Perché il 1945?
Il 1945 è stato un anno fondamentale nella storia inglese per il senso di comunità nuovo che ha
caratterizzato la messa a punto di una serie di riforme, che sono andate avanti anche dopo
Si tratta di riforme pensate per superare la crisi economica del dopoguerra: nazionalizzazione di
più di 700 aziende private, tra cui la nazionalizzazione delle ferrovie, energia elettrica, gas, banca
d’Inghilterra e miniere di carbone.
La previdenza sociale generalizzata e l’assistenza sanitaria gratuita. La sicurezza di avere una
pensione. Costruzione di molte nuove abitazioni: la Gran Bretagna ha subito molti
bombardamenti, città quasi rase al suolo durante la guerra. Nasce la necessità di costruire nuove
case, che per l’80% sono state abitazioni di edilizia popolare (council housing): affitto basso per le
classi meno abbienti e classe operaia. Questo ha portato alla creazione di un piano di sviluppo
urbanistico fondato su un principio di equità fra la città e la campagna: non una politica che
guardasse soltanto al recupero delle attività cittadine, ma anche attenzione alla provincia e al
lavoro che si svolge in campagna. Queste riforme richiedevano una politica di austerità per
sostenere queste riforme: i britannici si sentivano coinvolti nel processo di costruzione del loro
Paese ed accettavano questa politica di austerità perché vedevano i risultati dei loro sacrifici.
Questa politica di austerità è stata resa possibile dal senso di comunità e collettivismo di cui
diedero prova gli inglesi in questo periodo. Speranza e collettivismo: le caratteristiche
fondamentali del periodo. Nel documentario The Spirit of ‘45, il regista Ken Loach dice che le
persone che avevano conosciuto la depressione degli anni ‘30 e la durezza della guerra erano
piene di speranza e disposte a seguire l’idea di collettività, di pianificare l’economia. Idee alla base
del periodo di riforme del dopoguerra. Idea del bene comune. L’idea che ognuno debba avere un
lavoro, che si possa pianificare l’economia in maniera tale da non distruggere il pianeta.
Perché il 1956?
Ci sono 3 eventi storici che cambiano il modo degli inglesi di rapportarsi alla politica e di fare
cultura e di fruire della cultura.
1. Ventesimo congresso del partito comunista a Mosca.
Durante questo congresso, il capo del partito comunista dell’URSS denuncia pubblicamente
i crimini commessi da Stalin (suo predecessore). L’Unione Sovietica di Stalin era stata presa
a modello. Gravi crimini di violazione di diritti umani. Questo porta molti britannici che si
erano dimostrati simpatizzanti delle ideologie marxiste e che avevano sposato queste
ideologie iscrivendosi al partito comunista a rivedere le proprie posizioni, che vengono
messe ancora più in discussione dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione
Sovietica per reprimere una ribellione del popolo ungherese nel novembre del 1956 i carri
armati russi invadono l’Ungheria.
2. Invasione dell’Ungheria. Messa a tacere di una ribellione pacifica porta molti britannici a
rivedere le proprie posizioni. Si inizia quindi a costruire una via inglese al socialismo: un modo
britannico per rielaborare le teorie marxiste in chiave sociale-politica. Dopo l’invasione russa
dell’Ungheria viene creata la New Left: un movimento della sinistra radicale che si sviluppa nel
Regno Unito. Saranno gli esponenti della New Left a proporre nei tardi anni ‘50 tutte quelle
manifestazioni culturali da cui deriverà il grande momento di cultura popolare inglese degli anni
‘60 che si espanderà in tutto il mondo.
3. La crisi di Suez, tra il dicembre del 1956 e la primavera del 1957. Francia e Inghilterra
gestivano il canale di Suez: qualsiasi commercio e passaggio verso Oriente che si servisse del
canale di Suez (cioè tutti: Suez era la via più breve per l’Oriente) doveva pagare dei diritti alla
Francia e all’Inghilterra. Questi due Paesi ricevevano grandi introiti da questa posizione di
privilegio. Nel dicembre del 1956 l’allora presidente egiziano Nasser decide di nazionalizzare il
canale di Suez, cioè renderlo statale e togliere a Francia ed Inghilterra la possibilità di speculare sul
canale. Francia e Inghilterra si oppongono ed armano degli eserciti per difendersi, ma gli Stati Uniti
con una risoluzione dell’ONU gli impediscono di farlo. Questa situazione è grave per l’Inghilterra
per due motivi: segna la fine del grande impero britannico. L’accesso a Suez rappresentava il
potere economico dell’Inghilterra sulle vie verso l’Oriente. Togliere questo accesso e questo potere
significa togliere il potere economico di quello che è stato l’impero britannico. L’impero britannico
crolla nel ‘47 con l’indipendenza dell’India. Potere economico della Gran Bretagna con Suez crolla.
Il fatto che siano gli Stati Uniti con una risoluzione dell’ONU a schierarsi dalla parte dell’Egitto ci fa
capire l’importanza che gli Stati Uniti avevano acquisito dopo la Seconda guerra mondiale. La Gran
Bretagna si vede scalzata da una nuova potenza. Si inizierà a parlare quindi di special relationship:
le due parlano la stessa lingua, gli USA nascono come colonia inglese ma raggiungono presto
l’indipendenza, ma relazione speciale anche perché è difficile per l’Inghilterra ammettere la
propria inferiorità, ma dagli Stati Uniti arriveranno mode, modi di essere e stimoli culturali da cui
gli inglesi saranno affascinati. Gli inglesi però riusciranno anche a creare una propria via del tutto
britannica della modernità e del mondo culturale.
Nel 1956 ci sono anche degli eventi culturali che cambiano la cultura inglese:
1. Febbraio del 1956 viene presentato alla Royal Festival a Londra un programma
cinematografico comprendente tre cortometraggi raggruppati sotto l’etichetta Free
Cinema. Questo programma ebbe un successo insperato perché presentava qualcosa
che per i tempi era assolutamente nuovo. 3 corti girati da giovani registi.
(Divertimenti offerti alla classe operaia. Per la prima volta si vede la classe operaia
così com’era, senza sentimentalismi. Fino a quel momento i prodotti culturali si
occupavano principalmente di aristocratici e upper middle class. Fatto con
un’enorme povertà di mezzi: film che non erano girati negli studios ma per le strade,
con delle piccole cineprese a mano. In assoluta povertà, con un assoluto realismo. I
registi avevano scelto il titolo di Free Cinema, proprio ad enfatizzare il fatto che
fossero film liberi dal circuito tradizionale, dalla dittatura degli studios e dalle case di
produzione che gestivano il cinema britannico.
2. 8 maggio 1956 abbiamo la prima di Look back in Anger al Royal Court Theatre di
Londra. Questa commedia segna uno spartiacque tra il teatro classico inglese che si
rappresentava nel West End (?) in un british english perfetto e il teatro che verrà
dopo. Look back in anger segna anche l’inizio di un nuovo modo di guardare alla
realtà e fare cultura. È una storia che ha come protagonista dei giovani (protagonista
25 anni che viene dalla classe operaia, prende una laurea in un’università provinciale
ma vede che la sua laurea non gli serve a niente perché non è stata conseguita in una
grande università. Vende dolci in una bancarella ed è pieno di rabbia, rabbia che
sfoga soprattutto contro la moglie che invece proviene dalla classe alto-borghese,
figlia di un ufficiale che aveva ricoperto ruoli di prestigio in India). In questo dramma
ci sono problemi tipici del periodo: problemi dei giovani sottoccupati, laureati da
università provinciali che non trovano lavoro, ma anche fine dell’impero e nostalgia
dell’impero (rappresentata dalla famiglia della moglie del protagonista). Tutto questo
è raccontato attraverso monologhi rabbiosi del protagonista e non da eventi. Questa
commedia suscita scandalo ed enormi polemiche, ma riscuote anche grande
successo. Questa commedia non viene rappresentata nel West End (nel pieno centro
di Londra, dove si svolge la maggior parte dell’attività teatrale londinese), ma al Royal
Court Theatre. Volontà di allontanarsi dal centro. I documentari del Free Cinema o
sono girati in provincia (come nel caso di quello girato nel parco divertimenti di
Margate?) o in periferia, nei sobborghi. Il Royal Court Theatre, che apre alla fine del
1955, non si trova nel West End. Neanche la Galleria White Chapel.
3. Terzo evento culturale del 1956: mostra This Is Tomorrow, che apre alla fine di
agosto fino a settembre. Apre nella East End, la zona più povera di Londra abitata da
migranti. Zona malfamata dove operava Jack lo squartatore, zona in cui sembra
assurdo aprire una galleria. Prime opere artistiche della pop art. Nella mostra This is
tomorrow viene esposto quello che si ritiene essere il primo quadro pop mai
realizzato: un collage di Richard Hamilton. Accanto a questo ci saranno una serie di
sculture, collage, fotografia esibite in maniera tale da dare un senso a quello che
potrebbe essere il volto del futuro. La mostra è suddivisa in stanze ed è frutto della
collaborazione di architetti ed artisti (fotografi, scultori, pittori, eccetera). Ogni
gruppo interpreta l’idea del futuro a modo proprio. Ne nasce una mostra in cui si
trovano già i primi segnali della cultura pop del decennio successivo. Il primo quadro
definito pop viene esposto in questo anno, ma devono passare ancora ⅚ anni prima
che venga esposto uno dei primi quadri pop di Andy Warhol (lattina). Ciò significa
che la pop art non nasce negli Stati Uniti, ma in Inghilterra. Special relationship. Pop
art nasce come una via inglese all’arte, un modo inglese di guardare all’arte.
Prendere influssi che provengono dagli USA e rielaborarli in maniera completamente
britannica.
Fotografie di Nigel Henderson (tra 1948-1953). Era sposato con la nipote di Virginia Woolf.
https://spitalfieldslife.com/2017/03/12/nigel-hendersons-east-end/
Volume di fotografie dal titolo “Streets” in cui Nigel Henderson ritrae le strade dell’East End,
quartiere di Londra in cui lui e la moglie si erano trasferiti (anche per permettere alla moglie di
condurre il proprio progetto Know your neighbour: gente che abitava in un quartiere operaio
dell’East End). Volevano vivere la realtà del quartiere in modo che la moglie potesse portare avanti
la sua ricerca antropologica. Henderson fotografa quindi la realtà di questo quartiere. Spitafield è il
quartiere nell’East End.
Sono i giovani dell’East End che vengono rappresentati. Giovani della classe operaia della seconda
metà degli anni ’50.
Henderson mostra come si vestivano, come si comportavano e si atteggiavano questi giovani, che
saranno poi protagonisti della New Wave britannica, gli stessi che appaiono nei corti del Free
Cinema e che diventeranno poi i maggiori consumatori di un mercato creato apposta per loro.
Una specialità di Henderson sono gli Hendograms, gli endogrammi: si tratta di opere realizzati con
pezzi di oggetti raccolti per le strade dell’East End (pezzi di carta, fogli di giornale, fil di ferro, foglie,
ecc). Questo materiale viene poi messo in una stampante, impressionando direttamente la carta
fotografica con questi materiali senza passare attraverso la macchina fotografica, realizzando un
tipo di foto a contatto simili al lavoro delle future fotocopiatrici. Anche Man Rey creava foto a
contatto, ma Henderson crea un tipo di fotografia astratta simile ai collage della pop art, senza
mettere insieme elementi figurativi: si tratta di opere esibite anche nella mostra Parallel of Life
and Art. Le fotografie di Henderson sono importanti per capire la rivoluzione culturale ed artistica
già in atto tra il 1945 ed il 1956, che porterà alle grandi rivoluzioni degli anni successivi.
Nel febbraio del ’56 esce il primo programma del Free Cinema con un notevole cambio di
protagonisti: si tratta di giovani, gente comune e working class. L’8 Maggio ’56 c’è la prima di Look
back in anger di John Osborne con soggetto:
- Il problema dei laureati delle università red brick (provinciali), frequentate solamente
grazie a borse di studio fornite a giovani meritevoli della working class grazie ad una
delle numerose riforme del dopoguerra, riferite tuttavia solamente alle università di
provincia. Nonostante questo, i giovani laureati erano rifiutati dal mondo del lavoro
(perché le loro università non venivano ritenute all’altezza e di scarso livello) e si
ritrovavano sempre sottocupati: questo è uno dei motivi per cui i Tories verranno
rieletti, insieme ai voti della piccola borghesia che aveva paura di vedersi strappare i
propri diritti + giovani usciti dalle red brick university che non trovavano lavoro.
(Erano stati i Laburisti che si erano impegnati per formare le riforme e portare il
Questa situazione creava rabbia, come dice anche il titolo dell’opera di John
Osborne.
- Il conflitto di classe
- Il gap generazionale
- La nostalgia dell’impero
Altri momenti cruciali: nel settembre del 1956 alla Whitechapel Gallery apre l’esibizione
(exhibition) This is Tomorrow, nell’Ottobre avviene l’invasione sovietica in Ungheria e la crisi di
Suez.
Se in arte ci si sta allontando dal reale, in letteratura, al cinema e a teatro si impone il new social
realism: un raealismo sociale di stampo nuovo che vuole descrivere la società così com’è,
polemizzare con essa offrendo una pittura più vera possibile in modo da cambiare le cose. Ha
dunque una forte base politica ed ideologica. Si occupa di personaggi e ambientazioni della
working class, una classe sociale di cui normalmente letteratura, cinema e teatro non si
occupavano, con poche eccezioni durante la Rivoluzione Industriale dell’800 e l’ultimo romanzo di
D.H. Lawrence, Sons and Lovers.
A teatro invece trionfavano le Ealing Comedies ambientate nella piccola media borghesia basate
sullo humor britannico e sul dialogo frizzante, fondamentalmente disimpegnate. L’ambientazione
preferita del social realism è il Nord, un setting provinciale, la parte più povera, arretrata e meno
colta, vista con disprezzo dal Sud. Ambientate o a Nord o in provincia: descrizione della vita
provinciale, perché la gente comune non vive nel West End ma nelle città di provincia oppure nelle
grandi città del Nord. C’è la volontà di rappresentare la vita della gente comune e di stigmatizzare
la provincia in quanto la maggior parte dei personaggi (giovani) vuole lasciarla. Le tematiche
principali sono i problemi dei giovani e dei teenagers, in quanto la maggior parte dei personaggi
non supera i trent’anni (dai 17 del protagonista della Solitudine del maratoneta ai 25 anni di Jimmy
Porter di Look back in anger). Ci si interessa solo di gente comune, non di aristocratici o alto
borghesi, ma di persone che lavorano tutti i giorni e che vivono una vita normale, comune: non si
tratta di persone particolari, con talenti speciali, ma lavoratori. Fondamentale è il generation gap,
cioè l’abisso che si crea tra i giovani e la generazione precedente dei loro genitori. Questo
generation gap viene accentuato ancora di più dalla guerra: la mentalità dei genitori è ancora
quella del pre-guerra e del periodo di guerra, mentre i giovani vogliono lasciarsi alle spalle tutto
questo e vogliono costruire qualcosa di nuovo. I giovani rigettano gli ideali dei genitori, soprattutto
la nostalgia del passato imperialista, in quanto la mentalità sociale sta fortemente cambiando.
I personaggi di queste opere sono persone che hanno subito sulla propria pelle la guerra da
bambini, ma non la ricordano e stanno cercando di liberarsene, di lasciarsela alle spalle. Il
linguaggio è colloquiale, i romanzi sono scritti nella lingua che queste persone usano ogni giorno,
lontana dallo standard english. Anche i monologhi interiori dei personaggi rispecchiano il pensare
confuso di persone e giovani della working class: a cinema e teatro ci sarà questa prevalenza di
accenti locali, gli attori saranno invitati a parlare con il loro accento, elemento del tutto inedito, in
quanto una regola base del cinema e del teatro del tempo era l’uso di una lingua perfetta, priva di
accento. Gli attori sono nuovi, giovani alle prime armi, sconosciuti alle masse, che hanno
un’apparenza assolutamente normale. Il linguaggio è spiccio, franco, dice le cose come stanno,
senza alcun understatement, nessun sottinteso, caratteristica fondamentale dello humor
pungente e dell’identità britanniche. Questi nuovi personaggi si ribellano all’ipocrisia
dell’understatement e dicono le cose come stanno, usando le parole più sgradevoli: Look Back in
Anger suscitò moltissime polemiche proprio a causa del linguaggio utilizzato, estremamente forte,
a volte offensivo che non si era mai sentito a teatro (se non ai tempi di Shakespeare).
Il Free Cinema è un programma di cortometraggi, il primo di sei programmi realizzati tra il ’56 ed il
’59. Il manifesto del Free Cinema recita: “No film can be too personal. The image speaks. Sound
amplifies and comments. Size is irrelevant. Perfection is not an aim. An attitude means a style. A
style means an attitude”.
Questo può essere considerate come il manifesto di tutto il new social realism.
- Non bisogna ricercare a tutti i costi l’oggettività: non si va alla ricerca dell’oggettività
ma si esprime la propria personalità. L’arte deve parlare della vita personale degli
artisti e delle persone della working class, contenendo perciò una massiccia dose di
realismo.
- L’immagine si commenta da sola, non ha bisogno di commenti esterni o spiegazioni
da parte degli autori. È l’immagine che parla.
- Il suono è inteso come colonna sonora in generale, tutti i suoni oltre la musica
amplificano il senso dell’opera e ne spiegano il senso.
- Si tratta di opere brevi (corti; il più lungo è 50 minuti, il più corto è 12 minuti) che
non danno importanza alla lunghezza, sia nel cinema con i corti che nella letteratura
con le short stories, che a teatro con gli atti unici. (The Loneliness of the long
distance runner è una novella, troppo lunga per essere considerate una short story e
troppo corta per essere un romanzo). La lunghezza è irrilevante
- La perfezione non è uno scopo: non si vuole raggiungere la perfezione, anzi la
perfezione è disdegnata, si vuole rendere l’idea della vita com’è e la vita non è
perfetta.
- L’atteggiamento dell’autore è già uno stile: non ci si impone di perseguire uno stile.
Non si persegue uno stile preciso perché nell’atteggiamento che l’autore ha nei
confronti del proprio lavoro è già implicito lo stile.
Lindsay Anderson è il più politicizzato tra questi registi, un intellettuale di ideologia marxista che si
dedicherà poi al lungometraggio (cinema lungo) realizzando nel ’68 “If”, un film molto forte e
violento che anticipa le lotte studentesche del periodo.
Karel Reisz era un immigrato polacco che sarà il regista del film tratto da Staruday Night and
Sunday Morning.
Tony Richardson girerà il flim tratto da The Loneliness of the Long-distance Runner, sarà il regista
che porta a teatro la prima rappresentazione di Look Back in Anger e sarà anche il registra del film
tratto da Look Back in Anger.
Lorenza Mazzetti era una giovane studentessa italiana della Slade School of Fine Art con una storia
molto tragica: orfana e viene cresciuta in Toscana dalla famiglia degli zii imparentati con gli
Einstein, famiglia facoltosa, ma uccisi dai nazisti con ordine di Hitler (legge razziale). Perde quindi la
zia e cugine, ma anche lo zio che qualche anno più tardi si suicida. Dopo il fidanzamento della
sorella, Lorenza si sente abbandonata e quindi parte per Londra dove entra nella UCL, realizzando
in un primo momento un film ispirato alla Metamorfosi di Kafka (usa i materiali della scuola di
nascosto e firma assegni falsi per ottenere le pellicole; quando il direttore se ne accorge vorrebbe
espellerla ma lei riesce a proiettare il film). Successivamente realizza Together: dopo questo non
girerà mai più film, tornerà in Italia dove pubblicherà il romanzo autobiografico Il cielo cade che
vince il premio Viareggio, uno dei premi più importanti del tempo. Si dedicherà poi
completamente alla pittura. Lorenza Mazzetti muore a gennaio 2020.
“Io sono un genio”
(Due film del Free Cinema: The Loneliness of the Long-distance runner e A Taste of Honey)
Visione del secondo corto del Free Cinema: Momma Don’t Allow di Karel Reisz e Tony Richardson.
https://www.youtube.com/watch?v=je24WUx7EcE
https://www.youtube.com/watch?v=CLQI9-KMoCQ
Il film è girato nell’arco di 9 sabati sera tra il 1954 e ’55 presso un jazz club chiamato Wood Green,
situato nella North London. È stato prodotto grazie al supporto del finanziamento
dell’Experimental Film Fund istituito dal British Film Institute (BFI), che sponsorizzava film
sperimentali e che aveva reso possibile anche la produzione di Together di Lorenza Mazzetti (terzo
film del Free Cinema). I due registi che hanno lavorato su questa pellicola sono Karel Reis,
programmatore polacco che lavorava per il National Film Theatre di Londra, e Tony Richardson,
che lavorava per la BBC.
Perché questo film segna una novità nella cultura inglese? Cosa ci dice della cultura inglese
dell’epoca? Ciò che si nota maggiormente è l’attenzione rivolta ai giovani provenienti dalle classi
meno abbienti, i quali pur essendo lavoratori si trasformano in serata e, come sottolinea anche la
musica, ritornano ad essere dei semplici ragazzi. Si trasformano nella serata e si spogliano del sé
quotidiano e dalle responsabilità giornaliere: li vediamo sul luogo di lavoro nelle prime scene del
corto.
I corti del Free Cinema non sono commentati da una voce fuori campo (non sono film muti: ci sono
musica e rumori, elementi importanti nel manifesto del Free Cinema) perché la voce fuori campo
riflette l’ideologia del regista, mentre i registi del Free Cinema vogliono lasciare libertà alle
immagini. Le immagini parlano da sole. La novità nella rappresentazione dei giovani da parte di
Reisz e Richardson è il fatto che non ci sia paternalismo: i personaggi delle classi operaie non sono
guardati con paternalismo dai registi, ma dagli altri sì: lo capiamo quando nel corto arrivano 4/5
provenienti dall’alta società con la macchina di lusso e vestiti da sera (eleganti). Il loro sguardo
denota che vadano al jazz club per guardare dall’alto, sguardo della signora che lancia ai ballerini e
il modo in cui si rivolge al suo compagno. Sguardo che la upper class lanciava sulle classi inferiori e
sguardo che le generazioni precedenti lanciavano sui giovani. Le immagini sollecitano chi guarda a
prendere posizione. Sollecitare una presa di posizione
Rispetto a O Dreamland non è presente l’aspetto scary. Reisz e Richardson non propongono un
aspetto scary. Ma perché Anderson propone questo aspetto scary mentre gli altri due registi no?
Perché in O Dreamland il focus sono gli adulti, mentre in Momma Don’t Allow sono i giovani.
O Dreamland, girato nel 1953 ma proiettato con il primo programma del Free Cinema nel 1956, ci
mostra i divertimenti degli adulti della classe operaia. Divertimenti banali riservati a queste
persone.
Sono passati solamente tre anni, ma la società sta già cambiando: nascita di jazz club nelle
periferie e sobborghi di Londra nei quali si radunano i giovani.
Mentre O Dreamland parla delle generazioni precedenti, Momma Don’t Allow rappresenta giovani
che stanno cominciando a prendere coscienza di sé. Stanno creando dei divertimenti alternativi e
stanno imparando a radunarsi e stare insieme. Se ci caliamo nel periodo, il fatto che questi giovani
fossero adulti più seri che si occupavano di cose adulte non era ricercato da loro, ma questa era
una categoria di persone la cui esistenza era disegnata dalla nascita. I giovani della classe operaia o
della piccola borghesia studiavano fino al compimento dell’obbligo e poi ad un’età di 16/17 anni
entravano nel mondo del lavoro, non avendo però grosse qualifiche. Lavori non prestigiosi: nel
corto vediamo una ragazza che pulisce una carrozza, una ragazza che fa l’assistente di un dentista
ed un ragazzo che fa il macellaio. Questa era la situazione normale al tempo per tutti colori che
facevano parte di classi non abbienti, quindi working class ma anche piccola e piccolissima
borghesia.
(Anche in Italia era così negli anni ’50, anzi l’obbligo scolastico in Italia era limitato alla scuola
elementare. Negli anni ’60 nasce anche un programma televisivo chiamato “Non è mai troppo
tardi” dove un professore insegnava a leggere e scrivere ad adulti analfabeti. A partire dal 1963 la
scuola dell’obbligo in Italia non è più limitata alla scuola elementare, ma viene estesa alle scuole
medie. C’era la possibilità di scegliere tra diversi indirizzi, tra cui la scuola di avviamento al lavoro
della durata di 3 anni, pensata per far ottenere ai giovani una qualifica per lavorare. Inseriva i
giovani nel mondo del lavoro. Dopo l’avviamento al lavoro si era costretti a lavorare e non si
poteva frequentare nessun altro tipo di scuola di istruzione).
Questi ragazzi non facevano propriamente una vita adulta di giorno e poi “tornavano” ragazzi di
sera nel jazz club, ma era la vita delle classi meno abbienti che veniva impostata e incanalata in
questo modo fin dalla nascita.
Novità: presenza di una piccola scena sentimentale e ragazzi della classe alto-borghese che se ne
vanno prima della fine della serata perché non si trovano a proprio agio.
Sono inserti narrativi all’interno della cornice di documentario. Nei corti del Free Cinema vediamo
quindi il tentativo di raccontare delle storie attraverso la realtà documentaria. È una novità, perché
generalmente i documentari non hanno l’obiettivo di raccontare delle storie, ma solamente
presentare la realtà.
Momma Don’t Allow mostra una spensieratezza che non c’è assolutamente in O Dreamland. Non
c’è paternalismo da parte dei registi. C’è invece da parte dei ragazzi delle classi più alte.
Si allontanano quindi dalla scuola documentarista inglese: nella prima metà del ‘900 opera una
scuola documentarista inglese molto importante, tant’è che il termine “documentario” viene
coniato dal capo di questa scuola Grierson. Il film documentario doveva essere un documento
della realtà, sociale ed oggettivo che rifletteva una presa di posizione sul reale e quindi fotografava
il reale senza intrusioni narrative o poetiche.
