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La Teoria Del Tutto

Stephen W. Hawking

a cura di Biagio Pedrina

OS FAM, Fisica
3a LiBe
anno 2020/2021
Indice
1 Stephen W. Hawking e La Teoria Del Tutto 1

2 Recensione 1
2.1 Sguardo generale all’opera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
2.2 Il buco nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

Riferimenti bibliografici
[1] Wikipedia: https://www.wikipedia.org

[2] S. Hawking, “La Teoria del Tutto”, Quinta lezione: L’origine e il destino
dell’universo, pp. 82–83

[3] S. Hawking, “La Teoria del Tutto”, Settima lezione: La teoria del tutto, p. 127

[4] S. Hawking, “La Teoria del Tutto”, Terza lezione: I buchi neri, p. 45

[5] S. Hawking, “La Teoria del Tutto”, Terza lezione: I buchi neri, p. 48
1

1 Stephen W. Hawking e La Teoria Del Tutto


Stephen Williams Hawking è stato un cosmologo, fisico, matematico, astrofisico,
accademico e divulgatore scientifico britannico, fra i più autorevoli e conosciuti fisici
teorici al mondo, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia
quantistica e sull’origine dell’universo. [1]

2 Recensione
2.1 Sguardo generale all’opera
Hawking in questo libro tratta svariati temi, che servono poi a costruire un filo
della storia (della fisica e dell’universo), a far comprendere la complessità dell’uni-
verso stesso, ad arrivare a delle domande esistenziali e a ciò che accadrebbe, nel caso
ipotetico in cui dovessimo essere a conoscenza delle risposte.
Durante la lettura ci si può accorgere sempre di più come l’incertezza e anche
le piccole variabili possono cambiare drasticamente una teoria o un intero modo di
pensare. Come per esempio, citando il libro: se la velocità di espansione, un secon-
do dopo il big bang, fosse stata più piccola anche solo di una parte su cento milioni
di miliardi, l’universo sarebbe ricollassato su se stesso prima di raggiongere le sue
attuali dimensioni.[2] Quindi essendo che la velocità d’espansione dell’universo era
tanto vicina al valore critico era sufficiente una piccola differenza o variazione degli
eventi che avrebbe potuto causare la fine dell’universo, prima ancora che noi potessi-
mo iniziare ad esistere; oppure sarebbe bastato che la velocità era un po’ più elevata
e magari ora l’universo si sarebbe espanso al punto da essere ormai praticamente
vuoto.[2]
La narrazione parte dalle idee di Aristotele, fino a giungere al giorni d’oggi, per
esempio nell’opera vengono citati grandi autori come: Niccolò Copernico 1 , Keplero
2
, Galileo Galilei 3 , Olbers 4 , Bob Dicke e Jim Peebles 5 , Aleksander Friedman 6 ,
Roger Penrose 7 e via dicendo. Tutti questi fisici citati (e anche altri) contribuirono
a scoprire come si è formato e com’è tuttora l’universo. C’è chi svolse degli studi,
come Edwin Hubble 8 , sugli spettri prodotti dalla luce delle varie stelle, cosı̀ da
determinare, per esempio, se si stessero allontanando da noi oppure per conoscere
la formazione della loro atmosfera (osservando le cosı̀ dette righe di assorbimento).
Lo scritto di Hawking permette al lettore di comprendere in maniera relativa-
mente facile alcuni concetti puramente teorici, come per esempio lo spazo-tempo o le
frecce del tempo, le quali vanno verso il futuro, quindi ci è dato sapere solo il passato;
si può fare un’analogia con la seconda legge della termo dinamica, secondo la quale
1
astronomo, matematico e presbitero polacco [1]
2
astronomo, astrologo, matematico, cosmologo, teorico musicale, filosofo della natura e teologo
luterano tedesco [1]
3
fisico, astronomo, filosofo, matematico e accademico italiano [1]
4
medico, filosofo e astronomo amatoriale tedesco [1]
5
due fisici americani dell’università di Princeton [1]
6
cosmologo e matematico russo [1]
7
fisico britannico [1]
8
astronomo e astrofisico statunitense [1]
2.2 Il buco nero 2

