ELEMENTI di
SOCIOLOGIA
GENERALE
• Percorso storico
• Natura della realtà sociale
• Istituzioni sociali e culturali
• Relazioni interpersonali
e dinamiche di potere
SIMONE
EDIZIONI ®
IL PERCORSO STORICO
1. NOZIONE DI SOCIOLOGIA
Attualmente la sociologia viene intesa, in un senso molto esteso, come
l’insieme delle discipline che indagano scientificamente i comportamenti
interattivi, la costituzione e le funzioni degli aggregati umani, i processi
generali di strutturazione della società, la genesi, le categorie di fondo, i
modelli di base e gli effetti dei fenomeni sociali stessi in presenza di deter-
minate condizioni e di specifiche variabili. Il termine «sociologia» fu uti-
lizzato per la prima volta da Auguste Comte (1798-1857) nel Corso di
filosofia positiva (1830) con la precisa intenzione di evidenziare come —
assieme alle scienze fisiche, matematiche e naturali che potevano contare
su una lunga storia precedente — una nuova disciplina a vocazione scienti-
fica stava nascendo. L’intenzione di Comte era infatti quella di centrare la
conoscenza dei fenomeni sociali su basi oggettive («positive») nella stessa
misura in cui la fisica, la biologia, l’anatomia o la fisiologia si occupavano
in maniera accertabile e sperimentale delle leggi sottese al mondo dei feno-
meni naturali. Estremizzando l’analogia, prima di Comte, Henry de Saint-
Simon (1760-1825) aveva suggerito per la scienza del sociale i nomi di
fisica sociale e di fisiologia sociale. Comte preferì tuttavia creare un neolo-
gismo, volto a sottolineare l’autonomia della nuova scienza rispetto alle
altre. Precedentemente, e lungo una tradizione secolare, lo studio dei feno-
meni sociali era stato confinato all’interno del pensiero filosofico-giuridico
(scienza della politica, filosofia del diritto) o morale-religioso (etica e teo-
logia): queste forme di pensiero, pur presupponendo un’analisi dell’espe-
rienza storica concreta delle diverse forme di vita sociale, non erano tutta-
6 Capitolo Primo
2. CENNI STORICI
A) La «nascita» della politica
Il termine «politica» emerge in Grecia nel momento (VI sec. a.C.) in cui
si formano le prime città-stato (poleis). Nei contesti precedenti — cioè
nelle forme più arcaiche di socialità, a carattere sostanzialmente tribale —
non era mai stata tematizzata la questione dei fondamenti dell’ordine socia-
le, dal momento che questo era centrato sostanzialmente su valori mitico-
sacrali e su una potente struttura gerarchica basata sui vincoli di sangue,
sulla provenienza di stirpe, sulla discendenza. In quanto unità sociali a strut-
tura relativamente poco complessa, le tribù erano infatti «società» piuttosto
stabili nel tempo. La totalità della vita comunitaria era determinata da nor-
me ancestrali che in virtù della loro natura sacrale e divina non potevano
naturalmente divenire oggetto di pubblico dibattito, di discussione o di re-
visione. In questa dimensione culturale era naturalmente impossibile il ma-
turare della consapevolezza circa il carattere convenzionale o culturale dei
diversi ordini sociali, né esistevano condizioni per l’emergere di una rifles-
sione critica sulle modalità del «vivere sociale» come tale. La questione
dell’interazione sociale comincia in effetti a farsi problematica solo nel
momento in cui si organizza — grazie allo sviluppo economico ed agli ef-
fetti commerciali della navigazione — il tessuto delle poleis. Mentre la vita
comunitaria delle unità sociali arcaiche era strettamente segnata da vincoli
di solidarietà e da reciproci interessi tra gli individui e all’ordine sociale
venivano attribuiti caratteri di immutabilità e sacralità, nelle società «de-
mocratiche» della polis l’ordine sociale comincia invece ad apparire su-
scettibile di trasformazione in quanto direttamente dipendente dalle capa-
cità conoscitive e critiche e dalle virtù morali dei cittadini stessi.
