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L’ARBITRATO

L’ARBITRATO (ART. 806 c.p.c.) è lo strumento attraverso il quale le parti sottraggono al


giudice ordinario la risoluzione di una determinata controversia per rimetterla a privati. Da
questo punto di vista, il giudizio arbitrale ha, in un certo senso, funzione sostitutiva della
giurisdizione, pur dovendosi precisare che tale funzione si manifesta soltanto nel momento
logico o intellettivo del giudizio, il quale, nel momento in cui il lodo acquista efficacia di
sentenza, attraverso l’exequatur del tribunale, rientra nell’alveo della giurisdizione ordinaria.
In un primo momento questo strumento era inteso quale l’antagonista del processo. Nell’attuale
realtà storico sociale, tuttavia, il ricorso al giudizio arbitrale è divenuto così frequente da indurre
il legislatore ad adeguare la normativa esistente ai nuovi traffici.
La L. 25 /1994, infatti, non considera più l’arbitrato come l’antagonista del processo civile, ma
piuttosto lo presenta come un percorso alternativo in grado di rispondere alla crescente
domanda di giustizia in maniera più flessibile e semplificata.

Il D.Lgs n. 40 /2006 ha riformato profondamente la disciplina del codice di rito in tema di


arbitrato.

Il codice di rito disciplina due tipologie di arbitrato:

ARBITRATO RITUALE => lodo con efficacia di sentenza;


ARBITRATO IRRITUALE => lodo con efficacia contrattuale.

L’arbitrato c.d. rituale ha la propria fonte nella “convenzione di arbitrato”, un negozio


giuridico attraverso il quale le parti possono deferire un giudizio ad uno o più arbitri. Esso può
assumere due forme, clausola compromissoria e compromesso.
Attraverso la CLAUSOLA COMPROMISSORIA(ART.808 c.p.c. ), le parti, nel contratto che stipulano
o in un atto successivo, stabiliscono che le controversie che dovessero tra di loro insorgere in
ordine alla interpretazione o esecuzione del medesimo siano decise da arbitri.
Il COMPROMESSO, invece, è l’accordo con il quale le parti deferiscono ad arbitri una controversia
tra di loro già insorta (art. 807 c.p.c.).
La clausola compromissoria ed il compromesso devono entrambi essere stipulati per iscritto
e determinare l’oggetto della controversia, a pena di nullità, nonché contenere la nomina degli
arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli. Se inserita in contratti-tipo o
nelle condizioni generali di un contratto, la clausola necessita di specifica approvazione per
iscritto, in quanto clausola vessatoria.

L’art. 832 c.p.c. prevede, poi, che la convenzione di arbitrato possa rinviare ad un
REGOLAMENTO ARBITRALE PRECOSTITUITO. In coerenza con l’assetto legislativo generale, è sancito
che nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal
regolamento, prevalga la convenzione di arbitrato.

Nel dubbio la convenzione di arbitrato va interpretata come estesa a tutte le controversie che
derivano dal contratto o dal rapporto cui la stessa si riferisce (art. 808quater: interpretazione
della convenzione di arbitrato).

L’eventuale conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito, non fa venir
meno la convenzione di arbitrato (art.808 quinquies: efficacia della convenzione d’arbitrato).

OGGETTO

La possibilità di ricorrere all’arbitrato non è assoluta, ma circoscritta alle sole controversie


riguardanti i DIRITTI DISPONIBILI (ART. 806 C.1 C.P.C.), fatti salvi gli espressi divieti di
legge (es. sono espressamente sottratte alla disponibilità delle parti le controversie
previdenziali). Il secondo comma del novellato art. 806 c.p.c. dispone che le controversie di
lavoro possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti/accordi
collettivi.
Con l’art. 808 bis, inoltre, è introdotta la possibilità di deferire ad arbitri anche la risoluzione di
controversie future relative a determinati rapporti non contrattuali determinati, con apposita
convenzione a forma scritta. Ne consegue che potranno essere deferite ad arbitri le controversie
per atti di concorrenza sleale da responsabilità precontrattuale, quelle risarcitorie da fatto
illecito, anche ove penda procedimento penale.

NOMINA E SOSTITUZIONE DEGLI ARBITRI

Nel compromesso e nella clausola compromissoria devono essere nominati gli arbitri, in numero
dispari, o i criteri per la nomina.

Se non è indicato il numero, gli arbitri sono tre: in caso di indicazione di un numero pari di
arbitri, se le parti non hanno diversamente convenuto, il Presidente del tribunale nomina un
ulteriore arbitro (art. 809 c.p.c.).

