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estetica e semiotica

introduzione storica dell'estetica


estetica e design, come l'estetica ha visto il disegno industriale. è un cammino che inizia
nel 1850, all'interno di questo percorso ci costruiremo una piccola parentesi:
estetica del pop e Warhol, per capire come alcuni temi del design si siano diffusi nell'arte
contemporanea
esame scritto in presenza.

la parola estetica viene introdotta nel lessico filosofico relativamente tardi, è una
parola che non esisteva nell'antichità. Alexander Baumgarten (filosofo tedesco del
1700) nel 1750 pubblica un libro dal titolo "Estetica" (anche se già nel 1935 aveva
usato questa parola per un altro suo libro). egli prende la parola greca "aisthesis" e la
latinizza, la rende estetica. in greco vuol dire sensazione, percezione, indica la sfera
dei sensi (ciò che sento, vedo, tocco). quindi l'estetica per Baumgarten sta a indicare
la prima forma di conoscenza che noi abbiamo, la conoscenza sensibile. ma prima
non c'era l'estetica? sì, c'era qualcosa di simile ma che non era definito come una
disciplina autonoma. l'estetica, come disciplina filosofica autonoma rispetto ad altri
saperi, si definisce nel 1700, quindi relativamente giovane. è una disciplina i cui
confini non sono facilmente afferrabili.
quando l'estetica nasce, prende tre grandi direzioni (che sono anche sovrapposte):
1. Baumgarten vede l'estetica come la scienza del sensibile, della nostra esperienza
dei sensi. l'estetica è quindi una forma di conoscenza.
2. estetica come una teoria del bello, riflessione filosofica della bellezza. nel '700
questo secondo percorso viene interpretato secondo il problema del gusto, la
bellezza viene indagata con il dibattito sul gusto. Kant è il massimo rappresentante
settecentesco della teoria del bello dell'estetica.
3. estetica come filosofia dell'arte, che si interroga esclusivamente degli oggetti che
noi chiamiamo opere d'arte (gli oggetti d'uso non fanno parte dell'estetica, in questa
impostazione). il massimo rappresentante è Hegel, filosofo tedesco.
si vede già la difficoltà di capire il perimetro, l'identità dell'estetica.
l'estetica sicuramente non è l'arte, un esteta non è un artista. non coincide
nemmeno con la storia dell'arte, e non è una critica all'arte. non ha una
dimensione "descrittiva" dei fenomeni artistici, ha una dimensione critica,
teorica. è una disciplina inesauribile, non dà mai delle risposte. l'estetico non
è l'artistico: l'arte è una piccola sfera dell'estetica.

sebbene questa disciplina nasca 300 anni fa, l'antichità, il mondo greco
(l'inizio della cultura occidentale) fornisce per la prima volta una
"grammatica base" di questa disciplina. la civiltà greca rimane sempre il
riferimento. il mondo greco non ha l'estetica, non esiste l'estetica antica;
conosce i temi dell'estetica, ma non li concepisce come un sapere autonomo.
questi temi vengono individuati con tre parole:
1. la "techne" (da cui deriva la parola tecnica) è la sfera della produzione, la
capacità (che solo l'uomo ha) di produrre qualcosa che prima non c'era. per
Aristotele è uno degli elementi che segna l'identità dell'umano, gli animali
non hanno techne.
2 la "mimesis", rappresentazione, capacità dell'uomo di rappresentare il
mondo, la realtà, in un quadro, un edificio, un suono, una poesia.
3 "toccalon", il bello, definire la bellezza è impossibile (ci sono dei tentativi
di spiegare il bello). per i greci la bellezza è la dimensione che manifesta sia la techne sia la mimesis, che coniuga queste due
dimensioni.
la techne, in latino si traduce con "arts" (il mondo antico non conosce una
distinzione tra le arti applicate e l'arte, entrambi sono dei tecnici, produttori di
tecnica che seguono delle regole precise). dire che io produco qualcosa
secondo delle regole significa eliminare l'idea della creatività, in Grecia non
esiste questo concetto, si seguono delle regole e si applicano: la techne è una
grammatica, una legge generale. il mondo greco non conosce l'idea del genio
che esprime sé stesso in maniera libera. la techne è un sapere specialistico,
che può essere appreso, un'acquisizione pratica di conoscenze. la definizione
di Aristotele è "la techne è una disposizione (un modo di essere)
accompagnata da ragionamento vero (una dimensione logica) che dirige il
produrre", la techne è l'incontro di una dimensione teorica e una dimensione
pratica, produttiva. noi questo incontro tra astrazione e operatività, lo
chiamiamo progetto, progettare.
scena "l'alba dell'uomo", c'è una sorta di ominide, questa scimmia si imbatte
in delle ossa e comprende che quelle possono essere qualcos'altro (si apre la
dimensione della progettualità), un'arma. la techne è ciò che trasforma il
cervello della scimmia nella mente dell'uomo, attraverso la techne l'uomo
impara a dominare e modificare la realtà.

