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LA FRANCIA NEL SEICENTO

Il cardinale Richelieu e la “ragion di Stato”


All’inizio del secolo (1610), la scomparsa drammatica del re Enrico IV di Francia, fautore della pacifica
convivenza tra cattolici e protestanti, assassinato da un fanatico cattolico, sembra portare la Francia di
nuovo nel caos delle guerre di religione.
Tuttavia, con il cardinale Armand de Richelieu, il geniale primo ministro del nuovo re Luigi XIII, la
Francia riconquista unità e forza, anche nel grande gioco internazionale.
Richelieu è il primo grande sostenitore dell’assolutismo statale: l’autorità della monarchia deve essere
imposta in tutto il Paese, i nobili devono essere sottomessi. Richelieu, inoltre, sottrae agli evangelici
ugonotti tutte le loro città-fortezza che si erano costruiti come rifugi, perché non può tollerare uno “Stato
nello Stato” (assedio della Rochelle, 1628).
Richelieu fa della “ragion di Stato” il criterio etico della sua politica: è per questo che la Francia
interverrà nelle ultime fasi della guerra dei trent’anni, schierandosi in modo spregiudicato dalla parte dei
protestanti, contro gli Asburgo. La pace di Westfalia segna non soltanto la fine delle guerre di religione,
ma anche l’inizio dell’egemonia francese su tutta l’Europa.

Il cardinale Mazzarino e la Fronda


La resistenza contro questa “modernizzazione” della Francia in senso assolutista (e contro le tasse che tale
modernizzazione comporta) anima il movimento della Fronda, una ribellione politica che parte
dall’aristocrazia (1648-1653).
Questo movimento di ribellione dall’alto prende nome dalla “fionda” con cui i monelli tiravano i
sassi ai passanti: l’idea di questo nome viene a un consigliere del Parlamento di Parigi (il tribunale
che aveva il compito di registrare gli editti del re), che suggerisce ai suoi colleghi di non opporsi
apertamente alla volontà della monarchia, ma di fare come i ragazzini che aspettano che le guardie
si allontanino e poi tirano sassi con la fionda: anche il Parlamento potrebbe fingere di ascoltare i
messaggi del rappresentante del re che impongono nuove tasse, ma poi rifiutarsi di registrare l’atto.
La rivolta è caratterizzata dal conflitto fra il cardinale di origini italiane Giulio Mazzarino, primo
ministro e successore di Richelieu, e il principe di Condé, capo dei nobili ribelli, e si conclude con la
sconfitta di quest’ultimo.
La Francia di Mazzarino, uscita dalla crisi provocata dalla Fronda, riprende il suo programma di guerra
contro la Spagna, che, sconfitta, deve cedere con il trattato dei Pirenei (novembre 1659) le regioni della
Cerdagne e del Roussillon a ridosso dei Pirenei. La Spagna, ormai fiaccata e logorata, comincia ormai
un’inesorabile decadenza.

Politica interna del Re Sole


Dopo la morte del Mazarino, il nuovo re Luigi XIV assume personalmente la guida della politica interna
ed estera del regno, che durerà dal 1643 al 1715. Per la sua pretesa di essere “l’unica fonte del potere”,
Luigi XIV si fa soprannominare “il Re Sole”. Luigi XIV afferma: «Lo Stato sono io», stabilendo così un
assolutismo totale.
Le difficoltà che Luigi XIV inizialmente incontra sono enormi: il disordine è diffuso ovunque, le finanze
esaurite, il popolo scontento.
Per risanare lo Stato, Luigi XIV crea una struttura burocratico-amministrativa che può essere definita
assolutistica-centralista; gli Stati Generali, l’assemblea generale dei rappresentanti dei tre “Ordini” (clero,
nobiltà e terzo stato), non viene più convocata.
La vita in Francia durante l’ancien régime1 era strettamente legata alla terra da coltivare, e in
particolare alla produzione di grano. I signori feudali (i nobili e il clero) potevano esercitare i loro

