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PATOLOGIA CELLULARE

La patologia cellulare si occupa di studiare i cambiamenti che una cellula subisce a seguito di insulti
di varia natura (meccanici, termici, chimici,...) o a seguito di condizioni parafisiologiche (esercizio
fisico così come digiuno).
Normalmente, la cellula è in omeostasi; a seguito di uno stress, questa si può adattare entro una
certa misura, oltre la quale subentra il danno cellulare (che può subentrare anche direttamente nel
caso in cui lo stimolo iniziale sia dannoso).
Il danno poi potrà essere reversibile (e quindi la cellula tornerà in omeostasi dopo un periodo di
risoluzione) o irreversibile (con morte -
Adattamenti

Ipertrofia
Si tratta dell’aumento del volume cellulare.
Può essere secondaria sia a processi fisiologici che patologici. Gli esempi più comuni sono:
● L’ipertrofia del muscolo scheletrico, causata da attività che determinano un aumento del
carico di lavoro sul muscolo (es.: sollevamento pesi)
● L’ipertrofia del miocardio, causata invece da sovraccarico emodinamico cronico dovuto a
ipertensione e/o valvulopatie.
Normalmente il miocardio ha uno spessore di 1-1.5 cm, mentre quando va in ipertrofia può
anche superare i 2 cm.
In questi casi è opportuno utilizzare una colorazione specifica (al trifeniltetrazolio) che
permette di valutare la parte funzionante: tale colorante, infatti, colora di rosso solo la parte
di miocardio metabolicamente attivo. Tale dato è utile per scongiurare l’eventuale presenza
di aree infartuate.
● L’ipertrofia dell’utero gravidico, dovuta all’azione degli estrogeni che legano recettori di
cellule muscolari lisce endomisiali
● L’ipertrofia della mammella, durante allattamento, sotto la spinta di prolattina e estrogeni
A livello biochimico, l’ipertrofia è data dall’aumento di sintesi e concentrazione di componenti
strutturali supplementari.
Come ogni cascata biochimica, avremo degli eventi sequenziali:
1. Stimoli iniziali, quali
○ Stiramento meccanico, nel caso delle fibre muscolari. Esistono, infatti, dei recettori
da stiramento che si attivano nel momento in cui la membrana plasmatica viene
deformata.
○ Agenti vasoattivi, capaci cioè di regolare il tono vascolare: ormoni α-adrenergici,
angiotensina II, endotelina-1, …
○ Fattori di crescita, come IGF-1, TGFβ e FGF.
2. Trasduzione del segnale, che avviene essenzialmente attraverso due pathway:
○ PI3K/Akt, la via più importante nell’ipertrofia fisiologica da esercizio fisico
○ Recettori associati a proteine G, la via più importante, invece, nell’ ipertrofia
patologica
3. Attivazione dei fattori di trascrizione. I più importanti sono GATA4, NFAT e MEF2
4. Effetti finali a valle, che possono essere vari:
○ A livello miocardico, si assiste dalla riattivazione di geni normalmente attivi a livello
embrionale. Tra questi geni, i più importanti sono:
■ Il gene per la β-miosina, che rimpiazza l’α-miosina. La β-miosina permette
una contrazione cardiaca più efficace
■ Il gene per ANF, che ricomincia ad essere prodotto anche a livello dei
ventricoli. In questo modo c’è una perdita di liquidi con riduzione del
sovraccarico emodinamico
○ Maggiore sintesi di proteine contrattili
○ Produzione fattori di crescita; in questo modo, la cascata descritta finora viene
amplificata tramite un feedback positivo
Iperplasia
Si tratta dell’aumento del numero di cellule di un organo o un tessuto ed è un processo spesso
concomitante all’ ipertrofia.

