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ISTITUTO TEOLOGICO “MONS. G.

GUTTADAURO”
AFFILIATO ALLA FACOLTA’ TEOLOGICA DI SICILIA
“S. GIOVANNI EVANGELISTA”
CALTANISSETTA

I GIOVANI, LA FEDE E
IL DISCERNIMENTO:
QUESTIONI MORALI E
PROSPETTIVE PASTORALI

Esercitazione per il seminario Interdisciplinare, presentato ai Docenti:


Prof. don Asaro Salvatore
Prof. don Rovello Alessandro,
dallo studente Ronchi Alessandro

CALTANISSETTA
22/08/2018
ANNO ACCADEMICO 2017/18

Direttori del Seminario:


Prof. don Asaro Salvatore
Prof. don Rovello Alessandro

INDICE

Sigle, abbreviazioni e simboli più importanti ........................................................ 3

Bibliografia ............................................................................................................ 4

Introduzione ........................................................................................................... 5

1. I giovani, la fede e il discernimento vocazionale: Documento Preparatorio ..... 7

1.0 Presentazione ........................................................................................ 7

1.1 I giovani nel mondo di oggi .................................................................. 8

1.2 Fede, Discernimento, Vocazione ........................................................ 10

1.3 L’azione pastorale ............................................................................... 14

2. La situazione del mondo giovanile in Italia oggi ............................................ 18

2.1 Il contesto locale ................................................................................. 18

2.2 Il contesto nazionale ........................................................................... 22

3. Considerazioni conclusive ............................................................................... 35

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Sigle, abbreviazioni e simboli più importanti

AAS Acta Apostolicae Sedis

FRANCESCO, Amoris Laetitia, Esortazione apostolica post sinodale sull’amore nella


AL famiglia (19 marzo 2016), in AAS 108 (2016), pp. 311-446.
(tr. it. in http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-
ap_20160319_amoris-laetitia.html) (ultimo accesso 20 agosto 2018)

C.E.I. Conferenza Episcopale Italiana

Cfr. confronta

Sinodo dei Vescovi – XV Assemblea generale ordinaria, I giovani, la fede e il discer-


nimento vocazionale. Documento Preparatorio (13 gennaio 2017), LEV, Città del
DP Vaticano 2017.
On line in http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20170113_documento-preparato-
rio-xv_it.html (ultimo accesso 20 agosto 2018)

Ed./edd. Edizione/i

EG FRANCESCO, Evangelii Gaudium, Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo


nel mondo attuale (24 novembre 2013), in AAS 105 (2013), pp. 1019-1137.

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Gaudium et spes, Costituzione pastorale


sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (7 dicembre 1965) in AAS 58 (1966), pp. 1025-
GS 1120.
(tr. it. in http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gau-
dium-et-spes_it.html ) (ultimo accesso 20 agosto 2018).

Gv La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 2009, Vangelo secondo Giovanni

Ibid./ib. Ibidem (stesso autore, stessa opera, stessa pagina)

Id. Idem (stesso autore, opera diversa)

Intr. introduzione

Ivi nella stessa opera (stesso autore, stessa opera, pagina diversa)

Lc La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 2009, Vangelo secondo Luca

N./nn. Numero/i

Op. cit. nell’opera citata

P./pp. Pagina/e

S./ss. Seguente/i

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Bibliografia

Fonti

La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 2009.

AAS (per i documenti dei Pontefici).

Conferenza Episcopale Italiana, Sintesi delle risposte diocesane al questionario in


preparazione al Sinodo 2018 su: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, in
“Note di pastorale giovanile” (gennaio 2018) n. 1, 2018, LII.

Conferenza Episcopale Italiana (a cura), Lievito di fraternità. Sussidio sul rinnova-


mento del clero a partire dalla formazione permanente, Ed. San Paolo, Milano 2017.

Sinodo dei Vescovi – XV Assemblea generale ordinaria, I giovani, la fede e il di-


scernimento vocazionale. Documento Preparatorio (13 gennaio 2017), LEV, Città del Va-
ticano 2017.

Bichi Rita - Bignardi Paola, Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Ed. Vita e
Pensiero, Milano 2016.

Cucci Giovanni, La crisi dell'adulto. La sindrome di Peter Pan, Ed. Cittadella, Assisi
2012.

Garelli Franco, Piccoli atei crescono: Davvero una generazione senza Dio?, Ed. Il
Mulino, Bologna 2016.

Martini Carlo Maria, Conversazioni notturne a Gerusalemme, Ed. Mondadori, Mi-


lano 2008.

Matteo Armando, La prima generazione incredula, Ed. Rubbettino, Soveria Man-


nelli 2010.

Sitografia

http://www.vatican.va

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Introduzione

Nel magma culturale di questo nostro tempo la giovinezza sembra non essere più
riconosciuta, per alcuni pare addirittura non esistere più, mentre per altri viene sprecata.
Sempre più adulti vivono come i giovani e i giovani si comportano già da adulti, e una
buona parte dei più giovani non riesce più a vivere la giovinezza positivamente, come un
tempo favorevole, di opportunità e creatività, di crescita e progettazione. Tuttavia, la gio-
ventù resta la stagione rivoluzionaria della vita, quella della seduzione e dei grandi sogni,
dove si coltiva l'incanto del mondo, una visione del futuro senza confini. L'età in cui non
si ha timore di rischiare. Il periodo dove coabitano desideri contrastanti e ambivalenti,
slanci e fantasie, unitamente alle ansie e alle inquietudini. Il cantiere dove si costruisce
l'uomo e la donna del domani.
Per questo dedicare attenzione ai giovani significa costruire la speranza dell'umanità.
Prendersi cura delle nuove generazioni e accompagnarle lungo le strade della crescita
esprime il prendersi cura dello stesso futuro del mondo; è un compito sempre impellente,
che riguarda tutti, nessuno può dire «non mi riguarda». Oggi, ancor più che in passato,
richiede maggiore considerazione, impegno e responsabilità. Di conseguenza la Chiesa,
che da sempre avverte il dovere di educare e formare le nuove generazioni, sente la neces-
sità di accompagnare con un rinnovato impegno la crescita dei giovani.

Il 6 ottobre 2016 il Santo Padre annunciava il tema della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei
Vescovi: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.
Il cammino sinodale è iniziato immediatamente con la redazione del Documento preparatorio (DP), pub-
blicato il 13 gennaio 2017 insieme a una “Lettera ai giovani” del Santo Padre. Il DP comprendeva un Que-
stionario, destinato principalmente alle Conferenze Episcopali, ai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche
e ad altri organismi ecclesiali, con quindici domande per tutti, tre specifiche per ciascun continente e la
richiesta di condividere tre “buone pratiche”.
Dall’11 al 15 settembre 2017 si è tenuto un Seminario internazionale sulla condizione giovanile con la
presenza di molti esperti e di vari giovani, che ha aiutato a mettere a fuoco la situazione dei giovani nel
mondo di oggi dal punto di vista scientifico.
A fianco di queste iniziative destinate a coinvolgere la Chiesa nel suo insieme, non sono mancate occasioni
di ascolto della voce dei giovani, perché fin da subito si è inteso renderli protagonisti. In primo luogo è
stato predisposto un Questionario on line in diverse lingue e tradotto da alcune Conferenze Episcopali, che
ha raccolto le risposte di oltre centomila giovani. Il materiale raccolto è immenso. Inoltre, ha avuto luogo

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la Riunione presinodale (Roma, 19-24 marzo 2018), che si è conclusa la domenica delle Palme con la
consegna al Santo Padre di un Documento finale. A questa iniziativa hanno partecipato circa trecento gio-
vani provenienti dai cinque Continenti e anche quindicimila giovani attraverso i social media. L’evento,
espressione del desiderio della Chiesa di mettersi in ascolto di tutti i giovani, nessuno escluso, ha ottenuto
notevole risonanza. […] 1

Papa Francesco ha recentemente incontrato i giovani italiani, a Roma l’11 e 12 ago-


sto scorsi, continuando l’avvicinamento al vero e proprio momento sinodale, che racco-
glierà i rappresentanti tra i Vescovi di tutto il mondo, dal 3 al 28 ottobre 2018, e che si
concluderà con un Documento del Santo Padre, presumibilmente nella primavera del 2019.
Con questo lavoro seminariale, dalla presentazione del DP, cercherò di approfondire
la situazione del mondo giovanile in Italia oggi, partendo dalla presentazione, in forma
discorsiva, delle risultanze del questionario proposto ad un campione significativo di gio-
vani, a livello locale, per poi ampliare l’indagine a livello nazionale, proponendo la sintesi
delle risposte al questionario diocesano del DP, elaborata dalla C.E.I., soffermandomi sul
processo di discernimento, analizzando gli snodi fondamentali di una pastorale giovanile
vocazionale, per concludere formulando delle proposte teologico-pastorali su come “ac-
compagnare” i giovani.

1
Sinodo dei Vescovi – XV Assemblea generale ordinaria, Instrumentum laboris (19 giugno 2018), Presentazione, in
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2018/06/19/0458/00978.html#introduzione (ultimo accesso 20
agosto 2018).

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1. I giovani, la fede e il discernimento vocazionale: Documento Preparatorio

1.0 Presentazione

Il DP per il prossimo Sinodo dei vescovi su «I giovani, la fede e il discernimento


vocazionale» ha un testo innovativo; la semplicità dello schema: un’introduzione, tre parti,
che applicano il metodo «vedere-giudicare-agire», e un questionario, si rivela frutto di un
discernimento maturo, e non lo sviluppo di un modello ideale astratto.
Il Documento è impostato secondo il duplice aspetto del dialogo e dell’accompagna-
mento. È significativo che già l’Introduzione sia in forma dialogica e che le prime parole
siano quelle del Signore Gesù, il quale parla direttamente e presenta il suo come un progetto
di felicità per tutti, senza eccezioni: «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la
vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Mettendo al primo posto il Signore che parla, la Chiesa
entra in dialogo con i giovani non soltanto come «maestra» che insegna, ma anche come
«discepola», come Chiesa che «attraverso i giovani, […] potrà percepire la voce del Si-
gnore che risuona anche oggi» (DP, Intr.).
Nel testo seguente, l’atteggiamento e il tono della Chiesa, quando dialoga con i gio-
vani, sono quelli di chi accompagna qualcuno che discerne la propria vocazione. Il ruolo
della «guida spirituale (sarà) rinvia(re) la persona al Signore e prepara(re) il terreno all’in-
contro con Lui (cfr. Gv 3,29-30)» (DP II, 4). In quanto istituzione, la Chiesa si mette
nell’atteggiamento di chi si pone la domanda su come accompagnare bene i giovani e li
incoraggia a essere, a loro volta, protagonisti della propria vocazione e del proprio destino,
facendosi carico della stessa Chiesa che sono chiamati a servire.
In questa ricerca, finalizzata a discernere la volontà di Dio, si usano toni o accenti
diversi. Il tono esortativo, che deriva dalle sfide del Signore, è per tutti. Il Documento ri-
serva invece a se stesso il tono precettivo, e le domande di critica costruttiva le pone alla
Chiesa in quanto “pastora” e maestra (cfr. DP III, 1); e quando si rivolge direttamente ai
giovani, il tono è prevalentemente di riconoscimento e apprezzamento, di incoraggiamento
e consolazione, di invito e di desiderio di ascoltarli.
Interessante notare che nel DP non si parte dal problema della necessità di vocazioni
sacerdotali e religiose, ma si universalizza la questione vocazionale. Il discernimento vo-
cazionale viene presentato come «un processo progressivo di discernimento interiore e di

