Sei sulla pagina 1di 19

LA CONSULENZA DI PROCESSO- COME COSTRUIRE LE RELAZIONI D'AIUTO E

PROMUOVERE LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO

PARTE PRIMA: DEFINIRE LA CONSULENZA DI PROCESSO

CAPITOLO 1- CHE COS'E' LA CONSULENZA DI PROCESSO?


Argomento di questo libro sono i processi psicologici e sociali che entrano in gioco quando
una persona cerca di aiutarne un'altra. Quando un medico si prende cura di un paziente o di
un gruppo di persone in terapia, un genitore aiuta un figlio, una persona un amico. Quello
che succede tra una persona che fornisce aiuto e la persona che lo riceve è ció che ho
chiamato consulenza di processo, in breve PC. Sottolineo il termine "processo" perché
credo che il come di quello che avviene nella relazione interpersonale sia importante quanto
il che casa è portato a termine. L'acquisire conoscenza dei processi interpersonali e relativi a
gruppi è quindi essenziale per il funzionamento delle relazioni tra persone, gruppi e
organizzazioni. La PC sarà inoltre considerata come un'attività chiave che si svolge all’inizio
o per tutta la durata di ogni sviluppo organizzativo (SO). Si usa definire lo sviluppo
organizzativo come un programma pianificato su scala di un'intera organizzazione, in cul
tuttavia le parti che lo compongono sono in genere da attività che il consulente svolge in
cooperazione con persone singole o gruppi. Di centrale importanza, per ogni programma di
miglioramento organizzativo, è la creazione di una situazione in cui persone e/o gruppi
possano produrre apprendimento e cambiamento.
Il consulente deve acquisire la capacità di distinguere tra:
(1 agire da esperto nella sua posizione di consulente, indicando al cliente le misure da
prendere;
(2 vendere soluzioni scelte dal consulente o l’uso di strumenti che il consulente sa come
usare;
(3 far partecipare il cliente a un processo che, alla fine di una accurata ricerca, consulente e
cliente giudicheranno adatto a fornire l'aiuto richiesto. La persona che chiede aiuto spesso
non sa esattamente quello che cerca, e anzi non ci si dovrebbe in realtà attendere che lo
sappia.
Ogni processo di consulenza deve quindi comprendere gli importanti compiti di aiutare il
cliente a capire la natura del problema o del progetto e, solo dopo, si potrà decidere quale
ulteriore tipo di aiuto sia necessario.
Il miglior modo di operare una distinzione tra i processi di consulenza e aiuto consiste
nell'analizzare i loro assunti impliciti su clienti, natura dell’aiuto, ruolo del consulente e natura
della realtà in cui cliente e consulente operano.
Il motivo principale perché si debba distinguere fra i tre modelli è che chi da aiuto deve
scegliere secondo il momento quale ruolo assumere o quale tipo di aiuto offrire, ma
tutti e tre i modelli implicano che l'aiuto sia la funzione centrale della consulenza.

Principio 1. Cerca sempre di essere d'aiuto, la consulenza consiste nel fornire aiuto.
Quindi, se non ho intenzione di rendermi utile e d'impegnarmi in questo storzo è improbabile
che riesca a creare una relazione d'aiuto.

I tre modelli si basano su assunti molto differenti tra loro, con conseguenze potenzialmente
diversissime.
In qualsiasi situazione di richiesta od offerta di aiuto dobbiamo avere un’idea chiara della
reale situazione corrente e del ruolo in cui vogliamo agire nella cooperazione. Non possiamo
sostenere tutti e tre i ruoli. Questa consapevolezza si basa sulla nostra capacità di
Interpretare e sperimentare la realtà del momento e su quella di intervenire su di essa.