Quando gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse può rendere nota all’altra
gli arbitri o l’arbitro nominati, mediante atto notificato per iscritto, con invito a procedere alla
designazione dei propri, con atto da notificarsi nei venti giorni successivi. In mancanza di tale
nomina, la parte può chiedere, con ricorso, che l’arbitro sia nominato dal Presidente del
tribunale nella cui circoscrizione si trova la sede dell’arbitrato (art. 810 c.p.c.).

Se uno o più arbitri vengono a mancare, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto
stabilito nel compromesso o nella clausola compromissoria (art. 811 c.p.c.) o in subordine, a
norma dell’art. 810 c.p.c.
Tale disposizione, inoltre, si applica all’ipotesi in cui il terzo, cui demandata la nomina, non via
abbia provveduto.

Il novellato art. 812 c.p.c. prevede la generale capacità ad essere nominati arbitri, con
esclusione di chi sia privo in tutto o in parte della capacità legale di agire.

ACCETTAZIONE DEGLI ARBITRI

Sempre in un’ ottica formalista, l’accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può
risultare dalla sottoscrizione del compromesso ovvero del verbale della prima riunione (art. 813
c.p.c.). Agli arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale. Questa norma dovrebbe
contribuire a dirimere il contrasto fra chi ritiene sostiene la concezione pubblicistica dell’arbitrato
e chi quella privatistica, in favore della seconda.

OBBLIGHI E RESPONSABILITA’ DEGLI ARBITRI

Gli arbitri sono tenuti all’espletamento delle funzioni arbitrali e del procedimento con cui far
valere la conseguente decadenza dell’arbitro inadempiente.
Rilevanti novità sono state introdotte dall’art. 813ter in tema di responsabilità di arbitri, con la
previsione secondo cui risponde dei danni cagionati alle parti l’arbitro che:
 Con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato
decaduto ovvero ha rinunciato all’incarico senza giustificato motivo;
 Con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato
a norma degli artt. 820 e 826 c.p.c.
Si è, quindi, esteso anche agli arbitri l’ambito applicativo della L. 117 /1988 (sulla responsabilità
civile dei magistrati).
L’azione di responsabilità può essere proposta in pendenza di giudizio arbitrale soltanto nel caso
previsto dal co. 1, n. 1, ossia nel caso in cui l’arbitro per dolo o colpa grave abbia omesso o
ritardato atti dovuti, ed è stato perciò dichiarato decaduto o abbia rinunciato all’incarico senza
giustificato motivo. Se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità può essere proposta
soltanto dopo l’accoglimento dell’impugnazione con sentenza passata in giudicato e per motivi
per cui l’impugnazione è stata accolta. Ciascun arbitro risponde solo per fatto proprio.
RICUSAZIONE DEGLI ARBITRI

Gli arbitri possono essere ricusati (art. 815 c.p.c.)


La parte che abbia nominato o contribuito a nominare un arbitro, può ricusarlo, ma solo per
motivi conosciuti dopo la nomina.

L’arbitro può essere ricusato:


 Se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti;
 Se egli stesso o un ente , associazione o società di cui sia amministratore, abbia interesse
nella causa;
 Se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale
abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti, o di alcuno dei
difensori;
 Se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con
un suo rappresentante legale o con alcuno dei suoi difensori;
 Se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la
controlla, o a società sottoposta a comune controllo da un rapporto di lavoro subordinato,
o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da
altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l’indipendenza;
inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti;
 Se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase
della vicenda o vi ha deposto come testimone.

La ricusazione va fatta valere mediante ricorso al presidente del tribunale entro il termine
perentorio di dieci giorni dalla notifica della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa
di ricusazione. Il Presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l’arbitro ricusato e
le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni. La proposizione dell’istanza di
ricusazione non sospende il procedimento arbitrale, salvo diversa determinazione degli arbitri.
Tuttavia, se l’istanza è accolta, l’attività compiuta dall’arbitro ricusato o con il suo concorso è
inefficace.

DIRITTI DEGLI ARBITRI (ART. 814 c.p.c.)

Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e dell’onorario per l’opera prestata, se non vi
hanno rinunciato al momento dell’accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute
solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro.
PROCEDIMENTO (artt. 816-819ter c.p.c.)