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maturazione della fede» (DP, Intr.) riguardante tutti i cristiani, che lungo il cammino, dun-
que nel tempo, devono poter contare sull’aiuto di un saggio accompagnatore. Qui in parti-
colare si può riconoscere il ruolo della Chiesa.
Ecco dunque che infine si affronta la questione dell’«azione pastorale». Viene rivolta
una domanda impegnativa alla Chiesa stessa: «Che cosa significa per essa accompagnare i
giovani ad accogliere la chiamata alla gioia del Vangelo?». Le tracce proposte dal testo per
una possibile risposta permettono anche di rendere concreto il profilo ideale di colui che
accompagna i giovani.
Riprendendo la lettura del testo del DP, nel paragrafo Sulle orme del discepolo
amato, viene proposta «come ispirazione al percorso che inizia un’icona evangelica: Gio-
vanni, l’apostolo. Nella lettura tradizionale del Quarto Vangelo egli è sia la figura esem-
plare del giovane che sceglie di seguire Gesù, sia “il discepolo che Gesù amava” (Gv 13,23;
19,26; 21,7). Questa figura è stata scelta perché «la figura di Giovanni ci può aiutare a
cogliere l’esperienza vocazionale come un processo progressivo di discernimento interiore
e di maturazione della fede, che conduce a scoprire la gioia dell’amore e la vita in pienezza
nel dono di sé e nella partecipazione all’annuncio della Buona Notizia» (DP Intr.).

1.1 I giovani nel mondo di oggi

Nel primo capitolo, intitolato I giovani nel mondo di oggi, vengono delineate «som-
mariamente alcune dinamiche sociali e culturali del mondo in cui i giovani crescono e
prendono le loro decisioni, per proporne una lettura di fede».
Il primo capitolo guarda al mondo giovanile, «non si tratta di un’analisi completa
della società e del mondo giovanile, ma tiene presenti alcuni risultati delle ricerche in am-
bito sociale utili per affrontare il tema del discernimento vocazionale». In questo capitolo
viene evidenziato il fatto che non esistono i giovani in modo astratto e sempre uguale, ma
ci sono una pluralità di mondi giovanili, molto differenti tra di loro in base ai diversi con-
testi. Esiste una pluralità di mondi giovanili: «il termine “giovani” indica le persone di età
compresa all’incirca tra 16 e 29 anni, nella consapevolezza che anche questo elemento
richiede di essere adattato alle circostanze locali. In ogni caso è bene ricordare che la gio-
vinezza, più che identificare una categoria di persone, è una fase della vita che ciascuna
generazione reinterpreta in modo unico e irripetibile» (DP I, Intr.).

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Il mondo è caratterizzato dal cambiamento veloce in un contesto di fluidità e incer-
tezza mai accaduto precedentemente, che chiede una riflessione e una programmazione a
lungo termine, «facendo attenzione alla sostenibilità e alle conseguenze delle scelte di oggi
in tempi e luoghi remoti. La crescita dell’incertezza incide sulla condizione di vulnerabilità,
cioè la combinazione di malessere sociale e difficoltà economica, e sui vissuti di insicu-
rezza di larghe fasce della popolazione» (DP I, 1). L’incertezza e la fluidità sono dovute
anche allo scientismo e all’intreccio tra paradigma tecnocratico e facile ricavo che portano
a una sempre maggiore solitudine. Inoltre, non vanno dimenticate la multiculturalità e multi
religiosità attuale.
«Chi è giovane oggi vive la propria condizione in un mondo diverso dalla genera-
zione dei propri genitori e dei propri educatori» (DP I, 2). La sfida della multiculturalità
attraversa in modo particolare le nuove generazioni, in equilibrio tra globalizzazione e lo-
calizzazione d’origine. L’attenzione è rivolta alle conseguenze di vita di tanti giovani co-
stretti alle diverse periferie socio-culturali-religiose: «troppi sono nel mondo coloro che
passano direttamente dall’infanzia all’età adulta e a un carico di responsabilità che non
hanno potuto scegliere. Spesso le bambine, le ragazze e le giovani donne devono affrontare
difficoltà ancora maggiori rispetto ai loro coetanei» (DP I, 2).
Vengono inoltre analizzati gli aspetti che caratterizzano il mondo giovanile: com-
plessità, vulnerabilità, flessibilità, precarietà e quel fenomeno preoccupante dei NEET [Not
(engaged) in Education, Employment or Training, cioè giovani non impegnati nello studio,
né nel lavoro né nella formazione].
«Oltre che nella passività, la mancanza di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità
può manifestarsi in una eccessiva preoccupazione per la propria immagine e in un arren-
devole conformismo alle mode del momento» (DP I, 2).
Un altro tratto che accomuna ragazzi e ragazze a livello globale è «il bisogno di
figure di riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in
cui mettere alla prova la capacità di relazione con gli altri» (DP I, 2). I giovani cercano
ancora figure di riferimento adulte purché vi sia un confronto alla pari. Per molti versi gli
adulti tendono a iperproteggere o ad allontanarsi.

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Nei confronti delle istituzioni sussiste una prevalente sfiducia, indignazione e indif-
ferenza. Questo riguarda anche la Chiesa che vorrebbero più vicina alla gente, più attenta
ai problemi sociali; questo avviene in una situazione in cui i giovani cominciano a vivere
non «contro» Dio, ma «senza» Dio e «senza» la Chiesa, affidandosi poi a religiosità e spi-
ritualità alternative. In molte realtà poi la Chiesa è sempre meno presente a favore della
cultura consumistica e individualistica attuale.
«Le giovani generazioni sono oggi caratterizzate dal rapporto con le moderne tecno-
logie della comunicazione e con quello che viene normalmente chiamato “mondo virtuale”,
ma che ha anche effetti molto reali. […] È tuttavia di grande importanza mettere a fuoco
come l’esperienza di relazioni tecnologicamente mediate strutturi la concezione del
mondo, della realtà e dei rapporti interpersonali e con questo è chiamata a misurarsi
l’azione pastorale, che ha bisogno di sviluppare una cultura adeguata» (DP I, 2).
Senza abusare di luoghi comuni, il DP riprende lo sguardo positivo del Concilio che
tratta i giovani come persone mature. L’atteggiamento e il tono della Chiesa che accompa-
gna qualcuno nel discernere la propria vocazione, andando incontro ai giovani «lì dove
sono», nello stesso modo in cui il Papa invita ad accogliere le famiglie «come sono». Di
fronte alla provvisorietà delle decisioni che caratterizza il mondo di oggi, l’unico «consi-
glio» che il Papa dà, è: «Rischia! Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”. Bene-
detto il Signore! Sbaglierai di più se tu rimani fermo» (DP I, 2).
La pedagogia di Francesco non umilia i giovani per i loro limiti, laddove essi sono
più fragili (per esempio, nel dominare le passioni), ed è invece esigente e audace laddove
sta la loro forza: giocarsi tutto per un ideale.

1.2 Fede, Discernimento, Vocazione

Il secondo capitolo tratta il tema: Fede, Discernimento e Vocazione, focalizzando


l’attenzione sui «passaggi fondamentali del processo di discernimento, che è lo strumento
principale che la Chiesa sente di offrire ai giovani per scoprire, alla luce della fede, la
propria vocazione» (DP, Intr.).
In questo capitolo si entra nel vivo del tema oggetto del Sinodo, analizzando come a
queste giovani generazioni serva un’attenzione particolare che li aiuti ad impiegare al

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meglio la loro libertà, un aspetto, questo, su cui sono fragili e dunque nasce l’esigenza della
custodia, dell’accompagnamento e del discernimento. «La Chiesa vuole ribadire il proprio
desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso»
(DP II, Intr.). Ognuno di noi nasce tre volte: naturalmente, nel battesimo, nel passare alla
vita eterna. Ognuno di noi è chiamato a custodire e aiutare a custodire questo percorso,
sull’esempio di San Giuseppe, uomo mite, ma deciso: custodire deve essere la parola
chiave per accompagnare i giovani. Il discernimento vocazionale è «quel processo con cui
la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito,
le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita. Se l’interrogativo su come non
sprecare le opportunità di realizzazione di sé riguarda tutti gli uomini e le donne, per il
credente la domanda si fa ancora più intensa e profonda. […] Come vivere la buona notizia
del Vangelo e rispondere alla chiamata che il Signore rivolge a tutti coloro a cui si fa in-
contro: attraverso il matrimonio, il ministero ordinato, la vita consacrata? E qual è il campo
in cui si possono mettere a frutto i propri talenti: la vita professionale, il volontariato, il
servizio agli ultimi, l’impegno in politica?» (DP II, 2).
Nel capitolo la Fede, «fonte del discernimento vocazionale», viene considerata non
come mero assenso intellettuale a formule dogmatiche, bensì come «partecipazione al
modo di vedere di Gesù» e come lo sfociare di questa in «scelte di vita concrete e coerenti»
(Doc. II, 1). Lo spazio di questo ascolto e di questo dialogo è la coscienza, «il nucleo più
segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità»
(Doc. II, 1; cfr. GS 16). In questa sezione sulla Fede spiccano due convinzioni: la prima è
che la coscienza è un elemento insostituibile nella valutazione morale; la seconda è che la
libertà non perde mai del tutto la capacità radicale di riconoscere il bene e di attuarlo.
Il discernimento è considerato un processo che si sviluppa nel tempo, progressiva-
mente in tre tappe, ognuna di esse è associata ai tre verbi di EG 51 «riconoscere - interpre-
tare - decidere»:
1. Riconoscere. «Riconoscere richiede di far affiorare questa ricchezza emotiva e
nominare queste passioni senza giudicarle. Richiede anche di cogliere il “gusto”
che lasciano, cioè la consonanza o dissonanza fra ciò che sperimento e ciò che
c’è di più profondo in me» (DP II, 2). Col verbo «riconoscere» il Papa esprime la

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sua visione positiva della realtà. Avere il coraggio di percepire tutto ciò che si
sente, senza paura, è essenziale per poi essere in grado di interpretarlo e di sce-
gliere bene. Avere il coraggio di riconoscere ciò che si sente è essenziale per
riuscire a maturare. «Per l’essere umano non è sempre facile riconoscere la forma
concreta di quella gioia a cui Dio lo chiama e a cui il suo desiderio tende» (DP II,
1). Occorre «darsi gli strumenti per riconoscere la chiamata del Signore alla gioia
dell’amore e scegliere di darvi risposta» (DP II, 4). Il riconoscimento richiede
«esperienza personale» (ib.). Perciò sarà necessario l’accompagnamento di per-
sone competenti. I giovani cercano referenti vicini, credibili, coerenti e onesti,
che li aiutino a «riconoscere i limiti, senza far pesare il giudizio» (DP I, 2);
2. Interpretare. «Non basta riconoscere ciò che si è provato: occorre “interpretarlo”,
o, in altre parole, comprendere a che cosa lo Spirito sta chiamando attraverso ciò
che suscita in ciascuno» (DP II, 2). Nell’interpretazione che discerne è essenziale
sapere «dove mi porta» una mozione, più che «da dove viene» o «che cos’è».
«Questo lavoro di interpretazione si svolge in un dialogo interiore con il Signore,
con l’attivazione di tutte le capacità della persona; l’aiuto di una persona esperta
nell’ascolto dello Spirito è pero un sostegno prezioso che la Chiesa offre e di cui
è poco accorto non avvalersi» (DP II, 2);
3. Scegliere. Francesco parla sempre di «concretezza». Scegliere è concretizzare.
È anche «rischiare», e poi «farsi carico di ciò che si è desiderato e scelto» con
maturità responsabile. La scelta è esercizio di autentica libertà umana e di respon-
sabilità personale; «Promuovere scelte davvero libere e responsabili, spoglian-
dosi da ogni connivenza con retaggi di altri tempi, resta l’obiettivo di ogni seria
pastorale vocazionale. Il discernimento ne è lo strumento principe, che permette
di salvaguardare lo spazio inviolabile della coscienza, senza pretendere di sosti-
tuirsi ad essa» (DP II, 2; cfr. AL 37). La decisione richiede di essere messa alla
prova dei fatti in vista della sua conferma; va vissuta anche a rischio di sbagliare.

