una sonda di corrente T1 posta ad una distanza da
D tale che le zone di influenza dei due dispersori non si sovrappongano.
La sonda di corrente T1 si può ritenere in genere sufficientemente lontana quando
sia posta ad una distanza almeno cinque volte la dimensione massima di D:
questa, nel caso D sia un semplice dispersore a picchetto, può assumersi pari alla
sua lunghezza.
La sonda di tensione T2, situata al di fuori delle zone di influenza di D e T1,
consente di misurare la tensione totale di terra, come illustra la fig. 7.
Il rapporto delle indicazioni del voltmetro e dell'amperometro fornisce il valore della
resistenza di terra.
Per verificare che la resistenza di terra sia un valore corretto, si fanno altre due
misure con la sonda di tensione T2 spostata di qualche metro, rispettivamente più
lontana e più vicina rispetto a D. Se le tre misure sono sostanzialmente le stesse,
si prende come resistenza di terra del dispersore D la media dei tre. Se non c’è
tale accordo, le prove vengono ripetute con la distanza D e T1 aumentata.

Fig. 7 Misura della resistenza di terra

In genere l'insieme dei due strumenti utilizzati per la misura sono inglobati
in un unico apparecchio, comunemente denominati Megger, Tellurometri,
Terrohmetri.
Durante la prova si preferisce iniettare una corrente alternata, poiché la misura in
corrente continua potrebbe essere influenzata da forze elettromotrici di origine
voltaica presenti nel terreno e da eventuali correnti vaganti.

7
La precisione della misura dipende fortemente dalle posizioni reciproche dei
dispersori.
Il dispersore ausiliario T1, se posto troppo vicino al dispersore in prova, non
permette una corretta misura della resistenza di terra; la tensione Ut è infatti
dovuta soltanto ad una porzione di terreno posta intorno al dispersore in prova.
Affinché la misura sia corretta, la sonda di tensione T2 deve essere posta in un
punto a potenziale zero (fig. 8).

Fig. 8 Misura della resistenza di terra

Se invece la sonda T2 é troppo vicina a D, la tensione misurata é inferiore a Ut,


(esattamente U1) e la misura risulta errata per difetto.

8
IMPIANTI DI TERRA

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola


Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici
e biomedici
A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 9. IMPIANTI DI TERRA

9.1 Generalità pag. 2

9.2 SISTEMA TT pag. 3

9.3 SISTEMA TN pag. 3

9.4 SISTEMA IT pag. 4

9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI pag. 5


TERRA

1
CAPITOLO 9
IMPIANTI DI TERRA
9.1 Generalità
Per impianto di terra si intende un sistema limitato localmente, costituito da
dispersori o da parti metalliche in contatto con il terreno (dispersori), da conduttori
di terra e da conduttori equipotenziali (cfr capitolo “Impianti di messa a terra).
La messa a terra dell’impianto consiste nel collegare parte di un impianto elettrico
o di un apparecchiatura ad un impianto di terra allo scopo di :
• Proteggere le persone dallo shock elettrico (messa a terra di protezione);
• Consentire il corretto funzionamento degli impianti e dei suoi componenti
elettrici (messa a terra di funzionamento);
• Consentire lavori di manutenzione in sicurezza.

Il generico sistema di distribuzione in BT posto a valle della cabina di


trasformazione MT/BT (fig. 13) è composto da tre conduttori di fase più un
conduttore di neutro collegato al centro stella del trasformatore.

Fig. 1 Cabina di trasformazione MT/BT

In relazione allo stato del neutro ed alla situazione delle masse i sistemi elettrici
sono individuati con due lettere. La prima lettera indica lo stato del neutro:
• T = neutro connesso a terra;
• I = neutro isolato da terra.
La seconda lettera indica la situazione delle masse metalliche:
• T = masse collegate a terra;
• N = masse collegate al neutro.

Si distinguono perciò tre tipi diversi di sistemi di distribuzione:

2
9.2 SISTEMA TT

Nel sistema TT il neutro è collegato direttamente a terra e le masse sono


collegate ad un impianto di terra locale, elettricamente indipendente da quello del
neutro (vedi fig.14).
Normalmente la resistenza terra-neutro RTN è molto minore della resistenza terra-
utilizzatore RTU. Tale sistema è utilizzato nella alimentazione della rete pubblica.

