A cosa può mai servire una centrale che lavora in perdita? E come fa a
rendere?
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confondere l’energia che si misura in kWh, con la potenza che si
misura in kW). Considerando che la quota del serbatoio si trovi
approssimativamente a 1550 metri sopra il livello del lago che a sua
volta si trova a 65 m s.l.m., si ottiene che è necessario stivare un
volume pari a 1.6 milioni di metri cubi di acqua: valore non lontano
da quello che si ottiene considerando quello dei due tunnel di 11 m
di diametro e 8 km di lunghezza. Aggiungendo tutti i volumi di
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servizio e le riserve, al grezzo i 3 milioni didimmateriale da
estrarre ipotzzat dall’Ing. Garzon appaiono sicuramente giustificati.
Det così sembrano un’enormità ma corrispondono ad un’area di
250x400 con un’altezza di 30 m, sicuramente trascurabile rispeto
alle dimensioni di una montagna come è facile verificare su
qualunque cartina della zona.
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30000 volte più piccolo e formato dalla stessa acqua del lago:
capisco che arrivando con una certa velocità ne mette in moto
dell’altra, ma non credo che non ci siano corrent naturali di ben
altra dimensione e portata con effetti analoghi. In ogni caso il
sistema dell’”imbuto” da 10x20 metri mi sembra ottimo per
smorzare la velocità dell’acqua. Coi dat ipotzzat all’inizio si può
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stimare una portata di circa 110 m /s. che sbocca su un’apertura di
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200 m con una velocità, quindi, intorno ai 2 km/h, che non mi
sembra certo “sconvolgente” per gli equilibri locali. Secondo i
progettisti si stima che la perturbazione si estenda al massimo di
qualche decina di metri dallo sbocco. Se poi c’è anche la possibilità
di prelevare, al posto dell’acqua calda di superfcie, quella “fredda”,
a qualche metro di profondità, l’impato potrebbe essere
ulteriormente diminuito, almeno di un po’.
- Sulle sorgenti e il rischio di disseccamento delle stesse, posso solo
dire che non ho capito cosa si intenda fare in concreto quando si
parla di “captazione” e “microtunneling”, considerando che l’acqua,
comunque, una volta trovata una strada, non risalirà certo da sola.
Non dubito che non possano provvedere a non lasciare a secco
malghe e sorgent: l’importante è che si prendano l’impegno di farlo
e se poi dovessero avere la cortesia di spiegare “come” anche a noi
umili citadini… sarebbe cosa gradita. Non mi pare che ci siano qui le
condizioni che hanno portato a situazioni pesanti come quella
indotta dai lavori della TAV sul Mugello, ma non credo neanche si
tratti di un problema che possa essere sottovalutato.
- Per quanto riguarda il rumore, posso confermare che non c’è dubbio
che una cosa è il modo in cui incide e si propaga in uno spazio
aperto, altra cosa è come lo fa in uno spazio chiuso quale, ad
esempio, un edificio. In uno spazio totalmente aperto, o in un
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materiale omogeneo, anche senza tener conto degli assorbimenti,
tenderebbe a diminuire con una legge approssimativamente
“quadratca inversa”, che corrisponde ad un abbattimento
estremamente rapido. Per un suono emesso, o che sfocia, in
superficie, invece, la presenza del terreno e della vegetazione
modifica sostanzialmente la natura della propagazione attraverso
complessi effetti di riflessione, assorbimento, diffrazione: in
definitiva, tutto considerato, è lecito aspettarsi che poco lontano da
una sorgente che dà sull’esterno il rumore già non si senta quasi più.
Sarebbe però sempre opportuno quantificare: bisognerebbe vedere
cos’è stato previsto nel documento di valutazione di impatto
ambientale. Per gli stessi motivi non vedo come il rifugio D.Chiesa,
posto a 2060 m s.l.m., possa risentire di opere di scavo effettuate in
roccia 400 metri soto. Casomai bisognerebbe valutare un po’ di
fastidio, inteso come rumore aereo e polveri, dovuti alle
movimentazioni e alle lavorazioni effettuate in prossimità del
deposito in cava: tutto dipende da come e dove verrebbero fatte.