Equilibri cellulari
Ogni compartimento dell’organismo è caratterizzato da un equilibrio tra il compartimento
proliferante e quello apoptotico, in modo da garantire un numero pressocchè costante di elementi
cellulari (a meno che l’individuo non stia crescendo).
Tuttavia, le cellule possono comportarsi diversamente in base alla loro natura e al tessuto di cui
fanno parte. Per questo, Bizozzero ha classificato le cellule in:
● Cellule labili, ovvero quelle cellule che hanno una proliferazione illimitata per tutta la vita.
Un esempio è dato dalle cellule degli epiteli di rivestimento (intestinale, cute,...)1
● Cellule quiescenti (stabili), caratterizzate da una bassa attività replicativa. Esse, infatti, sono
perennemente in G0, ma possono passare in G1 qualora ci sia una perdita di tessuto.
Esempi di questo tipo sono i parenchimi ghiandolari, le cellule mesenchimali e le cellule
endoteliali
● Cellule perenni, dotate di un’attività replicativa sporadica o assente. Esempi sono i neuroni
(che vengono sostituiti da elementi gliali, ma non da altri neuroni), i miociti scheletrici
(anche se si è visto che sporadicamente possono essere sostituiti da cellule satelliti) e i
cardiomiociti.

Classificazione delle iperplasie


Come per l’ipertrofia, anche per l’iperplasia si può parlare di:
● Iperplasia fisiologica, che a sua volta può essere:
○ Ormonale. Questa permette di aumentare capacità funzionale di organi sensibili a
ormoni in alcuni momenti della vita. L’esempio paradigmatico è la proliferazione
dell’epitelio ghiandolare della mammella in pubertà o gravidanza, accompagnato da
ipertrofia dello stesso
○ Compensatoria. Permette di ristabilire la massa funzionante di un organo in seguito
a danno o resezione chirurgica. Un organo che mostra un comportamento di questo
tipo è il fegato: si è visto, infatti, che in seguito ad epatectomia parziale, nel giro di 1-
2 settimane la massa funzionale epatica persa viene recuperata (anche se non nella
forma anatomica originaria).
Questo avviene grazie ad una cascata di eventi, molto più complessi di come verrano
di seguito presentati e, per taluni versi, non ancora ben conosciuti o caratterizzati.
Il processo trae inizio nel momento in cui gli epatociti, normalmente in G 0, entrano
in
G1.
Questo passaggio avviene grazie all’azione di una serie di molecole prodotte dalle
cellule non parenchimali (come le cellule di Kupferr) e che svolgono un’azione
paracrina sugli epatociti. Tra queste molecole vi sono:
● Fattori di crescita, come HGF (che agisce sul recettore epatocitario c-met),
EGF e il TGFα. Quest’ultimo, a differenza degli altri, è prodotto dagli
epatociti, esercitando quindi un’azione autocrina.
● Citochine, come IL-6 e TNFα tipiche della risposta infiammatoria, comunque
attiva nel momento in cui c’è una perdita di massa epatica.
All’interno dell’epatocita in G 1 si susseguono una serie di eventi, che possiamo
riassumere in:
1. Aumento delle proteine di proliferazione cellulare, come c-fos, c-jun e bclxl.
2. Sintesi del nuovo DNA, con picco dopo 12-24h. Il passaggio dalla fase G 1 alla
fase S (in cui avviene la sintesi) è favorita dalla fosforilazione del complesso
ciclina D-CDK4 RB che porta all’attivazione del complesso ciclina E-CDK2.
3. Proliferazione degli epatociti
4. Diminuzione della sintesi di DNA e ristabilimento della massa epatica.
L’interruzione della crescita è favorita dal TGF-β
A livello genico, inoltre, è possibile osservare due tipi di risposte:
● Precoce immediata, che avviene cioè al momento della transizione G 0 – G1 e
che consiste in:
○ Attivazione dei protoncogeni c-fos e c-jun, che dimerizzano e
formano il fattore di trascrizione AP-1
○ Attivazione di c-myc, che codifica per il fattore di trascrizione
omonimo e che attiva altri geni
