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Nel Congresso di Vienna del 1815, Inghilterra, Austria, Russia e Prussia ridisegnano la geografia politica
dell’Europa per scongiurare la rinascita della potenza napoleonica o nuove fiammate rivoluzionarie:
- da una parte restaurano le monarchie assolute per riaffermare il diritto divino come unica forma legittima di
governo
- dall’ altra creano nuovi stati per mantenere in equilibrio le aree di influenza delle grandi potenze europee
Fino al decennio 1830-1840 il continente è dominato dalla Santa Alleanza tra le potenze assolutiste di Austria,
Russia e Prussia, che aboliscono molte innovazioni sociali, economiche e amministrative dell’età rivoluzionaria e
napoleonica; è l’epoca della Restaurazione.
Eppure in tutta l’Europa si riscoprono o si inventano identità nazionali che spesso non coincidono con il sistema
di stati instaurato dal Congresso di Vienna. Gli stessi funzionari napoleonici, reintegrati solo in parte nel nuovo
assetto amministrativo, organizzano clandestinamente l’opposizione ai governi legittimisti. In Italia nasce una
rete di associazioni segrete, la Carboneria, che cerca di rovesciare i sovrani assoluti.
Nel 1820-1821 una vittoriosa insurrezione di militari liberali spagnoli innesca rivolte in tutta Europa,
costringendo molti monarchi assolutisti a varare una costituzione che istituisce parlamenti elettivi e reintroduce
la libertà di parola, di stampa e di associazione. In Italia, i principali epicentri di questi moti, guidati da carbonari
e dagli ex ufficiali napoleonici, sono in Piemonte e nel Regno delle due Sicilie. Ma l’esercito austriaco sconfigge gli
insorti, ripristina la situazione precedente e apre la via alla repressione. La classe dirigente viene epurata, la
censura e il controllo poliziesco si induriscono, condizionando anche la vita culturale.
Nel 1830 in Francia una rivolta porta al trono Luigi Filippo che introduce riforme liberali e una costituzione che
abroga il principio del diritto divino. Luigi Filippo minaccia di bloccare col suo esercito eventuali interventi
armati della Santa Alleanza. In Italia carbonari e liberali si convincono che sia possibile rovesciare i sovrani
restaurati senza essere repressi dall’Austria. Perciò insorgono i ducati di Modena e Parma e i territori dello Stato
Pontificio. Ma l’Austria interviene, travolge gli insorti e innesca un’altra ondata repressiva, che spinge i patrioti
superstiti a emigrare. Questo secondo fallimento rende palese l’inefficacia delle sette carbonare: nel mondo degli
esiliati prende corpo un nuovo movimento, la Giovine Italia, guidato da Giuseppe Mazzini, che sostiene un
programma nazionalista e repubblicano.
In questi anni di rivolte represse nel sangue la vita culturale italiana è condizionata dal potere politico che,
sostenuto dalla Chiesa, cerca di bloccare la circolazione di idee di orientamento liberale o contrarie all’ortodossia
cattolica. La censura è praticata con particolare durezza nel Lombardo-Veneto, nello stato della Chiesa e nel
Regno delle due Sicilie, mentre è più tollerante in Toscana. L’istruzione pubblica gratuita e obbligatoria viene
abolita dappertutto tranne nel Lombardo-Veneto e l’insegnamento di base è affidato alle istituzioni
ecclesiastiche. Questo causa la sotto-occupazione degli intellettuali. Egli, escluso dal pubblico impiego deve
guadagnarsi da vivere con l’insegnamento provato o il lavoro editoriale nei grandi centri culturali, dove si
pubblicano libri e riviste, e si elaborano le nuove tendenze culturali e letterarie. Il centro dominante resta Milano,
dove l’incontro tra i primi imprenditori librari del periodo napoleonico e i tanti intellettuali esclusi dagli impieghi
pubblici porta allo sviluppo della prima moderna industria editoriale italiana, importante cassa di risonanza per
il movimento liberale e patriottico. Nasce qui la nuova figura del letterato di professione che vive degli incassi
delle sue opere e del lavoro di giornalista, traduttore e compilatore di antologie e volumi divulgativi. Qui i giovani
autori romantici lanciano e fondano il primo importante periodico di opposizione ottocentesco: “Il Conciliatore”,
una rivista che si richiama all’esperienza settecentesca del “Caffè” e non si indirizza più ai soli dotti ma a un
nuovo e più ampio pubblico da convincere con le armi della ragione. In Conciliatore diffonde con linguaggio
vivace e informale le principali innovazioni scientifiche, economiche e tecniche, le idee liberali e le proposte
letterarie romantiche, introducendo in Italia i temi chiave del dibattito europeo, ma p presto bloccato dalla
censura austriaca.
