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Corrispondenze e funzioni

L’attività fondamentale della mente umana consiste nello stabilire corri-


spondenze e relazioni tra oggetti; è anche per questo motivo che il concetto
di “corrispondenza” è uno dei più importanti della matematica.
Si ha una corrispondenza quando sono assegnati un insieme di partenza, det-
to dominio, un insieme di arrivo, detto codominio, e un insieme di collegamenti
(che possiamo pensare come delle frecce) che uniscono elementi del dominio con
elementi del codominio1 .
Il concetto di corrispondenza è dunque molto generale e si applica in sva-
riate situazioni, anche molto diverse e anche non appartenenti agli ambiti della
matematica:

• si ha una corrispondenza se consideriamo l’insieme dei fiumi come dominio


(insieme di partenza), l’insieme dei capoluoghi italiani come codominio (in-
sieme di arrivo) e colleghiamo ciascun fiume con tutti i capoluoghi italiani
che tale fiume attraversa (insieme di frecce della corrispondenza);

• si ha una corrispondenza se consideriamo l’insieme dei capoluoghi delle


regioni d’Italia come dominio, l’insieme delle squadre di calcio del cam-
pionato di serie A come codominio e colleghiamo ciascun capoluogo di
regione con le squadre di calcio che ivi hanno sede;

• si ha una corrispondenza se consideriamo l’insieme delle parole della lingua


italiana, l’insieme delle consonanti e colleghiamo ciascuna parola con ogni
consonante che vi compare (in questo caso non tutti gli elementi del domi-
nio hanno corrispondenti, poiché, ad esempio, la parola aia non contiene
consonanti e quindi non ci sono frecce di collegamento con alcun elemento
del codominio).
Osserviamo che ogni corrispondenza è invertibile, ovvero, invertendo il verso
delle frecce, si ha ancora una corrispondenza. La nuova corrispondenza ha per
dominio il codominio della corrispondenza di partenza e per codominio il domi-
nio della corrispondenza di partenza.

Esempio 1. Consideriamo la seguente corrispondenza, in cui il dominio è


l’insieme
A = {penna, libro, matita},
il codominio è l’insieme delle vocali:

B = {a, e, i, o, u}
1 L’unica cosa che non è ammessa è che da un elemento del primo insieme parta più di un

collegamento verso lo stesso elemento del secondo insieme.

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e ad ogni elemento dell’insieme A sono associate le vocali che compaiono nel
nome dello stesso elemento: ciò significa che la corrispondenza collega penna
con a ed e, libro con i ed o, matita con a ed i.
Se riflettiamo bene, la corrispondenza che abbiamo definito si limita a sce-
gliere alcune coppie sostantivo − vocale tra tutte le coppie possibili, che sono
molte di più: la coppia (penna, i), ad esempio, è una coppia sostantivo−vocale,
ma penna non contiene la vocale i e quindi questa coppia non viene scelta dalla
corrispondenza. Vengono selezionate soltanto quelle coppie che sono costituite
da sostantivi e vocali che si corrispondono, per cui la corrispondenza è perfetta-
mente descritta nel momento in cui indichiamo, nell’insieme delle coppie, quelle
costituite da elementi tra loro collegati. Possiamo anche dire che la corrispon-
denza viene a coincidere con l’insieme delle coppie selezionate.

A questo punto è necessario dare due definizioni.