Il discernimento vocazionale è un processo lungo, che si snoda nel tempo, durante il


quale continuare a vigilare sulle indicazioni del Signore perché ogni vocazione è personale

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e irripetibile. «Il contatto con la povertà, la vulnerabilità e il bisogno rivestono grande im-
portanza nei percorsi di discernimento vocazionale. Per quanto riguarda i futuri pastori, è
opportuno soprattutto vagliare e promuovere la crescita della disponibilità a lasciarsi im-
pregnare dall’“odore delle pecore”» (DP II, 3).
Alla base del discernimento sono indicati tre punti fondamentali della vita umana
riletti alla luce dello Spirito: lo Spirito di Dio agisce nel cuore di ogni persona; il cuore
umano si trova normalmente diviso a causa del peccato; il percorso della vita impone il
decidere. (cfr. DP II, 4)
«Tra questi strumenti, la tradizione spirituale evidenzia l’importanza dell’accompa-
gnamento personale. Per accompagnare un’altra persona non basta studiare la teoria del
discernimento; occorre fare sulla propria pelle l’esperienza di interpretare i movimenti del
cuore per riconoscervi l’azione dello Spirito, la cui voce sa parlare alla singolarità di cia-
scuno. L’accompagnamento personale richiede di affinare continuamente la propria sensi-
bilità alla voce dello Spirito e conduce a scoprire nelle peculiarità personali una risorsa e
una ricchezza» (DP II, 4). Sta qui la differenza tra l’accompagnamento al discernimento e
il sostegno psicologico, che pure, se aperto alla trascendenza, si rivela spesso di importanza
fondamentale. Lo psicologo sostiene la persona nelle difficoltà e la aiuta a prendere con-
sapevolezza delle sue fragilità e potenzialità; la guida spirituale rinvia la persona al Signore
e prepara il terreno all’incontro con Lui (cfr. Gv 3,29 ss.).
«I brani evangelici che narrano l’incontro di Gesù con le persone del suo tempo met-
tono in luce alcuni elementi che ci aiutano a tracciare il profilo ideale di chi accompagna
un giovane nel discernimento vocazionale: lo sguardo amorevole (la vocazione dei primi
discepoli, cfr. Gv 1,35-51); la parola autorevole (l’insegnamento nella sinagoga di Cafar-
nao, cfr. Lc 4,32); la capacità di “farsi prossimo” (la parabola del buon samaritano, cfr. Lc
10, 25-37); la scelta di “camminare accanto” (i discepoli di Emmaus, cfr. Lc 24,13-35); la
testimonianza di autenticità, senza paura di andare contro i pregiudizi più diffusi (la la-
vanda dei piedi nell’ultima cena, cfr. Gv 13,1-20)» (DP II, 4). La Chiesa è chiamata ad
accompagnare, non a impadronirsi della fede dei giovani. Ecco perché è importante invo-
care la luce dello Spirito Santo.

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1.3 L’azione pastorale

Il terzo capitolo ha come titolo L’azione pastorale e fa riferimento ad una fase pro-
gettuale, a cui viene dato un orientamento preciso che riguarda l’inclusione reciproca tra la
pastorale giovanile e quella vocazionale. In esso «si mettono a tema gli snodi fondamentali
di una pastorale giovanile vocazionale» (DP Intr.), evidenziando i soggetti, i luoghi e gli
strumenti dell’azione pastorale.
Non possiamo attendere che i giovani vengano a noi, siamo chiamati a uscire per
incontrarli là dove sono; l’abbandono post cresima è un chiaro segnale di questa esigenza:

Accompagnare i giovani richiede di uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli lì dove sono, adeguan-
dosi ai loro tempi e ai loro ritmi; significa anche prenderli sul serio nella loro fatica a decifrare la realtà in cui vivono
e a trasformare un annuncio ricevuto in gesti e parole, nello sforzo quotidiano di costruire la propria storia e nella
ricerca più o meno consapevole di un senso per le loro vite. […] Per questo, come ha ricordato Papa Francesco, «la
pastorale vocazionale è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e,
guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre» (Discorso ai partecipanti al Convegno
di pastorale vocazionale, 21 ottobre 2016). Camminando con i giovani si edifica l’intera comunità cristiana. 2

È necessario valorizzare la creatività di ogni comunità per costruire proposte capaci di in-
tercettare le richieste dell’oggi:

Non può esserci una semina fruttuosa di vocazioni se restiamo semplicemente chiusi nel «comodo criterio
pastorale del “si è sempre fatto così”», senza «essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli
obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (Evangelii gaudium, 33).
Tre verbi, che nei Vangeli connotano il modo con cui Gesù incontra le persone del suo tempo, ci aiutano a
strutturare questo stile pastorale: uscire, vedere, chiamare3:

1. Uscire. Papa Francesco invita la pastorale «a uscire, anzitutto da quelle rigidità che
rendono meno credibile l’annuncio della gioia del Vangelo […] è segno anche di
libertà interiore da attività e preoccupazioni abituali, così da permettere ai giovani
di essere protagonisti. Troveranno la comunità cristiana attraente quanto più la spe-
rimenteranno accogliente verso il contributo concreto e originale che possono por-
tare» (DP III, 1);

2
DP III, 1
3
Ib.

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2. Vedere:
Uscire verso il mondo dei giovani richiede la disponibilità a passare del tempo con loro, ad ascoltare
le loro storie, le loro gioie e speranze, le loro tristezze e angosce […] Quando i Vangeli narrano gli
incontri di Gesù con gli uomini e le donne del suo tempo, evidenziano proprio la sua capacità di
fermarsi insieme a loro e il fascino che percepisce chi ne incrocia lo sguardo. È questo lo sguardo
di ogni autentico pastore, capace di vedere nella profondità del cuore senza risultare invadente o
minaccioso; è il vero sguardo del discernimento, che non vuole impossessarsi della coscienza altrui
né predeterminare il percorso della grazia di Dio a partire dai propri schemi4;

3. Chiamare:
Lo sguardo di amore di Gesù si trasforma in una parola, che è una chiamata a una novità da acco-
gliere, esplorare e costruire. […] Chiamare vuol dire in primo luogo ridestare il desiderio, smuovere
le persone da ciò che le tiene bloccate o dalle comodità in cui si adagiano. Chiamare vuol dire porre
domande a cui non ci sono risposte preconfezionate. È questo, e non la prescrizione di norme da
rispettare, che stimola le persone a mettersi in cammino e incontrare la gioia del Vangelo5.

Per la pastorale i giovani sono soggetti e non oggetti. Spesso nei fatti essi sono trattati dalla società come
una presenza inutile o scomoda: la Chiesa non può riprodurre questo atteggiamento, perché tutti i giovani,
nessuno escluso, hanno diritto a essere accompagnati nel loro cammino.
Ciascuna comunità è poi chiamata ad avere attenzione soprattutto ai giovani poveri, emarginati ed esclusi
e a renderli protagonisti […] La Chiesa stessa è chiamata ad imparare dai giovani […]6

Tutta la comunità cristiana è responsabile dell’educazione dei giovani e del loro coinvol-
gimento anche negli organismi di guida della Chiesa e molte sono le proposte offerte; «Tal-
volta questa dimensione progettuale lascia spazio all’improvvisazione e all’incompetenza
[…] si impone la necessità di una preparazione specifica e continua dei formatori» (DP III,
2).
Per incontrare tutti i giovani, nessuno escluso, la Chiesa deve avere un atteggiamento
missionario, ma dev’essere anche testimone di ciò che chiede e deve saper indicare figure
di riferimento: «Servono credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida
appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e

4
DP III, 1
5
Ib.
6
Ib.

Pagina 15 di 38
una profonda capacità di discernimento» (DP III, 2) ed occorre formarli e sostenerli con
maggiori competenze pedagogiche:
– Genitori e famiglia, con il ruolo insostituibile ruolo educativo (cfr. AL 259-290);
– Pastori, responsabili della chiamata del Signore a sua volta ricevuta. Ai quali si
richiede in particolare una preparazione specifica e continua, specie quando gli è affidato
«il compito di accompagnatori del discernimento vocazionale in vista del ministero ordi-
nato e della vita consacrata» (DP III, 2);
– Insegnanti e altre figure educative, testimoni di vocazioni umane e cristiane che
possono essere trasmesse ai giovani.
Occorre accompagnare i giovani nei luoghi, specialmente quelli della vita quoti-
diana, dove si diventa adulti. Sono privilegiati i luoghi di impegno sociale, i luoghi in cui
si ascolta il grido dei poveri della terra. Ascoltare e servire i poveri aiuta ad avere un’espe-
rienza spirituale e a discernere il proprio cammino. Tra i luoghi dove incontrare i giovani
hanno specifica importanza «gli ambienti specifici della pastorale», cioè quei luoghi dove
la Chiesa offre un’attenzione particolare per i giovani come la Giornate Mondiale della
Gioventù, gli eventi diocesani, Parrocchie, università e scuole cattoliche, ecc., ed infine,
ma non per importanza, il mondo digitale, questo nuovo areopago, dove i giovani sono i
protagonisti (cfr. DP III, 4).
Il capitolo termina con una riflessione sugli strumenti per fare pastorale, cioè quel
ponte per riuscire ad oltrepassare le difficolta di comprensione che si sono formate, tra la
Chiesa da un lato e le nuove generazioni dall’altro. Sono indicati linguaggi che valorizzino
lo sport e la musica, visti come modalità espressive privilegiate dai giovani, ma soprattutto
il silenzio, la contemplazione e la preghiera, in particolare la Lectio Divina che viene indi-
cata come «un metodo prezioso che la tradizione della Chiesa ci consegna» (DP III,4).
Interessante è ciò che il documento ci invita a seguire in questo percorso di discerni-
mento per la Chiesa, cioè Maria, madre della Chiesa, colei che piena di Grazia ha saputo
dare il suo eccomi al Signore, modello di ogni discepolo. Le due icone che, ad inclusione,
sono state volute da Papa Francesco, sono le stesse che ritroviamo nel Vangelo di Giovanni
ai piedi della Croce, proprio a voler sottolineare che non c’è cammino e discernimento che
non passi per quel ponte fra Cielo e terra (cfr. DP III, 5).