Principio 2. Rimani sempre aderente alla realtà corrente; non posso fornire aiuto se non
conosco la realtà di quello che succede in me e nel sistema del cliente
.
Modello 1 dell’esperto- Acquisizione d'informazioni: Suppone che il cliente acquisisca dal
consulente delle informazioni o un servizio specialistico che non sarebbe in grado di
procurarsi da solo. Il consulente riceve l'incarico o l'autorizzazione a trovare e fornire
importanti informazioni o servizi specialistici per conto del cliente, ma una volta affidato
l'incarico quest'ultimo non ha più la possibilità di intervenire.
L'alternativa PC. La filosofia PC coinvolge invece immediatamente sia il cliente sla
il consulente in un periodo di diagnosi congiunta, riflettente la realtà che né il cliente né il
consulente conoscono abbastanza. Il consulente è disposto a trattare con un cliente o a
entrare in un'organizzazione senza una missione, un proposito, un problema chiaramente
definiti. Lo scopo principale della PC è quello di aiutare il manager a compiere questa
diagnosi e sviluppare un valido piano d'azione basato su di essa. Dal punto di vista della PC,
il consulente non deve sostituirsi al cliente, ma riconoscere che il problema appartiene alla
fine dei conti a quest'ultimo, e solo a lui. Tutto quello che il consulente deve fare è fornire al
cliente tutto l’aiuto che gli serve per risolvere il problema da solo.
L'importanza della diagnosi e della pianificazione operativa congiunta deriva dal fatto che il
consulente riesce raramente a conoscere un'organizzazione abbastanza a fondo da rendersi
veramente conto di quale azione operativa potrebbe risultare migliore.
Un assunto centrale della filosofia PC recita “la soluzione dei problemi sarà più duratura e i
problemi stessi saranno risolti in maniera più efficace se l'organizzazione imparerà a
occuparsene da sola”. E' quindi possibile affermare che il metodo della PC è necessario
all'inizio di qualsiasi processo d'aiuto, essendo in grado di rivelare quale sia esattamente la
situazione e quale tipo di aiuto sia necessario.

Principio 3. Riconosci la tua ignoranza; l'unica maniera in cui mi sia possibile scoprire la
mia realtà intrinseca consiste nell'apprendere a distinguere quello che so da quello che
presumo di sapere, e da quello che non so affatto.

Modello 2 medico-paziente Un altro modello di consulenza molto diffuso e quello del tipo
medico- paziente.
Uno o più manager dell'organizzazione decidono di chiamare un consulente perché li metta
sotto “osservazione" per scoprire se esiste qualche settore dell’organızzazione che non
funziona correttamente e che quindi è bisognoso di attenzione.
Secondo questo modello, il cliente presume che il consulente operi secondo standard
professionali. Il cliente non solo rinuncia alla responsabilità di operare lui stesso una
diagnosi ma presume anche che un operatore esterno all’organizzazione possa
comprendere a pieno la situazione,identificare i problemi e porvi rimedio. Una delle difficoltà
più ovvie di questo modello sta nel presupposto che il consulente sia in grado di reperire da
solo precise informazioni diagnostiche.
Un'altra difficoltà di questo modello, altrettanto grave, è che il cliente potrebbe non essere
disposto a prestar fede alla diagnosi o ad accettare le misure correttive proposte dal
consulente.
Una terza difficoltà consiste nel fatto che nei sistemi umani, e in realtà in tutti i sistemi, il
processo diagnostico è esso stesso un intervento di cui non è possibile conoscere in
anticipo le conseguenze.
Una quarta difficoltà del modello medico-paziente è che, anche se diagnosi e misure
consigliate sono valide, il paziente potrebbe non avere le capacità di mettere in atto i
cambiamenti proposti.

Il grado di utilità del modello medico-paziente dipende dal fatto che il cliente abbia o meno
identificato con esattezza la persona, il gruppo o il settore "malato"; il paziente sia o meno
motivato a rivelare informazioni esatte;
il paziente accetti o meno la diagnosi del dottore accettando la cura prescritta;
il cliente sia o meno in grado di attuare i cambiamenti consigliati.

L'alternativa PC. Il metodo della consulenza di processo è invece focalizzato non soltanto
sulla diagnosi congiunta, ma anche sulla trasmissione al cliente della capacità del
consulente di fare diagnosi e risolvere problemi. Secondo un assunto chiave della PC, il
cliente deve imparare a vedere da solo il problema nel corso della sua partecipazione al
processo diagnostico ed essere attivamente impegnato nella generazione di una correzione.
La ragione di questo coinvolgimento è che il processo diagnostico costituisce esso stesso un
intervento. Il cliente deve saper spiegare ai propri collaboratori perché queste azioni
avvengano e perché sia stato chiamato il consulente, e questo per evitare tutte le difficoltà
appena descritte.
Dobbiamo riconoscere che tutto quello che il consulente fa costituisce un intervento.

Principio 4. Qualsiasi azione costituisce un intervento; devo sentirmi responsabile di tutto


quello che faccio e valutarne le conseguenze, per assicurarmi che corrispondano al mio
proposito di creare una relazione d'aiuto.