A Firenze la politica più tollerante del granduca rende possibili importanti iniziative editoriali, scientifiche e
pedagogiche, coordinate dall’operatore culturale svizzero Gian Pietro Vieusseux.
Nasce “L’Antologia”, che pubblica sia contributi dedicati all’economia, alla scienza, all’agronomia, sia testi e
recensioni di letteratura. Fino al 1883, quando l’Antologia è soppressa su pressione della Santa Alleanza, Firenze
contende quindi a Milano il ruolo di capitale culturale.
La rete dei centri culturali italiani si estende anche all’estero perché molti intellettuali vivono in esilio: è a Parigi,
Londra, Bruxelles e Ginevra che si elaborano nuove ipotesi politiche e culturali e si pubblicano i libri, le riviste e
gli opuscoli politici.
IL ROMANTICISMO
Tra la fine del ‘700 e i primi decenni dell’‘800 si impongono sulla scena culturale europea profondi mutamenti
della sensibilità, del gusto, delle categorie estetiche e delle pratiche creative. Filosofi, scrittori e artisti liquidano
l’estetica e le poetiche classiciste fondate sull’imitazione degli antichi modelli greci e latini. Anche i capisaldi
illuministi della razionalità e dell’universalismo cosmopolita sono messi in crisi da nuove generazioni di
intellettuali che attribuiscono più importanza alla sfera dei sentimenti individuali e alla dimensione religiosa e
tendono a valorizzare le diverse identità nazionali. Si celebra il fascino dell’architettura gotica del Medioevo e di
una natura pittoresca e irregolare, mentre si riscopre il teatro di Shakespeare. Sorgono nuovi generi come la
poesia sepolcrale, malinconiche meditazioni liriche sulla caducità umana ispirate dalla vista dei cimiteri, o il
tenebroso romanzo gotico, che attrae i lettori destando spavento, inquietudine, orrore con complicate storie di
maledizioni misteriose, assassini efferati e fanciulle in pericolo, ambientate sullo sfondo di sinistri manieri
medioevali. In particolare in questo periodo:
- Herder rifiuta i modelli temporali e razionalisti e apprezza l’architettura gotica e l’arte del medioevo e le sue
proposte sono raccolte da un gruppo di giovani scrittori che creano una nuova tendenza letteraria, poi
chiamata Sturm and Drang (tempesta e impeto).
- Goethe e Schiller, seguendo Shakespeare, scrivono tragedie che rompono la regola teatrale classicista delle
unità di tempo e di luogo, e smettono di ricavare personaggi e vicende tragiche dai miti greco- romani o dalla
Bibbia rivolgendosi invece alla storia medievale e rinascimentale tedesca.
- Burger fa rivivere le leggende fantastiche e spettrali del medioevo creando il nuovo genere letterario delle
ballate narrative di argomento soprannaturale.
Questa nebulosa di fenomeni convive con l’egemonia delle posizioni classiciste e illuministiche, che però
subisce scosse decisive nel decennio successive al 1789. Molti intellettuali, di fronte alle tragedie del Terrore e
delle continue guerre dell’età napoleonica, riflettono si contraddizioni e limiti della ragione illuminista. La
svolta matura fuori dai circuiti della cultura ufficiale francese. Uno dei suoi promotori fu Francois Renè de
Chateaubriand, che illustra con Il genio del cristianesimo (1802) le bellezze della religione cristiana demolita e
ridicolizzata dall’Illuminismo, riscuotendo successo in tuta Europa. All’acume razionale e ironico della filosofia
settecentesca, Chateubriand oppone la poesia dei sentimenti e la verità della religione. Un suo breve romanzo,
Renè (1802), ritrae le inquietudini interiori della generazione postrivoluzionaria. Il protagonista è assillato da
un dolore senza nome. È il primo profilo psicologico del mal du siecle ottocentesco: il vuoto interiore, che
Chateubriand presenta come il rovescio negativo del bisogno di un credo religioso.
