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Dispensa su classificazione ed identificazione procarioti e virus

Questa dispensa è una integrazione al libro di testo, il libro va comunque studiato

Capitolo 10, pag. 346-348: Identificazione e classificazione

differenza nella definizione di specie (e ceppo) batterica ed eucariotica: la specie eucariotica può essere definita
come l’insieme degli organismi tra loro simili ed interfecondi (che danno origine a prole fertile). Nella specie
procariotica (e anche nei virus) non è presente la ​interfecondità in quanto si dividono per scissione binaria e questo
rende più difficile la classificazione stessa. La specie batterica è costituita da un insieme di Ceppi che hanno in comune
caratteristiche fenotipiche e genotipiche. Quindi per individuare e classificare è indispensabile poter riconoscere
queste caratteristiche. ​Ceppo batterico​: batteri della stessa specie isolati da un singolo campione o ambiente. Nei
batteri (e anche nei virus) è molto importante non fermarsi alla definizione di specie perché ceppi diversi della stessa
specie possono avere caratteristiche patologiche molto diverse. Ceppi diversi di E. Coli possono esprimere tossine
diverse, o essere resistenti a diversi antibiotici (sappiamo e abbiamo studiato i motivi, ripassateli), cosi come ceppi
diversi di papillomavirus possono avere una diversa probabilità di generare un cancro nei tessuti infettati.

differenza tra classificazione e identificazione: Identificare significa ricercare la presenza di un microrganismo noto in
un determinato campione mentre classificare si intende raggruppare, cioè inserire un nuovo microorganismo
all’interno dei gruppi della tassonomia batterica o virale iniziata con Linneo. I gruppi tassonomici più importanti sono:
dominio o regno, philum, classe, ordine, famiglia, genere, specie. Per identificare la presenza di microrganismi in un
determinato campione le tecniche che si usano si basano sui caratteri fenotipici in particolar modo sulle
caratteristiche biochimiche e sono molto comode e veloci. Sono questi i test che vengono principalmente utilizzati
negli ospedali, sono poco costosi, veloci e molto precisi. Tuttavia, al giorno d’oggi, per classificare i caratteri che
vengono usati sono soprattutto i caratteri genotipici perché sono più precisi e grazie a questi sono stati classificati
come appartenenti a generi simili batteri che prima erano inseriti in generi diversi e viceversa. C'è da tener conto
infatti che analizzando i caratteri fenotipici possiamo commettere errori causati dal fenomeno della convergenza
evolutiva detta anche convergenza adattativa. La convergenza evolutiva è il fenomeno grazie al quale organismi di
specie diverse possono avere caratteristiche fenotipiche simili perché utili ad adattarsi nell'ambiente in cui vivono. Ad
esempio il pesce il Delfino hanno entrambe le pinne, ma questo non significa che sono di specie affini.sono molte le
caratteristiche genotipiche che possono essere utilizzate, ne analizzeremo alcune. In base a queste caratteristiche è
stato formulata una definizione batterica che ne tiene conto! La specie batterica è un insieme di Ceppi che hanno una
omologia nel loro DNA superiore al 70% e una differenza nella percentuale di CG inferiore al 2%

caratteristiche dei metodi genotipici ​nota: la tabella a pag. 347 va studiata e integrata con queste informazioni

% di CG (e di conseguenza anche di AT) si valuta attraverso la temperatura di melting che ci da appunto una
indicazione della percentuale dei nucleotidi a causa del diverso numero di legami a idrogeno tra A-T (due legami) e
C-G (tre legami).

L'omologia DNA-DNA (ultima voce della tabella pag 347) non si valuta ibridando realmente i due genomi da studiare,
ma si valuta sequenziando i genomi e appaiandoli via software (vedi più avanti)

Per le altre tecniche vedi più avanti nel testo

identificazione di batteri (e virus) pag. 375-380:

Metodi Immunologici e sierologici. Pag. 376

Questi test si basano prevalentemente sull’utilizzo di anticorpi in grado di riconoscere determinati antigeni presenti
nei batteri o nei virus che vogliamo individuare. Le specifiche tecniche immunologiche le avete descritte da pag. 526 a
pag. 528. In queste pagine il libro vi parla del test di precipitazione, immunofluorescenza ed ELISA.

Tutte queste tecniche si basano sul riconoscimento tra antigene batterico o virale e un anticorpo specifico.