In seguito, il documentarista Jennings inizia ad inserire all’interno dei propri documentari (di
propaganda bellica) elementi poetici. I registi del Free Cinema si rifanno quindi a Jennings, ma
anche ad un documentarista francese Jean Vigo, maestro del documentario poetico (famoso per il
capolavoro L’Atalante -letto alla francese-).
(Nel film Together della Mazzetti c’è una vera e propria narrazione)
Ricordiamo anche Raymond Williams, che scrive recensioni sul realismo del periodo e le relative
opere, e sostiene che bisogna guardare alla realtà in maniera realista, tornare al realismo. Un
realismo inteso come un intero modo di vivere (cultura come way of life). Non soltanto uno
sguardo alla società, ma anche attenzione prima di tutto agli individui e alle persone.
Williams è il fondatore degli studi culturali, fa parte della scuola di Birmingham e vuole affrontare
come i cultural studies affrontino tematiche presenti nelle opere del periodo.
Scriverà anche di cinema e troverà 4 componenti di base del cinema realista di quegli anni: laicità
(non adesione a fedi), contemporaneità (attenzione al presente), attenzione ai gruppi sociali
marginali o trascurati ed intento politico (impegno dei registi: i film di questo periodo non sono
mai disimpegnati). Chi lavora nel mondo culturale in questo periodo si caratterizza per una
profonda intelligenza del presente: vive nel presente e lavora sul presente, senza guardare al
passato e al futuro.
Interconnessione costante tra luogo e personaggi: studio dell’influsso dell’ambiente sull’individuo.
Sia in O Dreamland che Momma Don’t Allow prima di tutto si contestualizzano i personaggi nel
proprio ambiente di lavoro e poi li si decontestualizza e si nota come appaiono diversi quando
arrivano nel loro luogo di divertimento. Ogni aspetto della vita personale è influenzato
radicalmente dalla qualità della vita generale e tuttavia quel che è più importante nella vita
generale è visto in termini completamente personali (principio del manifesto del Free Cinema).
Cambiamento radicale di prospettiva: la vita collettiva e sociale è influenzata dal personale.
Inoltre Williams nella sua trattazione individua delle structures of feelings (strutture di
sentimento), che secondo lui costituiscono l’espressione delle esperienze comuni e quotidiane di
un determinato gruppo sociale. !!!!!!!!!!!
In questo senso, il ballo e la musica sono structures of feelings di questo gruppo. Momma Don’t
Allow mostra come la cultura sia un insieme di conoscenze che lega tutto un gruppo ed è costituita
da strutture di sentimento comuni. Senso di condivisione e di comunità.
Questi ragazzi non sono visti come tipi sociali, non sono quindi dei rappresentanti della propria
classe sociale, ma vengono visti in primo luogo come individui. L’interesse per le persone è alla
radice del rinnovamento culturale inglese è sottolineato dalla visione di queste persone come
individui e non come tipi caratteriali o sociali.
O Dreamland prende il titolo dal nome del parco di divertimenti Dreamland.
Momma Don’t Allow è il titolo di un brano che viene suonato dalla jazz band durante il film. È un
brano non originale, ma un famoso brano jazz americano. Questo titolo ha però un altro significato
più nascosto: la mamma non lo permette, c’è un implicto riferimento alla giovane età dei
protagonisti (ancora sotto la tutela materna) e al tipo di divertimento e musica ascoltata che
probabilmente non riscuote l’approvazione delle generazioni più anziane. Il titolo quindi ci
suggerisce un generation gap che non appare nel film ma che è implicito nel titolo. Viene forse
scelto con una certa malizia.
(Williams fondatore degli studi culturali. Alla base della concezione di cultura secondo Williams c’è
la way of life, il modo di vivere e strutture di sentimento comuni ad un certo gruppo sociale.
Momma Don’t Allow è la perfetta esemplificazione delle teorie che Williams stava elaborando
proprio in quegli anni.
Il Free Cinema, quindi, riflette anche il cambiamento dell’idea di cultura che sta prendendo piede
in Inghilterra in quel periodo.)
Visione del film Together di Lorenza Mazzetti del 1956. Durata 50”
https://player.bfi.org.uk/free/film/watch-together-1956-online
Serve VPN
Si tratta del corto di Free Cinema di Lorenza Mazzetti, all’epoca regista esordiente, che vince un
premio al Festival di Cannes. La realizzazione di questo cortometraggio è stata resa possibile dal
direttore del British Film Institute che lo finanzia. Tra le caratteristiche più importanti ritroviamo
l’ambientazione: East End, zona che al tempo non era mai stata presa in considerazione per
qualsiasi tipo di prodotto culturale. Per la prima volta nel 1956 due eventi culturali si concentrano
in questa zona. Abbiamo un’immagine molto precisa e realistica della situazione britannica dei
sobborghi di Londra nella seconda metà degli anni ’50: vediamo i bomb sites (zone distrutte dalle
bombe) dove giocano i bambini, uomini che lavorano al porto, il mercato, i pub. Sono importanti le
scene in cui compaiono i bambini tutt’altro che buoni, che rimandano per ambientazione dei giochi
ed atteggiamento alle foto di Henderson.
I due protagonisti sordomuti non sono attori professionisti, ma amici della regista Mazzetti: due
giovani che al tempo frequentavano o insegnavano alla Slade School of Art. Sono interpretati dallo
scultore Eduardo Paolozzi (il più grosso) e dal pittore Michael Andrews (il più alto).
Notevole uso della colonna sonora: si alternano musiche originali (scritte dal musicista italiano
Daniele Paris, amico della Mazzetti) e filastrocche dei bambini che accompagnano i giochi e rumori
della strada, del porto, delle gru. Ad un certo punto abbiamo anche dei momenti di grande
silenzio: metaforicamente è il silenzio in cui sono isolati i due protagonisti che non hanno
possibilità di sentire. I due protagonisti sono inquadrati come degli outsider che abitano un loro
mondo silenzioso, isolati da tutti gli altri. Sono incompresi e nessuno empatizza con loro.
Questo è l’unico corto ad avere una trama di fondo. Nonostante ciò, ci sono anche lunghi spazi
documentaristici (es. scena al mercato).
Quando uscì nel febbraio del 056, il Sunday Times pubblicò una recensione molto positiva.
La narrazione procede per immagini attraverso cui racconta non solo un mondo, ma anche le
relazioni (e non relazioni) umane. Ciò che colpisce è la solitudine ed alienazione di questi due
personaggi.
La regista Lorenza Mazzetti confessa anche che il film in qualche modo vuole raccontare e
descrivere la propria storia. Nei due sordomuti aveva anche rappresentato se stessa: sola in un
Paese a lei estraneo (Londra), parlando una lingua che non era la sua lingua madre e che spesso
non comprendeva, e per di più donna.
Il saggio di Stuart Hall sulla diversità è utile per comprendere questo lavoro: è uno dei primi lavori
che si interroga sulla diversità, perché questi sono gli anni in cui si comincia a prendere coscienza
della presenza degli altri. Sono solo 8 anni dallo sbarco di migranti chiamati al governo (della
Windrush Empire), che poi non hanno trovato le condizioni ottimali per vivere. La Mazzetti si
riconosce tra questi migranti e ne dà una rappresentazione figurativa estrema nei due sordomuti.
Viene mostrato che la working class conduce una vita piuttosto monotona, ma il tutto viene
enfatizzato quando è rapportato alla vita solitaria dei due protagonisti. Vita alienante della
working class enfatizzata attraverso il ricorso ai due personaggi sordomuti, che non vengono
accettati neppure all’interno della loro stessa classe. La loro diversità infastidisce e spaventa al di là
di ogni classe o ceto sociale: questa sorta di guerra tra poveri, idea di rifiuto totale.
La scelta di attori non professionisti è influenzata dal neorealismo italiano, dove spesso gli attori
erano presi dalla strada: la Mazzetti conosceva i film neorealisti e vi prende ispirazione.
Rende l’idea di riscoprire la poesia della realtà, la poesia nascosta nel quotidiano e nelle cose più
banali.
Rispetto agli altri due corti, in Together lo spettatore è portato ad empatizzare di più con i
personaggi. In O Dreamland (stigmatizzazione dei divertimenti offerti alla working class, il tutto era
mostrato con un senso di inquietudine) i personaggi erano tanti e nessuno aveva una parte
preponderante, era impossibile entrare nelle loro psicologie e cercare di capirli.
È interessante anche vedere come l’occhio della regista (Lindsay Anderson ha avuto un ruolo
importante nel montaggio) corrisponda esattamente a quello dello spettatore: sembra veramente
di entrare nelle case dei protagonisti e di camminare nelle strade della East End. Sicuramente
questo aspetto contribuisce al grande realismo e all’empatia. Le inquadrature seguono lo sguardo
dello spettatore.
Gli ambienti interni hanno soffitti bassi e aumentano il senso di ovattamento del mondo in cui
vivono i due: è come se ci fossero più livelli di marginalità uno dentro l’altro (East End rispetto a
Londra ed i sordomuti e i bimbi dentro l’East End). Importante anche l’influenza della tv (as seen
on tv: sottile riferimento a come il mondo della televisione stesse già dominando la realtà
britannica in quel momento). Il jukebox all’interno del pub, il ballo dell’uomo con dei passi nuovi e
moderni, la musica.
Nella scelta dei due protagonisti c’è un richiamo fisico a Stanlio e Ollio. Ma a differenza di
quest’ultimi, i protagonisti di Together non sono comici, quanto più tragici: la critica parla di
comicità malinconica (soprattutto nella prima parte), che possiamo ritrovare anche nei film di
Charlie Chaplin. Tragicità della scena finale: non solo nella morte di uno dei protagonisti, ma anche
nel fatto che, pur essendo “Together” nella loro diversità e in un mondo solo per loro, i personaggi
non vengono accolti dagli altri, ma al tempo stesso non possono ascoltarsi neppure fra di loro.
Tragica la scena in cui l’uomo nell’acqua si dimena per cercare di attirare l’attenzione, ma l’altro
non può ascoltarlo e pur essendo lì, non può aiutarlo.
I tre film nacquero in momenti diversi e non furono fatti con l’intenzione di essere presentati
insieme, ma capitò che i quattro registi si conobbero e capirono che le opere che stavano portando
avanti avevano qualcosa in comune.
13/10/2020
A livello di pubblico, i film ebbero un notevole riscontro da parte dei frequentatori di cinema e del
Royal Court Theatre, ma anche della critica più giovane e progressista (della New Left, che nasce
dopo i fatti di Ungheria). La working class non ha mai avuto la possibilità di guardarli: non erano
film destinati a fare circuito. Ebbero un’enorme importanza perché permisero il pubblico a
mettersi a confronto con realtà che non conoscevano. Rivoluzione del cinema inglese.
I lungometraggi invece arrivarono alla classe operaia e vennero apprezzati.
I film della New Wave britannica furono messi in discussione dagli intellettuali più anziani,
piuttosto che dai giovani della working class. Nuova ondata cinematografica e teatrale.
Furono loro a coniare l’etichetta Kitchen sink (drama/film), perché questi critici anziani non
comprendevano perché spendere il prezzo del biglietto per andare a vedere delle storie che si
svolgevano attorno al lavello da cucina. Si parlava di questioni che non sarebbero uscite dalla
parete di una cucina proletaria. Erano schifati dal doversi rapportare a questa realtà di una
gioventù arrabbiata e disillusa nei confronti della società, facente parte della working class. Realtà
domestica e proletaria. Kitchen sink perché erano tipiche scene della vita domestica.
Al contrario, la working class si sentiva rappresentata e si riconosceva.
Il Free Cinema fece da apripista, sia dal punto di vista dei contenuti che dei modi. Dopo di loro, la
cultura britannica del tempo amplierà ciò che il Free Cinema aveva introdotto nei film e nei
drammi, ma anche nelle canzoni. Free Cinema come precursori.
Ci furono 6 programmi di Free Cinema nell’arco di 3 anni. Nei programmi successivi, sempre
presentazione di cortometraggi, gli organizzatori hanno dato spazio anche al cinema indipendente
mondiale. L’obiettivo era dare spazio a giovani registi che non avevano possibilità di ottenere
finanziamenti e di farsi conoscere nel circuito internazionale.
Solamente il terzo programma era dedicato interamente a corti inglesi, tra cui troviamo anche
Everyday except Christmas del 1957, filmato al mercato generale di Covent Garden.
(Trama di Look Back in Anger, ma non devi dirla all’esame. Prepara un commento personale e del
significato di quest’opera.
Monologhi di Jimmy Porter contro la borghesia, la Englishness, aristocrazia e famiglia della moglie
che proviene dall’alta borghesia. Si lamenta della propria infanzia triste.
È ambientata in un monolocale nelle Midlands: è la prima volta che a teatro non si rappresenta un
salone lussuoso ecc. Ambientazione squallida, ragazza che stira.
Questo monolocale è condiviso da Jimmy Porter e la moglie Alison, insieme ad un amico di Jimmy
Porter dal nome Cliff Lewis. Al tempo era scandaloso che una coppia ed uno scapolo vivessero
insieme: nel dramma abbiamo il sospetto che Cliff sia in qualche modo innamorato di Alison.
Cliff è collega di Jimmy, perché insieme gestiscono una bancarella di dolciumi al mercato.
Cliff non è laureato, mentre Jimmy si è laureato in una red brick unviersity.
Per tutto il primo atto Jimmy cerca di controllare la propria rabbia, ma finisce per prendersela con
la moglie. È insoddisfatto del proprio lavoro e pensa di meritare di più dalla vita.
Nel secondo atto Alison lascia Jimmy dietro consiglio insistente della sua amica Elena (attrice,
rigorosa, proveniente dall’alta borghesia) che chiede di poter restare insieme a loro per il periodo
in cui la propria compagnia teatrale recita nella cittadina. Jimmy odia Elena, la offende e si lasciano
spesso andare a battibecchi. Alison è incinta, ma ha paura della reazione di Jimmy. Elena quindi le
consiglia di andarsene. A questo punto Jimmy ed Elena hanno un chiarimento e la ragazza finisce
per prendere il posto di Alison, diventando la convivente di Jimmy.
Nel terzo atto, Alison che ha perso il bambino torna da Jimmy. Elena si sente in colpa e si riconcilia
con lei e lascia Jimmy. Jimmy ed Alison tornano insieme e provano a rimettere in piedi il loro
matrimonio).
La commedia rappresenta la gioventù post-guerra per come appare realmente, con un’enfasi
particolare per ragazzi non facoltosi che vivevano in stanze d’affitto. Vengono definiti non-U [non-
university] intelligentsia.
C’è un focus sulle non-U perché in quegli stessi anni era uscito Lucky Jim, un romanzo molto
ironico che ha come protagonista un giovane uscito da un’università provinciale, che dopo la
laurea diventa ricercatore presso l’università.
Dopo la prima, un critico teatrale scrive che questa commedia altro non era che una serie di rantoli
e lamentele di un poppante. Tynan, rifacendosi a questa critica, riprende la parola “pup”
(poppante) e paragona Jimmy Porter ad Hamlet (per la sua capacità introspettiva, dono per la
parodia e disprezzo per l’ipocrisia). Caratteristiche che lo apparentano ad Amleto: il più bel ritratto
di giovane apparso nella letteratura inglese dopo Amleto.
Il titolo di questa recensione è “The Voice of the Young”, pubblicata 5 giorni dopo la prima.
Finalmente si dà spazio e voce ai giovani.
Il successo di Look Back in Anger non è immediato: suscita inizialmente scandalo e scalpore. La sua
fortuna comincia quando il 16 ottobre la BBC trasmette alcune scene del dramma. L’autentico
successo che spinge le persone ad andare a vedere il dramma a teatro: un mese più tardi la ITV
(prima televisione commerciale) manda in onda l’intero dramma in televisione (riprese da teatro).
Questo sottolinea l’importanza della televisione e diffusione della televisione nel 1956 in Gran
Bretagna (a differenza dell’Italia) ed importanza della televisione commerciale (ITV). Dopo la
presentazione di Look Back in Anger, la ITV vede aumentare i propri abbonati. Importanza della
televisione per il successo di questo lavoro. Il regista di Look Back in Anger è Tony Richardson.
A partire da questo momento quindi la gente si precipita in massa a teatro per vedere il dramma.
Com’è possibile che Elena e Alison (provenienti dall’alta borghesia) si adattino alla vita mediocre di
Jimmy? Jimmy è antipatico e riottoso, ma che esercitava un certo fascino. Alison era molto
innamorata di Jimmy. Inoltre, lasciare la propria famiglia rappresentava una sfida (generation gap:
differenza tra genitori e figli). Il voltafaccia di Elena è difficile da comprendere, si può giustificare
solamente se pensiamo che anche lei abbia in qualche modo subito il fascino di Jimmy.
Alison è taciturna, subisce la rabbia di Jimmy. Ma in alcune interpretazioni di questo personaggio il
suo silenzio diventava un’arma, un modo per far innervosire ed arrabbiare Jimmy ancora di più,
che la provocava ed aveva come unica risposta il silenzio di Alison. Questo sta nella bravura degli
attori.
14/10/2020
Com’è stato visto questo dramma dagli intellettuali contemporanei e coetanei di Osborne?
Un anno dopo la prima rappresentazione di Look Back in Anger, una casa editrice inglese pubblicò
una raccolta di saggi dal nome Declaration, dove chiedeva agli intellettuali del tempo di parlare
della situazione culturale inglese del loro tempo. In questa occasione Lindsay Anderson, uno dei
giovani più influenti del periodo, scrive questo: il pubblico giovane non ha visto solamente
l’antipatia e arroganza che avevano visto le generazioni precedenti, ma anche una forte
espressione del disgusto dei giovani per le ipocrisie contemporanee (IMPORTANTE: Tynant usa il
termine phoneyness per indicare le ipocrisie contemporanee. Contempt for phoneyness: disprezzo
per le iprocrisie contemporanee).
Era rincuorante che un giovane che mostrasse la mancanza di ideali, confusione ed incertezza dei
giovani. Per la prima volta, il pubblico giovane si sente rappresentato: shock da riconoscimento.
Le generazioni più anziane (quelle che andavano abitualmente a teatro). Rutto a teatro: reazione
per le generazioni più mature, rifletteva il linguaggio dell’opera stessa.
Anderson dice di non focalizzarsi sulla rabbia, ma sul suo insistere nella richiesta di trovare
qualcosa per cui impegnarsi e in cui credere. Anderson colpevolizza la sinistra e sarà tra i
promotori di una New Left più vicina al socialismo (reale).
Nel 1962, il critico John Russell Taylor scrive una storia del teatro contemporaneo e riprende Look
Back in Anger intitolando l’opera Anger and After, proprio ad indicare Look Back in Anger come
uno spartiacque rivoluzionario del teatro inglese. Un punto di non ritorno.
Il giudizio positivo del dramma verrà ridimensionato nei secoli successivi: commedia
profondamente conservatrice, con una struttura classica e piena di nostalgia per un passato. Non
un lavoro rivoluzionario, com’era apparso ai contemporanei.
Jimmy Porter
Provoca uno SHOCK DA RICONOSCIMENTO per i suoi coetanei. Rappresenta il disagio dei giovani
britannici che avevano visto la loro infanzia e adolescenza segnate dalla depressione della guerra.
Diventano maggiorenni sotto un governo socialista, per poi scoprire che quello spirit of ’45 non
aveva cambiato il rigido classismo inglese.
Jimmy riporta anche un problema molto più ampio, ossia cosa fare con un’istruzione (education)
liberale in un mondo tecnologico: Jimmy è laureato in letteratura inglese e si trova disoccupato in
una società che sta diventando fortemente tecnologica. Sono gli anni di scoperte e conquiste,
corsa allo spazio, tecnologia sempre più avanzata.
“As Found, The Discovery of the Ordinary” è il volume che contiene queste riflessioni su Jimmy
Porter. “As Found” significa usare materiali grezzi così come sono, senza cercare di abbellirli e non
cercare la perfezione. Far esaltare quanto c’è di esteticamente bello nel materiale così com’è. Es:
collage. Quest’idea si traduce presto al mondo della letteratura: poesia del quotidiano, cose di ogni
giorno. Questo “As Found” porta alla riscoperta di ciò che è ordinario.
Look Back in Anger è un dramma convenzionale, strutturato in 3 atti: il primo atto introduce i
personaggi, nel secondo abbiamo una crisi (Alison che se ne va e Elena che prende il suo posto),
nel terzo atto abbiamo la risoluzione della crisi.
Fu difficile per le upper classes capire Jimmy, perché non riuscivano a comprendere il suo
ambiente: i critici della middle e upper class rimasero scioccati nel vedere un ambiente di cui non
sapevano nulla. Osborne stesso dice che una delle difficoltà nello stabilire una cultura che funzioni
è non comprendere l’intenzione dell’autore a causa di insensibilità ed ignoranza. D’altra parte, è
troppo pretendere che possano comprendere le condizioni di vita. Osborne prende una posizione
contro l’atteggiamento della critica alto borghese: provengono da Oxford e non possono capire
questo mondo.
Il vero interesse di Osborne durante la scrittura non è fare una denuncia sociale, ma provocare dei
sentimenti e sensazioni.
“Look Back” e “Anger”.
Look Back può essere vista anche come nostalgia, che per Jimmy è una nostalgia per un mondo
che non ha mai conosciuto né vissuto. È consapevole che non potrà mai raggiungere questo
mondo. È il mondo del padre di Alison, il mondo appartenente alla middle class. Il padre di Alison è
un colonello ed è reduce da un viaggio in India e descrive questo viaggio come un sogno. Jimmy
riesce a comprendere questo personaggio e nella commedia prende le sue difese. Questo suo
atteggiamento (ed empatia) è stato visto negativamente da alcuni critici, come una sorta di
doppiezza perché è in grado di giustificare la nostalgia del padre di Alison, quegli stessi sentimenti
che lui stesso definisce falsi. Ecco la frase tramite cui Jimmy giustifica il colonnello: “IF YOU HAVE
NO WORLD OF YOUR OWN, it’s rather pleasent to regret the passing of someone else’s”: chi non
ha un mondo suo, si diverte a rimpiangere il tramonto di un mondo altrui”. Jimmy, non avendo
niente di suo, si diverte a rimpiangere un molto altrui, che è il mondo dell’India imperiale (gioiello
della corona).
Questa frase non va visto come un modo di empatizzare con gli altri: Jimmy è arrogante e non
empatizza.
Jimmy prova un attaccamento verso una realtà che non gli appartiene perché ciò è confortante:
non si attacca ai ricordi del passato perché i suoi ricordi non sono piacevoli, come la morte del
padre. Ma piuttosto preferisce guardare alle epoche passate attraverso i racconti (e quindi gli
occhi, che sono in qualche modo un filtro) del padre di Alison. Tutti I mondi passati ci sembrano
migliori del nostro presente, ma non lo possiamo sapere per certo. L’India per il padre di Alison è
un po’ come gli anni ‘60/’70 per i nostri genitori, una sorta di Epoca d’Oro. Dobbiamo concentrarci
sul fatto di non avere un mondo proprio: la generazione successiva non provano le stesse cose
perché loro hanno un mondo proprio a cui attaccarsi, sono giovani che si creano un mondo proprio
e non rimpiangono quello passato. Swinging London inglese: creazione di un universo giovanile
proprio in cui i giovani si riconoscono. Senso di appartenenza.
Sentirsi come se si avesse “missed the party”, perso la festa.
Jimmy ha talmente in odio le classi più elevate che difficilmente sognerebbe di farne parte. Ma
Jimmy parla, monologhi infiniti, ma non contempla minimamente la lotta di classe per cambiare la
situazione.
Jimmy è incattivito e si è creato una corazza, non è realmente forte come vuol far sembrare. È alla
disperata ricerca di amore e non sa come fare per ottenerlo. Gli è mancato l’amore nell’infanzia e
fa di tutto per allontanare Alison.
Altra citazione interpretata come nostalgia del Looking Back: “I suppose people of our generation
aren’t able to die for good causes any longer”. Penso che la gente della mia generazione non sia
più capace di morire per una buona causa. Frase paradossale, perché Jimmy parla per paradossi.
L’idea che non ci siano più cause per cui combattere perché è già stato fatto tutto dalle
generazioni precedenti diventa un alibi per non fare nulla. Jimmy parla, ma non scende in piazza,
non agisce. Generation gap: avete fatto tutto voi, a noi cosa resta? Noi siamo rimasti nel vuoto.
“I hope you won’t make the mistake of thinking for one moment that I am a gentleman”: ciò che
Jimmy rimpiange (perché non ha un mondo suo) è non poter appartenere a questo mondo di
gentleman che ormai non esiste più. Nostalgia for things he has never known.
In Anger: la rabbia di Jimmy.
È domenica, Alison sta stirando e Cliff sta leggendo il giornale. Jimmy palesemente si annoia e gli
altri sembrano lontani da lui. Non vede vita intorno a sé data la passività di Alison e Cliff.
Monotonia e passività. “Facciamo un piccolo gioco, facciamo finta di essere
Jimmy parla anche dell’ingiustizia che governa il mondo: sono le persone sbagliate ad avere fame,
ad essere amate e a morire. La scaglia in primis contro ad Alison, che è amata da Jimmy ma
secondo lui lei non se lo merita.
“I learnt at an early age what it was to be angry – angry and helpless”: Jimmy si scaglia anche
contro Alison e alla classe da cui proviente. Non possono capire perché non hanno mai provato
sulla loro pelle.
Jimmy a volte se ne esce con affermazioni misogine e cattive verso Alison: spera che Alison perda il
bambino in pancia per farle capire il dolore che lui ha provato nella sua vita.
Idea che gli inglesi saranno americanizzati: paradosso, perché l’America è il faro verso cui gli artisti
guardano. Ma la profezia non si rivelerà corretta, in quanto di lì a qualche anno gli inglesi
riusciranno a diventare il modello non solo per gli americani ma anche per tutto l’Occidente.