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Conclude il DP un questionario che chiede di raccogliere i dati del proprio territorio,
leggere la propria situazione, condividere le pratiche che si ritengono più interessanti, po-
nendole all’attenzione della Chiesa universale.

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2. La situazione del mondo giovanile in Italia oggi

In questo capitolo, prendendo le mosse, dall’esposizione discorsiva dei risultati


dell’indagine sul campo, effettuata su di un campione significativo di giovani che frequen-
tano o, comunque gravitano attorno la Cattedrale, la parrocchia “Santa Maria La Nova” di
Caltanissetta, si passerà ad illustrare la sintesi delle risposte diocesane al questionario del
DP, fornite dalla C.E.I. alla rivista Note di pastorale giovanile, per concludere analizzando
la situazione del mondo giovanile in Italia proponendo, tra gli altri, quanto emerso dal
recente Rapporto Giovani 2018 – la condizione giovanile in Italia dell’Istituto Giuseppe
Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore dell’Università Cattolica di Milano.

2.1 Il contesto locale

A livello metodologico è stato somministrato il Questionario on line per i giovani, al


campione individuato, prediligendo la forma dialogica per stimolarli ad un confronto alla
pari, mettendoli a loro agio e facendoli sentire ascoltati e non “interrogati”. Il numero dei
giovani presenti nel territorio parrocchiale, ovvero nel centro storico di Caltanissetta, è
notevole, ma nella gran maggioranza si tratta di extracomunitari che non professano la
religione Cattolica. I giovani, per così dire del territorio, che partecipano alla vita parroc-
chiale sono pochi, in confronto anche a quelli che si professano Cattolici, legati ai loro
genitori o parenti parrocchiani, che hanno trasmesso ai propri figli o consanguinei la loro
testimonianza di vocazione umana e cristiana. Sono stati interpellati anche dei ragazzi, un
tempo inseriti nelle dinamiche pastorali della Cattedrale, che vivono nel circondario e, spo-
radicamente, ”vanno a messa”, e quelli, che per motivi lavorativi o di studio, hanno lasciato
la città. Inoltre, la Cattedrale ospita gruppi Scout, tra i quali vi è una discreta presenza
giovanile, provenienti da tutta Caltanissetta.
Il primo dato importante è l’idea di fondo positiva che hanno di se stessi, il desiderio
di cambiamento, di raggiungere degli obiettivi e realizzare i propri sogni che, purtroppo,
stride con la loro limitata capacità relazionale. Avvertono l’esigenza di guide, persone di
riferimento adulte disposte prima di tutto ad ascoltarli ed a non giudicarli a priori e negati-
vamente. Purtroppo, quando a fatica individuano un progetto valido per cui impegnarsi, e
cercano di abbracciare una scelta che coinvolga tutta la vita, e quando intravedono qualcosa

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di solido da costruire e su cui giocarsi l'intera esistenza, i giovani che si sono allontanati
dal contesto parrocchiale, avvertono la mancanza di questi punti di riferimento; soprattutto
soffrono la rottura intergenerazionale, soprattutto con i nonni, del tutto assenti, e meno con
i genitori. Questa caratteristica ha minor incidenza nei pochi giovani che continuano a fre-
quentare la parrocchia e che, nel caso specifico percorrono un cammino Francescano 7 o
fanno parte dell’Azione Cattolica e dei gruppi Scout. Tutti avvertono l’aumentare delle
disuguaglianze sociali ed economiche, e la forbice tra benestanti e poveri, effettivi o po-
tenziali che siano, questo contribuisce a far si che nutrono sfiducia, che spesso si declina
in atteggiamenti di indifferenza e indignazione anche verso le istituzioni, sociali e politiche,
e anche verso la Chiesa, per quanti ormai se ne sono distaccati: tra i 14 e 16 anni, subito
dopo la Cresima, vi è un primo distacco, forse fisiologico, che riguarda la stragrande mag-
gioranza degli adolescenti; si interrompe bruscamente il loro percorso di formazione cri-
stiana; una volta completati gli studi di istruzione secondaria, si verifica un secondo di-
stacco, per proseguire con la formazione universitaria o per motivi di lavoro. Gli interpel-
lati dichiarano di aver frequentato i riti religiosi, almeno una volta alla settimana, all’età di
12 anni e, attualmente, almeno una volta al mese, fatta eccezione per quanti inseriti in
gruppi parrocchiali.
La maggior parte di questi ragazzi pensa che l’istruzione scolastica serva ad imparare
a stare con gli altri, a saper affrontare la vita e, solo in ultima istanza, ad aumentare le
conoscenze e abilità personali, per trovare più facilmente un lavoro. Vivono ancora con la
famiglia di origine, fatta eccezione per coloro che studiano fuori sede, e ritengono che l’età
più adatta per avere dei figli sia intorno ai 30 anni, età adeguata anche per lasciare la propria
famiglia. Tutti all’unanimità sono disposti ad andare a vivere fuori, sia che si tratti di una
città lontana sia un altro stato, e il motore che spinge a fare delle scelte così serie, è quello
di considerare la mobilità un’opportunità di miglioramento della propria condizione attuale
e soprattutto una necessità per chi vive in una realtà senza prospettive lavorative. Difatti,
quanti non sono impegnati nello studio, sono in cerca di una prima occupazione; hanno
un’idea pessimistica del lavoro che considerano una fonte di fatica e di stress, ma nello
stesso tempo necessario in quanto strumento diretto a procurare reddito e un modo per

7
In Cattedrale è presente il Terz’Ordine Francescano.

Pagina 19 di 38
affrontare il futuro. Disoccupazione e emigrazione sono due realtà dilaganti e connesse tra
di esse: come in tutto il territorio nisseno, anche in Cattedrale, assistiamo allo spopola-
mento dai giovani, sia legato a motivazioni universitarie che lavorative. I laureati tendono
maggiormente ad espatriare rispetto a chi ha un livello di istruzione più basso, avendo
maggiori risorse e possibilità per farlo, ma la propensione ad andarsene, legata a difficoltà
oggettive di trovare lavoro, è sentita tra tutti i giovani. Emblematica è la loro numerosa
presenza nelle celebrazioni liturgiche connesse ai periodi di interruzione delle attività la-
vorative e universitarie (Natale, Pasqua, ecc.).
Dio o la sua idea non è esclusa totalmente, persiste una domanda religiosa e anche
una tendenza a vivere questa dimensione in maniera individualistica ed emotiva: la rela-
zione con Dio è vissuta in maniera molto soggettiva ed è intrecciata con i propri stati d'a-
nimo e la propria situazione emotiva; comunque si professano all’unanimità Cattolici e
Gesù è per loro un maestro di vita, uno che mi vuole bene e, per i più inseriti nella Chiesa,
il Figlio di Dio.
La parola vocazione è prevalentemente associata alla vita consacrata e al sacerdozio.
Questi ragazzi hanno preso parte, almeno una volta, a manifestazioni di piazza, marce,
raccolte di firme, petizioni ed esperienze di volontariato. Questa tendenza al volontariato è
una nota positiva in quanto costituisce un utile bagaglio di arricchimento interiore.
Reclamano dei “testimoni veri” in una società fragile, liquida e frammentata: la cat-
tiva testimonianza dei ministri di culto e dei laici, che a volte si ha, comporta un
allontanamento del giovane dalla realtà ecclesiale. Unanime e al primo posto vi è
l’apprezzamento della Chiesa Cattolica per le attività sociali e caritative, assente quello
per le celebrazioni liturgiche. Chiedono che la Chiesa Cattolica sia attenta ai problemi so-
ciali, maggiore coerenza morale tra i comportamenti e i valori affermati, ma principalmente
un linguaggio più adatto al mondo contemporaneo. Questa viene compresa, anche a volte
dai giovani in essa inseriti, come un ricettacolo di verità di altri tempi, un sistema conser-
vatore di una dottrina morale fine a se stessa, e un apparato burocratico freddo e distante
dalla vita reale delle persone.
I giovani vedono con riluttanza gli ambienti ecclesiastici, pur avendoli frequentati
per anni, in particolar modo gli oratori, e preferiscono trascorrere il loro tempo libero in:

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bar, sala giochi, paninoteche e, purtroppo, nella solitudine degli ambienti virtuali rima-
nendo da soli fra le quattro mura di una stanza. Sembra non possano più fare a meno del
web e dei social media. Difatti oggi, se non si ha un profilo Facebook, Instagram, Twitter,
WhatsApp, o altre cose simili, ci si sente tagliati fuori dal mondo, come degli esclusi ed
emarginati, ci si percepisce come assenti e non presenti, inesistenti. Trascorrono una
enorme quantità di tempo sui social network, di fatto si dichiarano sempre connessi, così
da avere l'impressione di accrescere le relazioni e dilatare enormemente le conoscenze, ed
esistere di più, mentre in realtà corrono il rischio di isolarsi dalla quotidianità e di non avere
relazioni reali oltre che quelle virtuali: dichiarano in massa che stare sui social network è
necessario per non essere esclusi dal rapporto con gli altri.
Questo esemplifica la Generazione Y, conosciuta più comunemente come Millenial
generation, la più studiata dagli esperti di marketing, la generazione del nuovo millennio,
coloro che sono nati nel mondo digitale, e sono cresciuti nel "liquido amniotico " della
tecnologia e della rete. Vengono anche descritti come Generazione i-Phone, ossia come
giovani curvi sullo smartphone, sempre con la testa bassa e le mani sulla tastiera di cellu-
lari, tablet e soprattutto i-phone, e osservano il mondo dallo schermo di questi strumenti
digitali piuttosto che con i propri occhi, spesso isolandosi dalla realtà e incapaci di stabilire
relazioni umane durature, autentiche e profonde: il problema maggiore è relazionale.