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tico fu di massima rilevanza per lo sviluppo del concetto stesso di democrazia occidentale:
nelle poleis ottiene per la prima volta nella storia sociale umana un ruolo centrale la parola, il
discorso, il dibattito, il contraddittorio che si svolgeva nell’agorà (la piazza centrale della
città). E cioè la pubblica discussione, l’argomentazione, gli interessi comuni, il rispetto per le
leggi, ma soprattutto la coscienza civile, il senso di appartenenza ad una comunità di cui vanno
rispettate le norme fondative. Dobbiamo soprattutto all’ascesa di Atene le prime forme di co-
stituzione democratica (da demos, «popolo», e kratos, «potere»). «Democrazia» ad Atene si-
gnificò sostanzialmente: a) eguale diritto di parola per i cittadini (isegoría); b) eguale parteci-
pazione di tutti i cittadini (esclusi gli schiavi) all’esercizio del potere (isonomía); c) istituzione
di un tribunale del popolo e di un organismo di potere esecutivo (il «Consiglio dei Quattrocen-
to»); d) apertura dei traffici e dei commerci agli stranieri (o metèci) e liberazione dei contadi-
ni; e) aiuti pubblici per i più poveri. Tutto questo generò un miglioramento notevole delle
condizioni di vita dei cittadini, una liberazione della vita pubblica, un conseguente incremento
della ricchezza e un’eccezionale fioritura della cultura (arte, poesia, letteratura, scienza, filo-
sofia).
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anche tra etica e politica, politica e religione, Stato e Chiesa, genera l’affer-
marsi di correnti di pensiero che attraversano secoli di storia e che tendono
a rendersi autonome rispetto alle concezione religiose, dando così inizio ad
un irreversibile processo di laicizzazione della politica.
B) Giusnaturalismo e contrattualismo
Si tratta di un processo che si delinea e si stabilizza in epoca rinascimen-
tale, in particolare grazie alle opere di Niccolò Machiavelli (1469-1527) in
cui si esprime per la prima volta in forma compiuta una precisa volontà di
elaborare in senso tecnico-politico, cioè oggettivo ed empirico, un’analisi
dettagliata delle diverse forme storiche di governo e dei problemi sociali
della sua epoca. La vera svolta è tuttavia rappresentata dalla drammatica
crisi politico-spirituale determinata dalla Riforma protestante, avviata nel
1517 da Martin Lutero (1483-1546). Tale evento storico, decomponendo
la pregressa unità religiosa del mondo occidentale, spinse all’elaborazione
di nuovi fondamenti razionali della vita socio-politica in grado di essere
condivisi da tutti indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa (se-
condo il sociologo tedesco contemporaneo Jürgen Habermas, il plurali-
smo etico e laico delle attuali costituzioni occidentali sarebbe uno straordi-
nario esito positivo delle normative elaborate giuridicamente in risposta alle
problematiche sui diritti civili generate dalle guerre di religione dei secoli
XVI e XVII).
È a partire da tale esigenza che Ugo Grozio (1583-1645) cercherà di
fondare il diritto pubblico in base ad una scienza razionale e deduttiva, che
prescinda da qualsiasi implicazione metafisica. Nasce così il giusnaturali-
smo, cioè una dottrina giuridico-politica che sostiene l’esistenza di norme
naturali razionali precedenti la nascita del diritto positivo e del contratto
sociale da cui si origina lo Stato. Successivamente, su basi simili, Thomas
Hobbes (1588-1679) elabora una prima forma di teoria contrattualistica
delle origini della società. Il presupposto di queste concezioni è che il mon-
do dell’agire umano sia retto da leggi affini a quelle che regolano determi-
nisticamente l’ordine naturale. Nel Seicento (con Francis Bacon, Galileo
Galilei, Isaac Newton) si afferma infatti prepotentemente la tendenza a con-
siderare la conoscenza scientifica come un sapere oggettivo, al cui modello
di solidità deve mirare anche la filosofia politica e sociale. Si tratta di un
processo che si ramificherà in Europa nei secoli successivi, fino ad arrivare
appunto, come abbiamo visto, all’idea di una «fisica sociale».
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realtà sia retta da leggi razionali, essi ritengono che queste ultime potranno
rivelarsi grazie alla progressiva conoscenza empirica dei fatti. Se in Monte-
squieu l’analisi del rapporto tra principi razionali e forme storiche concrete
della vita sembra risolversi armoniosamente in una visione ancora statica del-
la realtà, in Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) la distinzione tra ciò che
appartiene all’ordine della natura e ciò che è invece il prodotto delle condizio-
ni storiche del sociale pone in evidenza il contrasto tra i due momenti, in una
prospettiva evolutiva nella quale il sociale svolge un ruolo decisivo nella tra-
sformazione dello spirito umano, che sembra così rendersi sempre più auto-
nomo dalle sue origini naturali (Il Contratto sociale).
