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Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 1
3.4. Tamponatura interna ............................................................................................................. 22
7.7.4. Vincoli............................................................................................................................... 64
8. Analisi ............................................................................................................................................. 65
10.1.4. Conversione risposta sistema equivalente in quella dell’edificio reale ........................... 119
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 4
1. Criteri di progettazione in zona sismica con la nuova normativa tecnica
1.1. Introduzione
La filosofia progettuale di una struttura in zona sismica contemplata dalla nuova normativa italiana,
ampliando quanto previsto dall’Eurocodice 8, sceglie convenzionalmente quattro Stati Limite che
prevedono verifiche concettualmente diverse fra loro [3.2.1 – NTC].
Le prime due verifiche rientrano nell’ambito degli “Stati Limite Ultimi”, considerando eventi sismici
con bassa probabilità di accadimento (e quindi elevato periodo di ritorno). In particolare si considera lo
Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV), per l’evento che ha probabilità di accadimento, durante la
Vita di Riferimento della struttura VR, pari al 10%, ed allo Stato Limite di prevenzione del Collasso
(SLC), per l’evento che invece ha probabilità di accadimento pari al 5%. Per tali eventi si accetta che la
struttura possa sostenere danni di grave entità sia dei componenti non strutturali ed impiantistici, sia dei
componenti strutturali, conservando però la capacità di sopportare i carichi verticali senza collassare e
mantenendo un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali, cioè
la capacità di resistere a repliche sismiche di intensità inferiore. In particolare nel secondo caso, la
struttura, nella fase post-sismica, conserva ancora un margine di sicurezza per le azioni verticali.
La struttura si deve anche verificare per due Stati Limite di Esercizio: lo Stato Limite di Danno (SLD) e
lo Stato Limite di Operatività (SLO). Nel primo caso la struttura pur subendo limitati danni, deve rimanere
agibile dopo l’evento e ciò si controlla limitando gli spostamenti relativi di piano; nel secondo caso deve
invece rimanere del tutto operativa anche in termini di impianti e apparecchiature.
Da ciò segue l’intera filosofia della normativa:
• In primo luogo, per il sito di edificazione e per la tipologia di costruzione definita, si devono
valutare le azioni sismiche relative ai vari Stati Limite da considerare.
• Passando alla fase progettuale si da per scontato che, per gli Stati Limite di salvaguardia della
Vita e di Collasso, la struttura vada largamente in campo plastico e dunque si devono utilizzare
metodi che consentano di tenere in conto la capacità della struttura di dissipare energia in campo
plastico, introducendo il “fattore di struttura” per ridurre le accelerazioni elastiche e pervenendo
allo spettro di progetto.
• Per ottenere il previsto fattore di struttura e un’adeguata capacità dissipativa si deve intervenire
con un complesso di regole sulle caratteristiche dei materiali, sulla geometria degli elementi e sui
dettagli costruttivi, più o meno restrittive a seconda che si progetti in classe di duttilità “Alta” o
“Bassa” che portano alla necessaria duttilità ed al rispetto della gerarchia delle resistenze.
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 5
• Per quanto riguarda gli Stati Limite di Danno e di Operatività, si deve verificare rispettivamente
che la struttura subisca modesti danni alle parti non strutturali o che gli impianti e le
apparecchiature subiscano modeste azioni.
1.2. La definizione di input sismico
La nuova norma ha fortemente innovato la modalità di calcolo dell’input sismico, portando ad avere, per
l’intero territorio nazionale, gli spettri di risposta elastici relativi ad eventi sismici attesi con diversi periodi
di ritorno. In particolare sono fornite le accelerazioni su suolo rigido ed i dati necessari per valutare gli
spettri su di un reticolo di punti del territorio nazionale che non distano più di 10 km [Allegato A ed
Allegato B – NTC]. Con formule di interpolazione si determinano tali dati in qualunque punto.
• α1 definito come il minimo valore per il quale va moltiplicata l’azione sismica orizzontale di
progetto tale che si attinga la resistenza flessionale in un qualunque elemento della struttura
lasciando inalterate tutte le altre sezioni di progetto;
• αu definito come il minimo valore per il quale va moltiplicata l’azione sismica orizzontale di
progetto tale che si formino cerniere plastiche in un numero di sezioni sufficienti affinchè si
determini il meccanismo, lasciando inalterate tutte le altre azioni di progetto.
Tale rapporto rappresenta un fattore amplificativo della resistenza di progetto in quanto al raggiungimento
della prima plasticizzazione la struttura ha ancora riserve di resistenza, fino al raggiungimento del
moltiplicatore αu. Il suo valore aumenta al crescere del numero dei piani e delle campate nel caso di
strutture a telaio, mentre per le strutture a pareti tale rapporto aumenta al crescere al numero delle pareti
e nel caso in cui esse siano accoppiate. [7.4.3.2 – NTC]
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1.4. Gerarchie delle Resistenze
1.4.1. Generalità
Il concetto di gerarchia delle resistenze può essere espresso affermando che, qualora sussista la possibilità
di rotture alternative, deve sempre avvenire prima quella con meccanismo duttile; in altri termini si deve
innalzare opportunamente la soglia di resistenza delle possibili rotture caratterizzate da meccanismi
fragili. In questo modo il comportamento della struttura è governato dal meccanismo duttile, in quanto il
meccanismo fragile, ancora lontano dalla soglia di resistenza, non si può attivare. Ciò garantisce
complessivamente un comportamento duttile. In qualsiasi problema strutturale, va quindi effettuata la
disamina di tutti i possibili meccanismi di rottura; questi vanno ordinati a seconda della loro duttilità e va
assegnata gerarchicamente la maggiore resistenza al meccanismo resistente più fragile. Ciò comporta che
alcuni elementi vanno progettati non in base alle sollecitazioni di calcolo bensì alle resistenze degli stessi;
in altri termini si progetta per la “capacità” degli elementi e non per le sollecitazioni derivate dall’analisi.
Nelle strutture la gerarchia delle resistenze deve essere garantita a tutti i livelli strutturali e per ognuno è
necessario verificare quale sia il meccanismo duttile e quale quello fragile e la progettazione deve
condurre al sovradimensionamento dei meccanismi fragili.
Il materiale che fornisce duttilità alla struttura è l’acciaio, e dunque in generale si deve garantire che i
meccanismi di rottura che coinvolgono tale materiale, previsti nel calcolo, vengano effettivamente
sviluppati. Ciò comporta la necessità di utilizzare acciai di resistenza quanto più prossima a quella
prevista, in quanto sia un eccesso, sia un deficit di tale resistenza, possono far perdere il controllo dei
criteri di gerarchia.
Le sezioni in cemento armato devono seguire in ogni caso il criterio della gerarchia delle resistenze,
indipendentemente dalla classe di Duttilità. Poiché nelle sezioni inflesse o pressoinflesse fra calcestruzzo
e acciaio l’elemento più duttile è il secondo, è necessario progettare sezioni “debolmente armate” in modo
tale che la sezione vada in crisi con il calcestruzzo poco sollecitato e l’armatura largamente elasticizzata.
Ciò si raggiunge [7.4.6.2.1 e 7.4.6.2.2 – NTC]:
- Limitando le percentuali meccaniche di armatura in zona tesa;
- Inserendo adeguate percentuali meccaniche di armatura in zona compressa.
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1.4.4. Elementi inflessi: Gerarchia flessione / taglio
In un elemento inflesso la rottura può avvenire per flessione o per taglio. Se le armature sono correttamente
progettate la rottura per flessione è in genere duttile, mentre quella per taglio è in ogni caso fragile.
Pertanto la regola della gerarchia delle resistenze impone che la rottura per flessione debba avvenire prima
di quella per taglio. Tale regola implica per le travi che il taglio di progetto non sia quello che discende
dall’analisi bensì il massimo possibile sulla trave, cioè quello che la solleciterebbe nel caso si formassero
cerniere plastiche.
Il comportamento globale del telaio in cemento armato può condurre a meccanismi molto diversi tra
loro. Situazioni limite sono rappresentate schematicamente nella Fig.1.1.
Nella figura di sinistra, in cui sono coinvolte molte zone critiche di travi, lo spostamento ultimo è molto
grande, mentre in quella di destra, a parità di rotazione plastica dei pilastri, si ottiene uno spostamento
globale minimo; in particolare con altezze degli interpiani costanti, considerando un modello semplificato
rigido plastico per le zone che si plasticizzano, lo spostamento del meccanismo globale di sinistra è pari
a quattro volte lo spostamento del meccanismo “di piano” di destra.
Analogamente è completamente diversa la capacità dissipativa delle due strutture, che evidentemente
dipende tanto dal numero di zone che si plasticizzano quanto dalla loro duttilità.
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L’esperienza ha insegnato che non è semplice fornire regole che portino in maniera attendibile, al
meccanismo globale, a cui si deve tendere quanto più possibile. Nel progetto verrà descritta e utilizzata
la formulazione del DM 14.01.08 [ 7.4.4.2.1 – NTC]
Dove γRd = 1,3 per strutture in CD”A” e γRd = 1,10 per le strutture in CD”B”
MC,Rd è il momento resistente del generico pilastro convergente nel nodo, calcolato per i livelli di
sollecitazione assiale presenti nelle combinazioni sismiche delle azioni.
1.5. Duttilità
Le strutture devono avere un’adeguata duttilità per resistere alle azioni sismiche eccezionali, nel rispetto
dello SLV e SLC. Ciò si traduce in una serie di regole che riguardano materiali, sezioni, elementi. Per
quanto riguarda i materiali, l’acciaio, per la classe di duttilità alta, deve essere di classe C (in particolare
nelle zone critiche) e possedere specifici requisiti espressi in termini di deformazione ultima εuk (valore
caratteristico, con frattile del 10%, dell’allungamento uniforme al massimo carico) e di rapporto di
incrudimento (ft/fy)k (valore caratteristico con frattile del 10%):
La prima limitazione rappresenta proprio un’indicazione diretta sulla duttilità del materiale, cioè sulla sua
capacità di deformarsi in campo plastico; di fatto con tale deformazione diviene impossibile la rottura
dell’acciaio e la crisi è sempre per schiacciamento del calcestruzzo (εcu=0,35%). La seconda limitazione
è invece significativa per la duttilità dell’intero elemento in cemento armato; infatti un elevato rapporto
di incrudimento consente la penetrazione dello snervamento nelle zone di calcestruzzo aldilà della fessura
e quindi la diffusione della plasticizzazione. E’ chiaro infatti che se l’acciaio si è snervato in
corrispondenza di una sezione fessurata, procedendo verso l’interno del concio non fessurato la tensione
diminuisce a causa del trasferimento dello sforzo dell’acciaio al calcestruzzo; pertanto se il rapporto di
incrudimento è modesto a breve distanza dalla fessura la tensione dell’acciaio diventa inferiore a quella
di snervamento, con conseguenti piccole deformazioni anelastiche che pertanto non contribuiscono in
maniera significativa alla duttilità. Se invece il rapporto di incrudimento è elevato, vi è una più estesa
penetrazione delle deformazioni plastiche all’interno dell’elemento e conseguentemente
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un consistente aumento della lunghezza della zona plasticizzata (cerniera plastica) e quindi della duttilità
dell’elemento.
Per quanto riguarda il “materiale” conglomerato si deve ricordare che esso non possiede caratteristiche di
duttilità soddisfacenti come peraltro si verifica per tutti gli altri materiali lapidei. Per aumentare la duttilità
è necessario introdurre armatura trasversale (staffe) allo scopo di contenere le deformazioni trasversali: si
tratta in sostanza di implementare un effetto di cerchiatura del conglomerato noto come
“confinamento”. Il confinamento può aumentare in modo significativo la duttilità del calcestruzzo: la sua
efficacia è legata al passo e al diametro delle staffe ma anche dalla disposizione dei ferri longitudinali.
Un elemento strutturale spesso trascurato dal punto di vista progettuale e che invece le esperienze dei
terremoti degli ultimi decenni e le sperimentazioni appositamente sviluppate hanno mostrato essere critico
è il nodo trave-pilastro. In particolare si può affermare che i nodi di estremità e il loro mancato
confinamento siano spesso responsabili della crisi di edifici in cemento armato. L’assenza di confinamento
del nodo impedisce la plasticizzazione di travi e pilastri consentendo la crisi del calcestruzzo e fenomeni
di instabilità delle barre compresse. L’assenza del confinamento operato dalle travi deve essere
compensata da una opportuna armatura che garantisca una elevata resistenza del nodo, che non deve
pervenire alla rottura prima della trave e del pilastro: naturalmente tale armatura trasversale ha anche la
funzione di contenere le armature longitudinali compresse del pilastro. Le prescrizioni normative della
nuova norma italiana [7.4.4.3.1 e 7.4.6.2.3 – NTC] sono sostanzialmente coerenti con l’EC8 e sono tese
a garantire un’adeguata resistenza e duttilità del nodo.
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2. Edificio a struttura intelaiata in zona sismica
2.1. Introduzione
Nel capitolo che segue si analizza in dettaglio la progettazione di un edificio intelaiato in zona sismica,
considerando le prescrizioni delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) , di cui al Decreto del
Ministero per le Infrastrutture del 14 gennaio 2008. Esse insieme alla relativa Circolare applicativa
(Circ.NTC), sono state assunte quale principale riferimento nello svolgimento del progetto per tutto
quanto attiene ai criteri generali di sicurezza ed alle assunzioni fondamentali dell’analisi strutturale, alla
definizione delle azioni previste nella vita nominale delle costruzioni, alle caratteristiche dei materiali
nonché alle verifiche di sicurezza dell’assieme strutturale ovvero dei singoli elementi di cui esso si
compone.
La presente relazione tratta il progetto e la verifica di un edificio intelaiato in cemento armato, composto
da telai paralleli e solai alleggeriti in latero - cemento, in zona sismica, sito a Vicenza e destinato ad uso
di civile abitazione. L’edificio è a pianta rettangolare e si sviluppa per 4 piani. Il lato lungo ha direzione
coincidente con quella dell’asse Y del riferimento globale e il lato corto è diretto come l’asse X di tale
riferimento. I 4 telai portanti sono costituiti da 4 campate di luce variabile di lunghezza 5m,5m, 3,7m,
5m, 5m; i 5 telai di collegamento ne presentano 3 di luce 5m, 4.7m, 5m. L’orditura dei solai è parallela ai
telai di collegamento, dal primo all’ultimo piano sono presenti 2 balconi con orditura parallela a quella
dei solai adiacenti di luce 1.35m.
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Fig. 2.1 Pianta edificio
Nella campata centrale si sviluppa una scala a due rampe e un pianerottolo interpiano pensato come solai
alleggeriti in latero – cemento con orditura ortogonale a quella dei solai.
Le scale sono realizzate a soletta rampante.
Dalla scala si accede agli appartamenti, in numero due per ogni piano. La copertura non è praticabile. Su
ciascun piano sono stati disposti 24 pilastri che vanno a definire sei telai paralleli alla direzione X e quattro
telai paralleli alla direzione Y.
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2.3. Caratteristiche dei materiali
Per quanto concerne i materiali impiegati, si è scelto di usare un calcestruzzo di classe C25/30 [tabella
4.1.I – NTC] e un acciaio in barre B450C [11.3.2 – NTC].
fcm è il valore
medio della resistenza caratteristica cilindrica a compressione in [11.2.10.1 – NTC] pari a fcm = fck+8
= 32,9 N/mm2.
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2.3.4. Resistenza di calcolo dell’acciaio
L’acciaio per cemento armato B450C è caratterizzato da un valore nominale della tensione caratteristica
di snervamento da utilizzare nei calcoli fy,nom = 450 N/mm2 [11.3.2 – NTC ed inoltre deve rispettare i
requisiti indicati nella tabella 11.3.Ib].
La resistenza di calcolo fyd è data da [4.1.2.1.1.3 – NTC]:
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3. Predimensionamento e analisi dei carichi degli elementi non strutturali
3.1. Solaio
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Tab. 3.1 Dimensioni solaio
L’altezza del solaio del balcone viene ridotta di 4 cm per evitare infiltrazioni d’acqua all’interno
dell’edificio. La dimensione che si riduce è l’altezza dei travetti che passa da 20 a 16 cm, facendo
diminuire di conseguenza anche l’altezza delle pignatte.
L’immagine seguente ha la sola funzione di mostrare la variazione delle dimensioni del solaio. Nel
disegno esecutivo è invece raffigurato il progetto definitivo del balcone.
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3.1.2. Analisi dei carichi del solaio
Dopo aver effettuato il predimensionamento è necessario determinare i carichi che gravano sui solai. Per
eseguire questa operazione bisogna aggiungere al peso degli elementi dei quali si è appena determinata la
dimensione, il peso degli altri elementi quali il massetto, il pavimento, i tramezzi, l’intonaco,
l’impermeabilizzazione e il parapetto del balcone.