Le parti determinano la sede dell’arbitrato nel territorio della Repubblica, altrimenti


provvederanno gli arbitri nella loro prima riunione (art. 816 cpc). La sede dell’arbitrato, in
mancanza di diversa determinazione delle parti o degli arbitri, deve essere individuata nel luogo
in cui si stipula la convenzione di arbitrato. In caso di stipula all’estero, la sede dell’arbitrato si
radica in Roma.
Art. 816 bis cpc: Le parti possono stabilire le norme che gli arbitri devono osservare nel
procedimento. In mancanza di tali norme, gli arbitri hanno la facoltà di regolare lo svolgimento
del giudizio nel modo che ritengono più opportuno. Essi devono assegnare alle parti i termini per
presentare documenti e memorie e per esporre le loro specifiche repliche.
Gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri a uno di essi.
Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli arbitri provvedono con
ordinanza non soggetta a deposito e revocabile.

Tra le novità della nuova disciplina si segnala:


 Il potere/dovere degli arbitri di decidere sulla propria competenza solo se la validità il
contenuto, l’ampiezza della convenzione di arbitrato o la regolarità della loro costituzione
è oggetto di contestazione nel corso dell’arbitrato anche per ragioni sopravvenute nel
corso del procedimento;
 Il potere di conoscere dell’eccezione di compensazione nei limiti del valore della domanda,
anche se il concredito è estraneo alla convenzione di arbitrato;
 La facoltà degli arbitri di risolvere incidenter tantum tutte le questioni incidentali di
merito, anche se concernenti materie non demandabili ad arbitri, salvo che le stesse non
debbano essere decise con efficacia di giudicato per espressa disposizione legislativa; in
ogni caso, su domanda di parte, le questioni pregiudiziali sono decise con efficacia di
giudicato se vertono su materie che possono essere oggetto di convenzione di arbitrato.
In caso contrario, la decisione con efficacia di giudicato è subordinata alla richiesta di
tutte le parti;
 La facoltà degli arbitri di chiedere al Presidente del Tribunale della sede dell’arbitrato la
emissione dell’ordine di comparizione davanti a loro del teste da escutere che in
precedenza abbia rifiutato di convenire;
 La facoltà di nominare uno o più consulenti tecnici;
 La facoltà di richiedere informazioni alla Pubblica Amministrazione;
 È espressamente prevista l’applicabilità dell’art. 111 riguardante la successione a titolo
particolare nel diritto controverso, mentre, nelle ipotesi che danno luogo, dinnanzi
all’autorità giudiziaria ordinaria, ad interruzione, è dovere degli arbitri adottare misure
idonee ad assicurare il principio del contraddittorio;
 Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato
delle spese prevedibili, determinando la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna
parte, salvo diverso accordo delle parti;
 Le parti o gli altri arbitri possono autorizzare il presidente del collegio arbitrale a
deliberare le ordinanze circa lo svolgimento del procedimento. Su tutte le questioni che si
presentano nel corso del procedimento gli arbitri, se non ritengono di provvedere con lodo
non definitivo, provvedono con ordinanza revocabile non soggetta a deposito.
 Rapporti tra autorità giudiziaria ed arbitri in termini di competenza => la
competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della causa davanti al giudice, né
dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al
giudice. La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in
relazione a una convenzione d’arbitrato, è impugnabile a norma degli artt. 42 e 43; ne
consegue che la parte convenuta dinanzi al giudice ha l’onere di costituirsi e di sollevare
in comparsa la relativa eccezione di incompetenza per essere la controversia devoluta alla
competenza arbitrale; in mancanza, il giudizio, essendo ormai definitivamente preclusa la
delibazione della questione in rito, rimane incardinato dinanzi al giudice adito. Ciò
nonostante, la competenza arbitrale può radicarsi in riferimento ad altre controversie, pur
sussumibili nell’accennata convenzione di arbitrato, ma estranee al thema decidendum
sottoposto all’autorità giudiziaria. La pendenza della controversia in una sede non
impedisce, quindi,la proposizione della domanda nell’altra, né vi è priorità di un mezzo
rispetto all’altro.