Da questa necessità di riconoscimento nascono i problemi correlati alla specificità e alla sensibilità di questi test che
devono essere molto elevate per non incorrere in risultati falsi positivi o falsi negativi.
Per evitare la presenza di falsi positivi e negativi e per rendere un test riproducibile è necessario utilizzare anticorpi
monoclonali. (pag. 526)

In quanto i policlonali essendo derivati da cloni di linfociti diversi, generati per selezione clonale (ne abbiamo già
parlato e avete anche una dispensa su questo), saranno anche diversi tra loro e potrebbero avere una diversa affinità
per l’antigene o addirittura riconoscere epitopi diversi dello stesso antigene portando cosi alla presenza di alti numeri
di falsi negativi o falsi positivi.

Per creare un anticorpo monoclonale siamo costretti a creare gli ibridomi in quanto i linfociti non si replicano in
coltura per le generazioni necessarie alla produzione degli anticorpi in larga scala.

Test sierologici per il Covid 19

Sono test che ​non vanno alla ricerca del virus ma degli anticorpi
che il soggetto ha prodotto contro di esso

Per i motivi sopra descritti non è cosi semplice creare dei test
sierologici che non abbiano nessuna o comunque una bassa
probabilità di dare risultati falsi positivi e negativi. Per questo è
indispensabile che a livello nazionale vengano utilizzati test che
diano risultati certi nel 90% dei casi o più. Inoltre è anche
corretto che il test sia scelto identico per tutte le regioni,
altrimenti i dati non sarebbero confrontabili.

Il test effettuato sul sangue periferico prelevato dal dito è un


test di tipo qualitativo, cioè ci dice solo se l’individuo ha
prodotto o meno anticorpi contro il covid 19

Il test effettuato sul prelievo sangue è di tipo quantitativo, cioè ci dice quanti anticorpi sono stati prodotti.

una goccia di sangue è fatta scorrere su una piccola lastra contenente proteine virali colorate e anticorpi contro le
IgM e IgG umane attaccati su due linee orizzontali. Se il sangue contiene IgM o IgG contro le proteine virali, le igM o
igG si attaccano alle proteine virali e verranno riconosciute dagli anticorpi contro le IgM e IgG umane attaccate sulle
rispettive linee dove si manifesterà il colore

Differenza igM/igG.

Le igM sono i primi anticorpi che vengono prodotti, trovarli in un paziente significa che ha l’infezione in atto.

Le igG sono anticorpi che l’organismo produce dopo che l’infezione è stata debellata, trovarle in un paziente significa
che ha avuto il virus almeno due settimane prima.

Un test immunologico positivo deve essere seguito da un tampone (vedi più avanti nel testo)

Falsi negativi: nei primi giorni dell’infezione l’individuo è negativo al test in quanto nessun anticorpo è ancora stato
formato (la selezione clonale è lenta)

Falsi positivi: l’individuo può essere entrato in contatto nel passato con altri coronavirus che danno una reazione
positiva al test in quanto simili al covid 19.

Metodi molecolari per individuazione dei batteri pag. 376

Esistono molte tecniche per l’individuazione e anche la classificazione dei batteri dal punto di vista genetico. Queste
tecniche sono le stesse che si possono utilizzare anche nell’uomo per individuare mutazione e malattie genetiche

Le più comuni si basano sull’utilizzo della PCR (pag. 329) e normalmente NON richiedono una quantizzazione, ma solo
una individuazione
La PCR di per se è solo una tecnica che amplifica una regione di DNA e permette di selezionare la regione di
interesse per ottenerne milioni di copie. ​Deve essere quindi di solito associata ad altre tecniche per analizzare il
prodotto della PCR stessa​. Normalmente non è sufficiente la semplice corsa su gel di agarosio perché questa ci dà solo
una informazione cioè la lunghezza del DNA amplificato, ma specie diverse possono avere questa regione della stessa
lunghezza. Inoltre anche se ci fosse una differenza nella lunghezza il gel di agarosio non ha una risoluzione sufficiente
a renderle evidenti se queste differenze sono di pochi nucleotidi.

Il processo di individuazione che si basa sulla PCR può essere suddiviso in fasi:

1) Scelta del gene da ricercare nel campione


2) PCR
3) Scelta della tecnica per analizzare il prodotto della PCR

1) Scelta del gene da ricercare nel campione

Si sceglie un gene che deve essere ​conservato cioè deve essere presente in tutte le specie, altrimenti non sarebbe
possibile utilizzarlo per individuare tutte le specie e costruire una banca dati.