SOLAIO TIPO
(interno)
H (pignatta) 0.2
H (soletta) 0.04
Interasse 0.5
Larghezza travetto 0.12
γ Altezza Larghezza P Peso strutturale Peso non strutt.
Materiale (KN/m3) (m) (m) (KN/m) (KN/m) (KN/m)
Travetto c.a. 25 0.2 0.24 1.2
Soletta 25 0.04 1 1 3.036
Pignatta 5.5 0.2 0.76 0.836
Massetto
(malta bastarda) 19 0.04 1 0.76
Pavimento
(granito) 27 0.03 1 0.81 3.07
Tramezzatura 1.2
Intonaco 20 0.015 1 0.3
Totale 6.106
Impermeabilizzazione 0.3
2.16
Intonaco 20 0.015 1 0.3
Totale 5.196
Tab. 3.3 Analisi dei carichi solaio copertura
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La variazione delle dimensioni del solaio del balcone dipende dal suo abbassamento. Anche su di esso va
posta un’impermeabilizzazione per la difesa dagli eventi meteorici. Inoltre sul balcone grava il parapetto.
L’analisi dei carichi viene eseguita anche su quest’ultimo. Esso è costruito in muratura forata ed è ornato
da una lastra di marmo.
Balcone
H (pignatta) 0.16
H (soletta) 0.04
Interasse 0.5
Largh. Travetto 0.1
γ Altezza Larghezza P Peso strutturale Peso non strutt.
Materiale (KN/mc) (m) (m) (KN/m) (KN/m) (KN/m)
Travetto ca 25 0.16 0.24 0.96
Soletta 25 0.04 1 1 2.6288
Pignatta 5.5 0.16 0.76 0.6688
Massetto
(malta bastarda) 19 0.04 1 0.76
Pavimento
(ceramica) 0.4 1.76
Impermeabilizzazio
ne 0.3
Intonaco 20 0.015 1 0.3
Totale 4.3888
Tab. 3.4 Analisi dei carichi solaio balcone
Parapetto
Riguardo ai carichi variabili si sono usati i valori forniti dalla normativa [ 3.1.4 – NTC ] di:
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2 KN/m2 per destinazione di civile abitazione
4 KN/m2 per il balcone
1,2 KN/ m2 per il carico neve [ 3.4 – NTC ]
Tab.
3.6 Valori dei carichi di esercizio per le diverse categorie di edificio
qsk : Valore caratteristico del carico neve per la zona in esame [ 3.4.2 – NTC ] considerando
che la struttura è situata nella regione Veneto, in zona 1:
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dove as è la quota del suolo sul livello del mare nel sito di realizzazione dell’edificio ed è pari a 150 m
s.l.m. per cui:
CE : Coefficiente di esposizione che dipende dalle caratteristiche del sito su cui sorge l’opera
[
3.4.3 – NTC ] : CE = 1 perché l'area è riparata
Si possono dunque calcolare i carichi di calcolo che verranno usati per implementare la struttura nel
programma di calcolo strutturale SAP2000.
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3.3. Tamponatura esterna
Per le tamponature che gravano sulle travi perimetrali sono stati scelti i materiali indicati nella tabella
sottostante:
I blocchi Poroton 700 utilizzati hanno uno spessore di 25 cm e una percentuale di foratura minore del
55%, hanno una resistenza caratteristica in direzione dei carichi verticali pari a 8 MPa e una resistenza
caratteristica in direzione ortogonale ai carichi verticali pari a 1,5 MPa.
L’altezza della tamponatura è di 2,60 m e si ottiene sottraendo l’altezza delle travi perimetrali(0,6m)
all’altezza del piano (3,20 m):
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3.4. Tamponatura interna
La tamponatura interna è costituita da un tavolato in blocchi Poroton (spessore 12 cm) rivestita, su
entrambi i lati, con pannelli Celenit N (pannello in lana di legno di abete mineralizzata e legata con
cemento Portland ad alta resistenza di spessore 20 mm) disposti orizzontalmente e fissati mediante tasselli
ad espansione in plastica a fungo con perno in poliammide rinforzato con fibre di vetro. La placcatura
della superficie della parete rivestita di pannelli Celenit N mediante doppio strato di lastre in cartongesso
di spessore 15 mm applicate con colla distribuita per punti lungo il bordo delle lastre. Le altezze delle
tamponature sono di 2,6 m in funzione della posizione dal momento che le travi portanti sono alte 0,6m
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3.5. Scala
3.5.1. Predimensionamento
Per quanto riguarda il predimensionamento si è soliti utilizzare una regola di buona progettazione che
relaziona alzata e pedata:
2a + p = 62 ÷ 64
La scala è costituita da una soletta rampante. I gradini non hanno una specifica funzione strutturale, ma
costituiscono parte del peso proprio della scala. Spesso sono riportati in muratura o realizzati in c.a.
Si riporta di seguito l’analisi dei carichi della scala. Lo spessore della soletta è stato scelto pari a 20 cm,
mentre i gradini hanno un’alzata di 16 cm e una pedata di 30 cm.
rampa
G1
materiale altezza larghezza profondità P(kn/m3) P(KN) peso strutt.(KN/m)
soletta 0.16 0.34 1.5 25 2.04 6.375
G2
peso non strutt.
materiale altezza larghezza profondità P(kn/m3) P(KN) (KN/m)
rivestimento pedata marmo 0.03 0.32 1.5 27 0.3888
allettamento pedata 0.02 0.3 1.5 21 0.189
7.8609375
gradini in cls 0.16 0.3 1.5 25 1.8
intonaco 0.015 0.34 1.5 18 0.1377
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4. Progetto dei solai
4.1. Modellazione del solaio e delle azioni
Una volta determinati i carichi agenti sui solai, (cap. 3.1), possiamo passare ad effettuare l’analisi delle
sollecitazioni per mezzo del programma SAP 2000: viene modellata una trave continua su quattro appoggi
profonda un metro (sono quindi presenti due travetti), che rappresenta il solaio nella direzione parallela
alla tessitura, e viene caricata con i valori dei carichi permanenti e variabili precedentemente calcolati,
combinati però opportunamente secondo il D.M. 14/01/2008 ed imponendo le combinazioni dei carichi
accidentali più gravose per le varie sezioni da progettare.
Per l’analisi dell’azione di calcolo si deve far riferimento alla combinazione fondamentale generalmente
impiegata per gli Stati Limite ultimi [ 2.5.3 - NTC ]
Nel caso in cui i carichi permanenti non strutturali siano compiutamente definiti si potranno adottare per
essi gli stessi coefficienti validi per le azioni permanenti come descritto nella tabella [2.6.1 – NTC ].
Il carico di calcolo per la copertura si calcola come:
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Tab. 4.1 Valori dei coefficienti di combinazione delle azioni
Tab. 4.2 Valori dei coefficienti parziali per le azioni nelle verifiche SLU
Dove G1 e G2 sono rispettivamente i carichi caratteristici permanenti strutturali e non strutturali, mentre
Qk sono i carichi caratteristici variabili.
Di seguito sono riportate le combinazioni di carico per il piano terra e per il piano tipo/copertura:
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4.3. Progetto dell’armatura
Dopo aver determinato con il SAP2000 le sollecitazioni alle quali è soggetto il solaio si procede con il
dimensionamento delle armature longitudinali.
Le disposizioni della normativa sono:
Nei nodi perimetrali l’armatura inferiore deve portare il taglio : Anec = Td/fyd La
normativa prescrive almeno un corrente inferiore per ogni travetto.
La distanza fra i ferri deve essere > max (φ;2cm)
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Si è scelto di adottare un Φ12 come corrente inferiore su tutti i travetti, aggiungendo altri ferri
d’armatura qualora se ne presentasse la necessità. Le caratteristiche della sezione sono invece:
d’= 2 cm copriferro
d = H - d’= 24 – 2 = 22 cm altezza utile della sezione
SEZ SOLAIO
Md Md Md/(0,9DFyd) Td max/Fyd Af min /2 A eff Mr *2
centrale (KNm) (KNcm) (cm2) (cm2) (cm2) ϕ (cm2) (KNm)
A 0.00 0 0.00 0.52 0.26 1 ϕ 10 0.79 8.85
1 ϕ 10+1
B mezz 20.63 2063 2.93 - 1.46 ϕ12 1.92 26.98
C app 18.85 1885 2.68 0.69 1.34 2 ϕ 10 1.57 22.12
Dmezz 13.92 1392 1.98 - 0.99 1 ϕ 12 1.13 15.92
1 ϕ 10+1
E SX APP 20.76 2076 2.95 0.67 1.47 ϕ12 1.92 26.98
1 ϕ 10+1
E DX APP 20.76 2076 3.68 0.67 1.84 ϕ12 1.92 26.98
F inf 0.00 0 0.00 - 0.00 1 ϕ 12 1.13 15.92
Tab. 4.5 Armatura solaio tipo vano centrale
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Progettate l’armatura delle sezioni di estremità e di campata, si procede all’individuazione delle lunghezze dei
ferri, ricavandole dal diagramma dei momenti ottenuto dal SAP2000. Di seguito si riportano i diagrammi dei
momenti resistenti.
L’intersezione tra il grafico del momento e il valore dei momenti resistenti indicano le lunghezze teoriche (ovvero
ottenute dai calcoli) dei ferri. Queste lunghezze verranno modificate nel disegno esecutivo per venire incontro
alle esigenze costruttive.
Per evitare che i correnti superiori e inferiori raggiungessero lunghezze eccessive (la lunghezza massima usuale
è 12 metri) essi sono stati spezzati dove il momento di calcolo è nullo, e sovrapposti di una lunghezza pari a 2
volte la lunghezza di ancoraggio [7.4.6.2.1 – NTC].
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4.4. Progetto delle fasce piene
Il solaio, data la sua capacità di ripartire i carichi trasversalmente, è un elemento che non necessita di
armatura a taglio. Ciò significa che le sollecitazioni di taglio vengono interamente sopportate dal
calcestruzzo. Negli appoggi però gli sforzi di taglio sono massimi. Potrebbe dunque essere necessario
aggiungere delle fasce piene di calcestruzzo che aumentino la resistenza a taglio della sezione. La
resistenza a taglio Vrd [4.1.2.1.3.1 – NTC] di tali elementi deve essere valutata, utilizzando formule di
comprovata affidabilità, sulla base di resistenza a trazione del calcestruzzo. La verifica di resistenza (SLU)
si pone con
Dove VEd è il valore di calcolo dello sforzo di taglio agente. Con riferimento all’elemento fessurato da
momento flettente, la resistenza al taglio si valuta con
Come evidenziato dalla tabella, la disposizione delle fasce piene non è necessaria.
Sono state comunque predisposte fasce piene di 10 cm in tutti gli appoggi per soddisfare esigenze costruttive.
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5. Predimensionamento degli elementi strutturali
La nuova normativa impone inoltre che la larghezza b deve essere >20 cm, e che il rapporto b/h tra
larghezza e altezza della trave stessa deve essere > 0,25 [7.4.6.1.1 - NTC]. Considerando che la luce
maggiore L è pari a 5m, è stata scelta un’altezza di 60cm per tutte le travi portanti
La base invece è stata scelta, secondo le comuni misure adottate, pari a 30cm.
Quindi le travi principali hanno sezione 30x60 e le travi secondarie hanno sezione 30x50.
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Travi Portanti
TA|B|C -3 (PRINCIPALI)
carichi L di influenza peso [KN/m2] peso [KN/m]
solaio interno 2.1 6.106 12.8226
solaio balcone 0 4.388 0
fascia piena 0.1 25 2.5
tamponatura 0
Totale Gk 15.3226
variabile interno 2.5 2 5
variabile esterno 0 4 0
Totale Qk 5
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travi portanti piano 4
TD 1/2/4/5/16/17/18/19/20 (PRINCIPALI)
carichi L di influenza peso [KN/m2] peso [KN/m]
solaio copertura 3.45 5.196 17.9262
solaio balcone 0 4.388 0
fascia piena 0.1 25 2.5
parapetto 3.89
Totale Gk 24.3162
variabile folla 3.85 2 7.7
carico neve 3.85 0.48 1.848
Totale Qk 9.548
TD 6/7/8/9/10/11/12/13/14/15 (PRINCIPALI)
carichi L di influenza peso [KN/m2] peso [KN/m]
solaio copertura 4.35 5.196 22.6026
solaio balcone 0 4.388 0
fascia piena 0.2 25 5
parapetto 0
Totale Gk 27.6026
variabile folla 4.85 2 9.7
carico neve 4.85 0.48 2.328
Totale Qk 12.028
TD 3 (PRINCIPALI)
carichi L di influenza peso [KN/m2] peso [KN/m]
solaio copertura 2.1 5.196 10.9116
solaio balcone 0 4.388 0
fascia piena 0.1 25 2.5
parapetto 3.89
Totale Gk 17.3016
variabile folla 2.5 2 5
carico neve 2.5 0.48 1.2
Totale Qk 6.2
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travi non portanti piano 1-2-3
Totale Qk 1.8
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travi non portanti piano 4
T4 -21/26/27/32/33/38 (PERIMETRALI)
carichi L di influenza peso [KN/m2] peso [KN/m]
solaio copertura 0.5 5.196 2.598
solaio balcone 0 4.388 0
fascia piena 0.1 25 2.5
parapetto 3.89
Totale Gk 8.988
variabile folla 0.9 2 1.8
carico neve 0.9 0.48 0.432
Totale Qk 2.232
T4 -22/23/24/25/28/29/30/31/34/35/36/37 (COLLEGAMENTO)
carichi L di influenza peso [KN/m2] peso [KN/m]
solaio copertura 1 5.196 5.196
solaio balcone 0 4.388 0
fascia piena 0.2 25 5
parapetto 0
Totale Gk 10.196
variabile folla 1.5 2 3
carico neve 1.5 0.48 0.72
Totale Qk 3.72
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5.3. Predimensionamento pilastri
I pilastri sono stati dimensionati in funzione dei carichi verticali che gravano su di essi. Il metodo adottato
è quello di individuare per ogni pilastro “i” ad ogni piano “j” la sua area d’influenza Aij e di calcolarne
il peso, tenendo conto sia del contributo dei carichi permanenti degli elementi strutturali sia di quelli
variabili di solaio, balcone e copertura. Quindi la sezione del pilastro al piano “k” sarà dimensionata in
base al carico complessivo Nik calcolato come:
Determinato lo sforzo normale agente si deve verificare che la sezione del pilastro soggetto a
compressione semplice soddisfi la seguente condizione:
Considerando che il dimensionamento a compressione semplice non tiene conto della presenza di
momento flettente e che il pilastro è soggetto ad una rottura di tipo fragile, è opportuno che esso non
lavori ai limiti delle sue possibilità. Per venire incontro a questa necessità si amplifica la sezione minima
prevista dalla normativa attraverso un coefficiente di sicurezza minore di 0.8 in condizioni non sismiche.
Nel nostro caso si e scelto di partire da un predimensionamento di massima attribuendo a tutti i pilastri
una sezione 30x60, per poi riservarci delle modifiche in fase successiva durante lo studio delle forme
modali della struttura.
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Per una sezione 30x60, considerando che il peso proprio del calcestruzzo è pari a 25 KN/m3 si ottiene un
peso proprio del pilastro al metro lineare pari a:
- 0,6m x 0,3m x 25 KN/m3 = 4,5 KN/m
Per calcolare il peso proprio di ogni pilastro basterà moltiplicare questo valore per l’altezza del pilastro
in esame. (pilastro11)
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altezza pilastro dimensioni pilastro
Ac = 1256.354708
Ac > 1020.7882 OK
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6. Azione Sismica
La difesa dai terremoti, inizialmente concepita col solo intento di salvare le vite umane, e andata via via
includendo ulteriori requisiti alle strutture, con l’obiettivo di garantirne le prestazioni per un’ampia gamma
di eventi sismici, dai più deboli a quelli più forti. L’attuale filosofia del performance based design
individua più livelli prestazionali (stati limite) che dovrebbero essere soddisfatti.
- Stato Limite di Operativita (SLO): quando si richiede che la costruzione nel suo complesso,
includendo impianti ed elementi non strutturali, non subisca danni e interruzioni d’uso significative; -
Stato Limite di Danno (SLD): o di immediato utilizzo, quando si richiede che la costruzione subisca danni
tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacita di resistenza
e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali e orizzontali, mantenendosi pertanto immediatamente
utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.
- Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV) o stato limite ultimo: quando si accetta che la
costruzione subisca rotture o crolli dei componenti non strutturali, con perdita significativa di rigidezza
nei confronti delle azioni orizzontali, ma si richiede che essa conservi una parte di resistenza e rigidezza
per azioni verticali ed un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali.
- Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): quando si accetta che la struttura subisca gravi rotture
e crolli degli elementi non strutturali, e danni molto gravi delle componenti strutturali, ma si richiede che
essa conservi una parte della rigidezza e resistenza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza
nei confronti del collasso per azioni orizzontali.
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La normativa può prevedere la verifica nei confronti di uno o più di questi stati limite, facendo riferimento
per ciascuno di questi ad una specifica probabilità di occorrenza dell’evento sismico. Fin dalle norme più
antiche l’obiettivo principale della progettazione antisismica e stato quello di lasciare un buon margine
rispetto al collasso, ovvero quello che ora e indicato come SLV. In Italia da oltre un decennio e imposta
anche una verifica allo SLD, mentre lo SLC e stato citato per la prima volta dall’OPCM 3274, con
riferimento alla verifica di edifici esistenti. L’evento sismico di riferimento può essere definito in termini
di probabilità di superamento PVR in un tempo assegnato oppure come tempo di ritorno Tr.
Le probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR (probabilità di eccedenza) , cui riferirsi
per individuare l’azione sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono riportate :
Qualora la protezione nei confronti degli stati limite di esercizio sia di prioritaria importanza, i valori di
PVR forniti in tabella devono essere ridotti in funzione del grado di protezione che si vuole raggiungere.
Nota la PVR, il periodo di ritorno dell’azione sismica (TR) si ricava dalla seguente relazione (espressa in
anni):
50
= = = 475
ln(1 − ) ln(1 − 0.1)
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6.1.1. La vita nominale e il coefficiente d’uso
• Vita nominale VN=50 anni
Nel definire il grado di sicurezza per una costruzione occorre tenere conto anche dell’importanza che può
avere un suo collasso o danneggiamento. La normativa italiana prevede tre tipi di costruzione, per ciascuna
delle quali e assegnata una vita nominale VN che “e intesa come il numero di anni nel quale la struttura,
purchè soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al quale e
destinata.”
La norma definisce poi quattro classi d’uso, per ciascuna delle quali e assegnato un coefficiente d’uso CU.
“In presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o di
un eventuale collasso”, le costruzioni sono suddivise in classi d’uso cosi definite: Classe I: Costruzioni
con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.
Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente
e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente.
Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie
la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze
rilevanti.
Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attivita pericolose per
l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV . Ponti e reti ferroviarie la cui
interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale
collasso.
Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla
gestione della protezione civile in caso di calamita. Industrie con attivita particolarmente pericolose per
l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5 novembre 2001, n. 6792,
“Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad
itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresi serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti
ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un
evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia
elettrica. “[§ 2.4.2 – NTC 2008]
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6.1.2. Periodo di riferimento per l’azione sismica
Le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono valutate in relazione ad un periodo di VR che si
ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale VN per il coefficiente d’uso CU:
Il valore del coefficiente d’uso CU e definito, al variare della classe d’uso, come mostrato in
Tab.2.4.II.” [§ 2.4.3 - NTC 2008]
Il progetto è effettuato rispetto alla Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV)
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6.1.3. Categorie di sottosuolo e condizioni topografiche
6.1.3.1. Categorie di sottosuolo
Ai fini della definizione dell’azione sismica, si rende necessario valutare l’effetto della risposta sismica
locale mediante specifiche analisi. In assenza di queste analisi, per la definizione dell’azione sismica si
può fare riferimento a un approccio semplificato che si basa sull’individuazione di categorie di sottosuolo
di riferimento
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6.2. Valutazione dell’azione sismica
Le azioni sismiche si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito di costruzione. La
pericolosità sismica e definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in condizioni di
campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale, nonché di ordinate
dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente Se (T), con riferimento a
prefissate probabilità di eccedenza PVR, nel periodo di riferimento VR, Essa costituisce l’elemento di
conoscenza primario per la determinazione delle azioni sismiche. L’Italia ha subito diverse
classificazioni sismiche fino ad arrivare a quella attuale, stabilita nel 2010, che ha suddiviso il territorio
italiano quattro zone, a pericolosità decrescente.
Di fatto, con questa nuova classificazione, sparisce il territorio “non classificato”, che diviene zona 4,
nel quale e facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona,
inoltre, viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di
accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g. zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g).
Le forme spettrali sono definite nella norma, per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo
di riferimento PVR, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:
- ag accelerazione orizzontale massima al sito;
- Fo valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale.
- T*C periodo di inizio del tratto a velocita costante dello spettro in accelerazione orizzontale.
Questi valori, necessari per la determinazione delle azioni sismiche, sono forniti dalla norma in funzione
dei punti del reticolo di riferimento in cui e stata suddivisa l’Italia e del periodo di ritorno dell’azione
sismica TR. Nelle norme, l'azione sismica e caratterizzata da 3 componenti traslazionali, due orizzontali
contrassegnate da X ed Y ed una verticale contrassegnata da Z, da considerare tra di loro indipendenti.
La componente verticale in questa trattazione non verrà considerata.
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6.2.1. Costruzione dello spettro di risposta elastico in accelerazione delle
componenti orizzontali (NTC 08 par 3.2.3.2.1)
Lo spettro di risposta elastico in accelerazione e espresso da una forma spettrale (spettro normalizzato)
riferita ad uno smorzamento convenzionale del 5%, moltiplicata per il valore della accelerazione
orizzontale massima ag su sito di riferimento rigido orizzontale. Sia la forma spettrale che il valore di ag
variano al variare della probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR .
Gli spettri cosi definiti possono essere utilizzati per strutture con periodo fondamentale minore o uguale a
4,0 s. Per strutture con periodi fondamentali superiori lo spettro deve essere definito da apposite analisi
ovvero l’azione sismica deve essere descritta mediante accelerogrammi.
Quale che sia la probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR considerato, lo spettro di
risposta elastico della componente orizzontale e definito dalle espressioni seguenti:
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6.3. Spettro di progetto per lo Stato limite Ultimo
Ai fini del progetto o della verifica della struttura agli stati limite ultimi si tiene conto delle capacità
dissipative della struttura riducendo le forze elastiche: viene così considerata in modo semplificato la
capacità dissipativa anelastica della struttura, la sua sovra-resistenza, l’incremento del suo periodo proprio
a seguito della diminuzione di rigidezza dovuta alle plasticizzazioni. Questo procedimento si effettua nel
caso in cui non si faccia uso di opportuni accelerogrammi e analisi dinamiche al passo. Lo spettro di
progetto Sd(T) da utilizzare allo SLC è lo spettro elastico con le ordinate ridotte sostituendo, nelle formule
utilizzate per calcolarlo, η con 1/q [3.2.3.5 – NTC] dove q è il fattore di struttura che dipende dalla
tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e prende in conto
le non linearità del materiale. Esso può essere calcolato tramite la seguente espressione (punto 7.3.1):
q = q0 · KR
dove:
q0 è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla
tipologia strutturale e dal rapporto au/a1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica
la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il
quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione;
KR è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con
valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e 0.8 per costruzioni non regolari in altezza.
Si assume comunque Sd(T)>0,2ag
Il valore del fattore di struttura è massimo per i telai regolari multipiano a più campate in quanto sono
caratterizzate da notevoli capacità deformative e dissipative (come nel caso in esame), mentre diminuisce
sempre di più man mano che si riduce l’iperstaticità del sistema e la capacità di distribuire uniformemente
nei vari elementi strutturali la duttilità. Le strutture a nucleo risultano quindi quelle con fattore di riduzione
minore.
Per poter calcolare il fattore di struttura va dunque stabilita la tipologia della struttura e verificata la sua
regolarità in pianta e in altezza. Si riportano di seguito i punti della normativa che fanno riferimento a
tali caratteristiche.
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6.3.1. Verifica della tipologia strutturale (NTC08 par.7.4.3.1)
- Strutture a telaio, nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali e affidata
principalmente a telai spaziali, aventi resistenza a taglio alla base >65% della resistenza a taglio totale
- Strutture a pareti, nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali e affidata
principalmente a pareti singole o accoppiate, aventi resistenza a taglio alla base >65% della resistenza a
taglio totale
- Strutture miste telaio-pareti, nelle quali la resistenza alle azioni verticali e affidata prevalentemente ai
telai, la resistenza alle azioni orizzontali e affidata in parte ai telai ed in parte alle pareti, singole o
accoppiate; se più del 50% dell’azione orizzontale e assorbita dai telai si parla di strutture miste equivalenti
a telai, altrimenti si parla di strutture miste equivalenti pareti;
- Strutture deformabili torsionalmente composte da telai o pareti, la cui rigidezza torsionale non soddisfa
ad ogni piano la condizione r/ls>0,8 nella quale:
r2= rapporto tra rigidezza torsionale e flessionale di piano ls2=(L2+B2)/12
(L e B dimensioni in pianta del piano)
- Strutture a pendolo inverso, nelle quali almeno il 50% della massa e nel terzo superiore dell’altezza
della costruzione o nelle quali la dissipazione di energia avviene alla base di un singolo elemento
strutturale
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6.3.2. Verifica di regolarità in pianta e in elevazione (NTC 08 par. 7.2.2)
Le costruzioni possono avere quanto più possibile struttura iperstatica caratterizzata da regolarità in pianta
e in altezza. Se necessario ciò può essere conseguito suddividendo la struttura, mediante giunti. Per quanto
riguarda edifici, una costruzione è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
a) La configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni
ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze
b) Il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risulta inscritta inferiore a 4
c) Nessuna dimensione di eventuali rientri o sporgenze supera il 25% della dimensione totale della
costruzione nella corrispondente direzione
d) Gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi
verticali e sufficientemente resistenti. Una costruzione risulta regolare in altezza se tutte le seguenti
condizioni sono rispettate:
e) Tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza della costruzione
f) Massa e rigidezza restano costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla
sommità della costruzione senza (le variazioni di massa da un orizzontamento all’altro non superano il
25%, la rigidezza non si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e non aumenta più
del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei
in c.a. o pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio, ai
quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base.
g) Nelle strutture intelaiate progettate in CD”B” il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal
calcolo non e significativamente diverso per orizzontamenti diversi (il rapporto tra la resistenza effettiva
e quella richiesta, calcolata ad un generico orizzontamento, non deve differire più del 20% dall’analogo
rapporto determinato per un altro orizzontamento); può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di
strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti.
h) Eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengono in modo graduale da un
orizzontamento al successivo, rispettando i seguenti limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera
il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento, ne il 20% della dimensione
corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante. Fa eccezione l’ultimo orizzontamento di
costruzioni di almeno 4 piani per il quale non sono previste limitazioni di restringimento.
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6.3.3. Calcolo del fattore di struttura
Ultimo dato di progetto necessario per il calcolo del fattore di struttura e la classe di duttilità secondo cui
viene progettato l’edificio. Per garantire un comportamento dissipativo d’insieme le deformazioni
plastiche devono essere distribuite nel maggior numero possibile negli elementi duttili, in particolare in
quelli soggetti a sforzi normali limitati (le travi) evitando cosi al contempo che si manifestino negli
elementi meno duttili (pilastri soggetti a sforzi normali importanti) e nei meccanismi resistenti fragili
(resistenza a taglio, resistenza dei nodi trave-pilastro).
A tal riguardo la normativa definisce due classi di duttilità (o livelli di capacita dissipative) che si
differenziano in funzione della capacita dell’edificio in c.a. di dissipare energia in campo anelastico per
azioni cicliche ripetute:
- CD”A” ossia alta prevede che sotto l’azione sismica di progetto la struttura si trasforma in un
meccanismo dissipativo ad elevata capacita.
- CD”B” ossia bassa prevede che tutti gli elementi strutturali abbiano una soglia minima di duttilità. In
funzione della scelta intrapresa variano sia le modalità di applicazione del criterio della gerarchia delle
resistenze, sia l’entità dell’azione sismica di progetto, poichè varia il fattore di struttura q.
Avendo scelto di realizzare la struttura in CD”A” è richiesta la certezza della capacita operativa delle
maestranze che devono realizzare correttamente i dettagli costruttivi. Ricordando ora la nota formula per
il calcolo del fattore di struttura q q = q0 · KR
e avendo a disposizione tutte le conoscenze necessarie sulla struttura si passa al calcolo di q:
Con αu/α1 =1,3 per strutture a telaio con più piani e più campate
Quindi q=5,85
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6.4. Realizzazione dello spettro di progetto per il sito in esame
Ora è possibile grazie al fattore di struttura calcolare gli spettri di risposta, che possono essere trovati
con l’ausilio del documento excel SPETTRI-NTC vers.1.0.3 relativo al DM 14 gennaio 2008,
divulgato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
La definizione degli spettri di risposta si articola in 3 fasi, ciascuna delle quali prevede la scelta di alcuni
parametri da parte dell’utente:
I valori delle azioni sismiche ottenuti sono il risultato dell’interpolazione dei valori misurati nei nodi della
maglia nazionale più vicini al sito.
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6.4.2. Scelta della strategia di progettazione
Le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR
che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale VN per il coefficiente
d’uso CU : VR = VN ×CU.
Poiché la struttura ricade nella classe delle strutture ordinarie, la vita nominale e assunta pari a 50, mentre
poichè la costruzione” prevede normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza
funzioni pubbliche e sociali essenziali” la classe d’uso e la II cui corrisponde
un coefficiente d’uso pari a 1.
Il periodo di riferimento per la struttura presa in esame vale dunque 50 anni. Sono quindi univocamente
definiti in base alle indicazione della normativa i valori del periodo di ritorno dell’azione sismica nei vari
Stati Limite in corrispondenza del periodo di riferimento della costruzione (50 anni).
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6.4.3. Determinazione dell’azione di progetto
Di seguito sono riportati i parametri che servono a definire compiutamente lo spettro di risposta elastico.
Dai parametri di base e dai valori di SS, CC e ST si possono infine ricavare i parametri che descrivono lo
spettro di risposta elastico; Le espressioni analitiche utilizzate dalla norma per lo spettro di risposta
elastico sono le seguenti:
spettro SLV
0.160
0.140
0.120
0.100
0.080
0.060
0.040
0.020
0.000
0.000 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000
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7. Modellazione della struttura e schema strutturale
La struttura e stata modellata con l’ausilio del programma agli elementi finiti SAP2000 v15: il telaio (nodi
e frame) e stato ricostruito facendo riferimento alla distanza tra gli interassi degli elementi strutturali (travi
e pilastri).
Ogni elemento trave o pilastro e indicato con un codice formato da 2 elementi: per le travi il primo e un
numero, che identifica la trave, e il secondo elemento è una lettera che indica il piano su cui essa si trova,
A (primo piano), B (secondo piano), C (terzo piano), D (copertura), dall’1 al 20 per le travi principali, dal
21 al 38 per le travi non portanti; per i pilastri invece c’è un numero che identifica il pilastro per tutta
l’altezza della struttura.
Il modello della struttura rappresenta in modo adeguato le effettive distribuzioni spaziali di massa
rigidezza e resistenza, essendo presenti gli elementi strutturali autoportanti quali travi, pilastri.
Gli elementi strutturali non autoportanti (tamponature, tramezzi, solai) sono stati rappresentati unicamente
come masse assegnate alle travi, considerando il loro contributo alla rigidezza e alla resistenza del sistema
strutturale tale da non modificare significativamente il comportamento del modello.
Per modellare solai di questo tipo si utilizza il diaframma rigido che vincola nelle due direzioni di
traslazione nel piano, gli spostamenti dei nodi giacenti su ogni livello. Questa ipotesi consente di
concentrare le masse di piano in un unico nodo riducendo notevolmente i gradi di libertà: infatti ogni nodo
ne possiede sei (tre traslazioni lungo le direzioni degli assi del sistema di riferimento e tre rotazioni intorno
a tali assi), in questo modo si ottiene che i gradi di libertà si riducono a tre per piano (ossia le traslazioni
orizzontali, nelle due direzioni ortogonali del baricentro dell’impalcato e la rotazione intorno all’asse
verticale passante per esso).
Per rappresentare la rigidezza degli elementi strutturali si possono adottare modelli lineari, che trascurano
la non linearità di materiale e geometriche, e modelli non lineari, che le considerano, in ambo i casi occorre
tener conto della fessurazione dei materiali fragili. In caso non siano effettuate analisi specifiche, la
rigidezza flessionale e a taglio di elementi in muratura, in c.a. acciaio-calcestruzzo, può essere ridotta sino
al 50% della rigidezza dei corrispondenti elementi non fessurati, tenendo debitamente conto dell’influenza
della sollecitazione assiale permanente.