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stagioni o del fatto che si tratti i un giorno lavorativo o festivo. Il
dato è riportato in grafico giorno per giorno sul sito del gestore
italiano della rete: la società Terna S.p.A. Il fabbisogno in potenza
elettrica può variare da un minimo di circa 20 a un massimo di circa
60 milioni di kW. Quello che forse non è scontato per tutti, è che
questa potenza deve essere prodotta istante per istante in misura
uguale a quella consumata: questo vuol dire che ogni volta che
accendiamo una lampadina, da qualche parte in Italia c’è una
centrale che deve produrre di più, ed esattamente di quella
quantità. Ogni giorno è caratterizzato da un andamento tipico in cui
intorno alle ore 4 del mattino si ha il minimo di potenza richiesta
mentre intorno alle ore 10 e, alla sera, intorno alle ore 20, si hanno
due picchi in cui la potenza richiesta è molto più elevata. Il sistema
Italia deve allora attrezzarsi per far fronte a questo tipo di evento
giornaliero per il quale non manca certo una potenza installata
sufficiente, che è intorno ai 90 milioni di kW. Il problema è un altro,
non è solo una questione di ottimizzazione, cioè di opportunità di
regolare la centrale per seguire il carico, ma anche di possibilità o di
impossibilità che hanno certi sistemi. Altri, addirittura non solo non
sono regolabili ma presentano pure una spiccata intermittenza: che
fare se viene meno una fonte di energia elettrica proprio mentre la
rete chiede il massimo? Far partire e mettere in rete una grossa
centrale a carbone, ad esempio, non è certo come avviare
un’automobile. Ma non è semplice neanche imporgli fort variazioni
di carico. Proverò a spiegare il problema nei punti successivi
utilizzando i dati più recenti forniti da Terna e relativi al 2007.
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n’è d’avanzo, per poi riutilizzarla quando serve. Il tutto con processi
anche rapidi e senza tant problemi, pompando dell’acqua in un
qualche tipo di contenitore che si trovi ad una quota più alta e
facendola ridiscendere quando serve in modo da recuperare
l’energia potenziale in essa immagazzinata. Tutto il processo
comporta, ovviamente delle perdite intorno al 28%, ma consente
rende anche di migliorare l’utlizzo di altre font, per cui esistono
degli effetti di compensazione.
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sfrutato a fondo il territorio per quanto riguarda l’idroeletrico a
bacino e la cosa non sembra ulteriormente espandibile.
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impianti a metano: non rappresenterebbe, dunque, neanche il 2%
del fabbisogno italiano di energia elettrica. Il resto dei picchi
immagino venga coperto ricorrendo alla modulazione delle centrali
a metano dette a “ciclo combinato”: si trata di una turbogas
accoppiata a una centrale a vapore che sfrutta i gas caldi uscenti,
appunto, dalla turbina a gas. Altrimenti restano le centrali a olio
combustibile, quelle a carbone e gli acquisti di energia elettrica
direttamente dall’estero.
- La modulazione delle nostre centrali termiche non è una buona cosa
perché sicuramente ne abbassa il rendimento in maniera non
trascurabile. A questo proposito vorrei segnalarle un documento
proveniente da uno studio del 2004 fatto per il governo inglese sulla
situazione danese da un consulente indipendente David J. White dal
titolo “Danish Wind: Too Good to be True?” Secondo questo
documento in Danimarca la consistente componente di energia
eletrica prodota con l’intermitente eolico, costringe a utlizzare le
centrali termiche in maniera non otmale, e questo fa si che l’intero
contributo dell’eolico non abbia consentito di ridurre le emissioni di
anidride carbonica. Si tenga presente che l’eolico rappresenta in
quel paese il 24% della potenza installata, che corrisponde al 14%
dell’energia realmente prodota annualmente. Ho fatto questo
esempio non per criticare la fonte eolica, che rappresenta
un’importante speranza per ridurre in futuro l’eccessiva dipendenza
dalle fonti fossili del nostro paese, ma per mostrare quanto possa
essere complesso e interconnesso il sistema elettrico di una
nazione: fguriamoci poi se volessimo allargare il discorso all’intera
questione energetica.