Negli eucarioti si utilizza spesso il gene della citocromo ossidasi 1, che è un gene mitocondriale

Nei procarioti si possono utilizzare molti geni diversi, uno dei più usati è il gene dell’rRNA 16S (rRNA ribosomiale,
presente nella subunità minore del ribosoma batterico, quella da 30s) se 2 organismi hanno 16S rRNA con più del 97%
delle basi omologhe, possono appartenere alla stessa specie

2) PCR

Si amplifica il gene con primer che si appaiano a valle e a monte del gene stesso in modo da ottenere milioni di copie
di quel gene a questo punto si possono effettuare le tecniche di analisi della regione amplificata.

3) Scelta della tecnica per analizzare il prodotto della PCR

Sono molte le tecniche che si possono utilizzare, ne analizziamo alcune tra le più semplici e utilizzate

a) DNA Barcoding
b) RFPL (o DNA fingerprinting, RFLP: restriction fragment length polymorphism. Polimorfismo di lunghezza dei
frammenti di restrizione)
c) SSCP (Single Strand Conformation Polymorphism. Polimorfismo di conformazione del DNA a singolo
filamento)
d) DNA micorarray

a) DNA Barcoding e omologia DNA-DNA

Dopo aver amplificato il gene di interesse come l’rRNA 16S il DNA viene
sequenziato (il sequenziamento tramite il metodo Sanger lo abbiamo già
studiato, ripassatelo)​. Ogni specie batterica ha una sequenza diversa dalle altre
permettendo in questo modo l’identificazione tramite il confronto della
sequenza ottenuta dal campione con quella degli altri batteri presenti nella
banca dati. In presenza di una nuova specie batterica possiamo anche stabilire
a quali altre specie può essere simile in base al numero di differenze con le
sequenze delle altre specie. È un metodo molto preciso. Anche l’omologia DNA
-DNA cioè la somiglianza nella sequenza
nucleotidica nel DNA di due specie viene
effettuata in questo modo, dopo
sequenziamento. È il metodo citato nella
tabella di pag. 347. Oggi il sequenziamento
è relativamente rapido e poco costoso, ed è
diventata una delle tecniche più utilizzate. Le sequenze dei vari esseri viventi, compreso il covid 19 si possono trovare
su ​genebank e il confronto tra due diverse sequenze può essere fatto su ​blast2sequence​. Potete divertirvi a cercare le
sequenze di batteri o di covid 19 e di altri virus per confrontarle tra loro.

Le due tecniche successive sono relativamente complesse, sono usate tuttora, ma vengono pian piano soppiantate da
tecniche più semplici da attuare.

b) RFPL o DNA fingerprinting

È molto simile ad una delle tecniche utilizzate per il test del DNA effettuato per scoprire il colpevole di un crimine.
Dopo aver amplificato il gene di interesse questo viene tagliato con uno o più enzimi di restrizione. Come sappiamo
questi enzimi tagliano il DNA in regioni specifiche. Specie batteriche diverse hanno piccole differenze nella sequenza
del gene e quindi il loro DNA potrà essere tagliano in modo diverso. Si formeranno cosi frammenti di lunghezza
diversa nelle diverse specie. Facendo correre i frammenti otterremo un pattern di bande su gel che è specifico per
ogni specie in quanto organismi della stessa specie hanno lo stesso profilo di restrizione.

c) SSCP (Single Strand Conformation Polymorphism)

Dopo aver amplificato il gene con una normale PCR si effettua una corsa su gel nella
quale si utilizza un gel di acrilammide che è in grado di separare meglio i filamenti di
DNA (non si usa di solito perché costoso e tossico quando ancora è in polvere). La corsa
elettroforetica viene fatta in questo caso in ​condizioni denaturanti​. La denaturazione del
DNA porta alla separazione delle due semieliche che assumeranno una propria
conformazione tridimensionale. Questa conformazione dipenderà dalle interazioni che
avvengono tra i nucleotidi della stessa semielica e quindi dalla sequenza dei nucleotidi
stessi. In questo modo quindi è possibile separare i filamenti di DNA non in base alla
loro lunghezza, come in un normale gel, ma in base alla loro sequenza. Il test è cosi
sensibile da individuare differenze tra due filamenti anche di 1 singolo nucleotide. Nota
che per ogni filamento di DNA sono presenti DUE bande, dato che le semieliche sono
due e avendo una sequenza complementare, ma diversa, avranno conformazioni
tridimensionali diverse.

d) DNA micorarray

È il normale chip a DNA che già conosciamo. È costoso, ma veloce e preciso.

