La musica dei selvaggi e dei primi popoli storici: egiziani, cinesi, assiri e babilonesi, ebrei.
LE CIVILTA' MEDITERRANEE:
Gli egiziani
Fin dalle più antiche dinastie gli egiziani collegarono gli strumenti alle divinità e alle manifestazioni
religiose. La musica sacra era regolata dai sacerdoti, i quali si opposero sempre a ogni tentativo di innovare
o modificare i riti, e quindi anche i canti. Questi erano di loro pertinenza esclusiva; solo dal XVI secolo
a.C. ne fu consentito l'esercizio alle donne, purché di famiglia sacerdotale.
All'inizio del III millennio a.C. la musica profana dell'Egitto aveva già raggiunto un notevole grado di
sviluppo; le esecuzioni erano affidate a cantori e a strumentisti di sesso maschile; gli strumenti più diffusi
erano le arpe e i flauti. In seguito alle imprese militari dei secoli XVIII XIV a.C. gli egiziani vennero a
contatto con le più rumorose usanze militari dei popoli vinti, che presero il sopravvento sulle tradizioni
indigene. Le esecuzioni musicali in quest'epoca vennero affidate soprattutto a donne professioniste,
particolarmente di origine siriana. Della musica egiziana conosciamo assai poco, se si eccettuano gli
strumenti che ci sono noti grazie a numerosi esemplari conservati nelle tombe o raffigurati nelle pitture
e illustrazioni su pareti tombali, sui vasi e nei papiri. Uno strumento assai diffuso e antico era l'arpa, già
usata durante la IV dinastia, successivamente diffusa in varie dimensioni e fogge e perfezionata nella
fattura; un altro cordofono molto noto e antico era la cetra, meno diffusa la pandora, di origine orientale.
Uno studio sull'accordatura dell'arpa indusse Curt Sachs ad affermare che gli egiziani conoscevano e
impiegavano scale pentafoniche discendenti. Altri espressero l'opinione che gli egiziani, come i greci,
abbiano conosciuto anche la scala eptafonica.
Tra gli strumenti a fiato il più comune era il flauto di legno, già raffigurato in una tavoletta del III millennio
a.C. Erano diffusi anche i flauti doppi, prima a canne parallele, poi disposte angolarmente. Antichissime
erano anche le trombe.
Tra gli strumenti a percussione, le castagnette costruite con materiale di varie specie, i sistri, i crotali ecc.
Nel III secolo a.C. l'egiziano Ctesibio di Alessandria inventò l'hydraulos, o organo idraulico, funzionante
ad aria, ma sulla base del principio fisico dei vasi comunicanti.
Molte illustrazioni, parietali o su papiri, riproducono esecutori che suonano il loro strumento avendo di
fronte cantori che atteggiano variamente le braccia, le mani, le dita.
Il Sachs e l'Hickmann hanno proposto di dare a queste varie posizioni il nome di chironomia e le hanno
interpretate come una sorta di notazione.
I popoli mesopotamici
Anche presso i popoli della Mesopotamia, fin dalla preistoria, la musica fu legata alle cerimonie religiose
e agli dei vennero assegnati strumenti o attributi musicali.
Più avanti, la musica si sarebbe giovata degli studi di matematica e di astronomia, molto coltivati.
Della musica e delle usanze musicali dei sumeri, degli assiri e dei babilonesi conosciamo soprattutto gli
strumenti. Ne sono stati conservati alcuni esemplari e molti sono raffigurati in dipinti, graffiti e
bassorilievi.
Dallo studio condotto sulle arpe alcuni studiosi hanno creduto di poter individuare i tipi di scale impiegati:
secondo Curt Sachs la pentafonica, secondo Francis W. Galpin la eptafonica.
Gli strumenti più diffusi e impiegati attraverso oltre due millenni di storia furono anzitutto l'arpa, che i
sumeri avevano già condotto a perfezione costruttiva, poi la cetra, di cui un bell'esemplare è raffigurato
sullo stendardo di Ur, opera dell'arte sumerica che risale al 2500 a.C. Vengono poi i flauti diritti, in legno
e in metallo, castagnette, sistri, piatti.
