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INSEGNAMENTO DI

DIRITTO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

LEZIONE II
“LA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
NEL CONTESTO DI UNA SOCIETÀ DEMOCRATICA”

PROF. ERNESTO PALLOTTA


Diritto dei Mezzi di Comunicazione Lezione II

Indice

1  La libertà di espressione come condizione di democrazia ---------------------------------------- 3 

2  Il contenuto della libertà di espressione-------------------------------------------------------------- 6 

2.1  La libertà di informare --------------------------------------------------------------------------------- 6 


2.2  Libertà di informarsi------------------------------------------------------------------------------------ 9 
2.3  Libertà di essere informati --------------------------------------------------------------------------- 10 

3  Le fonti internazionali --------------------------------------------------------------------------------- 12 

4  Le altre norme costituzionali ------------------------------------------------------------------------- 14 

5  Le fonti del diritto dei mezzi di comunicazione -------------------------------------------------- 17 

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 La libertà di espressione come condizione di


democrazia

Già a partire dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, la libertà di

espressione assurge ad una dimensione fondamentale per la persona nel suo agire sociale.

L’articolo 11 di quella Dichiarazione sanciva solennemente che “la libertà di comunicazione

del pensiero e delle opinioni è uno dei più preziosi diritti degli uomini; ogni cittadino può dunque

parlare, scrivere e pubblicare liberamente salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi

determinati dalla legge”.

Non diversamente, John Stuart Mill, nel proprio saggio “On liberty” del 1859, rilevava il

ruolo essenziale svolto dalla libertà di espressione per lo sviluppo dell’uomo e della sua personalità

e cosi affermava: “Noi abbiamo fin qui riconosciuto la necessità per il benessere intellettuale della

specie umana, da cui dipende il suo benessere morale e materiale, della libertà di opinione e della

libertà di discussione”.

L’uomo, essere socievole per natura, ha sempre sentito la necessità di comunicare e di

esprimere il proprio pensiero. È come se l’aspetto individuale di questo diritto si legasse in qualche

modo ad una dimensione sociale. 1

In quest’ottica, anche il concetto di ordine pubblico in una società democratica richiede la

garanzia di una circolazione il più ampia possibile delle informazioni e delle opinioni così come di

un accesso il più possibile generalizzato alle informazioni.

La libertà di espressione, dunque, costituisce un elemento fondamentale dell’ordine pubblico

di una società democratica la quale non sarebbe concepibile senza un libero dibattito e la possibilità

per le voci dissidenti di farsi ascoltare.

1
V. Zeno-Zencovich, La libertà di espressione, il Mulino, 2004

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La libertà in questione è allora una pietra miliare sulla quale riposa l’esistenza stessa di una

società democratica. Essa è una condizione sine qua non per l’esistenza di partiti politici, sindacati,

associazioni scientifiche e culturali e in generale per chi voglia in qualche modo influenzare

l’opinione pubblica.

Rappresenta, inoltre, lo strumento che consente ad una comunità quando questa esercita le

proprie scelte, di essere sufficientemente informata nella consapevolezza che una società mal

informata non è una società veramente libera.

Nella visione più semplice che si possa avere della libertà di espressione, il suo esercizio è

uno di quelli che necessitano meno di mezzi materiali. Ogni individuo, anche sprovvisto di cultura,

può esprimere le sue sensazioni o i suoi sentimenti attraverso la voce, i gesti o le attitudini sia

singolarmente che in concerto con altri.

Quando si tratti, invece, di una persona che abbia ricevuto una certa educazione, questa

potrà prodursi in formulazioni orali più elaborate od addirittura la forma scritta, manoscritta o

stampata.

Mezzi, questi ultimi, che potrebbero considerarsi classici rispetto a quelli “moderni”, oggi

sempre più diffusi e utilizzati (radio, televisione, cinema e comunicazione telematica).

La salvaguardia della libertà di espressione deve coprire tutti questi settori e naturalmente gli

obiettivi di questa tutela si vanno via via facendo più complessi e soprattutto variabili. Risulta

quindi, specie in ambito internazionale, sempre più difficile redigere una regolamentazione stabile

che da un lato consenta ai principali attori del sistema di disciplinare in modo efficace la materia e

dall’altro mantenga alto il grado di tutela di questo diritto per ogni persona.