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2.2 Il contesto nazionale

Dall’immagine che i giovani hanno dato di loro stessi, anche se a livello locale, pas-
siamo alla percezione che si ha di loro, desunta dalla sintesi alle risposte diocesane al que-
stionario del DP, fornita dalla C.E.I.8 e pubblicata dalla rivista Note di pastorale giovanile,

8
Conferenza Episcopale Italiana, Sintesi delle risposte diocesane al questionario in preparazione al Sinodo
2018 su: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, in “Note di pastorale giovanile” (gennaio 2018) n. 1,
2018, LII, pp. 5- 30. Interessanti sono i dati della sezione 1. Raccogliere i dati, Ivi, pp. 5 – 10:
Nascite al minimo storico. Non si ferma il calo della natalità in Italia. Il fenomeno, iniziato nel 2008, raggiunge un picco negativo
nel 2015, facendo conseguire all'Italia il primato del più basso numero di nascite tra tutti i Paesi europei. Nel 2015, infatti, i neonati
sono stati solo 8 ogni 1.000 residenti contro una media a livello europeo di 10.
Più morti che nati, il record italiano. Il saldo naturale degli italiani (nati meno morti) è di segno negativo. Se si confrontano i
dati su natalità e mortalità, si vede come al calo delle nascite è corrisposto un forte aumento dei decessi. Dal 2007, infatti, i nati
sono costantemente inferiori ai morti. Nel 2015 poi l'Italia tocca il minimo storico con 4 decessi ogni nuovo nato (-25%).
Sempre meno donne diventano madri. L'Italia è fanalino di coda rispetto al resto d'Europa anche per quanto riguarda la fecondità.
Il numero di figli per donna è di 1,35 (anno 2015). Non è il più basso dell'ultimo millennio: nel 2001 abbiamo toccato quota 1,25
figli per donna. L'aumento delle donne che non avranno mai figli è un dato drammatico rispetto alla media europea.
Matrimoni, si alza l'età del sì. Le nozze in Italia sono sempre più tardive e aumenta l'età media degli sposi. Nel 2000, infatti, le
donne italiane si sposavano per la prima volta a circa 27-28 anni. A distanza di soli 15 anni l'età media del primo matrimonio è
salita a oltre 32 anni. Anche per gli uomini la situazione è in netta e continua crescita: nel 2000 si sposavano a circa 31 anni, mentre
quindici anni dopo, si sposano mediamente a 35 anni.
Quelli che... restano con mamma e papà. Sempre più prolungata la permanenza dei giovani nella famiglia di origine. In Italia,
mediamente, l'età di uscita dalla casa dei genitori è a 30,1 anni. Questo risultato colloca il nostro Paese al quarto posto in Europa.
dove la media si attesta a 26,1 anni di età.
L'Italia non è un paese per giovani. Il nostro Paese Il nostro Paese cresce poco perché mancano le nuove leve. 11 trend parla
chiaro: in Italia, nell'arco di 18 anni abbiamo perso quasi 2 milioni di giovani. Nel 2000 rappresentavano il 18,6% della popolazione,
nel 2016 poco più del 14%. Anche l'Europa non è immune da questa tendenza, sebbene in maniera meno vigorosa che in Italia. Nel
2016 alla Spagna e all'Italia spetta il triste primato delle nazioni con la più bassa presenza di giovani.
Istruiti sì, ma meno rispetto agli altri paesi. Sebbene gli indicatori che misurano il livello di istruzione dei giovani in Italia siano
in continua crescita, rimane ancora invariato il gap con il resto d'Europa. I giovani italiani che si laureano sono in media quasi la
metà dei laureati e post laureati dell'Unione Europea. In particolare, i giovani dai 16 ai 29 anni che nel 2016 risultano in possesso
di un titolo di istruzione terziario (Laurea, Master o Dottorato) sono nettamente inferiori alla media europea e secondi solo alla
Romania.
Pochi ma buoni, quelli che studiano. Mentre in Italia nel triennio 2013-2015 rimane costante il numero dei giovani (dai 16 ai 29
anni) iscritti a una scuola o ad altri corsi, in Europa il numero cresce in maniera significativa. Nel nostro Paese, infatti, sono circa
3 milioni quelli che studiano, il 37% circa dell'intera popolazione giovanile italiana. In Europa la percentuale media sale al 41,6%.
Giovani in... famiglia. Senza lavoro né autonomia, si resta in famiglia. I giovani italiani under 29 anni scelgono di stare a casa con
i genitori per motivi affettivi, ma soprattutto per questioni economiche e sociali. In Italia nel 2013 (ultimo dato a disposizione) oltre
1.82% dei giovani under 29 viveva ancora in famiglia. Percentuale in leggera ma continua crescita anche nel quadriennio 2010-
2013. Chi ha pagato il conto più salato della crisi sono proprio i giovani italiani compresi nella fascia di età dai 15 ai 29 anni. A
partire dal 2015, in realtà, si intravedono alcuni piccoli segnali positivi ma in nessun Paese europeo come l'Italia, a parte la Grecia
e forse la Spagna, la situazione del lavoro appare così critica.

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della quale proporrò le parti che ritengo significative, seguendo lo schema del questionario
per le 15 domande generali:

a) Giovani, Chiesa e società

1. In che modo ascoltate la realtà dei giovani?

L’ascolto dei giovani da parte delle realtà ecclesiali avviene generalmente secondo due modalità:
• in luoghi e contesti informali. Si tratta delle opportunità offerte da incontri occasionali, momenti di
svago e di fraternità, cultura. sport e musica, iniziative di solidarietà […];
• in modo intenzionale e strutturato. Rientrano in questo gruppo i percorsi formativi promossi nelle par-
rocchie, negli oratori, associazioni e nei movimenti; le iniziative di pastorale giovanile delle Diocesi e degli
istituti religiosi […].

Calo degli occupati, il primato spetta ai giovani. Le rilevazioni per fascia di età parlano chiaro: quella giovanile tra i 15 e i 29
anni in Italia ha perso oltre 1 milione e 500mila posti di lavoro dal 2004 al 2016. Nel 2004 il 42,8% dei giovani under 29 lavorava,
nel 2016 lavora solo il 29,7%. Molto diversa la situazione in Europa dove nel decennio 2006-2016 circa 1 giovane su 2 ha conti-
nuato a lavorare. Manifatturiere, commercio all'ingrosso e al dettaglio, alloggio e ristorazione sono le attività dove maggiormente
sono impiegati i giovani italiani.
Disoccupati in forte aumento, il vero deficit italiano. Più alta della media europea anche l'incidenza dei giovani disoccupati. Tra
il 2005 e il 2011 la situazione italiana era migliore rispetto a quella europea ma, a partire dal 2012, la quota dei giovani dai 15 ai
29 anni disoccupati è andata sempre peggiorando, mostrando dei lievi segni di ripresa solo negli ultimi due anni. Stesso discorso
vale se consideriamo il tasso di disoccupazione: l'indicatore che misurare la discrepanza sul mercato del lavoro dovuto ad un
eccesso di offerta rispetto alla domanda. L'Italia è seconda solo la Grecia e alla Spagna.
Generazione "NEET". I giovani italiani, proprio a causa della difficoltà a trovare lavoro, risultano essere più pessimisti e sfiduciati
dei loro coetanei europei. Siamo il paese europeo con la più alta presenza di NEET ("Not in Education, Employment or Training",
ossia giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non nno un lavoro, non sono impegnati in corsi di formazione o aggiornamento
professionale) e questo dato pesa come un macigno sul nostro futuro. Nel 2004, primo anno disponibile, la quota dei NEET era
pari al 19,6%. La percentuale è scesa al 18,8% fino al 2007, ma a partire dal 2008 è risalita vertiginosamente fino al 2014, raggiun-
gendo quota 26,2%. Solo nel 2015 e 2016 il valore è tornato a diminuire. Ma nell'ultimo anno, un ragazzo su quattro tra i 15 e i 29
anni non lavorava, non studiava, né si aggiornava o si formava.
I giovani a rischio povertà o esclusione sociale. Eurostat definisce a rischio di povertà quelle persone o quei nuclei familiari in
cui non si raggiunge il 60% del livello mediano di reddito disponibile, che sia proveniente da salari o da altre fonti di reddito.
L'Italia non è il Paese in cui il fenomeno è più grave, ma quello che è inquietante è il trend in forte aumento a partire dal 2010 che
colpisce i giovani italiani dai 15 ai 29 anni. Un incremento in pochi anni di oltre mezzo milioni di giovani.

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Inoltre, viene dato rilievo alle occasioni di ascolto dei giovani che sono offerte dalla scuola e dall'università,
e in particolare dall'insegnamento scolastico della religione cattolica. Anche le nuove tecnologie sono citate
come spazi aperti all'incontro e all'ascolto, che avviene mediante la presenza delle realtà ecclesiali nel web,
l'uso delle chat e dei social network […]9.

2. Quali sono le sfide principali e quali le opportunità più significative per i giovani del
vostro Paese/dei vostri Paesi oggi?

La sfida più rilevante che i giovani incontrano oggi è quella relativa alla costruzione del loro futuro, soprat-
tutto dal punto di vista del lavoro e di scelte stabili di vita quali la formazione di una propria famiglia. […]
Per la comunità cristiana ciò richiede di accettare la responsabilità di accompagnare le persone nel difficile
cammino verso la maturità, affiancandole nel tempo della formazione, della ricerca e anche in quello dell'in-
certezza, della delusione e del sacrificio. Tali sfide, che possiamo sintetizzare con l'espressione "identità,
libertà e discernimento", sono appesantite da situazioni di solitudine e di sfiducia, dalla fragilità delle figure
educative e da contesti socio-economici che spingono a lasciare la propria terra d'origine. Anche i giovani
subiscono l'influenza di logiche clientelari, consumistiche o di deresponsabilizzazione. […] Particolar-
mente avvertite sono le difficoltà nelle relazioni con il mondo adulto e quelle relative alla dimensione af-
fettiva, su cui si ripercuotono le dinamiche tipiche di una società iper-mediale in i prevalgono l'aspetto
emotivo e i vissuti occasionali, col risulto che l'affettività non di rado è banalizzata e si indebolisce il legame
con la fecondità e la generatività. Da questo punto di vista la sfida è quella di educare all'amore in chiave
di integralità, responsabilità, di reciprocità, di vocazione al dono di sé. […] le opportunità più significative
"sono le domande stesse che i giovani pongono alla società, la loro creatività, la capacità di mettersi insieme
e di accogliere le diversità"10.

3. Quali tipi e luoghi di aggregazione giovanile, istituzionali e non, hanno maggior suc-
cesso in ambito ecclesiale, e perché?

I principali luoghi ecclesiali in cui i giovani fanno esperienza di vita cristiana sono le parrocchie. Qui essi
trovano generalmente un contesto che risponde al loro bisogno di appartenenza e di aggregazione, di pro-
tagonismo e di creatività. […] Un altro luogo molto apprezzato di educazione dei giovani è l'oratorio, che
è una proposta in grado di rivolgersi a tutte le dimensioni della crescita umana e di valorizzare diversi
linguaggi: quello musicale, teatrale, sportivo, cinematografico, artistico, tecnologico. […] Anche le scuole

9
Conferenza Episcopale Italiana, Sintesi delle risposte diocesane al questionario in preparazione al Sinodo
2018, op. cit., pp. 11 – 12.
10
Ivi, pp. 12-14.

Pagina 24 di 38
e le università cattoliche, là dove presenti, rivestono un ruolo importante nell'educazione delle fasce giova-
nili11.

4. Quali tipi e luoghi di aggregazione giovanile, istituzionali e non, hanno maggior suc-
cesso fuori dall’ambito ecclesiale, e perché?

