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IL TESSUTO MUSCOLARE

La muscolatura scheletrica è molto abbondante nel nostro organismo. Costituisce circa


il 30-40% del peso corporeo. I muscoli sono presenti ovunque (es. parete dei vasi
sanguigni, vescica, il cuore, ecc.).
Ci sono tanti tipi di muscoli (in % maggiore quelli scheletrici) e in base a come
appaiono al microscopio e a come sono organizzati possono essere classificati:
1. Muscolo striato → scheletrico e cardiaco, presentano lo stesso aspetto ovvero
delle striature causate dall’alternanza di bande chiare e bande scure.
2. Muscolo liscio → muscoli viscerali, non c’è nessuna alternanza di bande.

La funzione del muscolo a prescindere che sia striato o liscio è sempre quella di
contrarsi e rilassarsi. Vi è un’ulteriore classificazione:
- Volontario → muscolo scheletrico;
- Involontario → muscoli viscerali e muscolo cardiaco;

Struttura del muscolo scheletrico


I muscoli scheletrici sono collegati ad almeno due ossa mediante i tendini, strutture
simili a corde formate da tessuto connettivo elastico, capaci di trasmettere all’osso la
forza sviluppata dal muscolo. Altri muscolo, invece, sono collegati alla cute, alla
cartilagine o ad altri muscoli.
La parte del muscolo che genera forza è chiamata corpo, la parte “carnosa” del
muscolo. Il corpo del muscolo contiene diversi fasci (chiamati fascicoli) di cellule
muscolari singole, insieme a tessuto connettivo, vasi sanguigni e nervi. Ciascun
fascicolo contiene cellule muscolari, chiamate fibre muscolari a causa della loro
forma allungata. Ciascuna fibra è avvolta da una guaina di tessuto connettivo. Le fibre
muscolari sono formate da diversi nuclei, disposti immediatamente al di sotto della
membrana plasmatica della fibra, che viene detta sarcolemma.
All’interno della fibra muscolare si trova un citoplasma semifluido, chiamato
sarcoplasma, insieme a mitocondri e centinaia di elementi a forma bastoncellare che
presentano una striatura. Queste strutture, chiamate miofibrille, contengono
l’apparato contrattile della fibra muscolare. Ciascuna miofibrilla è costituita da un fascio
di filamenti spessi e sottili che si sovrappongono reciprocamente formati
rispettivamente dalle proteine miosina e actina.
Una rete di membrane che formano cisterne, chiamata reticolo sarcoplasmatico
(RS), circonda ogni miofibrilla ed è in stretta associazione con altre strutture dette
tubuli trasversi (tubuli T), i quali sono connessi con il sarcolemma e penetrano nella
cellula.
Il reticolo e i tubuli T giocano un ruolo importante nel processo di attivazione della
contrazione muscolare, perché aiutano a trasmettere i segnali dal sarcolemma alle
miofibrille, rendendo la cellula muscolare capace di rispondere al segnale nervoso. Il
reticolo sarcoplasmatico svolge le funzioni di immagazzinare ioni calcio e liberarli nel
citosol quando la cellula muscolare viene stimolata a contrarsi.
Struttura a livello molecolare
Le cellule muscolari scheletriche presentano una striatura, ragion per cui questo tipo di
muscolo viene spesso indicato come muscolo striato. Queste striature sono dovute alla
disposizione ordinata di fibre proteiche all’interno delle miofibrille, chiamate filamenti
spessi e filamenti sottili, che corrono in parallelo nel senso dell’asse longitudinale della
cellula. I filamenti spessi e sottili sono presenti in rapporto 2:1. Le miofibrille sono
formate da un’unità di base, detta sarcomero, che si ripete numerose volte. Le linee di
confine tra un sarcomero e l’altro sono costituite dalle linee Z che agganciano i
filamenti sottili ad una estremità. All’interno del sarcomero, i filamenti spessi sono
connessi mediante le linee M; anche queste sono disposte perpendicolarmente
rispetto all’asse longitudinale.
La presenza dei filamenti spessi è responsabile della stria che appare scura al
microscopio, chiamata banda A. Al centro della banda A vie è una regione
relativamente più chiara rispetto alle zone laterali, poiché non vi sono filamenti sottili
che si sovrappongono a quelli spessi. Tale regione è chiamata zona H. La banda
chiara comprende le zone in cui sono presenti solamente i filamenti sottili e non vi
sono sovrapposizioni con filamenti spessi. Questa parte prende il nome di banda I. Al
centro della banda I si trova la linea Z che connette i filamenti sottili.
I filamenti sottili e spessi del sarcomero sono formati da due proteine chiamate
rispettivamente actina e miosina, alle quali viene dato il nome di proteine contrattili,
perché esse costituiscono la base del meccanismo capace di generare la forza
contrattile. I componenti di base di ciascun filamento sottile sono monomeri di actina,
chiamati actina G, ciascuno dei quali possiede un sito capace di legare la miosina.
Questi monomeri sono legati l’uno all’altro agli estremi fino a formare delle strutture
filamentose chiamate actina F che si intrecciano in una struttura a doppia elica a
formare i filamenti di actina, caratteristici dei filamenti sottili.
Nei filamenti sottili sono presenti, inoltre,
proteine regolatrici che consentono alle
fibre muscolari di iniziare e terminare la
contrazione: la tropomiosina e la
troponina. La tropomiosina è una proteina
filamentosa che si estende al di sopra di
numerose molecole di actina, in modo da
bloccare i siti di legame con la miosina
quando il muscolo è in stato di riposo. La
troponina comprende un complesso di 3
proteine: una che si attacca al filamento di
actina, un’altra che si fissa alla
tropomiosina e la terza che contiene un sito
capace di legare in modo reversibile gli ioni
calcio.
Ciascuna molecola di miosina è un dimero costituito da due subunità attorcigliate fra
loro, ognuna delle quali è formata da una cosa e una testa ingrossata, che sporge di
lato. Queste teste sono chiamate ponti trasversali, poiché formano dei ponti nello
spazio tra i filamenti spessi e quelli sottili. Le code delle molecole di miosina adiacenti
sono disposte in modo sfalsato, con le teste che sporgono in modo ordinato dal
filamento spesso, con un andamento ad elica. Poiché nella porzione centrale del
filamento spesso non sono presenti ponti trasversali, questa parte viene detta zona
nuda.
Ciascuna testa possiede due siti cruciali per la generazione della forza contrattile: un
sito di fissazione dell’actina, in grado di legarsi ai monomeri di actina dei filamenti
sottili, e un sito ATPasico, che possiede attività enzimatica ed idrolizza l’ATP.
Molto importante è la titina, una proteina elastica che si estende lungo i filamenti
spessi, dalla linea M alla linea Z.
Inoltre, la cellula muscolare accumula glicogeno che poi usa a scopo energetico.

