Poesie e prosa per le due morti di Spalato nella famiglia del poeta
- Il padre del poeta e medico Andrea Foscolo si è trasferito a Spalato nell'ottobre 1784 con la
moglie, poi ha sostituito il suo padre al servizio in un’ospedale e un anno dopo sono nati i
figli Niccolò Rubina e Giovanni.
- Ma, la malattia del padre ha cambiato tutto. A Venezia, nel 1788, ha iniziato a sputare
sangue ed è morto quando era tornato a Spalato. Pensava infatti che non sarebbe venuto a
Spalato e il 17 agosto ha scritto una lettera molto triste alla sua cara moglie. Prima della sua
morte è riuscito a dirimere tutte le questioni di proprietà con un fascicolo notarile ed è
morto il 12 ottobre, nel tempo del principe di Spalato Vincenzo Bembo. Fu sepolto nel
monastero di S. Maria di Taurello, e in proposito c'è una nota originale all'anagrafe di
Spalato.
- La prima opera per commemorare la morte di suo padre è una serie di ensemble lirici
chiamati In morte del padre. Un sonetto fu pubblicato durante la vita del poeta, nella
raccolta Anno poetico (1797), e si intitola Era la notte, e sul funereo letto. Questo sonetto si
colloca tra le migliori realizzazioni liriche della sua fase giovanile (15 anni). Gli altri 4 sonetti,
canzona e prosa introduttiva dedicata alla madre furono pubblicati postumi da Camillo
Antona Traversi. Nelle sue prime opere, una combinazione di antiche e nuove tradizioni può
essere vista attraverso Petrarca, Alfieri, ma anche la poesia preromantica delle tombe. Anche
Mario Apollonio nel suo libro Vita di Ugo Foscolo afferma che questo è (ed lo cito) "la
trasformazione della pienezza lirica in contemplazione drammatica, con una tendenza ai toni
sublimi della tragedia".
- Umberto Saba, poeta triestino, considerava il sonetto Era la notte la prima grande poesia di
Ugo Foscolo, e leggendo il sonetto ha sentito il bisogno di commuovere e abbracciare la
madre. Saba fa notare che il pensiero represso che Foscolo sarebbe rimasto solo con la
madre dopo la morte del padre venne effettivamente alla ribalta sebbene il poeta la
immaginasse come musica funebre per suo padre. In seguito Giovanni G. Amoretti confermò
questa teoria in altre opere di Foscolo, attraverso le quali nacquero il senso di colpa per
l'amore incestuoso e la sensualità di un abbraccio con la madre (qui abbiamo scambio di
posto con il padre).
- Leggendo la canzone di Foscolo in cui sono citate le ceneri dell’Amico e del Padre, si sente
la tristezza e la confusione del poeta. Foscolo era preoccupato per sua madre ed era troppo
giovane per prendersi cura di lei come faceva suo padre. Desiderava anche incontrare suo
padre perché gli mancava parlare con lui, quindi ha usato l'immagine poetica della visita e le
parole sacre che erano iscritte nel profondo del petto del poeta.
- Anche il 4° sonetto allude alla partenza per la tomba del padre, ma questa volta sua madre
ci si reca di notte mentre il poeta ricorda il momento della morte del padre nella loro casa a
Spalato. Quel momento è stato avvolto da lacrime, grida materne e un abbraccio con il figlio
maggiore.
- Il 5° sonetto è uno dei più interessanti ,secondo me, perché rappresenta l'orrore
preromantico della discesa alla tomba di suo padre dove il poeta raccoglie le sue ceneri
mentre la notte più buia discende intorno a lui.
- La vita di Foscolo a Spalato è stata intrisa di dolore e delusione, e questi motivi sono
diventati parte integrante del suo lavoro, soprattutto in seguito, in prosa, opere teatrali e
liriche. L'infanzia del poeta fu allegra, felice, piena di sentimenti domestici e di sicurezza
esistenziale, ma dopo la morte del padre si sentiva solo e la famiglia quasi andò in pezzi.
L'unica cosa che l’ha elevato e gli ha portato la fama che meritava era il suo carattere di
poeta geniale, solitario e vagabondo. Inoltre ha spesso sottolineato che "il benessere che ha
confortato la sua infanzia" ha sostituito "il decadimento della sua famiglia" e che "dopo
vent'anni di disgrazie familiari (...) è passato da un ragazzo ricco a un uomo povero".
- Niccolò Ugo ha assunto il ruolo del padre e non si è mai sposato, nonostante avesse molti
rapporti erotici con donne di ogni ceto. Rimase così coerente e fedele al suo ruolo per
decenni. Scriveva spesso lettere a tutti i membri della famiglia, inviava soldi anche se lui
stesso era indebitato e si prendeva cura di loro fino alla loro morte. Era un poeta-soldato
pronto a tutto per la famiglia, perciò pregava per l'aiuto dei potenti che fino a quel momento
aveva evitato.
- Mezzo secolo dopo, Carrara ha radunato gli spalatini e questi hanno confermato i racconti
del poeta di un'infanzia felice, la buona posizione della famiglia del dottor Andrija Foscolo,
che aveva 7 anni meno della moglie, una bella donna greca e vedova di un genovese. I
cittadini di Spalato sono stati a conoscenza della dichiarazione sulla malattia di Andrija. I
cittadini l’hanno accusato in parte anche del morbo che ha ucciso insieme a lui buona parte
della popolazione. Inoltre, il nonno del poeta, da cui prese il nome, è morto a Spalato.
Dal Castello di Vitturia c'è un rapporto salvato e datato 27 maggio 1784, che racconta come
scomparve il medico dell'ospedale pubblico Niccolò Foscolo. Dopo, il 23 settembre giunse
notizia che morì di una malattia contagiosa mentre curava i contagiati al Pubblico Ospedale
Militare di Spalato e come suo figlio Andrija Foscolo lo eredita.
Tutto ciò è portato a una catastrofe di 1.300 morti e la peste ha raggiunto il picco nel luglio
1784 (in seguito in declino). Naturalmente tra i principali colpevoli c'era Niccolò Foscolo
perché il governo non poteva essere accusato. L’ha fatto solo Solitro nel suo dramma sui
nobili di Spalato che, come tutti i regnanti, hanno nascosto il pericolo per evitare panico e
costi. Fu solo alla fine di gennaio 1785 che Spalato tornò a connettersi con altri luoghi.
- Il poeta ha appreso la verità da sua madre, la madre da suo marito, Andrija Foscolo, ma la
famiglia la tenne per sé. Foscolo ha scritto tutto nei suoi scritti ai Senatori del Regno d'Italia.
Così ha trasmesso la tragica esperienza del nonno (con peste e morte) ai suoi discendenti,
ma anche a noi con la sua parola letteraria. Niccolò sentiva un enorme senso di colpa per la
diffusione della peste e così è andato a Lazzaret, la città più colpita, per aiutare i contagiati.
Quando è stato infettato, ha rifiutato i farmaci e ha dato istruzioni e aiuto ai malati dalla
finestra fino alla sua morte. L’ha ereditato il figlio Andrija e con il suo servizio impeccabile ha
assolto il padre dalle colpe, ma purtroppo è morto anche lui molto giovane.