col passare del tempo l’entropia (“il disordine”) è sempre destinato ad aumentare:
in altre parole la legge di Murphy (le cose vanno sempre per il peggio); proprio a
tal proposito Hawking fa l’esempio della tazza che cade e si rompe in cocci, noi
chiaramente non vedremo mai una scena dove i cocci si rimettono assieme e la tazza
da terra torna sul tavolo da sola. Per fare un esempio se la nostra freccia del tempo
andasse al contrario, io ora non esiterei a fare una speculazione in borsa poiché so
già per certo come evolveranno i valori delle azioni (per citare un altro esempio fatto
da Hawking).
Quindi tutto sommato, senza grandi dificoltà o senza grandi notazioni/appunti
scientifici e matematici, ma solo teorici, La Teoria Del Tutto ci aiuta a comprendere
com’è fatto il nostro universo e specialmente come si è creato, anche se leggendo
questo romanzo si comprenderà che in realtà tutto quanto è una supposizione, nulla
è certo al 100%, almeno fino ad oggi. Si troverebbero però delle risposte a delle belle
domande se si conoscesse la biografia dell’universo, come quella che si pose Enstein:
Quanto fu ampia la libertà di scelta di Dio nella costruzione dell’universo?, oppure
una serie di altre domande come: Perché mai l’uniiverso si dà pena di esistere? La
teoria unificata ha una forza tale da determinare la sua propria esistenza? O ha
invece bisogno di un creatore? E, in tal caso, questo creatore esercita qualche altro
effetto sull’universo oltre a essere responsabile della sua esistanza? E chi ha creato
questo creatore? [3]
Ma ciò, appunto, solo se si scoprisse questa teoria del tutto, nella quale si riescono
ad unire tutti i campi conosciuti della fisica in un unico quadro, che ci premetterebbe
appunto di comprendere ogni singola cosa, quindi: l’universo completo.
Saremmo quindi tutti in grado di prender parte alla discussione sul perché l’u-
niverso esiste. E, se trovassimo la risposta a quest’ultima domanda, decreteremo il
definitivo trionfo della ragione umana, poiché allora conosceremo il pensiero stesso
di Dio. [3]

2.2 Il buco nero


In questa recensione approfondirò l’argomento legato ai buchi neri, poiché que-
st’ultimi sono stati forse la parte più importante degli studi fatti dallo stesso Stephen
W. Hawking, inoltre sono un fondamento per comprendere in generale la singolarità
e le sue caratteristiche, e tutto ciò ci porta a comprendere o a fare ulteriori teorie
sull’inizio dell’universo, sulla sua singolarità, il big bang.
Il termine “buco nero” è stato introdotto molto recentemente, nel 1969 per pre-
cisione, dallo scienziato americano John Wheeler.
Nel 1783 John Michell 9 teorizzò che una stella di massa e intensità sufficien-
temente elevate, avrebbe un campo gravitazionale talmente forte che la luce non
sarebbe riuscita a sfuggire. Quindi ai nostri occhi questa stella non è visibile, ma
tuttavia si potrebbe percepire la loro attrazione gravitazionale. Simili stelle possono
essere indicate come buchi neri, cioè spazi vuoti/invisibili e si teorizza che questi
corpi siano presenti nell’universo.l
Albert Einstein 10 nel 1915 con la sua teoria della relatività generale disse che:
9
astronomo, geologo e fisico inglese [1]
10
fisico tedesco naturalizzato svizzero e statunitense [1]
2.2 Il buco nero 3