Modello dello scorrimento dei filamenti


Nel corso della contrazione muscolare, mentre le bande A non modificano la loro
lunghezza, le bande I e le zone H diventano più corte. Dato che nel sarcomero la
banda A si estende per tutta la lunghezza dei filamenti spessi, questo significa che la
lunghezza dei filamenti spessi non cambia quando la cellula muscolare si contrae. I
ricercatori compresero che l’accorciamento delle bande I non avviene perché i
filamenti sottili si contraggono, ma perché essi scivolano lungo i filamenti spessi,
muovendosi verso la parte più interna della zona H, riducendone la larghezza. Quando
questo avviene le banda A adiacenti si avvicinano tra di loro spostandosi insieme,
facendo diminuire la larghezza della bande I. Il risultato finale è che il sarcomero si
accorcia e di conseguenza anche le miofibrille; lo stesso fanno le fibre muscolari e
infine il muscolo intero. In altre parole, il muscolo si contrae perché i filamenti spessi e
sottili delle miofibrille scorrono gli uni sugli altri.
Alla contrazione muscolare si interessarono 2 studiosi: Huxley ed Hodkin. Huxley
formulò l'ipotesi in quanto notò che durante la contrazione muscolare la banda I e la
zona H si riducono, mentre la banda A e i
filamenti rimangono costanti.
L'accorciamento fu spiegato secondo un
metodo denominato: slittamento dei
filamenti sottili su quelli spessi.
Nella figura A è rappresentato un muscolo
rilassato in quanto l'actina e la miosina
non interagiscono.
Nella figura B è rappresentato un muscolo contratto, questo perchè le teste di miosina
stanno interagendo con il filamento di actina.
Sulle teste di miosina si possono distinguere 4 siti che vengono chiamati M1, M2, M3 e
M4. Il primo sito che si attacca all'actina è M1 e via via in ordine anche gli altri.
Una volta legati, il ponte trasverso si stira e fa sì che il filamento di actina slitti su quello
di miosina andando verso il centro del sarcomero provocandone la riduzione.
La teoria di Huxley è stata confermata dalla relazione lunghezza-tensione di Hodkin.

Quando il muscolo si contrae produce una forza o meglio una tensione. Quello che
fece Hodkin fu quello di calcolare la tensione prodotta in funzione della lunghezza del
sarcomero.
Questo grafico ci pone varie situazioni:
 Quando il sarcomero ha una lunghezza compresa tra 2 e 2,05 micrometri la
tensione è massima perchè tutti i ponti trasversi del filamento spesso sono
coinvolti correttamente nell'interazione con il filamento sottile.
 il sarcomero ha una lunghezza maggiore di 2,05 micrometri la tensione
diminuisce perchè non tutti i ponti trasversi interagiscono correttamente con il
filamento sottile, fino ad arrivare ad una tensione pari a 0 ad un valore di 3,65
micrometri in cui nessun ponte trasverso interagisce.
 Quando il sarcomero ha una lunghezza minore di 2 micrometri, la tensione
diminuisce perchè il numero dei ponti trasversi che deve interagire con l'actina
diminuisce e si verifica una sovrapposizione dei filamenti di miosina provocando
un'interazione alterata fino ad arrivare al valore 1,25 micrometri in cui la
tensione è 0.

Ciclo dei ponti trasversali: come fa il muscolo a generare forza


Il meccanismo che, nel corso della contrazione muscolare, porta allo scorrimento dei
filamenti spessi e sottili gli uni sugli altri, prende il nome di ciclo dei ponti trasversali. Al
centro di questo meccanismo vi è un movimento oscillatorio, avanti e indietro, dei ponti
trasversali tra miosina e actina basato sull’energia che deriva dall’idrolisi dell’ATP.
Associata a questa oscillazione è l’alternanza ciclica tra fissaggio e distacco dei ponti
trasversali ai filamenti sottili, che fa sì che il movimento dei ponti trasversali tiri i
filamenti sottili verso il centro del sarcomero. Il movimento avanti e indietro dei ponti
trasversali è dovuto a modificazioni della conformazione (forma) delle molecole di
miosina che fanno variare la sua capacità di fissarsi ai monomeri di actina.

Le teste di miosina dopo aver idrolizzato ATP assumono una conformazione detta
“forma ad alta energia”, perché le molecole di miosina immagazzinano l’energia che è
stata rilasciata nel corso del processo. Una seconda conformazione che le teste di
miosina possono assumere è detta “forma a bassa energia”, quando l’energia è stata
liberata per dare luogo al movimento dei filamenti sottili.
In ogni ciclo dei ponti trasversali si possono individuare 5 fasi:
1. Aggancio della miosina all’actina: la miosina è nella sua forma ad alta
energia, ciò significa che ADP+Pi sono legati al sito ATPasico della testa della
miosina. In questo stato la miosina presenta un’elevata affinità per l’actina, per
cui la testa di miosina si lega ad un monomero di actina (questa fase può
verificarsi solo in presenza di calcio);
2. Colpo di forza: il legame della miosina all’actina determina la liberazione di
fosfato e dell’ADP dal sito ATPasico. Per cui la testa della miosina ruota verso il
centro del sarcomero tirando il filamento sottile con sé e va verso lo stato a
bassa energia;
3. Stato di rigor: quando la miosina si trova nello stato a bassa energia, actina e
miosina sono strettamente legate. Questa condizione viene detta rigor mortis
per far riferimento allo stato di rigidità che assume il corpo dopo la morte, perché
il ciclo dei ponti trasversali si blocca a causa dell’esaurimento dell’ATP;
4. Distacco della miosina dall’actina: una nuova molecola di ATP si lega al sito
ATPasico della testa della miosina, provocando una variazione conformazionale
della testa che determina una diminuizione dell’affinità della miosina per l’actina,
così che la miosina si stacca dall’actina;
5. Energizzazione della testa di miosina: dopo essersi fissato al sito ATPasico,
l’ATP viene idrolizzato ad ADP e Pi, con rilascio di energia. Parte di questa
energia viene immagazzinata dalla molecola di miosina che raggiunge così la
conformazione ad alta energia. In presenza di calcio, il ciclo riparte nuovamente.