La musica sacra era coltivata dai sacerdoti e dai cantori fin dal III millennio a.C. Accanto ad essa sbocciò
più tardi la musica profana, specialmente conviviale, realizzata da esecutori e cantori dei due sessi.
Nel I millennio gli assiri impiegarono la musica anche per stimolare i soldati al combattimento. Al British
Museum di Londra sono conservati dei bassorilievi assiri dei secoli VIII e VII a.C. che riproducono
schiere di suonatori d'arpa, di flauto doppio e di tamburo, seguiti da cori di donne e fanciulli.
Israele: la cantillazione, il jubilus, i salmi
In molti passi della Bibbia si parla di canti, accompagnati da strumenti e talvolta da danze, con i quali il
"popolo di Dio" esprimeva coralmente i propri sentimenti di giubilo o di tristezza.
La musica ebraica toccò il maggior fulgore nel periodo dei re (XIX sec. a.C.).
Davide era un provetto arpista, e compose molti salmi. (La tradizione che attribuiva a lui la creazione di
tutti i 150 salmi è stata però confutata dalla moderna critica.) Dopo di lui Salomone organizzò
professionalmente il servizio dei cantori nel tempio di Gerusalemme.
Della teoria e della pratica musicale degli ebrei si conosce assai poco. Gli strumenti più usati dagli ebrei
furono il kinnor (strumento a 10 corde pizzicate), l'ugab (zampogna o flauto di ritto), lo sciofar (corno di
capra, antenato dello strumento tuttora di uso rituale nelle sinagoghe).
All'inizio del nostro secolo un musicologo lettone, Abramo Z. Idelsohn registrò e trascrisse canti di alcune
tribù ebraiche stanziate nello Yemen e nella Palestina, le quali attraverso i secoli avevano conservato
(presumibilmente immune da contaminazioni) il patrimonio di canti, specialmente religiosi, ereditato dal
passato. Questo fu il primo contributo scientifico allo studio della musica degli ebrei, successivamente
ampliato e approfondito dagli studi di altri musicologi.
Il successivo raffronto dei canti raccolti dall'Idelsohn con melodie gregoriane mostrò evidenti affinità tra
essi. Da qui si argomentò che la musica ebraica avesse profondamente influenzato la nascita del canto
cristiano. Gli studi più recenti hanno confermato che la matrice dei primi canti cristiani si trova in modi
esecutivi e forme che erano propri della tradizione liturgica ebraica e sconosciuti alla musica greco-
romana. Essi sono: la cantillazione, uno stile di recitazione intonata, regolata dal ritmo verbale dei testi
sacri, la quale muove su poche note contigue; e il jubilus, vocalizzo, a volte molto esteso, svolto sulle
sillabe di alcune parole rituali (per esempio, l'invocazione alleluja).
Grande spazio occupava nel culto ebraico l'esecuzione dei salmi, guidata da un cantore solista a capo
dell'assemblea dei fedeli, coinvolti in maniere diverse di partecipazione (ripetizione o alternanza di
versetti; risposta con formule fisse o variate).
L'ORIENTE ASIATICO
I cinesi
Fonti numerose e di vario genere ci ragguagliano sull'importanza che aveva la musica presso i cinesi. Il
primo elemento caratteristico è che essa non era solo un linguaggio, ma anche un aspetto di una
concezione cosmologica unitaria. I suoni musicali venivano posti in relazione con l'ordine dell'universo:
con i punti cardinali, con le stagioni, con i pianeti, gli elementi, i colori, con determinate sostanze, con
certe forze eccetera. I cinesi inoltre (come avverrà poi presso i greci e nel medioevo cristiano) attribuivano
alla musica la capacità di influire sui costumi. Confucio scrisse: «Volete sapere se un popolo è ben
governato e ha buoni costumi? Ascoltate la sua musica».
Perciò vari imperatori emanarono leggi che ne regolavano l'uso, e tra il II e il I secolo a.C. Wu Ti fondò
l'Ufficio imperiale della musica.