Immagine: rappresentazione recente di Broadway che sottolinea l’importanza di quest’opera e la
possibilità di trovare sempre nuovi significati.
19/10/2020
Diverse interpretazioni di Look Back in Anger, tra cui il difficile rapporto di coppia e Jimmy come un
disattato che è alla disperata ricerca di amore, che però non sa come trovare.
Video: interpretazione di David Tennant di Jimmy Porter. Sarcasmo e interpretazione di Alison non
passiva ma che reagisce a Jimmy.
Video highlights. Si dà spazio alla sporcizia nel monolocale (materassi con macchie); Elena che stira
(perché prende il posto di Alison).
Ogni attore interpreta il personaggio in maniera diversa, diverse sfumature: signora che si è alzata
ed ha schiaffeggiato l’attore di Jimmy Porter. Nella versione italiana Jimmy è rappresentato in
maniera più pacata e maliziosa: il regista adatta un dramma “molto” britannico ad un contesto in
cui anche gli italiani si sarebbero potuti riconoscere. Valore aggiunto. Re-interpretazione dei nomi
inglesi, che vengono italianizzati.
Enfatizzazione del disordine e della sporcizia: critica implica al tempo, ma anche ai personaggi che
non mantengono la dignità.
Gioco che fanno Jimmy e Alison (che lo spiega a Elena): due peluche a forma di orso e scoiattolo.
Momento in cui si rivela la tenerezza tra Alison e Jimmy. Tant’è che nell’ultima scena, quando
Alison torna, è proprio Jimmy a prendere i peluche e a
Reazione schifata di Elena quando Alison racconta di questo gioco che porta il pubblico a ridere. Si
enfatizza ancora di più la trasformazione di Alison (anche nei vestiti e nella posizione di superiorità
di Elena seduta su una sedia in alto, mentre Alison è per terra con vestiti poco curati) da quando ha
conosciuto Jimmy. Lei, proveniente dalla classe dell’alta borghesia, si è abituata a vivere come lui.
Jimmy è insopportabile, però Alison agli occhi di molti spettatori è ancora più insopportabile. Quasi
sindrome di Stoccolma: donna presa in ostaggio, che poi si innamora. Osborne forse era misogino
e trasmette questa sua misoginia nel personaggio di Jimmy.
Nell’interpretazione italiana, Jimmy Porter è fin troppo pacato.
Jimmy ama il tono della sua voce: è convinto di dire le cose giuste nella maniera giusta. Come
cambia il personaggio a seconda delle direttive della regia e dell’interpretazione dell’attore.
(Ho trovato un articolo di The Spectator in cui uno degli ultimi membri del cast di Look Back in
Anger ancora in vita dice: I just wished that Jimmy Porter would shut up”).
Elena è il personaggio più negativo ed insopportabile, che usa Jimmy e lo seduce.
Trailer del film di Look Back in Anger del 1959, con regista sempre Richardson. Insieme a Devine e
al produttore Harry Saltzman fonda la casa di produzione Woodfall Film Productions
appositamente per girare questo film. Per ottenere i fondi per la produzione di questo film,
Richardson fu costretto ad impiegare una star internazionale (Richard Burton, che interpreta
Jimmy). Il film non ebbe un successo clamoroso: Richard Burton ha una decina di anni in più
rispetto a Jimmy e questo si nota. Ci sono molte scene girate all’aperto, non adattate fedelmente
al testo claustrofobico di Osborne. Dramma di alienazione e incomunicabilità. Molte scene di
Jimmy che suona la tromba, che non è un elemento molto presente nelle altre versioni del
dramma. (Abbiamo quindi una sorta di ripresa a Momma Don’t Allow).
Il Jimmy Porter più riuscito è quello di Kenneth Branagh.
Nel 1958 Tony Richardson ripropone il dramma in versione film. Prodotto nel 1958 dalla neonata
Woodfall Film Productions, fondata dallo stesso regista Tony Richardson e dal drammaturgo John
Osborne, I giovani arrabbiati (nome italiano del film) è il primo lungometraggio della corrente del
Free cinema ad aver affrontato il circuito delle sale. Ciò fu possibile anche grazie alla distribuzione
della Warner Brothers, che aveva contribuito al finanziamento del film contando sulla popolarità,
anche per le sue avventure extra-artistiche, del protagonista Richard Burton, considerato all’epoca
il più bravo interprete shakespeariano. Si tratta dell’unica riproduzione del dramma in film in cui
Jimmy suoni la tromba (cosa non scritta nel dramma).
Nel 1969 esce la versione italiana per la Rai, intitolata Ricorda con rabbia, diretta da Mario
Missiroli con Giulio Brogi, Annamaria Guarnieri e Ilaria Occhini. Questa versione è fedele al testo
ma probabilmente con un finale più positivo; Jimmy, infatti, non è descritto come un folle, viene
rappresentato come ben vestito, con la barba in ordine, anche se rimane teso e nervoso.
Comunque, nel 1957 il dramma era già arrivato nel teatro italiano, diventerà poi “di massa” negli
anni Sessanta.
Nel 1989 esce la versione con Kenneth Branagh nel ruolo di Jimmy ed Emma Thompson, diretta da
Judi Dench. Si tratta di una delle versioni migliori, riproposta poi al pubblico come CD nel 2012.
Nel 2012 abbiamo poi la versione diretta da Sam Gold per il pubblico di Broadway (USA), secondo
lo stile e i gusti americani. Cliff, per esempio, è rappresentato spesso in canottiera, eccessivamente
trasandato. Alison è scalza e sembra cedere ad un mondo “in fervore”, a quello a cui era abituata
da ragazza. Tutto ciò da una sensazione di sciatteria, di disordine e di degrado, quasi inciviltà e
sporcizia perenne. Questo perché per gli Americani, gli Inglesi sono simbolo di povertà e degrado.
20/10/2020
Questi personaggi come Jimmy Porter venivano chiamati rebels without a cause. Tant’è che Jimmy
stesso dice “non abbiamo più good causes per cui combattere”. Questa è una falsità.
Facciamo però prima un excursus di tutte le lotte del periodo.
• Nel 1958 nasce la Anti Ugly Action: un gruppo di giovani studiosi delle scuole d’arte londinesi (Art
school: le scuole d’arte erano frequentate da studenti non molto portati per lo studio tradizionale,
ma avevano un’importante vena creativa. Era una scuola molto flessibile che permetteva agli
studenti di sperimentare il proprio estro creativo. Da questa scuola in quegli anni sono usciti i
maggiori esponenti della musica rock, pop come John Lennon e Eric Clapton. Ne uscirono anche
attori e pittori importanti). Movimento contro la costruzione di palazzi di cemento nel centro di
Londra e contro l’abbattimento previsto di luoghi storici a favore della costruzione di palazzi di
cemento armato. I protestanti scendevano in piazza mascherati. Ottennero che non fu abbattuta
(com’era invece previsto) la zona di Piccadilly Circus.
• Pasqua 1958: marcia da Londra alla cittadina Aldemarston, sede di una centrale nucleare. In
questo periodo una delle preoccupazioni maggiori era proprio quella della bomba nucleare (dopo
la Seconda Guerra mondiale e Nagasaki) e dello scoppio di una guerra nucleare: marcia per porre
l’attenzione su questo stabilimento in cui si fanno esperimenti con il nucleare. Grande successo e
sponsorizzata dai politici laburisti e molti intellettuali.
• Questa marcia viene ripetuta ogni anno dal 1959 al 1965 con il tragitto inverso, da Londra a
Aldemarston, fino a raggiungere centinaia di migliaia di partecipanti.
• Nel 1961 5 mila persone si sdraiano di fronte al Ministero della Difesa in una manifestazione per
la pace.
• 1963-1966 marce contro la guerra del Vietnam
• Dal 1960 nascono i movimenti femministi: Women’s Liberation Movement in cui si parla
dell’uguaglianza tra uomo e donna, matrimonio e luogo del lavoro. Sesso, sessualità e violenza
contro le donne.
Ecco cosa si ottiene dopo queste lotte:
Nel 1961 viene introdotta la pillola contraccettiva. Nel 1967 viene approvata la legge sull’aborto in
Inghilterra, Galles e Scozia, con il supporto della Chiesa anglicana. Permesso per ragioni socio-
economiche entro le prime 24 settimane della gravidanza e oltre le 24 settimane per ragioni
mediche.
Nel 1967 viene approvato il Sexual Offences Act, la legge che legalizza l’omosessualità, prima
considerato un crimine punibile con l’incarcerazione. Legalizzati a patto che siano consensuali e
che si tengano nella sfera privata e fra uomini che abbiano raggiunto i 21 anni. Non vi è spazio per
le donne omosessuali. Questa legge si applicava solamente in Inghilterra e al Galles. Viene estesa
alla Scozia nel 1980 con il Criminal Justice e all’Irlanda del Nord nel 1982.
Il termine Angry Young Men è riferito agli autori, NON ai protagonisti delle loro opere.
Effettivamente il giornalista chiede come fosse John Osborne. Quindi a partire da questo momento
si fanno tanti confronti di intellettuali. Etichetta creata dalla stampa in cui gli autori non si
riconoscono e anzi parlano male l’uno dell’altro.
Opere di realismo sociale etichettate in maniera negativa dalla critica: Kitchen sink drama (drammi
da lavello di cucina), perché si ambientavano in case popolari dove la vita si svolge nella cucina e
non nei salotti/saloni.
Stiamo sempre parlando di teatro realista inglese degli anni ’50. Realismo sociale inglese.
Faremo riferimento a due autori: Arnold Wesker e Shelagh Delaney (donna).
Arnold Wesker viene dalla working class ed è un socialista convinto (lavorare per un bene
comune). Ricordiamo una trilogia di drammi, definita la Kahn Trilogy, che prende il nome dalla
famiglia di ebrei comunisti chiamata Kahn.
I tre drammi sono: Chicken Soup with Barley (1958), Roots (1959) e I’m talking about Jerusalem
(1960).
Scrive la prima opera dopo aver visto Look Back in Anger, che fa crescere drammaturghi
provienienti dalla working class.
Chicken Soup with Barley (Brodo di pollo con l’orzo) viene messa in scena dalla English Stage
Company (fondata da Richardson e Devine per svecchiare il teatro inglese e che ha messo in scena
per la prima volta Look Back in Anger). L’obiettivo è sempre quello di parlare della vita ordinaria
delle persone, delle cose comuni. Si parla di tre decenni della vita di una famiglia ebrea comunista
che vive nell’East End Londra.
3 atti separati da 10 anni l’uno dall’altro.
• 1936: marcia di fascisti a Londra negli East End capeggiati da Mosley (esponente fascista inglese)
e la popolazione dell’East End (insieme alla famiglia Kahn) riesce a far arretrare la marcia di
Mosley. Fatto storico realmente accaduto.
• 1946: siamo nel pieno dello Spirit of ’45 e ricostruzione nel dopoguerra, grande voglia di fare e di
costruire un Welfare state. Non c’è individualismo, ma voglia di lavorare per un obiettivo comune.
• 1956: dopo l’invasione della Russia in Ungheria. Atto di profonda disillusione in cui tutti nella
famiglia Kahn rivedono la propria posizione tranne la madre (Sara) che è il personaggio più forte
dell’opera. Lei mantiene la propria fede, mentre la famiglia si sfalda e alcuni si trasferiscono
all’estero, il padre si rifugia nella propria apatia.
Visione del film: il figlio Ronnie era andato a lavorare all’estero e torna in Inghilterra
completamente scoraggiato. Ha perso la fede. Accusa la madre di averlo cresciuto secondo ideali
che si sono rivelati falsi. Esempio di SCONTRO GENERAZIONALE! Gap generazionale.
Lei dice che il socialismo è la sua luce. Dice a Ronnie che gli deve importare degli altri, altrimenti
muore.
Discorso contro il consumismo che si stava imponendo.
Il brodo di pollo con l’orzo diventa simbolo della fratellanza e dell’aiuto offerto dalla vicina di casa
e che ha salvato la vita della figlia. Per tutta l’opera l’offerta di cibo rappresenta l’importanza per
gli altri. CI fa capire quali sono i valori per le classi più basse.
Sara dice che in quanto esseri umani dobbiamo praticare la fratellanza e che se non ci importa
degli altri muoriamo. If you don’t care you’ll die. I care prende un significato più ampio in inglese,
perché I care è stato il simbolo delle lotte. Si intende prendersi la responsabilità dell’altro e di
farsene carico. Non solo importare.
Affermazione di un dovere, cioè il dovere di farsi carico dell’altro. Il teatro di Wesker è teatro civile.
Wesker vuole far passare il messaggio che sia stato il figlio Ronnie a sbagliare a rinunciare ai propri
ideali. La madre Sara dice “tu muori”, perché in qualche modo la perdita di valori e di fiducia di
Ronnie è quasi pari alla morte per la madre.
Il titolo del dramma prende il nome da un piatto povero tipico della working class, che si emoziona
per le cose semplici e genuine.
Sara continua a battersi per le proprie idee e ideali.
21/10/2020
Il secondo dramma di Wesker è “Roots” del 1959. È ambientato in campagna, dove la fidanzata di
Ronnie Beatie vive insieme alla sua famiglia. Ronnie non appare mai, ma viene sempre citato dalla
ragazza che critica la sua famiglia definendoli sono illetterati ed ignoranti e paragodandoli
continuamente a Ronnie e alla sua cultura. La famiglia a sua volta la ritiene supponente ed
esaltata. Per quasi tutto l’arco della commedia, Beatie parla attraverso la voce di Ronnie e la
famiglia non la comprende. Soltanto alla fine Beatie trova la sua voce quando le arriva un
telegramma in cui Ronnie rompe in maniera non molto elegante il loro fidanzamento.
La commedia si svolge nell’arco di una giornata durante la quale la famiglia di Beatie stava
preparando la festa per annunciare il fidanzamento, ma arriverà solo il telegramma.
È qui che Beatie trova la sua voce, il suo ragionamento e non parla più attraverso le parole di
Ronnie. Si rende conto e si stupisce di usare parole proprie e pensieri suoi, che non sono più quelli
del fidanzato. La famiglia Kahn non appare, nemmeno Ronnie.
Beatie si scaglia contro la sottocultura alla quale sono condannate le persone come i suoi genitori,
contro la cultura di massa che li sta indottrinando, contro il modo in cui i media e le calassi più alte
mantengono nell’ignoranza la gente più umile.
Nel terzo dramma di questa trilogia, “I’m talking about Jerusalem” torna in scena la famiglia Kahn,
che rappresenta il fallimento dell’esperimento del «socialism without industry, even against
industry», di un tentativo di vita comune, socialista. I tempi non sono più adatti per portare avanti
dei prodotti fatti a mano, mantenendo dei prezzi concorrenziali con i prodotti industriali.
Dei tre lavori di Wesker, solo Roots sembra chiudersi con una nota di speranza, a prezzo però della
fine di una storia d’amore. I proletari di Wesker rappresentano la realtà della gente comune
inglese, il loro essere stati travolti da un consumismo imperante, da questa idea di non essere mai
stati così bene.
Nel 1959 il primo ministro impostò tutta la sua campagna elettorale sul “non siete mai stati così
bene”, c’è questo lasciarsi travolgere da una società che offre dei miglioramenti di ordine
economico alle classi sociali ma in cambio gli dà la possibilità di spendere questi miglioramenti in
divertimenti facili e in un vuoto culturale.
I proletari di Wesker sono i primi a vedere nascere questa sottocultura di massa che si rivolge
principalmente a loro e reagiscono come possono per non lasciarsi travolgere.
Sono la perfetta rappresentazione della classe operaia e questo si riflette nel loro modo di parlare:
la loro parlata è ricca di inflessioni dialettali, di espressioni yiddish, di colloquialismi e
sgrammaticature, che riportano ritmi e modi del linguaggio popolare. L’offerta di cibo non è solo
vista come nutrimento per il corpo, ma come nutrimento per l’anima. Altra cosa che viene
mantenuta è quel socialismo utopico che continua a credere in cui la fratellanza dei lavoratori avrà
la meglio sull’egoismo dei proprietari. È il marito di Sara a pronunciare la battuta chiave di tutta la
trilogia: “le persone non le puoi cambiare, puoi soltanto dar loro un po' di affetto e pregare che lo
accettino”.
È un’idea che ci viene dal Free Cinema, dal documentario Everyday except Christmas di Lindsay
Anderson: idea che ognuno di noi porti in sé qualcosa di un altro, che è alla base di un film come
Together, dove l’estraneità e il rifiuto degli altri porta uno dei protagonisti a alla morte.
La vera istruzione non è solo leggere libri e la musica, ma è fare e farsi delle domande. “No one,
not one of us, is asking questions, we’re all taking the easiest way out”.
Shelagh Delaney (1938-2011). Commediografa. Si legge: Scila Dilenei
Altra grande autrice del teatro Kitchen Sink Drama. Scrive il dramma più popolare in Inghilterra
(forse ancora più di Look Back in Anger).
Scrive A Taste of Honey (classificato come commedia ma che possiamo definire come un dramma)
a soli 19 anni, dopo la visione di Waiting for Godot mentre lavorava come maschera (i cui
personaggi sono vagabondi e non succede niente. Dice: posso provarci anch’io!) È la figlia di
Shelagh Delaney, Charlotte, a riportarci che è stata questa visione. Viene rappresentato per la
prima volta nel 1958 ed è la storia di una madre single alcolizzata e alquanto promiscua, Helen, e
sua figlia adolescente Jo, che ha una relazione con un marinaio di colore. Dopo la sua partenza, si
ritrova incinta.
Temi impegnativi: sono quelli di una madre single, di dubbia moralità, che trascura la figlia che
rimane incinta molto giovane, per di più di un uomo di colore, quindi un rapporto interraziale, mai
visto prima a teatro.
La commedia è ambientata a Salford, cittadina vicino a Manchester dove viveva l’autrice. Temi
quali il rapporto di classe (non possiamo però parlare di working class, siamo nel
sottoproletariato), tematiche razziali e di politica sessuale, perché l’unica persona che aiuta Jo,
abbandonata dalla madre, è un amico chiamato Geoffrey, omosessuale.
L’unica figura positiva, quindi, è quella dell’amico omosessuale, in un momento in cui
l’omosessualità è ancora un crimine.
C’è anche la tematica della maternità vista sotto un altro punto di vista, tanto nella madre che
abbandona Jo, quanto in Jo che vorrebbe abortire.
Tutti questi temi sono affrontati in maniera aperta, agli antipodi dell’understatement (sminuire il
peso e l’importanza di un certo fatto).
La commedia piacque molto a una delle due grandi compagnie indipendenti che agivano al tempo.
La prima era stata la English State Company (fondata da Richardson e Devine), l’altra era la Theatre
Workshop di Joan Littlewood.
Debuttò al Theatre Royal Stratford East con regista proprio la Littlewood. La commedia ebbe un
grande successo, fu portata a Broadway e lì la madre fu interpretata da Angela Lansbury (La
signora in giallo).
Nel 1961, la commedia diventa un film diretto da Tony Richardson. La sceneggiatura è fatta a
quattro mani con il registra e l’autrice.
La protagonista femminile, la giovane Jo, era interpretata da un’attrice esordiente chiamata Rita
Tushingham, che poi divenne uno dei volti più importanti del cinema del periodo. L’attrice non era
bella, aveva risposto però ad un annuncio (importanza degli annunci in questo periodo) della
ricerca di un’attrice brutta.
Il film vinse un BAFTA per Best Screenplay. La Tushingham vinse anche il premio come migliore
attrice a Cannes.
Ciò che colpì di più al tempo fu sicuramente la relazione interraziale tra Jo ed il marinaio: una
relazione scandalosa, non solo perché la ragazza era minorenne, ma anche per la mescolanza di
razza. Siamo in un periodo in cui il rapporto tra persone di colore diverso non è ammesso. Altro
scandalo è sicuramente che le figure chiave del film sono delle figure alquanto atipiche: una
teenager, un marinaio di colore, un omosessuale. Geoffrey (amico omosessuale) è il centro morale
della commedia e per questo diventa anche il focus di tutta l’empatia del pubblico, è il personaggio
con cui il pubblico riesce maggiormente ad enfatizzare. Jo è invece una ragazzina estremamente
difficile, malgrado si possa capire perché tratti la madre in maniera così offensiva, è chiaro che i
suoi comportamenti risultano ugualmente fastidiosi. Chiaramente non si può enfatizzare con la
madre che l’abbandona, tanto meno con il marinaio che sparisce.
L’autrice desiderava solo raccontare una storia che senza dubbio si poteva ripetere nella realtà
intorno a lei.
Una cosa abbastanza nuova era proprio il parlare in maniera brutale di una relazione difficile tra
madre e figlia e parlare delle gravidanze delle minorenni, un problema che c’era nell’Inghilterra del
tempo (siamo in periodo pre-aborto): queste ragazzine si trovavano dei figli indesiderati che
significavano uno stop a qualsiasi loro desiderio di lavoro, oppure significava mettersi illegalmente
nelle mani di qualche medico, che poteva rovinare la loro vita per sempre o ucciderle. C’è quindi
questa sorta di RIFIUTO della maternità, qualcosa di assolutamente nuovo per i tempi.
Questa commedia pone rilievo su una necessità di revisione del concetto stesso di famiglia: la
felicità non si può trovare in una famiglia tradizionale, si mette in discussione il ruolo della madre
biologica. Fin dalle prime scene salta all’occhio come la madre di Jo sia privata di tutti quegli istinti
materni che invece caratterizzano Geoffrey, che sarebbe un ottimo genitore. A Geoffrey non sarà
concesso di realizzare questo suo sogno di aiutare a crescere questo bambino o di assumersi delle
responsabilità nei confronti dello stesso e quando tornerà Helen allontanerà Geoffrey.
A Taste of Honey è la rappresentazione di un mondo senza padri in cui però la madre non ha un
istinto materno. È un classico della commedia inglese, al punto che viene ancora rappresentata. Ha
avuto influenza sui prodotti culturali successivi, sulla musica popolare successiva. Ad esempio, il
titolo della canzone dei Beatles “Your mother should know” viene proprio presa da una battuta di
Geoffrey (quando Jo scopre di essere incinta, Geoffrey le risponde così. Nella canzone dei Beatles
però questa frase assume un significato del tutto differente).
Un altro autore che si ispirò molto a questa autrice è Morrissey (leader degli Smiths): “I’ve never
made any secret of the fact that at least 50 percent of my reason for writing can be blamed on
Shelagh Delaney”. Nella sua carriera da solista, troviamo delle allusioni a brani dell’autrice e
allusioni alle vite dei suoi personaggi.
Si tratta inoltre del primo film inglese registrato FUORI dagli studios: in strada o in autentiche
abitazioni. Gli esterni sono registrati a Salford, a Manchester e a Blackpool (dove si ambienta una
gita al mare). La scena a Blackpool ricorda la scena in spiaggia di O Dreamland.
È importante il giudizio che ne dettero al tempo due grandi critici cinematografici italiani: Franco
La Polla e Guido Finch, che recensirono l’opera. Lapolla fa una distinzione molto acuta tra il
neorealismo italiano (film di Rossellini e De Sica) e il realismo inglese, che ha sempre una punta di
grottesco. Il realismo italiano è una fotografia del dopoguerra ed è caratterizzato da una verità
immediata; al contrario il realismo sociale inglese ha piuttosto qualche tentativo di trovare al
modo del Free Cinema della poesia nella quotidianità, è irriducibile a qualsiasi persona media di
questo ambiente.
Istituisce anche un parallelo fra A Taste of Honey e Together.
La mano del regista e dell’autrice è sicuramente una mano femminile, solo una donna avrebbe
potuto parlare in quel modo di temi come il sesso prematrimoniale o la gravidanza di una
minorenne. A Richardson viene dato il merito di aver dato per primo a un personaggio centrale il
ruolo di omosessuale.
Documentare in cui Shelagh Delaney parla delle difficoltà del suo periodo e dell’istruzione.
26/10/2020
Nel cinema della New Wave invece Londra è quasi sempre assente, il setting è sempre il Nord
o la provincia, tutti in bianco e nero, anche per questioni economiche. Tra il '56 e il '63 il
cinema britannico, quasi sconosciuto, torna alla ribalta della cultura internazionale.
Il nuovo realismo sociale si impone in letteratura, nel cinema e a teatro, le cui caratteristiche
principali sono:
l'ambientazione operaia (working class, proletariato)
l'ambientazione provinciale (soprattutto il Nord)
l'attenzione ai giovani, agli adolescenti e ai loro problemi
il focus su gente comune (sia a livello sociale che a livello fisico, non particolarmente
belle. Questo accade soltanto con il primo film Look Back in Anger perché Richardson
per riuscire a realizzarlo è costretto ad affidare la parte di Jimmy Porter a Richard
Burton, attore già famoso all’epoca e bell’uomo, che richiamava il pubblico)
il conflitto generazionale
il linguaggio parlato colloquiale con accenti locali
l'assenza di understatement: le cose vengono mostrate come sono, non ci sono sottintesi
I film del nuovo realismo sociale sono per lo più tratti dai romanzi dei cosiddetti Angry
Young Men, impongono all'attenzione mondiale il cinema inglese, proponendo
problematiche e personaggi che i testi britannici tendevano a evitare. Si notano influssi del
neorealismo italiano per mostrare la realtà difficile lasciata dalla guerra, e della nouvelle
vague francese, un movimento coevo nato ad opera di giovani critici che passano dietro la
macchina da presa, come capita anche in Inghilterra.
Nella nouvelle vague c'è anche una volontà di sperimentare nuove tecniche cinematografiche
e di cambiare completamente il linguaggio cinematografico, completamente assente nella
New Wave britannica, che si concentra esclusivamente sui contenuti ed è meno pessimista.