Sebbene un ponte trasversale generi forza solo per una parte del tempo durante il
quale esso è attivo (durante il colpo di forza), una cellula muscolare genera forza in
modo continuo nel corso della contrazione, perché molti ponti trasversali avviano il
ciclo simultaneamente ma non perfettamente in fase gli uni con gli altri. Per questo
motivo, alcuni ponti stanno avviando il ciclo, altri lo stanno portando a termine, altri
ancora sono in fase intermedia.
Nel corso di una contrazione, ciascuna testa di miosina è in grado di completare
soltanto 5 cicli in un secondo, ma poiché ogni filamento spesso è dotato di parecchie
centinaia di teste, possono verificarsi migliaia di colpi di forza al secondo. Per questo
motivo i sarcomeri possono accorciarsi molto rapidamente. I cicli non sono sincroni: se
lo fossero, i filamenti sottili potrebbero scivolare all’indietro nella loro posizione
originale riducendo l’efficienza del meccanismo contrattile.
In teoria, il ciclo dei ponti trasversali potrebbe operare all’infinito, finché vi è
rifornimento di ATP e i siti dell’actina sono disponibili per il legame con la miosina.
Visto che ciò non accade, cosa provoca l’inizio del ciclo e, quando il muscolo è
rilasciato, cosa fa sì che esso non possa contrarsi di nuovo?
La risposta ad entrambe le domande si basa sull’azione svolta dalle proteine regolatrici
troponina e tropomiosina.

Accoppiamento eccitamento-contrazione: come si attivano e disattivano i


muscoli
Il controllo finale della contrazione dei muscoli scheletrici spessa al sistema nervoso
centrale che, attraverso i motoneuroni, ordina ai muscoli se essi debbano contrarsi
oppure no. Al pari dei neuroni, anche le cellule muscolari sono eccitabili, ovvero cellule
in grado di generare potenziali d’azione, quando la loro membrana plasmatica è
depolarizzata ad un valore sufficiente.
Il punto di collegamento tra un motoneurone e una cellula muscolare prende il nome di
giunzione neuronale. Il motoneurone trasmette un potenziale d’azione e libera un
neurotrasmettitore, l’acetilcolina. Una volta liberata, l’acetilcolina diffonde verso la
membrana plasmatica delle cellule muscolari dove, legandosi a recettori specifici,
induce una variazione della permeabilità di membrana che ne determina la
depolarizzazione.
Quest’ultima innesca un potenziale d’azione nella cellula muscolare innervata. Una
volta generatosi, esso si propaga lungo tutto il sarcolemma, compresi i tubuli T che
costituiscono una continuazione del sarcolemma. Propagandosi lungo i tubuli T, il
potenziale d’azione provoca il rilascio del calcio dal reticolo sarcoplasmatico, che è
adiacente ad essi. Il calcio costituisce il segnale che dà il via al ciclo dei ponti
trasversali e quindi alla contrazione muscolare.
Per capire meglio: Questa immagine rappresenta una cellula muscolare che è
formata da miofibrille però attorno ad esse c'è una struttura che si chiama reticolo
sarcoplasmatico che è un deposito di calcio e soprattutto nelle cellule muscolari
scheletriche è ben sviluppato e accumula tanto calcio (circa 10-3 mM). Il calcio ha un
ruolo importante nella contrazione muscolare in quanto viene rilasciato dal reticolo nel
citoplasma dove si trovano varie miofibrille che indurrà la contrazione. Quindi il periodo
latente coincide nel tempo in cui il calcio viene rilasciato dal reticolo sarcoplasmatico
nel citoplasma.
Il reticolo sarcoplasmatico è formato da
vescicole appiattite che sono collegate tra loro
da tubuli.
Le cellule muscolari scheletriche sono dotate
di un tubulo particolare che si chiama tubulo
trasverso o T che e un'invaginazione della
membrana plasmatica che si propaga
all'interno della cellula e decorre lungo le linee
Z → ha una particolare correlazione con le
cisterne terminali.
Tubulo T + 2 cisterne terminali = triade

