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La salute è una condizione di armonico equilibrio, fisico e psichico, dell’individuo, dinamicamente integrato

nel suo ambiente naturale e sociale». Per benessere si intende indicare una sensazione personale e
soggettiva, legata al reddito, alla salute, all’istruzione o alla quantità di beni consumati. È evidente come
una condizione di benessere così completo sia estremamente difficile da tutelare e promuovere ma lo
scopo primario dell’OMS era quello di fornire un punto di riferimento ideale al quale ispirarsi, ad ogni
latitudine, per costruire un futuro di benessere per l’intera umanità. La definizione di salute da parte
dell’OMS più che l’assenza di malattia, è una visione globale qualitativa che comporta una dimensione
sociale, mentale, morale e affettiva, oltre che fisica, che bisogna difendere e a volte acquisire o ricostruire
nel corso della vita. In questa prospettiva possono considerarsi come educazione alla salute tutti gli
interventi mirati a formare nel cittadino la consapevolezza che la salute propria e altrui è un diritto-dovere,
alla cui realizzazione occorre attivamente cooperai n tutti gli ambiti convergenti verso uno sviluppo
dinamico di ogni potenzialità umana.
Stili di vita e obesità
L’obesità è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, denunciato a gran voce dai più
autorevoli nutrizionisti, in Italia colpisce un bambino su quattro, è il risultato di uno sbilanciamento
energetico glucidico e protidico protratto nel tempo. In pratica i bambini, gli adolescenti, ma anche gli
adulti, introducono più calorie di quante effettivamente ne abbia bisogno l’organismo. È una delle più
frequenti condizioni che i medici, gli operatori scolastici, gli esperti di attività motoria si trovano ad
affrontare nella pratica quotidiana. L’approccio globale all’obesità è spesso difficoltoso, a causa della
natura stessa della problematica, in quanto la sua connotazione è tipicamente multifattoriale, nell’ezio-
patogenesi intervengono molteplici fattori, sia di natura ambientale, sia di natura psicologica, sia di
natura genetica. Il trattamento dell’obesità non può e non deve essere inteso come una semplice
prescrizione di determinate diete o di un semplice incoraggiamento a svolgere attività fisica o sportiva. Il
primo step è la prevenzione. L’adeguata informazione circa i fabbisogni energetici, il benessere indotto
dall’attività fisica, l’igiene alimentare deve essere perseguita sin dall’infanzia. Educare un bambino ad
abitudini alimentari corrette significano ridurre i rischi di una obesità nell’età adolescenziale e adulta. Gli
operatori che seguono i bambini e i ragazzi con obesità devono svolgere un ruolo di raccordo tra il
paziente e la famiglia, allo scopo di sensibilizzare tutti i componenti del nucleo familiare circa i rischi
progressivi della patologia e la necessità di seguire un trattamento dieto-terapico attraverso cambiamenti
stabili dello stile di vita. La sedentarietà, gli atteggiamenti compulsivi nei confronti del cibo, le scelte
alimentari sbagliate, rappresentano il terreno favorevole per l’insorgenza dell’obesità. I tre principali
macro-ambiti di intervento preventivo, diagnostico e terapeutico risultano essere l’aspetto clinico-organico,
quello psicologico, quello motorio, che devono concorrere a identificare e sviluppare un protocollo
d’intervento mirato a un riequilibrio del peso corporeo. Il giusto apporto combinato della terapia dietetica,
dell’attività fisica e della terapia comportamentale tende a indurre nel paziente e nell’ambiente familiare
cambiamenti positivi del comportamento alimentare e più in generale dello stile di vita, in modo che
rimangano stabili e duraturi nel tempo. La diagnosi di obesità, oltre all’inconfutabile esame obiettivo e del
peso corporeo, viene effettuata in relazione al concetto che il corpo umano è costituito da due
compartimenti:
• Massa grassa (FM = Fat Mass): costituita da tutti i lipidi corporei distribuiti nel tessuto sottocutaneo e
viscerale;
• Massa magra (FFM = Free Fat Mass): costituita dalle masse muscolari, dall’osso e dai tessuti inter ed
intraparenchimali non adiposi.