E = mc2 . Grazie a questa formula spiegò negli anni come la gravità newtoniana
potrebbe incidere sulla luce, benchè la velocità di essa sia una costante.
Cerchiamo ora di capire come si forma un buco nero. Come prima cosa esso deriva
da una stella, ma vediamo passo passo tutto il processo di creazione. Innanzitut-
to, si forma una grande massa di gas, principalmente d’idrogeno (H), che inizia a
collassare su se stessa a causa della propria attrazione gravitazionale. Dopo di che,
durante la contrazione, le collisioni fra gli atomi di gas aumentano di frequenza e
intensità, quindi il gas si riscalda sempre di più; poi quando il gas sarà molto cal-
do, due atomi d’idrogeno quando si scontreranno anziché rimbalzare si fonderanno
assieme, dando cosı̀ origine a un atomo d’elio (He). L’aumento di calore, causato
dalle reazioni nucleari, del gas aumenta di conseguenza la pressione del gas stesso
fino a controbilanciare la forza di attrazione gravitazionale, v’è quindi un equilibrio
stabile. Quando la stella esaurirà il proprio idrogeno e altri combustibili nucleari,
inizierà a raffreddarsi e a contrarsi, si arriverà ad avere una cosı̀ detta stella fredda.
È cosa buona rendere attenti che più una stella è grande, più deve produrre ca-
lore per poter controbilanciare la sua stessa forza gravitazionale e ciò implica che
esaurirà velocemente il proprio combustibile nucleare, avrà di conseguenza una vita
più corta rispetto a una stella più piccola.
Subrahmanyan Chandrasekhar 11 nel 1928 calcolò che una stella fredda non sareb-
be in grado di resistere al collasso determinato dalla propria forza di gravità quando
la sua massa supera di circa una volta e mezza la massa solare. Questa massa è
oggi indicata come il limite di Chandrasekhar. Ci sono quindi ora due casi: il primo
quando la massa è minore o uguale al limite di Chandrasekhar e il secondo quando
la massa è maggiore.
Nel primo caso, quando si ha appunto una stella fredda con una massa minore o
uguale al limite di Chandrasekhar, ci possono essere due stadi finali:

• si forma una nana bianca, la quale non si contrae più grazie alla forza di
repulsone fra gli elettroni della sua materia;

• si forma una stella di neutroni, essa è più piccola delle nane bianche edè
sostenuta dalla repulsione fra neutroni e protoni.

Mentre nel secondo caso, quando si ha appunto una stella fredda con una massa
maggire al limite di Chandrasekhar, possono accadere due cose:

• avviene un’esplosione;

• in un qualche modo viene espulsa una quantità di materia sufficiente a far


scendere la massa sotto il limite di Chandrasekhar, per poi collassare fino a
raggiungere una densità infinita, fino a ridursi ad un singolo punto.

Molti scienziati tra cui Einstein non condividevano quest’ultima opinione dello scien-
ziato indiano. Tuttavia egli aveva dimostrato che il principio di esclusione/repulsione
non bastava ad arrestare il collasso di una stella con una massa maggiore al limite
di Chandrasekhar.
11
fisico, astrofisico e matematico indiano naturalizzato statunitense, ricevette il premio Nobel
nel 1983 [1]
2.2 Il buco nero 4

