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Principio 1. Cerca sempre di essere d'aiuto, la consulenza consiste nel fornire aiuto.
Quindi, se non ho intenzione di rendermi utile e d'impegnarmi in questo storzo è improbabile
che riesca a creare una relazione d'aiuto.
I tre modelli si basano su assunti molto differenti tra loro, con conseguenze potenzialmente
diversissime.
In qualsiasi situazione di richiesta od offerta di aiuto dobbiamo avere un’idea chiara della
reale situazione corrente e del ruolo in cui vogliamo agire nella cooperazione. Non possiamo
sostenere tutti e tre i ruoli. Questa consapevolezza si basa sulla nostra capacità di
Interpretare e sperimentare la realtà del momento e su quella di intervenire su di essa.
Principio 2. Rimani sempre aderente alla realtà corrente; non posso fornire aiuto se non
conosco la realtà di quello che succede in me e nel sistema del cliente
.
Modello 1 dell’esperto- Acquisizione d'informazioni: Suppone che il cliente acquisisca dal
consulente delle informazioni o un servizio specialistico che non sarebbe in grado di
procurarsi da solo. Il consulente riceve l'incarico o l'autorizzazione a trovare e fornire
importanti informazioni o servizi specialistici per conto del cliente, ma una volta affidato
l'incarico quest'ultimo non ha più la possibilità di intervenire.
L'alternativa PC. La filosofia PC coinvolge invece immediatamente sia il cliente sla
il consulente in un periodo di diagnosi congiunta, riflettente la realtà che né il cliente né il
consulente conoscono abbastanza. Il consulente è disposto a trattare con un cliente o a
entrare in un'organizzazione senza una missione, un proposito, un problema chiaramente
definiti. Lo scopo principale della PC è quello di aiutare il manager a compiere questa
diagnosi e sviluppare un valido piano d'azione basato su di essa. Dal punto di vista della PC,
il consulente non deve sostituirsi al cliente, ma riconoscere che il problema appartiene alla
fine dei conti a quest'ultimo, e solo a lui. Tutto quello che il consulente deve fare è fornire al
cliente tutto l’aiuto che gli serve per risolvere il problema da solo.
L'importanza della diagnosi e della pianificazione operativa congiunta deriva dal fatto che il
consulente riesce raramente a conoscere un'organizzazione abbastanza a fondo da rendersi
veramente conto di quale azione operativa potrebbe risultare migliore.
Un assunto centrale della filosofia PC recita “la soluzione dei problemi sarà più duratura e i
problemi stessi saranno risolti in maniera più efficace se l'organizzazione imparerà a
occuparsene da sola”. E' quindi possibile affermare che il metodo della PC è necessario
all'inizio di qualsiasi processo d'aiuto, essendo in grado di rivelare quale sia esattamente la
situazione e quale tipo di aiuto sia necessario.
Principio 3. Riconosci la tua ignoranza; l'unica maniera in cui mi sia possibile scoprire la
mia realtà intrinseca consiste nell'apprendere a distinguere quello che so da quello che
presumo di sapere, e da quello che non so affatto.
Modello 2 medico-paziente Un altro modello di consulenza molto diffuso e quello del tipo
medico- paziente.
Uno o più manager dell'organizzazione decidono di chiamare un consulente perché li metta
sotto “osservazione" per scoprire se esiste qualche settore dell’organızzazione che non
funziona correttamente e che quindi è bisognoso di attenzione.
Secondo questo modello, il cliente presume che il consulente operi secondo standard
professionali. Il cliente non solo rinuncia alla responsabilità di operare lui stesso una
diagnosi ma presume anche che un operatore esterno all’organizzazione possa
comprendere a pieno la situazione,identificare i problemi e porvi rimedio. Una delle difficoltà
più ovvie di questo modello sta nel presupposto che il consulente sia in grado di reperire da
solo precise informazioni diagnostiche.
Un'altra difficoltà di questo modello, altrettanto grave, è che il cliente potrebbe non essere
disposto a prestar fede alla diagnosi o ad accettare le misure correttive proposte dal
consulente.
Una terza difficoltà consiste nel fatto che nei sistemi umani, e in realtà in tutti i sistemi, il
processo diagnostico è esso stesso un intervento di cui non è possibile conoscere in
anticipo le conseguenze.
Una quarta difficoltà del modello medico-paziente è che, anche se diagnosi e misure
consigliate sono valide, il paziente potrebbe non avere le capacità di mettere in atto i
cambiamenti proposti.