Modello 3- Il modello della consulenza di processo I clienti, siano essi manager, amici,
colleghi, spesso ignorano che cosa esattamente non funzioni e hanno bisogno di essere
aiutati a diagnosticare i loro veri problemi. Tuttavia, il problema appartiene soltanto a loro.
Spesso i clienti non sanno quale genere di aiuto possano ricevere dai consulenti, hanno
quindi bisogno di essere aiutati a sapere quale tipo di aiuto devono cercare. La maggior
parte del clienti ha la volontà di migliorare le cose, ma deve essere aiutata a capire che cosa
si debba migliorare e in che modo si debba farlo.
Molte organizzazioni potrebbero essere più efficienti se manager e collaboratori imparassero
a diagnosticare e gestire i loro punti-forza e le lora debolezze. Solo i clienti sanno che cosa
in realtà potrà funzionare nella loro organizzazione. Se i clienti non impareranno a
riconoscere da soli i problemi e a trovare autonomamente delle soluzioni, sarà meno facile
riescano ad applicare le misure consigliate e che imparino a risolvere gli stessi problemi se
dovessero ripresentarsi.
La funzione della PC è quella di trasmettere le competenze necessarie a diagnosticare e
intervenire in maniera costruttiva, permettendo in tal modo al clienti di migliorare la propria
capacità di continuare autonomamente.
Uno degli scopi della Pc è quello di fare in modo che il cliente impari a imparare.

Definire la PC:
la consulenza di processo è la creazione di una relazione con il cliente che permette a
quest’ultimo di percepire, comprendere e agire sugli avvenimenti che si verificano nel suo
ambiente Interno ed esterno allo scopo di correggere la situazione secondo la definizione
del cliente stesso.

Principio 5. Problema e soluzione appartengono al cliente è un compito creare una


relazione in cui il cliente abbia la possibilità di ricevere aiuto. Non è invece mio compito
prendere esclusivamente sulle mie spalle problemi del cliente.

Nessuno di questi modelli sarà utilizzato per tutta la durata del processo. Il consulente potrà
al contrario uniformarsı a uno solo di essi secondo il momento. Il consulente esperto
passerà spesso da un ruolo all'altro. Se, riesce ad operare secondo questi principi, i ruoli
specifici del momento in cui si forniscono informazioni, o si agisce terapeuticamente,
oppure si rimane nel ruolo di consulente di processo, emergono spontaneamente.

CAPITOLO 2 - PSICODINAMICA DELLA RELAZIONE D'AIUTO


E’ inoltre necessario distinguere la relazione d'aiuto da vari altri generi di relazione che si
possono sviluppare tra varie persone.
In ognuno di questi casi l'aiuto può essere uno dei molteplici aspetti della relazione, tuttavia
molte interazioni implicano scambi che non hanno nulla in comune con l'aiuto. Presento ora
delle possibili reazioni e sentimenti del cliente:
- risentimento e atteggiamento difensivo, che il cliente manifesta cogliendo tutte le occasioni
per denigrare il consulente, sminuendo Il valore dei suoi consigli;
- sollievo, per aver finalmente condiviso problemi e frustrazione con qualcuno che potrebbe
essere in grado di dare aiuto;
- dipendenza e subordinazione, che il cliente manifesta ricercando soprattutto
rassicurazione, consigli e appoggio;
- transfert, basato su esperienze passate in materia di consulenti, di percezioni e sentimenti
sul consulente attuale.

I sentimenti di offesa, sollievo, benessere e dipendenza provati dal cliente possono


