dalla seconda legge di Newton, o «legge della quantità di moto». Tale legge fisica, in accordo con l’evidenza
sperimentale, stabilisce che il moto di un sistema materiale di fluido avviene in maniera tale che il tasso di
variazione nel tempo della quantità di moto associata al sistema uguagli ad ogni istante il risultante delle forze
esterne (di massa e di superficie) agenti sullo stesso. Questo principio è interpretato matematicamente dalla
cosiddetta «prima equazione cardinale della dinamica», la cui espressione valida per un osservatore inerziale è
riportata in diapositiva. Si osservi che questa equazione è integro-differenziale (integrale nello spazio e
differenziale nel tempo), ed è detta «cardinale» perché è espressa in termini lagrangiani ed è a fondamento dello
studio della Dinamica dei fluidi. Nel caso in cui questa legge venga applicata da un osservatore non inerziale (cioè
in moto accelerato rispetto ad un osservatore inerziale), allora le forze di massa dovrebbero comprendere anche
quelle fittizie, dovute alla non inerzialità del riferimento. Su questi aspetti di approfondimento sorvoleremo per
semplicità. Si noti inoltre che questa equazione è vettoriale per sua natura, dal momento che è un’equazione «di
bilancio» che riguarda una grandezza vettoriale (la quantità di moto).
Grazie al teorema del trasporto di Reynolds, il principio della quantità di moto può essere riformulato in termini
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euleriani ed applicato ad un volume di controllo. L’equazione che si ottiene è riportata in diapositiva ed è detta «equazione di bilancio
della quantità di moto per un volume di controllo». Tale equazione, dal punto di vista fisico, assicura che il vettore risultante delle forze
esterne (di massa e di superficie) applicate ad un volume materiale uguaglia ad ogni istante il tasso di variazione nel tempo della
quantità di moto associata alla massa fluida contenuta in detto volume (inteso come volume di controllo) a cui si sottrae la portata di
quantità di moto netta in ingresso al volume attraverso la sua frontiera.
L’equazione di bilancio della quantità di moto per un volume di controllo può essere riscritta in maniera più compatta come di seguito:
G + П = I – M, dove
- G= ρ è il vettore risultante delle forze di massa agenti sul corpo fluido che occupa il volume fissato;
- П= è il vettore risultante delle forze di superficie agenti sul corpo fluido che occupa il volume fissato;
- I= ρ è il vettore dell’inerzia locale, che rappresenta il tasso di variazione nel tempo della quantità di moto posseduta dalla
massa contenuta nel volume di controllo (il simbolo ∂/∂t richiama la natura euleriana della derivata temporale, pur indicando una
derivata ordinaria);
- M = ρ ( ∙ ) è la portata della quantità di moto netta entrante attraverso la frontiera del volume di controllo; il vettore M può
essere scomposto nella differenza tra la portata di quantità di moto in ingresso Min (che interessa la porzione della superficie che
delimita il volume di controllo in cui vr • n > 0) e quella in uscita Mout (che interessa la porzione della superficie che delimita il
volume di controllo in cui vr • n < 0).
Nelle precedenti definizioni vale l’usuale significato dei simboli ed il versore n normale alla superficie è assunto, come al solito,
orientato verso l’interno del volume di controllo. Come già sottolineato in precedenza, il volume di controllo (che può essere scelto
arbitrariamente) può essere fisso e indeformabile (nel qual caso vr = v) oppure mobile.
Per la sua particolare struttura che la fa assomigliare ad un’equazione di equilibrio, l’equazione scritta in termini euleriani è detta anche
«equazione di equilibrio dinamico».
18
Nel caso particolare (ma di grande interesse nelle pratiche applicazioni) in cui il moto sia stazionario all’interno del
volume di controllo, l’inerzia locale è nulla.