Il grado di utilità del modello medico-paziente dipende dal fatto che il cliente abbia o meno
identificato con esattezza la persona, il gruppo o il settore "malato"; il paziente sia o meno
motivato a rivelare informazioni esatte;
il paziente accetti o meno la diagnosi del dottore accettando la cura prescritta;
il cliente sia o meno in grado di attuare i cambiamenti consigliati.
L'alternativa PC. Il metodo della consulenza di processo è invece focalizzato non soltanto
sulla diagnosi congiunta, ma anche sulla trasmissione al cliente della capacità del
consulente di fare diagnosi e risolvere problemi. Secondo un assunto chiave della PC, il
cliente deve imparare a vedere da solo il problema nel corso della sua partecipazione al
processo diagnostico ed essere attivamente impegnato nella generazione di una correzione.
La ragione di questo coinvolgimento è che il processo diagnostico costituisce esso stesso un
intervento. Il cliente deve saper spiegare ai propri collaboratori perché queste azioni
avvengano e perché sia stato chiamato il consulente, e questo per evitare tutte le difficoltà
appena descritte.
Dobbiamo riconoscere che tutto quello che il consulente fa costituisce un intervento.
Modello 3- Il modello della consulenza di processo I clienti, siano essi manager, amici,
colleghi, spesso ignorano che cosa esattamente non funzioni e hanno bisogno di essere
aiutati a diagnosticare i loro veri problemi. Tuttavia, il problema appartiene soltanto a loro.
Spesso i clienti non sanno quale genere di aiuto possano ricevere dai consulenti, hanno
quindi bisogno di essere aiutati a sapere quale tipo di aiuto devono cercare. La maggior
parte del clienti ha la volontà di migliorare le cose, ma deve essere aiutata a capire che cosa
si debba migliorare e in che modo si debba farlo.
Molte organizzazioni potrebbero essere più efficienti se manager e collaboratori imparassero
a diagnosticare e gestire i loro punti-forza e le lora debolezze. Solo i clienti sanno che cosa
in realtà potrà funzionare nella loro organizzazione. Se i clienti non impareranno a
riconoscere da soli i problemi e a trovare autonomamente delle soluzioni, sarà meno facile
riescano ad applicare le misure consigliate e che imparino a risolvere gli stessi problemi se
dovessero ripresentarsi.
La funzione della PC è quella di trasmettere le competenze necessarie a diagnosticare e
intervenire in maniera costruttiva, permettendo in tal modo al clienti di migliorare la propria
capacità di continuare autonomamente.
Uno degli scopi della Pc è quello di fare in modo che il cliente impari a imparare.
Definire la PC:
la consulenza di processo è la creazione di una relazione con il cliente che permette a
quest’ultimo di percepire, comprendere e agire sugli avvenimenti che si verificano nel suo
ambiente Interno ed esterno allo scopo di correggere la situazione secondo la definizione
del cliente stesso.
Nessuno di questi modelli sarà utilizzato per tutta la durata del processo. Il consulente potrà
al contrario uniformarsı a uno solo di essi secondo il momento. Il consulente esperto
passerà spesso da un ruolo all'altro. Se, riesce ad operare secondo questi principi, i ruoli
specifici del momento in cui si forniscono informazioni, o si agisce terapeuticamente,
oppure si rimane nel ruolo di consulente di processo, emergono spontaneamente.
Il problema posto dalla creazione di una corretta relazione d'aiuto sta nel fatto che le due
parti devono Imparare a conoscersi a vicenda e nello stesso tempo creare un ambiente in
cliente possa in tutta tranquillità raccontare la sua storia.
Dal punto di vista tattico, l'utilizzo della ricerca attiva richiede che sia riconosciuta la
necessità di gestirla in maniera tale da permettere una completa rivelazione della storia del
cliente. Nella fase iniziale, quindi, il consulente deve stimolare il cliente a raccontare la storia
il più esaurientemente possibile, ascoltandolo in maniera obiettiva e non critica.
Sono presenti diversi tipi di ricerca attiva; di base, diagnostica e di confronto.
- Ricerca di base: Inizia dal silenzio. Il consulente dovrebbe, per mezzo del linguaggio
del corpo e del contatto visivo, comunicare disponibilità all'ascolto, senza tuttavia la
necessità di dire qualche cosa. All'inizio ci si dovrebbe concentrare unicamente su
quello che succede, in modo da permettere al cliente di strutturare la storia come
preferisce. Quando il cliente inizia il suo racconto, la reazione prevista dalla ricerca
attiva comprende il classico cenno d'assenso in segno di attenzione. Lo scopo non è
quello di stimolare una completa esposizione che aiuti il consulente a eliminare la
propria ignoranza migliorando la comprensione del caso. Durante l'ascolto potrebbe
essere utile visualizzare la scena, i personaggi, lo sfondo e l'azione. Il cliente non è
pronto ad ascoltare consigli o suggerimenti, ha a disposizione diversi modi per
tenerlo agganciato e dedicarsi al proprio problema personale. Potrebbe passare dal
colloquio alla ricerca valutativa.