Questi sono i problemi aperti di una tutela internazionale di una libertà, quale quella in

esame, che, in ogni caso, oggi è considerata non soltanto un diritto inviolabile della persona, ma

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anche una condizione ineliminabile della democrazia.

Il pluralismo è uno dei lati fondamentali della democrazia e non può essere garantito se non

è tutelata la libertà di espressione.

In altre parole, in una società democratica cambiamenti profondi di carattere politico, sociale

ed economico possono realizzarsi pacificamente soltanto grazie al libero gioco delle

informazioni e delle idee, grazie al dialogo e alla tolleranza.

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2 Il contenuto della libertà di espressione

Punto di partenza per trattare della libertà di espressione e del suo contenuto, da una

prospettiva internazionale, non può non essere l’art. 10 della Convenzione europea per i diritti

dell’uomo, anche alla luce della produzione giurisprudenziale intervenuta sulla materia.

La “giurisprudenza” della Commissione e quella della Corte europea hanno fornito nel

tempo importanti contributi per la definitiva interpretazione dell’articolo 10 della Convenzione

europea e, più in generale, del concetto stesso libertà di espressione.

La libertà di espressione può essere esaminata attraverso tre aspetti principali che sono tra

loro complementari, ma che hanno un contenuto ed un senso differente.

Questi tre momenti possono essere definiti come: libertà di informare, libertà di informarsi o

di cercare informazioni, e libertà di essere informati.

2.1 La libertà di informare

Innanzitutto occorre precisare che questo aspetto della libertà designa un comportamento

“attivo” del soggetto. In altre parole definisce il diritto, proprio di ciascun individuo, a “fare

informazione”, a comunicare con altri, a diffondere delle idee, delle informazioni o dei fatti.

Sotto quest’angolo visuale si evidenzia come questo diritto possa in qualche modo

identificarsi col nocciolo della libertà di pensiero, esprimendo al contempo anche un sostanziale

valore aggiunto e cioè il valore sociale specifico di questa libertà.

La libertà di pensiero, infatti, risponde soprattutto ad un esigenza di tipo individuale, mentre

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la libertà di informare risponde all’esigenza di contribuire a formare l’opinione pubblica e di fornire

ai cittadini gli strumenti necessari ad elaborare le proprie convinzioni, ad orientare le proprie scelte

ed a sviluppare le proprie attività.

La libertà di informare si distingue, inoltre, per un’altra questione dalla libertà di opinione.

Sembra fondamentale ricordare questa distinzione ulteriore perché è argomento decisivo per

i limiti eventuali alla libertà di espressione sanciti dall’articolo 10.

La libertà di opinione possiede un valore assoluto e esige che il suo esercizio si svolga senza

alcuna limitazione esterna, salvo quelle previste dalle legge per la salvaguardia di esigenze

specifiche fondamentali del sistema.

Al contrario, le funzioni sociali della libertà di informare al servizio di un’esigenza

collettiva implicano che le affermazioni, gli eventi o i fatti presentati siano veri completi ed

oggettivi.

Il diritto di informare liberamente non può significare il diritto di mentire, di indurre

in errore o semplicemente di deformare o manipolare i fatti oggettivi.

Le valutazioni personali, i commenti anche fallaci, manipolati o parziali intanto rimangono

nella liceità in quanto trovano sostegno nella libertà di opinione.

Non così, invece, si possono considerare le manipolazioni quando i dati comunicati

attengono al diritto-dovere di informare i cittadini dei fatti materiali.

In realtà non è poi così semplice individuare, di volta in volta, l’esatto discrimine tra

l’esercizio di queste due libertà “differenti”: è evidente l’enorme difficoltà di conciliare il principio

di libertà di opinione con il dovere di imparzialità quando si tratta di fornire informazioni e

soprattutto tenere distinti i fatti dai loro commenti, valutazioni ed interpretazioni.

È, peraltro, altrettanto complicato pensare o immaginare ad organi di controllo che possano

efficacemente e saggiamente garantire entrambe le esigenze, entrambe le libertà, senza cadere in un

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eccesso o nell’altro.

È evidente, infatti, il rischio sempre presente di dare luogo ad ingerenze nella libertà di

informare.