IL LODO (ARTT. 820-826 CPC)

Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti li abbiano autorizzati, con
qualsiasi espressione, a pronunciare secondo equità.
L’art. 820c.p.c. prevede un termine di 240gg dall’accettazione della nomina per la pronuncia
del lodo, salvo che le parti non abbiano fissato un termine diverso.
Il termine convenzionale o legale può essere prorogato nei seguenti casi:
 mediante dichiarazioni scritte di tutte le parti indirizzate agli arbitri;
 dal Presidente del Tribunale su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri; l’istanza
può essere proposta fino allo scadere del termine.
Se le parti non hanno disposto diversamente il termine può essere prorogato di 180 gg nei
seguenti casi e per non più di una volta nell’ambito di ciascuno di essi:
 se debbono essere assunti mezzi di prova;
 se è disposta consulenza tecnica d’ufficio;
 se è pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale;
 se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è sostituito un arbitro unico.
In ogni caso il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante la sospensione del
procedimento. Dopo la ripresa di quest’ultimo, il termine residuo, se inferiore, sempre esteso a
90 gg.
ART. 821 CPC: Il decorso del termine è rilevante perché se una parte fa valere la decadenza
degli arbitri per il decorso del termine per l’emissione del lodo, gli stessi devono dichiarare
estinto il procedimento una volta verificata la maturazione della decadenza in esame.
ART. 823 CPC: Il lodo è deliberato a maggioranza di voti ed è redatto per iscritto. Esso deve
contenere:
 l’indicazione delle parti ed i nominativi degli arbitri;
 l’indicazione dell’atto di compromesso o della clausola compromissoria e dei quesiti
relativi;
 l’esposizione sommaria dei motivi;
 il dispositivo;
 l’indicazione della sede dell’arbitrato e del luogo o del modo in cui è stato deliberato;
 la sottoscrizione di tutti gli arbitri;
 La data delle sottoscrizioni.

EFFICACIA DEL LODO (ART. 824 BIS CPC)


Con il D.Lgs. n. 40/2006 il legislatore ha previsto che, mentre l’arbitrato rituale, che costituisce
la regola (in dubbio pro arbitrato rituale), dà luogo ad un lodo il quale ha gli stessi effetti di una
sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria dalla data della sua ultima sottoscrizione, salvo
quanto disposto dall’art. 825, l’arbitrato irrituale, il quale deve essere specificamente ed
espressamente previsto dalle parti in forma scritta, dà luogo ad un lodo con mera efficacia
contrattuale.

Il lodo ha efficacia vincolante tra le parti dalla data della sua ultima sottoscrizione. Il
deposito del lodo presso la cancelleria del tribunale nel cui circondario è posta la sede
dell’arbitrato serve solo per la dichiarazione di esecutività, conferita con decreto del Tribunale
sulla scorta della mera regolarità formale del lodo medesimo.
Oggi è reclamabile non solo il decreto che neghi l’esecutorietà del lodo, ma anche quello che
conceda l’exequatur; il reclamo è deciso con ordinanza dalla Corte d’Appello in camera di
consiglio e non più dal tribunale in composizione monocratica.
Con la riforma la correzione del lodo può essere chiesta agli arbitri solo entro l’anno dalla
comunicazione del medesimo; non solo per omissioni, errori materiali o di calcolo, ma anche nel
caso in cui non siano integralmente o parzialmente indicati il nome degli arbitri o delle parti o la
sede dell’arbitrato o la convenzione di arbitrato e/o le conclusioni delle parti.se gli arbitri non
provvedono o è trascorso l’anno dalla comunicazione l’istanza di correzione è proposta al
tribunale. Dopo il deposito del lodo l’istanza di correzione è proposta al Tribunale del luogo in cui
è stato depositato.

IMPUGNAZIONI (ARTT. 827-831 CPC)

Il lodo è soggetto all’impugnazione per NULLITÀ, per REVOCAZIONE e per OPPOSIZIONE DI


TERZO.

 NULLITA’ (art. 828 e 829 cpc)


o Convenzione di arbitrato invalida;
o Gli arbitri non sono stati nominati nelle forme e nei modi prescritti dagli artt. 806-815,
purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;
o Il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’art.
812;
o Il lodo ha pronunciato fuori dai limiti della convenzione d’arbitrato ovvero ha deciso nel
merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso;
o Il lodo non ha i requisiti indicati nei numeri 5-6-7- dell’art. 823;
o Il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto
dell’art. 821;
o Nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto
espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata;
o Il lodo è contrario da altro precedente lodo non è più impugnabile o a precedente
sentenza passata in giudicato, purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel
procedimento;
o Non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;
o Il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito
della controversia doveva essere deciso dagli arbitri;
o Se il lodo contiene disposizioni contraddittorie;
o Se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle
parti in conformità alla convenzione di arbitrato.

