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Lezione XIX
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…segue: etica e diritto
La vita è un diritto, ma anche un dovere? A chi appartiene la vita, al singolo
vivente o alla comunità di cui fa parte? Esiste un’obbligazione alla vita per
imposizione di qualcuno (Dio creatore, la società, la cerchia familiare etc.)?
Domande «ultime», le quali riguardano argomenti che, quando li si vuol
affrontare in generale per mezzo di previsioni normative, dovrebbero far
tremare qualunque legislatore: l’eutanasia e il suicidio. Forse la legge
dovrebbe qui riconoscere i suoi limiti, oltre i quali il diritto non può spingersi e
deve lasciare spazio alla coscienza. Forse su questa linea di con ne, il
diritto dovrebbe tacere e l’etica prendere la parola.
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Diritto alla salute come «libertà negativa»
Anzitutto l’art. 32, comma 1, Cost., tutela il «diritto all’integrità psico-
sica». In questa accezione risulta essere una libertà negativa, imponendo
a chiunque di astenersi dal porre in essere comportamenti lesivi della
salute altrui, compromettendo lo stato di benessere sico e psichico della
persona umana.
Sotto questo aspetto ci troviamo dinanzi ad un vero e proprio «diritto
soggettivo», non degradabile a «interesse legittimo» e immediatamente
«precettivo». Di qui, la giurisprudenza (costituzionale e comune) sul
conseguente riconoscimento alla persona del diritto alla tutela risarcitoria,
causato dall’altrui fatto illecito (si afferma il «danno biologico», ex art. 2043
c.c.).
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Diritto alla salute come «libertà positiva»
Nel «diritto all’integrità psico- sica» è però rinvenibile un altro aspetto che, nel
nostro ordinamento, porta a strutturarlo in termini di «libertà positiva»: quello
della libertà di decidere se e come intervenire sul proprio corpo, a fronte
dell’obbligo delle strutture sanitarie pubbliche (ma anche private
convenzionate/accreditate) di prestare ogni cura necessarie alla salvaguardia
della salute dei consociati. Anche le strutture private sono tenute ad offrire
prestazioni sanitarie, ove queste siano le sole a disporre delle attrezzature
tecnologiche necessarie per prestazioni diagnostiche di costo elevato, e le
analisi in questione risultino indispensabili per l’intervento terapeutico (Corte
cost., sent. n. 992 del 1988).
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Chi è il titolare del diritto alla salute?
È importante una precisazione: nonostante la Costituzione stabilisca che la salute sia un
interesse anche collettivo, il titolare del diritto alla salute resta l’individuo, non la collettività
o la società. Il fondamento costituzionale di tale pro lo è rafforzato dal secondo comma
dell’art. 32 Cost., ove si legge che «nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge» (è il caso, ad es., del TSO).
Trattamento che, in ogni caso, «non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana».
Sottolineare questo punto è necessario. Invero, se il titolare fosse la collettività, la sanità
pubblica potrebbe giusti care la soppressione del diritto individuale. Sarebbero possibili le
politiche eugenetiche che, in passato, non solo i regimi totalitari, ma anche regimi ispirati al
darwinismo sociale, misero in atto per promuovere il «miglioramento della razza»
(soppressione o sterilizzazione dei portatori di malattie ereditarie, minorati mentali, uso di
corpi umani viventi per sperimentazioni mediche, programmi di massa per l’accoppiamento
sessuale di individui geneticamente superdotati etc.). Tali aberrazioni si resero possibili allora,
in nome di un olismo sociale spietato. Oggi, non sarebbero possibili secondo la
Costituzione: l’individuo viene prima della società e quindi, anche nei casi in cui s’impongono
trattamenti medicali, ciò deve avvenire senza violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana.
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Segue: il diritto all’autodeterminazione terapeutica
Si fa spazio, così, una lettura in grado di costituzionalizzare il «diritto all’autodeterminazione
terapeutica» nei confronti dei possibili interventi della medicina e della biologia. Diritto che, in
tempi recenti, attraverso la lettura degli artt. 2 (principio personalistico) e 13 (libertà personale)
Cost., ha portato all’inclusione di qualsiasi aspetto della sfera individuale nella piena tutela
costituzionale.