La concezione di massa grassa e massa magra si sostanzia nell’individuazione di indici specifici di
riferimento che sono calcolati attraverso formule prestabilite. L’indice più comunemente utilizzato è il BMI
o IMC, che rileva la massa corporea: BMI = peso (in kg)/statura (in mq).
I fattori predisponenti e di rischio
L’obesità costituisce un serio fattore di rischio per mortalità e morbilità, sia per le complicanze
cardiovascolari e respiratorie, sia per le patologie ad essa frequentemente associate quali diabete mellito,
ipertensione arteriosa, iperlipidemia, calcolosi della colecisti, osteoartrosi. Esistono un’obesità primitiva ed
una secondaria dovute a cause di natura endocrina, genetico-malformativa, iatrogena, neurologica, ecc. Le
molteplici cause, di natura genetica, ormonale, psichica, determinano l’obesità definita centrale (o viscerale
o androide) caratterizzata dal deposito di adipe a livello soprattutto addominale e riconoscibile per un
rapporto vita-fianchi superiore a 0,85 nella donna e a 0,95 nell’uomo, e quella periferica (o sottocutanea o
ginoide) che evidenzia un rapporto inferiore a 0,85 nella donna e a 0,95 nell’uomo. Diffuso è il fattore
genetico: l’80% dei bambini obesi, infatti, ha un genitore obeso. L’accumulo di grasso avviene in varie fasi.
Nel primo anno di vita il bambino è fisiologicamente in sovrappeso. Negli anni che seguono la massa grassa
subisce un decremento fino all’età di cinque anni per poi risalire fino al decimo anno. Durante la pubertà si
diversifica la sua distribuzione: si riduce nei maschi e aumenta nella femmina. A livello di tessuto adiposo si
verificano
importanti modificazioni negli adipociti, che subiscono processi di iperplasia e ipertrofia variabili in funzione
dell’età:
• Ultimi mesi di vita intrauterina - prima intensa moltiplicazione;
• Primo anno di vita - aumento del volume mentre il numero resta stabile;
• Secondo anno di vita - temporanea involuzione del tessuto adiposo;
• Pubertà - lento aumento numerico
Nel bambino obeso l’incremento del numero degli adipociti è di gran lunga superiore a quello del soggetto
normopeso. La persistenza di obesità in età adulta porta a specifiche conseguenze a livello cardiovascolare,
polmonare, osteoarticolare. L’accumulo di grasso nelle pareti toraciche e nell’addome determina una
riduzione dell’escursione del diaframma e quindi della funzionalità respiratoria. Ciò si traduce in dispnea da
sforzo che porta ad una riduzione dell’attività fisica, ad un aumento della flogosi delle vie respiratorie e alla
comparsa di asma. L’ipertensione arteriosa è spesso associata all’obesità in età pediatrica. Concorrerebbe a
determinarla anche l’iperinsulinismo mediante un meccanismo di tipo sodio-ritentivo. Oltre
all’ipertensione, l’obesità si associa frequentemente a squilibrio dell’assetto lipidico, caratterizzato
dall’aumento dei trigliceridi, della colesterolemia totale e delle frazioni LDL-C e VLDL-C e da una
diminuzione della frazione HDL-C. Tutto ciò concorre all’insorgenza di patologie cardiovascolari poiché
spesso si associa anche ad un aumento della viscosità sanguigna e di iperfibrinogenemia, con tendenza
all’ipercoagulabilità. Sono frequenti anche alcuni problemi ortopedici, quali il ginocchio in atteggiamento
valgo e/o piede piatto, altri più rari, quali la coxa valga, la tibia vara, la necrosi della testa del femore che
colpisce soprattutto l’adolescente obeso. che colpisce soprattutto l’adolescente obeso.