la techne è determinata da una materia che la natura ci offre, il cosa utilizzo,


da una conoscenza fornita dalla tradizione, il come faccio quell'oggetto
(canoni che impariamo), e che si esplica in un'attività esclusiva dell'uomo,
colui che fa. cultura greca = antropocentrismo, è sempre l'uomo al centro.

sempre Aristotele, "alcune cose che la natura è incapace di effettuare (il


mondo, la natura, non è al servizio dei bisogni dell'uomo, quando la natura
mi pone dei limiti subentra la tecnhe, e compie le cose che la natura non ci
dà)..". l'uomo produce due cose, il tecnologico (che va dalla ruota ai
computer, oggetti che ci aiutano a soddisfare dei bisogni), ma anche l'artistico
(la tecnhe mimetiche, della rappresentazione). l'uomo produce una sedia,
oppure un'immagine di una sedia (la realtà mimetica). sono entrambe tecnhe,
ma una la utilizziamo nel quotidiano, sono oggetti d'uso, l'altra è una
specificazione della techne, la sfera della rappresentazione, dell'arte.

ricostruzione della stanza di Van Gogh, la techne produce la realtà in cui


viviamo e la rappresentazione di questa realtà.
relazione tra techne e natura. noi immediatamente riconosciamo la tecnhe
(destra), perchè nella techne riconosciamo la traccia dell'uomo.

dal bosco, natura, e il legno, il materiale che la natura mi fornisce

poi c'è il letto, e poi la rappresentazione. i passaggi dalla natura alla techne
mimetike sono complessi, la techne è una dimensione che tende ad
allontanare l'uomo dalla natura.

l'aggettivo mimetike introduce la mimesis: la rappresentazione di qualcosa di


reale su un altro piano (non il letto di Van Gogh, ma il dipinto del letto). la
mimesis definisce l'emancipazione formale dell'immagine. non presuppone la
produzione di oggetti ma di immagini, la dimensione mimetica diventa
quindi anche una dimensione iconica, che riflette sull'immagine.

nel 900 abbiamo questo tipo di esperienze, in cui l'oggetto e l'immagine


entrano in un cortocircuito, come nel caso di Duchamp ("l'urinatoio che
diventa la fontana"). l'arte contemporanea mette in difficoltà/consolida la
realtà mimetica che i greci avevano cercato di definire.