Ruolo del calcio, della troponina e della tropomiosina nel processo di


accoppiamento eccitamento-contrazione
Quando la cellula muscolare è in stato di rilasciamento, la concentrazione del calcio
nel citosol è estremamente bassa e il numero di molecole di troponina legate al calcio
è molto limitato. La troponina si trova nel suo stato conformazionale normale ( a
riposo) e di conseguenza, la posizione della tropomosina sul filamento sottile è tale per
cui i siti di legame per la miosina presenti sull’actina sono bloccati. Di conseguenza, il
ciclo dei ponti trasversali non può avere luogo.
In condizioni normali, la concentrazione del calcio nel citosol è bassa, perché nella
membrana del reticolo sarcoplasmatico sono presenti pompe che trasportano
attivamente il calcio dal citosol al suo interno. Grazie a queste pompe, il RS è in grado
di accumulare calcio contro gradiente di concentrazione e di svolgere la funzione di
sito di immagazzinamento per il calcio.
Oltre alle pompe per il calcio, la membrana del
RS contiene canali per il calcio voltaggio-
dipendenti. Il fatto che in condizioni normali
questi siano chiusi evita che il calcio fuoriesca
dall’interno del RS. Tuttavia, quando un
potenziale d’azione è trasmesso lungo i tubuli T,
questi canali si aprono rapidamente,
consentendo al calcio di fuoriuscire nel citosol. Il
risultato finale è un aumento della
concentrazione del calcio citosolico. Il segnale
elettrico che determina l’apertura di questi canali
per il calcio voltaggio-dipendenti è localizzato nel
tubulo T e non nella membrana del RS stesso.
Un potenziale d’azione generato nel tubulo T è in
grado di indurre il rilascio di Ca+ dal RS poiché i tubuli T sono fisicamente collegati alle
membrane del RS adiacenti mediante proteine dette recettori per le diidropiridine (o
recettori DHP) e recettori per la rianodina. I recettori DHP funzionano come rilevatori
di voltaggio e si trovano nelle membrane dei tubuli T. I recettori per la rianodina si
trovano nelle membrane del RS e svolgono anche la funzione di canali per il calcio.
Quando un potenziale d’azione si trasmette lungo i tubuli T, i recettori DHP vanno
incontro ad una modificazione conformazionale che trasmette un segnale ai recettori
per la rianodina, determinando l’apertura dei canali per il calcio. A sua volta, il calcio
fuoriesce dal RS e diffonde nel citosol. Un certo numero di ioni calcio si lega a siti
specifici posti su altri canali del calcio presenti sul RS, provocandone l’apertura. In
questo modo, il rilascio iniziale di una piccola quantità di calcio, ne provoca la
liberazione di una quantità molto più elevata dal RS, fenomeno noto come rilascio di
calcio indotto dal calcio.
Appena la concentrazione del calcio è aumentata, parte del calcio si lega ad una delle
tre proteine che formano il complesso della troponina che modificando la propria
conformazione causa lo spostamento della tropomiosina dalla sua posizione di
risposo, esponendo i siti di legame per la miosina presenti sui monomeri di actina. Le
teste di miosina, a questo punto, sono in grado di legarsi con l’actina, e così facendo
può avere inizio il ciclo dei ponti trasversali.
Una cellula muscolare cessa di contrarsi quando non riceve più segnali dal
motoneurone e di conseguenza non si generano più potenziali d’azione nel
sarcolemma. Il meccanismo di rilascio del calcio dal RS non continua all’infinito perché
appena la concentrazione intracellulare del calcio aumenta oltre un certo limine,
questo ione inizia a fissarsi a particolari siti presenti sui canali del calcio del RS
inducendone la chiusura (si tratta di una pompa Ca+/ATPasica detta SERCA). La loro
chiusura fa sì che il rilascio del calcio cessi e permette che il trasporto attivo di calcio
dal citoplasma verso l’interno del RS rimuova il calcio dal citosol e provochi una
diminuzione della concentrazione del calcio. Poiché il legame del calcio alla troponina
è reversibile, la diminuzione della concentrazione del calcio favorisce la dissociazione
del calcio dalla troponina, facendo sì che essa insieme alla tropomiosina ritornino nella
posizione di partenza. Quando la concentrazione di calcio intracellulare ritorna
anch’essa ai valori di riposo, il muscolo cessa di contrarsi. Serca quindi rimuove il
calcio.
Metabolismo energetico: quali sono i mezzi con cui le cellule muscolari
fabbricano l’ATP utilizzato per il ciclo dei ponti trasversali
I muscoli sono in grado di iniziare a contrarsi una frazione di secondo dopo aver
ricevuto lo stimolo nervoso e di rimanere in attività per lungo tempo. Per farlo, è
necessario che le cellule muscolari abbiano sempre una scorta di ATP da poter
utilizzare immediatamente, anche quando la richiesta energetica per la contrazione
muscolare aumenta all’improvviso, in modo rapido.
La contrazione muscolare richiede ATP:
70% per la contrazione;
30% per il rilassamento;

Ruolo del sistema creatina/fosfato


Quando una fibra muscolare è in condizioni di riposo, le richieste di ATP sono limitate,
ma nel momento in cui viene stimolata a contrarsi, le richieste di ATP aumentano.
All’interno di una cellula muscolare, in condizioni di riposo, sono immagazzinate basse
quantità di ATP, ma essa non può farvi affidamento a lungo. Infatti, per evitare di veder
diminuire il rifornimento di ATP, ne incrementa il tasso di produzione al fine di tenere il
passo con l’aumento della velocità di utilizzazione.
L’ATP che fornisce l’energia necessaria per la contrazione è prodotto nelle cellule
muscolari dalla fosforilazione a livello del substrato e dalla fosforilazione ossidativa.
Quando in una cellula aumenta il consumo energetico si ha riduzione della
concentrazione di ATP e aumento di quella dell’ADP. Queste variazioni inducono un
aumento dell’attività degli enzimi che controllano le reazioni che portano alla
formazione di ATP, così che esso venga prodotto ad un tasso più alto. Queste reazioni
richiedono un certo numero di secondi per arrivare alla velocità necessaria. Perciò, per
assicurare la disponibilità di ATP necessaria, i muscoli nel frattempo fanno affidamento
su una riserva di fosfati ad alta energia immediatamente disponibile presente sotto
forma di un composto chiamato creatinfosfato, che cede il suo gruppo fosfato all’ADP
per formare ATP.
Quando è a riposo, la cellula contiene creatinfosfato a sufficienza per fornire una
quantità di ATP pari a 4/5 volte quella normalmente presente. La reazione del
creatinfosfato con l’ADP è catalizzata dall’enzima creatinchinasi ed è reversibile.

Quando la cellula muscolare è a riposo, la reazione è in equilibrio e per ogni molecola