La tendenza a inquadrare nelle regole del metodo scientifico la cono-
scenza della storia umana (secondo il principio «verum et factum conver-
tuntur», che significa che solo la storia in quanto prodotto umano — «fac-
tum» — appare conoscibile oggettivamente — «verum») si era affermata
anche in Italia, soprattutto grazie al filosofo e giurista Giambattista Vico
(1668-1744). L’idea della società costruita razionalmente lascia qui il posto
alla società concreta, storicamente formatasi all’interno di una sostanziale
continuità temporale che — secondo una efficace metafora — va dalle «sel-
ve» sino alle città ed alle «accademie». Proprio questa continuità di fondo
va portata alla luce, esibendone ordine e struttura, ovvero individuando
quelle leggi che ne regolano l’andamento. Ciò però non deve indurre a pen-
sare che i mutamenti storici, linguistici e sociali si sviluppino in modo uni-
lineare; anzi, è vero il contrario, visto che tutte le società sono sottoposte a
vicende e mutamenti che le fanno oscillare fra decadenza e progresso, fra
disordine e ordine (principio dei «corsi e ricorsi» storici).
Vico tuttavia individua lo stesso senso universale che caratterizza l’or-
dine e la struttura della storia. L’universalità della mente umana viene a
tradursi nell’universalità del linguaggio nella quale essa storicamente si
sviluppa, dando luogo a tre epoche fondamentali della storia culturale uma-
na, ciascuna caratterizzata da una diversa facoltà mentale:
— l’epoca degli dèi, caratterizzata dalla facoltà del senso;
— quella degli eroi, caratterizzata, dalla facoltà della fantasia;
— quella degli uomini, caratterizzata dalla facoltà della ragione.
Vico rintraccia nella tappa finale della razionalità il risultato più fecon-
do dello sviluppo complessivo della cultura umana. Da questo punto di vi-
sta, la complessa riflessione sul sapere della storia e della società avviata
Il percorso storico 11
nella prima metà del Settecento determina, nella seconda metà del secolo, il
grande sviluppo delle ricerche empirico-sperimentali sulle facoltà fisiche e
psichiche dell’uomo storico, un fenomeno che troverà la sua consacrazione
nel programma della Société des Observateurs de l’Homme, fondata nel
1800 in Francia. In tale programma confluiscono i diversi apporti derivanti
dagli studi sui costumi e la cultura dei popoli antichi e dal nuovo interesse
per la cultura popolare europea, studi che costituiscono i primi esempi di
ricerca etnologica (etnologia = scienza che studia i costumi dei popoli).
Nella seconda metà del Settecento, infatti, il modo di fare storiografia cono-
sce anch’esso una profonda trasformazione. Autori come Adam Ferguson
(1723-1816) possono essere considerati veri e propri precursori dell’analisi
sociologica. Se Vico aveva colto nello sviluppo storico l’alternanza di corsi
e ricorsi, nella seconda metà del Settecento va invece affermandosi la con-
cezione unilineare della storia come continuo progresso.
D) L’economia politica e l’utilitarismo
Un altro settore in cui si afferma il proposito di applicare allo studio
dell’agire umano un metodo scientifico è costituito dall’economia politica.
François Quesnay (1694-1774) considerato uno dei fondatori di questa
disciplina, esamina le società umane come fossero organismi biologici e ne
interpreta le leggi, o meglio le forme del comportamento sociale, secondo
modelli medico-fisiologici. In particolare, i fenomeni economici costitui-
scono per Quesnay una contesto di fatti che obbedisce a principi oggettivi
derivanti dalla natura stessa delle cose e come tali universali ed irrevocabili.