La Francia perde la posizione centrale in filosofia e viene spodestata dalla Germania che inizia concepire lo
studio della filosofia ancorato alla teologia. Nasce l’idealismo che pone l’accento sul ruolo fondativo dell’io, cioè
del soggetto pensante che organizza i processi di conoscenza della natura e può superare anche la propria
finitezza e i limiti del non-io (il mondo) attraverso l’intuizione dell’ideale.
A Jena nasce la teoria del Romanticismo. Partiamo dicendo che Schiller sosteneva che l’avanzamento della
civiltà avesse provocato una frattura tra l’uomo e il mondo naturale: mentre gli antichi greci vivevano in una
serena unità con la natura, i moderni provano per la sua compiuta perfezione un rimpianto simile a quello che il
malato prova per la salute. Di qui la distinzione tra:
- il poeta ingenuo, che è natura e imita felicemente il mondo fenomenico con l’arte della limitazione
- il poeta sentimentale, che cerca la natura e trasforma la sua nostalgia nell’aspirazione a una superiore idealità
con l’arte dell’infinito.
Sviluppando questa dicotomia, Schlegel distingue tra:
- poesia classica, che ruotava attorno alla mitologia
- poesia romantica, che manca di un centro e deve crearsene uno nuovo, partendo dallo scavo nel profondo
dell’io.)
L’opera decisiva per la diffusione delle teorie romantiche è il suo Corso di letteratura drammatica (1811). A suo
parere il classicismo è governato dal principio meccanico dell’imitazione e dalla regola delle tre unità (azione,
tempo e luogo), mentre le letteratura romantica si fonda sull’originalità dell’ispirazione individuale e la
mescolanza dei generi.
In Italia e in Francia, roccaforti classiciste, si accendono i contrasti fra tradizionalisti e innovatori. In Inghilterra,
invece, i giovani scrittori non si sentono coinvolti da quelle teorie e da quei dibattiti, benché all’estero siano
considerati romantici perché non si attengono alle regole classiciste. La critica fisserà la data di avvio di un
Romanticismo inglese nel 1798, l’anno di pubblicazione delle Ballate liriche di Willian Wordsworth e di Samuel
T. Coleridge che introducono una consapevole rottura con la tradizione. I loro versi adottano un linguaggio
vicino alla comunicazione quotidiana, mettendo in scena anche personaggi popolari o esplorando, come nella
Ballata del vecchio marinario di Coleridge, i territori del mistero e del fantastico. In particolare la prefazione di
Wordsworth alla ristampa del 1800 sancisce un cruciale cambio di paradigma da un’estetica dell’imitazione a
un’estetica dell’espressione soggettiva, sostenendo che la poesia è lo spontaneo traboccare di forti sentimenti.
In poesia, l’importanza attribuita ai sentimenti individuali scatena un’esplosione della lirica: le pulsioni dell’io e
la dimensione evocativa prendono il sopravvento sugli aspetti descrittivi e argomentativi. L’epica esce
definitivamente di scena, sostituita da racconti in versi più vicini alle tradizioni popolari, come la ballata, o più
agili, come i poemi narrativi o teatrali con cui si impone George G. Byron. Nelle sue opere di maggiore successo,
come Il pellegrinaggio del giovane Aroldo (1812) o il Giaour (1813), uomini straordinari, trascinati da passioni
estreme, sfidano le regole della morale e della società per seguire la loro sola coscienza, tragicamente straziata
da colpe oscure e indicibili.
Nella prosa, il nuovo pubblico di massa decreta il successo del romanzo, un genere libero, senza modelli
costrittivi, mobile, accattivante, capace di adattarsi a ogni oscillazione del gusto e di tenere avvinghiati con il
suspence e le peripezie dell’intreccio lettori di ogni livello culturale. Dall’ Inghilterra Walter Scott conquista
subito il pubblico europeo con Waverley e Ivanhoe, creando il nuovo genere del romanzo storico attraverso la
sintesi di due grandi filoni della tradizione letteraria:
- da una parte il romance, il racconto epico-cavalleresco della tradizione romanza , il cui interesse ruota attorno
a fatti inconsueti o meravigliosi come storie d’amore o d’avventura, ricche di colpi di scena e intrighi,
ambientate nel Medioevo.
- dall’altra il novel, cioè il romanzo, la narrazione prosaica e realistica che descrive il corso ordinario delle
vicende umane, e la condizione moderna della società . Grazie a questa fusione il narratore trasporta i suoi
lettori in età remote, raccontando un mondo pittoresco e romantico, ma non inverosimile come quello del
romance.