Definizione 1. Dati due insiemi A e B, si chiama prodotto cartesiano di A
e B l’insieme di tutte le coppie in cui il primo elemento appartiene ad A e il
secondo elemento appartiene a B; il prodotto cartesiano tra A e B si indica con
A × B.
Definizione 2. Una corrispondenza C avente dominio A e codominio B è un
sottoinsieme del prodotto cartesiano A × B.
Nell’Esempio 1 abbiamo visto che ad un elemento del dominio possono anche
corrispondere più elementi del codominio. Esistono però corrispondenze che
rivestono un ruolo di particolare importanza in matematica e nelle scienze ap-
plicate, le corrispondenze univoche, cioè quelle corrispondenze in cui ad ogni
elemento del dominio viene associato al più un elemento del codominio. Una
corrispondenza univoca è anche detta funzione, come specificato nella seguente
definizione:
Definizione 3. Si dice funzione di A in B una corrispondenza univoca f tra
gli insiemi A e B, cioè una corrispondenza che associ ad ogni elemento x ∈ A
al più un elemento y ∈ B.
Per una funzione non si scrive f ⊂ A × B e nemmeno (x, y) ∈ f ; piuttosto essa
viene usualmente indicata in uno dei seguenti modi
f :A→B
f
x 7−→ y = f (x)
y = f (x), x ∈ A, y ∈ B
L’elemento y ∈ B che è il corrispondente di x viene detto immagine di x tramite
f.
Essendo una particolare corrispondenza tra due insiemi, anche una funzione
f : A → B viene a coincidere con un particolare sottoinsieme del prodotto
cartesiano A × B, chiamato grafico della funzione f e denotato con il simbolo
Gf : © ª
Gf = (x, y) ∈ A × B : x ∈ A, y = f (x) ∈ B .
Osservazione. La caratteristica principale del grafico di una funzione è che
nessuna retta parallela all’asse delle y può intersecarlo in due punti distinti. In
caso contrario avremmo che ad un particolare x ∈ A sono associati più valori di

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y ∈ B, venendo cosı̀ a mancare l’univocità. Ad esempio, la corrispondenza defi-
nita dall’equazione x2 + y 2 = 1, che graficamente rappresenta la circonferenza di
centro l’origine e raggio uguale a 1, non è una funzione, dato che tutte le rette di
equazione x = k, con −1 < k < 1, la intersecano in due punti. Abbiamo allora
un criterio per distinguere le curve che sono grafici di corrispondenze, ma non
sono grafici di funzioni, da quelle che invece rappresentano grafici di funzioni.

Dato che ad ogni elemento del dominio viene associato al più un elemento del
codominio, ovvero uno o nessuno, è opportuno dare la seguente definizione:
Definizione 4. Data una funzione f : A → B, si chiama insieme di definizione
di f l’insieme degli elementi di A che hanno un corrispondente in B:

Df = {x ∈ A : ∃y ∈ B tale che y = f (x)}



Se consideriamo la funzione f : R → R tale che f (x) = x, nessun numero reale
negativo ha un corrispondente poiché non esiste in R la radice quadrata di un
numero negativo; in tal caso l’insieme di definizione di f è l’insieme dei numeri
reali non negativi: Df = R+ o.
Può anche accadere (anzi, capita molto spesso...) che ci sia qualche elemento
di B che non è il corrispondente di alcun elemento di A, cosicché è giustificata
anche la definizione seguente:
Definizione 5. Data una funzione f : A → B, si chiama insieme immagi-
ne di f (o semplicemente immagine) l’insieme degli elementi di B che sono i
corrispondenti di qualche elemento di A:

Im(f ) = {y ∈ B : ∃x ∈ A tale che y = f (x)}

Se riprendiamo in considerazione la funzione radice quadrata, è chiaro che an-


che il suo insieme immagine è l’insieme dei numeri reali non negativi, dato
che la radice quadrata di un numero reale è non negativa per definizione e ogni
numero reale non negativo è la radice quadrata di un numero reale non negativo.

Tra tutte le corrispondenze le funzioni sono importanti anche perché deter-


minano una partizione dell’insieme di definizione. Infatti per ogni elemento
y ∈ Im(f ) è ben definito l’insieme

f −1 (y) = {x ∈ Df : f (x) = y}

detto controimmagine di y; al variare di y ∈ Im(f ) gli insiemi f −1 (y), non vuoti


e a due a due disgiunti, ricoprono tutto l’insieme di definizione di f .

Esempio 2. La funzione f : R → R , con f (x) = x − 1, ha come insieme di
definizione l’insieme
√ Df = {x ∈ R : x ≥ 1} e la sua immagine è R+
o , dato che
l’equazione x − 1 = y ha soluzione in Df se e soltanto se y ≥ 0.