Il modello ideale dell’economia di mercato, come luogo nel quale il libe-
ro gioco degli interessi egoistici degli individui finisce spontaneamente con
il dar vita ad un sistema equilibrato ed omogeneo, sembra in grado di forni-
re allo scienziato sociale una solida base derivante dalla natura stessa del-
l’agire umano, in quanto espressione di una razionalità capace di calcolare
profitti e perdite. Claude-Adrien Helvétius (1715-1771) coglie l’origine
dell’agire umano nel rifiuto della sofferenza e nella ricerca del piacere che
accompagnano ogni esperienza umana. La possibilità di regolare le diverse
azioni individuali in modo che non siano contrarie all’interesse comune si
fonda infatti sulla capacità di collegare sensazioni piacevoli con quelle azioni
che sono più utili per l’intera società (attraverso l’educazione e un sistema
di distribuzione delle ricompense e delle pene). Siamo alle origini del mo-
della utilitarista, che si diffonderà in profondità nei secoli successivi.
12 Capitolo Primo
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E) La sociologia positivista
Molto prima di Comte, come abbiamo visto, era venuta elaborandosi
l’idea di estendere allo studio dei fenomeni storico-sociali il metodo affer-
matosi nelle scienze matematico-naturali. Occorre tuttavia tener presente
che, rispetto a tale tradizione, erano intervenuti nella prima metà dell’Otto-
cento profondi cambiamenti nel modo di concepire la natura e le funzioni
dell’analisi scientifica, soprattutto grazie all’influenza del Romanticismo
tedesco. L’epoca dell’Illuminismo, come si è detto, era stata caratterizzata
prevalentemente dalla critica dei modelli tradizionali del conoscere e dalla
denuncia degli ordini di potere costituiti, ma non si è data importanza ai
problemi pratici posti dalla costruzione di un nuovo tipo di società. Que-
st’ultimo infatti sembrava potesse derivare spontaneamente dall’estensione
del chiarimento razionale. Tuttavia, dopo l’esperienza per molti aspetti trau-
matica della Rivoluzione francese (1789), il problema pratico di fatto si
ripropone: la nuova situazione (siamo nei primi anni dell’Ottocento) appare
caratterizzata da un acuto vuoto di valori e dall’accentuazione dei conflitti
sociali tra vecchie e nuove classi.
Il percorso storico 13
F) La sociologia di Comte
Proprio Auguste Comte affronta chiaramente il problema della rico-
struzione di un nuovo ordine proiettandosi già chiaramente verso il futuro.
Il suo pensiero appare caratterizzato dall’acuta percezione dell’estrema com-
plessità dei processi sociali e dalla loro non riducibilità (contrariamente a
quanto avevano pensato Montesquieu e gli Illuministi) a meri principi sem-
plici di razionalità. In particolare, la sociologia comtiana critica a fondo gli
schemi riduttivi dell’utilitarismo economicista e sottolinea come nella di-
namica sociale intervengano rilevanti componenti di tipo emotivo non-ra-
zionale. In questa prospettiva, Comte considera la sociologia come scienza
sintetica suprema, in grado di abbracciare nel suo insieme l’intera com-
plessità dei fenomeni storico-sociali, alla conoscenza dei quali le altre scienze
analitiche forniscono solo contributi parziali. Il positivismo è qui concepi-
to come una dottrina reale e completa: tale dottrina, se avrà completamente
coordinato il presente, l’avrà anche collegato all’insieme del passato, in modo
da stabilire un’esatta armonia nel sistema totale delle idee sociali, facendo
spontaneamente risaltare l’uniformità della vita collettiva dell’umanità. La
nuova armonia potrà essere direttamente collegata con l’ordine naturale,
essendo l’ordine sociale (artificiale e volontario, secondo la tradizione hob-
besiana) una semplice estensione di quell’ordine naturale e involontario verso
il quale tendono tutte le società umane. In queste teorie, naturalmente, si
evidenziano molteplici influenze:
— anzitutto dell’idealismo romantico di Hegel, che aveva interpretato il
processo di trasformazione storica e la natura delle diverse epoche come
tappe di uno sviluppo generale dell’autocoscienza e della razionalità
umana; tale progressione era concepita in termini dialettici, ovvero
come costante superamento di elementi contraddittori in successive
sintesi speculative, le quali originano, a loro volta, nuove contraddi-
zioni sino al compimento di una sintesi finale, intesa come definitivo
processo di chiarificazione e di comprensione della storia integrale
della cultura umana;
— in secondo luogo delle prime teorie evoluzionistiche (elaborate dal na-
turalista francese J.-B. Lamarck), secondo cui la storia costituisce un
processo vitale che procede irreversibilmente dal semplice al complesso
in un’ottica di progressivo adattamento all’ambiente e perfezionamento
evolutivo.
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