Già durante le prime dinastie i cinesi avevano adottato la scala pentafonica (composta di una successione
analoga alla nostra do re mi sol la); ma nel III secolo a.C. la loro teoria contemplava anche una scala di
12 note, formata dall'unione dei 6 liu femminili con i 6 liu maschili. La serie dei 12 suoni non costituiva
però una scala cromatica, ma "la di posizione ordinata di tutte le note nel firmamento musicale".
I cinesi impiegarono un gran numero di strumenti, che spesso venivano riuniti in organismi paragonabili
alle nostre orchestre.
Uno degli strumenti più antichi, già conosciuti all'epoca della dinastia Shang (sec. XI a.C.) fu il king
(litofono), serie di lastre di pietra calcarea a forma di L, che veniva no appese a un telaio e percosse con
un mazzuolo.
Durante la dinastia Chou (sec. XVIII a.C.) furono inventati e diffusi altri idiofoni e alcuni cordofoni; tra
questi ultimi il chin, salterio con la cassa a forma di semitubo munito di 7 corde.
Uno strumento caratteristico è il cheng, o organo a bocca: un recipiente sferico costituito da una zucca o
in legno, con un'imboccatura; sul recipiente sono in fisse 13 sottili canne di bambù, di diverse lunghezze.
Altri strumenti: campane, sonagli, flauti traversi, doppi flauti, siringa, altri tipi di salterii, il pipar, liuto dal
manico corto.
Le melodie cinesi più antiche a noi pervenute risalgono all'epoca Tang (sec. VIIX d.C.).
Gli indiani
Nessuno dei popoli extraeuropei può vantare una storia musicale così estesa nel tempo e varia nella teoria
e nella pratica quanto gli indiani. La musica ebbe sempre una grande importanza nella loro cultura. I Veda
contengono numerosi canti dello stadio più antico.
Le varie dinastie, indigene o straniere, conferirono sempre un posto di rilievo alla musica: nelle cerimonie
religiose e in quelle di corte, nei trattenimenti privati, nella letteratura e nei trattati. Assai complesso è il
sistema musicale indiano, che risale al II secolo a.C. e si basa sopra un numero grandissimo di scale. Base
comune a tutte le scale è l'ottava, suddivisa, come nel sistema occidentale, in sette tra toni e semitoni. Ma
l'organizzazione di questa scala era molto complessa, in quanto ognuno degli intervalli era suddiviso in
due, in tre o quattro srutis o elementi: in tutto 22 srutis, come si vede dal seguente schema ricostruito dal
Sachs: [p. 31] re mi fa sol la si do re 3 2 4 4 3 2 4 9 4 9 22
Questa articolazione consentiva un numero notevolmente alto di scale modali, differenti fra loro per la
posizione dei toni e dei semitoni e per le note di riferimento (le nostre tonica, sottodominante, dominante
ecc.). Tali modi avevano il nome di râgas, che significa colore, stato d'animo; ogni râga stabiliva un
modello di melodia. Il numero di râgas è molto alto, i teorici ne elencano diverse migliaia.
Gli indiani usarono numerosi strumenti, che i testi indiani raggruppavano in quattro categorie:
gli idiofoni (specialmente i cimbali); i tamburi, molto antichi, tra cui il tabla, coppia di tamburi: di ottone
e semisferico quello suonato con la mano sinistra, di legno e cilindrico quello per la mano destra; gli
strumenti a fiato (vari tipi di flauti di bambù; oboi) e, più importanti di tutti, i cordofoni.
Tra questi ultimi ebbe grande importanza la vina, strumento attribuito alla dea della sapienza, Sarasvati.
È costituita da un bastone cavo di bambù, sorretto alle due estremità da zucche, su cui sono collocate 7
corde parallele sostenute da cavalletti; esse sono pizzicate mediante un plettro.
Uno strumento moderno a corde pizzicate è la sitar, affine alla vina e fornita di corde di risonanza.
Lo strumento ad arco più importante è il sarangi, di forma tozza e quadrata, munito di 4 corde, oltre a
numerose altre che vibrano per simpatia.