Gli attori sono tutti sconosciuti, giovani e di provincia, spesso attori di teatro scelti in base a
casting locali, che diventeranno solo dopo famosi. C'è il rifiuto di girare in studio, le riprese
sono tutte in esterni. C'è inoltre la volontà di svecchiare il panorama culturale britannico,
come voleva fare la English Stage Company a teatro, e di affrancarsi dalle imposizioni della
classe dominante.
I registi della New Wave sono gli stessi del Free Cinema:
Lindsay Anderson è uno dei più importanti, scriveva per le riviste più importanti del
tempo, era un documentarista, arrivando tardi al lungometraggio, con “This Sporting
Life” del '63. I film della New Wave sono meno pessimisti di quelli del neorealismo
italiano, ad eccezione di questo film di Anderson.
“If” del '68 è considerato il suo capolavoro, quello che gli ha dato maggiore notorietà:
è il primo film girato quasi in presa diretta sulle lotte studentesche del '68, alla vigilia
delle rivolte che cambieranno la storia del tardo '900.
Karel Reisz nel '60 gira “Saturday Night and Sunday Morning”, nel '66 invece “Morgan, a
Suitable Case for Treatment”, che comincia a raffigurare in maniera critica la Swingin'
London.
Tony Richardson apre la stagione con “Look Back in Anger” nel '59, “A Taste of Honey” nel
'61, “The Loneliness of the Long Distance Runner” nel '62, concludendo con “Tom Jones”
nel '63, un adattamento del romanzo di Henry Fielding con la sceneggiatura scritta da
John Osborne, totalmente privo di realismo sociale, una raffigurazione della gioia e
della voglia di vivere della Swingin' London in panni settecenteschi.
John Schlesinger, un americano che viveva in Inghilterra, gira “Billy Liar” nel '63 e
“Darling” nel '65, che valse l'Oscar alla protagonista, una pittura molto amara della
Londra del tempo.
• “Saturday Night and Sunday Morning” (1960), tratto dal romanzo omonimo di Sillitoe che
firma la sceneggiatura, è prodotto dalla Woodfall e vede come protagonista Albert Finney, un
attore teatrale che aveva recitato anche nella commedia Billy Liar. Stretto rapporto tra
autore e regista che collaborano: riflettono la personalità dei registi e degli attori stessi. Il film
fu campione di incassi nel 1961. Il pubblico ama il protagonista.
• “A Taste of Honey”, girato dal regista Tony Richardson (1961). È co-sceneggiato da Shelagh
Delaney e Richardson: primo film inglese girato interamente fuori dagli studios. La
protagonista Rita Tushingham era un'assoluta sconosciuta alla sua prima esperienza
recitativa (casting per una ragazza brutta). Locandine del tempo. Questi tempi venivano
profondamente apprezzati. Successo inaspettato.
• “The Loneliness of the Long Distance Runner” (del 1962, con regista Tony Richardson) è
sceneggiato da Sillitoe, il cui acuto spirito d'osservazione si sposa con il ribellismo anarchico
del protagonista: il realismo proletario è unito ad un'acuta sensibilità al contrappunto visivo-
sonoro, data anche da numerose aggiunte da parte dell'autore stesso. Contrasto tra immagini
e musiche. È lo stesso Sillitoe che cambia o aggiunge situazioni che non sono presenti nella
NOVELLA, nella consapevolezza di starsi rivolgendo ad un nuovo tipo di pubblico.
IMPORTANTE. Sono due tipologie di spettatore diverso e Sillitoe ne è pienamente
consapevole. La gente che va al cinema è diversa dalla gente che legge. Ad esempio, nel film
aggiunge un intermezzo sentimentale per attrarre lo spettatore. In più, nel passaggio dalla
novella al film il protagonista si addolcisce molto. Nel film Sillitoe crea un colpo di scena
finale, che nella novella non c’è, perché è più incentrata sui pensieri e sensazioni del
personaggio. Il protagonista Tom Courtenay era un attore teatrale alla sua prima esperienza
cinematografica.
• “Billy Liar” (1963) è l'unico film della New Wave in cui appaiono elementi fantastici, costituiti
dai sogni ad occhi aperti del protagonista (lo stesso attore di “The Loneliness of the Long
Distance Runner”). Billy è un impiegato in un’impresa di pompe funebri.
Billy è il prototipo di quei ragazzi insoddisfatti della loro vita che si rifugiano nei sogni per
riscattare la loro esistenza da piccoli borghesi. Non siamo più quindi nella classe operaia, ma
nella piccola borghesia. È il prototipo del piccolo borghese, la cui vita era segnata ancora
prima di cominciare: studi secondari, per poi entrare nel mondo del lavoro a 16/17 anni,
matrimonio e casa nel quartiere intorno ai 20 anni. Lavoro che non offre avanzamento di
carriera. L’insoddisfazione del giovane viene tradotta nei sogni del protagonista, che sogna
grandi imprese che non potrà mai compiere, miticizzando se stesso in qualcosa che non sarà
mai: questo non ha niente a che fare con una ribellione di classe. Billy non ha alcuna
coscienza sociale o ideologica, cioè di lotta di classe, ma la sua ribellione si attua solamente
nei sogni. Accanto a Tom Courtenay (che interpreta Billy) recita Julie Christie, attrice che
diventerà l'icona cinematografica della Swingin' London.
• “This Sporting Life” (1963) è tratto dall'omonimo romanzo di David Storey, che firma la
sceneggiatura del film. Tratta la storia di un campione di rugby semiprofessionista giocato
nel Nord da lavoratori la domenica (su cui sfogano rabbia e violenza). Il protagonista è
molto rozzo, incapace di manifestare i propri sentimenti, anaffettivo, che vive
esclusivamente per questo sport: intreccia una relazione molto drammatica e conflittuale
con la sua padrona di casa, una vedova con due bambini incattivita con il mondo esterno,
nel quale rifiuta di rientrare. Il film è ritenuto il più importante della New Wave, quello in cui
si sperimentano più tecniche cinematografiche, un insuccesso che ora è elencato tra i 100
film inglesi migliori di sempre. Il protagonista è interpretato da Richard Harris, che vince il
premio come miglior attore a Cannes.
• “Tom Jones”, dal regista Tony Richardson (1963). “Tom Jones” è adattato da John
Osborne, un film travolgente, vitale, erotico, dissacrante, colorato, che valse tre Oscar a
Richardson (regia, produzione e film) e uno a Osborne per la sceneggiatura. Il protagonista è
Albert Finney, che aveva recitato in “Saturday Night and Sunday Morning”. È interessante
notare come questi due film, “The Sporting Life” di Anderson e “Tom Jones” di Richardson
escano lo stesso anno, segnando entrambe la fine di quella che è stata la carriera della New
Wave britannica. Anderson porta all’estremo limite i temi chiave della New Wave e ne
rivoluziona il linguaggio, mentre il film di Richardson si proietta già nella nuova realtà del
mondo britannico.
02/11/2020
“A Taste of Honey”
Sia la madre Helen che la figlia Jo hanno un atteggiamento adolescenziale (non vediamo un grande
generation gap). Geoffrey è l’unico che possa fungere da centro morale della storia.
Madre e figlia hanno entrambe delle colpe? Jo è insopportabile, sia per la sua età (età di conflitto
con gli adulti). È abbandonata dall madre, si trova completamente da sola.
I film, quando uscì, era vietato ai minori di 16 anni.
Nel 1961 esce il flim “Victim”: storia che ruota attorno ad un personaggio che si finge etero e che
viene scoperto. È un film molto più audace di “A Taste of Honey”, in cui un avvocato importante si
trova suo malgrado coinvolto nella morte di un giovane (suicida) con cui aveva avuto una
relazione. Alla fine, lascia la moglie e si consegna alla giusta. Il film è un atto di denuncia contro
una società che costringeva gli omosessuali a vivere nell’ombra con la paura di finire in prigione.
“A Taste of Honey” è il primo film in cui ritroviamo un personaggio apertamente omosessuale.
I personaggi di “A Taste of Honey” sono spesso contraddittori: Helen è pubblicamente una donna
promiscua che non conclude molto, mentre privatamente ha delle virtù.
Intervista alla Delaney (importanza dell’istruzione): Helen ad un certo punto suggerisce alla figlia di
andare in una scuola d’arte. Idea che per avere un futuro si debba studiare.
Il fenomeno delle Art Schools è tipicamente inglese e degli anni ’60: insegnamento elastico, si
coltivava la creatività dei ragazzi. Erano scuole anti-accademiche da cui sono usciti artisti del
calibro di John Lennon, Eric Clapton e Keith Richards (fondatore dei Rolling Stones). Erano scuole
frequentate da working class e piccole borghesia.
La Sleigh, la scuola dove si forma la Mazzetti, era di un altro calibro, più pregiata.
Ci sarà poi una riforma che equipara le Art Schools ai classici licei: cambierà il programma delle Art
Schools, si verrà ammessi solo con una certa media di voti, i programmi saranno più omologati.
Questo porterà all’abolizione di una possibilità di tanti ragazzi delle classi più basse di elevarsi
attraverso l’arte e la cultura.
Il rapporto madre-figlia si stringe quando scopre che Jo è incinta. Helen sembra a tratti impietosita
dalla figlia, quasi come se si rivedesse in lei. Forse anche lei era rimasta incinta di Jo senza volerlo.
Jo dice alla madre che lei è tornata solamente perché non ha un altro posto dove andare (Peter
l’ha lasciata) e quindi si rifugia dalla figlia. Un altro atteggiamento negativo è quando Helen scaccia
Geoffrey: forse la madre è gelosa della figlia. Geoffrey rappresenta colui che le impedisce di
abortire e le fa tenere il bambino. Helen probabilmente lo scaccia per gelosia, perché si rende
conto che ha coperto il ruolo che lei non è mai stato in grado di coprire molto meglio di lei. Helen è
un personaggio negativo e quest’ultima scena del film ce lo dimostra: allontanare Geoffrey, unico
spiraglio di positività nella vita di Jo, è l’ennesima cattiveria che lei fa alla figlia.
Richardson conosce il pubblico che guarda i suoi film, probabilmente un pubblico meno colto. Per
questo motivo adatta il dramma della Delaney ad un tipo di pubblico che sarebbe rimasto
scioccato ad un eccesso di durezza: introduce note di leggerezza.
“The Loneliness of the Long Distance Runner”
Nella novella, il protagonista Coling Smith è un personaggio non sempre simpatico, disadattato.
Non ha principi così ferrei che vengono da una riflessione matura sulla società, ma ha una reazione
più istintiva e rabbiosa. Questo suo lato è stato addolcito e smussato nel film, in cui appare invece
più positivo.
Altre differenze: innanzitutto gli è stato dato un nome (che nella novella non compare) ed un
cognome molto comune.
Il personaggio di Smith cambia parecchio dal passaggio tra novella e film: può essere definito un
film di formazione (coming-of-age), che segue la storia di un adolescente che matura e diventa
adulto. Il passaggio da adolescenza a maturità. Il gesto di ribellione di Smith si vede solo alla fine e
lo spettatore non viene reso partecipe in anticipo. Nella novella non ci sono i flashback, che invece
vengono inseriti nel film (soprattutto quelli della storia d’amore, che nella novella non c’è). Nella
novella siamo dentro la testa di Smith, quindi seguiamo i suoi pensieri e le sue convinzioni (che
derivano dal suo essere stato maltrattato) e sappiamo fin dall’inizio cosa vuol fare. Smith vuole
prendersi una rivincita. Nel film Smith fa quello che ritiene giusto, mentre nella novella fa quello
che ritiene darà fastidio agli altri.
Perché viene aggiunta la storia d’amore? Per creare empatia nello spettatore e rendere il
personaggio più accessibile. Inoltre, per creare un eroe adolescenziale come Smith la componente
sentimentale è utile.
Nel film troviamo anche altri flashback che si dilungano parecchio sulla situazione familiare di Colin
Smith: incontro con il padrone della fabbrica, madre che sperpera il denaro nei beni di consumo
che stanno diventando il sogno di tutte le famiglie britanniche (bei vestiti, televisione, frigorifero,
ecc). Nella novella questa parte viene riassunta in poche parole.
Scene chiave che non troviamo nella novella: Colin Smith che brucia una banconota (che
rappresenta un simbolo: bruciare il consumismo e legame alla morte del padre); ex capo del
dormitorio che avrebbe dovuto correre al posto di Smith è un personaggio aggiunto nel film. Quel
ragazzo fugge dal riformatorio e viene picchiato quando viene ripreso: scena sovrapposta nel
montaggio ai suoi compagni di riformatorio che cantano l’inno Jerusalem che rappresenta la gloria
del nazionalismo britannico (esaltazione della Gran Bretagna e patriottismo). È una denuncia dello
Stato, del governo e dell’istituzione scolastica. Inno patriottico usato per far vedere come
istituzioni dello Stato maltrattino i giovani.
Lo Smith della novella è un individuo che vive ai margini, in una famiglia con gravi problemi (il
padre muore per aver inalato veleni in fabbrica; la madre è esausta e deve badare a più figli; Smith
vede l’amante della madre e pensa ad un tradimento verso la memoria del padre). Lo spettatore
medio non avrebbe mai empatizzato con un personaggio del genere.
Bisogna distinguere tra Smith e Colin Smith, cioè tra lo Smith della novella e lo Smith del film.
Tony Richardson trasforma il disadattato della novella in un prototipo di adolescente ribelle.
Se Smith vincesse la gara mostrerebbe anche che il riformatorio compie un servizio ben svolto
nell’educazione dei ragazzi.
Nel film, con i flashback veloci che scorrono nella parte finale, si pensa quasi che solo alla fine
Smith prenda la decisione di perdere volontariamente la gara. La decisione viene presa solamente
alla fine, in un momento finale. Il gesto di non vincere la gara viene da motivazioni completamente
diverse rispetto alla novella: nella novella noi sappiamo già tutte le sue motivazioni, siamo nella
sua testa e seguiamo i suoi ragionamenti. Già nella seconda pagina dice: “io non vincerò questa
gara per le loro belle facce da maiale”. Nel film invece l’idea è che la risoluzione avvenga sul
momento.
Colin/Smith andrebbe d’accordo con Sara (la madre di Chicken Soup with Barley)?
03/11/2020
Alan Sillitoe è l’autore di “Saturday Night and Sunday Morning” e “The Loneliness of the Long-
Distance Runner”. Quando scrive queste opere è un giovane della working class, figlio di operai e
operaio lui stesso in una fabbrica di biciclette. È di Nottingham, quindi proviene dal Nord.
Abbandona la scuola a 13-14 anni e costruisce da solo il proprio bagaglio culturale, da autodidatta.
Non è certamente la scuola a fornirgli le competenze per imparare a scrivere e fare successo.
La città di Nottingham è molto importante nel discorso letterario.
D.H. Lawrence, uno dei più importanti scrittori del 20° secolo, veniva da Nottingham. Si tratta di un
autore fondamentale per la letteratura proletaria. È l’ultimo romanziere che proviene dalla
working class ad ottenere successo: nei suoi romanzi tratta come le persone creative e di talento
della working class ed intellettuali delle classi abbienti debbano affrontare ostacoli diversi per
mostrare il loro talento ed essere ascoltati. Nottingham era una città di minatori.
Abbiamo quindi nel 1919 l’uscita del romanzo operaio di D.H. Lawrence “Sons and Lovers” e nel
1958 “Saturday Night and Sunday Morning”, il primo romanzo operaio del dopoguerra, scritti
entrambi da autori di Nottingham. Gli autori dell’ultimo romanzo proletario della prima metà del
Novecento ed il primo del dopoguerra vengono entrambi da Nottingham.
Lawrence affrontava spesso temi e situazioni audaci per il suo tempo. Il suo ultimo romanzo “Lady
Chatterley’s Lover” fu immediatamente censurato e ritirato dalla circolazione. Tornò sugli scaffali
solo negli anni ’60, quando la casa editrice Penguin vinse il processo e ne fu permessa di nuovo la
pubblicazione. Diventerà il best seller di quegli anni.
Questo evento segna l’entrata in un periodo di maggior libertà, anche in materia sessuale, minor
chiusura ed il primo passo verso la liberazione culturale della swinging London.
Ai tempi del romanzo di Sillitoe troviamo un atteggiamento nei confronti del sesso più disinibito
di quanto non fosse ai tempi di D.H. Lawrence. È quindi importante ricordare che è proprio a
partire dalla pubblicazione di “Chatterley’s Lover” che si ha un periodo di maggiore apertura nei
confronti di tematiche sessuali.
Sillitoe si arruola volontario nella Royal Air Force, prestando servizio sia in Gran Bretagna che
Malesia. Si è sempre dichiarato socialista.
Nel 1958 pubblica “Saturday Night, Suinday Morning” che ha un successo straordinario e
inaspettato. Il romanzo diventa un best seller e soli 2 anni dopo viene prodotto il film, diretto da
Karel Reisz. Si tratta di un film che risente molto degli influssi del Free Cinema.
Perché ha tanto successo?
È la storia di un giovane operaio di 22 anni che passa tutta la settimana a lavorare al tornio,
sperimentando l’alienazione del lavoro in fabbrica (teorizzata da Marx). Vive tale alienazione
nell’attesa del weekend: il sabato sera è il giorno in cui esplodono le tensioni trattenute durante
la settimana (è quindi giorno di bevute e sesso con donne sposate), mentre la domenica si
smaltisce la sbornia e si recupera l’energia per ricominciare il lunedì.
Quello che rende il romanzo stimolante è il personaggio di Arthur, arrogante e insolente. Tutto è
visto attraverso i suoi occhi e tutta la storia si svolge all’interno della working class: abbiamo una
storia operaia raccontata da uno scrittore che ha vissuto di prima mano quella vita, senza mai
uscire dai confini in cui si attua. Solitamente, nei romanzi operai dell’800 era lo scrittore borghese
che guardava al mondo operaio dall’esterno, attraverso una visione quasi documentaristica di
qualcuno che voleva comprendere un mondo senza però viverlo in prima persona. Con Sillitoe si
realizza quello che fece Lawrence con “Sons and Lovers”, ossia scrive conoscendo la classe ed il
mondo di cui vuole raccontare. Il romanziere dell’800 di solito inseriva un confronto tra mondo
operaio e quello dei padroni. Inseriva cioè delle situazioni che si svolgevano fuori dal quartiere
operaio, cioè nel mondo borghese e spesso aveva sguardo paternalistico verso la working class.
Confrontare l’alienazione della working class e l’agio in cui vive la classe borghese.
Con Sillitoe non c’è nessun atteggiamento paternalistico: ci mostra tutte le contraddizioni di
questo mondo, ma non vuole farci vedere quanto gli operai stiano male e facciano fatica, ma
semplicemente farci entrare dentro il loro mondo. L’unico confronto che Sillitoe fa è quello tra la
generazione precedente (padre di Arthur) che ha vissuto la guerra e ha dovuto fare i conti con
fame e miseria; e la generazione di Arthur, che invece è in un periodo di boom economico in cui
gli operai hanno un salario dignitoso, ma soffrono la frustrazione di un lavoro alienante e l’idea di
una vita prestabilita (senza possibilità di cambiare carriera).
Ciò che attrasse i lettori degli anni ’50 era che si trattava del primo romanzo che raccontasse la
storia di un’Inghilterra che iniziava a stare meglio e che si stava rimettendo in piedi dopo la guerra,
ma che avvertiva la necessità di qualcosa in più di bei vestiti e beni di consumo. Voleva qualcosa
che riempisse il vuoto di una vita già delineata sin dalla culla.
Arthur Seaton non è interessato a fare carriera né a lasciare la vita provinciale di Nottingham:
quello che vuole Arthur è trarre il massimo godimento dalla vita che fa. Non è rassegnato, ma
proprio perché sa che per la sua classe non c’è altra soluzione (a meno che non si faccia una
rivoluzione) vuole prendere tutto il godimento e divertimento che può. Non gli interessa
risparmiare per una vita precostituita e poco allettante.
È la logica di Macmillan (conservatore che conia il motto:“You’ve never had it so good”).
Quello che viene fuori dall’opera è la dose di realismo e CREDIBILITA’ (data dal fatto che l’autore
viveva dentro la classe operaia e la conosceva, ma anche dal fatto che i lettori stavano
sperimentando le trasformazioni sociali della realtà britannica di cui parlava Sillitoe).
Le iniziali del protagonista (Arthur Seaton) sono le stesse dell’autore (Alan Sillitoe): esprime la
volontà di ribadire che sta parlando di qualcosa che conosce.
Citazione di Arthut Seaton: “I’m me and nobody else; and whatever people think I am or say I am,
that’s what I’m not, because they don’t know a bloody thing about me.”
“Io sono me stesso, non credete a ciò che gli altri dicono di me, perché non ne sanno nulla; io sono
solo me stesso”. Arthur non si sente un rappresentante della classe operaia, ma è solo se stesso.
Non si identifica con tutta la sua classe. Sillitoe fa fare ai personaggi discorsi da bar, non c’è un
discorso politico strutturato: Arthur se la prende sia coi padroni che coi sindacalisti e coi politici.
Il personaggio di Arthur è estremamente credibile per varie ragioni:
• questo personaggio nasce dall’esperienza dell’autore che lavorò in una fabbrica di biciclette
(anche Arthur lavora in una fabbrica di biciclette)
• volontà di offrire alla working class un personaggio in cui riconoscersi ed immedesimarsi
• Arthur non è portavoce di un’ideologia. Sillitoe è socialista, ma il suo personaggio non esprime
un’ideologia politica. È un giovane che non crede più in un’utopia socialista.
• È un personaggio arrogante e molto maschilista. Sillitoe non approva i suoi atteggiamenti e anzi
ce li rende spesso disgustosi ma sa che quegli atteggiamenti ci sono. Non è il classico romanzo in
cui i personaggi delle classi più basse vengono rappresentati positivamente e buoni solo perché
sono poveri. Rappresentazione a tuttotondo, anche con i difetti.
• Il finale è aperto e ambiguo e si presta a diverse interpretazioni.
Alla fine del romanzo Arthur si sposa. Si può quindi pensare che si sia arreso al proprio destino già
segnato, cedendo al matrimonio. Si è tanto lamentato per niente, per poi cedere e sposarsi. Ma
abbiamo anche un’altra interpretazione: “questa ragazza mi ha teso un’esca ma stavolta abbocco,
poi vediamo cosa succede”. Idea che Arthur non si arrenda, ma che ora si sposi per poi vedere
cosa succederà in futuro.
È un giovane operaio dei tardi anni ’50 che non crede all’utopia socialista e non è sfiorato da
problematiche politiche.
(Il film presenta le stesse situazioni (Sillitoe è sceneggiatore del film) ma Reisz dà una sfumatura
un po' diversa al tutto. Soprattutto l’interpretazione del finale è diversa).
Le ribellioni di Arthur sono espresse nel romanzo attraverso l’uso del discorso indiretto libero, per
dare un’impressione di ancora maggior realismo. Il narratore recupera in 3° persona la voce del
personaggio, senza interrompere il testo né con verbi dichiarativi né virgolette. Nel discorso
indiretto libero abbiamo i pensieri e le parole del personaggio introdotti dal narratore stesso,
senza l’uso dei verbi dichiarativi e dalla congiunzione “che”. Il lettore entra nella testa in maniera
indiretta.
Ciò che è interessante è che Alan Sillitoe recuperi la voce di un personaggio della working class.
Deve quindi parlare come parlerebbe lui.
Prima citazione: descrizione del sabato sera dalla prospettiva di Arthur. Come vede il sabato sera
e come lo passa. Attraverso il narratore entriamo nel modo di pensare di Arthur. È la sua voce.
Linguaggio particolare.
• Bingiest (to binge = abbuffarsi; binge drinking = bere in maniera eccessiva fino ad ubriacarsi)
time of the week, difficile da tradurre.
• A prostrate Sabbath: domenica prostrato (perché è il giorno in cui si riprende dalle follie del
sabato).
• A week’s monotonous graft: graft è un verbo che significa sgobbare, sfacchinare. Lo sfacchinare
monotono di tutta una settimana. Ma più probabilmente un neologismo tratto dal verbo: lo
sgobbo.
• “All I’m out for is a good time – all the resti s propaganda”: Arthur non ha volontà di
coinvolgimento politico. No questioni morali o politiche. Tutto ciò che voglio è divertirmi.
Scena finale
Arthur avverte l’incombere di una maturità (adulthood) infelice, in cui per sopravvivere occorrerà
rassegnarsi. Lui si trova sulla collina e guarda Nottingham (con tutte le casette a schiera) e tira
sassi contro la casetta dove dovrà andare a viere con la sua ragazza.
Il finale è una resa alle convenzioni sociali, integrazione nella società dei consumi o nuova fase
nella vita di un ribelle?
L’ultima frase di Arthur può essere interpretata in modi diversi, a seconda dei quali cambia il
significato.
“If you went through life refusing all the bait dangled in front of you, that would be no life at all.
No changes would be made and you would have nothing to fight against. Life would be dull as
ditchwater”.
“Se si continua a vivere rifiutando tutte le esche che ci vengono dondolate davanti agli occhi, non
ci sarebbe niente contro cui combattere, la vita sarebbe insipida come acqua marcia”.
Da questo romanzo viene tratto un film diretto da Reisz. Ancora una volta, come abbiamo già
visto, il passaggio da forma scritta a film smussa un po’ le situazioni descritte nel libro. Reisz
stesso definisce il proprio film una “favola sull’educazione sentimentale di un ragazzo che lavora in
fabbrica”. Una favola per adulti, amorale, scabrosa, cruda.
Al discorso di classe e sulla vita in fabbrica viene preferito un discorso sul disagio esistenziale della
generazione di Arthur. Nessuna connotazione di classe, ma disagio esistenziale generazionale. I
problemi sociali sono espressi in termini di relazioni individuali, non economiche o industriali.