In Italia, la polemica tra romantici e classicisti si accende a Milano, il centro più aperto agli influssi
internazionali. Nel 1816 la Biblioteca italiana pubblica l’articolo di Madame de Stael, Sulla maniera e utilità
delle traduzioni, che esorta gli italiani a tradurre le recenti poesie inglesi e tedesche per creare opere scaturite
dal cuore. Sono soprattutto i giovani scrittori che operano a Milano a sostenere la nuova poetica, atta a
ridiscutere la gerarchi degli autori, dei generi e dei procedimenti e conquistare uno spazio sulla scena
letteraria. Essi danno vita al primo gruppo di letterati di un paese neolatino che si autodefinisce romantico e
stendono dei saggi-manifesto scritti in forma giornalistica, narrativa e satirica, con una lingua scorrevole e
ricca di immagini comiche, vicina al modo di pensare dei contemporanei.
L’aristocratico liberale piemontese Ludovico di Breme con i suoi saggi, a cui Leopardi replica con Discorso
sulla poesia romantica, oppone alle regole e ai precetti classicisti il furore poetico e il patetico. Per lui la poesia
moderna è più abile ad analizzare ed esprimere il profondo e la vastità del sentimento come nei personaggi di
Byron, animi eccezionali lacerati dalla colpa e dal rimorso. Le antiche formule della mitologia gli appaiono
ormai un codice vuoto, mentre la poesia contemporanea deve rappresentare la spiritualità cristiana e le
conquiste scientifiche del mondo moderno.
Nell’ironica Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo, il borghese Giovanni Berchet sostiene che la
poesia deve essere popolare, cioè rivolgersi all’ampio ceto che ha attitudine alle emozioni e si trova a metà
strada tra i parigini, cioè la cerchia ristretta e sofisticata degli intellettuali, e gli ottentotti, cioè i selvaggi, la
plebe affamata e insensibile alla poesia. Per parlare ai vivi occorre interessare questo nuovo pubblico
borghese guardando ai tentativi delle più moderne nazioni europee, come le ballate di Burger, che Berchet
traduce per offrire un nuovo modello di letteratura moderna.
Tra il 1820 e il 1840 una nuova generazione di scrittori rinnova l’intero sistema dei generi, dei motivi e dei
procedimenti mentre, in accordo con le esigenze di un’industria editoriale in rapida crescita, cerca di
conquistarsi nuovi lettori. Nel conflitto tra classicisti e romantici si scontrano due opposte concezioni del
rapporto tra letteratura e società . Per i primi le opere devono emulare la perfetta bellezza dei classici antichi e
moderni, anche a costo di riuscire accessibili solo a pochi. Per gli altri è decisiva la ricerca della sintonia con la
mentalità dei contemporanei. Come scrive Manzoni nel 1823 nella sua lettera Sul Romanticismo indirizzata al
marchese Cesare D’Azeglio, occorre scegliere gli argomenti che suscitano curiosità e affezioni nella massa dei
lettori, invece di quelli apprezzati per abitudini scolastiche da una classe sola di lettori. Sulla scena letteraria
si impone Manzoni, che entra nella battaglia classico-romantica con opere subito tradotte in tutta Europa. Le
sue poesie religiose e patriottiche, le sue tragedie e soprattutto il suo romanzo lo consacrano come grande
scrittore nazionale sia presso il grande pubblico sia nella ristretta cerchia degli intellettuali.
Siccome l’innovativo teatro di Manzoni è concepito più per la lettura che per la recitazione, sui palcoscenici si
affermano opere più facili e spettacolari, in cui il linguaggio enfatico, i toni patetici o lacrimosi, le passioni e la
violenza puntano al massimo coinvolgimento emotivo del pubblico.
Nella poesia la novità della lirica leopardiana è apprezzata solo da ristrette minoranze di lettori. Dominano la
scena i modelli metrici e lessicali imposti dai versi religiosi e patriottici di Manzoni con la loro rinnovata
partitura ritmica, che è più accattivante per il lettore medio; infatti la svolta si ha nel 1827 con l’uscita dei
Promessi Sposi. Anche Le mie prigioni di Silvio Pellico diventano un bestseller internazionale e si guadagnano
in Italia una popolarità seconda solo a quella dei Promessi Sposi. Pellico racconta le sue sofferenze di recluso
nelle carceri austriache, tacendo le ragioni della militanza patriottica che gli era costata la condanna e dando
rilievo invece al suo tormentato itinerario di riscoperta della fede cattolica, che lo conduce alla pace interiore.