- Ricerca diagnostica: In questa forma di ricerca il consulente inizia ad agire sul
processo mentale del cliente. Si noti che si tratta di attirare l'attenzione su determinati
punti della storia stessa. Emozioni e reazioni, ipotesi sulle cause, azioni intraprese o
contemplate. Il consulente deve tuttavia rendersi conto che ogni domanda distrae il
cliente dal proprio processo mentale per introdurlo in quello che il consulente stesso,
costituendo pertanto un intervento assai più importante della ricerca di base.
- Ricerca di confronto: E' costituita dal fatto che il consulente introduce nel colloquio le
proprie idee sul processo o sul contenuto della storia. Il consulente ora offre al cliente
suggerimenti e indica scelte che potrebbero essergli sfuggite. L’intervento di
confronto introduce nuove idee, concetti, ipotesi e criteri di scelta con i quali il cliente
dovrà lavorare. Il consulente si occupa ora del contenuto, non solo del processo del
cliente. In questo processo, il grande pericolo è quello che vadano perdute ulteriori
informazioni sulla reale situazione del cliente, assorbito dal confronto con nuovi
concetti. La scelta del tempo è di cruciale importanza per decidere quando passare
dalla ricerca di base al metodo diagnostico o di confronto. La tentazione più
pericolosa è certo quella di esplicitare con idee e suggerimenti, proiettando sul
cliente la propria versione della realtà.
Principio 7. La scelta del momento è fondamentale; devo pertanto mantenere
costantemente un atteggiamento diagnostico e attendere il momento in cui il cliente appaia
disposto a concedermi la sua attenzione.
Principio 9. Tutto è fonte di dati, gli errori sono inevitabili, fanne occasione di
apprendimento; devo imparare da esse evitando a ogni costo resistenze, vergogna o sensi
di colpa. Non potró mai conoscere la realtà del cliente così bene da evitare errori, ma
ognuno di essi provoca reazioni da cui posso imparare a migliorare questa conoscenza.
Principio 10. in caso di dubbio, condividi il problema, parlane con qualcuno; mi trovo
spesso nella situazione di non sapere che cosa fare. E’ spesso utile condividere il problema
con il cliente e decidere insieme a lui il da farsi.
1. LIvello individuale: si può definire il livello individuale come il luogo del processi
"intrapsichici" che una data persona introduce nella relazione d'aiuto.
2. Livello interpersonale: riguarda problemi o questioni propri delle relazioni tra membri di
un'organizzazione o sistema di clienti. Il lavoro del consulente riguarderebbe la relazione
invece che i soli problemi intrapsichici dell'individuo. Tra gli Interventi adatti a questo livello
possiamo trovare la mediazione, il ricordo ad una terza parte e la consulenza di
relazione.
3. Livello di gruppo faccia a faccia: questo livello riguarda problemi o questioni consistenti
nella maniera in cui un gruppo o un team funzionano in quanto gruppo.
4. Livello intergruppo: questo livello è focalizzató su problemi o controversie riguardanti la
maniera in cui gruppi, team, divisioni e altri generi di unità organizzative interagiscono e
coordinamento il proprio lavoro a favore dell'organizzazione o di più estesi sistemi di clienti.
5. Livello organizzativo: questo livello riguarda problemi o questioni concernenti la missione,
la strategia e l'interesse complessivo di tutto il sistema di clienti, si tratti di un’unità familiare,
una divisione, un'organizzazione o dell'intera comunità.
6. Livello interorganizzativo: questo livello riguarda questioni di coordinamento,
collaborazione e allineamento che sorgono quando organizzazioni o comunità iniziano a
formare consorzi o reti interorganizzative.
7. Livello grandi sistemi: questo livello concerne problemi o questioni riguardanti comunità o
società di maggior dimensione e importanza. Il consulente potrà in questo caso lavorare con
reti sociali, insieme di organizzazioni o gruppi di comunità.
l processo d'aiuto parte sempre da un cliente iniziale che si presenta al consulente con un
problema o questione da discutere, che ammetta o no di esserne il "possessore". Per essere
d'aiuto secondo gli assunti di base PC, è necessario che lo sia informato al più presto di
quello che questo cliente iniziale e altri membri della sua organizzazione pensano e
si attendono da me e dal mio metodo di consulenza. Devo partire con domande esplorative
di massima per identificare le realtà presenti nella situazione. Mentre ascolto le risposte,
rifletto se esista la possibilità che io riesca ad essere veramente d'aiuto nella situazione
presentata. Nella maggior parte dei casi, l’aiuto potrebbe essere costituito in domande a cui
il cliente non aveva pensato o, suggerimenti che egli potrà sottoporre alla propria
organizzazione insieme con utili interventi e suggerimenti propri. Se il contatto iniziale si
dimostra utile, cliente iniziale e consulente progettano insieme il prossimo passo, che in
generale riguarda clienti intermedi o direttamente il cliente primario.