Ciononostante, le attività di diffusione di informazioni debbono conformarsi e attenersi al

limite della veridicità e della oggettività delle informazioni in quanto ciò costituisce una garanzia

ineludibile per i destinatari. Questo, a prescindere dal fatto che lo si voglia considerare un dovere di

etica professionale o se, diversamente, si preferisca che il suo rispetto sia garantito da organi di

controllo auto-gestiti direttamente dagli organi di

informazione piuttosto che da autorità esterne.

Un correttivo necessario per limitare l’uso deformato della libertà di informare consiste,

inoltre, nella previsione e attribuzione di un diritto di rettifica ad ogni persona interessata alla

correzione di un’informazione inesatta o incompleta (diritto, questo, peraltro già espressamente

riconosciuto nel diritto positivo europeo).

Rispetto a questo obiettivo, però, i risultati sono ancora molto lontani soprattutto per le

difficoltà di applicazioni pratiche.

È auspicabile quanto ragionevole ritenere che al crescere dell’interattività della

comunicazione (fenomeno al quale stiamo già assistendo grazie alla sempre più diffusa e maggiore

disponibilità delle cd “nuove tecnologie”) questo risultato potrà essere più facilmente raggiungibile.

In definitiva, la migliore garanzia per un controllo delle informazioni e per la salvaguardia

del diritto degli individui ad essere informati in maniera corretta consiste in un sistema che assicuri

il pluralismo delle fonti di informazione, la loro indipendenza e il loro libero accesso.

Si tratterebbe, dunque, di un sistema che offra a ciascun individuo la facoltà di effettuare in

modo consapevole e critico la sua scelta, di formare in posizione di completa indipendenza la

propria convinzione e il proprio giudizio sia su un fatto concreto, che sua interpretazione.

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Viceversa, quando il pluralismo non è sufficientemente garantito, l’informazione può

diventare, paradossalmente, uno strumento capace di limitare e comprimere il diritto individuale

alla libera informazione.

2.2 Libertà di informarsi

Questo lato della libertà di espressione mette in luce il “diritto dinamico” degli individui di

informarsi e di ricercare informazioni.

Questo aspetto comprende tutte le attività finalizzate all’acquisizione di conoscenze.

Una tale azione di ricerca può essere sviluppata in modo diretto, ad esempio indirizzandosi

alle autorità pubbliche, consultando documentazione (ad esempio, esercitando l’accesso agli atti

delle autorità, diritto sancito anche a livello comunitario 2 unitamente al riconoscimento della

necessità della trasparenza delle istituzioni pubbliche, a partire da quelle comunitarie), partecipando

a determinate attività o assistendo ad eventi determinati; oppure si può lavorare in modo indiretto,

ad esempio attingendo alle informazioni e i fatti che sono comunicati o trasmessi dagli organi di

informazione.

La libertà di informarsi, complementare alla libertà di informare, concerne soprattutto le

persone che hanno il compito professionale o istituzionale di informare e che devono essere

garantiti nel loro diritto di accesso alle fonti in quanto strettamente necessario all’esercizio delle

proprie funzioni.

Ma questo diritto concerne ugualmente ogni persona che prenda l’iniziativa di acquisire

certe informazioni per le quali nutre un particolare interesse.

Anche a queste persone deve essere ugualmente riconosciuto il diritto di tenere i

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comportamenti utili a questo obiettivo.

La libertà di informarsi dunque, si presenta come autonoma dalla libertà di informare e

questo vale anche per il rovescio della medaglia poiché garantire la libertà di informare non

significa garantire ugualmente il diritto ad informarsi o di accedere alle fonti, diritto che, per la

verità, necessita di una protezione specifica.

Si tratta di una questione molto delicata in quanto la tutela specifica di questa libertà si

mescola spesso con questioni di ordine pubblico e soprattutto si scontra con interessi e diritti diversi

e contrastanti le cui frontiere si rivelano spesso mobili all’interno di ogni singolo paese.

In effetti, questo ambito della salvaguardia della libertà di espressione costituisce uno degli

aspetti più controversi e più problematici.

La realizzazione completa, infatti, di un tale diritto implica il dovere da parte degli organi

statali non soltanto di astenersi dall’impedire la circolazione delle informazioni, ma anche di agire

in modo positivo al fine di disciplinare i mezzi e le fonti di informazione per assicurare la più

grande possibilità di accesso ad ogni persona.