la mimesis apre dei problemi: cosa devo rappresentare? cosa deve far vedere
la mimesis, perché lo rappresento? per chi? (per i greci era la comunità), che
cosa provoca? dal punto di vista psico-emotivo.
noi dobbiamo capire la differenza tra come è concepita la bellezza
nell'antichità e nel medioevo e come lo è nella modernità, cioè quando nasce
l'estetica. nell'antichità la bellezza è qualcosa di oggettivo, con delle proprietà
attraverso cui io riconosco la bellezza che quegli oggetti/persone posseggono.
la Grande Teoria è una formula che, il più grande storico dell'estetica del
Novecento, Tatarkievic conia, ed è la teoria che per secoli ha dominato l'idea
di bellezza, e cioè che la bellezza è una costruzione matematica (armonia,
proporzione, ..). quest'idea è l'espressione di una ricerca di oggettività del
bello. oppure il Bello Ideale, un'idea di bello a cui noi ci dobbiamo
commisurare.
la modernità fa subentrare il criterio della soggettività, è un passaggio
epocale perché si capovolge il rapporto: è il soggetto che giudica. il gusto è la prima modalità del '700, oppure il sentimento nel
Romanticismo, solo ciò che mi emoziona lo giudico bello (bellezza come trasporto emotivo).
nel mondo greco la bellezza indica valori anche etici, non è solo fisica ma diventa anche spirituale, una persona non basta che
sia bella ma deve essere anche buona. l'antichità non applica la bellezza in modo privilegiato all'arte, ma a tutto (natura, corpi,
idee), mentre la modernità afferma che la bellezza è un valore soltanto estetico, e questo valore si esprime per alcuni secoli solo
nell'arte: l'arte è l'ambito in cui noi facciamo esperienza della bellezza. es. un criminale può anche essere bello.
tenendo conto di queste due coordinate, vediamo ora il bello antico. l'ideale per
i greci è quello di unire la bellezza e la bontà, modello dell'uomo ideale. "chi è
bello è bello solo da vedere (aspetto fisico), chi è buono sembrerà subito anche
bello", come se la bontà fosse una forza estetica maggiore della bellezza
superficiale. invece i moderni, avendo diviso l'etica dall'estetica siamo vincolati
a un bello di apparenza.

i greci, prima di Platone, concepiscono il bello in 3 grandi modi/paradigmi:

1. i pitagorici con la teoria matematica (o Grande Teoria): è quell'idea per la


quale noi possiamo avere una costruibilità matematica della bellezza, è uno dei
più grandi cliché/luoghi comuni sul bello.
2. i sofisti con la teoria relativistica
3. Socrate con la teoria idealistica o funzionalistica

ecco il bello matematico, Galeno dice "la bellezza nasce dall'esatta proporzione
delle parti", quindi armonia, proporzioni, ecc. la bellezza di un oggetto, un
corpo, un edificio, consiste nella perfezione della sua struttura. c'è un mosaico
proporzionato che si viene a comporre attraverso un'operazione matematica.

l'esempio è il Doriforo di Policleto, assunto come l'esempio massimo della


bellezza maschile nell'antichità.
abbiamo i canoni di Policleto, dello scultore, che sono delle regole in cui si
evidenzia questa bellezza matematica. questo equilibrio perfetto ci fa
riconoscere il bello. la bellezza quindi non è altro che il rispetto di proprietà
che oggettivamente si danno.

le proporzioni non sono rispettate e quindi abbiamo una scorrettezza fisica.

bello relativo: i sofisti sono un gruppo di intellettuali che propongono questa


idea di bello in cui sembrerebbe essere messa in discussione l'idea di bello
oggettivo. il bello relativo non è relativo a me, al singolo soggetto, ma è
relativo a dei gruppi di appartenenza (occidentali, maschio/femmina, età). ciò
che è bello per una donna è brutto per un uomo, è un criterio di genere. nel
secondo caso il criterio è l'appartenenza etnica. la relatività del bello viene
vista attraverso il gruppo di appartenenza.

il gusto estetico varia a seconda dell'appartenenza di una determinata zona geografica.

Socrate propone due idee di bellezza: il bello come appropriatezza a un fine


(un martello è bello se batte bene i chiodi, un oggetto è bello se esplica
perfettamente la sua finalità), questa idea tipicamente greca si rifletterà nel
design funzionalista (la funzione determina la forma).
dialogo di Socrate che espone questa idea: è l'utilizzabilità il criterio che mi
fa stabilire se una cosa è bella e buona. se io vedo un oggetto e non capisco a
cosa serve, non vedo nessuna bellezza (per leggere la bellezza di un oggetto
devo sapere il suo scopo). il funzionalismo tedesco accoglierà questa idea e
proporrà l'idea di una bellezza funzionale (che sarà il nocciolo dell'estetica
del Werkbund, equilibrio di tre elementi: la funzione (lo scopo), la struttura
dell'oggetto, e il materiale con cui la struttura viene concepita).