Per quanto concerne il termine di flusso che è presente nell’equazione (che rappresenta, come detto, l’intensità del
flusso di quantità di moto attraverso la frontiera del volume di controllo), esso può essere riscritto in forma più
semplice quando riferito a sezioni normali di moti unidirezionali. In tal caso, detto n il versore che individua la
direzione del moto, tale versore risulta normale ad ogni sezione (piana) ortogonale al moto. Pertanto, visto che
v=vn, M può essere scritto come ρ 2 n, dove v indica la velocità intensiva. Osservando questa espressione, si
comprende facilmente che per calcolare questa quantità occorre eseguire un integrale di superficie della grandezza
ρ 2, che è teoricamente variabile da punto a punto sulla sezione. Occorre dunque conoscere la distribuzione della
densità e della velocità sulla sezione. Nelle pratiche applicazioni, può essere conveniente esprimere la portata di
quantità di moto in funzione di grandezze medie sulla sezione, cioè della densità media areale ρ ρ e della
velocità media . Riconoscendo che la quantità ρ 2 rappresenta la media areale della
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grandezza ρ 2 sulla superficie S di area A, si può definire il coefficiente β di ragguaglio delle portata di quantità di moto (detto anche
coefficiente di Boussinesq o secondo coefficiente di Coriolis) come β . Nel caso di moto incomprimibile, la densità si
!"
semplifica e si ottiene: β . Alla luce di questa definizione, il coefficiente β è il rapporto tra la portata di quantità di moto
!"
effettiva attraverso la sezione di area A e la portata di quantità di una corrente fittizia avente stessa portata volumetrica di quella
effettiva, ma con velocità pari a quella media. Pertanto, in un moto incomprimibile unidirezionale, la portata di quantità di moto
attraverso una sezione ortogonale al moto può essere scritta come M=βρU 2An, in funzione di grandezze medie o integrali associate alla
sezione.
Si osservi che il coefficiente β assume sempre valori maggiori, o al più uguali, a 1. Questo può essere facilmente mostrato scomponendo
la velocità intensiva v nella somma del valore medio U e di uno scostamento δ dal valore medio (v=U+δ). In particolare, β=1 quando la
velocità e la densità sono uniformemente distribuite sulla sezione. Lo studente è invitato a mostrare che nel caso del moto
(incomprimibile) di Hagen-Poiseuille (moto viscoso incomprimibile in un condotto cilindrico a sezione circolare, caratterizzato dalla
seguente distribuzione della velocità sulla sezione: v=v0[1-r 2/R 2],dove v0 è la velocità massima in asse, r è la coordinata radiale e R il
raggio del condotto) il coefficiente di Boussinesq vale 4/3 (ed inoltre U=v0/2). Spesso, nelle pratiche applicazioni, quando le
distribuzioni della velocità e della densità sono poco discoste da quella uniforme, è ragionevole porre β=1.
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Molteplici sono gli esempi di applicazione dell’equazione di bilancio integrale della quantità di moto per un
volume di controllo a problemi di carattere tecnico. I principi meccanici formulati in termini euleriani risultano
infatti molto utili ogniqualvolta si debbano valutare grandezze integrali relative ad un dominio spaziale fissato,
piuttosto che ad una massa fissata. Nel seguito si farà cenno ad alcune categorie di applicazioni, impostando
teoricamente il problema fluidodinamico. Per maggiori dettagli sui passaggi analitici si rimanda agli esercizi svolti.
Un classico problema che si affronta utilizzando l’equazione globale di equilibrio dinamico è quello della
determinazione della spinta dinamica esercitata da un getto fluido su una parete solida in virtù dell’urto reciproco.
Urti di getti contro ostacoli si verificano frequentemente nella pratica e vengono utilizzati spesso nella tecnica (si
pensi al funzionamento delle turbine ad azione, su cui si tornerà nella prossima lezione). Nell’ambito di questi
fenomeni, le azioni dissipative, così come l’azione della forza di gravità, sono in genere trascurabili. Inoltre il
fluido può essere tipicamente considerato incomprimibile ed il moto permanente. Considerando allora il problema
dell’urto di un getto liquido orizzontale contro una piastra verticale molto estesa fissa (si veda la figura in alto nella
diapositiva), l’applicazione dell’equazione di equilibrio dinamico al volume di controllo (interamente riempito di
fluido) il cui contorno è evidenziato in figura a tratteggio consente di affermare che П0=-Min, dove П0 indica
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l’azione risultante esercitata dalla piastra sul getto e Min la portata di quantità di moto del getto incidente. Per il principio di azione e
reazione la forza scaricata dal getto sulla piastra è opposta a П0. Pertanto, F=Min=βρU 2An, dove U è la velocità media indisturbata del
getto, A l’area della sua sezione ed n il versore che indica la direzione del moto del getto incidente. Inoltre, nel caso di getti liberi, la
distribuzione della velocità nel getto è pressoché uniforme e quindi si può porre β=1.