Arthur prova un disagio tipico non tanto della sua classe sociale, ma della sua generazione. Il film
ebbe un successo enorme: è un film che segna il ritorno al sociale senza enfasi pedagogica, cioè
senza voler insegnare nulla e senza voler trarre delle conclusioni (come nei dettami del Free
Cinema).
A differenza di “The Loneliness of the Long-Distance Runner”, la sceneggiatura non presenta
grandi differenze rispetto al libro. Anche se Sillitoe aiuta nella sceneggiatura, il modo in cui Reisz
filma la realtà è quello del borghese che guarda dall’esterno (es. operai ripresi dall’alto). Il regista
ammette di non essere in grado di guardare dall’interno e sa che quello non è il suo mondo.
Il film è in linea con la poetica dello “As Found”, cioè prendere le cose così come sono e come
appaiono. Il mondo di Arthur non è ricostruito. Il film non è girato negli studios: inquadrature di
esterni, case vere, fabbriche e operai veri di Nottingham. Non si vuole abbellire la realtà né
renderla più cinematografica.
Visione opening scene: https://www.youtube.com/watch?v=zJAeb0wiQjA
Il discorso indiretto libero del romanzo viene tradotto nel film dalla voice off di Arthur che
esprime i suoi pensieri: non sentiamo cosa dicono gli altri operai della fabbrica, perché lo
spettatore è nella mente di Arthur. As Found: le comparse sono operai veri che fanno il loro
lavoro in quel momento.
Interscambio di pochi attorni e pochi registi: britishness.
04/11/2020
Somiglianza tra “Saturday Night and Sunday Morning” e l’album “Whatever People Say I Am,
That’s What I’m Not” degli Arctic Monkeys del 2006.
“Us” e “them”
Per Smith anche i lettori sono “loro”, non fanno parte del “noi” (us: io e le persone come me, cioè
come Smith) perché sa che le persone come lui non leggono. Sa che chi legge sono i borghesi e
coloro che appartengono alle istituzioni (all’establishment). Per questo motivo di fronte questa
novella si sperimenta un paradosso: per una volta il letto vede la situazione dal punto di vista
dell’“Altro”. Solitamente, quando si legge ci si mette nei panni del protagonista (o del narratore) e
tutto ciò che esula da esso è “Altro”. In “The Loneliness of the Long Distance Runner” invece ci
troviamo in una situazione di spaesamento: man mano che proseguiamo con il racconto il lettore si
rende conto di essere parte dell’“Altro” e non si identifica nel protagonista, che ribadisce più volte
che noi non apparteniamo al suo gruppo. La gara di corsa campestre si trasforma quindi in un
conflitto sociale in cui i lettori sono dalla parte degli oppositori, dei nemici di classe, dalla parte di
chi gareggia contro di lui.
Il gesto di Smith di perdere consapevolmente la gara avrà forti ripercussioni, ma creerà anche una
nuova solidarietà con i suoi compagni. Inizialmente i suoi compagni pensavano fosse un
privilegiato (perché venivano trattato un po’ meglio e poteva correre ogni giorno), perché non
conoscevano le sue reali intenzioni. Quando scoprono che egli voleva solo perdere la gara, i
compagni lo riaccolgono tra di loro. Al termine della storia, Smith dice che non è stato così
tremendo il periodo del post gara, ha pensato molto a quel periodo e sa che i suoi amici sanno
perché ha perso la gara di proposito. Dice che ne è valsa la pena: è stato molto elogiato, mentre
veniva internamente screditato il direttore.
Alla fine della novella impariamo anche che la novella è stata scritta contro il nostro mondo, contro
di noi (“them” dalla prospettiva di Smith). Il lettore legge qualcosa dove egli ne è bersaglio. Il libro
non è una denuncia sociale, ma una sorta di esempio e “cautionary tale” che serve per mettere in
guardia come se fosse una favoletta morale. È una storia che deve servire come ammaestramento
al suo gruppo e deve mettere in guardia il suo gruppo, il gruppo degli us.
Il finale della novella è ambiguo e manca nel film, che invece termina con una breve sequenza in
cui si vede a cosa è stato condannato Smith dopo aver perso la gara, ossia a fabbricare maschere
antigas (chiaro riferimento alla paura della bomba atomica che attanagliava tutta l’Europa).
“In the meantime (as they say in one or two books I’ve read since, useless though because all of
them ended on a winning post and didn’t teach me a thing) I’m going to give this story to a pal of
mine and tell him that if I do get captured again by the coppers he can try and get it put into a
book or something, because I’d like to see the governor’s face when he reads it, if he does, which I
don’t suppose he will; even if he did read it though I don’t think he’d know what it was all about.
And if I don’t get caught the bloke I give this story to will never give me away; he’s lived in our
terrace for as long as I can remember and he’s my pal. That I do know.”
La novella termina in maniera ambigua: il protagonista dice che darà questa novella a un suo
amico per provare a pubblicarla in un libro con l’intenzione di farla leggere al direttore, il quale
probabilmente non lo farà e non capirebbe a prescindere il motivo del gesto di Smith di perdere la
gara.
Onestà e fiducia che ha nei “noi”.
Se noi stiamo leggendo il libro, vuol dire che Smith è stato preso dalla polizia poiché ha continuato
la sua vita da piccolo criminale oppure può darsi che l’amico abbia fatto pubblicare il libro, dunque
ciò implicherebbe che Smith ha avuto successo.
Paradossalmente Smith ha raggiunto il successo che non voleva. Se tutta la novella gioca sul fatto
che sia scritta per i “loro” (perché sa che i “noi” non la leggeranno mai) questo finale mette in
discussione l’effettivo raggiungimento della libertà. Il fatto che possiamo leggere la storia significa
che l’autore è in carcere oppure che si è arreso all’establishment e ha fatto pubblicare lui stesso la
novella.
L’autore è di nuovo in carcere o si è arreso all’establishment? La vera sconfitta di Smith non è il
carcere, che nella sua logica è solo una tappa obbligata nella sfida contro “loro”, ma piuttosto il
successo della pubblicazione. La sconfitta è proprio nella pubblicazione.
Il film diretto da Tony Richardson e sceneggiato da Alan Sillitoe viene reso come una coming of age
story. Smith diventa Colin Smith. È diventato una sorta di anti-eroe della classe operaia, piuttosto
che un ribelle anarcoide (che tende all’anarchia; sovversivo) come nella novella. La risoluzione di
perdere la gara viene inserita solamente alla fine del film. Vengono inseriti degli spezzoni che non
ci sono nella novella sulla sua vita familiare e interludio sentimentale.
La novella in italiano è intitolata “La solitudine della maratoneta”, mentre il film in italiano prende
il nome di “Gioventù, amore e rabbia”, pensando che il titolo della novella non avrebbe interessato
altrettanto.
Gioventù perché Smith è giovane (coming of age film), amore per qualcosa che non è presente
nemmeno nella novella ossia l’intermezzo sentimentale e rabbia perché ci troviamo ancora nel
periodo degli “Angry Young Men”. Riferimento al movimento dei Giovani arrabbiati.
La locandina ci mostra tutto ciò che si presuppone possa invogliare il pubblico: la rabbia è
esplicitata nella violenza; intermezzo sentimentale; e solitudine del giovane che riflette su se
stesso. Nella locandina italiana si fa riferimento a livello iconografico a episodi che non sono
presenti nella novella: quando viene picchiato il ragazzo che ha cercato di evadere dal riformatorio
e l’intermezzo sentimentale.
Smith è visto come un teenager confuso che proviene da un background difficile. Per questo
motivo perdere la gara è visto come un gesto di trasgressione adolescenziale. Nella novella Smith è
un disadattato, mentre nel film è un magnifico perdente e acquisisce uno stato eroico. Diventa
un’icona per la propria generazione.
Il film è in maniera ancora più evidente contro il mito del successo ad ogni costo.
Il fatto che Smith rimanga un mito lo dimostra come la sua vicenda abbia ispirato un gruppo rock:
gli Iron Maden, che hanno scritto una canzone intitolata “The Loneliness of the Long Distance
Runner”. Il lavoro di Sillitoe ha influenzato la cultura anglosassone molto tempo dopo la sua
pubblicazione. È rimasta una pietra miliare.
09/11/2020
Ci concentriamo sulla musica, che ha ripreso i fermenti del periodo anche a distanza di tempo.
“A Taste of Honey” è forse l’opera che ha avuto più riprese ed è stato più rappresentato;
ricordiamo infatti che anche l’anno scorso era nel cartellone del West End a Londra.
Battuta di “A Taste of Honey” in una canzone dei Beatles, come titolo e ritornello. È la battuta di
Geoffrey, quando Jo le confessa di essere incinta: Your mother should know.
La canzone “Your mother should know” viene inserita in un film dei Beatles (scritto e diretto da
loro), programmato dalla televisione nazionale britannica BBC il 26 dicembre del 1967.
Siamo in una situazione ironica, dove vediamo i Beatles collocare questa frase seria del dramma in
una situazione profondamente diversa ed inglese. La frase “your mother should know” potrebbe
essere interpretata come un’imposizione, qualcosa che è giusto, ma stressando sul verbo “should”
e sul condizionale si potrebbe anche intendere qualcosa che è probabile che la madre sappia.
Il testo della canzone dice “Though she was born a long long time ago / Your mother should
know”. Il verbo “should” inteso da Geoffrey potrebbe quasi essere un “must”, cioè un’imposizione.
Anche un altro gruppo inglese, i The Smiths, riprende la Delaney. Il frontman degli Smiths
(Morrissey) riprende l’intero dramma. È affascinato da “A Taste of Honey” e dalla figura di Shelagh
Delaney. Commenta il testo di Delaney in una canzone, immaginando cosa possa essere successo
dopo. “This night has opened my eyes” del 1984 è la canzone dei The Smiths che è una vera e
propria interpretazione del dramma “A Taste of Honey”.
Notiamo che chi canta assume il punto di vista di Geoffrey, che cerca di convincere Jo ad
accettare la sua situazione.
“The dream has gone, but the baby is real”.
All’inizio invece allude all’aborto o idea di liberarsi di questo bambino.
Un’altra frase chiave è “I’m not happy and I’m not sad”.
Nonostante siano passati quasi 30 anni dalla pubblicazione del dramma di Shelag Delaney “A
Taste of Honey” (pubblicato nel 1958), quest’ultimo continua ad avere un’importanza capitale
nella cultura inglese.
Nel 1986, gli Iron Maiden (gruppo heavy metal britannico) riprendono in una loro canzone “The
Loneliness of the Long Distance Runner”. Raccontano la trama della novella in una loro canzone.
Musica rabbiosa che si adatta bene alla rabbia di Smith.
Il testo recupera la storia di “The Loneliness of the Long Distance Runner” dando per scontato che
chi ascolta conosce la storia.
Nella canzone abbiamo una motivazione per il rifiuto di vincere la gara da parte di Smith: You feel
like throwing the race / It’s all so futile.
La musica heavy metal accompagna la rabbia di Smith, ma l’interpretazione testuale è incentrata
sulla futilità della vittoria, è quasi più di tipo esistenziale.
Gli anni ’80 sono un periodo di difficoltà per la Gran Bretagna: periodo in cui dietro ad una patina
di frivolezza troviamo una profonda miseria a causa di una grave recessione. Alto numero di
senzatetto. Progressiva perdita di libertà da un punto di vista politico.
Il video degli Oasis si pone vent’anni dopo, quando il clima è cambiato. Voglia di divertirsi con un
umorismo un po’ macabro tipicamente inglese. Voglia di ritrovare le proprie radici ed affermare
elementi costitutivi della Englishness (la ripresa della New Wave, music hall e recuperare il tipico
umorismo britannico: English humor).
“The Importance of Being Idle” (2005) degli Oasis, che addirittura inizia con una rappresentazione
parodica di un logo di una famosa etichetta cinematografica del tempo.
Ambientazione tipica del film New Wave: la prima scena mostra le terrace houses (casette a
schiera) della provincia inglese. Non è ambientato a Londra, ma in una provincia settentrionale.
Bianco e nero. Gli esterni ci rimandano alle foto di Nigel Henderson e all’East End. Gli interni sono
arredati secondo lo stile provinciale del tempo. Gli abiti delle donne seguono le mode del tempo:
capelli cotonati e gonna cortissima. I passi di danza sono simili a quelli maldestri dei Beatles, tipici
del music hall.
Esempi importanti per vedere in che modo la cultura può essere considerata porosa. La cultura
non ha confini temporali né geografici ed interdisciplinare. Inoltre, il periodo di cui ci stiamo
occupando è radicato nella cultura britannica. In un testo apparentemente disimpegnato come
potrebbe essere questo video (una persona che va al suo stesso funerale) può comunque far
vedere l’intreccio culturale.
Ripresa anche ad Oscar Wilde, ma “L’importanza di essere pigro”. Recuperare elementi della
propria cultura.
The Kinks: gruppo importante dello stesso periodo di cui ci stiamo occupando, offuscati dalla
grandezza dei Beatles. Canzone “Dead End Street”. Umorismo macabro tipicamente britannico: si
scherza sulla morte, morto che esce dalla bara e corre.
I The Kinks aprirono la strada per molti gruppi successivi e furono i primi a creare piccoli video:
capire l’aria del tempo in maniera umoristica, affrontare temi pesanti lasciando del sottinteso.
10/11/2020
L’ultimo evento del 1956 che abbiamo ricordato è la mostra “This is Tomorrow” alla Whitechapel
Gallery, tra l’agosto ed il settembre di quell’anno. Locandina della mostra.
La particolarità della mostra era la collaborazione di pittura, architettura e scultura:
collaborazione delle arti sotto il rigetto comune dell’idea comune che un’arte fosse superiore ad
un’altra. Per arrivare ad un tipo di arte che non fosse pura e specialistica.
Nell’introduzione al catalogo della mostra “This is Tomorrow”, Lawrence Alloway (coniatore
dell’etichetta pop art) spiega cosa si proponevano di fare gli artisti: porre l’arte in una prospettiva
che facesse leva sul futuro per essere completata. Propone delle opere che vedranno la loro
migliore interpretazione nel futuro, ecco il perché del titolo This is Tomorrow.
La mostra era formata da 12 sezioni, ognuna delle quali composta da un gruppo di 3-4 artisti.
Ciascun gruppo di artisti aveva piena libertà Ogni sezione era autonoma: i gruppi impegnati nella
mostra non si erano messi d’accordo e non avevano un’idea dei principi di base universali. Ogni
gruppo esibiva la propria idea di arte del futuro. Comune a tutti i gruppi però è il rigetto dell’idea
che il loro tipo di arte fosse superiore e bisognasse conservarne la purezza, senza contaminarlo
con altre forme artistiche. In questa mostra diversi canali artistici possono confrontarsi, ma anche
completarsi l’un l’altra. Il risultato di questa mostra è opporsi alla specializzazione nelle arti:
contro lo specialismo.
Arte dell’essere spettatore: contro le risposte della percezione convenzionale. Questa mostra
vuole educare lo spettatore e far sì che esso non si adagi sulle risposte convenzionali che dà il
pubblico colto. Non è una mostra solamente per il pubblico colto.
I pezzi artistici esibiti nella mostra sono oggetti del quotidiano, di tutti i giorni: As Found.
Lo spettatore deve adeguarsi al carattere della nuova sezione: ogni allestimento dei 12 gruppi è
diversa. Adattare le proprie percezioni a qualcosa di diverso.
IMPORTANTE: Si fa leva sulla responsabilità dello spettatore nella ricezione ed interpretazione
della rete di comunicazioni veicolati dall’arte.
Alcuni artisti: Eduardo Paolozzi (scultore), gli architetti Smithson (marito e moglie), Nigel
Henderson (fotografo). Questa foto presente all’interno del catalogo (libro con la spirale) è
interessante: l’ambientazione della foto è l’East End (lontani dai luoghi dell’arte e cultura
accademica, ma quartiere popolare in cui la Mazzetti aveva girato Together).
La fotografia ritrae i componenti del gruppo di lavoro numero 6: realtà lontana dai centri della
cultura e critica accademica, ma che rappresenta la cultura popolare. Ambiente modesto che
rimanda all’idea della cultura della working class.
Notiamo però le sedie su cui sono sedute: sedie di design di plastica, che rappresentano il nuovo.
Le sedie sono in netto contrasto con la cornice del quartiere popolare dell’East End, ma
presagiscono il nuovo che avanza. Nuovo modo di fare cultura: cultura intesa come il complesso
delle abitudini e delle pratiche che sono condivise da tutta una comunità.
Che cosa rappresentavano quelle sedie di plastica con quel particolare design? Queste sedie
suggeriscono un nuovo tipo di arte: un’arte del presente.
Reyner Banham scrive la seconda parte dell’introduzione del catalogo e definisce questo tipo di
arte una expendable art: effimera, non destinata a durare nel tempo. Arte “spendibile”, ma “carica
di implicazioni per il futuro”. Effettivamente ancora oggi vediamo questa tipologia di sedie.
È un’arte che non riconosce il bello assoluto e le leggi canoniche della bellezza e della purezza, ma
è invece caratterizzata dall’impermanenza: arte effimera, non destinata a durare, ma invece
destinata a cambiare ed essere sostituita. Abbiamo quindi un culto dell’attimo che si traduce in
un’esaltazione di vita vissuta solo al presente. Legame tra luogo e l’attività che vi si svolge. Questo
legame è ben presente anche nella Whitechapel scelta per la mostra “This is Tomorrow”: era il
quartiere di Jack lo Squartatore. Questo legame tra luogo e attività verrà definito SITUAZIONISMO.
In questa fotografia apparentemente banale vediamo quindi una prefigurazione dell’aria del
tempo degli anni ’60, la cui caratteristica principale è la capacità di collocare ogni gesto in un suo
preciso spazio. Importanza dello spazio: East End sulle sedie moderne. Volontà di staccarsi dalla
cultura del West End, per riaffermare la propria matrice culturale proletaria; ma anche la volontà
di guardare al futuro, sedendosi su queste sedie di design. Le sedie vanno contestualizzate:
situazionismo.
La mostra
Sono presenti due italiani: il designer Germano Facetti (che diventerà art director della Penguin) ed
il pittore Emilio Scannavino. I membri dello Independet Group (formato nel 1952) si trovano nel
gruppo 2 (Richard Hamilton, pittore) e 6 (Smithsons, Paolozzi, Henderson).
Ci concentreremo su questi due gruppi, da cui poi partirà l’idea della cultura pop.
L’idea base della mostra è che ci sia una continuità tra ciò che si è fatto ieri, quello che si fa oggi e
quello che si farà domani. Ma è l’istante presente il punto di partenza: conoscere il presente è una
prova di vita, perché la vita si svolge in questo istante. Solo in questo momento noi stiamo
veramente vivendo. Esaltazione dell’istante presente e dell’attimo.
L’istante passato contatta l’istante presente (QUI ED ORA). Hic et nunc: tempo in cui si svolge la
vita e si realizza la cultura. Tutta la cultura degli anni ’60 sarà la cultura del presente.
I membri della sezione 4 fanno riferimento agli spettatori come “those who feel”.
Those who feel: per comprendere le loro opera dovevano prima di tutto sentire, percepire. Per
imparare la lingua dell’arte, bisogna aprire gli occhi e guardare. Si richiede partecipazione emotiva
da parte dello spettatore: lodate quello che riecheggia nel vostro cuore. Per quello che non vi dice
nulla, tacete e non esprimete giudizi. Non si può formulare un giudizio univoco su un’opera:
l’opera è costante, è chi vede che cambia. L’arte è relazionale.
Il quadro considerato il primo quadro pop: Just what is that makes today’s homes so different, so
appealing? di Richard Hamilton (sezione 2). Si proponeva di scardinare le percezioni usuali di
spazio e tempo (SITUAZIONISMO) inserendo nei suoi lavori le esperienze della quotidianità
contemporanea, rappresentata dalle espressioni più comuni e banali della cultura britannica ed
americana (che avevano conosciuto grazie alcune riviste).
Riferimenti al mondo hollywoodiano, pin-up (modella) sul divano, mondo della pubblicità e dei
consumi (prosciutto conservato sul tavolino del salotto, stemma della Ford), elettrodomestici
come aspirapolvere ed apparati tecnologici (sogno di tutte le famiglie britanniche del tempo). Sono
segni ironici del nuovo che avanza sottoforma di consumismo sfrenato.
Culturista che ha in mano un enorme lecca-lecca, su cui c’è scritto pop. È la prima volta che
l’espressione pop viene usata coscientemente, a suggerire l’ampliamento delle potenzialità
percettive per affrontare il domani. Poster di un fumetto sulla parete (dal titolo Young Romance)
che fa allusione del nuovo mondo popolare: suggestioni che arrivano dagli Stati Uniti. Notiamo
anche un quadro antico: commistione tra passato e presente. I mobili rimandano invece ad un
design dei tardi anni ’50. Questo quadro diventa il manifesto della pop art britannica: anticipazione
del contatto fra cultura britannica ed americana, cultura alta e bassa, passato e presente, che darà
luogo all’universo pop. Il titolo di questo quadro viene da una frase che Hamilton aveva trovato in
una rivista. Per rispondere alla domanda egli sovrappone nell’immagine una serie di elementi del
presente. La pop art, quindi, non nasce negli Stati Uniti con Andy Warhol, ma in Gran Bretagna.
11/11/2020
Differenza tra cultura pop e cultura popolare, messa in rilievo da Lawrence Alloway.
La cultura popolare è prodotta dal popolo per il popolo (es: l’artigianato, il folklore, le fiere di
paese); è tutto ciò che il popolo stesso fa per il proprio personale godimento.
La cultura pop, invece, è prodotta da intellettuali per il popolo ed è ironica ed ambivalente. Mette
in chiaro la consapevolezza di produrre qualcosa che non è grande arte. La cultura pop ha una
caratteristica di base, ovvero l’utopia della liberazione pacifica dell’individuo attraverso i consumi.
Creare un paradiso in terra attraverso i consumi, tutto ciò per mezzo della pubblicità che spesso
arriva dall’America. Pubblicità di elettrodomestici, di junk food: il pensiero che più accumuliamo
oggetti e più questi ci faranno stare meglio. Il cliente diventa consumatore e gli interessi delle
industrie prevalgono sui bisogni reali.
Dagli anni ‘50 le persone cominciano a comprare non più per bisogno, ma perché pensano che
porterà loro giovamento o per poter essere simili agli altri. Le industrie producono prodotti che
non corrispondono ai reali bisogni degli utenti, ma rispondono ad una necessità del mercato di fare
soldi. Se nei primi anni ‘50 erano pochissime le persone che potevano permettersi un’automobile
ed era considerata un grande investimento, con gli anni ‘60 cominciamo ad avere l’idea che
l’automobile non è un investimento a lungo termine, ma un oggetto che viene cambiato al
momento in cui esce un modello più bello. La pubblicità induce una necessità di prodotti superflui
nelle persone.
La cultura pop diventa la scelta intenzionale di oggetti che possano definire la posizione del
giovane consumatore. Fa leva su quelle che sono le necessità superflue, i falsi bisogni dei giovani
consumatori, che stanno invadendo il mercato. L’idea, in ultima analisi, è che l’artista pop debba
captare cosa voglia il suo pubblico in quel momento. Si arriva ad un punto in cui arte e vita si
mescolano, sogno e realtà sono intercambiabili e indistinguibili.
Le tappe della cultura pop: distinzione tra anni ‘50 e ‘60
- Negli anni ‘50 gli artisti ironizzavano sul consumismo americano.
- Negli anni 60 l’arte pop diventa una condizione globale dove sogno e realtà sono indistinguibili:
nasce il culto dell’effimero tipico di una società consumistica e ne segue il rigetto di tutto ciò che è
definitivo.
- Nel novembre del ’55, la stilista Mary Quant apre una boutique chiamata Bazaar, che diventa il
simbolo della rivoluzione giovanile inglese. Qua si vendono abiti pensati apposta per le teenager:
se pensiamo a Momma Don’t Allow vediamo che prima vestivano come le madri; si passava dagli
abiti per bambini ai vestiti da signora.
Mary Quant propone per la prima volta abiti da ragazze: gonne sopra al ginocchio, colori vivaci (e
non più colori neutri), utilizzando materiali inediti come sintetici e plastica (ad esempio gli
impermeabili di plastica). Sono vestiti destinati ad un pubblico che li consuma sul momento,
destinati al qui e ora. Non sono pensati per durare nel futuro, ma per stupire nel presente. Mary
Quant è il primo momento di quella che sarà la risposta britannica alla cultura americana e viene
definita “la prima manifestazione pop prima dei Beatles”.
- Il 6 luglio 1957 avviene il primo incontro di John Lennon e Paul McCartney in una parrocchia nel
quartiere di Liverpool (nel nord). John si esibisce con un gruppo e Paul lo sente. Dopo una
settimana i due si rivedono e inizia la loro amicizia. Questi due giovani sono dei ragazzini di 16 e 15
anni (due teenager). Nel ‘59 si unisce a loro George Harrison e con loro parte per tentare fortuna
nei porti di Amburgo: i Beatles faranno la gavetta suonando nei locali frequentati da personaggi
come prostitute e delinquenti.
Al loro ritorno a Liverpool vengono ingaggiati da un jazz club chiamato Cavern e ottengono un
notevole successo locale, non oltre i confini di Liverpool.
- Nel novembre del ‘61 vengono notati da un giovane commerciante di dischi di nome Brian
Epstein, che diventa loro manager.
- Nell’estate del ‘62 egli li presenta a George Martin, della casa produttiva Parlophone, e lo
convince far loro incidere il primo disco. George Martin non era molto convinto e accetta solo con
l’introduzione di Ringo Starr (il più conosciuto batterista di Liverpool) nella band. Nel 1962 George
Martin produce il loro primo disco.