di creatinfosfato che si forma, un’altra viene ricovertita a creatina. Al contrario, quando
inizia l’attività muscolare, la concentrazione di ATP cala, mentre aumenta quella di
ADP. Poiché le scorte di creatinfosfato sono limitate, questa reazione può produrre
ATP solo per un tempo breve, ma sufficiente perché si attivino le altre reazioni
metaboliche che forniscono ATP. (La creatina come integratore: l’uso di creatina è
responsabile di danni a livello di fegato e reni).
Quando la cellula muscolare smette di contrarsi, la scorta di creatinfosfato viene
ripristinata perché la ridotta richiesta di ATP causa un aumento della concentrazione di
ATP e una diminuzione dell’ADP in modo tale che venga nuovamente sintetizzato
creatinfosfato a partire dalla creatina. In tal modo, le riserve di creatinfosfato vengono
conservate e utilizzate in caso di un aumento improvviso dell’attività che abbia luogo in
un momento successivo.
Variazioni del metabolismo cellulare nel muscolo al variare dell’intensità
dell’esercizio
Quando un muscolo viene mantenuto in uno stato di attività persistente, ma di intensità
moderata, buona parte del fabbisogno di ATP è fornito dalla fosforilazione ossidativa.
Nei pochi secondi iniziali di un esercizio fisico, i muscoli fanno affidamento sulle scorte
di glicogeno per ottenere glucosio per la produzione di ATP. Man mano che l’esercizio
prosegue, i muscoli vengono riforniti di nuovo di glucosio e di acidi grassi provenienti
dal circolo sanguigno. Dopo circa 30 minuti diminuisce l’utilizzazione di glucosio e gli
acidi grassi vengono a costituire la fonte energetica principale. Nel corso di un’attività
intensa, il processo di fosforilazione ossidativa diventa meno importante ai fini della
produzione di ATP e la fosforilazione a livello del substrato diviene più importante.
Anche se la glicolisi è in grado di per sé di produrre ATP, da questo processo
metabolico deriva la produzione di acido lattico che si accumula nel tessuto muscolare
e da qui può riversarsi nel flusso sanguigno. L’accumulo di acido lattico è la ragione
che spiega la sensazione di bruciore ed il dolore che si avvertono a fine di un esercizio
intenso.
Meccanica della contrazione del muscolo scheletrico
Quando si utilizza un certo numero di muscoli in attività diverse, la loro contrazione
varia in termini di forza e di durata. Quando una cellula muscolare si contrae in
risposta ad un singolo potenziale d’azione, in una frazione di secondo la forza aumenta
fino ad un valore massimo e poi scende a zero quasi altrettanto rapidamente. Questo
evento, chiamato scossa singola, è simile ad un potenziale d’azione, in quanto si
tratta di un evento tutto o nulla, sempre uguale a se stesso; se la cellula muscolare
viene nuovamente stimolata, essa darà la stessa identica risposta.
Il motoneurone innerva numerose fibre muscolari; ne risulta, di conseguenza, che il
potenziale d’azione di un motoneurone evoca la contrazione di tutte le cellule
muscolari ad esso connesse e che non è possibile stimolare una sola cellula senza
che si contraggano le altre. L’insieme del motoneurone e di tutte le fibre muscolari che
esso innerva viene definito unità motoria.
La scossa singola costituisce pertanto la risposta meccanica di una sola cellula
muscolare, di un’unità motoria o di un intero muscolo, ad un singolo potenziale
d’azione. Quindi è la contrazione indotta da un potenziale d’azione.
Ogni neurone può innervare diverse fibre muscolari ma le fibre muscolari possono
essere innervate da un solo neurone. Più il motoneurone sarà grande e tanto sarà
grande il numero di cellule muscolari che innerva. Le unità motorie servono per
sviluppare i diversi tipi tensione (es.
supponiamo che un nervo abbia 3
motoneuroni che innervano diverse
miofibrille, se il muscolo deve compiere
un piccolo movimento quindi serve
poca tensione sarà attivata solo
un'unità motoria, la più piccola; se è
necessaria una tensione maggiore,
verrà attivata l'unita motoria maggiore;
se è necessaria una tensione ancora
più grande allora verranno attivate tutte
le unità motorie, ecc.) -> reclutamento
delle unità motorie che è il processo
grazie al quale il sistema nervoso è in
grado di controllare la tensione.

Fasi della scossa singola


Sul tracciato che descrive la forza
sviluppata si nota un periodo di latenza,
seguito dalla fase di contrazione e dalla
fase di rilasciamento.
Il periodo di latenza rappresenta il
ritardo di pochi millisecondi che
intercorre tra la comparsa del potenziale
d’azione nella cellula muscolare e
l’inizio della contrazione, quando la
cellula inizia a generare forzo. Tale
ritardo è dovuto al fatto che gli eventi
che caratterizzano l’accoppiamento eccitamento-contrazione devono avvenire prima
che possa iniziare il ciclo dei ponti trasversali e quindi lo sviluppo della forza.
La fase di contrazione, con una durata compresa tra 10 e 100 millisecondi o più, inizia
alla fine del periodo di latenza e termina in corrispondenza del picco massimo di
tensione. Nel corso di questa fase, la concentrazione del calcio nel citosol aumenta,
poiché la quantità liberata eccede quella che viene riassorbita dal RS.
La fase di rilasciamento, è di solito quella più lunga, corrisponde al periodo che
intercorre tra il picco della tensione e la fine della contrazione, quando la tensione
torna a zero. Nel corso di questa fase la concentrazione del calcio nel citosol si riduce,
poiché la quantità di calcio riassorbita è > di quella che viene rilasciata dal RS. E di
conseguenza diminuisce il numero di ponti trasversali.

Fattori che influenza la forza sviluppata da una singola fibra muscolare


La forza generata da un muscolo dipende da due fattori:
1. La forza sviluppata dalle singole fibre muscolari, che a sua volta dipende dal
numero di ponti trasversali attivi che si legano all’actina (un numero più elevato
di ponti trasversali porta allo sviluppo di una forza maggiore);
2. Il numero di fibre muscolari;