Lo studente è invitato a riflettere sulla possibilità di estendere questo risultato al caso di piastre che determinino una deviazione del getto
di un angolo diverso da 90°, come avviene, ad esempio, nel caso delle pale a doppio cucchiaio calettate sulle giranti delle turbine Pelton
(si faccia riferimento alle immagini in diapositiva). In questo caso, le pale (oltre ad essere mobili, e non fisse), presentano la classica
conformazione a doppio cucchiaio, che tende a far sì che il getto venga rinviato quasi parallelamente a se stesso. In generale, l’azione
dinamica sviluppata dal getto sulla piastra dipenderà, oltre che dalle caratteristiche del getto incidente, anche dall’angolo di deviazione
(o, equivalentemente, dall’angolo di uscita del getto deviato) mediante un fattore geometrico moltiplicativo del flusso della quantità di
moto in arrivo. Si verifichi che tale fattore geometrico vale 2 per una pala a doppio cucchiaio ideale (che devii il getto di 180°).
25
Un’altra applicazione rilevante dell’equazione di equilibrio dinamico è connessa alla determinazione dell’azione
dinamica che una corrente in pressione scarica sulla tubazione in corrispondenza di una curva. La figura in alto a
sinistra in diapositiva rappresenta schematicamente la sezione verticale di un tratto di tubazione in cui defluisce una
corrente incomprimibile e stazionaria in pressione. In virtù del cambiamento di direzione, la corrente accelera e, a
norma della seconda legge di Newton, tale accelerazione è causata da una forza esterna che la parete della tubazione
esercita sul fluido. Per il principio di azione e reazione, tale forza è opposta a quella che la corrente scarica sulla
tubazione. Applicando l’equazione di equilibrio dinamico al volume di controllo fisso e indeformabile campito in
figura (regione interna alla tubazione, a cavallo della curva), si ha che G+П0+П1+П2=Mout-Min, con l’usuale
significato dei simboli. In particolare, П0 è l’azione risultante sviluppata dal contorno solido della tubazione sulla
massa fluida contenuta nel volume di controllo, П1 è l’azione di pressione trasmessa attraverso la sezione trasversale 1
che delimita il tratto di tubazione considerato a monte, П2 è analogamente l’azione di pressione trasmessa attraverso la
sezione trasversale 2 che delimita il tratto di tubazione considerato a valle, G indica il peso proprio della massa fluida
contenuta nel volume di controllo, mentre Min e Mout rappresentano rispettivamente le portate di quantità di moto in
ingresso (attraverso la sezione 1) e in uscita (attraverso la sezione 2). I=0 perché il moto è stazionario nel volume di
controllo. La forza scaricata dalla corrente sulla tubazione in corrispondenza della curva è -П0. Pertanto, si ottiene la
relazione vettoriale: F=-П0=G+П1+П2+Min-Mout. La determinazione di questa azione è importante per il corretto
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dimensionamento delle giunzioni della tubazione e degli eventuali sistemi di ancoraggio posizionati in prossimità delle curve.
Infine, un ulteriore esempio di applicazione tecnica delle equazioni globali della dinamica è fornita dall’utilizzo di processi di efflusso per
ottenere spinte propulsive su corpi. Tale fenomeno è detto «propulsione a getto» (o «propulsione a reazione»), e i principi fondamentali della
dinamica ne forniscono la chiave interpretativa. Si consideri un getto liquido uscente da un foro praticato sulla parete verticale di un
recipiente a cielo aperto parzialmente riempito di fluido (come nella figura in alto a destra in diapositiva). Si ipotizzi che il recipiente sia
fisso. L’applicazione dell’equazione di equilibrio dinamico al volume di controllo campito in grigio in figura (delimitato dalle pareti del
recipiente e dalla superficie libera, e chiuso da una sezione ortogonale al getto libero emesso in atmosfera) consente di evidenziare un’azione
dinamica complessiva esercitata dal recipiente sul fluido contenuto proprio in virtù del processo di efflusso. Infatti, proiettando l’equazione
di equilibrio dinamico nella direzione (orizzontale) del getto, si ha: П0x=Moutx, assunto l’asse x diretto e orientato come il getto uscente.