In sostanza, l’insieme di definizione di una funzione è il suo dominio naturale,


ma una funzione può essere definita in qualunque insieme A0 ⊂ Df ; se dunque
consideriamo un insieme A0 ⊂ Df , la funzione f : A0 → R è detta restrizione di
f ad A0 .

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Consideriamo ora il semplice esempio della corrispondenza C, definita tra gli
insiemi A = B = {x ∈ N : −10 ≤ x ≤ 10}, che seleziona le coppie (x, y) ∈ A × B
tali che x2 = y. Si ha dunque

C = {(−3, 9), (−2, 4), (−1, 1), (0, 0), (1, 1), (2, 4), (3, 9)}

A partire da tale corrispondenza possiamo costruire la corrispondenza inversa,


C −1 :
C −1 = {(9, −3), (4, −2), (1, −1), (0, 0), (1, 1), (4, 2), (9, 3)}
ottenuta invertendo l’ordine in ogni coppia di C.
Risulta giustificata la seguente definizione
Definizione 6. Data una corrispondenza C ⊂ A×B, si chiama corrispondenza
inversa la corrispondenza C −1 ⊂ B ×A formata da tutte le coppie (y, x) ∈ B ×A
tali che (x, y) ∈ A × B.
Dopo aver osservato che per ogni corrispondenza esiste la corrispondenza inver-
sa, riprendiamo in considerazione l’ultimo esempio.
La cosa più interessante è che, pur essendo C una funzione, la corrispondenza
inversa C −1 non lo è. Allora ci poniamo questo problema: data una funzione
f : A → B, quali sono le condizioni per cui la sua inversa, f −1 , che è una
corrispondenza, sia ancora una funzione?
Spesso si richiede che l’invertibilità di una funzione sia globale, ovvero che
f −1 abbia B come insieme di definizione ed A come immagine; dato però che la
f è comunque definita in modo naturale su Df ⊂ A, affinché essa sia invertibile
globalmente è necessario che sia Im(f ) = B. Si ha cosı̀ la seguente definizione:
Definizione 7. Diciamo che una funzione2 f : A → B è suriettiva su B se
Im(f ) = B, cioè se per ogni y ∈ B esiste x ∈ Df tale che y = f (x).
In generale una funzione non è suriettiva, ma non per questo si può rinunciare
ad avere la funzione inversa. In sostanza la suriettività non è una proprietà
cosı̀ importante, dato che ogni funzione è suriettiva sulla propria immagine,
e ad essa si può rinunciare facilmente, senza troppi rimpianti: basta infatti
sostituire il codominio della funzione con la sua immagine perché la funzione
risulti automaticamente suriettiva, essendo ogni funzione suriettiva sulla propria
immagine per la definizione stessa di “insieme immagine”.
Posto dunque che la funzione inversa f −1 sia definita in Im(f ), essa associa
ad ogni elemento y ∈ Im(f ) tutti gli elementi dell’insieme f −1 (y). E’ dunque
necessario che quest’ultimo insieme sia costituito da uno ed un solo elemento;
ma questo equivale a dire che due elementi distinti dell’insieme di definizione
devono avere immagini distinte. Ciò porta a dare la definizione seguente:
Definizione 8. Diciamo che una funzione3 f : A → B è iniettiva se, comunque
scelti x1 , x2 ∈ Df , con x1 6= x2 , risulta f (x1 ) 6= f (x2 ).
Osservazione. Dalla definizione di iniettività segue immediatamente che una
funzione è iniettiva se ogni retta orizzintale ne interseca il grafico al più in un
punto; infatti, se una retta di equazione y = k interseca il grafico di una funzione
y = f (x) in due punti distinti P (x1 , k) e P (x2 , k), con x1 6= x2 , ciò significa che
2 La stessa definizione vale per una qualsiasi corrispondenza.
3 Anche in questo caso la stessa definizione si può dare per una qualsiasi corrispondenza.