Fig. 2 Sistema di distribuzione TT

9.3 SISTEMA TN
Nel sistema TN il neutro è collegato direttamente a terra, mentre le masse
sono collegate al conduttore di neutro. Si distinguono i seguenti tipi di sistemi TN,
a seconda che i conduttori di neutro e di protezione siano separati o meno:
• TN-C: i conduttori di neutro e di protezione sono in comune (fig. 15);
• TN-S: i conduttori di neutro e di protezione sono separati (fig. 15);
Il conduttore che svolge la funzione sia di conduttore di neutro (N) che di
conduttore di protezione equipotenziale (PE) assume la denominazione di
conduttore PEN.
Il sistema di distribuzione TN è tipico degli impianti aventi una propria cabina di
trasformazione.

3
Fig. 3 A sinistra: Sistema di Distribuzione TN-C,a destra Sistema di Distribuzione TN-S.

9.4 SISTEMA IT

Nel sistema elettrico IT il neutro del trasformatore è isolato da terra oppure


collegato a terra attraverso un’impedenza di valore sufficientemente elevato,
mentre tutte le masse sono collegate a terra (fig. 16).
Tale sistema di distribuzione, che non prevede in genere l’interruzione
dell’alimentazione dopo un primo guasto, viene attuata quando esistano particolari
esigenze di continuità di servizio. Nella pratica, negli impianti aventi tensione
nominale di 230/400 V, si raccomanda di scegliere una resistenza avente valore
dell’ordine di qualche centinaio di Ω (CEI 64/8 413.1.5).

Fig. 4 Sistema di distribuzione IT

4
9.5 METODO PER LA MISURA DELLA RESISTENZA DI TERRA

Il parametro fondamentale per la determinazione della resistenza di terra è


la resistività del terreno, la quale assume in generale valori molto elevati e
comunque variabili a seconda della percentuale di sali e di umidità del terreno
stesso. Da quanto detto risulta del tutto evidente come sia importante, per il
calcolo della resistenza di terra, determinarne con una buona precisione il valore
medio.

Il terreno svolge la funzione di conduttore elettrico quando a due elettrodi


(dispersori) conficcati nel terreno è applicata una d.d.p.. Ogni porzione elementare
del terreno offre una resistenza tanto più piccola quanto più è lontana dal
dispersore (per la verifica si è usato un dispersore emisferico di raggio “r0“ (fig. 5)
perché ad una certa distanza, qualunque sia la forma del dispersore, le linee
equipotenziali diventano emisferiche). Si dice resistenza di terra Rt la somma
delle resistenze elettriche elementari di queste porzioni di terreno. Ad una certa
distanza dal dispersore la sezione diventa così grande che la resistenza è
pressoché nulla, mentre, nelle immediate vicinanze, le sezioni attraverso le quali
la corrente fluisce si rimpiccioliscono e la resistenza aumenta.
Le seguenti considerazioni si basano sul presupposto che il terreno sia
omogeneo e che la sua resistività sia costante in tutti i suoi punti. Normalmente,
inoltre, si trascura l’effetto reattivo, supponendo prevalente quello resistivo. Per
quanto detto sopra si definisce equivalente emisferico di un dispersore, qualsiasi
dispersore di forma emisferica avente la stessa resistenza.

Fig. 5 Andamento del potenziale nel terreno per un elettrodo emisferico

5
Misurando la tensione che si stabilisce tra due elettrodi “sufficientemente
lontani”, dopo aver iniettato nel terreno una corrente costante, si ottiene un
andamento del tipo indicato in figura.

Fig. 6 Tensione di terra di elettrodi emisferici installati a grande distanza

La differenza di potenziale tra l’elettrodo e un qualsiasi punto lontano a


potenziale zero è detta tensione di terra o tensione totale di terra. La resistenza
di terra è legata alla Ut e alla corrente iniettata nel terreno per mezzo della nota
relazione:

La relazione di cui sopra ha validità di carattere generale e quindi anche per


elettrodi di forma diversa.

La misura della resistenza di terra del dispersore viene comunemente


effettuata mediante il metodo volt-amperometrico, secondo quanto prescritto dalla
norma CEI 64/8 All. B.