- Nel ‘63 fanno seguito altri dischi e quest’anno viene ricordato come l’anno dei Beatles. Nel
momento in cui questi 4 ragazzini di origini modeste (piccolissima borghesia, figli di operai e
impiegati), dal tutto privi di studi musicali adeguati, si impongono sulla scena, succede qualcosa di
importante. Cambiano lo statuto della musica pop e creano una musica giovane per i giovani. Si
tratta di una musica scritta dagli stessi giovani alla quale si affiancherà anche una proposta di look,
abbigliamento, comportamento e di linguaggio che non ha più niente a che vedere con il mondo
adulto.
Molti anni più tardi ricordando la sua esperienza con i Beatles, George Martin definirà i Beatles
icone della loro generazione, simbolo dell’ingegno e della creatività britannici.
Nel 1963 i Beatles mantengono i primi posti nelle classifiche.
Qualche anno dopo il successo dei Beatles, il poeta Philip Larkin scrive una poesia ironica chiamata
Annus Mirabilis che descrive bene la situazione inglese prima e dopo i Beatles. Il poeta sottolinea
che un rapporto più libero con la sessualità cominciò solo nel 1963 (cioè fra la fine della censura a
Lady Chatterley ed il primo 33 giri dei Beatles). Dice ironicamente che i rapporti sessuali iniziarono
nel 1963, ma che era troppo tardi per lui. La poesia dice che prima di quel momento c’era stato
solo un baratto, una battaglia per l’anello di fidanzamento o di matrimonio perché prima non si
poteva consumare un rapporto sessuale. Del sesso avevano paura, era una vergogna che iniziava a
16 anni, l’adolescenza era un periodo di vergogne e istinti repressi che poi si spargeva in tutti i
settori della vita.
La vita non è mai stata meglio che nel 1963.
Dicendo “col primo 33” dei Beatles si capisce che dietro alle loro apparenti canzoni disimpegnate e
infantili, c’era già l’allusione a certi comportamenti sessuali più espliciti e disinibiti più di quanto
non fossero in precedenza quelli degli adolescenti britannici.
- In questa situazione di corruzione e scandalo, i Beatles diventano un bel diversivo per l’attenzione
delle masse. Il successo dei Beatles genera anche un fanatismo di massa, chiamata Beatlemania,
che fu accolto da una opinione pubblica come una distrazione provvidenziale dai problemi del
Paese.
Non dimentichiamo che i Beatles, che all’inizio si presentavano con un taglio di capelli garbato e
vestiti come giacca e cravatta giovanili, diventavano un contraltare alla corruzione imperante, sono
l’esatto contrario di quella società in cui vivevano. Il loro aspetto diventava la faccia positiva del
Regno Unito, la loro immagine doveva essere positiva e rassicurante. Wilfrid Mellers, musicologo e
scrittore, scrive che quando apparirono erano semplicemente e sensualmente positivi, come dei
neonati che rigettavano il passato, eppure cantavano per la loro vita.
- Nel ‘63 abbiamo anche un altro fenomeno: il personaggio di James Bond conquista successo. È
l’agente segreto britannico le cui gesta sono narrate in dei romanzi, ma che ottiene successo su
pellicola con l’attore Sean Connery. Sunday Times lo definisce l’uomo che tutti gli uomini
vorrebbero essere e tutte le donne vorrebbero avere tra le lenzuola.
Nel 1964 abbiamo quella che viene definita la British Invasion: l’Inghilterra con i suoi prodotti
culturali e tendenze invade gli Stati Uniti. SI ha quindi un’inversione di tendenza. Non sono più gli
USA il luogo a cui aspirare, ma il Regno unito, con la loro musica, i loro film, i miti britannici ai quali
si lega tutto il merchandising. È la prima vota che si fanno delle merci relative a dei personaggi del
mondo dello spettacolo in maniera così massiccia: Beatles e James Bond.
A Carnaby Street si trovano molte boutique anche maschili che vendono abiti coloratissimi,
pantaloni a zampa di elefante, giacche lunghe, eccetera. Tutto ciò è un trionfo del design: Londra
diventa la capitale del design e questa nuova realtà invade il mondo esterno, dagli Stati Uniti a
tutta Europa.
Il consumo diventa un fattore di integrazione, il mondo appare sempre più costituito da immagini.
Stare nel design significa stare nella moda e vivere il presente, a Londra.
16/11/2020
(Importanti furono le stazioni radio pirata che trasmettevano canzoni rock e pop che la BBC non
trasmetteva, la quale aveva uno stretto protocollo siccome si avevano solo tre canali radio e
trasmettevano solo ventotto ore settimanali di musica, tra la musica più commerciale, mainstream
e classica. La musica che sceglievano era quella imposta dalle case discografiche importanti. Gran
parte dei brani che non erano prodotti da quelle case discografiche venivano cantate da cantanti
locali, in cover, ma comunque erano pochissimi essendo che la musica rock era avversata a livello
governativo. Il film I Love Radio Rock racconta la storia di questa radio pirata che fu la prima a
trasmettere la musica rock da una nave ancorata in acque internazionali, per 24h al giorno. In
questo modo nasce la figura del dj. All'epoca (anni 1920-30) la BBC aveva sigillato contratti per
rilevare la London Symphony Orchestra, in perenne crisi finanziaria, e per questo si fuse con la
Philharmonic Society e formarono un nuovo gruppo: la BBC Symphony Orchestra, che fu anche
pioniere di registrazioni classiche in radio. La BBC era gelosa dei propri diritti di palinsesto.
Dalle radio pirata poi si crearono le radio libere, verso gli anni ‘10 del decennio. Le radio pirata non
pagavano i diritti delle canzoni che trasmettevano, ma gli esecutori delle case discografiche non si
opposero mai a ciò siccome Radio Caroline era super seguita, ebbe un seguito enorme non solo tra
i giovani per cui le canzoni che venivano trasmesse, poi vendevano milioni di copie di dischi. Le
radio pirata furono poi boicottate e perseguitate, chiusero tutte tranne Radio Caroline. L’idea delle
radio libere ovviamente nasce lì.)
La Pop Art in UK
Le date di riferimento della Pop Art sono 1947-1967. Nel 1947 esce per la prima volta per il
pubblico il collage di Paolozzi, che in qualche modo presenta tutti gli stilemi del Pop prima ancora
che questo termine venisse usato nel modo in cui lo usiamo attualmente.
La cultura americana filtrata dagli occhi inglesi. Il riferimento alla cultura americana era
importante, siccome veniva vista come il paradiso dei consumi e del benessere. Abbiamo il
riferimento ai giornali scandalistici del tempo, tra cui “Ultimate Confessions” dove si spacciavano
per vere delle storie strampalate; la pin up (ossia la bella ragazza giovane e discinta la cui
immagine veniva appesa nei posti in cui si trovavano a lavorare gli uomini, calendari dei barbieri
etc.), è giovane e sorridente ma grazie al linguaggio ironico tipico dei giornali di gossip sappiamo
che è anche dotata di un passato peccaminoso e scabroso.
Si hanno alcune cose che rappresentano l’America, tra cui il junk food (in basso a destra, una
merendina alla ciliegia) e la coca cola. Il sottotitolo della rivista è “true stories”, ma chiaramente le
storie raccontate in questa rivista non erano reali.
Il primo quadro apertamente Pop è quello di Richard Hamilton. È da ricordare che egli faceva parte
della sezione 2 della mostra This is Tomorrow: unico gruppo che si confrontava apertamente con i
simboli della cultura popolare.
Lo spettatore passava attraverso un corridoio ed arrivava in uno spazio costruito come una sorta di
sala giochi in cui incontrava diversi miti della cultura popolare. Per iniziare, veniva accolti da Robby
il Robot (un robot di un film di fantascienza che stava avendo in quel momento un grande
successo); poi si aveva un ferma immagine a grandezza naturale di Marylin Monroe nel film
“Quando la moglie è in vacanza” (in cui le si alza la gonna mentre è su un tombino); un jukebox
considerato il simbolo della decadenza americana nel ’56, ma anche una sorta di simbolo di design;
la riproduzione di una capsula spaziale ispirata ai film di fantascienza e all’interno degli oblò degli
alieni guardavano il nostro mondo; riproduzione dei film di guerra e di bibite (birra Guiness) e
girasoli di Van Gogh.
Il collage di Hamilton si rifaceva sulla cultura consumistica: ironizzava sui miti americani e li
rimodellava con occhio britannico. Gli oggetti che si vedono nel quadro sono messi in maniera
disordinata e caotica: la televisione ci suggerisce che i miti americani sono filtrati dall’immaginario
dei mass media e della pubblicità. Gli oggetti “esterni” invadono l’orizzonte domestico: il “Patio” e
“Pavillon” si invadono a vicenda.
Un altro aspetto ironico del collage è che né la ragazza né il ragazzo risultano sexy e provocanti:
non si guardano con interesse. Entrambi coprono le loro nudità con degli oggetti incongrui: lui ha il
lecca-lecca e lei ha dei copri capezzoli e in testa un cappello che sembra un paralume. Importante
è il lecca-lecca che ha una scritta che si carica di tutti i significati del collage: pop. Non è più quindi
il suono onomatopeico pop come era in Paolozzi. Data la posizione e la dimensione del lollipop
potremmo interpretare un doppio senso a sfondo sessuale. Tuttavia, né il lollipop né i seni in
mostra della signorina non sembrano colpire l’altro.
Nella lettera del 16 gennaio 1957 di Hamilton agli Smithsons, egli spiega cos’è la Pop Art.
È popolare in quanto ideata per il pubblico di massa, non per il popolo dal popolo, ma ideata da
artisti per un pubblico di massa; è transitoria, una soluzione a breve termine, nessuno pensa che la
Pop Art duri nel tempo; nessun artista pop lavora per la posterità.
È di consumo, dunque presto dimenticata, oggetti dimenticabili subito essendo fatti per l’attimo,
per il consumo immediato. È di basso costo (l’artista fino a quel momento non si era interessato al
fattore economico); inoltre la Pop Art può essere riprodotta, ripetuta, siamo all’apoteosi dell’era
dell’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica, era un prodotto di massa. È giovane, ossia
pensata per i giovani (novità siccome non si era mai rivolta ai giovani prima) ed è spiritosa e sexy,
affascinante e molto commerciale.
Queste saranno le caratteristiche di qualsiasi prodotto culturale dell’epoca: cinema, moda, musica,
ecc. Non è un caso che in questo periodo la fotografia diventi la forma d’arte per eccellenza: la
fotografia è senza dubbio transitoria, ma è riproducibile, si può fare in seria ed è economica.
Nella pop art il cliente dunque si fa consumatore, gli interessi delle industrie prevalgono sui bisogni
reali, si fa strada la nostalgia per le cose mai conosciute. La cultura pop è quella del giovane
consumatore, al di là di ogni steccato di classe, censo e livello intellettuale.
Lawrence Alloway scrive “The Arts and the Mass Media” nel 1958 in cui per la prima volta mette in
chiaro il rapporto tra le arti e i mass media. Le arti popolari della nostra civilizzazione industriale
devono cambiare seguendo i cambiamenti tecnologici, ma quest’ultimi non arrivano per gradi, ma
in maniera impetuosa e sperimentale. Le arti devono adattarsi a questo cambiamento.
Fa l’esempio del cinema dicendo che con l’avvento della televisione, coloro che fanno i film hanno
iniziato ad allargare i loro schermi e hanno creato lo schermo che si allarga di lato (CinemaScope) e
il Vista Vision. Tutti i critici di cinema si sono opposti a queste nuove forme degli schermi, ma sono
state accettate dal pubblico ed è ciò che realmente conta siccome si lavora per il pubblico e non
per i critici. Se al pubblico piace, bisogna adeguarsi.
Il cambiamento tecnologico è importante per tutte le arti di massa.
Egli dice che un fattore importante nella comunicazione e nelle arti di massa è la ripetizione, la
somiglianza e la ridondanza, ripetitività; le serie radiofoniche andavano molto di moda ai tempi. La
somiglianza si aveva tra i personaggi.
La ripetitività nell’intrattenimento funziona in due modi: permette un’attenzione marginale agli
spettatori a cui piace fare altro (parlare, ecc) e ad un livello superiore consente allo spettatore più
concentrato di riconoscere le sfumature dell’azione.
Nell’ultima parte del saggio Alloway si cimenta in una nuova concezione della definizione di cultura
dicendo che la definizione di cultura va cambiata a causa delle pressioni del grande pubblico che
non è più ingenuo ma che oramai ha esperienza nella consumazione delle arti. Il nuovo ruolo per
gli accademici è tenere accesa la fiamma delle belle arti. Ma il nuovo ruolo per le belle arti è
divenire una delle forme possibili di comunicazione in un quadro in continua espansione che
include anche le arti di massa.
La definizione di cultura quindi si deve allargare oltre ai limiti che le belle arti hanno imposto.
Visione integrale del documentario “Pop Goes The Easel” (43 min)
https://www.dailymotion.com/video/x5h1hvq
Documentario che il regista Ken Russel, girò nel 1962 per la BBC, per una serie di documentari
chiamata Monitor.
Ken Russel diventerà poi uno dei più importanti e originali registi inglesi: visionario e folle, è
influenzato dall’atmosfera del Pop, che verrà declinata a suo modo.
Il titolo del documentario è un gioco di parole con una canzoncina conosciuta da tutti i bambini
inglesi che si chiama “Pop Goes The Weasel”. Fa riferimento alla dònnola che esce dai giocattoli
per bambini. “Easel” invece è il cavalletto dove dipingono gli artisti: vuole enfatizzare sia la
componente ludica in oggetto quanto la giovane età degli artisti.
È interessante dal punto di vista cinematografico che venga usato lo stesso sistema del Free
Cinema: assenza di voice off e nessun tipo di commenti esterni. Si hanno solo le voci dei pittori, la
musica ed un commento del regista. È il primo documentario che usa musica pop e rock come
colonna sonora, ma anche free jazz (jazz di improvvisazione).
I protagonisti del documentario sono due: Peter Blake e Pauline Boty.
Ognuna delle quattro scene iniziali si concentra su uno dei quattro protagonisti.
Nel caso di Blake si ha l’attenzione all’universo delle star del pop: si vede nel montaggio iniziale
Blake a letto che immagina Brigitte Bardot, la sua attrice preferita, ed alcune immagini dei suoi
film. La donna ai tempi era considerata la bellezza prototipica assieme a Marilyn Monroe.
All’epoca Pauline Boty per la sua bellezza ed il suo portamento era considerata la “Bardot di
Wimbledon”, ma non si ammetteva che una donna potesse essere sia bella che intelligente,
motivo per cui la sua arte è stata messa sempre in secondo piano. Si faceva ritrarre nuda vicina ai
suoi quadri: era avanti dal punto di vista della coscienza di genere.
Fascinazione per i personaggi del mondo delle star (le porte di Blake dedicate alle donne e agli
uomini dello spettacolo).
Si nota che il registra si sofferma su alcuni dettagli dell’opera “On the Balcony”: viene mostrato il
punto in cui c’è la famiglia reale e parecchie altre delle ventisette immagini al balcone che sono nel
quadro. Quando esce di casa si vede il suo autoritratto profondamente ironico e nonostante sia
molto somigliante ironizza su sé stesso giocando sulle sue ossessioni: ha in mano una rivista di Elvis
Presley ed il petto pieno di spillette.
Nell’immagine iniziale del luna park si vede un bambino con il maglione pieno di spille. Ci
ricordiamo di O Dreamland: importanti differenze, come viene visto lo stesso immaginario da
generazioni diverse. Si sottolineata la giovinezza dei personaggi e come guardano la vita. Non è il
luna park ad essere cambiato bensì l’approccio.
Nella terza sequenza dedicata a Boshier, il pittore dice nella voice off che gli interessa studiare
l’infiltrazione dell’influsso americano sulla coscienza inglese (Special K). È molto attento alla
pubblicità, causa dell’influsso americano in Gran Bretagna. Importante notare l’attenzione per la
corsa allo spazio, rappresentata in vari quadri. “Cosa penserebbero loro della corsa allo spazio?”
dove il “loro” si riferisce a Nelson (colui che ha sconfitto Napoleone), Lincoln (grande mito
americano proveniente da un paese remoto del sud) e Buddy Holly. Boshier mette insieme questi
tre personaggi perché hanno avuto una morte da eroi: il primo affoga, il secondo in battaglia e il
terzo in un incidente aereo.
Importanti sono le riviste fotografiche (prodotto culturale importato dall’America e copiato) ed il
flipper.
L’ultimo quadro monografico è quello dedicato a Pauline Boty. Ken Russel è attratto da lei e ne
approfitta per farla recitare e dedicarle uno spazio senza dubbio pieno di primi piani. Il regista ha
sempre ammesso che sceglieva gli attori non per la bravura, ma per la bellezza estetica. Pauline
Boty non solo è la protagonista di una scena abbastanza onirica, ma anche di una scena di canto in
cui fa il verso a Shirley Temple.
Pauline Boty è interessata a dipingere il momento prima che accada qualcosa, oppure il momento
in cui accade qualcosa di importante ma non se ne accorge nessuno. È ispirata e attratta dal
musical americano di cui vengono riprese alcune scene. L’intero documentario può essere visto
come una trasposizione narrativa degli elementi dell’arte pop: il collage, l’atmosfera giocosa,
l’attenzione verso gli oggetti quotidiani.
Pauline Boty ha anche partecipato come ballerina alla trasmissione “Ready, steady, go”,
importante per la cultura giovanile degli anni ’60 perché lanciava tutta la musica dei giovani e
consentiva ad emergenti gruppi rock e pop del tempo di esibirsi in playback.
Si nota come sia cambiato l’approccio ai divertimenti nell’arco di non molti anni (dal 1953 al 1962).
Le scene del luna park possono essere paragonate a “O Dreamland”, mentre le scene di ballo sono
paragonate a quelle in “Mama Don’t Allow”.
È cambiato l’atteggiamento e siamo davanti ad un altro tipo di giovani: prima erano quelli della
classe operaia, mentre questi sono ragazzi delle Art Schools che si trovano insieme per una festa e
provano un senso di libertà, di non condizionamento. I vecchi abiti da donna adulta sono
scomparsi, così come le pettinature cotonate, ma anche i gesti suggeriscono una chiave erotica
pressoché assente nei documentari del Free Cinema. Quello che era il dato di base della
celebrazione del Free Cinema è l’attenzione alla gente comune, ma nel documentario di Russell è
totalmente scomparso e soprattutto è stato sostituito da quella classlessness giovanile (asssenza di
divisione di classi) che stava dando ormai luogo a una nuova aristocrazia, detta Popocracy. Allo
stesso tempo, il luna park di Russell non è più un luogo di distrazione per inibire la mente delle
classi popolari, ma diventa un luogo per enfatizzare la voglia di divertimento.
Notiamo ancora di più l’importanza della musica, che diventa essa stessa commento del
documentario. Musiche pop, rock e jazz, musiche del presente. Appare evidente l’attenzione al
presente: attenzione dell’effimero, dell’attimo. Sono artisti giovanissimi che però non fanno
discorsi sul futuro nei loro lavori, non sono proiettati verso un futuro ma piuttosto verso vivere
l’attimo ed il presente, l’attimo. Idea che tutto si consuma nell’attimo. Anche la struttura del
documentario stessa è fatta per cogliere le sfumature dell’attimo e ciò che stava accadendo in quel
momento. Un documentario di questo tipo richiede una partecipazione da parte dello spettatore,
non una visione passiva. Il documentario non spiega, infatti non ha una voice off che ti accompagni
nel percorso, ma è lo spettatore che deve interpretare e deve collegare i pezzi. Autonomia dello
spettatore.
Oggi potremmo dire che il linguaggio del documentario è quasi tornato indietro rispetto al passato:
ora qualcuno ci prende per mano e ci accompagna nell’interpretazione grazie alla presenza della
voice off.
18/11/2020
“With Love to Jean Paul Belmondo” (1962): è un ritratto di un attore famoso. Al tempo in Gran
Bretagna non si dava molto spazio alla sessualità femminile e a ciò che piaceva alle donne anche
dal punto di vista erotico. Dunque, Pauline prende l’attore più sexy del momento e lo dipinge
mettendogli in testa una rosa rossa che copre quasi per intero il suo cappello. Questa rosa
rappresenta il desiderio erotico e serve anche ad esaltare la giovinezza e la freschezza dell’attore.
Si vedono anche dei cuoricini e lo sfondo rosso, estremamente libidinoso e suggestivo.
“It’s a Man’s World” (1965) è parte di un dittico. La prima parte ha una serie di personaggi maschi
famosi, che rappresentano i grandi progressi dell’universo maschile (Elvis, Picasso, Proust, Fellini e
Mastroianni, i Beatles, Kennedy). Al centro ritroviamo sempre il simbolo della rosa ad indicare
l’eros.
Nella seconda tela del dittico ci sono invece solo figure femminili: una serie di nudi femminili
sovrapposte ad un paesaggio inglese classico. Al centro del collage non si ha l’eros, ma un busto
femminile nudo senza volto e senza gambe. Boty, dunque usa la stessa estetica della bacheca di
Blake, non per creare distacco emotivo, come l’artista, ma per apporre una critica tutta femminile
e femminista all’universo maschile e patriarcale. È una critica alla rappresentazione che l’universo
maschile fa del mondo femminile. Non per caso le immagini maschili del primo dipinto sono di
uomini importanti su sfondo metropolitano, mentre il secondo dittico vede tutte donne nude
sconosciute su uno sfondo bucolico. Da un lato abbiamo uomini di successo, dall’altro abbiamo
soltanto degli oggetti di piacere.
Il Man’s World per Pauline è un mondo fatto da e per l’uomo, dove la donna bella ed intelligente
sembra una contraddizione.
In quest’opera la donna rivendica e celebra il proprio desiderio femminile.
Un personaggio a cui Pauline ha dedicato due dei suoi dipinti più conosciuti è Marilyn Monroe. La
Monroe era una delle star più amate e riprodotte, ma in Boty la donna assume un significato in
più, diventando uno specchio di gioia e vitalità.
Possiamo paragonare il quadro dedicato alla Monroe da Warhol a quelli di Pauline, dove la donna
è una figura unica. Andy Warhol dedica diverse opere a Marilyn Monroe, con la ridondanza e
ripetizione del volto della star che sta ad indicare come la rappresentazione in serie fosse la
scomparsa del racconto pittorico, sostituito da apparenze.
Sia nel dipinto “Colour Her Gone” che in “The Only Blonde in the World” la donna è rappresentata
interamente ed è inserita in pannelli colorati, come se il dipinto fosse in una pala d’altare. Lo
sfondo serve ad esaltare la bellezza del soggetto. La Boty ci presenta un racconto con i quadri della
Monroe: la storia di una ragazza bella, piena di vita che si pone al pari degli uomini ed è
ossessionata anche lei dalle mitologie contemporanee, dai personaggi dello star system, da un
punto di vista femminile.
Alice Smith (scrittrice contemporanea inglese) ha riscoperto Pauline Boty e ne ha scritto in un
romanzo chiamato “Autumn”. La protagonista è una giovane ricercatrice universitaria che fa una
tesi di dottorato su Boty, nonostante il suo tutor sostenga che non sia un argomento valido. La
storia diventa un pretesto per l’autrice per parlare di Boty e nel romanzo la donna dice che la Boty
nei suoi quadri riusciva a dipingere l’orgasmo femminile, che per Pauline era rappresentato da
Marylin Monroe.
“Scandal” e “Monica Vitti”, due quadri andati persi. Nel primo la Boty copia la fotografia della
donna al centro dello scandalo Profumo, mettendo in primo piano tutti i personaggi coinvolti nello
scandalo. A partire dalla famosa immagine, la Boty voleva conferirle qualcosa di diverso da ciò che
ci si aspettava e guardarlo con un altro occhio.
L’altro quadro è dedicato ad una star italiana del tempo, Monica Vitti. La Vitti è inserita a labbra
socchiuse in un cuore rosso con sfondo verde. Nessuno prima della Boty aveva criticato il genere e
l’uso del genere da parte delle culture di massa.
Tristissima è la storia personale della Boty: muore a 28 anni per un tumore raro dopo aver dato
vita ad una bambina. Anche il marito morirà in circostanze tragiche e la figlia morirà per overdose.
La Boty ebbe un ruolo centrale negli anni della swinging London, non per la sua pittura (che è stata
riscoperta solo recentemente) ma per la sua influenza: ballerina e aveva posato come modella per
i fotografi più importanti del tempo, attrice ed era apparsa anche in una scena nel film di Michael
Caine.
Boty era, è e sempre sarà la prima artista pop che era anche una donna.
Bridget Riley ebbe una fortuna enorme ed è considerata una delle figure più importanti dell’arte
contemporanea. La donna faceva delle composizioni geometriche in bianco e nero di illusioni
ottiche volte a dare movimento sulla tela statica. Devano stordimento.
È diverso dal pop tradizionale per colori e struttura e per questo motivo nasce un nuovo termine:
Op Art (che stava per optical art).
La fama di Bridget Riley era talmente grande che nel 1965 fu la prima donna scelta per
rappresentare la Gran Bretagna alla biennale di Venezia.
Le sue composizioni ebbero talmente successo che divennero “Op Art Look” e vennero trasferite
su carta da parati, abiti, calze, oggetti, auto. Esempio della commercializzazione dell’arte. Nasce
anche l’arredamento Op Art: sedie, tappeti e caarta da parati. La Riley non fu contenta di vedere le
sue creazioni su oggetti senza il suo permesso e infatti fece causa ad un grande magazzino e vinse.
Fu inutile perché le sue opere divennero molto diffuse. Ritroviamo il tema della corsa allo spazio,
lo stordimento di una tecnologia sempre più avanzata. Le geometrie così rigorose invece davano
invece sicurezza.
La donna non fu contenta dello scombussolamento creato dalle sue opere ed essendo molto
riservata e delusa dallo sfruttamento commerciale dei suoi disegni, a partire dal ’67 iniziò a
sperimentate con il colore. Un critico d’arte disse che nessun pittore morto o vivo ha reso l’uomo
conscio delle capacità dei nostri occhi come la Riley.