Per maggiore completezza, però, è necessario precisare che una tale protezione ha per

oggetto l’attività di raccolta delle informazioni in quanto tale e non l’ottenimento effettivo di

queste ultime che rappresenta il risultato finale di questa attività, il quale può o meno essere

realizzato.

2.3 Libertà di essere informati

Come terzo ed ultimo aspetto della libertà di espressione si può individuare il “diritto

passivo” delle persone ad essere informate.

2
Sul punto, si veda M. Migliazza, “Il diritto all’informazione nell’Unione europea”, Giuffrè, ed. 2002

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Con l’affermarsi di tale diritto ci si allontana dalla visione di libertà di espressione che

tutelava soltanto i pochi “addetti ai lavori” e che quindi proteggeva soltanto la libertà di informare.

Si inizia allora, a prendere in considerazione il secondo soggetto del processo informativo

che appunto non potrebbe esistere se non vi fosse chi riceve l’informazione.

Chi viene o vuole essere informato ha i propri interessi, bisogni e soprattutto diritti che

debbono essere salvaguardati.

In altre parole ogni individuo ha il diritto a ricevere e conoscere in modo completo ed

esaustivo le opinioni, le informazioni e i fatti necessari allo sviluppo intellettuale, sociale e politico.

La libertà di comunicare informazioni e la libertà di riceverle non sono altro che due facce di

una stessa libertà di espressione.

Si tratta, probabilmente, della finalità ultima del diritto all’informazione.

Pur costituendo il normale risultato di una libera attività di informazione, la libertà dì essere

informati conserva un’indubitabile autonomia concettuale in rapporto alla libertà di espressione in

senso attivo in quanto esigenza individuale e collettiva insieme.

Il soggetto destinatario dell’informazione può incontrare degli ostacoli di natura differente

nel godimento del suo diritto rispetto a ciò che può subire il soggetto attivo: così la libertà di

informazione potrebbe trovare una tutela soddisfacente in un dato sistema senza che questo voglia

dire che l’esigenza individuale di essere informati in maniera completa ed esaustiva sia

necessariamente soddisfatta

Questo diritto esige che sia garantito il pluralismo delle fonti di informazione, una attività dì

informazione libera e completa e la partecipazione dei cittadini all’elaborazione ed al controllo

dell’informazione.

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3 Le fonti internazionali

I principi sulla libertà di informazione e di pensiero sono sanciti anche da Convenzioni

internazionali.

Già nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata

dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni unite, il 10 dicembre 1948, sono

contenuti riferimenti ad alcuni aspetti della libertà di informazione.

Esso cita che: “ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il

diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere

informazioni attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

Rimane però il profilo negativo della libertà come assenza di vincoli limitative della sfera di

autodeterminazione dei singoli.

A sancire principi di rilevante valore precettivo è l’art.10 della Convenzione europea per la

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e

recepita nel nostro ordinamento con la legge 1955 n. 848, già illustrato nel secondo capitolo.

Nel patto internazionale sui diritti civili e politici – firmato a New York il 19 dicembre 1966

aperto alla firma il 19 dicembre 1966, reso esecutivo con la legge 25 ottobre 1977 n. 881 ed entrato

in vigore in Italia il 15 dicembre 1978 – l’enunciazione del divieto di porre limiti alla libertà di

opinione e di espressione è preliminare e diretta.

Esso infatti recita:

a) Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni.

b) Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, che comprende la libertà di

cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a

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frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso

qualsiasi altro mezzo di sua scelta.

Comportando doveri e responsabilità sociali, l’esercizio di queste libertà può essere

sottoposto a talune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge e

finalizzate al rispetto dei diritto o della reputazione altrui e alla salvaguardia della sicurezza

nazionale, dell’ordine pubblico, della sanità o della morale pubblica.

In definitiva, le fonti internazionali, condizionati dagli orrori delle dittature nazi-fasciste,

tutelano solo un aspetto della comunicazione: la libertà di espressione come uno dei diritti più

preziosi dell’uomo.

È sul fronte della legislazione comunitaria, in un quadro di riferimento molto più articolato,

che affronta gli altri valori meritevoli di tutela.

Appositi provvedimenti e direttive sono state emanate dall’Unione europea sul fronte della

comunicazione elettronica, il settore televisivo e tutela dei consumatori.