L’attività fisica consigliata
La conoscenza della condizione dei soggetti a rischio obesità e la consapevolezza del fabbisogno energetico
lipidico umano giornaliero, compreso tra 0,8-1,2 g/kg di peso corporeo, e di quello glucidico, compreso tra
100-150 g/kg di peso corporeo, sono informazioni necessarie per la stesura di un valido programma di
attività fisica. In un programma terapeutico dell’obesità l’attività fisica sportiva, svolta in modo continuo e
regolare, induce benefici effetti sul controllo del peso, sulla regolazione del dispendio energetico, sulla
funzione cardiocircolatoria e respiratoria, sulla funzionalità delle strutture osteo-articolari e muscolari, sulla
capacità di coordinazione e di destrezza, sulla strutturazione del carattere, dell’autocontrollo e
dell’autostima. L’esercizio fisico riduce i livelli di insulinemia, migliora l’assetto lipidico riducendo la
colesterolemia, innalza il rapporto HDL/LDL e riduce la pressione arteriosa. Il lavoro organico e muscolare
comporta un incremento dell’apporto dell’ossigeno che si ottiene mediante uno shunt del sangue dai
muscoli a riposo e dai distretti epatico e gastrointestinale ai muscoli in attività motoria. Tale processo si
verifica grazie ad un aumento del tono simpatico che causa vasocostrizione generale e vasodilatazione a
livello dei muscoli in attività, mediata dall’adenosindifosfato ivi presente. Un altro importante adattamento
è rappresentato dall’aumento della gittata cardiaca, che progredisce in modo lineare con l’aumentare
dell’esercizio fisico. Nel soggetto che svolge attività fisica la fonte di glucosio è rappresentata
inizialmente dal glicogeno muscolare, successivamente la spinta energetica è alimentata dal glucosio
ematico, da quello proveniente dalla glicogenolisi epatica e dalla gluconeogenesi. Il substrato energetico
nell’attività prolungata viene fornito degli acidi grassi liberi presenti nel sangue. I processi metabolici sono
regolati dall’insulina e dagli ormoni contro-insulari rappresentati dalle catecolamine, dal cortisone, dal
glucagone e dall’ormone GH. L’esercizio fisico determina la riduzione della produzione di insulina con
incremento dei processi di glicogenolisi, di gluconeogenesi e di lipolisi, che garantiscono il necessario
apporto energetico per stabilizzare il livello glicemico. L’attività fisica svolta regolarmente e con durata di
almeno 30 minuti al giorno, combinata ad un adeguato regime alimentare, determina, in un periodo medio-
lungo, un incremento del dispendio energetico e quindi un corrispettivo decremento dell’adiposità. Un
criterio importante da osservare è la progressività nell’esecuzione dell’esercizio fisico. Un programma di
allenamento che consenta di non superare il 60% del massimo consumo di ossigeno (VO max) o della
massima frequenza cardiaca (FC max compresa tra 120 e 145 battiti al minuto), deve essere svolto
privilegiando l’attività di tipo aerobico e di bassa intensità, in modo da favorire la riduzione dell’adiposità
utilizzando gli acidi grassi come substrato energetico. A tale effetto benefico dell’esercizio fisico si
accompagna anche quello di un contenimento della riduzione della massa magra, che inevitabilmente si
verifica in un caso di trattamento di obesità contestualmente a quello della massa grassa. In sintesi, un
programma di allenamento di base deve avere le seguenti indicazioni:
• Durata superiore ai 20 minuti giornalieri (in alternativa superiore ai 30 minuti con minimo tre sedute
settimanali);
• Ritmo cardiaco allenante e costante;
• Intensità dell’allenamento bassa;
• Ossigenazione continua e regolare (no accelerazione respiratoria).

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