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Nelle norme è espressamente scritto che il modello della struttura deve essere tridimensionale e
rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni di massa, rigidezza e resistenza. [§ 7.2.6 –
NTC 2008]. Il telaio spaziale rappresenta uno schema del modello reale dell’edificio e porta con sé una
serie di ipotesi e approssimazione la cui validità dipende dalle scelte appena fatte.
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7.1. Concentrazione delle masse
Il modello si realizza attribuendo le masse globali di piano in ogni livello ad un nodo coincidente con il
centro di massa del piano stesso detto SPECIAL JOINT . Ad ogni grado di libertà va associata una massa o
un peso sismico: dunque ad ogni special joint si sono assegnate le caratteristiche inerziali del piano, in
particolare ai gradi di libertà traslazionali si è attribuita una massa pari alla massa totale del piano, mentre
al grado di libertà rotazionale si è assegnato il valore del momento d’inerzia polare delle masse di piano.
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Di seguito si riporta il calcolo dei carichi del primo piano, del piano tipo e della copertura.
Piano 1-2-3
KN/m m2 m KN
elemento peso strutturale peso non strutt. incidenza superficie lunghezza peso sismico
solaio 3.04 3.07 6.71 290.38 - 1947.29
balcone 2.63 1.76 5.59 60.20 - 336.45
pianerottolo 17.00 3.16 20.76 5.10 - 105.89
scala 6.38 7.86 15.44 9.00 - 138.92
tamponature - 4.70 5.30 - 78.00 413.77
travi totali 4.50 - 4.50 55.80 - 251.10
pilastri 6.00 - 6.00 - 76.80 460.80
TOT = 3654.21
Piano 4 (copertura)
KN/m m m2 m KN
elemento peso strutturale peso non strutt. incidenza superficie lunghezza peso sismico
solaio 3.04 2.16 5.20 420.21 - 2183.41
parapetto - 3.89 3.89 - 78.00 303.62
travi totali 4.50 - 4.50 55.80 - 251.10
pilastri 6.00 - 6.00 - 38.40 230.40
TOT = 2968.53
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7.3. Calcolo delle masse sismiche
Le masse sismiche Mi si calcolano dai pesi simici dividendoli per l’accelerazione di gravità:
Mi massa sismica del piano i-esimo da assegnare sia allo spostamento X sia allo spostamento Y La
massa associata al grado di libertà rotazionele Mrot si calcola come segue:
ρ giratore d’inerzia, calcolato in funzione delle dimensioni a e b della proiezione verticale dell’edificio,
suppenendo tutte le masse uniformemente spalmate sulla superficie dell’edificio:
Di seguito viene riportata una tabella con i valori delle masse da assegnare agli special joint:
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7.4. Baricentro delle masse
Su ogni piano va determinato il centro di massa, ossia il punto in cui verrà inserito lo special joint e a cui
si assegnano le proprietà di massa e di vincolo precedentemente descritte. Il centro di massa viene
individuato uguagliando la sommatoria dei momenti statici dei diversi contributi di massa sul piano iesimo
al momento statico prodotto dalla massa totale M posizionata nel centro di massa di coordinate XG,YG:
Di seguito vengono riportate le coordinate dei baricentri delle masse di ogni piano:
piano XG (m) YG (m) ZG (m)
Livello 1 7.3722333 12 3.2
Livello 2 7.3723847 12 6.4
Livello 3 7.3723847 12 9.6
copertura 7.5 12 12.8
Tab. 7.4 Calcolo dei baricentri delle masse
7.5. Eccentricità
Le azioni conseguenti al moto sismico sono modellate direttamente attraverso forze statiche equivalenti
(Analisi statica equivalente) o spettri di risposta (Analisi dinamica). Per tenere conto della variabilità
spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella localizzazione delle masse, deve essere
attribuita al centro di massa una eccentricità accidentale, rispetto alla posizione derivata dal calcolo. Per
gli edifici l’eccentricità accidentale da considerare non deve essere inferiore a 0,05 volte la dimensione
dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica [7.2.6 –
NTC]. Detta eccentricità è assunta costante per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.
Il centro di massa andrebbe spostato in quattro diversi punti, che hanno le seguenti distanze misurate a
partire dal centro di massa stesso:
Sarebbe dunque richiesta l’analisi della struttura per almeno 4 carichi sismici, corrispondenti alle 4
diverse posizioni del centro di massa. In questa analisi si è considerata l’eccentricità accidentale in
entrambe le direzioni mediante l’applicazione nei centri di massa dei momenti Mx, My derivanti
dall’azione sismica per le relative eccentricità senza dover spostare il centro di massa ed effettuare
ulteriori analisi.
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7.6. Fessurazione
È lecito supporre che durante il moto gli elementi di edifici in cemento armato subiscano fenomeni di
fessurazione tanto più evidenti quanro più elevata è l’intensità del sisma, a causa della reversibilità
dell’azione e della scarsa resistenza a trazione dei materiali, questo suggerisce di considerare nell’analisi
gli effetti di tale fessurazione. In particolare nella verifica allo SLU tale assunzione è giustificata
dall’adozione del fattore di struttura che rende lecito supporre che la struttura subisca spostamenti
significativi durante il sisma.
Per tener conto della fessurazione dei materiali fragili, in caso non siano effettuate analisi specifiche, le
norme suggeriscono di ridurre la rigidezza flessionale e a taglio di elementi strutturali sino al 50%
della rigidezza dei corrispondenti elementi non fessurati, tenendo debitamente conto dell’influenza della
sollecitazione assiale permanente [7.2.6-NTC].
Ai fini della verifica allo SLV si definiscono le seguenti combinazioni delle azioni [2.5.3-NTC]:
- Combinazione fondamentale:
…
- Combinazione sismica:
…
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Di seguito sono riportate le tabelle con i coefficienti da utilizzare nelle combinazioni:
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7.7.1. Casi di carico
PERM, ACC1, ACC2, FX, FY, MKZ, SPETTRO DI PROGETTO SLU, SPETTRO DI VERIFICA SLD
Il carico permanente PERM è stato assegnato a tutte le travi della struttura con un coefficiente
moltiplicativo del peso proprio pari a 1, a differenza di tutti gli altri carichi assegnati con un coeff.
moltiplicativo del peso proprio pari a 0.
I carichi variabili ACC1 e ACC2 sono stati invece assegnati “a scacchiera” cioè alternativamente alle travi
in modo che ogni trave sia soggetta ad uno solo di essi, ciò per poter massimizzare tramite varie
combinazioni le azioni dei carichi sulle campate.
Le forze Fx, Fy, Mkz sono invece assegnate ad uno special joint posto nel baricentro delle masse di ogni
impalcato rispetto ai suoi tre gradi di libertà: traslazione lungo x, traslazione lungo y, rotazione intorno a
z. Queste servono per effettuare l’analisi statica equivalente.
Per effettuare l’analisi lineare dinamica si è invece assegnata la funzione accelerazione-periodo dello
spettro di risposta di progetto Sd(T). Mentre per valutare gli spostamenti allo Stato Limite di Danno si è
assegnato lo spettro di verifica SLD.
Modal è l’analisi modale già presente nel SAP, impostata in modo da fornire i primi 12 modi di
vibrazione della struttura, poiché essa possiede 12 gradi di libertà.
Ux , Uy sono i casi di analisi dell’azione sismica E, la quale viene considerata agente in entrambe le
direzioni con una direzione prevalente secondo la formula: Ux = Ex+0,3Ey , Uy = Ey+0,3Ex
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7.7.3. Combinazioni
7.7.3.1. Combinazione Statica
La prima analisi e di tipo statico, ovvero la struttura e soggetta al peso degli elementi, e ai carichi presenti
sulla struttura. I diversi carichi, permanenti e variabili sono stati combinati tra di loro. Si ricorda che il
permanente e sempre presente sulla struttura mentre per quel che riguarda i carichi variabili questi sono
stati combinati a scacchiera su ciascuna trave: In analogia con i solai, anche per i telai e necessario quindi
combinare i carichi variabili in maniera da ottenere le condizioni più sfavorevoli.
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7.7.3.3. Combinazione Dinamica lineare
Con la stessa procedura è stato implementato l’inviluppo dinamico per la verifica allo SLD considerando
lo spettro relativo, precedentemente calcolato, come caso di analisi.
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7.7.4. Vincoli
vincoli esterni: tutti i punti alla base della struttura sono vincolati tramite incastro che impedisce le
traslazioni lungo i tre assi x, y, z e le rotazioni intorno ad essi.
vincoli interni: tutti i punti di ogni orizzontamento vengono vincolati tramite vincolo diaphram per
simulare la rigidezza infinita nel proprio piano degli orizzontamenti rispetto ai pilastri;
in questo modo il piano trasla e ruota rigidamente.
Di seguito è riportata un immagine estratte dal SAP in cui sono mostrati tutti gli elementi modellati nella
struttura.
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8. Analisi
Nella normativa sono ammessi 4 metodi di analisi caratterizzati da complessità e precisione crescenti, la
scelta dipende dalle caratteristiche della struttura, come regolarità e periodo proprio, e dalla sua
importanza collegata alla destinazione d’uso.
Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella
localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale rispetto
alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza di più accurate determinazioni
l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione
dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta
eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.
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Il metodo è basato sulla rappresentazione dell’azione sismica tramite un sistema di forze statiche
orizzontali, distribuite lungo l’altezza dell’edificio e sul calcolo delle sollecitazioni indotte da tali forze su
un sistema elastico lineare. Inoltre si assume una distribuzione lineare degli spostamenti, poiché si prende
in considerazione solo il modo di vibrare con massa partecipante maggiore nelle direzioni principali della
struttura, poiché essa è preponderante rispetto alle masse partecipanti dei modi superiori.
Un’analisi di questo tipo fornisce risultati soddisfacenti nel caso di strutture la cui risposta non sia
influenzata in maniera significativa dai modi di vibrare superiori, questo è assicurato quando è verificata
la regolarità in altezza. È dunque possibile effettuare tale analisi in quanto la struttura risulta regolare in
altezza e il periodo del primo modo di vibrare della struttura risulta minore del minimo tra 2,5 TC e TD.
Per stimare tale periodo, essendo la massa approssimativamente uniformemente distribuita lungo l’altezza
si è utilizzata la formula seguente [7.3.3.2-NTC] valida per edifici che non superino i 40m di altezza:
dove H è l’altezza della costruzione, in metri dal piano di fondazione, pari a 12,8m;
C1 vale 0,075 per costruzioni con struttura a telaio in calcestruzzo armato.
L’analisi statica equivalente consiste dunque nell’applicazione di forze statiche, equivalenti alle forze di
inerzia indotte dall’azione sismica. L’entità di tali forze si ottiene a partire dall’ordinata, dello spettro di
progetto, corrispondente al periodo T1 e la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di
vibrare principale nella direzione in esame, valutata in modo approssimato.
La forza da applicare a ciascuna massa della costruzione è dunque data dalla formula:
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piano W[KN] Z (m) W*z Fi(KN)
4°
(copertura) 2968.5 12.80 37997 183.04
3° 3654.2 9.60 35080 168.99
2° 3654.2 6.40 23387 112.66
1° 3654.2 3.20 11693 56.33
Totale 13931.2 108157 521.03
Valori delle forze statiche equivalente
L’analisi viene eseguita applicando le forze equivalenti al modello realizzato con il programma SAP.
Dal programma si ricavano i valori caratteristici delle deformazioni modali che dovranno opportunamente
essere analizzati e combinati tra loro. Le forze statiche in direzione X sono definite attraverso la finestra
che riportiamo nel seguito, nella quale mettiamo in evidenza il fatto che si tratta di un’analisi statica
lineare.
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Definizione della combinazione dei carichi statici nelle direzioni X e Y
- nel calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto,
per ciascuno dei modi di vibrare individuati
Un sisma induce su una struttura delle accelerazioni che generano importanti forze d’inerzia agenti sulle
masse dell’edificio. Attraverso l’analisi modale si studiano i fenomeni dinamici che governano il
comportamento della struttura soggetta ad azione sismica.
L’analisi dinamica lineare prevede di calcolare i valori massimi di sollecitazione e spostamento associati
a ciascun modo di vibrare della struttura supposta elastica lineare, tramite l’utilizzo dello spettro di
progetto in accelerazione SAd e in seguito di combinarli in modo opportuno.
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Per svolgere un’analisi modale è necessario inizialmente definire le masse dei piani della struttura:
calcolata l’inerzia traslazionale (pari alla somma di tutte le masse assunta uguale in tutte le direzioni del
moto) e l’inerzia rotazionale (momento d’inerzia delle masse), esse sono state assegnate al centro di massa
del piano. Ciò consente di studiare il comportamento dell’edificio come quello di un sistema a 12 gradi di
libertà (3 per ogni piano) e dunque anche con 12 modi di vibrare, poiché ogni struttura ha un numero di
modi di vibrare pari ai gradi di libertà della struttura stessa. Per ogni modo di vibrare, e quindi per ogni
periodo, si può considerare che venga attivata una specifica quota parte della massa totale.
• Se i periodi propri sono abbastanza lontani (+ di 0,1 0,2s) si considerano i modi di vibrare
indipendenti si utilizza una combinazione SRSS (radice quadrata della somma dei quadrati), dunque
il più probabile valore massimo del generico parametro di risposta risulta:
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• Se i periodi propri sono abbastanza vicini si considerano i modi di vibrare dipendenti l’uno
dall’altro e si utilizza una combinazione quadratica completa CQC:
βij rapporto tra i periodi di ciascuna coppia i-j di modi (βij = Tj / Ti)
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Per elementi strutturali di tipo travi, pilastri e stata scelta una rappresentazione tramite elementi lineari
di tipo prismatico i “frames” collegati fra di loro nei nodi “joints” ed irrigiditi tramite il comando “End
Offset” che consente di schematizzare travi flessibili lungo il loro sviluppo, ma rigide nei nodi di
intersezione con altri elementi. Sempre per quel che riguarda travi, pilastri e tutti gli altri elementi sono
stati modellati con calcestruzzo con peso per unità di volume pari a 0, in quanto le proprietà di massa di
questi elementi sono state concentrate in punti specifici detti “ nodi master” . In particolare dal modello
risulta che: le masse di ciascun elemento sono state inserite nel modello mediante la definizione di uno
SPECIAL JOINT che è posizionato nel baricentro delle masse e che ha come proprietà quella di avere
la massa totale dell’impalcato e il momento polare di inerzia concentrati in esso.
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 71
La prima cosa da fare e definire nel programma l’analisi modale e i suoi parametri attraverso la finestra
sotto riportata.
Sono stati scelti, come modi da studiare, i primi 12 modi naturali della struttura. Questa scelta è stata
effettuata per avere un numero di modi sufficienti a raggiungere una quota di massa partecipante cumulata
superiore al 85% della massa totale. Infatti come già detto precedentemente bisogna considerare per
l’analisi tutti i modi superiori al 5%.
Il valore di 12 è stato poi verificato ed è risultato sufficiente allo scopo.
Dall’analisi dei modi di vibrazione della struttura, si nota che il primo modo è sostanzialmente
traslazionale lungo Y, il secondo traslazionale in X, ma che comunque questi primi modi risentono
anche di una componente torsionale. Essendo preferibile non avere i primi modi propri di vibrare
della struttura prevalentemente torsionali, è stata cercata una possibile soluzione che consentisse di
avere il primo e il secondo modo prevalentemente traslazionali. Infatti, la torsione causata dal
primo modo torsionale potrebbe indurre spostamenti non ammissibili nei pilastri più lontani dal
centro di rigidezza.
Tale soluzione e stata individuata attraverso la rotazione dei sei pilastri P19, P20, P21, P22, P23, P24,
orientati con la dimensione maggiore lungo Y. Ciò permette di avere i primi modi traslazionali con un
periodo proprio della struttura molto più basso.
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Si riportano di seguito le forme modali corrispondenti al piano XY
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Si può notare come ora i primi due modi risultino puramente traslazionali lungo X e Y. Si può notare
inoltre che la struttura possiede una certa simmetria nelle due direzioni, direzione Y completamente
simmetrica, direzione X simmetrica, ed e proprio per questo motivo che già ci si poteva aspettare delle
deformate modali disaccoppiate, ovvero costituite da sole traslazioni in direzione x o y, o rotazioni.
L’ordine con cui si alternano i modi dipende molto dalla rigidezza strutturale. Inoltre il periodo T1
risulta essere:
Come si può vedere nella foto sovrastante il programma rende proprio lo spettro e lo mostra
graficamente per un controllo visivo, oltre che numerico. Una volta inserito lo spettro, sono state
fatte le diverse combinazioni, cosi come suggerito dalla normativa e come già precedentemente visto;
si tratta in questo caso di un’analisi in campo lineare.