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font fossili ammont all’87% e un altro 5% ci sia fornito dall’estero
direttamente sotto forma di energia elettrica, riducendo all’8% la
nostra autoproduzione. In totale si tratta di circa 200 milioni di
tonnellate equivalenti di petrolio che, uniformandoci alle unità di
misura utilizzate sopra, corrispondono grossomodo a 2300 miliardi
di kWh all’anno. Di quest ne consumiamo circa un terzo per coprire
il fabbisogno elettrico che ammonta, comprese le perdite di rete ma
esclusi gli autoconsumi in centrale, a 340 miliardi di kWh di sola
energia elettrica. Solo il 20% circa di questi 340 miliardi di kWh
viene poi utilizzato nelle nostre case mentre il 50% circa serve ad
alimentare il sistema industriale, il 2% l’agricoltura e il resto, il 28%,
va al terziario e ai servizi.
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impianti termoelettrici che prediligono un carico costante per poi
rilasciarla in corrispondenza dei picchi attraverso un impianto di
pompaggio, appositamente predisposto e otmizzato all’uopo.
- Più complicato sarebbe effettuare una stima in termini quantitativi
in quanto si dovrebbe tener conto della dipendenza di certi
fenomeni dal tempo, e quindi dalla potenza elettrica in gioco. E’
noto, ad esempio, che l’energia che arriva di note a prezzi bassi
dall’estero, sui 3 centesimi al kWh, è sostanzialmente “dichiarata”
rinnovabile ma in realtà viene prodotta da nazioni che dispongono
di centrali atomiche e che difficilmente potrebbero venderla senza
quella risorsa. Conteggiando anche questa fonte, nucleare o
rinnovabile che sia, si tratta comunque di energia elettrica che
sostanzialmente non produce CO2, ed il fatto di poterla
immagazzinare per poi rilasciarla durante i picchi anziché produrla
con le turbogas, non fa che aumentare le prestazioni sul piano
ambientale dell’impianto in oggeto.
- Il discorso diventa ancora più importante in prospettiva, perché, al
di là delle considerazioni che si possono fare sul nucleare italiano
ancora allo stato embrionale, sicuramente la nostra nazione, pre
ridurre la dipendenza dalle fossili, dovrà necessariamente sviluppare
ulteriori fonti rinnovabili che, a parte i termovalorizzatori e un altro
po’ di geotermico, è probabile che veda importanti sviluppi nel
fotovoltaico, ma solo se si abbasseranno drasticamente i prezzi, e,
soprattutto, nell’eolico, unica fonte rinnovabile che, ad oggi, mostri
un discreto potenziale: la potenza installabile è stimata in 16 milioni
di kW con una produzione annua prevista di 27 miliardi di kWh pari
all’8% del fabbisogno di energia eletrica. Per confronto, oggi, la
potenza eolica installata dovrebbe aggirarsi intorno a 4 milioni di
kW. Entrambe queste fonti, ma sopratuto l’eolico, presentano
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però problemi di rete notevoli a causa dell’intermitenza, problemi
che, dai non addetti ai lavori, vengono abbondantemente
sottovalutati quando non addirittura ignorati. In misura molto
minore, poi, ne è afflitto anche l’idroeletrico da impiant ad acqua
fluente che rappresenta già oggi una quota importante pari a circa il
4% del fabbisogno totale di energia elettrica. Ecco allora la necessità
non solo di far fronte ai picchi di consumo ma anche ad eventuali
défaillance delle fonti intermittenti con la disponibilità di sistemi di
accumulo capaci di rendere il sistema elettrico più versatile.
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evidenti risvolti positivi proprio sul piano ambientale e utili per la
stabilizzazione e la versatilità del sistema elettrico nazionale.
Credo anche che quello che si dovrebbe pretendere, per opere di queste
dimensioni, è non solo che i lavori venissero fat a regola d’arte ma anche
con una totale trasparenza che tranquillizzi la gente che niente verrà loro
nascosto. Sono, infatti, convinto che una componente importante
dell’ostlità che mostra spesso la popolazione dei confronti delle grandi
opere, abbia proprio questa origine e che molto si potrebbe ottenere da
una informazione corretta e approfondita a riguardo.
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