(dopo la pausa)
prima accezione del bello, dove la dimensione estetica e la dimensione
pratica devono coincidere. è un elemento di grandissima rilevanza anche per
il design (→ good design, si chiama così perché il "buono" era la dimensione
capace di raccordare estetico e pratico).

poi c'è la dimensione del bello ideale, cioè del bello come idealizzazione della natura nell'arte: vuol dire che la realtà, la natura,
è incapace di soddisfare il nostro ideale estetico. la bellezza perfetta non esiste in natura, ognuno di noi ha qualche difetto
fisico. i greci introducono l'idea per cui, nell'arte (nella mimesis), noi vediamo quella bellezza ideale che la natura è incapace di
offrirci. la bellezza ideale è solo nell'arte, nella rappresentazione mimetica. quindi non l'uomo com'è, ma come dovrebbe essere.
idealizzare è un processo con cui i greci catturano, nella natura, ciò che concepiscono come bello, e lo assemblano.
tentativo di creare un "Frankenstein estetico", dove parti di persone diverse
vengono unite per creare una dimensione ideale.

aneddoto di quando Zeusi, più grande pittore della Grecia antica, dovette
raffigurare (mimetico) Elena di Troia. fu convocato a Crotone per decorare il
tempio di Era, non doveva dipingere una donna qualunque, ma Elena, la
donna più bella di tutti i tempi. deve dipingere la bellezza ideale. guarda le
ragazze di Crotone, ne seleziona cinque e sceglie parti di ognuna, fa una sorta
di mosaico e crea una bellezza che la natura non dà ma che l'arte può creare.
la perfezione non è data in natura, ma dalla composizione di caratteristiche
naturali che creano un'immagine ideale. questo sarà un elemento fortissimo
nel neoclassicismo del 1700.

film, il problema principale era selezionare l'attrice che interpretasse Elena,


nessuna donna potrebbe essere all'altezza. la bellezza è così soggettiva che
nessuna attrice potrebbe mai soddisfare l'idea che tutti hanno della donna
perfetta.

Platone = il bello ideale non può essere mostrato, perché nel momento in cui
si mostra, deve assumere una forma, nessuna forma è ideale, ma sono sempre
parziali, reali, e quindi deludenti perché non possono piacere a tutti.
Platone non elabora mai in modo sistematico una sua teoria estetica, non esiste un testo, noi possiamo dedurre l'estetica
platonica attraverso una serie di dialoghi (Platone scrive dialoghi) in cui vengono affrontati i temi estetici: il bello e la mimesis.
due grandissimi temi che Platone lascia alla cultura occidentale sono la condanna dell'arte, tema difficilissmo, e la teorizzazione
del bello in sè o bello ideale (Platone è il filosofo del bello ideale).

Platone è il filosofo della realtà doppia: il nostro mondo e quello delle idee, il
nostro è una copia. per Platone c'è una conoscenza vera e una conoscenza
falsa: quella vera mira a conoscere l'essenza delle cose, cioè qualcosa che
rimane sempre uguale a sè stesso (es. io sono un essere umano, lo sarò
sempre, è la mia essenza → elemento di oggettività), è la mente che coglie
questa essenza e dà vita a una mimesis positiva che è il bello. il vero bello è
un modo giusto per conoscere la realtà. la conoscenza falsa è appiattita sulle
apparenze, sulle superfici, si sofferma sulle immagini. questa conoscenza
falsa viene data dalla sensazione, non dal pensiero come quella vera, che
falsifica le nostre conoscenze.