La parte che ha dato causa ad un motivo di nullità o che vi ha rinunciato o che ha eccepito nella
prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del
procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo.
ART. 830 CPC: La Corte d’Appello decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara
con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide una parte del lodo che sia scindibile dalle altre,
dichiara la nullità parziale.
Salvo volontà contraria di tutte le parti, la Corte d’Appello pronuncia anche sul merito, se la
causa è in condizione di essere decisa, ovvero rimette all’istruttore, se per la decisione del
merito è necessaria una nuova istruzione. In pendenza di giudizio, su istanza di parte, la Corte
d’Appello può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi.

 REVOCAZIONE (art. 831 c.1 e 2 cpc)

Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, può essere impugnato per revocazione:


o Se è l’effetto del dolo di una delle parti in danno all’altra;
o Se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo il lodo
oppure che la parte soccombente ignorava essere stati riconosciuti tali prima del lodo;
o Se dopo il lodo sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva
potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;
o Se il lodo è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

 OPPOSIZIONE DI TERZO (art. 831 c.3 cpc)


Il lodo è inoltre soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati dall’art. 404:
o Un terzo può fare opposizione contro un lodo passato in giudicato o comunque
esecutivo pronunciato tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. Gli aventi
causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione al lodo, quando è l’effetto
di dolo o collusione a loro danno.

Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si propongono davanti alla Corte
d’Appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato. La Corte d’Appello può riunire le impugnazioni
per nullità, per revocazione o per opposizione di terzo nello stesso processo, se lo stato della
causa preventivamente proposta consente l’esauriente trattazione e decisione delle altre cause.

L’arbitrato irrituale (o libero) è una forma di risoluzione convenzionale di una lite mediante atto
negoziale, impegnandosi a considerare come espressione della propria volontà quanto deciso
dagli arbitri.
Come sottolineato costantemente dalla giurisprudenza l’elemento distintivo tra arbitrato rituale e
irritale sta nel fatto che la funzione di quest’ultimo non è quella di risolvere un conflitto, bensì
quella di regolamentazione negoziale dei contrapposti interessi delle parti.
L’arbitrato irrituale deve essere specificamente ed espressamente previsto dalle parti in forma
scritta, dà luogo ad un lodo con mera efficacia contrattuale, peraltro annullabile dal giudice
competente per i seguenti motivi:
o Se la convenzione dell’arbitrato è invalida o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni
che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento
arbitrale;
o Se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione
arbitrale;
o Se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma
dell’art. 812;
o Se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di
invalidità del lodo;
o Se non è stato rispettato, nel procedimento arbitrale, il principio del contraddittorio.

IL LODO STRANIERO

I lodi stranieri sono pronunciati da un arbitro o da un collegio arbitrale all’estero.


Le disposizioni del codice di rito pongono a carico di chi voglia far valere nel territorio dello
Stato il lodo straniero l’onere di ricorrere al Presidente della Corte d’Appello nella cui
circoscrizione risiede l’altra parte (o della Corte d’Appello di Roma, se la controparte non risiede
in Italia), il quale, accertata la regolarità formale del provvedimento, ne dichiara con decreto
l’efficacia nella Repubblica, salvo che la controversia non potesse formare oggetto di
compromesso secondo la legge italiana o il provvedimento stesso contenga disposizioni contrarie
all’ordine pubblico (art. 839 c.p.c.).
Avverso il decreto che accorda o nega l’efficacia del lodo straniero è ammessa opposizione (da
proporsi con citazione) innanzi alla Corte d’Appello entro 30 giorni dalla comunicazione, nel caso
di decreto che neghi l’efficacia, ovvero dalla notificazione, nel caso di decreto che accordai
l’efficacia.
Le circostanze che anche in sede di opposizione ostano al riconoscimento ed all’esecuzione del
lodo straniero sono le seguenti:
 Invalidità dell’accordo compromissorio;
 La violazione del diritto di difesa;
 La pronuncia ultra petitum oppure fuori dai limiti del compromesso e della clausola
compromissoria;
 Difformità della costituzione del collegio arbitrale o del procedimento arbitrale dalle
statuizioni contenute nell’accordo intercorso tra le parti o, in mancanza di tale accordo,
dalla legge del luogo di svolgimento dell’arbitrato;
 L’ipotesi in cui il lodo non sia ancora divenuto vincolante per le parti o sia stato annullato
o sospeso da una autorità competente dello Stato nel quale, o secondo la legge del quale,
è stato reso.
A tali circostanze si aggiungono l’incompromettibilità della controversia secondo la legge italiana
e la contrarietà all’ordine pubblico delle disposizioni contenute nel lodo.
Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni internazionali.

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