I principali spazi di aggregazione giovanile al di fuori del contesto ecclesiale sono quelli che si riferiscono
al tempo libero e alla sfera del divertimento, a cominciare dallo sport e dalla musica. Ampia è la frequen-
tazione di palestre, società sportive, piazze, bar, discoteche e locali aperti nelle ore notturne, centri com-
merciali e, con una tendenza segnalata purtroppo in crescita, i centri scommesse.
Oltre a questi luoghi, i giovani si incontrano nelle "piazze digitali" costituite dai social network e dalle
piattaforme on line. […] Una piccola parte della popolazione giovanile partecipa ad aggregazioni di carat-
tere politico. […]12

5. Che cosa chiedono concretamente i giovani del vostro Paese/i alla Chiesa oggi?

I giovani chiedono una Chiesa che sia autenticamente madre, che mostri cioè vicinanza, accoglienza e
ascolto, e sia disposta a "perdere tempo" per loro. Desiderano una Chiesa che sia "casa" con la porta
aperta e che offra dunque spazi d'incontro e di dialogo […]. Un'altra forte richiesta riguarda la necessità di
una maggiore sobrietà e trasparenza, di coerenza e credibilità da parte dei membri della Chiesa,
soprattutto di chi riveste responsabilità di guida. Inoltre, i giovani chiedono di essere sostenuti nel loro
cammino di vita, senza essere giudicati pregiudizialmente, e di poter vivere una fede esperienziale. Cer-
cano una liturgia viva, spazi di comunicazione più profonda con i preti, relazioni gratuite e basate
sulla fiducia. Si aspettano di incontrare educatori appassionati e di essere coinvolti attivamente nella vita
ecclesiale. […] ritengono fondamentale rinnovare il linguaggio ecclesiale, in modo che sia comprensibile
a tutti, semplice, legato al quotidiano. […] Sentono forte l'esigenza di radicalità e libertà, incarnate da
una Chiesa che non si riduca a struttura di potere e comunichi chiaramente la gioia e l'amore che le
provengono dal Vangelo13.

6. Nel vostro Paese/i quali spazi di partecipazione hanno i giovani nella vita della co-
munità ecclesiale?

È prassi diffusa prevedere la presenza giovani all'interno dei consigli pastorali e di altri organismi di parr-
tecipazione a livello parrocchiale, zonale, diocesano. […] I limiti che da alcune parti vengono segnalati è
che si tratta, in diversi casi, di luoghi distinti e "paralleli" da quelli degli adulti, e che si tratta di mansioni

11
Ivi, p. 14.
12
Ivi, pp. 15-16.
13
Ivi, pp. 16-17.

Pagina 25 di 38
per lo più esecutive e non di piena corresponsabilità. […] È grande il numero dei giovani con ruoli di
catechisti nel percorso dell'iniziazione cristiana, di educatori dei ragazzi, di animatori della liturgia e della
carità, dello sport e del tempo libero14.

7. Come e dove riuscite a incontrare i giovani che non frequentano i vostri ambienti
ecclesiali?

I luoghi che maggiormente consentono di incontrare i giovani che non frequentano gli ambienti ecclesiali
sono la scuola - in particolare grazie all'insegnamento della religione cattolica (Irc) - e l'università, in cui
operano diverse realtà ecclesiali: cappellanie, centri pastorali, collegi, movimenti e associazioni cattoliche
di studenti. Risulta più difficile trovare modalità efficaci di incontro nel mondo del lavoro e del diverti-
mento, pur essendoci diversi progetti avviati.
Altre occasioni importanti sono quelle offerte dai corsi di preparazione al sacramento del matrimonio e
della cresima (per coloro che non l'hanno ricevuta nel corso dell'adolescenza) e dalle attività di associazioni
ecclesiali considerate "di frontiera", come quelle sportive o di stampo caritativo. Risultano positivi i contatti
con i giovani tramite gli ambienti digitali (social network. chat, ecc.) e le iniziative di carattere espressivo
(musicali, teatrali, multimediali, ecc.).
In alcune Diocesi emergono esperienze di "missioni (dei giovani) ai giovani" e di "evangelizzazione di
strada" condotte in piazze spiagge, feste, ecc. Altre occasioni di incontro sono quelle facilitate dalle colla-
borazioni che si instaurano tra le Chiese locali e "progetti giovani" comunali, i consultori e i centri di ag-
gregazione giovanile promossi dagli enti pubblici.
È generalizzato il riconoscimento della difficoltà di incontrare giovani "nei loro luoghi". […] A poter in-
contrare i giovani al di fuori degli ambienti ecclesiali - si sottolinea - sono soprattutto i giovani che frequen-
tano la comunità cristiana: la testimonianza dei coetanei nei luoghi della vita quotidiana è la via più efficace
per un reale incontro15.

b) La pastorale giovanile vocazionale

8. Quale è il coinvolgimento delle famiglie e delle comunità nel discernimento vocazio-


nale dei giovani?

La necessità di un'alleanza più stretta tra la comunità cristiana e famiglia è fortemente avvertita anche in
questo campo. Sono sempre meno numerose, infatti, le famiglie capaci di un accompagnamento che faccia
germinare risposte alle domande vocazionali più profonde. Non di rado infatti la famiglia costituisce un

14
Ivi, p. 17.
15
Ivi, pp. 17-18.

Pagina 26 di 38
ostacolo o un freno, almeno iniziale. La stessa parola "vocazione" spaventa o non è compresa nella sua
valenza personale ed ecclesiale. Come afferma una Diocesi, "mentre un discernimento sulla professionale
sembra essere più rilevante e dibattuto in ambito familiare, quello vocazionale in senso generale e partico-
lare sembra appartenere più a una sfera privata, che merita prudenza e non intromissione, addirittura nem-
meno interlocuzione". […] Molti giovani che giungono in Seminario lo fanno al termine di percorsi tortuosi,
senza un confronto con la comunità parrocchiale di appartenenza o un dialogo in famiglia. […] i questionari
diocesani sottolineano la necessità di potenziare l’ascolto dei giovani, a partire da tutto il loro vissuto, e di
interrogarsi sulla coscienza vocazionale delle stesse famiglie e delle comunità ecclesiali16.

9. Quali sono i contributi alla formazione al discernimento vocazionale da parte di


scuole e università o di altre istituzioni formative (civili o ecclesiali)?

Anche in questi ambiti la "alleanza educativa" tra i diversi soggetti appare molto debole, tanto da poter
affermare che, in generale, le scuole e le università curano l'orientamento dei giovani verso il mercato del
lavoro, ma sono poco coinvolte nella scelta dello stato di vita e nei processi di discernimento vocazionale.
Ci sono tuttavia esperienze che offrono stimoli e provocazioni in questo senso. Il riferimento è alle iniziative
della pastorale universitaria, specialmente nei confronti degli studenti "fuori sede"; ai percorsi di alternanza
scuola-lavoro o di tutoraggio e counseling nelle scuole e università; alle proposte di volontariato che i gio-
vani incontrano in questi luoghi. Altre esperienze degne di nota emergono all'interno delle scuole cattoliche
(con alcune forme di guida spirituale), dei centri di formazione professionale di ispirazione cristiana e
dell'insegnamento della religione nelle scuole. […]17

10. In che modo tenete conto del cambiamento culturale determinato dallo sviluppo del
mondo digitale?

[…] In particolare, si sottolineano la pervasività delle tecnologie digitali e la consapevolezza che esse con-
tribuiscono a plasmare l'identità personale. È chiara la consapevolezza delle grandi opportunità che i nuovi
scenari portano con sé, dal punto di vista antropologico, culturale e anche spirituale. Non manca però chi li
considera utili principalmente come veicolo di comunicazione rapida di iniziative e di appuntamenti, po-
nendosi con diffidenza di fronte alla complessità del mondo digitale ed evidenziandone gli aspetti consu-
mistici. […] n sintesi, si coglie la fatica ecclesiale di interpretare la portata dei cambiamenti in corso e di
formare educatori competenti. I linguaggi ecclesiali sembrano ancora poco adeguati, e i giovani li percepi-
scono spesso come vecchi e incomprensibili. È alquanto critica la loro valutazione circa le omelie nelle
celebrazioni. Anche la comunicazione vocazionale risente degli stessi limiti, pur non mancando i tentativi

16
Ivi, p. 19.
17
Ivi, p. 20.

Pagina 27 di 38
per renderla più comprensibile ed efficace. Vanno in questa direzione l'uso crescente della multimedialità;
la proposta di tempi di "digiuno digitale" soprattutto in occasione di ritiri, esperienze comunitarie e campi
scuola; azioni formative rivolte ai preti, la cui presenza sui social network non sempre evidenzia la "diffe-
renza" della loro vocazione18.

11. In quale modo le Giornate Mondiali della Gioventù o altri eventi nazionali o inter-
nazionali riescono a entrare nella pratica pastorale ordinaria?
Su questo argomento le risposte sono significativamente convergenti: le Giornate Mondiali della Gioventù
(GMG) sono state e continuano ad essere una opportunità preziosa di metodo e contenuti per la pastorale
giovanile. […] Il pregio che più viene attribuito a tale proposta è quello di avere intercettato l'esigenza dei
giovani di incontrarsi, di fare esperienze significative, di scoprire la Chiesa e scoprirsi Chiesa capace di
andare oltre le lingue, i confini, le appartenenze e le culture. In diversi casi si nota come l'atteggiamento
iniziale di alcuni – per o più caratterizzato dall'entusiasmo di partecipare ad un viaggio all'estero in compa-
gnia degli amici - si tramuti alla fine dell'esperienza nella riscoperta della preghiera, nello stupore della
capacità di una condivisione profonda e di adattamento a situazioni difficili e impreviste, nella gioia di
scoprirsi parte di una Chiesa giovane e viva.
[…] Non sono pochi i giovani che raccontano di aver preso decisioni significative per la loro vita durante
o subito dopo una GMG, anche in ordine a scelte di consacrazione; […]
Nonostante i numerosi aspetti positivi sottolineati, non sempre tali opportunità vengono sfruttate affinché
si realizzi un fruttuoso rapporto tra la GMG e la pastorale ordinaria. […]19

12. In che modo nelle vostre Diocesi si progettano esperienze e cammini di pastorale
giovanile vocazionale?

Da parte delle Diocesi è molto avvertita l'esigenza di rinnovare i percorsi di discernimento vocazionale
proposti ai giovani, stringendo effettive collaborazioni tra chi opera nella pastorale giovanile e chi opera
nella pastorale vocazionale, a partire dall'elaborazione di una progettualità diocesana condivisa. Prende
gradualmente consistenza, infatti, l'esperienza di cammini di comunione per una pastorale giovanile che sia
autenticamente vocazionale. È il caso di specifici itinerari formativi rivolti ai giovani in collaborazione con
alcune associazioni ecclesiali, delle esperienze diffuse di esercizi spirituali vocazionali per i giovani, di
percorsi annuali o biennali di discernimento presenti in alcune Diocesi. […] La collaborazione tra pastorale
giovanile e pastorale vocazionale si sta diffondendo anche nel preparare insieme la GMG e la Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni. […]20

18
Ivi, pp. 20-22.
19
Ivi, pp. 22-23.
20
Ivi, pp. 24-25.

Pagina 28 di 38
c) Gli accompagnatori

13. Che tempi e spazi dedicano i pastori e gli altri educatori per l’accompagnamento
spirituale personale?

La formazione delle figure educative che si occupano della pastorale giovanile è un ambito su cui si impie-
gano molte energie ma che incontra anche numerose fatiche. Un dato che emerge è la carenza di educatori
e di formatori che si impegnino con competenza nella direzione spirituale. Questa constatazione riguarda
in particolare i presbiteri, che diminuiscono di numero e sono coinvolti in una vita pastorale molto frenetica
e dispersiva, tanto che un questionario diocesano riconosce: "Spesso i nostri preti risultano più manager
che altro. Non c'è un tempo e un luogo fisso per il sacramento della Confessione". […]21