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Naturalmente, l’espressione ancien régime, ‘l’antico regime’, non veniva utilizzata a quell’epoca. Verrà invece creata al
tempo della Rivoluzione Francese per parlare dell’organizzazione statale precedente a quella rivoluzionaria. Dobbiamo invece
notare che il regime assolutistico era “moderno” se confrontato con l’organizzazione sociale e politica del Medioevo, basata
sui privilegi feudali, sulle immunità e sulla dialettica costante tra il re e i corpi sociali (clero, nobili, abitanti delle città).
diritti su ogni terra lavorata, e ciò consentiva loro una cospicua raccolta di risorse materiale.
Questo ordine sociale, basato sulla rendita fondiaria e sulla gerarchia dei ruoli di potere, era visto
come voluto da Dio, quindi immutabile e sicuro.
Come suoi collaboratori nel governo della Francia, Luigi XIV sceglie uomini provenienti dai ceti
borghesi: sono ministri “tecnici”, esperti nei vari settori della vita pubblica, tra cui Louvois, riformatore
dell’esercito, e Vauban, che organizza la difesa militare del Paese. Tra questi ministri, il più importante è
però Colbert, che Luigi XIV nomina “controllore generale delle finanze”.
Colbert risana le finanze dello Stato, rende più efficiente il sistema di esazione delle imposte, adotta una
politica economica tendente a incrementare le industrie, il commercio di Stato e le esportazioni.
L’indirizzo economico del Colbert viene detto “mercantilismo” o “protezionismo”, teoria economica
che afferma che la ricchezza di uno Stato consiste nella quantità di oro e di argento (denaro) che si riesce
ad accumulare all’interno del Paese e che, per questo motivo, lo Stato deve “proteggere” lo sviluppo delle
industrie interne, favorendo le esportazioni e scoraggiando le importazioni con alti dazi. Per raggiungere
questi obiettivi, l’economia diviene monopolio dello Stato.
L’epoca di Luigi XIV è anche il Grand siècle dell’arte (architettura, scultura, pittura, musica con
compositori come Lully), della letteratura (Molière, Racine, La Fontaine, Bossuet) a cui il re affida il
compito di celebrare il suo regno.
In Francia la grande aristocrazia, insediata nei suoi castelli, da secoli governava i suoi enormi
territori con pienezza di poteri sovrani e con un forte legame con la popolazione. Per passare al
disegno di un potere monarchico centralizzato come unico punto di riferimento, Luigi XIV vuole
spezzare il legame tra il popolo e l’aristocrazia. Per questo motivo fa costruire la corte di
Versailles e vi si trasferisce dal palazzo reale del centro di Parigi (il Louvre). A Versailles il
teatro, il ballo, i fuochi d’artificio, diventano i momenti più importanti di un programma
attentamente studiato per far divertire, oltre al re, tutti i cortigiani: i nobili vengono così attirati a
Versailles, che diventa l’unico luogo dove sembra che valga la pena di vivere, ma per questo
devono lasciare i loro castelli e perdere le radici del potere.

Politica estera del Re Sole


Sotto Luigi XIV anche l’esercito viene ammodernato, al punto che esso può reggere da pari a pari al peso
di una guerra contro tutta l’Europa coalizzata. Con questa macchina militare, la più efficiente dell’epoca,
Luigi XIV affronta la Guerra di devoluzione, detta così in base a un diritto per il quale il re di Francia
può pretendere di succedere alla Corona spagnola: il re di Spagna Filippo IV, infatti, nomina suo erede il
figlio (maschio) di seconde nozze Carlo, mentre il “diritto di devoluzione” in vigore nella regione del
Brabante, che appartiene anch’essa alla monarchia spagnola, preferisce in ogni caso i figli di prime nozze,
in questo caso la moglie di Luigi XIV, Maria Teresa. La guerra si conclude vittoriosamente per il Re Sole
con la pace di Aquisgrana, in base alla quale egli ottiene dodici città fiamminghe, già appartenute alla
Spagna.
Dopo la Spagna, Luigi XIV affronta l’Olanda, che sotto la guida di Guglielmo d’Orange con gravi
sacrifici (come l’apertura delle dighe) blocca l’invasore. La pace di Nimega (1678) sanziona lo status
quo tra Francia e Olanda, ma politicamente significa un arresto dell’espansionismo francese e un primo
colpo al prestigio di Luigi XIV.
Anche la vittoria dell’impero asburgico contro i Turchi finisce per accentuare l’isolamento della Francia,
che non aveva voluto partecipare alla coalizione indetta da papa Innocenzo XI contro l’avanzata turca in
Ungheria e Austria.
La politica estera di Luigi XIV, così aggressiva, provoca la formazione della Lega d’Augusta (Olanda,
Impero, Spagna e Svezia) contro la Francia. Dalla Lega d’Augusta resta fuori l’Inghilterra, travagliata
dalla seconda fase della rivoluzione, al termine della quale salirà sul trono inglese Guglielmo d’Orange
(Glorious Revolution).
Tutte queste guerre, tuttavia, finiscono per dissanguare le finanze francesi, e per questo Luigi XIV accetta
rapidamente di stipulare un trattato di pace con la Lega d’Augusta e di cedere molte conquiste fatte
precedentemente.
Politica religiosa
Siccome Luigi XIV vuole anche controllare direttamente la Chiesa cattolica in Francia (gallicanesimo: la
Chiesa di Francia deve rendersi sempre più autonoma dal papa), finisce per scontrarsi spesso con il papato,
in particolare con Innocenzo XI.
Per cercare di riconquistare l’amicizia con la Chiesa romana, Luigi XIV intraprende una durissima
persecuzione contro gli evangelici francesi (“ugonotti”): nel 1685 revoca l’editto di Nantes (concesso
da Enrico IV, con il quale si lasciava libertà di culto ai protestanti di Francia) e dà il via a una serie di
misure repressive contro gli ugonotti, che spesso scelgono la via dell’esilio.
Oltre ai protestanti, un’altra vittima della politica di uniformità religiosa di Luigi XIV sono i giansenisti.
Il giansenismo era un movimento cattolico che si rifaceva all’opera di Giansenio, un prete cattolico che
aveva tentato di riformare il cattolicesimo alla luce degli elementi migliori del protestantesimo calvinista,
insistendo soprattutto sulla serietà della vita cristiana e sulla responsabilità del singolo credente davanti a
Dio. Proprio per la loro difesa della coscienza individuale, i giansenisti risultano sgraditi a Luigi XIV,
che ottiene dal papa una durissima condanna della loro dottrina (definita eretica), disperde il loro
movimento, fa chiudere le scuole gestite da loro e anche il loro principale centro di spiritualità, il
monastero femminile di Port-Royal.

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