facilmente indurre il consulente ad accettare la situazione di superiorità e la posizione di
potere offerti dal cliente.
Il consulente entra nella relazione con molti preconcetti psicologici e stereotipi culturali. Già il
fatto che gli venga chiesto aiuto costituisce una situazione di grande potere. Con l’evolversi
della relazione, il consulente intuisce spesso quella che potrebbe essere la soluzione molto
prima del cliente, o, che non riesce a vedere le cose più ovvie o a capire il messaggio. Se
pertanto il consulente dovrà essere veramente utile, è necessario che crei prima di tutto una
relazione capace di far ritrovare al cliente l'autostima, riequilibri la rispettiva posizione di
consulente e cliente e riduca il sentimento di dipendenza o controdipendenza che a volte il
cliente nutre nei primi tempi.
Se questa relazione ben equilibrata non viene costruita, rimane il rischio che il cliente non
riveli, non ascolti, rifiuti, si metta sulla difensiva vanificando così in vari altri modi l'aiuto
offerto. Una forza invisibile ma potente, presente in relazioni d’aiuto,consiste nella posizione
e nel ruolo iniziali ogni parte interessata assegna all'altra, basandosi su norme culturali e
necessità personali.
La relazione incomincia a essere proficua quando le due parti iniziano a riconoscere ognuna
la correttezza del ruolo e della posizione dell'altra.
Quando la persona che chiede aiuto e quella che lo fornisce s'incontrano per la prima volta,
entrano in funzione tutti i vari fattori che abbiamo menzionato, Il metodo per descrivere
questo processo consiste nel considerarlo una serie di test reciproci intesi a controllare fino
a che punto ognuna delle due parti possa accettare l'altra.
Gli interventi più decisivi consistono nel permettere al cliente di raccontare la sua storia e
nell’indagare attivamente per riconoscere ed eliminare le aree d'ignoranza del consulente,
(un processo di aiuto reciproco). Il fornitore dell'aiuto puó creare fiducia accettando
realmente a qualsiasi livello quello che il cliente rivela, e in qualche caso modificando le
proprie idee su quello che accade. La relazione si va gradualmente equilibrando
dato che ambedue le parti danno e ricevono aiuto, per creare un clima in cui sia possibile
dar vita a un'efficiente relazione d'aiuto, il consulente deve prima di tutto ricordare i cinque
principi fondanti. Possiamo ora aggiungere un sesto principio.

Principio 6. Segui la corrente; tutti i sistemi-cliente sviluppano delle culture e tentano di


proteggere la propria stabilità mantenendole in vigore. Dato che inizialmente ignoro quali
siano queste realtà culturali e personali, devo scoprire le aree motivazionali del cliente e la
sua disponibilità a cambiare, e incominciare a costruire su di esse.

Il problema posto dalla creazione di una corretta relazione d'aiuto sta nel fatto che le due
parti devono Imparare a conoscersi a vicenda e nello stesso tempo creare un ambiente in
cliente possa in tutta tranquillità raccontare la sua storia.

CAPITOLO 3- I PROCESSI EQUILIBRATORI DELLA RICERCA ATTIVA E


DELL'ASCOLTO
Non occorre ricordare quanto sia importante per un consulente un attento ascolto iniziale
del problemi del cliente. Si tratta tuttavia di un’attività molto complessa.
Secondo i criteri PC, il consulente dovrebbe invece mostrarsi anzitutto sensibile alla
dinamica psicologica del momento in cui il cliente parla per la prima volta del problema o
pone una domanda, impegnandosi in seguito in un processo di ricerca volto principalmente
a ripristinare l'autostima dell’interlocutore e rialzarne il prestigio. Dare al cliente l’impressione
di essere in grado di capire meglio il problema è l’essenza di questo processo di ripristino
del prestigio. Creare per il cliente una situazione in cui si senta libero di rivelare le sue ansie,
lasciando emergere informazioni e intuizioni. E’ possibile definire il processo creativo come
ricerca attiva. Il processo della ricerca attiva ha diversi scopi:
- incrementare prestigio e fiducia del cliente;
- raccogliere tutte le informazioni possibili sulla situazione corrente;
- indurre il cliente a partecipare al processo di diagnosi e pianıficazione
operativa.

Dal punto di vista strategico, lo scopo è quello di riequilibrare la posizione di consulente e


cliente organizzandoli in una squadra, cosicché (1 le diagnosi risultano comprensibili dato
che cliente e consulente parlano il medesima linguaggio e (2 le misure correttive sono
realistiche perché il cliente ne saggia la validità in termini di cultura propria.

Dal punto di vista tattico, l'utilizzo della ricerca attiva richiede che sia riconosciuta la
necessità di gestirla in maniera tale da permettere una completa rivelazione della storia del
cliente. Nella fase iniziale, quindi, il consulente deve stimolare il cliente a raccontare la storia
il più esaurientemente possibile, ascoltandolo in maniera obiettiva e non critica.
Sono presenti diversi tipi di ricerca attiva; di base, diagnostica e di confronto.