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9. Progetto e verifica degli elementi strutturali
La filosofia progettuale di una struttura in zona sismica contemplata dalla nuova normativa italiana,
ampliando quanto previsto dall’Eurocodice 8, sceglie convenzionalmente quattro Stati Limite che
prevedono verifiche concettualmente diverse fra loro [3.2.1 – NTC].
Le prime due verifiche rientrano nell’ambito degli “Stati Limite Ultimi”, considerando eventi sismici
con bassa probabilità di accadimento (e quindi elevato periodo di ritorno). In particolare si considera lo
Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV), per l’evento che ha probabilità di accadimento, durante la
Vita di Riferimento della struttura VR, pari al 10%, ed allo Stato Limite di prevenzione del Collasso
(SLC), per l’evento che invece ha probabilità di accadimento pari al 5%.
Per tali eventi si accetta che la struttura possa sostenere danni di grave entità sia dei componenti non
strutturali ed impiantistici, sia dei componenti strutturali, conservando pero la capacita di sopportare i
carichi verticali senza collassare e mantenendo un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso
per azioni sismiche orizzontali, cioe la capacita di resistere a repliche sismiche di intensita inferiore. In
particolare nel secondo caso, la struttura, nella fase post-sismica, conserva ancora un margine di sicurezza
per le azioni verticali.
La struttura si deve anche verificare per due Stati Limite di Esercizio: lo Stato Limite di Danno (SLD) e
lo Stato Limite di Operativita (SLO). Nel primo caso la struttura pur subendo limitati danni, deve rimanere
agibile dopo l’evento e cio si controlla limitando gli spostamenti relativi di piano; nel secondo caso deve
invece rimanere del tutto operativa anche in termini di impianti e apparecchiature.
Da cio segue l’intera filosofia della normativa:
· In primo luogo, per il sito di edificazione e per la tipologia di costruzione definita, si devono valutare le
azioni sismiche relative ai vari Stati Limite da considerare.
· Passando alla fase progettuale si da per scontato che, per gli Stati Limite di salvaguardia della Vita e di
Collasso, la struttura vada largamente in campo plastico e dunque si devono utilizzare metodi che
consentano di tenere in conto la capacita della struttura di dissipare energia in campo plastico,
introducendo il “fattore di struttura” per ridurre le accelerazioni elastiche e pervenendo allo spettro di
progetto.
· Per ottenere il previsto fattore di struttura e un’adeguata capacita dissipativa si deve intervenire con un
complesso di regole sulle caratteristiche dei materiali, sulla geometria degli elementi e sui dettagli
costruttivi, più o meno restrittive a seconda che si progetti in classe di duttilità “Alta” o “Bassa” che
portano alla necessaria duttilità ed al rispetto della gerarchia delle resistenze.
· Per quanto riguarda gli Stati Limite di Danno e di Operatività, si deve verificare rispettivamente che la
struttura subisca modesti danni alle parti non strutturali o che gli impianti e le apparecchiature subiscano
modeste azioni.
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Uno degli aspetti che caratterizza particolarmente la progettazione di strutture antisismiche secondo la
nuova normativa, e la necessita di seguire le regole del capacity design, ovvero di rispettare il criterio
della gerarchia delle resistenze. L’idea del capacity design consiste nell’individuare il meccanismo di
collasso desiderato, definire in una qualsiasi maniera le armature e quindi la resistenza delle sezioni che
si vogliono far plasticizzare, garantendone un comportamento duttile, e poi progettare tutto il resto in
funzione della capacita resistente cosi definita. La traduzione italiana, gerarchia delle resistenze, ribadisce
proprio questo concetto:
Il criterio fondamentale da seguire consiste nell’assegnare in fase di progetto una resistenza differenziata
ai diversi elementi strutturali in modo che il cedimento di alcuni prevenga il cedimento degli elementi il
cui “cedimento è critico” nei confronti del collasso globale della struttura.
- Il meccanismo di collasso che si vuole raggiungere prevede cerniere alle estremità di tutte le travi e al
piede dei pilastri del primo ordine. Le armature a flessione di queste sezioni saranno progettate in base ai
risultati del calcolo, precedentemente svolto.
- Le travi devono plasticizzarsi a flessione e non rompersi a taglio. Quindi, una volta definita l’armatura
longitudinale si valuterà il massimo taglio nella trave non in base ai risultati ottenuti dal calcolo, ma in
funzione della capacita resistente delle sezioni di estremità della trave, opportunamente maggiorata per
tenere conto della possibile dispersione statistica delle resistenze dei materiali.
- La sezione dei pilastri (a parte quella al piede dei pilastri del primo ordine) non devono plasticizzarsi.
Il momento flettente con cui progettare le armature longitudinali dei pilastri sarà quindi definito in
funzione della capacita resistente delle sezioni di estremità della trave, opportunamente maggiorata,
ricavandone il valore, a partire da condizioni di equilibrio del singolo nodo.
- I pilastri devono plasticizzarsi a flessione e non rompersi a taglio, quindi, una volta definita l’armatura
longitudinale si valuterà il massimo taglio nel pilastro, in funzione della capacita resistente delle sue
sezioni di estremità, ancora una volta opportunamente maggiorata per tenere conto della possibile
dispersione statistica delle resistenze dei materiali. - Con criteri analoghi si determinano le azioni di
progetto sui nodi, sull’impalcato, sulla fondazione.
E da notare che il principio generale, cioè l’obiettivo che si vuole raggiungere, e di evitare la formazione
di un meccanismo plastico di piano debole, poichè tale meccanismo potrebbe comportare un’eccessiva
richiesta di duttilità locale nelle colonne del piano debole, come chiaramente specificato nell’EC8, parte
1, punto 4.4.2.3(3).
La richiesta di progettare le armature dei pilastri per un momento flettente legato alla capacita resistente
delle travi, opportunamente maggiorata, e una regola applicativa da usare per le colonne sismiche
primarie, come precisato dall’EC8 e ribadito dalle NTC08.
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Questa precisazione appare importante quando si usano pilastri di sezione rettangolare allungata, poiché
un’applicazione acritica della regola generale potrebbe portare ad armature eccessive sul lato lungo. Un
pilastro che lavora di piatto, e invece scarsamente rilevante ai fini dell’assorbimento dell’azione sismica
e può quindi essere considerato come elemento secondario e come tale non soggetto al rispetto della
gerarchia delle resistenze.
Tale metodo di progettazione si mette in pratica seguendo le prescrizioni presenti sulle NTC e si può
verificare tramite l’analisi di Pushover.
9.1. Le travi
Ipotizzate, in fase di predimensionamento, le dimensioni geometriche della sezione resistente, si procede
alla definizione delle armature da disporre. E necessario quindi verificare a posteriori la bontà delle scelte
effettuate. Le caratteristiche della sollecitazione da utilizzare per la verifica delle travi ed il progetto
dell’armatura longitudinale sono quelle fornite dal calcolo, combinando tutti gli schemi base come
precedentemente mostrato.
Gli effetti dell'azione sismica saranno valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi
gravitazionali:
I valori dei coefficienti Ψ2 j sono riportati nella Tabella seguente tratta dalla normativa:
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Per quel che riguarda le sollecitazioni flessionali, si utilizzano quindi i valori ottenuti dal Sap, viene
mostrata di seguito un’interfaccia tipo:
Nello spirito della gerarchia delle resistenze, il taglio in base al quale verificare la sezione e progettare le
armature trasversali, non e quello fornito dal calcolo, ma deve essere determinato con condizioni di
equilibrio, a partire dalla capacita resistente a flessione delle sezioni di estremità della trave. Questa deve
essere valutata a partire dalle armature superiori e inferiori effettivamente disposte nella sezione,
includendo anche eventuali barre che possono essere
disposte nel solaio, parallelamente all’asse della trave ed a una modesta distanza da questa (ad
esempio armature di ripartizione del solaio). Ciò significa che i tagli si calcolano considerando
l’equilibrio della trave sotto l’azione dei carichi gravitazionali nella condizione sismica di
progetto G+ ψ ∙ Q e dei momenti resistenti Mu (corrispondenti alla formazione della cerniera
plastica) nelle sezioni di estremità, amplificati del fattore γE_ = 1,2 nel caso di Classe di Duttilità
Alta (CD”A”) [7.4.5.2.1].
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 78
Si ricorda che nel caso di sisma “positivo”, cioè da sinistra verso destra, la sezione di sinistra si plasticizza
con momento flettente positivo e quella di destra con momento negativo, mentre il contrario accade con
sismica di verso opposto. Gli schemi di calcolo da considerare sono dunque 4:
Oltre al calcolo precedentemente esposto è stata considerata anche la combinazione Vd caratterizzata dai
soli carichi verticali G*1,3 + 1,5 ∙ Q. Il taglio di calcolo risulterà dunque dall’espressione:
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Nei casi in cui le cerniere plastiche non si formino nella trave ma negli elementi che la sostengono, le
sollecitazioni di taglio sono calcolate sulla base della resistenza di questi ultimi. I momenti resistenti
sono da calcolare sulla base delle armature flessionali effettivamente presenti.
La resistenza a taglio VRd di elementi strutturali dotati di specifica armatura a taglio deve essere
valutata sulla base di un’adeguata schematizzazione a traliccio. Gli elementi resistenti dell’ideale
traliccio sono: le armature trasversali, le armature longitudinali, il corrente compresso di calcestruzzo.
L’armatura a taglio e normalmente realizzata con staffe, e quindi le formule seguenti sono state
utilizzate ponendo a= 90°.L’inclinazione θ dei puntoni si considera pari a 45° affinche il comportamento
sia elastico, ma si riduce di poco dopo lo snervamento delle staffe, determinando un maggior impegno
per il calcestruzzo ed uno sgravio per le armature. La cot θ può variare in generale da 1 a 2,5. La norma
sismica impone pero di considerare cot θ=1 nelle zone critiche di strutture con classe di duttilita “A” a
partire dal filo pilastro. Porre cot θ=1 porta a considerare una resistenza a taglio piu piccola,
sostanzialmente quella valutata con il classico modello di traliccio di Morsch.
Con riferimento all’armatura trasversale, la resistenza di calcolo a “taglio trazione” si calcola con
Dove:
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9.1.2. Verifiche di resistenza
dove VRd e il taglio resistente e VEd e il valore di calcolo dello sforzo di taglio agente,
ricordando che nelle zone critiche la cot θ = 1
Se nelle zone critiche il rapporto tra il taglio minimo e quello massimo risulta inferiore a -0,5, e se il
maggiore tra i valori assoluti dei due tagli supera il valore:
Dove bw e la larghezza dell’anima della trave e d e l’altezza utile della sua sezione, allora nel piano
verticale di inflessione della trave devono essere disposti due ordini di armature diagonali, l’uno
inclinato di +45° e l’altro di -45° rispetto all’asse della trave.
La resistenza deve essere affidata per metà alle staffe e per metà ai due ordini di armature inclinate, per
le quali deve risultare:
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9.1.3. Progetto delle armature
Sia nella zona tesa sia nella zona compressa sono stati disposti almeno due ferri correnti, intorno ai
quali si posizionano le armature trasversali; si e scelto un diametro Φ20 mm per i ferri delle travi.
Nonostante non fosse necessario, da calcolo, disporre fasce piene per portare il taglio agente sul
solaio, si e scelto comunque di disporre fasce piene di dimensione 10 cm in entrambe le direzioni
principali. Il diametro scelto per i ferri passanti all’interno delle fasce piene e Φ8 mm. Tale scelta
è stata effettuata per limitare i vincoli imposti dalle prescrizioni sulle percentuali di armatura di cui
si parla di seguito.
Stabilite le “armature di partenza”, ad esse si applicano le limitazioni presenti nelle sezioni dettagli
costruttivi (7.4.6-NTC e 4.1.6-NTC):
Limitazioni geometriche:(7.4.6.1-NTC)
La larghezza b della trave deve essere ≥ 20cm [b=30cm]
Il rapporto b/h tra larghezza e altezza della sezione ≥ 0,25 [b/h = 0,5 travi 30x60][b/h = 0,6 travi 30x50]
Le zone critiche si estendono, in CD”A”, per una lunghezza pari a 1,5 volte l’altezza della sezione della
trave, misurata a partire dalla faccia del nodo trave-pilastro. [Lcr = 0,90m]
Limitazioni di armatura:(7.4.6.2-NTC)
Almeno due barre di diametro non inferiore a 14mm devono essere presenti superiormente e
inferiormente per tutta la lunghezza della trave.
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Al fine di assicurare le caratteristiche di duttilità locale e globale è necessario che la percentuale di
armatura sia compresa nei seguenti limiti:
Nelle zone critiche della trave, inoltre, deve essere: ρcomp ≥ 0,5
Nel resto della lunghezza della trave invece deve essere: ρcomp ≥ 0,25
L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi deve essere
contenuta, per almeno il 75%, entro la larghezza dell’anima. Almeno della suddetta armatura deve
essere mantenuta per tutta la lunghezza della trave.
L’area dell’armatura longitudinale in zona tesa non deve essere inferiore a (4.1.6.1-NTC):
Negli appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura efficacemente ancorata,
calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio (As=Td/fyd).
Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura tesa o compressa non deve superare
individualmente As,max = 0,04 Ac, essendo Ac l’area della sezione trasversale di calcestruzzo.
Nell’appendice sono riportate le armature ottenute per sopportare tali sollecitazioni e rispettare i limiti
di normativa (rispettando i dettagli costruttivi su As,min e As,max del cap.7 risultano rispettati anche
i dettagli costruttivi del cap.4)
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Il momento resistente delle sezioni è stato calcolato attraverso il Software “VCA SLU” che implementa
l’equilibrio delle forze sulla sezione:
Imponendo tale equilibrio si determina la posizione dell’asse neutro, cioè della fibra della sezione
che non si deforma e si stabilisce la regione di rottura per cui e stata progettata la sezione. Seguendo
le indicazioni della normativa tutte le sezioni risultano progettate affinchè avvenga la rottura in
regione 3, per trazione dell’acciaio (la differenza tra le percentuali meccaniche di armature tesa e
compressa risulta μs-μ’s < 0,21), cioè affinchè le sezioni risultino debolmente armate e presentino
un meccanismo di rottura duttile.
Il momento resistente della sezione si ottiene sommando il momento prodotto da ognuna delle forze
agenti sulla sezione moltiplicata per il relativo braccio rispetto all’asse scelto; ad esempio avendo
scelto come asse di riferimento il lembo inferiore della sezione si ha:
Il momento resistente qui descritto e quello che la sezione esplicherebbe nel caso in cui il momento
agente Md tendesse le fibre superiori e comprimesse quelle inferiori. La verifica è stata comunque
effettuata anche nel caso contrario poichè un progetto in zona sismica deve contemplare anche
l’eventuale inversione dei momenti.
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9.1.3.2. Lunghezza di ancoraggio
La lunghezza di ancoraggio e stata calcolata secondo quanto riportato al punto 7.4.6.2 - NTC:
Limitazioni di armatura:
Le armature longitudinali delle travi, sia superiori sia inferiori, devono attraversare, di regola, i nodi
senza ancorarsi o giuntarsi per sovrapposizione in essi. Quando ciò non fosse possibile sono da rispettare
le seguenti prescrizioni:
- Le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione con il nodo, oppure
rivoltate verticalmente in corrispondenza di tale faccia, a contenimento del nodo; - La
lunghezza di ancoraggio delle armature tese va calcolata in modo da sviluppare una
tensione nelle barre pari a 1,25 fyk, e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri
dalla faccia del pilastro verso l’interno.
La parte dell’armatura longitudinale della trave che si ancora oltre il nodo non può terminare all’interno
di una zona critica, ma deve ancorarsi oltre di essa.
La parte dell’armatura longitudinale della trave che si ancora nel nodo, deve essere collocata all’interno
delle staffe del pilastro.
· Ancoraggio nel nodo: Affinchè le barre esplichino una tensione pari a 1,25fyk le lunghezze di
ancoraggio sono state calcolate come mostrato di seguito:
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Alla lunghezza cosi calcolata va poi aggiunta una lunghezza pari a 6Φ.
La lunghezza di ancoraggio risultante è riferita a barre diritte. Per tenere in conto la piegatura del
ferro ancorato nel nodo si considera il coefficiente riduttivo αa indicato tra le prescrizioni costruttive
dell’EC2 al punto 5.2.3.4.1:
· αa = 1 per barre diritte
· αa = 0,7 per barre piegate in trazione se nella zona della piegatura, del gancio o del risvolto
lo spessore del calcestruzzo che ricopre l’armatura, misurato perpendicolarmente al
piano di piegatura, e almeno pari a 3Φ.