- Frequenza di stimolazione
L’aumento della frequenza di stimolazione comporta il passaggio nei muscoli da
contrazioni singole alla generazione di una scala, alla sommazione e al tetano. Il
fenomeno della scale avviene quando la frequenza di stimolazione è tale per cui
singole scosse, indipendenti tra di loro, si susseguono le une alle altre in modo così
ravvicinato che, con il susseguirsi delle scosse, il picco della tensione aumenta fino a
raggiungere un plateau, come fanno i gradini di una scale. Non è noto il motivo per cui
si origina la scala, ma si ritiene che essa sia dovuta ad un aumento del calcio citosolico
tra una contrazione e l’altra.
I fenomeni della sommazione e del tetano, che avvengono a frequenze di stimolazione
ancora maggiori, sono dovuti alla sovrapposizione delle scosse singole. A paragone
con il potenziale d’azione, una scossa singola è un fenomeno più lento. Quando un
muscolo viene stimolato ripetitivamente, in modo tale che il potenziale d’azione
successivo arrivi prima che la scossa precedente sia giunta a completamento, le
scosse si sovrappongono le une alle altre, sviluppando una forza maggiore di quella
generata nel corso di una scossa singola; questo fenomeno è chiamato sommazione.
Essa si verifica ogni volta che le scosse singole sono così frequenti che la rimozione
del calcio dal citosol non può avvenire in modo altrettanto rapido di quanto esso venga
liberato dal RS. Perché avvenga il rilasciamento, è necessaria la rimozione degli ioni
calcio.
A frequenze di stimolazioni superiori, la sommazione raggiunge un valore massimo
chiamato tetano (è la max contrazione).
- Diametro delle fibre muscolari
Esistono muscoli con la capacità intrinseca di produrre una forza maggiore di altri.
Questa capacità, definita forza contrattile. Viene valutata misurando la tensione
tetanica massimale (tutta la forza che un muscolo è in grado di generare) o il picco
della tensione nel corso di una contrazione. La forza contrattile di una fibra muscolare
dipende dal numero di ponti trasversali presenti in ciascun sarcomero e dalla loro
organizzazione geometrica. A parità di condizioni, un muscolo con > ponti trasversali
può generare una forza maggiore. Un muscolo con più sarcomeri, e quindi più filamenti
spessi e sottili, può generare una forza più grande di un muscolo con un numero
inferiore di sarcomeri. Poiché il numero di filamenti spessi e sottili non varia
significativamente da un muscolo all’altro, se ne desume che il diametro della fibra
muscolare costituisce una variabile fondamentale nel determinare la forza contrattile.
Maggiore è il diametro, maggiore è la tensione e maggiore è la forza.
- Variazioni della lunghezza della fibra muscolare
Per ciascuna fibra muscolare esiste una lunghezza ottimale alla quale essa può
sviluppare la massima forza, quando il numero max di ponti trasversali di miosina
partecipa alla generazione della forza. Quando una fibra è più corta o più lunga della
lunghezza ottimale, la sua capacità di generare forza diminuisce perché le variazioni di
lunghezza del muscolo determinano variazioni di lunghezza dei singoli sarcomeri che
si traducono in una riduzione della loro capacità di sviluppare forza.

Reclutamento delle unità motorie


Quando un muscolo si contrae, solo di rado tutte le sue fibre generano forza. Alcune
unità motorie sono attive, mentre le fibre delle altre unità semplicemente le
accompagnano, accorciandosi in modo passivo in risposta alle forze sviluppate dalle
fibre che si contraggono attivamente. Quando è richiesto lo sviluppo di forze maggiori,
il sistema nervoso può attivare alcune delle fibre che erano a riposo, aumentando il
numero totale di fibre attive. Un incremento delle unità motorie attive viene chiamato
reclutamento.
I vari muscoli differiscono tra loro per il numero delle unità motorie che essi
contengono. All’interno del muscolo, le varie unità motorie differiscono per il numero di
fibre che le compongono, per il diametro e per la forza di queste fibre. Inoltre, le unità
motorie che sono formate da fibre muscolari più grandi tendono anche ad avere un
numero maggiore di fibre.
Le fibre muscolari
Alcuni muscoli contengono in massima parte fibre dette a contrazione lenta, che si
contraggono in modo relativamente lento. In altri, predominano le fibre a contrazione
rapida, capaci di contrarsi in modo relativamente veloce. In altri muscoli ancora la
porzione tra le fibre rapide e quelle lente è all’incirca uguale. Le fibre rapide
raggiungono il picco di tensione più velocemente rispetto a quelle lente. Le differenze
tra le fibre rapide e quelle lente non dipendono dalle loro dimensioni o dalla loro forma,
ma piuttosto dal tipo di miosina che costituisce i loro filamenti spessi. La cosiddetta
miosina rapida ha una capacità intrinseca di idrolizzare ATP più velocemente della
miosina lenta, e questa maggiore attività ATPasica è strettamente correlata con la
velocità di contrazione delle fibre. La maggiore velocità con cui viene scisso l’ATP nella
miosina rapida implica che questa forma di miosina possa completare un numero
maggiore di cicli dei ponti trasversali in un secondo, da cui deriva il fatto che i
sarcomeri si accorciano più rapidamente, a parità di condizioni.
Differenze riguardanti il meccanismo di produzione di ATP: fibre glicolitiche e
fibre ossidative
Anche se tutte le fibre muscolari sono in grado di produrre ATP, esse differiscono tra
loro in base alla loro capacità di utilizzare l’una o l’altra via metabolica (fosforilazione
ossidativa e fosforilazione a livello del substrato). Per questa ragione le fibre sono
state suddivise in due categorie.
Le fibre glicolitiche contengono un’elevata concentrazione di enzimi glicolitici nel
citoplasma e quindi possono produrre rapidamente ATP attraverso la via glicolitica
(fosforilazione a livello del substrato); queste fibre hanno una capacità relativamente
bassa di sintetizzare ATP mediante fosforilazione ossidativa perché contengono un
basso numero di mitocondri. Hanno maggiori dimensioni e sono circondate da pochi
capillari.
Al contrario, le fibre ossidative sono ricche di mitocondri e hanno un’elevata capacità di
produrre ATP mediante la fosforilazione ossidativa. Esse contengono basse
concentrazioni di enzimi glicolitici e quindi hanno una bassa capacità glicolitica. Sono
più piccole e ben vascolarizzate. Un ricco apporto di capillari assicura un rapido
rilascio di ossigeno al liquido interstiziale che circonda le fibre, mentre il diametro
ridotto di queste fibre riduce la distanza che l’ossigeno deve superare diffondendosi
per raggiungere i mitocondri.
Un’altra differenza è che le fibre ossidative contengono una proteina che lega
l’ossigeno, nota come mioglobina (molecola di colore rossastro che lega l’O2 in modo
reversibile), mentre le fibre glicolitiche ne sono sprovviste. Visto che la mioglobina
conferisce un colore rosso alle fibre ossidative, tali fibre sono spesso chiamate fibre
rosse; al contrario, quelle glicolitiche che sono prive di mioglobina e di colorazione che
tende al rosso, sono chiamate fibre bianche.
Le fibre glicolitiche producono ATP in maniera meno efficiente rispetto alle fibre
ossidative, perché sintetizzano un numero minore di molecole di ATP. Tuttavia, le fibre
glicolitiche sono maggiormente in grado di produrre ATP quando la disponibilità di O2
è bassa, poiché la glicolisi non richiede la presenza di ossigeno. Quando le fibre
glicolitiche producono ATP a velocità elevata, viene generato acido lattico come
prodotto secondario perché queste cellule hanno una bassa capacità ossidativa.
Le fibre muscolari, quindi, sulla base della loro velocità di contrazione possono
essere classificate come fibre rapide o lente; sulla base delle loro capacità
metaboliche, invece, sono classificate come fibre glicolitiche e ossidative.
Sono state individuate 3 classi principali di fibre muscolari scheletriche:
1. Fibre lente ossidative;
2. Fibre rapide glicolitiche;
3. Fibre rapide ossidative;
Le fibre lente ossidative contengono il tipo lento di miosina e presentano un’alta
capacità ossidativa, essendo in grado di produrre la maggior parte dell’ATP mediante il
processo di fosforilazione ossidativa;
Le fibre rapide glicolitiche contengono miosina di tipo rapido ed hanno un’elevata
capacità glicolitica, producendo la maggior parte dell’ATP attraverso la glicolisi.
Le fibre rapide ossidative possiedono un’elevata capacità ossidativa e contengono il
tipo rapido di miosina.
Le fibre lente ossidative presentano un diametro minore e sono in grado di sviluppare
forze di bassa entità; le fibre rapide glicolitiche hanno maggiori dimensioni e
sviluppano le forze più grandi; le fibre rapide ossidative presentano proprietà
intermedie.