6
Il metodo consiste nel fare passare una corrente alternata di valore
costante fra il dispersore D ed una sonda di corrente T1 posta ad una distanza da
D tale che le zone di influenza dei due dispersori non si sovrappongano.
La sonda di corrente T1 si può ritenere in genere sufficientemente lontana quando
sia posta ad una distanza almeno cinque volte la dimensione massima di D:
questa, nel caso D sia un semplice dispersore a picchetto, può assumersi pari alla
sua lunghezza.
La sonda di tensione T2, situata al di fuori delle zone di influenza di D e T1,
consente di misurare la tensione totale di terra, come illustra la fig. 7.
Il rapporto delle indicazioni del voltmetro e dell'amperometro fornisce il valore della
resistenza di terra.
Per verificare che la resistenza di terra sia un valore corretto, si fanno altre due
misure con la sonda di tensione T2 spostata di qualche metro, rispettivamente più
lontana e più vicina rispetto a D. Se le tre misure sono sostanzialmente le stesse,
si prende come resistenza di terra del dispersore D la media dei tre. Se non c’è
tale accordo, le prove vengono ripetute con la distanza D e T1 aumentata.

Fig. 7 Misura della resistenza di terra

In genere l'insieme dei due strumenti utilizzati per la misura sono inglobati
in un unico apparecchio, comunemente denominati Megger, Tellurometri,
Terrohmetri.
Durante la prova si preferisce iniettare una corrente alternata, poiché la misura in
corrente continua potrebbe essere influenzata da forze elettromotrici di origine
voltaica presenti nel terreno e da eventuali correnti vaganti.

7
La precisione della misura dipende fortemente dalle posizioni reciproche dei
dispersori.
Il dispersore ausiliario T1, se posto troppo vicino al dispersore in prova, non
permette una corretta misura della resistenza di terra; la tensione Ut è infatti
dovuta soltanto ad una porzione di terreno posta intorno al dispersore in prova.
Affinché la misura sia corretta, la sonda di tensione T2 deve essere posta in un
punto a potenziale zero (fig. 8).

Fig. 8 Misura della resistenza di terra

Se invece la sonda T2 é troppo vicina a D, la tensione misurata é inferiore a Ut,


(esattamente U1) e la misura risulta errata per difetto.

8
PROTEZIONE DAI CONTATTI
DIRETTI ED INDIRETTI

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola

Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici


A.A. 2005/2006
Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari
CAPITOLO 8. PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità pag. 2

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI pag. 3

8.2.1 Tipi di isolamento pag. 4

8.2.2 Involucri e barriere di protezione pag. 5

8.2.3 Protezione mediante distanziamento pag. 7

8.2.4 Protezione mediante ostacoli pag. 7

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità pag. 8

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI pag. 10

8.3.1 Generalità pag. 10

8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti pag. 11

8.4 Elettricità statica pag. 12

1
CAPITOLO 8
PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI ED INDIRETTI

8.1 Generalità

La norma CEI 64/8 prevede due condizioni di contatto elettrico pericolose per la
persona:

• CONTATTO DIRETTO
Si verifica quando la persona entra in contatto con parti attive dell’impianto
(fig. 7).

Fig. 1 Esempio di contatto diretto

• CONTATTO INDIRETTO

Si verifica quando la persona tocca parti normalmente non in tensione ma che,


in condizioni di guasto o di difetto di isolamento, possono trovarsi in tensione
(fig.8). Questo tipo di contatto è molto più pericoloso del precedente nel senso
che normalmente non si adottano le precauzioni che anche le persone
inesperte usano verso elementi dell’impianto elettrico normalmente in
tensione, come cavi, interruttori etc.

2
Fig. 2 Esempio di contatto indiretto

8.2 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI

Gli impianti e gli apparecchi elettrici devono essere isolati e protetti in modo che le
persone non possano venire in contatto con parti in tensione senza deliberato
proposito.
Le misure di protezione contro i contatti diretti possono suddividersi in:
1. Protezioni di grado totale (contro il contatto volontario) che sono ottenute
mediante:
• Isolamento delle parti attive senza possibilità di rimozione;
• Involucri o barriere che sono rimovibili mediante utensili, interblocchi,
barriere intermedie.
2. Protezioni di grado parziale (contro il contatto involontario) che sono ottenute
mediante:
• Allontanamento delle parti a tensione diversa simultaneamente
accessibili.
3. Protezioni addizionali che sono ottenute utilizzando relè differenziali ad alta
sensibilità (IDmax = 30 mA).