14. Quali iniziative e cammini di formazione vengono messi in atto per gli accompa-
gnatori vocazionali?

In diverse Diocesi sono proposti laboratori di spiritualità sull'accompagnamento vocazionale e sul discer-
nimento. Il percorso è rivolto soprattutto ai formatori, ai presbiteri, agli educatori e insegnanti, ai quali
vengono offerti approfondimenti educativi in un inquadramento biblico, teologico-spirituale e antropolo-
gico, con una attenzione esplicita al discernimento vocazionale. […]22

15. Quale accompagnamento personale viene proposto nei seminari?1. In che modo
ascoltate la realtà dei giovani?

I questionari diocesani evidenziano come l'accompagnamento personale sia uno dei perni della proposta
educativa dei Seminari. La dinamica dei percorsi diffusi punta molto sul coinvolgimento del giovane, invi-
tato costantemente a rileggere la sua vita, le relazioni, la propria storia spirituale, nella ricerca di una con-
sapevolezza di sé, delle proprie risorse e dei propri limiti. Ai candidati in formazione nei Seminari (dioce-
sani, interdiocesani o regionali) vengono proposti incontri personali mensili con il rettore, il vice-rettore, il
padre spirituale. […] In alcune realtà si è deciso di affidare un seminarista ad alcune famiglie che vengono
anche coinvolte nel confronto con i superiori circa il discernimento del cammino vocazionale. È presente
pressoché dovunque la partecipazione dei seminaristi alle esperienze pastorali delle comu-
nità.[…]23

21
Ivi, p. 25.
22
Ivi, pp. 25-26.
23
Ivi, p. 26-27.

Pagina 29 di 38
A questo punto, per completare l’analisi sul mondo giovanile, mi sembra opportuno
riferire come dalle ricerche più recenti tra i giovani si riconosce una significativa differenza
tra le domande sulla percezione generale della situazione religiosa e la propria personale
convinzione.24 Nel primo caso i dati sono molto bassi: il 23% ritiene che la Fede in Dio sia
presente nella maggioranza dei giovani, mentre la non credenza o l'indifferenza si aggire-
rebbe tra il 50 e il 70%. Non sembra nemmeno apprezzata l'importanza della spiritualità
(70%). Quando invece la domanda verte sulle scelte personali, le percentuali variano sen-
sibilmente: il 72% si professa credente, e di questi il 70% credente cattolico; il 27% ha una
vita di preghiera, il 13% va a messa la domenica, e il 60% ha una vita spirituale.
Altre ricerche mostrano inoltre, in Italia ma anche in altri Paesi d'Europa, un aumento
preoccupante di giovani/adulti che stazionano in una sorta di «limbo», senza scelte e senza
prospettive.25 Questa situazione riguarda una fascia di età sempre più ampia ed estesa, al
punto da essere ormai classificata come categoria sociologica, «la generazione né-né», che
il DP indica con la sigla comprensiva NEET (Not in Education, Employment or Training,
cioè giovani non impegnati in un'attività di studio né di lavoro né di formazione professio-
nale).
Inoltre, il pontificato di Papa Francesco è salutato come positivo (per il 45% «molto
positivo», ma gli apprezzamenti in generale superano l'80%), e una piccola percentuale
critica (5%). Anche la fascia dei non credenti per lo più (55%) ne apprezza la figura e le
iniziative e il 40% si è sentito spinto a riconsiderare il valore della proposta religiosa. In
particolare se ne apprezza la capacità di comunicare, ai giovani ma non solo, sui temi più
diversi e scottanti (con espressioni particolarmente riuscite come la celebre riposta «chi
sono io per giudicare un gay?» o l'immagine del pastore che porta l'odore delle pecore), la
sua capacità di stare con la gente e di essere voce degli ultimi e dei più bisognosi, trasmet-
tendo l'immagine di una Chiesa più povera, meno burocratica e attenta all'essenziale.26
L'educazione religiosa risulta essere un compito difficile e impegnativo, anche per-
ché fede e non credenza non stanno sullo stesso piano di investimento e impegno:

24
Cfr. F. Garelli, Piccoli atei crescono: Davvero una generazione senza Dio?, Ed. Il Mulino, Bologna 2016,
p. 19; R. Bichi, P. Bignardi, Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Ed.Vita e Pensiero, Milano 2016, p. 96.
25
Cfr G. Cucci, La crisi dell'adulto. La sindrome di Peter Pan, Ed. Cittadella, Assisi 2012, pp. 15-21.
26
Cfr. F. Garelli, Piccoli atei crescono, op. cit., pp. 133-135.

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«sembrerebbe più facile trasmettere — da una generazione all'altra — la non credenza o
una credenza debole che un orientamento religioso più impegnato»27.
Questa situazione instabile e precaria nei confronti della fede accomuna paradossal-
mente i giovani ai propri genitori, che sembrano alle prese con le medesime difficoltà:
«Molti intervistati rifiutano l'idea di essere la prima generazione "senza Dio" o "senza re-
ligione", affermando che "i genitori stessi non hanno più trasmesso certe credenze […].
Per cui noi portiamo a compimento ciò che è già stato seminato nel passato"»28.
La gran parte dei giovani (80%) riconosce di aver ricevuto una educazione religiosa
in famiglia, ma la vita di fede non era quasi mai condivisa in casa: nessuna preghiera,
lettura biblica o di qualche testo religioso, conversazione di alcun tipo si svolgeva nell'am-
bito domestico. Al massimo (e non è poco) si andava a messa insieme. La fede è conside-
rata una faccenda individuale, relegata all'intimo della coscienza: «La socializzazione reli-
giosa dei giovani passa più dai banchi delle chiese che dalle preghiere e dalle riflessioni
fatte nel salotto di casa. Per certi versi, una sorta di delega esterna, più che un vero e proprio
impegno esterno»29.
Lo studio di Armando Matteo sulla incredulità dei giovani italiani rileva soprattutto
la grave frattura che si è consumata tra le due precedenti generazioni. Nella maggior parte
delle famiglie italiane degli ultimi quarant'anni, i genitori non si sono più preoccupati di
educare alla fede i loro figli, preferendo assicurare loro un benessere materiale, ma fittizio:
«Sono stati cresciuti con brioche e cartoni animati e nessuno li ha aiutati a sviluppare alcun
senso per l'importanza della preghiera, della lettura della Bibbia e per una vita all'interno
di una comunità confessante. I loro stessi genitori hanno preso distanze da tutto ciò»30. E
questo con gravi conseguenze dal punto di vista educativo, non solo sotto il profilo della
pratica religiosa. La vera distanza è dunque nei confronti dello stile di vita dei nonni, con-
siderati nella loro semplicità più coerenti: la loro Fede è spontanea ma radicata nella vita,
a differenza della fede evanescente dei propri genitori.

27
F. Garelli, Piccoli atei crescono, op. cit., p. 52.
28
Ivi, p. 99.
29
Ivi, p. 49.
30
A. Matteo, La prima generazione incredula, Ed. Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, p. 45.

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Ora, esaurito l’argomento religioso, volgiamo lo sguardo alla situazione economica
e sociale, soffermandoci su quanto riferisce il recente studio dell’Istituto Giuseppe Toniolo,
La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 201831, che segnala una importante
inversione di tendenza, il cui sentore, in verità, è stato già rilevato dalla disamina del con-
testo locale di cui si è parlato al precedente paragrafo: i Millennials italiani , giovani con-
siderati incapaci e indolenti, hanno un grande desiderio di lasciarsi alle spalle una crisi
economica che li ha schiacciati e ha bloccato i loro progetti di vita, per essere messi final-
mente nelle condizioni di diventare parte attiva di un processo di cambiamento e di svi-
luppo del Paese che guardi positivamente verso il futuro; vogliono dimostrare di essere
diversi da come vengono dipinti, proprio da chi li ha messi nelle condizioni attuali.
Il 73,8% degli intervistati ritiene che sia ancora possibile impegnarsi in prima per-
sona per cercare di far funzionare meglio le cose in Italia. La grande maggioranza, il 67,7%,
presenta una predisposizione positiva al cambiamento. Anche rispetto a temi come l’im-
migrazione, la preoccupazione non riguarda il fenomeno in sé ma come viene gestito: ri-
spetto alla componente regolare ad esempio solo circa il 33% pensa che peggiori sicurezza
ed economia del Paese.
I giovani italiani sono i primi a voler evitare il rischio di una generazione “mancata”,
ovvero che rimane lontana dall’espressione delle proprie potenzialità e dalla realizzazione
delle proprie ambizioni, generando un danno, non solo per loro stessi, ma per le possibilità
di sviluppo di tutto il Paese: hanno voglia di scommettere su se stessi e di esercitare un
protagonismo positivo, anche se sono più esposti al rischio di demotivarsi e perdersi se non
stimolati e incoraggiarti ad essere intraprendenti. Manca, come indicato nel Rapporto Gio-
vani 2018, un sistema Paese che si renda sistemicamente terreno fertile per consentire alle
nuove generazioni di dare i propri migliori frutti. I dati dell’Istituto Giuseppe Toniolo evi-
denziano come nei progetti e negli obiettivi di vita i giovani italiani non siano da meno
rispetto ai coetanei europei, anzi. Solo che poi si trovano progressivamente, nel corso del
passaggio alla vita adulta, a rivedere al ribasso ambizioni e aspettative, sia in termini di
tipo di lavoro, che di remunerazione, che di tempi di formazione di una propria famiglia e

31
AA.VV. Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2018, Ed. Il Mu-
lino, Bologna 2018 («IGT-R2018»).

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numero di figli. In questo modo tutto si avvita verso il basso, con bassa crescita, accentuato
invecchiamento della popolazione, deprezzamento del capitale umano e incentivo a cercare
opportunità altrove.
Sul versante pubblico le generazioni più mature non hanno sufficientemente contra-
stato l’aumento del debito nazionale, tra i più alti al mondo, e non sufficientemente solle-
citato e favorito un investimento sociale sulle generazioni successive, tra i più bassi nelle
economie avanzate. Sul versante culturale, più che in altri Paesi, hanno agito in modo iper-
protettivo nei confronti dei propri singoli figli e alimentato un atteggiamento ipercritico
verso le nuove generazioni. Ci troviamo così oggi con un discorso pubblico pieno di eccessi
di semplificazione ed estremizzazioni, se non stereotipi e luoghi comuni, quanto si parla di
giovani. Guardandolo dal punto di vista dell’atteggiamento delle nuove generazioni, l’er-
rore fatale sarebbe quello di adattarsi ad essere ciò che chi ha fallito a far crescere il Paese
pensa di loro, anziché farsi parte attiva delle forze che vogliono cambiare il Paese. La nar-
razione dei giovani incapaci e indolenti in un Paese destinato ad un futuro di marginalità,
non deve diventare una profezia che si autoadempie. I giovani devono incaricarsi di dimo-
strare di essere diversi da come vengono dipinti proprio da chi li ha messi nelle condizioni
attuali, per dimostrare che un destino diverso è possibile. Questo dipende soprattutto da
loro, ma può essere notevolmente favorito dalle generazioni più mature, se sono disposte
a passare dal giudizio ipercritico allo sforzo di comprendere e agire coerentemente.
Il lavoro è condizione sine qua non per poter realizzare un percorso verso l’autono-
mia e realizzare quei sogni di famiglia che i giovani italiani hanno. I nostri ragazzi però
hanno da fare i conti anche con un disallineamento tra il loro livello di formazione e il
lavoro svolto molto più ampio che in altri paesi. Il Rapporto Giovani 2018 dice che la
percentuale di chi afferma di avere un’aspirazione professionale, ma non sa se riuscirà a
realizzarla è pari al 40,7% tra i giovani italiani, rispetto al a valori sotto il 30% di inglesi e
tedeschi. In risposta a questi limiti, vorrebbero una scuola che consenta maggiormente di
rafforzare competenze utili alla vita e al lavoro. Vorrebbero dipendere di meno dalla fami-
glia di origine. Vorrebbero avere strumenti più avanzati per costruire il proprio percorso
professionale. Rispetto agli altri Paesi, abbiamo troppi under 35 nella condizione di NEET,

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troppi under 35 che trovano lavoro grazie a canali informali e all’aiuto dei genitori, con un
più alto rischio di scarso allineamento tra livello di formazione e lavoro svolto.
Le difficoltà nel percorso professionale si riflettono anche sulla realizzazione di altri
progetti di vita, come conquistare una piena autonomia e formare una propria famiglia. Più
in generale, emerge un grande desiderio dei giovani di essere riconosciuti non per quello
che manca e che il passato non può più garantire, ma attraverso quello che essi possono
essere e dare al Paese per costruire un futuro migliore, coerente con proprie sensibilità,
valori e progetti. Questo Paese deve dimostrare di credere nelle nuove generazioni. Alle
nuove generazioni il compito di dimostrare che quando si dà ad esse spazio e fiducia si
ottengono i migliori risultati.