MUSCOLO LISCIO E CARDIACO


Il muscolo liscio, che prende il suo nome dalla mancanza delle striature caratteristiche
del muscolo scheletrico e di quello cardiaco, è il tipo di muscolo che si trova negli
organi interni, nei vasi sanguigni ed in altre strutture che non sono sotto il controllo
volontario. Le funzioni che esso svolge dipendono dall’organo in cui esso si trova.
Come il muscolo scheletrico, il muscolo liscio è costituito da filamenti spessi e sottili e
genera forza attraverso il ciclo dei ponti trasversali. Tuttavia, i filamenti non sono
organizzati in sarcomeri, fatto che giustifica la mancanza delle striature. Anche se i
filamenti spessi e sottili sono organizzati in parallelo, come nel muscolo scheletrico,
essi tendono a decorrere obliquamente in varie direzioni e, di conseguenza, le
contrazioni avvengono lungo assi diversi. I corpi densi, punti di adesione tra questi
filamenti e il tessuto connettivo, servono a trasmettere la forza contrattile all’esterno
della cellula.

Meccanismo dell’accoppiamento eccitamento-contrazione


Le contrazioni del muscolo liscio sono regolate dal calcio intracellulare, ma il RS non è
così sviluppato come quello del muscolo scheletrico. Inoltre, la maggior parte del calcio
che innesca la contrazione proviene dall’esterno della cellula, poiché quando la cellula
è depolarizzata, i canali del calcio voltaggio-dipendenti presenti nella membrana si
aprono, permettendo il passaggio del calcio verso l’interno. La depolarizzazione della
membrana provoca anche il rilascio del calcio dal RS. Nel muscolo liscio, il calcio
presente nel citosol attiva il meccanismo dei ponti trasversali e la contrazione non è
attivata dal sistema troponina-tropomiosina come nel muscolo scheletrico. Infatti, la
contrazione nel muscolo liscio inizia quando il calcio si lega in modo reversibile alla
calmodulina. Questo legame induce una modificazione conformazionale che rende il
complesso calcio-calmodulina capace di legarsi ad un enzima detto chinasi della
catena leggera della miosina (MLCK), provocandone l’attivazione. Una volta attivata,
la MLCK catalizza la fosforilazione dei ponti trasversali della miosina, che si attivano
innescando il ciclo dei ponti trasversali. Il segnale del calcio ha come bersaglio il
filamento di miosina, mentre nel muscolo scheletrico il bersaglio è il filamento di actina,
perché questa è la sede in cui sono localizzate la troponina e tropomiosina. A seguito
della fosforilazione della MLCK, la miosina interagisce con l’actina.
MLCP: fosfatasi che defosforila la MLCK provocando il rilassamento muscolare.

Le fosfatasi (MLCP), che attivano la miosina rimuovendo i gruppi fosfato, entrano in


competizione con la MLCK; di conseguenza, l’attivazione della miosina può avvenire
solo quando è presente una quantità di calcio abbastanza alta da attivare la MLCK in
modo sufficiente a vincere l’azione della fosfatasi.
Il meccanismo dell’accoppiamento eccitamento-contrazione del muscolo liscio
richiede più tempo sia a dare inizio che a porre termine alla contrazione. Questa
condizione non limita il muscolo perché esso non è stato propriamente costruito per la
velocità. L’attività ATPasina della miosina nel muscolo liscio è da 10 a 100 volte più
bassa rispetto a quello del muscolo scheletrico e di conseguenza la contrazione della
muscolatura liscia è un processo più lento.