La lunghezza di ancoraggio effettiva, all’interno del nodo, sarà dunque data da:
La lunghezza di ancoraggio oltre il nodo viene calcolata secondo le indicazioni dell’EC2 come la
lunghezza tale per cui la barra esplichi una tensione pari ad fyd, ( T = As ∙ fyd) si ha dunque:
Poichè oltre il nodo le barre non si piegano, ma si ancorano diritte, il coefficiente riduttivo αa=1. Di
seguito sono riportati i valori delle lunghezze di ancoraggio utilizzate, calcolate secondo i procedimenti
sopra riportati:
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Lunghezza di sovrapposizione:
Le giunzioni tra le barre devono essere tali da assicurare la trasmissione delle forze da una barra
all’altra. La continuità tra le barre viene garantita come indicato nelle NTC al punto 4.1.6.1.4: Le
armature longitudinali devono essere interrotte, ovvero sovrapposte preferibilmente nelle zone
compresse o di minore sollecitazione. La continuità delle barre può effettuarsi mediante
sovrapposizione, calcolata in modo da assicurare l’ancoraggio di ciascuna barra. In ogni caso la
lunghezza di sovrapposizione nel tratto rettilineo deve essere non minore di 20 volte il diametro della
barra. La distanza mutua (interferro) nella sovrapposizione non deve superare 4 volte il diametro.
Ls = α1 * La
Dove il coeff. α1 assume i valori riportati al punto 5.2. 4.1.3 dell’EC2:
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La disposizione delle giunzioni per sovrapposizione è stata effettuata seguendo, per quanto possibile, le
indicazioni presenti al punto 5.2.4.1.1 dell’EC2:
- le sovrapposizione tra barre devono di regola essere sfalsate e non devono essere poste in zone di
elevata tensione;
- in una giunzione lo spazio libero tra due barre sovrapposte deve di regola soddisfare i valori della
figura sottostante.
Il progetto delle staffe viene effettuato fissando il diametro iniziale delle staffe e il numero di bracci, di
conseguenza si calcola il passo necessario a soddisfare la verifica allo SLU. Si utilizzano staffe a 2
bracci di diametro ϕ8mm. Qualora il passo risultasse troppo piccolo si procede ad aumentare il diametro
delle staffe o il numero dei bracci.
Stabilite le “armature di partenza”, ad esse si applicano le limitazioni presenti nelle sezioni dettagli
costruttivi (7.4.6-NTC e 4.1.6-NTC) per stabilire il passo minimo e il passo massimo:
Le travi devono prevedere armatura trasversale costituita da staffe con sezione complessiva non
inferiore ad Ast = 1,5 ∙ b [mm2/m] essendo b lo spessore minimo dell’anima in millimetri (che,
considerando staffe a 2 bracci con diametro Φ8mm, si traduce in un passo massimo di 22cm), con un
minimo di tre staffe al metro (quindi smax=33 cm) e comunque un passo non superiore a 0,8 volte
l’altezza utile della sezione (smax=36 cm); da questi limiti risulta:
In ogni caso almeno il 50% dell’armatura necessaria a taglio deve essere costituita da staffe.
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· Passo nella Zona Critica
Nelle zone critiche devono essere previste staffe di contenimento. La prima staffa deve distare non
più di 5 cm dalla sezione a filo pilastro; le successive devono essere disposte ad un passo che
soddisfi la seguente disequazione per strutture in CD”A”:
Per staffa di contenimento si intende una staffa rettangolare, circolare o a spirale, di diametro
minimo 6mm, con ganci a 135° prolungati per almeno 10 diametri alle due estremità. I ganci devono
essere assicurati alle barre longitudinali.
Le zone critiche si estendono [7.4.6.1.1 – NTC], per strutture progettate in CD”A”, per una lunghezza
pari a 1,5 volte l’altezza della sezione della trave, misurata a partire dalla faccia del nodo trave-
pilastro.
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Il passo nella zona centrale viene calcolato secondo quanto riportato nel capitolo 4.1.6.1.1 delle
NTC08 che spiega: Le travi devono prevedere armatura trasversale costituita da staffe con
sezione complessiva non inferiore ad Ast = 1,5 b mm2/m essendo b lo spessore minimo dell’anima
in millimetri, con un minimo di tre staffe al metro e comunque passo non superiore a 0,8 volte
l’altezza utile della sezione e non superiore a 0,33 m. Le armature trasversali progettate sono
riportate nell’appendice.
9.2. I Pilastri
Come precedentemente descritto, data l’indeterminatezza delle azioni sismiche e la conseguente difficoltà
nello stimare con accuratezza la risposta della struttura, al fine di garantire l’integrità della stessa, si
assegnano le resistenze agli elementi secondo la gerarchia delle resistenze seguente: nodo, pilastro, trave.
Nel caso dei pilastri e pertanto fondamentale evitare che si formino cerniere plastiche
durante un sisma, quindi si assicura che l’energia sismica sia dissipata solo dalle travi, per tre ragioni:
· a causa della forza assiale di compressione, i pilastri hanno duttilità inferiore alle travi;
· evitare la rottura dei pilastri è molto più importante per la sicurezza della struttura; · la
formazione di cerniere plastiche può causare effetti del secondo ordine che portano al
collasso.
Il progetto dei pilastri viene eseguito considerando una sollecitazione di pressoflessione deviata in
quanto, per effetto della combinazione delle azioni sismiche nelle due direzioni orizzontali X e Y,
sussiste in ogni sezione sia Mx sia My. I momenti flettenti di calcolo, da utilizzare per il
dimensionamento dei pilastri, sono quelli ottenuti dall’analisi globale della struttura, tenuto conto
delle combinazioni delle componenti dell’azione sismica e delle combinazioni dell’azione sismica con
le altre azioni.
Nei telai come precedentemente detto, per scongiurare l’attivazione di meccanismi fragili globali come
il meccanismo di “piano debole” che comporta la plasticizzazione di gran parte dei pilastri di piano,
anticipata rispetto alle travi, il progetto delle zone dissipative dei pilastri è effettuato considerando le
sollecitazioni corrispondenti alla resistenza delle zone dissipative delle travi amplificata del
coefficiente γRd.
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In tali casi, generalmente il meccanismo dissipativo prevede la localizzazione delle cerniere alle
estremità delle travi e le sollecitazioni di progetto dei pilastri possono essere ottenute a partire dalle
resistenze d’estremità delle travi che su di esse convergono, facendo in modo che, per ogni nodo
trave-pilastro ed ogni direzione e verso dell’azione sismica, la resistenza complessiva dei pilastri
sia maggiore della resistenza amplificata delle travi , in accordo con la formula [7.4.4.2.1 – NTC]:
Con riferimento all’armatura trasversale, la resistenza di calcolo a “taglio trazione” si calcola con
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dove: d e l’altezza utile della sezione;
b e la larghezza della sezione;
Asw e l’area dell’armatura trasversale;
s interasse tra due armature trasversali consecutive;
αc e un coefficiente maggiorativo funzione del valore della tensione media di
compressione nella sezione;
1 per membrature non compresse
1+σcp/fcd per 0 < σcp< 0,25 fcd
1,25 per 0,25 fcd < σcp < 0,5 fcd
2,5(1- σcp/fcd) per 0,5 fcd < σcp < fcd
f ’cd resistenza a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima pari a 0,5 fcd.
Per le strutture in CD”A” la sollecitazione di compressione non deve eccedere il 55% della resistenza
massima a compressione della sezione di solo calcestruzzo.
La verifica a presso-flessione deviata può essere condotta in maniera semplificata effettuando, per
ciascuna direzione del sisma, una verifica a presso-flessione retta nella quale le sollecitazioni vengono
determinate come visto precedentemente e la resistenza viene ridotta del 30%. Nel caso di
pressoflessione deviata la verifica della sezione può essere posta nella forma:
Dove:
MEyd, MEzd sono i valori di calcolo delle due componenti di flessione retta dell’azione attorno agli assi y
e z;
MRyd, MRzd sono i valori di calcolo dei momenti resistenti di pressoflessione retta corrispondenti a NEd
valutati separatamente attorno agli assi y e z.
L’esponente α può dedursi in funzione della geometria della sezione e dei parametri
ν = NEd/NRcd (4.1.11)
wt = At × fyd / NRcd (4.1.12)
con NRcd = Ac × fcd .
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In mancanza di una specifica valutazione, può porsi cautelativamente α=1.
Per effettuare le seguenti verifiche e stato usato un software di calcolo, chiamato VCA SLU. Questo
programma costruisce il dominio di resistenza Mx-My del pilastro in esame per un dato sforzo normale,
assegnando le dimensioni geometriche della sezione e le armature longitudinali prescelte. La verifica
consiste nel verificare che la coppia Mx-My di progetto sia interna a tale dominio costruito con lo sforzo
normale minimo, dopo aver verificato che questa fosse la condizione più sfavorevole. Di seguito si
riportano due immagini che ritraggono l’interfaccia del programma e il diagramma di resistenza Mx-My
risultante dall’analisi a pressoflessione deviata:
si riportano di seguito le interfacce del programma:
Occorre verificare che lo sforzo assiale normalizzato non superi il valore 55% della resistenza massima a
compressione della sezione di solo cls [7.4.4.2.2.1 – NTC]. A questo scopo si considera la condizione di
carico più gravosa in termini di sforzo normale alla base delle diverse tipologie di pilastro.
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9.2.2.3. Verifica a taglio
Per ogni livello, occorre confrontare il valore massimo del taglio di progetto con quello resistente VRd.
La resistenza a taglio VRd di elementi strutturali dotati di specifica armatura a taglio deve essere
valutata sulla base di un’adeguata schematizzazione a traliccio [4.1.2.1.3.2 – NTC]. Gli elementi
resistenti dell’ideale traliccio sono: le armature trasversali, le armature longitudinali, il corrente
compresso di calcestruzzo e i puntoni d’anima inclinati. L’inclinazione θ dei puntoni di calcestruzzo
rispetto all’asse del pilastro deve rispettare i limiti seguenti:
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9.2.3. Progetto delle armature
Al fine di conseguire le desiderate caratteristiche di duttilità locale e globale, per progettare l’armatura
longitudinale, si seguono le prescrizioni di normativa [7.4.6.2.2 - NTC] in cui si afferma che nella
sezione corrente del pilastro la percentuale di armatura longitudinale deve essere compresa tra i
seguenti limiti al fine di garantire una certa duttilità dell’elemento:
Con A area totale dell’armatura longitudinale e AC area della sezione lorda del pilastro. Se l’area
del ferro fosse maggiore del 4% dell’area del calcestruzzo ci potrebbero essere problemi di
confezionamento del pilastro in quanto il calcestruzzo non riuscirebbe a riempire uniformemente la
cassaforma con conseguente formazione di vuoti; ci potrebbero invece essere problemi di flessione
e ritiro, che comportano sforzi di trazione, se l’area del ferro fosse inferiore all’1% di quella del
calcestruzzo. Inoltre per tutta la lunghezza del pilastro l’interasse delle barre non deve essere
superiore a 25 cm. Nel caso in esame si ricava:
E necessario rispettare i limiti geometrici [7.4.6.1.2 – NTC] per cui la dimensione minima della
sezione trasversale non deve essere inferiore a 250 mm e il rapporto tra dimensione massima e
minima in pianta non deve essere superiore a 4 [nota 7.4.3.1 – NTC], in caso contrario l’elemento sara
assimilato alle pareti portanti. Per quanto riguarda le limitazioni sull’armatura e necessario rispettare
le seguenti condizioni [4.1.6.1.2 – NTC]:
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9.2.3.2. Lunghezza di ancoraggio
Le armature longitudinali devono essere interrotte ovvero sovrapposte preferibilmente nelle zone
compresse o di minore sollecitazione. La continuità fra le barre può effettuarsi mediante:
Per barre di diametro Ф >32 mm occorrerà adottare particolari cautele negli ancoraggi e nelle
sovrapposizioni.
L’ancoraggio e stato garantito con la stessa procedura utilizzata per le travi, mentre la lunghezza di
sovrapposizione e stata assunta pari a 0.8 m in modo da sovrapporre le barre in una zona del
pilastro in cui il momento, osservato dall’analisi modale, e minimo.
Il progetto dell’armatura viene effettuato stabilendo a priori il diametro delle barre trasversali e il
numero di bracci, e scegliendo poi un passo tale da soddisfare la verifica allo SLU e da rispettare i
minimi di normativa sotto riportati. Inizialmente si è partiti da staffe ϕ10 a 2 bracci.
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Il rapporto tra l’area complessiva dei bracci delle staffe e il passo deve essere:
Il passo utilizzato e stato ottenuto dalla condizione più limitativa tra quelle contemplate dalla normativa,
sopra riportate, e quella ottenuta dall’inversione della verifica allo SLU dopo essersi assicurati che la
sezione di calcestruzzo fosse sufficiente a soddisfare tale verifica:
I domini di resistenza, il progetto delle armature e le verifiche sui pilastri sono riportati nell’appendice.
Si definisce nodo la zona del pilastro che si incrocia con le travi ad esso concorrenti (7.4.4.3-NTC).
La resistenza del nodo deve essere tale da assicurare che non pervenga alla rottura prima delle zone
della trave e del pilastro ad esso adiacenti. Sono da evitare, per quanto possibile, eccentricità tra
l’asse della trave e l’asse del pilastro concorrenti in un nodo, per garantire la trasmissione degli
sforzi. Si distinguono due tipi di nodo:
- nodi interamente confinati, cosi definiti quando in ognuna delle quattro facce verticali si innesta
una trave. Il confinamento si considera realizzato quando, su ogni faccia del nodo, la sezione
della trave copre per almeno i . la larghezza del pilastro e, su entrambe le coppie di facce
opposte del nodo, le sezioni delle travi si ricoprono per almeno i 3/4 dell’altezza;
nodi non interamente confinati: tutti i nodi non appartenenti alla categoria precedente.
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9.3.1. Sollecitazioni di progetto
9.3.1.1. Valutazione del taglio agente nel nodo (7.4.4.3-NTC)
Il taglio agente in direzione orizzontale in un nodo deve essere calcolato tenendo conto delle
sollecitazioni più gravose che, per effetto dell’azione sismica, si possono verificare negli elementi che
vi confluiscono. In assenza di più accurate valutazioni, la forza di taglio agente nel nucleo di
calcestruzzo del nodo può essere calcolata, per ciascuna direzione dell’azione sismica, come:
in cui γRd=1,20, As1 e As2 sono rispettivamente l’area dell’armatura superiore ed inferiore della trave
che concorre nel nodo e Vc e la forza di taglio nel pilastro al di sopra del nodo, derivante
dall’analisi in condizioni sismiche. Le formule fanno riferimento al seguente schema:
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9.3.2. Verifiche di resistenza (7.4.4.3.1-NTC)
La verifica di resistenza nel nodo deve essere effettuata per le sole struttura in CD”A”.
La compressione diagonale indotta dal meccanismo a traliccio non deve eccedere la resistenza a
compressione del calcestruzzo. In assenza di modelli più accurati, il requisito può ritenersi soddisfatto
se:
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9.3.2.2. Verifica a trazione diagonale
Al fine di evitare che la massima trazione diagonale del calcestruzzo ecceda la fctd deve essere
previsto un adeguato confinamento. In assenza di modelli più accurati, si possono disporre nel nodo
staffe orizzontali di diametro non inferiore a 6mm, in modo che:
In alternativa, l’integrità del nodo a seguito della fessurazione diagonale può essere garantita
integralmente dalle staffe orizzontali se
in cui γRd=1,20, As1 e As2 sono rispettivamente l’area dell’armatura superiore ed inferiore della
trave che concorre nel nodo, νd e la forza assiale normalizzata agente al di sopra del nodo, per i nodi
interni, al di sotto del nodo per i nodi esterni.
Indipendentemente da quanto richiesto dalle verifiche precedenti, lungo le armature longitudinali
del pilastro che attraversa i nodi non confinati devono essere disposte staffe di contenimento in
quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al
nodo. Questa regola può non essere osservata nel caso di nodi interamente confinati.
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 100
Per i nodi non confinati le staffe orizzontali presenti lungo l’altezza del nodo devono verificare la
seguente condizione:
Le verifiche vanno effettuate relativamente ad entrambe le direzioni di azione del taglio sul pilastro,
ossia lungo l’asse x e lungo l’asse y.
Dunque il passo delle staffe da adottare nel nodo sarà il minore tra i due risultanti dalle due verifiche.
Nel caso in esame, il passo nel nodo è risultato coincidente al passo nella zona critica del pilastro.
Tutte le verifiche riguardanti il nodo sono contenute nell’appendice.