3
8.2.1 Tipi di isolamento

Ogni apparecchio elettrico è dotato di un isolamento tra le parti attive1 e tra queste e
la carcassa, senza il quale sarebbe impedito il funzionamento. Tale tipo di
isolamento prende il nome di isolamento funzionale.
Si definisce isolamento principale quello utilizzato per la protezione delle persone
contro il pericolo di folgorazione. Talvolta, al fine di garantire la sicurezza delle
persone in caso di guasto dell’isolamento principale, viene introdotto un ulteriore
isolamento, detto isolamento supplementare.
L’insieme dell’isolamento principale e supplementare prende il nome di doppio
isolamento (fig. 9). In luogo dei due isolamenti distinti, principale e supplementare, si
può inoltre realizzare un unico isolamento avente proprietà elettriche e meccaniche
equivalenti; questo tipo di isolamento viene chiamato isolamento doppio o rinforzato
(CEI 64/8 413.2.1.1). I componenti elettrici aventi isolamento doppio o rinforzato
vengono detti di Classe II (CEI 64/8 413.2.1.1).

Fig. 3 Esempio di doppio isolamento

In relazione al rischio di contatto diretto, i componenti elettrici vengono classificati


secondo quattro diverse classi:

1
Parti conduttrici dell’impianto che sono in tensione durante il normale funzionamento dell’impianto

4
Classe 0 Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale e non aventi
alcun dispositivo per il collegamento
delle masse2 ad un conduttore di
protezione; esse quindi non possono
essere collegate a terra e, nel caso di
guasto dell’isolamento, la protezione è
affidata soltanto alle caratteristiche
dell’ambiente in cui si trovano.
Classe I Apparecchiature elettriche provviste del
solo isolamento principale ed aventi un
dispositivo per il collegamento delle
masse ad un conduttore di protezione.
Classe II Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento doppio o rinforzato e non
aventi alcun dispositivo per il
collegamento delle masse ad un
conduttore di protezione.
Classe III Apparecchiature elettriche provviste di
isolamento ridotto in quanto destinate ad
essere alimentate da sistemi a
bassissima tensione di sicurezza (BTS).

8.2.2 Involucri e barriere di protezione

Il grado di protezione di un involucro o barriera è identificato in sede IEC dalle lettere


IP (International Protection) seguite da due o al massimo da 3 cifre:
• la prima cifra indica il grado di protezione dell’involucro o della barriera rispetto ai
corpi solidi,
• la seconda quello rispetto ai liquidi
• e la terza rispetto alle sostanze aeriformi.

2
Si definiscono tali le parti metalliche normalmente non in tensione, che potrebbero però andare in tensione a
causa di un difetto dell’isolamento.

5
Quando si vuole indicare solo uno o due tipi di protezione, le cifre mancanti sono
sostituite dalla lettera X. Nella seguente tabella sono riportati alcuni esempi di gradi
di protezione e delle prove corrispondenti a ciascuna cifra, al crescere della cifra
cresce il grado di protezione.
Le parti attive devono essere poste entro involucri, o dietro barriere, tali da
assicurare almeno il grado di protezione IP2X, salvo le eccezioni previste per alcuni
apparecchi per i quali le norme relative richiedono un grado inferiore di protezione
(CEI 64/8 412.2).

Le barriere e gli involucri devono essere saldamente fissati e rimovibili soltanto con
l’uso di un attrezzo (CEI 64-8) o di una chiave, purchè la chiave sia in possesso solo
di personale elettricamente addestrato. Il personale addestrato che abbia avuto
accesso alle parti attive, deve di regola sezionare il circuito prima di intervenire sulle
parti attive o nelle loro vicinanze, in casi di riconosciuta necessità è ammesso di
eseguire lavori su parti in tensione, purchè l’ordine sia dato dal capo responsabile
(DPR 547/55 art. 344). Nei lavori su parti in tensione l’operatore deve indossare
guanti isolanti, visiera di protezione, elmetto dielettrico, utilizzare idonei strumenti di

6
lavoro (CEI 11-16) ed essere accompagnato da un altro operatore specializzato,
munito di dispositivi di intervento in caso di pericolo.