E la Costituzione europea, pur con tutte le incertezze sul suo futuro, contiene una serie di

enunciazioni direttamente correlate al tema delle comunicazioni.

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4 Le altre norme costituzionali

La realizzazione della libertà di espressione, l’uguaglianza nell’accesso all’informazione, la

formazione di una opinione consapevole, passa anche attraverso la libertà dei media ed il loro

pluralismo.

Per questo motivo, il diritto di comunicazione è coordinato da quattro norme di rango

costituzionale. Dopo la disquisizione dell’art. 21 che disciplina espressamente il diritto di

manifestazione del pensiero, altre componenti di una più ampia tutela si riscontrano nell’articolo 2,

che disciplina il principio personalista, nell’articolo 3, sul principio di uguaglianza e nell’articolo

15, sulla libertà della corrispondenza.

Secondo l’articolo 2 della Costituzione; “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti

inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,

e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

L’art. 2 è considerata la pietra angolare dell’ordinamento democratico, quella su cui

poggiano tutti i diritti di libertà e doveri accordati ai singoli e alle comunità organizzate.

La libertà di espressione, che non si esaurisce nella libertà di manifestazione del pensiero,

ma anche di manifestazione di pulsioni, emozioni, trova nell’art. 2, un’ampia tutela.

Infatti: “Le modalità espressive non coincidono con quelle di esteriorizzazione del

pensiero.

Se la libertà di pensiero coinvolge la dimensione psicologica e interiore dell’individuo i

processi cognitivi e di elaborazione dei concetti, la manifestazione del pensiero, intesa come

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esteriorizzazione del frutto di tale maturazione interiore, implica una scelta di mezzi e

l’individuazione di destinatari, sia pure indefiniti”. 3

In questa direzione, l’articolo 2, è fondamentale in materia di comunicazione, in quanto è

indubbio che per sviluppare la propria personalità, l’uomo ha bisogno di essere informato, usufruire

della libera circolazione di idee, indispensabile per far maturare una consapevolezza dei propri

diritti e doveri.

In merito all’art. 3 Cost., si legge: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali

davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,

di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine

economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il

pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori

all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

È quindi compito dello Stato quello di rimuovere gli ostacoli che rendono inattuabili la

parità di accesso ai mezzi di informazione e ai canali di acquisizione delle notizie e la libertà di

esternazione delle proprie idee, garantendo un livello adeguato di pluralismo informativo

nell’attuazione del principio di uguaglianza.

Applicato al diritto della comunicazione, l’art. 3 assume una duplice valenza, a seconda se ci

si riferisce al diritto di informarsi o a quello di informare.

Per quanto attiene al diritto di informarsi, l’uguaglianza non può definirsi realizzata, qualora

vi siano difficoltà nell’accesso di alcuni ai canali informativi e nella manifestazione delle loro idee.

In relazione al diritto di essere informati il principio di uguaglianza deve tradursi nel rispetto

dell’indefinito ed infinito pluralismo e nel pieno coinvolgimento dei singoli e delle collettività nelle

scelte operate dal potere politico.

3
R. Razzante, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, 2005

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“In una democrazia effettiva, i cittadini debbono essere messi in grado di potersi formare

una chiara e non preconcetta nozione delle varie tesi politiche in contrasto conoscendo e valutando

liberamente gli argomenti adotti dai sostenitori delle più disparate opinioni”. 4

Per ultimo, l’art. 15 Cost. detta: “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni

altra forma di comunicazioni sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto

motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

Il dettato garantisce, quindi, la piena riservatezza del contenuto, delle modalità e

dell’esigenza stessa della comunicazione.

Il problema dibattuto in dottrina ed in giurisprudenza è quello di individuare quali siano i tipi

di comunicazione che rientrano nella tutela costituzionale, con particolare riferimento all’art.21.

Secondo Caretti “mentre devono ritenersi ricomprese nell’ambito dell’art. 21 sia la pay-tv

che la televisione interattiva, come le newsgroups e mailing-list, ossia quelle forme che consentono

comunicazioni tra un numero ampio di soggetti, non delimitato dalla necessità di avere il proprio

indirizzo inserito in un’apposita lista, andrebbero invece inquadrate nell’ambito delle attività

comunicative, coperte dall’art. 15, le mailing-list chiuse, le videoconferenze riservate ad un numero

limitato di persone, anche se però, in definitiva il venir meno nei più moderni mezzi di

comunicazione di una linea di confine certa tra corrispondenza intersoggettiva e attività

comunicative di tipo diffuso ha spinto parte della dottrina a chiedersi se oggi non si imponga una

lettura combinata delle due disposizioni costituzionali in grado di ricomprendere in un disegno

organico ed omogeneo l’insieme delle attività di comunicazione sociale rese oggi possibili”.