Un cliente primario è una persona o gruppo con un particolare problema o questione che ha
dato inizio al processo di richiesta d'aiuto. Una volta che il cliente primario sia chiaramente
identificato, il consulente deve impegnarsi con quella persona o quel gruppo in un processo
di ricerca attiva esplorativa. I clienti involontari e finali sono i portatori d'interesse I cui
interessati dovrebbero in definitiva essere protetti anche in assenza di contatti diretti con il
consulente.
(O) L'osservazione dovrebbe consistere nella registrazione accurata di quello che accade
nell'ambiente circostante.
(R) Quello che ci rende più difficile la conoscenza delle nostre reazioni emotive è che
spesso non le notiamo neppure. Neghiamo o diamo per scontate certe sensazioni e
ci comportiamo come se le ignorassimo, traendo conclusioni premature e passando
direttamente all'azione.
(G) passiamo il tempo a elaborare dati, analizzare informazioni, compiere valutazioni e
formare giudizi. Questa capacità è ciò che rende gli esseri umani capaci di pianificare
comportamenti complessi allo scopo di conseguire difficili obiettivi e organizzare
coerentemente, una dopo l’altra azioni prolungate nel tempo.
(I) non appena formulato un determinato giudizio passiamo all'azione.
Spesso si rinuncia a comunicare con il prossimo, si feriscono i sentimenti altrui e si causa il
deterioramento di relazioni interpersonali a causa delle trappole che ora elencherò:
Perché i consulenti riescano veramente a fornire aiuto, devono Intervenire nelle varie
situazioni. Non è possibile non intervenire, essendo lo stesso silenzio un intervento. Per
acquisire la capacità di osservare e riflettere è necessario imporsi di trovare il tempo di
imparare a vedere e riflettere su quello che si è visto. L'attento ascolto e la capacità di
formare nella propria mente un quadro attendibile della realtà sono elementi Importanti di
questo processo di ricerca attiva. Uno dei più importanti strumenti operativi a nostra
disposizione consiste, nella capacità di correggere la nostra ignoranza cercando attivamente
di scoprire quello che ignoriamo.
1- comunicazione aperta: la maggior parte delle comunicazioni avviene al primo livello, tra
due io aperti;
2- comunicazione involontaria: un secondo livello di comunicazione è costituito da indizi o
significati che riusciamo a cogliere dall’io inconscio di un individuo e di cui egli non è
consapevole;
3- confidenze, sfoghi: un terzo livello avviene quando noi riveliamo deliberatamente cose
che ordinariamente manteniamo celate;
4- contagio emozionale: questo è un livello di comunicazione meno comune, ma non meno
importante. Una persona può influire sullo stato d'animo di un'altra senza che nessuna delle
due sia consapevole, a livello cosciente, dell'origine di ció che sente.
Si può considerare il feedback come un'informazione relativa ai nostri progressi in direzione
di alcune mete che ci proponiamo di raggiungere. Di conseguenza, qualsiasi informazione
provenga dal nostro ambiente fisico e interpersonale può essere considerata feedback. Il
feedback attivo e mirato può aumentare la possibilità di esercitazione la propria influenza,
per esempio tra superiori e collaboratori quando si sta giudicando una prestazione o tra
membri di un team che si riuniscono per trovare il modo di migliorare la propria efficienza.
In altre parole: le due parti che si impegnano in un processo di feedback attivo devono
fidarsi l’una dell’altra e ognuna delle due deve pensare che l’altra stia cercando di fornire
aiuto. Questa fiducia implica non solo che le motivazioni di chi da e chi riceve il feedback
siano buone, ma anche che esista la capacità di osservare e di comunicare con chiarezza.
Principio 1. Il fornitore e il destinatario del feedback devono essere d'accordo sugli obiettivi
del destinatario: Il feedback mirato è un'informazione dalla quale il ricevente apprende di
essere in linea con un determinato obiettivo. Il feedback Implica sempre l'esistenza di
qualche obiettivo da parte del destinatario.
Questo principio implica che qualsiasi feedback attivo deve essere preceduto da una
conversazione tra le due parti interessate sull'argomento degli obiettivi del destinatario.