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3. Considerazioni conclusive

Alla luce di quanto esposto nei precedenti capitoli, vorrei concludere la disserta-
zione, offrendo delle proposte teologico-pastorali su come “accompagnare” i giovani, con-
crete per il cammino della Chiesa.
In primis, dovremmo concretizzare quanto indicato da Papa Francesco, con la sua
nota espressione, "Chiesa in uscita", nell’accezione che "uscire" è sì necessario, ma per
trovare il modo di "riportare dentro" i giovani, percepiti come quelli più lontani, riflettendo
se sono loro a essersi persi, e non gli adulti cristiani di fronte ai propri figli. Bisogna uscire
dal “recinto” senza accettare di essere un pò "erranti" in mezzo alle mille "erranze" che
questo tempo propone: non è semplicemente questione di cambiare il linguaggio, non si
tratta di stravolgere la comunicazione, ma credere nella forza dell’Annuncio, che significa
servirlo, mostrarlo, esserne testimoni, coerenti con ciò che si predica. I giovani hanno bi-
sogno di compagni di viaggio che si mettano accanto a loro e camminino con loro lungo le
strade della vita. Di uomini e di donne che cerchino di incarnarsi nella realtà, e vivano
gioiosamente la propria vocazione, con impegno, serietà ed entusiasmo, sia essa al matri-
monio, all’impegno sociale o politico, come quella alla vita sacerdotale e religiosa. Ciò
richiede l'arte dell'accompagnamento, dello stare accanto, fatta di sensibilità e concretezza,
che non si acquisisce tanto sui libri, pure necessari, bensì alla scuola della quotidianità,
all'apprendistato della vita, il luogo generante, dove si apprende il rispetto e la stima per
l'altro. Questa è la grande sfida dell’adulto contemporaneo, e di un cristiano maturo che
vive nell’oggi della storia, trasmettere con la testimonianza la propria vocazione, nella li-
bertà, “contagiando” i giovani vivendogli accanto e accompagnandoli nel discernimento.
Tenendo ben saldi questi presupposti, nella realtà ha senso raggiungere e farci prossimi
ai giovani nei loro luoghi e “non luoghi”, cioè quelli virtuali.
Un secondo punto nevralgico per la Chiesa riguarda la Sua forte vocazione educa-
tiva: penso all'oratorio, che è presente, seppur in modi diversi, in ogni regione e diocesi
italiana; alla catechesi, attività che hanno sempre avuto il merito di intuire che la mistago-
gia richiesta dall'iniziazione cristiana è quel tempo/spazio di vita decisivo in cui si forma
la coscienza e la libertà, luoghi strategici per poter passare dalla consegna della Fede alla
scelta consapevole di una vita di fede; alle associazioni, i movimenti e la presenza, ancora

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diffusa, della vita consacrata. Oltra a questi dovremmo prestare maggiore attenzione ad
altri luoghi significativi dove, effettivamente, sono stati fatti dei passi nuovi come: la
scuola e l’università, universalmente riconosciuti come luoghi rilevanti per la crescita dei
giovani; il mondo dello sport che incrocia la dimensione del corpo, tanto percepita dai
ragazzi e per troppo tempo considerata come realtà lontana dal tema educativo cristiano; e
come, già detto, gli spazi di vita quotidiana e del tempo libero verso cui ormai i giovani si
sono spostati in massa. A tal riguardo mi preme suggerire come le scuole cattoliche do-
vrebbero essere proposte, ai giovani e alle loro famiglie, con maggiore convinzione ed
impegno, non come un’alternativa tra tante, ma facendo forza sulle peculiarità in esse insite
che le distinguono dalle altre; questo fornirebbe un’opportunità per la Chiesa in quanto da
esse potrebbero nascere, considerando l’accompagnamento ed il discernimento cattolico
dei ragazzi, anche vocazioni al sacerdozio o alla vita consacrata. Due sfide mi sembrano
apertissime: la prima riguarda la capacità di un'interconnessione, di una collaborazione ef-
ficace fra la Diocesi e il suo naturale prolungamento (le parrocchie) e le altre realtà eccle-
siali: si rischia di essere come un mercato, tutti nella stessa piazza, ma ognuno in concor-
renza con gli altri; la seconda sfida riguarda, per così dire, la "gestione delle risorse": sa-
rebbe auspicabile poter in qualche modo "diversificare" le azioni pastorali cercando di non
ripetere, ciò che già è presente in una parrocchia, in un’altra della stessa città o addirittura
limitrofa, per esempio, spesso generando insana competizione e mancanza di collabora-
zione, fino all'ansia da prestazione: dobbiamo riconoscerci gli uni negli altri, come una
famiglia, communitas humana in Cristo Gesù.
Un terzo apporto riguarda l’accompagnamento dei giovani, improntato all’interagire
senza mettersi dalla loro parte in modo ideologico (sono ragazzi, libertà ancora in costru-
zione e dunque bisognosi di vicinanza e cura), ma anche senza continuare a considerarli
bambini viziati che non hanno nulla da dire alla generazione dei loro genitori e anche dei
loro nonni. Vorrei citare una frase del cardinal Martini che credo sintetizzi bene questo
concetto:
Nella gioventù ho trovato la più valida conferma di tale principio pastorale, sempre che di questo si tratti.
Nella Chiesa nessuno è nostro oggetto, un caso o un paziente da curare, tanto meno i giovani. Perciò non
ha senso sedere a tavolino e riflettere su come conquistarli o su come creare fiducia: deve essere un dono.
Sono soggetti che stanno di fronte a noi, con cui cerchiamo una collaborazione e uno scambio. I giovani

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hanno qualcosa da dirci. Essi sono Chiesa, a prescindere dal fatto che concordino o meno con il nostro
pensiero e le nostre idee o con i precetti ecclesiastici. Questo dialogo alla pari, e non da superiore a inferiore
o viceversa, garantisce dinamismo alla Chiesa: in tal modo l’affannosa ricerca di risposte ai problemi
dell'uomo moderno si svolge al cuore del a Chiesa32.

Dunque è rilevante la qualità delle relazioni: le risposte date dai giovani rilevano
costantemente come un incontro autentico, che è una caratteristica prettamente evangelica,
può motivare potentemente la partecipazione. La credibilità delle comunità ecclesiali può
essere potentemente favorita dalla qualità delle loro relazioni.
Le riflessioni appena fatte, dovrebbero portarci ad alcune ulteriori considerazioni: -
sui luoghi e sui soggetti, già sopra accennato. I giovani sono diventati “terreno di caccia”,
nel senso che sopravvive la convinzione che chi se li guadagna riesce poi a tenere viva la
propria realtà ecclesiale. Al di là delle ovvie considerazioni che ci sarebbero da fare su un
ragionamento così triste, proprio questo atteggiamento è all'origine di una certa "fuga", da
parte di una generazione che non accetta appartenenze, che si ritrova troppo bene in un
mondo del quale vuole tenere aperte le mille opportunità. Oggi purtroppo sopravvive
l’idea, piuttosto ingenua, che i giovani si possano astrarre dal proprio contesto per poterli
in qualche modo plasmare. Per quanto possa apparirci una strada faticosa, la sfida vera è
tornare a intessere relazioni con il territorio e la comunità, perché le nuove generazioni
possano intravedere un'esperienza di Chiesa che si radica nella storia, tra le case degli uo-
mini, condividendone gioie e speranze. Solo una comunità di persone, con pazienza e
buona volontà, può mostrare giorno per giorno il valore di una vita fraterna;
- la vita dei presbiteri, soprattutto di quelli più giovani. I Vescovi italiani se ne sono
occupati lo scorso anno attraverso il testo Lievito di fraternità33, dove non manca la preoc-
cupazione che i preti tornino alla gioia del proprio ministero attraverso la cura delle persone
che vengono loro affidate. È ancora troppo diffusa l'idea che oggi il presbitero possa essere
esclusivamente uomo del sacro, separando l'annuncio (inteso come catechesi e liturgia) dal
compito educativo. Bisogna, altresì, evitare che «i nostri preti risultano più manager che
altro» (cfr. risposta 13 della Sintesi delle risposte diocesane al questionario in

32
C. M. Martini, Conversazioni notturne a Gerusalemme, Ed. Mondadori, Milano 2008, p. 47.
33
Conferenza Episcopale Italiana (a cura), Lievito di fraternità. Sussidio sul rinnovamento del clero a partire
dalla formazione permanente, Ed. San Paolo, Milano 2017.

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preparazione al Sinodo 2018, op. cit.) e che si lascino impregnare dall’“odore delle pe-
core”» (DP II, 3);
- la fatica a creare una collaborazione trasversale intorno al soggetto dei giovani. Questo
significa perdere una grande opportunità di radunare e far crescere gli adulti nella comu-
nità: occorre formare e sostenere con maggiori competenze pedagogiche le guide dei gio-
vani. Dovrebbe essere pensata una pastorale che sia davvero di insieme: progettata, realiz-
zata e verificata insieme. Fare squadra nella Chiesa è ancora una fatica troppo grande.
Rilevante è la qualità delle relazioni: le risposte date dai giovani rilevano costantemente
come un incontro autentico, che è una caratteristica prettamente evangelica, può motivare
potentemente la partecipazione. La credibilità delle comunità ecclesiali può essere poten-
temente favorita dalla qualità delle loro relazioni.
Ultimo aspetto rilevante, pista pastorale indispensabile è recuperare il «patto gene-
razionale», ovviando alla mancata restituzione che si è consumata negli ultimi 40 anni. Si
è ricordata più volte l'importanza dei nonni, non solo per l'esperienza di fede. I nonni, nel
loro ruolo di anziani «non produttivi», hanno un tesoro da condividere di cui le attuali
generazioni, i giovani e i loro genitori, hanno particolarmente bisogno: la saggezza del
vivere.

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