4
P. Caretti, Diritto dell’informazione e della comunicazione, il Mulino, 2001

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5 Le fonti del diritto dei mezzi di comunicazione

Per quanto riguarda il diritto dei mezzi di comunicazione, la questione da affrontare è la

distribuzione delle competenze legislative.

È necessario fare luce fino a che punto lo Stato abbia una competenza esclusiva o vi sia un

margine di intervento delle Regioni.

Con la legge costituzionale n. 1 del 2001, il legislatore ha riformato il titolo V della

Costituzione, riscrivendo l’art. 117, che non contiene più la descrizione delle competenze legislative

regionali ma l’enumerazione delle competenze legislative statali, riservando tutto il resto alle

Regioni che così rafforza la sua potestà legislativa.

Esiste quindi una legislazione esclusiva dello Stato nelle materie di politica estera;

immigrazione; difesa e forze armate, sicurezza dello Stato; moneta, risparmio e mercati finanziari;

organi dello stato, referendum, elezioni statali e parlamento europeo; ordinamento ed

organizzazione amministrativa dello Stato ed enti pubblici nazionali; ordine pubblico e sicurezza ad

esclusione della polizia amministrativa locale; cittadinanza, stato civile e anagrafe; giurisdizione e

norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa; determinazione dei livelli

essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il

territorio nazionale; norme generali sull’istruzione; previdenza sociale; legislazione elettorale,

funzioni di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; dogane;

pesi, misure e determinazione del tempo, opere dell’ingegno; tutela dell’ambiente, beni culturali,

ecosistema.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a rapporti internazionale e con

l’Unione europea delle Regione; commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro; istruzione,

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salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione

professionale; professioni, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori

produttivi; tutela della salute, alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile, governo del

territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della

comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione energia; previdenza complementare e

integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del

sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di

attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito, enti di credito.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,

partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono

all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel

rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di

esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare, nelle materie di legislazione esclusiva, spetta allo Stato, salva

delega alle Regioni.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e

delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e

uomini alle cariche elettive.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con

enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

Orbene, dalla lettura dell’art. 117, si evince che l’ordinamento della comunicazione è

materia di legislazione concorrente. Questo comporta che la competenza delle Regioni non è solo a

carattere locale, ma il potere legislativo riguarda tutta la materia di comunicazione. Inoltre il

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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Diritto dei Mezzi di Comunicazione Lezione II

legislatore volontariamente ha inteso l’espressione “comunicazione” in maniera generica, sì da

riferirla alla comunicazione di massa che a quella individuale.

L’articolo 117 assegna poi alle Regioni tutte quelle materie diverse da quelle oggetto

di legislazione esclusiva, questo significa che l’unico limite è nella riserva statale che

comunque è circoscritta ai soli valori e non nel campo delle strutture.

Da questo punto di vista, però, la materia della comunicazione registra l’esistenza di un

ampio materiale normativo statale esaustivo, da cui si enucleano i principi fondamentali.

Tuttavia, lo spazio di intervento statale è fortemente condizionato dalla presenza di una

legislazione comunitaria a cui occorre attenersi in sede di attuazione.

L’art. 117, in tal senso, assegna la riserva di attuazione della disciplina comunitaria in tema

di comunicazione, laddove affida agli enti territoriali il compito di dare attuazione, nei settori di loro

competenza, agli atti dell’Unione europea.

Ci sarebbero, comunque, tutte le premesse affinché le regioni possano esercitare i loro

poteri.

In sintesi, le regioni hanno un potere concorrente in materia di comunicazione, questo

significa che potrà realizzarsi nel rispetto dei principi fondamentali della Carta Costituzionale, nella

legislazione comunitaria e statale. Il potere deve poi coordinarsi con quello relativo alle materie di

esclusiva statale. Spetta alle Regioni dare attuazione alle direttive comunitarie.

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