○ Altri fattori di trascrizione (NF-κB, STAT-3, C/EBP)
● Precoce ritardata, ovvero durante la fase G 1 e che porta all’ espressione di
Bcl-X, il principale gene antiapoptotico del fegato.
● Iperplasia patologica, ovvero un processo che comporta l’insorgenza di un danno per
l’organismo.
Esempi di questo tipo sono:
○ L’eccessiva stimolazione embrionale, che è alla base sia dell’iperplasia prostatica
benigna che dell’ipertrofia patologica benigna dell’endometrio. In questo caso, si
assiste ad uno squilibrio tra gli estrogeni, che promuovono la proliferazione
cellulare, e il progesterone, che invece la inibisce.
○ Alterazioni dovute a fattori di crescita esogeni, come nel caso delle infezioni virali da
papilloma virus, in cui il virus, con i suoi fattori di crescita, stimola la proliferazione
della cellula
Occorre precisare che l’iperplasia patologica è diversa dal cancro, in quanto non mostra le
caratteristiche morfo-funzionali di quest’ultimo. Tuttavia essa rappresenta un fattore di
rischio per la cancerizzazione, in quanto molto spesso cellule iperplastiche e neoplastiche
condividono i medesimi pathway alterati di crescita.
Atrofia
L’atrofia è la riduzione del volume di un organo.
Inizialmente, si assiste ad una riduzione delle dimensioni cellulari; in seguito, le cellule iniziano ad
andare in apoptosi.
Anch’essa non è un processo esclusivamente patologico; pensiamo all’embriogenesi (in cui varie
strutture devono atrofizzarsi per lasciare spazio ad altre) o all’endometrio durante il ciclo mestruale.
Le cause più comuni sono:
● Atrofia da disuso, dovuta alla diminuzione del carico di lavoro su una struttura anatomica.
Sono esempi l’atrofia del muscolo scheletrico e/o l’aumento del riassorbimento osseo a
causa di eventi come allettamenti o ingessature.
● Atrofia da denervazione, tipica delle neuropatie motorie periferiche. Va ricordato, infatti,
che la placca motrice non svolge solo un ruolo di comunicazione sinaptica, ma anche una
funzione attiva di promozione della crescita delle fibre muscolari.
● Atrofia da ridotto apporto ematico, come l’atrofia senile cerebrale causata dall’aterosclerosi
● Atrofia da malnutrizione, che va ulteriormente suddivisa in:
○ Marasma, una grave malnutrizione reversibile in cui l’organismo consuma proteine
dei muscoli per produrre energia.
○ Cachessia, che l’evoluzione del marasma. La cachessia è anche un reperto tipico dei
tumori maligni e delle infiammazioni croniche, in quanto in queste condizioni c’è una
massiva produzione di alcune citochine (come il TNFα, chiamato anche appunto
cachessina) che conduce alla perdita dell’appetito e all’esaurimento delle scorte
lipidiche
● Atrofia da perdita ormonale, come nel caso della menopausa in cui la riduzione degli
estrogeni induce atrofia a vari livelli (endomentrio, epitelio vaginale, mammelle)
● Atrofia da pressione, che è collegata all’atrofia da ridotto apporto ematico. Un esempio è
dato da tumori benigni che, espandendosi, comprimono i tessuti circostanti, impedendone la
vascolarizzazione (ischemia)
A livello biochimico, l’atrofia è dovuta sia alla ridotta sintesi delle proteine che all’aumentata
degradazione delle stesse. In particolare, avvengono due cose:
● Azione sul sistema ubiquitina-proteosoma, il cui enzima chiave (l’ubiquitina ligasi) risulta
attivato sia in condizioni di deficit nutrivo che in disuso. Tale attivazione risulta mediata da
citochine quali IL-1β e TNFα.
● Autofagia, ovvero la cellula inizia a digerire parti di sè in modo da ridurre la domanda di
sostanze nutritive.
Tale processo è mediato dagli enzimi lisosomiali e può lasciare dei granuli residui, come i
granuli di lipofuscina. Questi ultimi conferiscono una colorazione marrone al tessuto e, per questo, si
parla di atrofia bruna.