8.2.3 Protezione mediante distanziamento

La protezione mediante distanziamento ha lo scopo di impedire che parti a tensione


diversa e simultaneamente accessibili siano a portata di mano.
Si intendono a portata di mano quei conduttori o parti conduttrici situati nella zona
che si estende da un punto o da una superficie occupata o percorsa ordinariamente
da persone fino ai limiti che una persona può raggiungere con una mano senza l’uso
di attrezzi. Convenzionalmente il volume che si estende attorno al piano di calpestio
(S) è delimitato come illustrato in fig. 10 (CEI 64-8/23.11).

Fig. 4 Distanze minime di sicurezza

8.2.4 Protezione mediante ostacoli

Gli ostacoli sono destinati ad impedire il contatto accidentale con le parti in tensione,
ma non il contatto intenzionale dovuto all’aggiramento deliberato dell’ostacolo.
Gli ostacoli devono impedire:
• l’avvicinamento non intenzionale del corpo con parti attive, oppure
• il contatto non intenzionale con parti attive durante i lavori sotto
tensione nel funzionamento ordinario.

7
Gli ostacoli possono essere rimossi senza l’uso di una chiave o di un attrezzo ma
devono essere fissati in modo da impedirne la rimozione accidentale.
Questa misura di protezione, che non assicura una protezione completa contro i
contatti diretti, è applicata in pratica solo nelle officine, come illustrato nella (fig. 11),
in cui L (distanza fra parti attive) deve essere non inferiore a 900 mm nel caso di
passaggi di manutenzione e 1100 per passaggi di servizio (CEI 64/8 par. 481).

Fig. 5 Distanze minime fra parti attive presenti entro officine.

8.2.5 Interruttore differenziale ad alta sensibilità

Le misure di protezione contro i contatti diretti finora illustrate hanno lo scopo


di evitare il contatto, trattasi dunque di misure di protezione di tipo passivo.
Se tuttavia si verifica un contatto diretto, la corrente che attraversa il corpo
umano può essere tale da non essere “avvertita” dai dispositivi di massima corrente
presenti nell’impianto (interruttori magnetotermici, fusibili). Ciò giustifica la presenza
nelle attuali reti di distribuzione di interruttori differenziali ad alta sensibilità (corrente
nominale differenziale di intervento ID ≤ 30 mA), in grado di interrompere
l’alimentazione qualora il corpo umano dovesse essere interessato dal passaggio di
corrente elettrica.
Il principio di funzionamento dell’interruttore differenziale è schematizzato in
fig. 12.

8
Fig. 6 Interruttore differenziale

Esso è costituito essenzialmente da un circuito magnetico toroidale con due


avvolgimenti uguali e percorsi da correnti uguali e contrarie, che nel funzionamento
normale producono un flusso magnetico totale nullo, infatti indicando rispettivamente
con I1 ed I2 i fasori rappresentativi della corrente entrante e della corrente uscente dal
circuito e con Φ il fasore rappresentativo del flusso magnetico totale prodotto, si ha:
NI1 − NI 2
Φ=

In cui ℜ rappresenta la riluttanza magnetica del circuito.

Se non vi è dispersione risulta:

I1 =I 2= 0

ed il segnale in uscita dall’avvolgimento rivelatore differenziale che viene inviato al


relè polarizzato, che a sua volta comanda lo sgancio dell’interruttore, risulta nullo.

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Se al contrario vi è una corrente di dispersione ID nella linea, la somma
vettoriale delle due correnti assume un valore non nullo, così come anche il flusso
magnetico da essa generato:

I1 = I 2+ I D
NI D
Φ=

e conseguentemente si verifica lo sgancio dell’interruttore.
Lo sgancio è rapidissimo, dell’ordine dei 20, 30 o al più 50 ms, quindi con un valore
di taratura dell’interruttore differenziale di 30 mA si ha una sicura protezione.
Esistono anche interruttori differenziali trifasi che sono costituiti da un circuito
toroidale con tre avvolgimenti relativi alle tre fasi; se la linea è a quattro fili bisogna
naturalmente aggiungere il filo di neutro. Esistono anche relè differenziali di tipo
elettronico, che riescono a funzionare anche quando la forma d’onda non è
sinusoidale, ad esempio nel caso di correnti unidirezionali.

8.3 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI

8.3.1 Generalità

I metodi di protezione dai contatti indiretti sono classificabili nelle seguenti due
categorie:
• Metodi di protezione attiva, i quali non evitano la nascita di tensioni di
contatto, ma agiscono interrompendo l’alimentazione qualora tali
tensioni diventassero convenzionalmente pericolose, L’esempio più
tipico è l’impianto di terra.