Platone è il filosofo che innalza la bellezza al momento supremo della nostra vita, di pienezza e conoscenza totali; dall'altra
però pone il mondo dell'estetico, della sensazione, come mondo della seduzione e della facile seduzione (è una sorta di
condanna dell'estetico)
Platone tematizza in maniera specifica questo problema da un punto di vista
estetologico, nel famoso decimo libro della repubblica, in cui Platone
enuncia quest'idea di una mimesis a più livelli. è come se noi fossimo
esposti a una realtà triplice, lui prende come esempio un oggetto d'uso
comune, il letto. ognuno di noi alla parola letto, nella nostra testa viene in
mente un'immagine, però l'idea che tutti abbiamo si concretizza nei letti che
noi usiamo nella realtà (idea unica, realtà plurale), cioè quello che viene
costruito tecnicamente, dalla techne. la techne per Platone è ciò che traduce
materialmente le idee. l'Eidos, la forma del letto, è ciò a cui si appella il
falegname nel momento in cui deve produrre un letto, può sempre modulare
quell'idea, ma il letto rimane quello.

il terzo livello è l'idea che viene rappresentata in un’immagine; quindi, non il letto in cui dormo ma l'immagine del letto. la
techne mimetiche. per Platone questo momento ulteriore è negativo, perché è lo spazio della falsificazione, illusione, noi non
conosciamo più le cose nella loro realtà. non abbiamo più la copia di un'idea, ma la copia di una copia.
esempio banalissimo per tradurre quello che Platone ci vuole dire quando le
immagini falsificano il nostro conoscere, ci disorientano.

che immagine è? non sappiamo se è un disegno o una fotografia.


è un disegno iper realistico. per Platone è come se ci trovassimo sempre in
questa dimensione dell'apparenza, dove non sappiamo bene cosa abbiamo
davanti. i nostri sensi ci fanno cadere in questa fallacia, errore, incapacità di
capire bene cosa abbiamo davanti. le immagini per Platone sono portatrici di
emotività, spesso ingestibile. queste reazioni emotive ci allontanano dalla
conoscenza. in Aristotele invece sarà il contrario, per Platone la mimesis ci
carica emotivamente, ci seduce e ci disorienta, ci accieca. per Aristotele la
mimesis è una dimensione di conoscenza, di chiarificazione, arricchimento
della nostra conoscenza della realtà.

l'apparenza mimetica è un'apparenza del sapere, tu credi di sapere le cose ma


è soltanto un sapere apparente. tu credi di sapere cos'è il bello, ma ne hai
soltanto un sapere apparente, perchè ti soffermi solo sugli esempi del bello,
sulle cose che tu vedi belle.
il bello in Platone ha 5 caratteristiche:
- non è limitato agli oggetti sensibili, se pensiamo alla bellezza pensiamo
subito a cose materiali, per Platone invece la bellezza ha una dimensione più
metafisica, che va al di là delle cose fisiche, materiali.
- il bello è una proprietà oggettiva: il bello ideale è indiscutibilmente bello,
non può essere sottoposto a giudizi personali.
- esiste un innato senso del bello: la bellezza è qualcosa dentro di noi
- non tutto quello che piace è veramente bello: c'è una scissione tra il
piacevole e il bello
- ci sono gradi diversi di bellezza.
la bellezza è uno dei grandi luoghi in cui l'uomo interroga sè stesso e gli altri.
una conoscenza che si sofferma sull'apparenza diventa un'apparente sapere, e
su questo si gioca uno dei dialoghi giovanili di Platone, l'Ippia maggiore, in
cui il tema della discussione è la bellezza. nell'Ippia maggiore c'è questo
malinteso, Socrate (Platone parla tramite Socrate? quello che scrive è come
se lo dicesse socrate?) chiede a Ippia, cos'è il bello e cos'è la bellezza, cioè
quell'elemento universale che mi fa dire che quella cosa è bella. Ippia, sofista
(colui che è maestro del sapere apparente), risponde attraverso degli esempi,
il caso particolare, cioè delle cose che sono belle, ma non IL bello.