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9.4. Le scale
Le scale a soletta rampante rappresentano la tipologia più comune nel panorama edilizio italiano
delle costruzioni in cemento armato. La soletta rampante è una piastra ad asse inclinato (rampa)
che poggia sulle travi poste al livello di piano e di interpiano. I gradini sono riportati sulla
soletta e non hanno funzione portante. La figura successiva ne illustra la geometria:
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9.4.1.1. Valutazione del momento di progetto
I momenti flettenti di calcolo e i tagli di progetto da utilizzare per il dimensionamento o verifica nel
primo caso, e solo per la verifica nel secondo, sono quelli ottenuti dall’analisi globale della
struttura per la combinazione dell’azione sismica con le altre azioni:
Gli effetti dell'azione sismica saranno valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi
gravitazionali:
I valori dei coefficienti Ψ2 j sono riportati nella Tabella seguente tratta dalla normativa:
Per quel che riguarda le sollecitazioni flessionali e taglianti, si utilizzano quindi i valori ottenuti dal
SAP.
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9.4.2. Progetto dell’armatura
Poiché si è in presenza di una soletta, essa non dovrà essere armata a taglio, mentre il calcolo
dell’armatura a flessione segue i ben noti canoni del calcolo a flessione di travi in c.a. Occorre
aggiungere dell’armatura trasversale per una più efficace ripartizione dei carichi nella misura del
20% dell’armatura longitudinale.
Almeno due barre di diametro non inferiore a 14mm devono essere presenti superiormente e inferiormente
per tutta la lunghezza della trave. Al fine di assicurare le caratteristiche di duttilità locale e globale è
necessario che la percentuale di armatura sia compresa nei seguenti limiti:
L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi deve essere contenuta,
per almeno il 75%, entro la larghezza dell’anima.
L’area dell’armatura longitudinale in zona tesa non deve essere inferiore a (4.1.6.1-NTC):
Negli appoggi di estremita all’intradosso deve essere disposta un’armatura efficacemente ancorata,
calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio (As=Td/fyd).
Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura tesa o compressa non deve superare
individualmente As,max = 0,04 Ac, essendo Ac l’area della sezione trasversale di calcestruzzo.
E’ stato quindi scelto di utilizzare ferri Ф18, in particolare si è pensato di disporre dieci ferri
passanti nelle sezioni superiori e inferiori della soletta e dei pianerottoli.
Per quanto riguarda i gradini e stato scelto di utilizzare dei ferri Ф8 con passo 15 cm, per evitare
eventuali rotture del calcestruzzo.
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9.4.3. Verifiche di resistenza
Verifica a flessione
sezione Med As_min Ф N° As_eff ρ ρ >1,4/fyk ρ < ρcomp+3,5/fyk Mrd Verifica
(KN*m) (cm2) ferri (cm2) (KN m)
A(inizio) 130 21.7 18 10 25.4 0.0127 SI SI 146.2 OK
A(mezz.) 79 13.2 18 10 25.4 0.0127 SI SI 146.2 OK
A(fine) 101 16.9 18 10 25.4 0.0127 SI SI 146.2 OK
Relativamente alla presenza di una scala che trasmette carichi ai pianerottoli, è necessario verificare
il comportamento a torsione delle travi su cui si innestano i pianerottoli stessi: travi di testata. A
partire dalle caratteristiche geometriche specifiche di questi elementi si è effettuato un controllo
sulla necessita o meno di inserire un’armatura trasversale aggiuntiva dovuta al contributo dei
momenti agenti parallelamente all’asse longitudinale delle travi:
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Verifica torsione semplice cotθ
= 2.5
sezione Tred Asw S_max S (cm) Trcd Trsd A1 TRld TRd Verifica
(KN*m) (cm2) (cm) (KN*m) (KN*m) (cm2) (KN m) (KN m) 4.1.2.1.4
App A 55 1.57 9.25 6.00 84.8 688.1 30.40 86.4 84.8 OK
AB 20 1.57 29.60 6.00 84.8 688.1 15.20 43.2 43.2 OK
App B 55 1.57 9.25 6.00 84.8 688.1 30.40 86.4 84.8 OK
cotθ = 0,4
sezione Tred Asw S_max S (cm) Trcd Trsd A1 TRld TRd Verifica
(KN*m) (cm2) (cm) (KN*m) (KN*m) (cm2) (KN m) (KN m) 4.1.2.1.4
App A 55 1.57 9.25 6.00 84.8 110 30.40 540.0 84.8 OK
AB 20 1.57 29.60 6.00 84.8 110 15.20 270.0 84.8 OK
App B 55 1.57 9.25 6.00 84.8 110 30.40 540.0 84.8 OK
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10. L’analisi Pushover
Per ottenere una previsione accurata e realistica della risposta sismica della struttura è necessario
disporre di strumenti che permettano di coglierne il comportamento non lineare e la sua evoluzione nel
tempo. Per questo motivo si ricorre a procedure statiche non lineari, le quali conservano la semplicità
d’uso e di interpretazione, tipica delle analisi statiche, ma permettono stime più realistiche e affidabili
della risposta strutturale in campo non lineare.
La capacita di una struttura di resistere all’evento sismico dipende fortemente della sua duttilità, ossia
dalla sua capacita deformativa in regime anelastico, senza eccessiva perdita di resistenza. I metodi di
analisi elastica lineare (sia statico sia dinamico) tengono conto del comportamento non lineare della
struttura tramite l’impiego dei fattori di struttura q, ma non possono cogliere ne le variazioni nella
risposta strutturale che si hanno in seguito ai successivi snervamenti dei singoli elementi, ne le
informazioni sulla distribuzione della domanda di anelasticita nella struttura. I metodi di analisi
statica non lineare invece permettono di cogliere questi aspetti, dimostrandosi un utile strumento in
particolare in fase di verifica, dove è necessario valutare la coerenza tra fattore di struttura assunto e la
reale capacita di duttilità della struttura.
Risultato finale dell’analisi e la curva “Taglio alla base”-“Spostamento punto di controllo”, dove il
taglio alla base è la somma di tutte le forze orizzontali agenti ai vari piani, mentre lo spostamento è
relativo ad un punto ritenuto significativo del comportamento globale. Tale curva T-s viene quindi
confrontata con la domanda, rappresentata da punti sulla stessa curva individuati in corrispondenza di
valori di spostamento che la struttura subirebbe qualora fosse soggetta ai diversi terremoti di progetto.
Per effettuare l’analisi statica non lineare quindi è necessario sottoporre la struttura all’azione di
forze orizzontali; queste sono applicate nel centro di massa di ogni piano in corrispondenza dei solai,
dove vengono appunto modellate le masse, allo scopo di simulare le azioni inerziali indotte dal
sisma. Il decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 prescrive di utilizzare due distribuzioni di forze
orizzontali, una principale ed una secondaria, soltanto se per la struttura in questione ricorrono le
condizioni di applicabilità, le quali riguardano in via indiretta la regolarità strutturale.
In particolare il testo normativo fornisce le possibili distribuzioni principali nel “gruppo 1”, e le
distribuzioni di forze secondarie nel “gruppo 2” di seguito illustrate.
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Gruppo 1 – Distribuzioni principali:
In linea teorica le distribuzioni principali hanno lo scopo di modellare la risposta dinamica finche la
struttura rimane in campo elastico, mentre quelle secondarie vogliono simulare il comportamento nella
fase plastica; in particolare la distribuzione uniforme lungo l’altezza, proporzionale alle masse di piano,
ha lo scopo di approssimare la risposta strutturale quando si raggiungono grandi deformazioni. In
generale dunque è possibile procedere applicando due distribuzioni, una proporzionale alla forma del
modo di vibrare ed una proporzionale alle masse di piano, a patto che la struttura sia sufficientemente
regolare, come e implicitamente imposto nelle condizioni di applicabilità.
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10.1. Metodologia di analisi
Nel testo unico del 2008 non viene illustrato esplicitamente il metodo da seguire per linearizzare la
curva di capacita e determinare la risposta massima in spostamento della struttura, ma viene
solamente specificato che per eseguire l’analisi è necessario associare al sistema strutturale reale un
sistema equivalente ad un grado di liberta. Si utilizzerà, pertanto, il procedimento descritto
nell’Eurocodice 8, al quale la normativa italiana consente di fare riferimento, che si basa a sua
volta sul metodo N2, sigla che richiama il campo non lineare e l’adozione di due modelli,
formulato da Peter Fajfar.
Il metodo si basa sull’assunzione che la risposta di un sistema a più gradi di liberta (MDOF)
possa essere correlata alla risposta di un sistema equivalente ad un grado di liberta (SDOF). Tale
assunzione, a sua volta, si basa su due ipotesi molto importanti che sono:
Queste ipotesi alla base del metodo possono considerarsi soddisfatte per tutti gli edifici progettati
secondo le norme e regolari in pianta ed in altezza. Come già detto in precedenza, qualora un
edificio non soddisfi queste condizioni si renderà necessario utilizzare altri metodi di
applicazione dell’analisi pushover. In particolare il venir meno delle due assunzioni comporta,
rispettivamente, l’esigenza di considerare i contributi di più modi di vibrare (modal pushover), e
l’utilizzo di distribuzioni di forze diverse per considerare l’effettivo modo di deformarsi della
struttura. Una volta definito il sistema SDOF equivalente e calcolato il suo periodo proprio T * è
possibile, con l’utilizzo dello spettro di risposta elastico in formato ADRS, determinare lo
spostamento massimo che deve essere in grado di sopportare, e da qui dedurre il corrispondente
spostamento massimo richiesto al sistema reale MDOF.
Nei paragrafi successivi si descrivono i passi che costituiscono il metodo N2.
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10.1.1. Legame forza-spostamento generalizzato
Come risultato dell’analisi si ottiene una curva, detta appunto curva di capacita, che descrive il
comportamento non lineare e lega la risultante Vb delle forze applicate (taglio totale alla base) allo
spostamento dc del punto di controllo.
Questo passaggio costituisce la parte principale del metodo N2, e consiste nella determinazione
del sistema SDOF a comportamento bi-lineare equivalente partendo dal sistema MDOF. Si
riportano nel seguito i passaggi analitici utili a comprendere come si sviluppa il procedimento.
Si parte dall’equazione del moto del modello piano MDOF: (equazione 1)
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Assumendo, come spiegato in precedenza, che la forma Φ del modo di vibrare rimanga invariata
nel tempo si definisce il vettore degli spostamenti come segue: (equazione 2)
U=Φd
in cui F e il vettore degli spostamenti di piano corrispondenti al modo di vibrare fondamentale
normalizzato rispetto allo spostamento del punto di controllo e dc è lo spostamento del punto di
controllo.
Si definisce inoltre il vettore delle forze statiche orizzontali P utilizzate nell’analisi pushover come
segue: (equazione 3)
P=pMΦ
Ne consegue che la forza orizzontale Pi applicata al livello i-esimo è proporzionale alla componente Fi
del vettore F ed alla massa di piano mi, e vale: (equazione 4)
Pi = p mi Φi
dalla statica segue che: (equazione 5)
P=R
ovvero che le forze interne sono uguali ai carichi statici applicati esternamente.
A questo punto introducendo le equazioni 2, 3, e 5 nell’equazione 1, e moltiplicando entrambi i
membri per ФT, si ottiene: (equazione 6)
e d* ed F* sono lo spostamento e la forza nel sistema equivalente SDOF; in campo elastico essi
sono legati ai corrispondenti valori del sistema MDOF dalle relazioni seguenti:(equazioni 7 e 8)
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Come illustrato nelle figure sottostanti Vb e il taglio alla base del sistema reale MDOF, e vale appunto:
In figura si riporta a titolo di esempio, una curva di capacita del sistema reale a più gradi di liberta e
quella corrispondente del sistema fittizio ad un grado di liberta con la rappresentazione della bilineare
equivalente a comportamento elastico-perfettamente plastico.
Come indicato nelle equazioni 7 e 8 il passaggio dal sistema reale a più gradi di libertà al sistema ad
un unico grado di liberta a comportamento bi-lineare equivalente avviene attraverso la costante Γ,
denominata “fattore di partecipazione modale”, e definita nel modo seguente:
Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma considerata; il vettore j
è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale normalizzato ponendo dc = 1; la matrice M è la
matrice di massa del sistema reale.
In campo elastico la forza F* è lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati come già detto a
quelli del sistema a più gradi di libertà dalle relazioni:
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Si approssima quindi la curva caratteristica “forza (F*) -spostamento (d*)” del sistema equivalente con
una bilineare definita in base al criterio di uguaglianza delle aree.
Alla curva di capacita del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva bilineare avente un
primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico.
Detta Fbu la resistenza massima del sistema strutturale reale ed F*bu = Fbu / Γ la resistenza
massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per il
punto 0,6 F*bu della curva di capacita del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione F*y si
individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di
capacita per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di resistenza ≤ 0,15
F*bu A questo punto nota la curva caratteristica del sistema SDOF, il suo periodo proprio elastico
risulta essere:
Infine per poter confrontare la capacita con la domanda, occorre trasformare il diagramma di
capacita da forza-spostamento al formato accelerazione-spostamento, applicando la relazione
riportata di seguito:
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10.1.3. Risposta massima in spostamento del sistema equivalente
Per poter confrontare la capacita offerta dalla struttura con la domanda propria dell’evento sismico
è necessario, come fatto per la curva di capacita, trasformare lo spettro di risposta elastico dal
formato accelerazione-periodo al formato accelerazione-spostamento. La relazione che lega lo
spettro elastico in accelerazione-periodo con quello in formato ADRS e la seguente:
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A questo punto è possibile determinare la domanda sismica del sistema equivalente SDOF mediante la
procedura descritta di seguito. Sia la curva di capacita (bi-lineare equivalente in
accelerazione-spostamento) che lo spettro di risposta (in formato ADRS) sono inseriti nello stesso grafico,
come si può vedere dalle figure riportate di seguito.
Per determinare la domanda di spostamento è necessario prolungare il tratto elastico della curva bi-
lineare fino ad incrociare lo spettro di risposta in corrispondenza del periodo elastico T* proprio del
sistema equivalente. Al punto di intersezione, cosi determinato, corrispondono lo spostamento massimo
de,max richiesto dal sisma di progetto e l’accelerazione Sae che sarebbe richiesta al sistema se questo
avesse un comportamento indefinitamente elastico.
Si definisce ora il fattore di riduzione Rμ come il rapporto tra l’accelerazione corrispondente al sistema
equivalente considerato indefinitamente elastico e quella del sistema a comportamento elastico-
perfettamente plastico:
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Si precisa che Rμ non è il fattore di struttura q utilizzato dai codici normativi; infatti nel fattore di
struttura è compresa, oltre alla dissipazione di energia considerata nel fattore Rμ, anche la
sovraresistenza.
Si definisce inoltre la domanda di duttilità μd come il rapporto tra lo spostamento massimo richiesto
e lo spostamento al limite elastico del sistema bi-lineare equivalente:
Per determinare la domanda di spostamento si procede in uno dei due modi illustrati in seguito, a
seconda che il periodo proprio T* del sistema equivalente sia superiore o inferiore al valore prefissato
TC, ovvero al periodo che corrisponde alla fine del tratto orizzontale dello spettro di
risposta proprio dell’evento sismico considerato. Se il periodo proprio T* del sistema equivalente è
maggiore di TC, il massimo spostamento raggiunto dal sistema anelastico e pari a quello di un sistema
elastico con pari periodo, ovvero:
Si ha pertanto che:
Se ci si trova, invece, nel caso T*<TC, la domanda di duttilita μd non è più uguale ad Rμ, ma è sempre
legato ad esso dalla relazione seguente:
Si precisa che nel caso si abbia un valore di Rμ inferiore all’unità, ovvero la risposta del sistema è
elastica (il tratto elastico della bi-lineare equivalente interseca lo spettro di risposta), si assume
anche per il caso T*<TC:
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Determinata cosi la risposta massima in spostamento del sistema SDOF a comportamento bilineare
equivalente si procede alla conversione di tale spostamento nella configurazione deformata della
struttura reale MDOF
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10.1.4. Conversione risposta sistema equivalente in quella dell’edificio reale
Noto lo spostamento massimo d* max del sistema equivalente ad un grado di liberta è immediato
calcolare lo spostamento effettivo del punto di controllo del sistema a più gradi di libertà ad esso
corrispondente, semplicemente invertendo l’equazione (7) come segue:
dove dc,max esprime, appunto, lo spostamento massimo richiesto dall’evento sismico di progetto al
sistema reale a più gradi di libertà.
10.1.5. Verifica
A questo punto, nota la domanda di spostamento, è possibile operare il confronto con lo spostamento
disponibile e verificare la prestazione strutturale. In particolare, la verifica viene effettuata controllando
che lo spostamento massimo disponibile sia superiore a quello richiesto, ovvero: (equazioni 9 e 10)
Le equazioni (9) e (10) sono del tutto analoghe, e si riferiscono rispettivamente al sistema MDOF ed
al sistema equivalente SDOF.