Un vetrino nel quale sono stati incisi migliaia di piccolissimi pozzetti invisibili
per l’occhio umano. In ogni pozzetto sono stati inseriti e legati
chimicamente sequenze di DNA di un gene. Ogni pozzetto contiene DNA
proveniente da 1 singola specie batterica. Si prende il DNA del nostro
campione e si amplifica con PCR utilizzando dei nucleotidi fluorescenti. Si
applica sul chip la nostra soluzione contenente il DNA da analizzare e questo
si appaierà nel pozzetto in cui trova il DNA a lui complementare. una analisi
computerizzata ci dirà a quale specie appartiene qual particolare DNA. È
una tecnica molto veloce, ma anche relativamente costosa.

NOTA: qui si usa realmente un solo DNA marcato, ma la tecnica è diversa da quella che si utilizza nell’uomo dove si
usa per valutare i livelli di espressione genica (quindi mRNA, trasformato in cDNA con la trascrittasi inversa)
assumendo una valenza quantitativa. In questo caso è necessario utilizzare DUE DNA, quello di un tessuto sano di
controllo e quello del paziente marcati con fluorocromi diversi.
FISH (fluorescent in situ hybridization)

Questa tecnica si usa normalmente per ​campioni ​di ​tessuto nei quali si deve cercare la
presenza di batteri ( ma serve anche per i geni), non usa la PCR, ma sonde di DNA marcate
con una sostanza fluorescente. Una sonda è un filamento di DNA relativamente corto, da
poche decine a qualche centinaio di nucleotidi che viene distribuito sul campione da
analizzare. Nelle correte condizioni questa sonda si andrà ad appaiare alla sequenza di
DNA a lei complementare colorandola. Nella figura è stata usata una sonda di DNA per il
gene dell’rRNA 16S.

ANALISI MOLECOLARE DEL COVID 19

L’analisi molecolare si effettua su tampone faringeo e va alla ricerca del virus, al contrario
dei test sierologici che non ricercano il virus ma gli anticorpi che il soggetto ha prodotto
contro di esso.

Per la diagnosi molecolare del il covid 19 non può essere utilizzato nessuno dei test analizzati finora.

Il motivo è semplice. Il covid 19 è un virsu a ssRNA+. La sigla inidca un virus il cui genoma è Single Strand RNA positivo,
cioè RNA a singolo filamento il quale è utilizzabile direttamente dai ribosomi eucariotici, al contrario dei filamenti -,
negativi che devono essere trasformati in positivi per poter essere utilizzati.

I test descritti prevedono l’individuazione di un organismo a DNA, ma il covid è a RNA.

Si può effettuare una PCR su un RNA?

No, non si può direttamente, ma abbiamo un enzima, la trascrittasi inversa, che è in grado di trasformare un RNA in
DNA (andando contro il dogma centrale della biologia molecolare) e che è presente in tutti i retrovirus come HIV ad
esempio.

Passaggi per l’individuazione molecolare

1) Trascrittasi inversa: fa una copia 1:1 di ogni RNA che trova


trasformandolo nel corrispondente DNA ma NON effettua
nessuna amplificazione e soprattutto non ha bisogno di primer.
Il DNA da lei prodotto si chiama cDNA dove la c sta per
complementare, complementare all’RNA (lo abbiamo gia
studiato a fondo, è quello usato nei prodotti biotecnologici e
nelle banche di cDNA).
2) RT-PCR (real time PCR) si effettua ora una PCR utilizzando il
cDNA prodotto dalla trascrittasi inversa e scegliendo di
aplificare un gene del covid, normalmente questo gene è la RNA
polimerasi RNA dipendente (enzima virale che trasforma il
ssRNA+ in ssRNA – che fungerà da stampo per costruire le diverse copie di ssRNA+ che andranno inserite nei
diversi virus durante le fasi di assemblaggio).
Questa amplificazione avviene inserendo nella provetta anche una molecola in grado di emettere
fluorescenza quando legata al DNA. La macchina tramite un raggio laser è in grado di misurare i livelli di
fluorescenza. Ad ogni ciclo della PCR, se nel campione è presente il DNA del Covid 19 la quantità di DNA
aumenterà e cosi anche la fluorescenza.
Nei primi 25-30 cicli la fluorescenza dipende esclusivamente dalla concentrazione di DNA iniziale, quindi è
possibile risalire a quanto DNA era presente nel soggetto.
I falsi positivi possono essere causati anche qui da altri coronavirus che il soggetto potrebbe avere al posto del
covid 19

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