Ne discende l’importanza per la persona (recte: il paziente) di essere debitamente informata dal
medico circa tutti i trattamenti diagnostici e sanitari a cui la si vuole sottoporre. Centrale, in
merito, è la l. n. 219/2017 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate
di trattamento”), la quale impone il rispetto del principio di massima trasparenza tra medico e
paziente (c.d. «consenso informato»), al ne di assicurare il diritto della persona di decidere
del proprio destino terapeutico (il paziente è libero anche di «scegliere di non sapere», ossia
di non ricevere informazioni al ne del rilascio del consenso, indicando una persona di ducia al
suo posto).
Il paziente, inoltre, è libero di ri utare terapie anche fondamentali per la vita, potendo
scegliere di ricorrere anche alla sedazione palliativa profonda continua. Ad ogni modo, anche
quando il paziente dovesse ri utare di essere curato, è garantita un’appropriata terapia del
dolore al ne di evitargli eccessive sofferenze (l. n. 38/2010, rubricata “Disposizioni per
garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”).
Da ultimo, la legge pone limiti al c.d. «accanimento terapeutico» prevedendo che, nei casi di
pazienti con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico si debba
astenere da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a
trattamenti inutili o sproporzionati. Prof. Antonio Gusmai
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Le D.A.T.
La legge n. 219/2017 consente alla persona maggiorenne di anticipare la
propria volontà per il futuro, ossia di esprimere le proprie convinzioni e
preferenze in materia di trattamenti sanitari, accertamenti diagnostici e scelte
terapeutiche, in previsione di una futura incapacità di autodeterminarsi.
In che modo? Attraverso la formulazione delle «disposizioni anticipate di
trattamento» (D.A.T.), redatte in atto pubblico, scrittura privata autenticata o
scrittura privata consegnata personalmente all’Uf ciale dello Stato civile del
Comune di residenza. In tal guisa, ciascuno può indicare un « duciario»
legittimato a fare le nostre veci e a rappresentarci nelle relazioni con le strutture
sanitarie e con il medico. Le D.A.T. possono sempre essere revocate, in caso di
urgenza ed emergenza anche con dichiarazione verbale raccolta alla presenza di
due testimoni o videoregistrazione.
La stessa legge consente, inoltre, di piani care con il medico le cure, attraverso
l’accordo in merito all’evolversi di una patologia cronica invalidante o con
prognosi infausta (art. 5).
Prof. Antonio Gusmai
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Ulteriori limiti all’autodeterminazione
Oltre al divieto di pratiche eutanasiche, il nostro ordinamento pone una serie di ulteriori limitazioni alla
libertà di autodeterminazione sanitaria, giusti cate da ragioni di «ordine e salute pubblica».
- Bisogna ricordare, almeno, quanto disposto dall’art. 5 del codice civile, il quale sancisce il divieto di
atti di disposizioni del proprio corpo «quando cagionino una diminuzione permanente della integrità
sica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume» (è dunque
ammessa la «donazione del sangue», il «trapianto del rene tra viventi» e il «trapianto di parti di
fegato»).
- Altri limiti riguardano:
a) la sottoposizione a «trattamenti sanitari obbligatori» (TSO, procedure sanitarie che possono
essere praticate a un individuo a prescindere dalla sua volontà, come nel caso di un ricovero coatto);
b) i «vaccini obbligatori» per chiunque abbia meno di 16 anni di età. In generale, il rispetto degli
obblighi vaccinali diventa un requisito per l’ammissione all’asilo nido e alle scuole dell’infanzia (per i
bambini da 0 a 6 anni), mentre dalla scuola primaria (scuola elementare) in poi i bambini e i ragazzi
possono accedere comunque a scuola e fare gli esami, ma, in caso non siano stati rispettati gli
obblighi, viene attivato dalla Asl un percorso di recupero della vaccinazione ed è possibile incorrere in
sanzioni amministrative da 100 a 500 euro. Sono esonerati dall’obbligo i bambini e i ragazzi già
immunizzati a seguito di malattia naturale, e i bambini che presentano speci che condizioni cliniche
che rappresentano una controindicazione permanente e/o temporanea alle vaccinazioni);
c) l’assoggettamento a rilievi segnaletici da parte degli organi di polizia per ragioni di giustizia (rilievi
descrittivi, fotogra ci e antropometrici);
d) la sottoposizione a indagini di ordine psicologico o psichiatrico riguardante soggetti sottoposti a
misure restrittive della libertà personale.
Prof. Antonio Gusmai
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