Allora, per la terza legge della dinamica (principio di azione e reazione), il fluido sviluppa una «reazione» sul recipiente: Fx=-П0x=-Moutx=-
ρQU, dove Q e U indicano rispettivamente la portata e la velocità media del getto. Come mettere in relazione queste grandezze al livello del
liquido nel recipiente, oltre che all’area del foro, sarà oggetto di future analisi. In definitiva, la spinta applicata al recipiente ha modulo ρQU,
ha la direzione del getto effluente e verso opposto. Si noti che il risultato ottenuto presuppone che il moto nel recipiente sia stazionario (I=0).
Questa ipotesi sembra irragionevole perché è ovvio attendersi che il processo di efflusso determini una progressiva riduzione del livello nel
recipiente. Il risultato ottenuto è dunque è valido in via approssimata per serbatoi con area di base molto grande rispetto alla dimensione della
luce, in cui l’abbassamento del livello è molto lento e conseguentemente il processo di svuotamento quasi-stazionario.
Molti altri esempi potrebbero essere forniti. Si rimanda agli esercizi proposti ed al prosieguo del corso per ulteriori applicazioni.
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Come vi è già stata occasione di sottolineare (e di verificare per il principio di conservazione della massa), i
principi fondamentali della Dinamica dei fluidi possono essere espressi in forma «indefinita» (cioè differenziale) se
applicati ad un sistema fluido di dimensioni infinitesime. Anche il principio della quantità di moto può dunque
essere espresso in questa forma, che verrà qui derivata per via analitica a partire dalla prima equazione cardinale
della Dinamica dei fluidi.
La prima equazione cardinale della dinamica introduce una relazione che si postula essere valida per qualsiasi
#
sistema materiale in movimento: #$ ρ ρ % , con l’ormai noto significato dei simboli.
Per il teorema del tetraedro di Cauchy, si ha che σ=n • T, dove T indica il tensore degli sforzi ed n il versore
normale alla generica superficie elementare, orientato convenzionalmente verso l’interno del volume.
Inoltre, vale la seguente identità, già dimostrata precedentemente sfruttando il teorema del trasporto e l’equazione
# #
di continuità: ρ ρ #$ .
#$
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#
Sostituendo nell’equazione originale, si ottiene: ρ #$ ρ % ∙ ' . Sfruttando poi il teorema della divergenza di
Green, la precedente equazione, sotto opportune ipotesi di regolarità dei campi coinvolti, può essere equivalentemente riscritta come:
#
ρ #$ ρ − div' , dove l’operatore divergenza applicato ad un tensore del secondo ordine restituisce un vettore le
cui componenti cartesiane sono rappresentate dalle divergenze dei vettori colonna del tensore. Infine, visto che ora i termini
dell’equazione sono tutti riferiti allo stesso dominio di integrazione tridimensionale, e considerato che questo dominio è arbitrario, ne
#
segue necessariamente che ρ #$ ρ − div'.
Questa equazione rappresenta la forma differenziale del principio della quantità di moto, ed è chiamata «prima equazione indefinita del
moto» o «equazione del moto di Cauchy». Accanto all’equazione indefinita di continuità, questa equazione costituisce un elemento
fondamentale per qualsiasi modello matematico volto alla descrizione del moto di un fluido. L’equazione avrà poi declinazioni differenti
a seconda del particolare modello utilizzato, ed in particolare a seconda dell’equazione costitutiva meccanica usata per collegare lo stato
di sforzo (rappresentato dal tensore T) al campo di velocità v.
L’equazione ottenuta è equivalente ad un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali nel tempo e nello spazio di tipo non
lineare, come si può facilmente verificare proiettando l’equazione sugli assi di una terna cartesiana di riferimento (lasciato per
esercizio).
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