Regolazione nervosa della contrazione


Al contrario della muscolatura scheletrica, che è controllata da motoneuroni, la
muscolatura liscia è controllata da neuroni del sistema nervoso autonomo. Un’altra
differenza tra muscolatura liscia e scheletrica riguarda la specificità delle connessioni.
Nel muscolo scheletrico, lo stimolo nervoso è inviato ad ogni cellula individualmente,
perché le terminazioni dei motoneuroni sono collegate a cellule specifiche mediante la
giunzione neuromuscolare. Al contrario, le cellule del muscolo liscio non ricevono lo
stimolo nervoso tramite connessioni sinaptiche specifiche. Il neurotrasmettitore viene
liberato da varicosità (rigonfiamenti), situate a intervalli regolari lungo tutto l’assone, e
viene distribuito ad un vasto gruppo di cellule, situate anche a distanza da esso. Di
conseguenza, le cellule muscolati contigue tendono a contrarsi o rilasciarsi tutte
insieme. Questa attività sincrona è anche dovuta alla presenza, nel muscolo liscio, di
giunzioni comunicanti che consentono agli ioni di spostarsi da una cellula all’altra. In tal
modo, quando si origina un segnale elettrico in una cellula, esso diffonde a tutte quelle
vicine.
Le cellule muscolari lisce differiscono da quelle scheletriche anche per quanto riguarda
il segnale elettrico che viene generato in risposta allo stimolo nervoso. Le cellule del
muscolo scheletrico rispondono sempre al segnale nervoso con un potenziale d’azione
che avvia una scossa muscolare uguale di volta in volta; anche nelle cellule muscolari i
potenziali d’azione possono indurre contrazioni simili a scosse più lente, ma non
sempre questo avviene.
Nel muscolo liscio non ci sono i sarcomeri, e quindi non c’è l’alternanza delle bande
scure e chiare; in esso prevalgono i filamenti sottili, mentre in quello striato i filamenti
spessi e sottili sono in rapporto 2:1;
Nel muscolo liscio non ci sono le linee Z ma i filamenti di actina e miosina sono legati
ad una struttura chiamata corpo denso se i filamenti si trovano nel citoplasma o area
densa se si trovano a ridosso della membrana plasmatica della cellula muscolare.

Muscolo liscio unitario e multiunitario


I vari tipi di tessuto muscolare liscio si differenziano per la disposizione delle giunzioni
comunicanti e per le caratteristiche dell’innervazione. In alcune regioni, la maggior
parte delle cellule muscolari lisce non è collegata mediante giunzioni comunicanti ma,
al contrario, esse sono in gran parte separate e riccamente innervate; questo tipo di
muscolatura liscia prende il nome di muscolatura liscia multiunitaria. Le cellule
muscolari sono disposte parallelamente tra loro e interspaziate le une con le altre
quindi non sono interconnesse, ma il neurone si intercala negli spazi intracellulari
garantendo l’innervazione;
In altre regioni, le cellule sono ampiamente collegate mediante giunzioni comunicanti
molto sviluppate, così che i segnali elettrici che si sviluppano in un numero di cellule si
propagano a tutte le altre; questo tipo di muscolatura liscia è innervata da pochi
neuroni e viene chiamata muscolatura liscia unitaria.
Attività pacemaker
In alcuni casi, le cellule muscolari lisce generano depolarizzazioni spontanee che
avvengono in modo regolare e che possono essere o meno accompagnate da
potenziali d’azione. I potenziali pacemaker sono costituiti da lente depolarizzazioni
indotte da una o più delle seguenti variazioni di permeabilità di membrana: aumento
della permeabilità al sodio o al calcio, diminuzione della permeabilità al potassio.

IL MUSCOLO CARDIACO
È simile a quello scheletrico, in quando presenta una striatura, ha la stessa struttura
del sarcomero e sviluppa contrazioni che sono sotto il controllo del sistema troponina-
tropomiosina. Le cellule del muscolo cardiaco sono simili a quelle del muscolo liscio, in
quanto sono in gran parte collegate fra loro da giunzioni comunicanti e il potenziale
d’azione, una volta generato, si propaga a tutta la rete cellulare.
I potenziali d’azione cardiaci sono ampi e durano centinaia di millisecondi. Poiché esse
durano quasi tutto il tempo che occorre alle cellule cardiache per contrarsi e rilasciarsi,
nel muscolo cardiaco la sommazione delle contrazioni non si può verificare, anche
quando la frequenza dei potenziali d’azione è elevata e il cuore si contrae
rapidamente.
Alcune cellule del muscolo cardiaco, concentrate in due regioni dette nodo senoatriale
e nodo atrioventricolare, sono dotate di attività pacemaker. Il battito cardiaco è avviato
da potenziali d’azione che originano dalle cellule pacemaker e non dipende dalla
stimolazione nervosa. Poiché il segnale da cui si originano il battico cardiaco nasce
all’interno del muscolo cardiaco stesso, l’attività contrattile del muscolo viene detta
miogena, mentre quella del muscolo scheletrico è chiamata neurogena. Pacemaker
miogeno (vertebrati), pacemaker neurogeno (invertebrati).

Integrazione sbobina
Il muscolo cardiaco fa parte dei muscoli strati
ma la differenza del muscolo cardiaco con il
muscolo scheletrico è che nel muscolo
scheletrico le cellule sono longitudinali,
allungate, disposte parallelamente tra di loro,
plurinucleate, sono indipendenti l'una dall'altra e
la contrazione è volontaria, quindi indotta dal
sistema nervoso mentre nel muscolo cardiaco
le cellule sono mononucleate, collegate
elettricamente tra loro e la contrazione è
involontaria, il cuore è innervato ma non è
necessaria per avviare la contrazione ma serve
per regolare l'intensità della tensione.
Nel cuore è presente una zona molto importante a livello del nodo senoatriale che è
costituita da particolari cellule muscolari alle quali viene dato il nome di pacemaker
cioè è un pacemaker endogeno costituito da cellule che sono in grado di generare in
maniera spontanea un potenziale d'azione.

Questo grafico ci dice che le cellule che


costituiscono il pacemaker sono cellule il cui
Vm cambia continuamente e quindi si ha una
depolarizzazione che stimola il potenziale
d’azione. Una volta generato, dato che le
cellule cardiache sono collegate
elettricamente tra di loro, ecco che il potenziale d’azione proveniente dal pacemaker si
diffonde al resto delle cellule muscolari.

Un’altra peculiarità delle cellule muscolari


cardiache è il tipo di potenziale in quanto ha una
durata maggiore rispetto a quello presente nelle
cellule muscolari scheletriche ed è
caratterizzato da una fase di plateau, questo è
importantissimo per le funzionalità del cuore,
perché impedisce che si abbiano contrazioni
vicine permettendo così al cuore di potersi
rilassare completamente per riempirsi e poi
contrarsi con tempo sufficiente per poter
svuotare completamente le camere → quindi è
impossibile che si verifichi il tetano. In breve, la
durata del potenziale d’azione riflette il lavoro
che il cuore deve compiere.
Il pacemaker nei vertebrati è costituito da cellule muscolari mentre negli invertebrati è
costituito da cellule nervose.

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