Con Bridget Riley si inizia a parlare di commercializzazione dell’arte. Vediamo come si espande
questo fenomeno della commercializzazione artistica e del pop nel marcato.
I Beatles per la prima volta diventano protagonisti di un indotto commerciale enorme: nasce un
vero e proprio merchandising. Esempi: parrucca dei Beatles, il chewing gum, stivaletti, chitarra,
barrette di gelato (4 come i Beatles), spille, calze, thermos.
Nel 1964 si crea un merchandising legato all’Inghilterra chiamato “Union Jack Merchandising”,
tutto con il design dello stemma della bandiera inglese (Union Jack). Avere prodotti inglesi era
diventato di moda.
Così come Warhol aveva trasformato degli oggetti di consumo in arte, gli artisti pop entrano nelle
case dei consumatori rock grazie agli oggetti di merchandising.
Il chitarrista dei Who scrisse “il pop sta nel ripresentare qualcosa con cui il pubblico ha già
familiarità”: facce di star (Beatles), bandiera inglese.
Importante la foto del fotografo Art Kane che ritrae gli Who che si fingono addormentati sotto un
monumento, avvolti dalla bandiera Union Jack come coperta. Questa foto rappresenta il riciclo di
elementi conosciuti, assieme a una rappresentazione ironica della Gran Bretagna.
La foto è un remake di un fotografo francese scattata nel 1937 a Trafalgar Square durante
l’incoronazione di Giorgio VI. Art Kane invece scatta la foto a New York vicino al campus della
Columbia University sotto quel monumento per sottolineare l’idea che rappresenti l’impero sia la
giovinezza dei quattro addormentati. Di fianco abbiamo dei bambini che rappresentano la
generazione successiva. Fotografia ripresa dagli Who stessi anni più tardi, ma è stata riprodotta
anche in un episodio dei Simpson.
Questa fotografia è un esempio della capacità dell’arte pop di mettere in relazione diversi aspetti
del consumo e di tradurre in consumo qualsiasi esperienza: la bandiera è una coperta (cioè merce),
ma è anche un grande simbolo nazionale e imperiale. Fanno pubblicità per contrasto perché la loro
musica è tutt’altro che soporifera.
Il mondo del pop è fortemente legato alla pubblicità.
La pittura pop e l’arte pop entrano nelle case anche attraverso un altro tipo di prodotto artistico: il
poster. Si parla di “underground art”, ossia tutta una serie di poster che divennero di moda in
questo periodo e che permisero a tanta gente di portarsi a casa delle opere d’arte. I poster
rappresentano il più grande successo artistico e l’apoteosi dell’opera d’arte nell’epoca della
riproducibilità tecnica. Sono venduti ad un prezzo accessibile e possono entrare in tutte le case.
Stampati in grande numero.
Il più grande artista di Underground Art è Martin Sharp: poster visionari e psichedelici ispirati ai
grandi personaggi del tempo. Ad esempio, Jimi Hendrix e Bob Dylan.
Commercializzazione dell’arte. Sensibilità visuale grazie all’uso delle droghe ed allucinogeni molto
in voga dalla seconda metà degli anni ’60. Non offrono informazioni di alcun tipo ma attraverso i
colori e le linee legalizzano il viaggio verso un paradiso artificiale.
Un’altra forma artistica: record covers (copertine dei dischi).
La prima copertina che segna un cambiamento nelle record covers è quella del 1966 dei Beatles
con Revolver. Quattro Beatles rappresentati attraverso immagini piccolissime ed inseriti in un
disegno di un grafico tedesco, in cui invece i Beatles sono rappresentati secondo lo stile Liberty. I
Beatles rivoluzionano le copertine dei dischi.
Nella copertina di “Rubber Soul” del 1965 sparisce il nome dei Beatles, perché erano ormai già
molto famosi e il pubblico li conosceva. Le loro facce vengono rappresentate con una distorsione,
un effetto grandangolare. Effetto distorcente diverso dalle copertine precedenti.
23/11/2020
Il documentario mostra il generation gap, non solo dalla parte dei giovani ma anche degli adulti
(generazioni precedenti). I ragazzi non si ritenevano capiti, ma anche la generazione precedente
non capivano i giovani. Non avevano mai contemplato l’idea che i giovani potessero fare qualche
tipo di rivendicazione e prendere la parola: nella loro generazione il passaggio era da bambino ad
adulto.
Gli anni dal 1956 al 1963 servono proprio per preparare la strada a tutto ciò che verrà dopo.
I tre momenti fondativi di questo periodo (Free Cinema, Look Back in Anger e This is Tomorrow)
hanno delle ramificazioni che arrivano fino alla rivoluzione giovanile britannica degli anni ’60. È una
rivoluzione molto breve, dura appena 4 anni. Già il 1968 non è più compreso: anno in cui avremo
invece rivolte più politiche e sociali, rivolte studentesche.
Dal 1963 al 1967 sono 4 anni in cui Londra è il centro del mondo in tutti i campi del mondo:
esporta la sua cultura in tutto il mondo, a cominciare dagli Stati Uniti. Per la prima volta non è più
l’Inghilterra che assorbe influssi, ma è l’America che vuole copiare l’Inghilterra. Sono 4 anni centrali
nella formazione della cultura giovanile. Pochi ma fondamentali anni.
Una delle ultime apparizioni dei Beatles in pubblico, con un riferimento ad una relazione fisica.
“A Hard Day’s Night”. Isteria che provocavano I Beatles al tempo, anche nei ragazzi (non solo nelle
ragazze). Coinvolgimento emotivo. Per i ragazzi rappresentavano un modello di uomo da seguire:
non c’erano modelli politici perché erano tutti corrotti né star nel mondo sportivo. Per le ragazze
sono il sogno: sono coetanei e più abbordabili per la loro classe sociale di provenienza. Sono in 4
quindi possono soddisfare 4 ideali diversi delle ragazzine dell’epoca. Paul è il bello, George è il
quieto, John il più vivace ed esuberante, Ringo il meno carismatico e per questo più simile al
ragazzo comune.
I Beatles vengono definiti una “fantasia masturbatoria sfruttata per interessi economici attraverso
i nuovi media”. I nuovi media del tempo faceva riferimento soprattutto alla televisione (e al
cinema, con i loro due film).
“But when I get home to you I’ll find the things that you do / Will make me feel alright”
Un celebre commediografo inglese contro i quali si scagliava il movimento degli Angry Young Man
definì i concerti dei Beatles “orge di masturbazione di massa”.
Anche il disdegno delle generazioni precedenti per il lato peccaminoso dei Beatles ha contribuito al
loro successo.
Momenti di isteria collettiva durante i loro concerti.
C’è una canzone, Help!, che segna il passaggio da una fase adolescenziale ad una più adulta. I
Beatles erano bravi nell’arte della trasformazione, sia seguendo l’aria del tempo sia mostrando la
loro bravura musicale. Devono dare qualcosa di nuovo al loro pubblico e non lasciare che la loro
popolarità li bruci.
La canzone che scrivono come richiesta di aiuto è Help!, in cui John Lennon “When I was younger /
So much younger than today”. Capelli meno curati, più lunghi. Non c’è più la cravatta.
La canzone è molto più complessa rispetto alla FASE EDENICA (adolescenziale) iniziale. Si
intrecciano più voci, con armonizzazioni.
“Help me get my feet back on the ground”, un aiuto per rimettere i piedi a terra. Ormai sono
diventati dei miti: parlano in prima persona e creano un legame diretto con il pubblico. John dirà in
un’intervista che fino a quel momento aveva composto le canzoni per lavoro, in maniera oggettiva.
Abbiamo quindi un secondo periodo, in cui le canzoni vengono scritte in maniera del tutto
soggettiva e personale. I Beatles quindi si mettono in gioco in prima persona e questo viene colto
dal pubblico, che pur non essendo abituato a sentirli cantare di questioni personali in prima
persona, rimane colpito. La loro bravura sta quindi anche nel cogliere le corde di chi li ascolta e
provocare in loro un’immedesimazione.
Appaiono delle tematiche che abbiamo ritrovato anche nel Free Cinema: i Beatles cantano di
personaggi comuni e situazioni di rabbia ed incertezza (in Help! Cantano “I’m not so self assured”).
Ritroviamo quindi le stesse tematiche del Free Cinema e New Wave, ma provocano sicuramente
una reazione più intensa nel pubblico. Infatti, i messaggi del Free Cinema e della New Wave
riuscivano a raggiungere un pubblico più ristretto (e probabilmente le classi sociali più basse non
andavano a vedere i film al cinema). I Beatles invece raggiungono le masse.
Una canzone emblematica di questo periodo è “Nowhere Man”, in cui troviamo l’incarnazione
dell’uomo comune. L’uomo comune che non si rende conto che la vita gli sfugge dalle mani e di
tutto quello che si sta perdendo. Tuttavia, questa canzone può essere letta anche in maniera
satirica di fronte alla realtà delle generazioni precedenti che li circondano, ma anche di tutte quelle
persone della loro generazione che si lasciano scivolare la vita addosso in maniera passiva.
Rifuggono dalle responsabilità. Satira contro i nuovi borghesi che si lasciano vivere e la Englishness.
John Lennon dice che “Nowhere Man” è una canzone autobiografica e segna una tappa
importante nella descrizione dell’uomo comune e della mediocrità. “Mi sentivo come un uomo
inesistente seduto in una Terra inesistente”.
Il “Nowhere Man” trovò una raffigurazione nel film “Yellow Submarine” del 1968, ispirato
all’omonima canzone dei Beatles. (Cartone animato pop Yellow Submarine).
Geremia il babbione non è più il nowhere man pensato da John Lennon, ma diventa una satira
divertente dell’intellettuale tuttologo: ha scritto 9 romanzi, ha fatto un quadro e sta battendo a
macchina il suo nuovo saggio, in più parla in rima.
24/11/2020
In che modo il retaggio del Free Cinema si riflette nella musica degli anni ’60.
I Beatles usciranno di scena nel 1966, anno a partire dal quale si dedicheranno interamente alle
incisioni in studio. Già l’anno precedente cominciano a ricercare nuove tematiche e nuove
sonorità, attenzione marcata agli arrangiamenti. Il disco che segna lo spartiacque tra i Beatles
adolescenziali del primo periodo e i Beatles maturi è “Revolver”.
(Esistevano i 33 giri ed il 45 giri, cioè quello che ora viene chiamato vinile).
Attraverso le copertine dei dischi l’arte pop entra nelle case. Nasce quindi la volontà di fare
copertine artistiche, che diventano una divulgazione (anche inconscia) dell’arte pop.
In “Revolver” troviamo la prima grande rappresentazione dell’uomo persona comune, l’everyman
rapportato al nostro tempo.
L’anno successivo l’uscita di “Revolver” (il disco che segna il passaggio alla maturità dei Beatles),
appare un singolo che ha su entrambi i lati canzoni che elogiano e rappresentano gente comune e
vita quotidiana. Ha una canzone di McCartney e una di Lennon, entrambe fanno riferimento
all’infanzia dei Beatles a Liverpool. È una Liverpool idealizzata attraverso piccole cose e vita
quotidiana, sempre simili ai corti del Free Cinema e alle ambientazioni del Nord della New Wave.
Rolling Stones
Nel 1963 successe qualcosa di fondamentale per la musica pop e rock del tempo: due giovani
agenti musicali scoprirono in locale di Richmond le potenzialità di un nuovo gruppo. Si tratta dei
Rolling Stones. Luke Oldman (uno dei due agenti) si rese conto che questo gruppo di ribelli
esprimeva nella sua musica l’odio per il conformismo e per gli standard borghesi. Potevano
contrapporsi ai Beatles: li incitò ad essere ancora più rabbiosi e cattivi. A partire da questa rabbia si
iniziarono a costruire gli “anti Beatles”.
Gli Stones erano un gruppo in rotta con gli adulti, dove si identificavano i teenager più ribelli. I
teenager trovavano finalmente rappresentazione per la loro rabbia. Ancora una volta è un giovane
agente che costruisce un’immagine ed una rivalità, che non c’è mai realmente stata. Infatti, la
prima canzone che i Rolling Stones cantano in televisione era stata scritta da Paul McCartney.
Ribellione e trasgressione.
Alla base c’è l’idea della rivolta dei giovani contro il mondo degli adulti, ma sempre in accezione
maschilista. È da qui che comincia a definirsi la figura della “groupie”, ossia la ragazza come
elemento ancillare nel mondo del rock. Li seguono e sono accondiscendenti. Gli Stones prendono
molto sul serio questi insegnamenti e fin dall’inizio dicono che vogliono fare soldi, ma
disprezzando il modo borghese ed il mondo degli adulti. Seguono la via della trasgressione e
dell’offesa. Musica anti-femminista.
Le canzoni del frontman, Mick Jagger, e di Keith Richards tra il ’63 e il ’66, sono canzoni maschiliste
(come d’altronde i film della New Wave). È da qui che comincia a definirsi la figura della groupi: la
ragazza come elemento ancillare nel mondo del rock, la stessa ragazza che gridava ai concerti dei
Beatles che ora addirittura comincia a sognare di legarsi ad uno dei cantanti e seguirli
accondiscendendo qualsiasi sua richiesta. Sembrano ancora tutte cloni di Alison Porter,
considerata come la ragazza che sta zitta e cede al marito.
Uno famoso musicologo degli anni ’70 scrive che la musica degli Stones era antifemminista: non
c’era la tenerezza di Paul McCartney nei confronti delle ragazze.
Mentre i Beatles sviluppano il loro talento adattandosi ai ruoli, gli Stones invece combattono con la
generazione e la voglia di vivere come pareva loro, restando ancorati al loro rhythm and blues
rabbioso, senza evolversi. Per quanto riguarda i Beatles possiamo dire che parte della loro bravura
sta proprio nel sapersi adattare alle esigenze del pubblico.
“I Can’t Get No Satisfaction” è la canzone più conosciuta dei Rolling Stones. Censurata da tutte le
radio perché il titolo faceva pensare ad uno sfondo sessuale. In realtà, ascoltando la prima strofa
capiamo che è un inno contro al mondo dei consumi, dal punto di vista di una persona
insoddisfatta sia dai modelli ridicoli della pubblicità e che dalla propria vita sessuale. Il primo verso
fu censurato, perché si pensava avesse verbi troppo espliciti.
I Rolling Stones vengono descritti e lanciati come il gruppo che i genitori avrebbero odiato.
“Lasceresti uscire tua figlia con uno di questi?”
Si gioca quindi su queste due carriere parallele: da una parte i Beatles continuano a cercare di
evolversi e ad assorbire sempre più forme della cultura musicale, dall’altra i Rolling Stones
crearono un’icona immutabile e intramontabile. I Rolling Stones continuano a preferire
l’esplosione dei concerti, anche nelle sue manifestazioni più tribali, per scatenare gli istinti più
aggressivi propri delle masse giovanili. Istinti primordiali. Mentre i Beatles lavorano più sul
recupero anche ironico della poesia del quotidiano.
25/11/2020
The Who
Provengono dalla working class e si sono sempre riconosciuto in un particolare sottogruppo: i
mods. All’interno dei proletari all’epoca potevamo distinguere due fazioni rivali: i Mods e i Rockers.
I Rockers erano più rozzi e grezzi (daranno vita ai Teddy Boys). Al contrario, i Mods
rappresentavano quella fetta di proletari che cercavano di costruirsi una personalità diversa
soprattutto attraverso l’apparenza e infatti sono i primi a definire l’idea di look, soprattutto
nell’ambito maschile. In questi anni infatti non apriranno solamente le boutique di Mary Quant,
ma anche boutique per uomini. C’è una grande attenzione per l’abbigliamento maschile: giovane
ed estroso. I Mods crearono un modo di vivere diverso dalla working class, anche se ne
appartenevano. Erano nemici dei Rockers e furono protagonisti di una serie di scontri violenti che
si ebbero nella costa del sud del Regno Unito (Brighton) nel 1964, il più cruento del quale si tenne
il giorno di Pasqua. Non a caso, un film che ha alla base la colonna sonora gli Who è ambientato
durante questi scontri.
La musica degli Who è sovraeccitata, rumorosa e rude. Non lascia spazio alle emozioni e
sentimentalismi. Diventa una rappresentazione perfetta della rabbia dei Mods).
La rabbia dei Rolling Stones è spesso costruita a tavolino, mentre quella degli Who potremmo
definirla una germinazione spontanea. Una necessità spontanea dei Mods di esprimere la rabbia
della loro generazione. I Rolling Stones vengono da una piccola-media borghesia o dalle Art
Schools. Al contrario, gli Who vengono dalla classe operaia. Non hanno nulla di aggraziato, sono
anche meno affascinanti. Dietro la violenza delle loro esibizioni (distruggono le chitarre) si
nasconde la necessità di esprimere i loro ideali. “Noi viviamo, vestiamo e cantiamo pop art”:
sfruttare il legame fra arte e vita e tutte le sfaccettature del pop.
Comincia ad apparire il problema del difficile rapporto tra arte e vita: equiparare la propria opera
artistica. Vivere in sincrono con i dettami della propria pena artistica, arrivando alle soglie
dell’autodistruzione. I Beatles esprimono la paura dell’autodistruzione attraverso la canzone Help!.
Uso delle droghe: equiparazione della vita e dell’arte. Non colgono il confine tra creatività (anche
ispirata dall’uso delle droghe) e vita reale.
“My Generation” dei The Who. Mods che arrivano con le loro moto (scontri di Brighton). Vediamo
James Bond e la stilista Mary Quant. Contraddizioni del periodo: gente comune delle generazioni
precedenti che vanno al lavoro con abbigliamenti tradizionali; giovani che ricercano nel vestire
un’originalità. Si vede anche Carnaby Street (strada al centro di Londra): fulcro delle mode della
swinging London, piena di boutique maschili e femminili dedicate ai giovani del periodo.
Rappresenta la cultura dell’apparenza e dell’effimero di quell’epoca. Perde fascino già all’inizio
degli anni ’70.
La canzone ha parole molto semplici: i giovani si sentono incompresi, non capiti. La generazione
adulta fa sembrare sbagliato tutto quello che fanno i giovani. “I hope I die before I get old”: spero
di morire prima di diventare vecchio. È una canzone che si rivolge ai giovani di tutto il mondo ed
enfatizza il rapporto difficile con le generazioni precedenti, che guardano le nuove generazioni in
maniera indignata e sprezzante. Giudicano in maniera superficiale i loro comportamenti e si
rifiutano di comprenderli. (I Nomadi, “Come Potete Giudicar”).
Il concetto di generazione come raggruppamento di persone nate in un certo periodo che vivono le
stesse esperienze e condividono ideali viene rimesso in circolo negli Stati Uniti dal poeta Allen
Ginsberg nel 1956. È il primo ad unire al termine generazione, il possessivo “my” che indica la
volontà di riconoscimento nella stessa categoria, scavalcando ogni barriera di classe.
(“Dio è morto” di Francesco Guccini).
30/11/2020
Donovan
È l’artista più emblematico di quegli anni e paradossalmente il più dimenticato.
I suoi testi sono i più vicini alla poesia. Era (è ancora vivo) un giovane scozzese di Glasgow
proveniente dalla working class, che a 17/18 anni lascia casa e gira per l’Inghilterra cantando le
canzoni che lui stesso componeva. Si ispiravano da un lato al folk scozzese, dall’altro al folk
americano. I testi riflettevano la sua giovane età, le problematiche ed i desideri dei teenager in una
chiave molto favolistica, lieve, quasi fatata. All’inizio si pone come “menestrello” con le sue ballate.
Ad un certo punto, Jacques Demy, un registra francese, gli offrirà il ruolo del pifferaio di Hamelin in
un suo film. Viene chiamato a interpretare le sue canzoni nel programma “Ready, Steady, Go” e fa
un grande successo.
I mass media scoprono subito la possibilità di inventare una rivalità che possa interessare ed in
qualche modo catturare il pubblico, così lo lanciano come il Bob Dylan inglese.
Si tratta di una rivalità inesistente costruita a tavolino, poiché c’è una differenza enorme tra i due
artisti, non solo a livello di tematiche ed atmosfera delle loro canzoni, ma anche per l’età ed il
calibro. Donovan era un giovane ragazzo spaesato. Quando Bob Dylan arriva in Inghilterra per il
suo tour europeo nel 1965, i due vengono messi in confronto.
Bob Dylan è piuttosto seccato dal conoscere questo giovane ragazzo, ma la cosa interessante è che
al contrario Joan Baez, che fa parte del suo entourage, lo apprezza molto, tanto da invitarlo ad un
festival a Newport, dove avrà un grosso successo.
“To Try For The Sun”: è una canzone tipicamente adolescenziale, dove racconta la sua esperienza
di questo vivere per la strada insieme ad un suo amico soprannominato “lo zingaro”. È uno dei
primi esempi di vita collettiva giovanile, lontana da casa. Si esalta l’abbandono di un destino già
tracciato in origine: era l’aspirazione di molti giovani. Donovan fugge dal proprio destino già
stabilito: esaltazione della scelta della libertà. Apoteosi del mito del teenager che sfida gli adulti,
che cerca un nuovo stile di vita che è tutto meno che borghese. Abbiamo l’invettiva contro la
generazione precedente. “Chi dice che stiamo facendo qualcosa di male? Io voglio solo
raggiungere il sole”. “And who’s going to be the one / To say it was no good what we done? / I
dare a man to say I’m too young / For I’m going to try for the sun”.
Una sfida tanto grande quanto impossibile, che sta ad indicare il raggiungimento di altre mete. È
un progetto ambizioso che si attua nel presente, un presente eterno.
È una musica da menestrello, non a caso il primo album si intitola Fairytale.
Uso dell’armonica a bocca in maniera molto diversa rispetto a Bob Dylan.
Queste stesse ambientazioni magiche le ritroveremo nelle canzoni che dedica alla protesta contro
la guerra del Vietnam. Sono gli anni della guerra del Vietnam, che sta portando al macello milioni
di americani. Abbiamo una serie di canzoni pacifiste che però non sono rabbiose come quelle di
Dylan, ma restano dolci e hanno immagini attinte dal mondo delle favole. Si mette a confronto la
realtà della guerra, dura, con il mondo dei bambini; c’è il tentativo di tornare ad un’infanzia felice.
Ha la capacità di cantare le problematiche dei giovani in modo estremamente sincero, senza ironia
come i Kinks, e senza sdolcinature di sorta.
“Young Girl Blues”: dedicata a una ragazza. Dopo il successo planetario, in Europa senza dubbio
negli anni ‘66/’67, Donovan è più popolare anche di Bob Dylan. Comincia a fare allora maggiori
sperimentazioni, inizia a introdurre altri elementi nella sua musica, non più soltanto la musica
celtica e il folk americano, ma anche sonorità orientali. Va a passare un periodo in India insieme al
gruppo di cui fanno parte anche i Beatles. aggiunge anche delle combinazioni di tipo jazz, come ad
esempio in “Mellow Yellow”, considerata la canzone che traduce la Swinging London.
L’atteggiamento zen, la sua fascinazione per le filosofie orientali e l’uso degli allucinogeni (fino al
1966 l’LSD è legale) gli permettono di cambiare stile. Diventa il cantore della Swinging London,
della psichedelia, ma sa vederne anche la faccia nascosta e negativa, come in questa canzone. È la
storia di una ragazzina sola che ha tentato di evadere andando a Londra, ma si trova delusa da
quello che ha trovato.
“You are but a young girl working your way through the phonies”: PHONIES.
Non è una critica da poco alla realtà della Londra in cui si trova, lo definisce un mondo fasullo. Si
creano queste star, questi idoli dal nulla e nel nulla li ributtano. Gli amici sono così intenti a vivere
alla giornata che non riescono a vedere le trame che intessono. Tutto scorre nel presente, in
questo culto dell’effimero che non obbedisce a nessun programma.
È una canzone generazionale che appare proprio nel ’67 e lascia trasparire la fine della stagione
della swinging London. La ragazza vive in un monolocale un po' mal messo, non c’è certo il glamour
della swinging London. Di variopinto (e che lascino intuire la spensieratezza) in questa canzone ci
sono solo le calze di questa ragazza, che però guarda caso presentano dei fiori che stanno già
appassendo. Il libro che legge è solo l’opinione di qualcun altro: “The book you are reading is
someone’s opinion of moonlight”.
È una canzone che ha una luce triste di fondo, che è la luce di questo chiaro di luna filtrato
attraverso l’occhio di un uomo. I colori di Londra non ci sono, le sfumature sono quelle del pallore.
La ragazza ha una pelle pallida, siamo molto lontani dall’idea del “To Try For The Sun”. Qualsiasi
teenager può riconoscersi in questo sabato sera da soli, che sembra quasi una domenica (“It’s a
Saturday night, it feels like a Sunday in some ways”). Un testo come questo dà ragione a Donovan
quando in un documentario del 2000, all’intervistatrice che domanda come si sarebbe definito,
risponde che si sarebbe definirebbe un poeta della working class.
Siamo sicuramente lontani dal sabato sera descritto nell’opera di Sillitoe.
Il cambiamento è sicuramente nello scenario: in Sillitoe ci troviamo in un ambiente operaio di
Nottingham, dal quale il protagonista non voleva assolutamente allontanarsi; il giovane ventenne
degli anni ’50, si accontentava della sua zona, non voleva fuggire.
Nella canzone di Donovan abbiamo invece una ragazza che si è trasferita a Londra per evadere.