Nel 1939 Robert Oppenheimer 12 disse che: il campo gravitazionale generato da


una stella modifica le traiettorie dei raggi di luce nello spazio-tempo facendole de-
viare da quelle che avrebbero seguito in assenza della stella stessa. [4]
Mettendo assieme l’osservazione di Oppenheimer e l’ultima variante detta da
Chandrasekhar, ne segue che: quando una stella è collassata la di sotto di un raggio
critico, il campo gravitazionale in prossimità della superficie diviene cosı̀ntenso da
deflettere i coni di luce verso l’interno con una forza tale che i raggi luminosi non
riescano più ad abbandonare la stella per sfuggire nello spazio, quindi a rigor d logica
se la luce non riesce a sfuggire, ogni cosa verrà trascinata all’interno, poiché secondo
la teoria della relatività nulla è più veloce della luce. Significa, dunque, che attorno
a questa stella si è creata una regione nello spazio-tempo, dalla quale la luce non può
più sfuggire e con essa altri eventi, che non possono più raggiungere un osservatore.
Questa regione è indicata col termine buco nero, il quale suo limite esterno è noto
come orizzonte degli eventi e coincide con le traiettorie dei raggi luminosi che sono
stati quasi sul punto di riuscire a sfuggire dal buco nero.
Tra il 1969 e il 1970 Hawking e Roger Penrose 13 affermarono che all’interno del
buco nero dovesse esserci una singolarità con densità e curvatura spazio-tempo in-
finite, una singolarità come nel big bang, soltanto che in quest’ultimo il tempo ha
inizio, mentre nel buco nero ha fine (almeno per da cui deriva e per qualsiasi corpo
ci sia al su interno). Nel buco nero non potendo giungere né luce né alcun altro se-
gnale visto da un osservatore esterno, le leggi scientifiche verrebbero meno, Penrose
sviluppò un’ipotesi di una censura cosmica, che potremmo parafrasare dicendo che
“Dio aborre una singolartà nuda”. [5] Ci sono però delle possibilità per un ipotetico
astronauta, che si trova in un buco nero, di vedere una singolarità pura: per esempio
egli potrebbe riuscire a evitare l’impatto con la singolarità e cadere in un “tunnel
spazio-temporale” (worm hole) per poi uscire in un’altra regione dell’universo, ma
le sue probabilità sono molto basse, dal momento in cui è sufficiente una piccola
variazione che l’astronauta non veda la singolarità fin tanto che non la colpisca in
pieno; si può quindi dire che la singolarità si trova sempre nel futuro dell’astronauta
e mai nel suo passato.
Ora che abbiamo capito a larghe linee cos’è e come si forma un buco nero (e anche
le teorie più contorte e strane di quello che potrebbe accadere), cerchiamo o al meno
proviamo a capire come si comporta questo una volta che è stato creato. Cioè dal
momento che si crea un buco nero, il suo stato è stazionario e definitivo? Come si
comporta un buco nero? Diversi scienziati, compreso Hawking, giunsero alla con-
clusione che dopo un collasso gravitazionale, il buco nero deve stabilizzarsi in uno
stato in cui può ruotare su se stesso. Le sue dimensioni e la sua forma dipendono
esclusivamente dalla sua massa e dalla sua velocità di rotazione.
Sebbene tutte ciò detto fino ad adesso, molti contestavano l’esistenza dei buchi
neri, poiché l’unica prova nelle mani di chi li sosteneva erano dei calcoli basati sulla
teoria della relatività generale. Perciò diversi sistemi sono stati studiati per indivi-
duare i buchi neri, ma come si fa se sono “invisibli”?
Secondo Hawking i buchi neri non sono dopotutto cosı̀ neri, poiché in quanto caldi
emettono delle radiazioni, e quanto sono pù piccoli tante più ne emettono. Quindi
12
fisico statunitense [1]
13
matematico, fisico e cosmologo britannco
2.2 Il buco nero 5

i buchi neri pù piccol potrebbero rivelarsi più facil da identificare e non solo grazie
al calore che emettono, ma anche grazie alla loro forza gravitazionale esercitata su
altra materia visible o sull’espansione del’universo.
Ora praticamente sappiamo perfettamente le basi sui buchi neri, ma l’obiettivo
della teoria del tutto è di trovare un modo per unificare tutto (relatività generale,
meccanica quantistica e tutti i fenomeni fisici conosciuti), e allora perché siamo qua
a parlare in maniera approfondita dei buchi neri e non del big bang o di altre cose
riguardanti direttamente l’intero universo in quanto tale?
Per rispondere alla domanda: perché i buchi neri sono importanti da identificare?,
si può partire dall’ipotesi che esistano anche buchi neri con masse di gran lunga più
pccole di quella del Sole, significa che vi sono buchi neri che non si sono formati in
seguito a un collasso gravitazionale, ma che siano generati nelle condizioni di tem-
perature e pressioni elevatissime dei primissimi stadi di vita dell’unverso. Studiando
quindi questi cosı̀ detti buchi neri primordiali si potrebbero apprendere informazioni
importanti sui primissimi istanti di vita del nostro universo.
Si prenda in considerazione una riga di lunghezza l0 immobile rispetto al si-
stema di riferimento inerziale R0 , il quale si muove rispetto ad R con velocità ū =
(0, 0, 0) orientata nella stessa direzione di l0 .
Se A e B sono due eventi parametrizzati in R0 da A = (x0 0 , x0 A 1 , 0, 0), B = (x0 0 , x0 B 1 , 0, 0)

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