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esistono x1 , x2 ∈ Df tali che f (x1 ) = f (x2 ) = k, e dunque la f non è iniettiva.

Osservazione. Una funzione che sia iniettiva e suriettiva è detta anche bijet-
tiva. Una funzione bijettiva f : A → B stabilisce tra gli insiemi A e B una
corrispondenza biunivoca, concetto fondamentale - ad esempio - per definire la
cardinalità di un insieme.

Abbiamo visto cosı̀ che la iniettività di una funzione è condizione necessaria e


sufficiente perché essa sia invertibile, ovvero ammetta funzione inversa. In que-
sto modo la funzione inversa è quella funzione f −1 : Im(f ) → Df che ad ogni
y ∈ Im(f ) associa l’unico elemento x ∈ f −1 (y), cioè l’unico x ∈ Df tale che
y = f (x).

Esempio 3. La funzione f : R → R, definita da f (x) = x3 per ogni x ∈ R, è


iniettiva e dunque ammette funzione inversa, che è evidentemente la funzione
“radice cubica”, definita da R in R: ad ogni y ∈ R essa associa quell’unico x ∈ R

tale che x3 = y. Si scrive x = 3 y.

Non sempre è tutto cosı̀ semplice, come si vede dagli esempi seguenti.

Esempio 4. Consideriamo la funzione f : R → R, definita da f (x) = x2 .


Essa ha come insieme di definizione R e come insieme immagine R+ o , ma non è
iniettiva, dato che, ad esempio, f (−5) = f (5) = 25; anzi, si ha f (−x) = f (x)
per ogni x ∈ R.
Se vogliamo risolvere l’equazione x2 = y, con © y√≥ 0, si hanno le due soluzioni
√ √ √ ª
+ y e − y; ciò equivale a dire che f −1 (y) = + y, − y . Tale funzione non
è dunque invertibile globalmente, ma spesso è necessario accontentarsi di una
invertibilità “locale”, ovvero si cerca l’inversa per una restrizione su una parte
dell’insieme di definizione. Nel caso in esame bisogna scegliere di restringere la
f al più grande sottoinsieme di Df in cui sia iniettiva, per esempio ai reali non
negativi (potremmo anche scegliere i reali non positivi).
La scelta non è comunque indolore, poiché si perde una parte dell’insieme
di definizione, però in cambio abbiamo la funzione inversa, ovvero la funzione
radice quadrata, che è definita in R+ o ed ha come insieme immagine ancora Ro ;
+
+ + 2
essa associa ad ogni y ∈ Ro quell’unico x ∈ Ro tale che y = x ; per la scelta

che è stata fatta si ha x = + y.

Esempio 5. Consideriamo ora la funzione sin(x), che è definita su tutto R ed


assume valori in R . Sappiamo tutti che tale funzione non è suriettiva su R,
poiché il suo insieme immagine è [−1, 1], e nemmeno iniettiva, essendo addi-
rittura periodica. Anche in questo caso, se vogliamo avere la funzione inversa,
dobbiamo individuare il più grande sottoinsieme di R in cui la nostra funzione
sia iniettiva.
£ Le¤ possibilità sono infinite, ma convenzionalmente si sceglie
£ l’in-¤
tervallo − π2 , π2 ; in tal modo la funzione sin(x), definita da [−1, 1] in − π2 , π2
risulta iniettiva e suriettiva e dunque invertibile. La funzione inversa,
£ indicata
¤
con arcsin(x) (si legge: “arcoseno” di x), è ovviamente definita in − π2 , π2 ed
assume valori in [−1, 1].

Esempio 6. Prendiamo infine in considerazione la funzione esponenziale, defi-


nita da R in R mediante l’equazione y = ex ; essa è iniettiva e inoltre suriettiva

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su R+ , cosicché è garantita l’esistenza della funzione inversa, log : R+ → R,
detta “logaritmo in base e” o anche “logaritmo naturale”.

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