Metaplasia
É la sostituzione, del tutto reversibile, di un tessuto differenziato con un altro tipo di tessuto
differenziato. Va sottolineato che si tratta sempre dello stesso tipo istologico (epitelio > epitelio;
connettivo > connettivo).
Si distinguono:
● Metaplasia epiteliale, i cui esempi più importanti sono:
○ Metaplasia delle vie respiratorie (tipico dei fumatori abituali). Il tipico epitelio
cilindrico ciliato viene sostituito da un epitelio squamoso pluristratificato, talvolta
addirittura cheratinizzato (e si parla quindi di metaplasia epidermoide, in riferimento
alla cute).
Il vantaggio di tale processo risiede nella maggiore protezione che l’epitelio
squamoso conferisce rispetto al cilindrico; tuttavia, venendo meno l’apparato ciliare,
le vie respiratorie perdono la capacita di allontanare sostanze tossiche e microbi. Per
questi motivi, questi soggetti sono maggiormente sottoposti a broncopolmoniti.
Un’altra causa di metaplasia squamosa dell’epitelio respiratorio è la carenza di
vitamina A
○ Leucoplachia. Si tratta di una metaplasia della mucosa buccale, che dall’essere
rivestita da un epitelio squamoso non corneificato inizia ad avere delle aree
cheratinizzate (biancastre).
Si tratta di un reperto tipico dei fumatori di pipa.
○ Metaplasia squamosa dei dotti (salivari, biliari, pancreatici), in seguito a calcolosi
○ Esofago di Barrett. Si tratta di una metaplasia cilindica dell’epitelio esofageo dovuta
ad una storia cronica di reflusso gastro-esofageo.
● Metaplasia connettivale, tra cui:
○ Miosite ossificante traumatica, in cui in seguito a traumi o fratture importanti, un
tessuto muscolare viene sostituito da tessuto osseo, con progressiva perdita di
libertà di movimento
○ Metaplasia cicatriziale, tipica di alcune suture chirurgiche, in cui nel tessuto fibroso
della sutura è possibile rilevare aree di tessuto osseo.
Pare che in questa metaplasia sia coinvolto il BMP-2 (Bone Morphogenetic Protein)
Nonostante la metaplasia non sia una neoplasia, è una condizione preneoplastica. Ad esempio,
l’esofago di Barrett predispone all’adenocarcinoma esofageo.
Per quanto riguarda il meccanismo biochimico della metaplasia, si pensa che non si tratti di un
cambiamento fenotipico di cellule già differenziate, ma piuttosto di una riprogrammazione del pool
staminale.
Varie citochine, fattori di crescita e componenti della matrice possono intervenire in questo
processo; si è visto, inoltre, che la vitamina A, sia in eccesso che in carenza, è in grado di modificare
la trascrizione di alcuni geni agendo sui recettori retinoidi nucleari.

Displasia
La displasia è la forma più estrema di adattamento cellulare e rappresenta l’ultima condizione in cui
la cellula può trovarsi prima di diventare neoplastica.
Interessa solitamente cellule mesenchimali e/o epiteliali sottoposte a stimoli proliferativi.
La displasia presenta degli aspetti istologici tipici, tra cui:
● Perdita di uniformità dell’aspetto delle cellule e del loro orientamento
● Pleomorfismo cellulare e nucleare, di solito con nuclei grandi e ipercromici
● Figure mitotiche normali, ma più numerose
● Mitosi con localizzazione anomala
● Anarchia tissutale (cellule di uno strato si trovano in un altro)
Un esempio comune di displasia è quella che osserviano nell’epitelio squamoso della cervice uterina
(CIN - Cervical Intraepithelial Neoplasia). Questa viene suddivisa in 3 stadi a seconda dei livelli
dell’epitelio interessati: si parla di CIN-1 per interessamento dello strato basale, CIN-2 dei due terzi
(solo la parte superiore risparmiata), CIN-3 per l’interessamento a tutto spessore.
Occorre precisare che la CIN, così come altre displasie, viene chiamata carcinoma in situ, in
riferimento al fatto che è confinata dall’epitelio. Non c’è ancora accordo su quando parlare di
displasia piuttosto che di carcinoma in situ. Solitamente si parla di displasie in caso di anomalie
morfologiche più lievi o moderate, mentre si parla di displasia severa/carcinoma in situ per i quadri
più gravi.

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