Ippia dà tre risposte del tutto plausibili, prevedibili (e anche giustificabili),


ma che falliscono nel dire che cos'è il bello. una bella ragazza, l'oro, una vita
lunga e felice. è la prima volta nella tradizione occidentale che viene chiesto
cos'è il bello, ed è la prima volta che c'è una risposta.

una bella ragazza. Platone non è così sicuro, sicuramente una bella ragazza è
più bella di un animale, ma non sarà più bella di una dea, di Afrodite. e una
persona non può essere "meno bella" di qualcos'altro, la bellezza è unica.
quindi la bella ragazza non può essere la risposta.
la seconda risposta era l'oro, però se penso a un mestolo di legno o di oro capisco che non è utile, e quindi non è bello.

vita lunga e felice, ciò che tutti si augurano, ma non è così. achille ha avuto
una vita breve ma eroica, quindi c'è chi sceglie l'intensità rispetto alla durata.

Platone cerca di dare delle risposte, però sono risposte che anchè indagate
non soddisfano. quindi il dialogo finisce in maniera poetica, senza una
soluzione, e platone cita un detto di un vecchio sapiente, "le cose belle sono
difficili". il primo grande testo che riflette sulla bellezza finisce in una
dimensione senza soluzione.

altro dialogo, Simposio, viene analizzata la bellezza attraverso una


prospettiva particolare. platone ci dice che c'è una dimensione della vita nella
quale il bello si fa più evidente, la dimensione erotica, dell'eros (sentimentale
e sessuale). il dialogo si compone di una serie di discorsi..

socrate prende la parola e inizia la narrazione, dicendo che gli è stato svelato
cos'è il bello da Diotima (sacerdotessa). è come una scala per gradi:
- un corpo: bellezza fisica, un corpo che ci attrae, corpi diversi ci possono
attrarre. la maggior parte delle persone si ferma a questo livello, ma è troppo
effimero, instabile. platone allora dice che il bello non va cercato
nell'esteriore ma nell'interiorità.
- anima: bello più duraturo,
- leggi:
- sapere: cultura
- bello in sè: platone cerca di definire il bello ideale,
il bello ideale non ammette la soggettività del gusto, è un bello che deve essere sempre bello per tutti. questa bellezza non va
collocata in qualcosa.

di fatto noi non faremo mai l'esperienza del bello ideale, perchè i nostri sensi
ci fanno percepire il bello attraverso delle particolarizzazioni, un volto, una
collocazione mimetica. il vero bello è un bello metafisico, che va oltre la
dimensione della realtà. è un'idea che rivedremo in alcuni progettisti, Loos,
Gropius, grandi maestri dello stile internazionale e del modernismo che
vedranno la bellezza con un processo di sottrazione, meno cose ci sono e più
ci si allinea con il concetto di bellezza ideale.

con aristotele ci spostiamo in un'altra dimensione, la metafisica di platone


viene in parte abbandonata perchè l'interesse estetologico di aristotele è più
concreto. sottopone l'esperienza estetica a tre dimensioni: la techne, la
mimesis (non è più una dimensione di falsificazione) e la Katharsis (tentativo
del mondo greco di catturare la dimensione emotiva, socio-psicologica che le
immagini esercitano nei nostri confronti).

aristotele elenca le 5 virtù dianetiche, che conducono l'uomo verso il sapere


razionale. la techne viene descritta da aristotele così: conoscenza produttiva
delle cose possibili.

aristotele parla di una techne poietike, ogni atto produttivo nasce dal rapporto
tra una determinata forma e una determinata materia: aristotele concepisce
l'atto produttivo come l'unione di due elementi, che diventa il principio per
eccellenza della produzione di qualsiasi cosa (funzionalismo = funzione e
forma)

aristotele ci ha donato un libro, la Poetica, il primo trattato dell'estetica occidentale (platone dissemina vari testi). trattato in cui
emergono due dimensioni: la mimesis (dimensione produttiva) e la katharis (dimensione fruitiva, ricettiva). l'arte è un piacere
intellettuale, ed è l'unione dell'elemento conoscitivo con quello estetico. la mimesis comporta quindi una dimensione di
positività, non negatività come era per platone.

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