• Metodi di protezione passiva, mirati ad impedire che possano verificarsi


condizioni di pericolo.

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8.3.2 Protezione attiva dai contatti indiretti

Definizioni
Prima di affrontare il problema della messa a terra degli impianti elettrici è opportuno
premettere una serie di definizioni dedotte direttamente dalla normativa vigente (CEI
64/8).

• Terra
Termine per designare il terreno sia come luogo che come materiale
conduttore, per esempio humus, terriccio, sabbia, ghiaietto e pietra.

• Dispersore
Conduttore appositamente posto in contatto elettrico con il terreno (dispersore
intenzionale), o parte metallica in contatto elettrico con il terreno o con l’acqua,
direttamente o tramite calcestruzzo, il cui scopo originale non è di mettere a
terra, ma di soddisfare tutti i requisiti di un dispersore senza compromettere la
sua funzione originale (dispersore di fatto).

I dispersori intenzionali più frequentemente impiegati sono:

o Dispersore orizzontale
Dispersore generalmente interrato fino ad una profondità di circa 1 m.
Questo può essere costituito di nastri, di tondini o di conduttori cordati
che possono essere disposti in modo radiale, ad anello, a maglia o da
una loro combinazione.

o Picchetto di terra
Dispersore generalmente interrato od infisso per una profondità
superiore ad 1 m. Questo può essere costituito da un tubo, da una
barra cilindrica o da altri profilati metallici.
• Massa
Parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che in
condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può diventarlo in condizioni di
guasto.

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• Massa estranea
Parte conduttrice che non fa parte dell’impianto elettrico ed è in grado di
introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra.

• Conduttore di terra
Conduttore che collega una parte dell’impianto che deve essere messo a terra
ad un dispersore o che collega tra loro più dispersori, ubicato al di fuori del
terreno od interrato nel terreno e da esso isolato.

• Collegamento equipotenziale
Collegamento elettrico tra masse per ridurre al minimo le differenze di
potenziale tra queste.

• Conduttore equipotenziale
Conduttore che assicura un collegamento equipotenziale, tra masse estranee
e dispersore (conduttore equipotenziale principale) e tra masse estranee
(conduttore equipotenziale supplementare).

8.4 Elettricità statica


I meccanismi di formazione delle cariche elettrostatiche sono molteplici e non
completamente conosciuti, fra questi, il più diffuso è quello per contatto-separazione
(sfregamento). Il contatto fra materiali di natura differente genera il distacco delle
cariche elettriche superficiali ed il passaggio di queste da un corpo all’altro, il
fenomeno avviene in misura più o meno evidente a seconda delle caratteristiche di
resistività, costante dielettrica, temperatura, pressione del contatto, velocità relativa
delle superfici e temperatura dei due corpi.
La carica elettrica accumulata su di un corpo può scaricarsi a terra tramite una
persona, tuttavia, la corrente impulsiva di origine elettrostatica è di modesta entità e
non è da considerarsi pericolosa per quanto riguarda la folgorazione.
Il vero pericolo potrebbe manifestarsi in presenza di atmosfere esplosive qualora
l’intensità del campo elettrico associato alle cariche elettriche dovesse superare la
rigidità dielettrica dell’aria tanto da dar luogo ad una scarica elettrica. Se l’energia

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associata alla scarica è maggiore della minima energia di accensione dell’atmosfera
può innescarsi il fenomeno dell’esplosione.
Per evitare che ciò avvenga si può agire in tre differenti modi:

◊ Limitando la formazione di cariche elettrostatiche, es. riducendo la


pressione e la velocità relativa dei corpi a contatto o modificando la natura
delle superfici. Tali provvedimenti sono difficilmente attuabili e raramente
portano a risultati soddisfacenti.
◊ Neutralizzando le cariche elettrostatiche accumulate mediante un campo
elettrico di segno contrario ed idonea intensità, sempre che questo non generi
problemi alle apparecchiature presenti.
◊ Attuando un collegamento al suolo del corpo soggetto ad accumulo di
cariche, in modo da favorire la dispersione della corrente impulsiva verso
terra.
L’ultimo è sicuramente il modo più semplice, efficace ed economico per evitare
l’accumulo di cariche elettrostatiche su un corpo conduttore.

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