Londra divenne così importante anche perché ad un certo punto si crea l’idea di una città in cui ci
sono tutte le opportunità possibili per i giovani. I sobborghi di Londra sono stati ristrutturati per
diventare zone residenziali, le famiglie si spostano sempre più verso queste zone, il centro rimane
in possesso di tutto ciò che riguarda il settore terziario, le attività legate al commercio, alla cultura
e all’insegnamento. In qualche modo diventano il campo privilegiato verso il quale si spostano i
giovani che vengono dal Nord (dove si hanno poche opportunità) e mentre questa città diventa
sempre più viva, trasgressiva e permissiva, poco alla volta la gente si sposta a Londra provenendo
da tutta l’Europa. Per questo breve arco di tempo, la città diventa il centro del mondo culturale e
anche il centro del mondo giovane. Londra diventa la città dove tutti vogliono andare e si realizza
un fenomeno ossia la stessa toponomastica di Londra (i nomi delle strade, piazze etc.) diventano
famosi e sinonimo di posti dove andare.
Nel Nord arriva solo un piccolo eco di ciò che accade a Londra: non c’è la comunicazione capillare
che c’è oggi. Conseguentemente, il Nord per molti aspetti spesso non viene minimamente toccato
da tutto ciò. Quando finirà il periodo della Swinging London, un fotografo tornerà nel Nord e vedrà
che le foto sono uguali a quelle di dieci anni fa quando a Londra non c’era nulla. Quello della
swinging London è un fenomeno importante che però non coinvolge tutta a nazione. Modelli
culturali che arrivano fino a noi, ma a livello dello stile di vita molto spesso al nord non arriva.
(Ci sono romanzi molto importanti scritti adesso, negli anni 2000, dai maggiori autori inglesi, in cui
si parla proprio del fatto che gli anni ’60 furono importantissimi ma non toccarono tutti, alcune
categorie di persone ne rimasero escluse. La permissività non era arrivata a toccare l’intera
popolazione. Tra i romanzi ricordiamo “The Sense of an Ending” di Barnes oppure “Chesil Beach” di
Ian McEward).
Tra le tante cose che canta Donovan, non c’è solo il rapporto con le musiche orientali e il jazz ma
c’è anche il voler cantare questa Londra. Il racconto migliore di quella Londra venne fatto proprio
da Donovan.
Si vede come Donovan canti un’altra zona di Londra, ossia “Sunny South Kensington”, una zona
posh. C’è un’atmosfera estremamente allegra, tutta una serie di canzoni che egli dedica a Londra
sono sempre “sunny”. C’è un’idea di luminosità che permea l’ambiente londinese ed è agli
antipodi con l’atmosfera grigia della Londra degli anni ’50. La canzone è un invito ad andare a
passeggiare in South Kensington, perché in qualunque giorno della settimana, perché in qualsiasi
giorno puoi trovare qualcosa di interessante. Londra viene reclamizzata come la città in cui
passeggiando puoi incontrare le star. È una città dove tutto può accadere, dove la gente veste in
modo particolare. Per apprezzare Londra bisogna “aprire le ali”, essere pronti a spiccare il volo e se
sei pronto allora puoi vedere tutto ciò che c’è da vedere. Donovan dice anche che con un po’ di
fortuna, il passante può anche trovare lui che canta (musica per strada). È una canzone dove
l’autore parla di sé.
Si ha un mito dove a Londra si possono incontrare grandi personaggi e nella canzone Donovan cita
Jean Paul Belmondo che al tempo si diceva gironzolasse per Londra; anche Mary Quant, ossia la
stilista che ha rivoluzionato il modo di vestire femminile. Nomina poi Gilsberg, questi sono gli anni
in cui Gilsberg fece un grande reading alla Royal Albert Hall, era un reading che radunò tutti i
maggiori poeti inglese delle ultime generazioni. Questo reading si trasformò poi in una sorta di
baccanale alcolico, alla fine tutti i poeti si ritrovarono ad essere ubriachi. Questo reading rimase un
grande momento, unico e raro, di incontro di moltissimi poeti di tutto il mondo dove si cantavano
e danzavano e leggevano le poesie per ore ed ore, a cui parteciparono migliaia di persone,
all’insegna dell’idea del “peace and love” e della permissività.
Londra è definita un bellissimo posto dove vivere, si citano luoghi londinesi tra cui “Portobello” e
“Cromwell Road”. Questa canzone ha la tipica musica del tempo, l’intermezzo musicale della
canzone di Donovan riproduce i tipici suoni del tempo, le questioni armoniche, la sonorità
psichedelica e ritmata. È molto diversa dall’atmosfera sognante di “Try for the Sun”. È una canzone
spensierata che vuole rendere omaggio alla Swinging London nei suoi anni d’oro. Infatti è una
canzone del 1967.
“Sunny Goodge Street” (di qualche anno prima, 1965): parla della Londra vista dal punto di vista
adolescenziale, in particolare da un ragazzo appena arrivato a Londra. È una canzone lontana alla
spensieratezza della precedente, qui siamo in un’altra zona, vicino al British Museum, la zona
intorno all’University ed è una zona più bohemien, una zona in cui ci sono i giovani attratti dalla
magia della capitale. La musica cambia, è una musica jazzista, ad un certo punti Donovan infatti
cita Mingus, uno dei più grandi contro bassisti della musica afroamericana. È una musica
malinconica che suggerisce l’altra faccia della Swinging. È una malinconia che ci suggerisce anche
l’inquietudine di questa realtà e l’atmosfera è quasi onirica, ci dà il senso della vita tutta al
presente, effimera, dove non si vede futuro. Tutta la realtà è fantastica e onirica, dove sembra che
colui che canta esca da sé stesso ascoltando la musica di Mingus o annusando incensi indiani
oppure semplicemente lasciandosi ipnotizzare dal tintinnio dei carillon che suonano intorno a lui.
La statuina della dea indiana, il bruciare incensi e i carillon che tintinnano nelle case e il voler
rendere variopinte le stanze in affitto sono tipiche della gente che va a Londra a quei tempi. Il
finale chiaramente va nell’ottica di quella filosofia del “love and peace” che riempie le menti dei
giovani del tempo ma è anche, in qualche modo, un riferimento alla magia della città, della musica
e dell’ambiente e forse anche alla magia della propria musica, come se “The Magician” fosse lo
stesso Donovan. Non è un caso che sia la canzone precedente sia “Young Girl Blues” siano pezzi del
’67, mentre questo del ’65.
In Europa in quel momento Donovan stava avendo più successo rispetto a Bob Dylan.
“Sunshine Superman” di Martin Sharp (ispirata all’omonima canzone di Donovan): tutta la cornice
nei toni dell’argento, del grigio e del nero, è rifatta in stile piuttosto liberty facendo riferimento alla
canzone. All’interno di essa c’è un inserto grafico nei toni del blu e dell’azzurro dove c’è Donovan
che canta e vicino a lui ci sono i versi scritti di “Sunny Goodge Street”. Assimilazione di Donovan sia
alla magia, sia a questo mondo onirico che poi dovrebbe essere rappresentato dalle figure che si
agitano nella cornice, la rivalità inesistente che avevano lanciato i media.
Ad affermare la figura del fotografo concorrono sia l’uso della fotografia nei lavori della pop art ma
anche che gli artisti pop iniziano a dipingere a partire dalle fotografie (ad esempio il quadro di
Hamilton). Influenza sulla fotografia ce l’hanno anche le nuove mode, imporsi del colore nella
moda e nella vita quotidiana che deve essere valorizzato con le luci adatte. C’è una serie di fattori
che contribuisce a creare il mito del fotografo.
Tony Armstrong Jones: il primo marito della sorella della regina. Era un fotografo che fece molto
scalpore intorno alla seconda metà degli anni ’50 con un libro di foto chiamato “London”, dove
dipingeva una Londra mai vista. Fu importante perché creò il mito di Londra con il suo libro, ma
soprattutto perché ai tempi il fotografo non era ancora un personaggio dell’establishment
culturale, l’idea del fotografo come artista non c’era e sposando la principessa Margaret elevò il
fotografo a una dignità mai vista prima.
Le sue foto erano molto diverse da quelle che si vedevano solitamente, è una fotografia molto
curata e con un attento uso di luci e inquadrature. Il suo tipo di fotografia incoraggiò una serie di
giovani fotografi di fare altrettanto ma, siccome non erano personalità di rilievo, cominciarono a
fare apprendistato negli studi fotografici delle riviste di moda, dove si facevano foto ovviamente
legate al mondo della moda. Si ebbero anche foto della moda fatte fuori dagli studi fotografici.
Le foto erano eleganti: sia le modelle sia gli abiti sia il paesaggio erano delicati e molto eleganti,
era tutto fuorché naturale. Solitamente le foto di moda erano fatte in studio con pose alla
Eleonora Duse, pose alquanto drammatiche.
Con i giovani fotografi si cambia totalmente il modo di fare foto di moda, in particolare David
Bailey. Egli si educò da un fotografo di nome John French, uno dei più importanti ai tempi. Egli
chiede alla sua modella di porsi in una posa tutt’altro che elegante e tutt’altro che comune, è
accovacciata a terra mettendo il risalto il sedere. Non era una posa tipica da modella e per
suggerire l’autunno non la manda a passeggiare per le strade ma mette delle foglie secche e poi la
fa chinarsi a baciare quasi uno scoiattolo.
Questa fotografia fece scalpore ma segnò il successo e il futuro di Bailey che, negli anni ’60,
quando uscì la foto, aveva meno di 25 anni e si vide cambiare la vita.
I fotografi più importanti furono: David Bailey, Brian Duffy, Terence Donovan e soprannominati
dalla stampa del tempo “The Black Trinity” o “The Terrible Trinity”. Lanciarono con le loro foto un
sacco di personaggi di cui conosciamo le immagini attraverso le loro fotografie. I tre erano molto
giovani e venivano dalla classe operaia o dall’East End lodinesi, zone popolari limitrofe.
02/12/2020
La figura del fotografo nella cultura degli anni ’60 in Gran Bretagna. I giovani fotografi di
moda rivoluzionano il modo di fare fotografia. Fanno una fotografia più spontanea, non più
statuaria ed ingessata come la generazione precedente. Si ispirano al design, alla pop art e al
cinema: ricercano il movimento e l’umorismo.
Anche volontà di portare la fotografia di moda in strada: non è più una strada deserta, ma
sono le strade quotidiane dove passa la gente di ogni giorno.
Foto di moda fatta in strada a confronto: grande differenza nel tipo di posa e nel vestito; ma
anche nel tipo di modella scelta per incarnare. Prima si sceglie una modella che appare quasi
come una signora, molto composta. Nell’altra foto invece si vede una ragazzina, con una
faccia quasi offesa. Signore che camminava che entra nella foto suo malgrado, così come
entrano nella foto i dettagli del quotidiano (cartelli, parchimetro, eccetera). Creazione di un
tipo di ideale femminile diverso dal precedente: il tipo di modella che si impone in questi
anni è quello della modella dall’aspetto quasi adolescente, infantile e sensuale al tempo
stesso.
Jean Shrimpton è la modella più pagata del tempo.
David Bailey come eroe pop. Individuo non istruito, che non aveva studi molto approfonditi,
però sofisticato ed affascinante. Al tempo stesso, un po’ losco e non molto affidabile.
Modelle definite “bambole parlanti”.
Bailey inizia a lavorare come fotografo nel 1960 come free-lance, dopo aver fatto la gavetta
nello studio di John French. L’esplosione dell’industria per la moda permette ai fotografi di
fare carriera: la moda ha bisogno di essere pubblicizzata in maniera diversa. In pochi anni
diventa il fotografo più ricco d’Inghilterra.
Intorno al ’65 e ’66 i fotografi di moda sono i membri più influenti della Popocracy.
New Society o New Elite di Londra: una classe composta da coloro che si stanno facendo
strada nel settore delle arti e dell’intrattenimento, ad esempio il fotografo, le modelle e le
rockstar.
Il fotografo fornisce i sogni alla gente media: questo lo vediamo benissimo nel film
Wonderwall, in cui il protagonista può essere considerato un “well respected man”, ma
scopre un buco nel suo appartamento attraverso il quale scopre uno studio fotografico. In
questo modo entra in un mondo onirico.
Foto di David Bailey: il contesto non è più uno studio asettico: lo studio viene rivoluzionato
(collant appesi al paravento), in primo piano viene messa anche la macchina fotografica.
La spontaneità viene ottenuta attraverso l’uso di macchine a mano, molto più leggere della
macchina da studio. In studio invece vengono dosate le luci: grande studio tecnico.
Periodo pop in cui il culto delle star è al massimo livello.
Nel 1965 Bailey fa uscire un cofanetto contenente ritratti dei personaggi chiave della
Popocracy, della New Society. 36 ritratti in bianco e nero di celebrità del momento.
Le persone comuni potevano comprare questa box pin-up (inteso nel senso di personaggi da
appendere) e portarsi a casa le celebrità: John Lennon, Michael Caine, Paul McCarter. Ritrae
anche 3 malviventi dell’East End che avevano compiuto dei crimini: il box è il culto alla
celebrità. Rappresentano un omaggio alla cultura planetaria.
Era inserito anche Tony Armstrong Jones, di fianco ai 3 fratelli delinquenti. Egli chiese di far
togliere la propria fotografia dal cofanetto e vieta la pubblicazione di questo cofanetto negli
Stati Uniti. Oggi è stato venduto a 20k sterline.
Bailey è un importante ritrattista: capacità di cogliere l’anima del personaggio.
(Posa di Paul McCartney, che si appoggia a John Lennon: unione dei Beatles).
Un altro fotografo è Brian Duffy.
Dettagli che non c’entrano entrano nella fotografia: macchine che passano. Dettagli del
quotidiano. Il vestito non ci salta subito all’occhio, nonostante sia in primo piano.
Dubby fotografa Bob Dylan: coglie la personalità sfuggente di Dylan, con gli occhiali da sole.
Ritraendolo con gli occhiali da sole e con lo sguardo verso il basso indica la sfuggevolezza di
Bob Dylan ed il rispetto del fotografo di non volerlo indagare.
Brian Duffy sarà il primo a firmare un contratto con Vogue.
Donovan e la fotografia di moda: modella giovane e sbarazzina, vestiti quasi infantile. La
posa non è elegante, finge di dormire su una panchina. La gonna che si solleva è un dettaglio
malizioso, ma anche un omaggio a Marilyn Monroe.
Foto di Donovan a Terence Stamp.
Twiggy era la modella preferita di Donovan: rappresenta l’ideale delle ragazzine che
aspirano a diventare come lei. Era molto magra. Spontaneità infantile.
Donovan ha fatto anche servizi di moda maschile ambientati in posti del tutto originali:
cisterne, East End diroccato e spesso si divertiva ad inventare delle storie. Un esempio è
“The Secret of an Agent”: fa muovere il modello come se fosse un agente, facendogli
scimmiottare 007, James Bond.
Crea un mischio tra la street photography e la foto di moda. I personaggi che stanno attorno
al modello sono persone comuni, che stavano passando. Il modello sbircia il giornale di un
operaio. Sono fotografie ambientate in situazioni quotidiane.
Fa anche una fotografia a Jimi Hendrix mettendola in bianco e nero, quasi ad indicare che
tutti i colori siano l’effimero. I fotografi si concentrano sul bianco e nero, perché fino alla
fine degli anni ’60 i colori non sono considerati artistici. Inoltre, le fotografie a colori erano
anche molto costose. I fotografi rivoluzionano l’immagine della città e della cultura inglese.
- Esemplifica l’esterno che entra nell’interno. Abolizione dei confini: il mondo altro che entra in
casa.
- Atmosfera britannica: ambientazione ed atmosfera onirica.
- Colonna sonora di George Harrison; sarà il primo album pubblicato da un singolo componente. È
ispirata da musiche indiane (i Beatles erano andati in India). Il soggiorno dei Beatles in India ebbe
luogo nel 1968, quando i quattro componenti del gruppo vi si recarono per frequentare un corso di
Meditazione Trascendentale presso l'ashram indiano di Maharishi Mahesh Yogi.
Gli interni sono stati disegnati da un gruppo di designer olandese chiamato The Fool.
Quando a Massot è stato chiesto cosa avesse di particolare il film, lui dice “il film rappresenta una
cosa di allora che è difficile capire adesso, cioè che eravamo tutti insieme, che in un club ci trovavi
Beatles e Rolling Stones e anche Peter Blake e tutti convergevano in una piccola cerchia; questo
periodo fu una candela che bruciò molto in fretta”.
Blow Up = racconta la swinging London attraverso una storia complessa; film che lo stesso regista
italiano Antonioni ha definito “come lo zen = se cerchi di interpretarlo lo distruggi”; storia ispirata
a Cortazar: in Cortazar era girata a Parigi e Antonioni la sposta a Londra; soggetto e sceneggiatura
sono di Tonino Guerra; film molto cosmopolita. Per fare questo film Antonioni ha dovuto
documentarsi; ha inviato questionari ai fotografi del periodo per sapere come vivevano e cosa
facevano, era stato nel laboratorio di Montgomery per vedere come funzionava, come
protagonista avrebbe voluto David Bailey (che rifiutò) e poi veste David Hemmings come Bailey.
Opera molto ragionata fatta da un esterno che vuole capire e documentarsi su quel momento
storico e culturale.
Wanderwall invece + immediata, spontanea, fatta dall’interno
Oasis (che danno il titolo Wonderwall a una loro canzone) erano stati fan del film e Massot era
andato a un loro concerto nel ’96 e uno dei fratelli Gallagher gli aveva chiesto da dove aveva preso
quelle idee incasinate per il film e Massot aveva risposto “Quelli erano i tempi”.
Personaggio dell’inglese stereotipato (Englishness) a cui Stuart Hall oppone la Britishness; il
fotografo e la modella sono i personaggi chiave del momento, ancora + delle pop star. Effetti ottici
visionari tentativi di riprodurre effetti da allucinogeni, che troviamo anche in alcune canzoni dei
Beatles (She said she said, Across the Universe, Tomorrow never knows); lo scienziato è un voyer e
il voyer rappresenta un atteggiamento della società del momento, bisogno di apparire (apparenza
che sovrasta la realtà); Brian Epstein capisce come far apparire i Beatles per fargli avere successo.
Nel film rapporto con le pitture del passato (modella vestita da Primavera del Botticelli + immagine
del Botticelli nella credenza della casa) + richiami arte pop.
Filosofia del periodo: cogliere l’attimo, no interesse al futuro (la protagonista, nel momento in cui
le sfugge il presente, opta immediatamente al suicidio). Qui ed ora.
Nome della ragazza: Penny Lane (strada di Liverpool della canzone dei Beatles)
(Ascolta canzone di John Lennon del 1970 “Working Class Hero” e leggi il testo).
Sempre nell’album Sgt. Pepper’s c’è un pezzo estremamente interessante perché da un lato
dà uno spaccato di vita comune, dall’altro è un grosso esercizio di humor britannico. “When
I’m Sixty Four”: è un pezzo dichiaratamente ironico. È il classico pezzo che potrebbe suonare
la Lonely Hearts Club Band, perché è il tipico pezzo da Music Hall (musica molto allegra e
molto facile). Da un certo punto di vista è un omaggio al mondo di una realtà culturale
popolare inglese per eccellenza. La canzone parla della gente comune, di un giovane che
dice alla sua ragazza “starai ancora con me quando avrò 64 anni?” e le prospetta un
possibile avvenire, classico della classe operaia o piccola borghesia (lei fa la maglia, lui
aggiusta le lampade, d’estate visitano i nipotini…). È un quadro idilliaco della vita di terza
età. George Martin, il produttore dei Beatles, dice che questa visione è quella che Paul
McCartney ha dell’inferno, un’immagine che rappresenta la fine di una vita grigia piccolo
borghese. Siamo ancora nell’universo dei Kinks e della loro ironia verso la Englishness, i
Beatles sono più sottili. Questa canzone ci dice quello che non vogliono, ironizza su quello.
Se non si capisce l’ironia, chiaramente si fanno degli svarioni interpretativi e si rischia di
attribuire un giudizio di valore diverso da quello del testo. La canzone è ironica fin dal ritmo
usato, è la musica tipica che piace ai nonni che hanno i nipotini sulle ginocchia e che vivono
questa “idilliaca” terza età. Questa canzone è un omaggio al mondo della musica che
cantava il padre di Paul McCartney, è un omaggio a un certo tipo di musica estremamente
britannico, è un bel ritratto di una tipica terza età della classe operaia, però è anche quello
che chi canta non vuole, quello che i Beatles non si augurano per la loro terza età.
Ironica a modo suo è anche questa canzone, ritenuto dai critici una delle più belle dei
Beatles in assoluto, la canzone che chiude l’album. “A Day In The Life”: esaltazione della
quotidianità. I cambiamenti di melodia e di musica sono numerosi, la costruzione è
complessa. In qualche modo questo brano costituisce il “bis” della banda Lonely Hearts. C’è
la ripresa della sigla, la title track, e una volta chiuso lo spettacolo la banda viene richiamata
per il bis. È qualcosa di completamente nuovo, un pezzo dalla complessità enorme, studiato
dai musicologi dal ’67 ad oggi. È un ritorno al reale dopo il concerto, la gente torna alla vita
di ogni giorno, si torna alla vita reale facendo riferimento alla banalità di un giorno
quotidiano. Il giorno si apre con la notizia della morte di un personaggio conosciuto dai
Beatles in un incidente stradale perché guidava sotto effetto di stupefacenti. La prima
notizia che si legge aprendo il giornale la mattina è quella di questo lucky man, uomo ricco,
un uomo che aveva fatto successo, che però è andato a schiantarsi con la macchina. La cosa
assurda è che chi canta dice di essersi fatto una risata, perché la fotografia faceva ridere. Lo
schianto era dovuto al fatto che non avesse notato il cambio della luce del semaforo. Siamo
nel puro humor britannico di stampo black. È una faccia conosciuta. Dopo di ciò si passerà al
cinema, al film guardato distrattamente perché aveva già letto il libro. La canzone va avanti
mescolando come un collage dei frammenti di notizie diverse ricavate dal quotidiano. Anche
la musica da questa idea di fattoi giustapposti l’uno all’altro, di notizie riportate e lette in
maniera distratta. Abbiamo poi un cambio di ritmo e abbiamo la descrizione di un tipico
inizio di giornata per un tipico personaggio, stavolta canta Paul e quindi si cambia voce.
Questa immagine così tipica provoca uno shock da riconoscimenti in chi ascolta. Questa
canzone è la più profonda esplorazione sul rapporto tra illusione e realtà. Con questa
chiusura dove il personaggio, sentendo delle voci in bus, si lascia andare a una
fantasticheria, già ci pone in questo rapporto con la realtà. La canzone cambia ancora di
tono, ritorna la voce di Paul che ritorna a parlare delle notizie che sta leggendo sul giornale.
Diventa tutto privo di senso, i riferimenti continui alle notizie buttate lì dei giornali, servono
anche a stigmatizzare il potere dei media che distorcono il reale, come sono capaci di
raccontare episodi senza senso, di rendere grottesca una tragedia… L’ironia dei Beatles in
questo pezzo non è amara e non è neanche censura, è solo un moto di ironia spontanea
provocato dal vedersi moltiplicare le possibilità espressive, le sovrapposizioni di senso che i
media possono provocare. Accanto a questo c’è il senso della giornata qualsiasi, del domani
uguale allo ieri, della vita assolutamente priva di scosse dell’uomo comune. A questo
proposito, la frase “I like to turn you on” venne interpretata come un riferimento alle
droghe e il pezzo fu rifiutato dalle radio nazionale, costando la censura ai Beatles. Uscì una
recensione, ma la canzone finale fu definita la Wasteland dei Beatles, con accezione
estremamente positiva.
Nello stesso periodo uscì anche un volume molto importante chiamato Bomb Culture dello
studioso Jeff Nuttall, che interpretava la storia a lui coeva alla luce della paura della bomba
atomica che dominava la vita di tutti dagli anni ’50. Parlando dei Beatles, questo libro che
esce nel ’68, scrive che la musica dei Beatles agisce come elemento di integrazione. Li
definisce catalizzatori di tutte le forme espressive e culturali del tempo. In Sgt. Pepper’s
troviamo il riferimento non solo alla gente comune e ai giovani, non solo alla pop art, ma
anche alla rabbia.
Altra canzone importante è “Getting Better”, che fa un preciso riferimento agli Angry Young
Men. Questo brano sembra quasi cantato da un Jimmy Porter che ricorda le sue esperienze
passate. “Me used to be angry young man”. È un inglese dialettale, quello parlato dai
protagonisti dei film della New Wave. Parla della sua donna, della crudeltà nei confronti di
essa e di come stia cambiando i suoi stili di vita. Non risulta che Jimmy Porter colpisca
Allison, però certo la tiene lontana dalle cose e dalle persone che ama. Potrebbe essere un
Jimmy Porter alla fine della commedia, che cerca di cambiare il suo stile di vita. Potrebbe
essere un altro testo ironico, dato che si conclude con “sta andando meglio, ma solo perché
non potrebbe andare peggio”.
Il testo e la musica sono solo apparentemente positivi; questa idea del nowhere man è
espressa anche meglio in un’altra canzone dove sottotraccia c’è tutta la rabbia degli anni
’50. Si tratta di “Good Morning Good Morning”. Si va dai rumori della natura fino ai rumori
del traffico, da un massimo idilliaco a un massimo di inferno quotidiano. La parola “nothing”
ritorna spesso, questo non può essere positivo. Niente da dire, niente da fare, niente da
raccontare alla moglie, ma va bene lo stesso. Tutti sanno che non succede mai niente, ma
tutto va avanti. È tutto chiuso, tutto una rovina, tutti quelli che si vedono sono mezzi
addormentati. Qui veramente il confine tra esterno e interno è abolito, abbiamo l’irruzione
positiva dei rumori naturali alla fine che è però a poco a poco si mescola con il chiasso
negativo della strada.
La canzone dove esterno e interno di confondono del tutto è di George Harrison, “Within
You Without You”. La canzone descrive la fusione di patio e Pavillion, utilizza il sitar indiano
ricordando la musica ipnotica di Wonderwall.
“Lucy in the Sky with Diamonds” (viene letto l’acronimo LSD). Sembra un collage pop. È
ispirato ad Alice nel Paese delle Meraviglie.