Tale verifica può essere espressa anche in termini di duttilità. A tal proposito si definisce la capacita di
duttilità μc come segue:
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10.2. Modellazione con il programma SAP2000
Per prima cosa si e proceduto a definire le sezione degli elementi, inserendo le armature di progetto.
Si riportano di seguito le sezioni di travi e pilastri.
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Trave (tipo)
Il programma si serve, seppur parzialmente, di queste relazioni nell’analisi non lineare per
determinare i punti, sul piano M-φ, per la modellazione del comportamento plastico delle cerniere. Le
curve utilizzate nella non lineare assomigliano a quelle sopra riportate, tuttavia sono semplificate.
L’innesco della cerniera plastica avviene superato il valore di snervamento, prima del quale
l’elemento Frame rimane in campo lineare; dunque le curve semplificate partono da un valore di
momento a curvatura nulla, a significare che è nulla la curvatura plastica non certo quella elastica.
Superato lo snervamento c’è un ramo plastico, più o meno incrudente, seguito, se previsto, da un
ramo a pendenza negativa che prelude la crisi totale dell’elemento plastico.
Dunque il programma prende dalle curve i valori di snervamento per determinare il punto di innesco
della cerniera, i valori ultimi corrispondenti al picco, per determinare il punto di crisi, e i valori di
resistenza e deformazione residua, per la costruzione di curve semplificate da utilizzare per l’analisi
non lineare.
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10.2.1.2. Elementi Colonna
Si riporta di seguito l’assegnazione delle sezioni colonna e poi il relativo momento curvatura:
Pilastro (tipo)
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10.2.2. Definizione delle cerniere
Si è poi proceduto all’inserimento delle cerniere plastiche nelle travi e nei pilastri. Il codice permette
di inserire automaticamente le cerniere e calcolare quindi automaticamente il diagramma momento
curvatura. Si riporta di seguito quanto fatto:
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10.2.3. Assegnazione dei profili di carico
1) Si assegnano i carichi verticali permanenti e accidentali a tutte le travi ed i pilastri del telaio. Si
definisce quindi la condizione di carico PUSH-GRAVITAZIONALI. Si richiede che i
carichi siano applicati in un'unica fase e che si sviluppi un’analisi di tipo non lineare.
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2) Si definiscono i carichi da applicare in maniera incrementale durante l’analisi di pushover.
Considerando, ai fini dell’analisi un modello bi-dimensionale, un solo telaio in cui i carichi hanno
un rapporto relativo proporzionale alla prima deformata modale, il caso viene chiamato “Spinta
modale”.
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4) Si definisce poi un profilo di carico triangolare
Viene condotta un’analisi in controllo di spostamenti, la quale richiede che si sappia fin dove la
struttura si può muovere senza conoscere con quale carico vi si riesce. Viene selezionato uno
spostamento di monitoraggio, che è il singolo grado di liberta di un nodo qualunque; l’ampiezza di
questo spostamento deve essere specificata dall’utente e rappresenta il target da raggiungere durante
l’analisi. E stato imposto uno spostamento massimo di 20 cm al nodo master 5.
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Nella finestra sottostante sono messi in evidenza i parametri usati per eseguire l’analisi di pushover. In
particolare si nota la scelta di imporre una ridistribuzione locale dei carichi quando su un elemento si
forma una cerniera plastica.
Analogamente è stato fatto per l’analisi eseguita applicando un vettore di spostamento proporzionale alle
masse.
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10.3. Risultati dell’analisi Pushover
In questo paragrafo si riportano i risultati delle analisi eseguite sul modello spaziale della struttura
ottenuti con grande dispendio di tempo, per trovare la giusta calibrazione di tutti i parametri che
definiscono l’impostazione dell’analisi, e di memoria del disco nel quale essi sono stati salvati. Si è
scelto, in una prima battuta, di assegnare cerniere plastiche tipo FEMA 356, con perdita di resistenza
solo negli elementi trave, nei quali è dunque possibile che si inneschino perdite di carico tuttavia
senza che esse compromettano l’equilibrio globale della struttura, né tanto meno la stabilità della
convergenza. Negli elementi colonna al contrario, ancora per facilitare la convergenza, è usato il
modello tipo Caltrans, senza perdita di resistenza.
L’analisi ha condotto all’individuazione di quattro fasi distinte, emerse nel percorso di deformazione
globale, a ciascuna delle quali corrisponde un ramo della curva di push-over. Una prima fase in cui le
deformazioni sono in campo elastico e la pendenza della curva è costante.
La prima fase termina con la formazione della prima cerniera, che evidentemente si riscontra in un
elemento trave.
La seconda fase è rappresentata sulla curva di push-over da un ramo ancora lineare ma con pendenza
minore a causa della minore rigidezza laterale offerta dal telaio, nel quale le travi perdono
gradualmente la connessione elastica con i pilastri.
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Nella terza fase la struttura mostra un evidente comportamento non lineare, le sezioni di base dei
pilastri iniziano a plasticizzarsi provocando forti riduzioni di rigidezza laterale. La struttura è entrata
nel campo non lineare.
Nella quarta fase il comportamento della struttura si stabilizza su un ramo plastico, in cui tutti gli
elementi rispondono in modo plastico. È qui che si sviluppano le grandi deformazioni ad incrementi di
forze modeste.
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.
Nell’ultimo step dell’analisi viene evidenziata la formazione dell’atteso meccanismo globale, pertanto è
possibile concludere, solo sotto il profilo qualitativo, che l’analisi è andata a buon fine.
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Percorso di deformazione di una cerniera fino alla crisi in un elemento trave
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10.3.1. Curve di capacità (pushover)
La capacità di una struttura di resistere all’evento sismico dipende fortemente dalle sue capacità
deformative e dalla sua duttilità. I metodi di analisi elastici tengono conto del comportamento non
lineare della struttura tramite il fattore di struttura che permette di ridurre lo spettro di risposta elastico.
I metodi di analisi statica non lineare colgono il cambiamento nella risposta della struttura man mano
che gli elementi entrano in campo plastico, dimostrandosi in fase di verifica, un utile strumento laddove
è necessario valutare la coerenza fra fattori di struttura assunti e capacità di duttilità della struttura.
La curva forza-spostamento descrive la risposta globale dell’edificio ed è funzione del punto di
applicazione della risultante delle forze applicate. Alla distribuzione uniforme corrisponde il punto di
applicazione più basso e quindi la massima resistenza ed i minori spostamenti allo snervamento e al
collasso. La risultante della distribuzione modale è applicata nel punto più alto e presenta di contro la
minore resistenza ed i maggiori spostamenti allo snervamento e al collasso.
In questa sede si fa uso dei risultati al fine di determinare le caratteristiche del sistema equivalente ad
un grado di libertà e di determinare la risposta massima del sistema per verificare la richiesta di duttilità
globale della struttura.
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Di seguito è riportata un immagine in cui sono visibili le differenze tra le curve di capacità dovute a
differenti profili di carico (triangolare, modale, uniforme)
In Figura è mostrata l’influenza del profilo di carico applicato sulla curva di capacità e sugli stati limite di
collasso per un dato edificio. Si osserva che la curva forza-spostamento descrive la risposta globale
dell’edificio ed è funzione del punto di applicazione della risultante delle forze applicate. Alla distribuzione
uniforme corrisponde il punto di applicazione più basso e quindi la massima resistenza ed i minori
spostamenti allo snervamento ed allo stato limite di collasso. La risultante della distribuzione triangolare è
applicata nel punto più alto e presenta di contro la minore resistenza ed i maggiori spostamenti allo
snervamento ed allo stato limite di collasso.
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Curva di pushover per caso “SPINTA MODALE”:
Curva di capacità
Periodo 0.56
Massa attivata in direzione U1 84.5%
Massa attivata in direzione U2 0.0%
Fattore di partecipazione 22.03 kNs2
Fattore di scala Massa Modale 1 kNms2
Una volta individuato, sulla curva Vb-dc, il valore della resistenza massima Vbu, le coordinate del
punto di snervamento del sistema equivalente bi-lineare, si determinano mediante le relazioni
seguenti:
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numero di step compresi
# 297
Ora occorre associare una curva bilineare-equivalente il cui tratto elastico si individua imponendone il
passaggio per il punto 0,6F*bu della curva di capacita del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione
F*y si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacita
per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di resistenza
≤ 0,15 F*bu
Imponendo tale passaggio si determina Fy* e dy*:
863,2 kN
F*y Snervamento
128,14 kNm
A* Area corrispondente alla massima resistenza
0 0
0.018 863,18
0.158 863,18
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A questo punto nota la curva caratteristica del sistema SDOF, il suo periodo proprio elastico risulta
essere:
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Infine per poter confrontare la capacita con la domanda, occorre trasformare il diagramma di
capacita da forza-spostamento al formato accelerazione-spostamento, applicando la relazione
riportata di seguito:
0 0
0.018 2,25
0.158 2.25
Per poter confrontare la capacita offerta dalla struttura con la domanda propria dell’evento sismico
è necessario, come fatto per la curva di capacita, trasformare lo spettro di risposta elastico dal
formato accelerazione-periodo al formato accelerazione-spostamento. La relazione che lega lo
spettro elastico in accelerazione-periodo con quello in formato ADRS è la seguente:
A questo punto è possibile determinare la domanda sismica del sistema equivalente SDOF mediante
la procedura descritta di seguito.
Per determinare la domanda di spostamento è necessario prolungare il tratto elastico della curva bi-
lineare fino ad incrociare lo spettro di risposta in corrispondenza del periodo elastico T* proprio del
sistema equivalente. Al punto di intersezione, cosi determinato, corrispondono lo spostamento
massimo de,max richiesto dal sisma di progetto e l’accelerazione Sae che sarebbe richiesta al
sistema se questo avesse un comportamento indefinitamente elastico.
Per determinare la domanda in spostamento e necessario verificare che T* sia maggiore o minore di
Tc.
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In questo caso T*<TC, quindi la domanda di duttilità μd non e più uguale ad Rμ, ma è sempre legato
ad esso dalla relazione seguente:
Si precisa che nel caso si abbia un valore di Rμ inferiore all’unita, ovvero la risposta del sistema è
elastica (il tratto elastico della bi-lineare equivalente interseca lo spettro di risposta), si assume
anche per il caso T*<TC:
Determinata cosi la risposta massima in spostamento del sistema SDOF a comportamento bilineare
equivalente si procede alla conversione di tale spostamento nella configurazione deformata della struttura
reale MDOF
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Step 1 Step 10
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Curva di pushover per caso “CARICO-TRIANGOLARE”:
Una volta individuato, sulla curva Vb-dc, il valore della resistenza massima Vbu, le coordinate del
punto di snervamento del sistema equivalente bi-lineare, si determinano mediante le relazioni
seguenti:
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 140
Ora occorre associare una curva bilineare-equivalente il cui tratto elastico si individua imponendone il
passaggio per il punto 0,6 F*bu della curva di capacita del sistema equivalente, la forza di
plasticizzazione F*y si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e
dalla curva di capacita per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di resistenza
≤ 0,15 F*bu Imponendo tale passaggio si determina Fy* e dy*:
46664 kN/m
k* Rigidezza primo ramo
857.5 kN
F*y Snervamento
127.25 kNm
A* Area corrispondente alla massima resistenza
A questo punto nota la curva caratteristica del sistema SDOF, il suo periodo proprio elastico risulta
essere:
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 141
Infine per poter confrontare la capacita con la domanda, occorre trasformare il diagramma di
capacita da forza-spostamento al formato accelerazione-spostamento, applicando la relazione
riportata di seguito:
0 0
0.018 2.24
0.158 2.24
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 142
Per poter confrontare la capacita offerta dalla struttura con la domanda propria dell’evento sismico
e necessario, come fatto per la curva di capacita, trasformare lo spettro di risposta elastico dal
formato accelerazione-periodo al formato accelerazione-spostamento. La relazione che lega lo
spettro elastico in accelerazione-periodo con quello in formato ADRS e la seguente:
dove Sae ed Sde sono rispettivamente, il valore di accelerazione spettrale ed il valore dello spostamento
spettrale, corrispondenti al periodo T .
A questo punto è possibile determinare la domanda sismica del sistema equivalente SDOF mediante la
procedura descritta di seguito.
Per determinare la domanda di spostamento è necessario prolungare il tratto elastico della curva bi-
lineare fino ad incrociare lo spettro di risposta in corrispondenza del periodo elastico T* proprio del
sistema equivalente. Al punto di intersezione, cosi determinato, corrispondono lo spostamento
massimo de,max richiesto dal sisma di progetto e l’accelerazione Sae che sarebbe richiesta al
sistema se questo avesse un comportamento indefinitamente elastico.
Per determinare la domanda in spostamento è necessario verificare che T* sia maggiore o minore di
Tc.
In questo caso T*<TC, quindi la domanda di duttilità μd non è più uguale ad Rμ, ma è sempre
legato ad esso dalla relazione seguente:
Si precisa che nel caso si abbia un valore di Rμ inferiore all’unita, ovvero la risposta del sistema è
elastica (il tratto elastico della bi-lineare equivalente interseca lo spettro di risposta), si assume
anche per il caso T*<TC:
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 143
dmax (m) Rμ Sde(T*)=d*e,max [m]
0.007 0.306 0.006
Determinata cosi la risposta massima in spostamento del sistema SDOF a comportamento bilineare
equivalente si procede alla conversione di tale spostamento nella configurazione deformata della struttura
reale MDOF
Step 1 step 10
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Curva di pushover per caso “CARICO-UNIFORME”:
Una volta individuato, sulla curva Vb-dc, il valore della resistenza massima Vbu, le coordinate del
punto di snervamento del sistema equivalente bi-lineare, si determinano mediante le relazioni
seguenti:
Università degli Studi di Roma Tre - Progetto di un edificio in Zona Sismica Pagina 145
Ora occorre associare una curva bilineare-equivalente il cui tratto elastico si individua imponendone il
passaggio per il punto 0,6 F*bu della curva di capacita del sistema equivalente, la forza di
plasticizzazione F*y si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e
dalla curva di capacita per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di resistenza
≤ 0,15 F*bu Imponendo tale passaggio si determina Fy* e dy*:
56456 kN/m
k* Rigidezza primo ramo
1002.2 kN
F*y Snervamento
149.04 kNm
A* Area corrispondente alla massima resistenza
A questo punto nota la curva caratteristica del sistema SDOF, il suo periodo proprio elastico risulta
essere:
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Infine per poter confrontare la capacita con la domanda, occorre trasformare il diagramma di capacita da
forza-spostamento al formato accelerazione-spostamento, applicando la relazione riportata di seguito:
0 0
0.018 2.61
0.158 2.61
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Per poter confrontare la capacita offerta dalla struttura con la domanda propria dell’evento sismico
e necessario, come fatto per la curva di capacita, trasformare lo spettro di risposta elastico dal
formato accelerazione-periodo al formato accelerazione-spostamento. La relazione che lega lo
spettro elastico in accelerazione-periodo con quello in formato ADRS e la seguente:
dove Sae ed Sde sono rispettivamente, il valore di accelerazione spettrale ed il valore dello spostamento
spettrale, corrispondenti al periodo T .
A questo punto è possibile determinare la domanda sismica del sistema equivalente SDOF mediante la
procedura descritta di seguito.
Per determinare la domanda di spostamento è necessario prolungare il tratto elastico della curva bi-
lineare fino ad incrociare lo spettro di risposta in corrispondenza del periodo elastico T* proprio del
sistema equivalente. Al punto di intersezione, cosi determinato, corrispondono lo spostamento
massimo de,max richiesto dal sisma di progetto e l’accelerazione Sae che sarebbe richiesta al
sistema se questo avesse un comportamento indefinitamente elastico.
Per determinare la domanda in spostamento è necessario verificare che T* sia maggiore o minore di
Tc.
In questo caso T*<TC, quindi la domanda di duttilità μd non è più uguale ad Rμ, ma è sempre
legato ad esso dalla relazione seguente:
Si precisa che nel caso si abbia un valore di Rμ inferiore all’unita, ovvero la risposta del sistema è
elastica (il tratto elastico della bi-lineare equivalente interseca lo spettro di risposta), si assume
anche per il caso T*<TC:
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dmax (m) Rμ Sde(T*)=d*e,max [m]
0.006 0.287 0.005
Determinata cosi la risposta massima in spostamento del sistema SDOF a comportamento bilineare
equivalente si procede alla conversione di tale spostamento nella configurazione deformata della struttura
reale MDOF
Step 1 step 10
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11. Bibliografia
-Edifici antisismici in cemento armato Ghersi, Lenza
-Guida all’uso dell’eurocodice Aicap -
Normativa:
-NTC 08
-Circolare 2 febbraio 2009
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