- Ricerca di base: Inizia dal silenzio. Il consulente dovrebbe, per mezzo del linguaggio
del corpo e del contatto visivo, comunicare disponibilità all'ascolto, senza tuttavia la
necessità di dire qualche cosa. All'inizio ci si dovrebbe concentrare unicamente su
quello che succede, in modo da permettere al cliente di strutturare la storia come
preferisce. Quando il cliente inizia il suo racconto, la reazione prevista dalla ricerca
attiva comprende il classico cenno d'assenso in segno di attenzione. Lo scopo non è
quello di stimolare una completa esposizione che aiuti il consulente a eliminare la
propria ignoranza migliorando la comprensione del caso. Durante l'ascolto potrebbe
essere utile visualizzare la scena, i personaggi, lo sfondo e l'azione. Il cliente non è
pronto ad ascoltare consigli o suggerimenti, ha a disposizione diversi modi per
tenerlo agganciato e dedicarsi al proprio problema personale. Potrebbe passare dal
colloquio alla ricerca valutativa.
- Ricerca diagnostica: In questa forma di ricerca il consulente inizia ad agire sul
processo mentale del cliente. Si noti che si tratta di attirare l'attenzione su determinati
punti della storia stessa. Emozioni e reazioni, ipotesi sulle cause, azioni intraprese o
contemplate. Il consulente deve tuttavia rendersi conto che ogni domanda distrae il
cliente dal proprio processo mentale per introdurlo in quello che il consulente stesso,
costituendo pertanto un intervento assai più importante della ricerca di base.
- Ricerca di confronto: E' costituita dal fatto che il consulente introduce nel colloquio le
proprie idee sul processo o sul contenuto della storia. Il consulente ora offre al cliente
suggerimenti e indica scelte che potrebbero essergli sfuggite. L’intervento di
confronto introduce nuove idee, concetti, ipotesi e criteri di scelta con i quali il cliente
dovrà lavorare. Il consulente si occupa ora del contenuto, non solo del processo del
cliente. In questo processo, il grande pericolo è quello che vadano perdute ulteriori
informazioni sulla reale situazione del cliente, assorbito dal confronto con nuovi
concetti. La scelta del tempo è di cruciale importanza per decidere quando passare
dalla ricerca di base al metodo diagnostico o di confronto. La tentazione più
pericolosa è certo quella di esplicitare con idee e suggerimenti, proiettando sul
cliente la propria versione della realtà.
Principio 7. La scelta del momento è fondamentale; devo pertanto mantenere
costantemente un atteggiamento diagnostico e attendere il momento in cui il cliente appaia
disposto a concedermi la sua attenzione.

Principio 8. Sappi approfittare in maniera costruttiva delle occasioni per mezzo di


interventi di confronto; devo trovare e sfruttare ai miei fini le motivazioni e le forze culturali
esistenti e saper cogliere le occasioni di suggerire idee e scelte.

Principio 9. Tutto è fonte di dati, gli errori sono inevitabili, fanne occasione di
apprendimento; devo imparare da esse evitando a ogni costo resistenze, vergogna o sensi
di colpa. Non potró mai conoscere la realtà del cliente così bene da evitare errori, ma
ognuno di essi provoca reazioni da cui posso imparare a migliorare questa conoscenza.

Principio 10. in caso di dubbio, condividi il problema, parlane con qualcuno; mi trovo
spesso nella situazione di non sapere che cosa fare. E’ spesso utile condividere il problema
con il cliente e decidere insieme a lui il da farsi.

CAPITOLO 4 - IL CONCETTO DI CLIENTE


Ogni processo d'aiuto o di cambiamento ha sempre un obiettivo o un cliente. L'incertezza
sull'identità della persona per la quale si lavora non riguarda solo i consulenti. Ci sono
diversi tipi di clienti: iniziali o di contatto, intermedi, primari, Involontari, finali e non
interessati. Con il procedere del processo d'aiuto, il consulente deve pensare anche a una
diversa classificazione dei ruoli del cliente secondo la natura del problema che si sta
affrontando. L'argomento è stato trattato in maniera molto chiara da Rashford e Coghlan in
The Dynamics of Organizational Levels. Possiamo distinguere sette livelli di problemi o
argomenti di discussione:

1. LIvello individuale: si può definire il livello individuale come il luogo del processi
"intrapsichici" che una data persona introduce nella relazione d'aiuto.
2. Livello interpersonale: riguarda problemi o questioni propri delle relazioni tra membri di
un'organizzazione o sistema di clienti. Il lavoro del consulente riguarderebbe la relazione
invece che i soli problemi intrapsichici dell'individuo. Tra gli Interventi adatti a questo livello
possiamo trovare la mediazione, il ricordo ad una terza parte e la consulenza di
relazione.
3. Livello di gruppo faccia a faccia: questo livello riguarda problemi o questioni consistenti
nella maniera in cui un gruppo o un team funzionano in quanto gruppo.
4. Livello intergruppo: questo livello è focalizzató su problemi o controversie riguardanti la
maniera in cui gruppi, team, divisioni e altri generi di unità organizzative interagiscono e
coordinamento il proprio lavoro a favore dell'organizzazione o di più estesi sistemi di clienti.
5. Livello organizzativo: questo livello riguarda problemi o questioni concernenti la missione,
la strategia e l'interesse complessivo di tutto il sistema di clienti, si tratti di un’unità familiare,
una divisione, un'organizzazione o dell'intera comunità.
6. Livello interorganizzativo: questo livello riguarda questioni di coordinamento,
collaborazione e allineamento che sorgono quando organizzazioni o comunità iniziano a
formare consorzi o reti interorganizzative.
7. Livello grandi sistemi: questo livello concerne problemi o questioni riguardanti comunità o
società di maggior dimensione e importanza. Il consulente potrà in questo caso lavorare con
reti sociali, insieme di organizzazioni o gruppi di comunità.

l processo d'aiuto parte sempre da un cliente iniziale che si presenta al consulente con un
problema o questione da discutere, che ammetta o no di esserne il "possessore". Per essere
d'aiuto secondo gli assunti di base PC, è necessario che lo sia informato al più presto di
quello che questo cliente iniziale e altri membri della sua organizzazione pensano e
si attendono da me e dal mio metodo di consulenza. Devo partire con domande esplorative
di massima per identificare le realtà presenti nella situazione. Mentre ascolto le risposte,
rifletto se esista la possibilità che io riesca ad essere veramente d'aiuto nella situazione
presentata. Nella maggior parte dei casi, l’aiuto potrebbe essere costituito in domande a cui
il cliente non aveva pensato o, suggerimenti che egli potrà sottoporre alla propria
organizzazione insieme con utili interventi e suggerimenti propri. Se il contatto iniziale si
dimostra utile, cliente iniziale e consulente progettano insieme il prossimo passo, che in
generale riguarda clienti intermedi o direttamente il cliente primario.
Un cliente primario è una persona o gruppo con un particolare problema o questione che ha
dato inizio al processo di richiesta d'aiuto. Una volta che il cliente primario sia chiaramente
identificato, il consulente deve impegnarsi con quella persona o quel gruppo in un processo
di ricerca attiva esplorativa. I clienti involontari e finali sono i portatori d'interesse I cui
interessati dovrebbero in definitiva essere protetti anche in assenza di contatti diretti con il
consulente.

PARTE SECONDA: RICONOSCERE LE FORZE I PROCESSI LATENTI

CAPITOLO 5- PROCESSI INTRAPSICHICI: IL CICLO ORGI


La cosa più importante da capire in qualsiasi relazione è quello che succede nella mente, in
particolare nella propria. La complessità dei processi intrapsichici sorge dal fatto che il
nostro sistema nervoso è nello stesso tempo un sistema di raccolta ed elaborazione di dati e
di gestione di interventi pratici.
Vale a dire, noi osserviamo (0), reagiamo emotivamente a quello che abbiamo osservato
(R), analizziamo, elaboriamo ed esprimiamo giudizi basati su osservazioni e sentimenti (G),
e agiamo concretamente allo scopo di produrre eventi, interveniamo (I).

(O) L'osservazione dovrebbe consistere nella registrazione accurata di quello che accade
nell'ambiente circostante.
(R) Quello che ci rende più difficile la conoscenza delle nostre reazioni emotive è che
spesso non le notiamo neppure. Neghiamo o diamo per scontate certe sensazioni e
ci comportiamo come se le ignorassimo, traendo conclusioni premature e passando
direttamente all'azione.
(G) passiamo il tempo a elaborare dati, analizzare informazioni, compiere valutazioni e
formare giudizi. Questa capacità è ciò che rende gli esseri umani capaci di pianificare
comportamenti complessi allo scopo di conseguire difficili obiettivi e organizzare
coerentemente, una dopo l’altra azioni prolungate nel tempo.
(I) non appena formulato un determinato giudizio passiamo all'azione.
Spesso si rinuncia a comunicare con il prossimo, si feriscono i sentimenti altrui e si causa il
deterioramento di relazioni interpersonali a causa delle trappole che ora elencherò:

● Trappola 1. Percezioni erronee: pregiudizi, meccanismi di difesa o false attribuzioni ci


impediscono di percepire esattamente quello che è accaduto e perché.
● Trappola 2. Reazioni emotive inadeguate: una risposta inadeguata si puó verificare
per una delle due ragioni seguenti: (1 fraintendimento e (2 reazione esageratamente
emotiva come quando si reagisce a un gesto d’affetto con turbamento o collera.
● Trappola 3. Analisi e giudizio basati su dati o ragionamenti erronei; anche di questa
trappola esistono due versioni (1 una volta accettate come corrette le nostre
osservazioni e reazioni emotive (2 che il nostro ragionamento risulti erroneo o illogico
se non ci rendiamo conta o delle nostre distorsioni cognitive o della nostra
inadeguatezza logica.
● Trappola 4. Intervento a seguito di un giudizio apparentemente corretto, ma in realtà
erroneo: se si acconsente a intervenire senza una nuova verifica dell'intero ciclo e
senza una nuova e completa riflessione potremmo peggiorare la situazione pur
agendo razionalmente.

Perché i consulenti riescano veramente a fornire aiuto, devono Intervenire nelle varie
situazioni. Non è possibile non intervenire, essendo lo stesso silenzio un intervento. Per
acquisire la capacità di osservare e riflettere è necessario imporsi di trovare il tempo di
imparare a vedere e riflettere su quello che si è visto. L'attento ascolto e la capacità di
formare nella propria mente un quadro attendibile della realtà sono elementi Importanti di
questo processo di ricerca attiva. Uno dei più importanti strumenti operativi a nostra
disposizione consiste, nella capacità di correggere la nostra ignoranza cercando attivamente
di scoprire quello che ignoriamo.

CAPITOLO 6 - DINAMICHE "FACCIA A FACCIA": REGOLE CULTURALI


D'INTERAZIONE E COMUNICAZIONE
Noi diamo per scontate comunicazione e interazione umana, consideriamo le persone che
non si curano di comunicare eremiti. Ma perché consideriamo la comunicazione una parte
normale della vita umana?
- farci conoscere e far conoscere i nostri bisogni, in modo da rendere possibile la
soddisfazione di necessità e aspirazioni;
- comprendere la vera natura degli altri, arrivare a conoscerli;
- renderci conto di situazioni non chiare scambiando impressioni e riflessioni;
- Intervenire su di una situazione per renderla adatta ai nostri bisogni, per persuadere,
vendere, convincere, Insegnare;
- ottenere più di quello che potremmo realizzare con le nostre sole forze, stabilendo
con gli altri a questo scopo relazioni di cooperazione e aiuto;
- esprimere completamente e conoscere noi stessi per mezzo dell'auto-espressione e
dell'autoascolto.
L'espletamento di ognuna di queste funzioni richiede qualche forma di linguaggio. Una
delle più importanti conquiste del genere umano è lo sviluppo del linguaggio comune che
rende possibile la comunicazione delle persone che non si curano di comunicare concetti.
Il linguaggio ha reso possibile la creazione di sistemi e simboli di pensiero astratto, e questa
ha messo in grado I vari gruppi di sviluppäre norme e ipotesi sulla natura del mondo. Con il
linguaggio è arrivato quello che chiamiamo cultura. Per comprendere le regole culturali
d'interazione operanti nella nostra società, è necessario riflettere sugli indizi offerti dal nostro
linguaggio circa quello che accade "realmente" nelle relazioni faccia a faccia. L'importanza di
tutto questo per il consulente o il manager deriva dal fatto che l'aiuto deve essere fornito
secondo i criteri ei limiti imposti da queste regole culturali.
Le regole dell'interazione e la nostra idea di quello che è giusto ed equo non hanno lo stesso
valore in tutte le situazioni e relazioni. Una delle complessità della consulenza e della
cooperazione deriva dal fatto che il concetto di “azione finalizzata all'aiuto" non è ben
definito nella nostra società. Potremo allora notare come il processo d'aiuto costituisca una
recita reciproca e complessa di cui all’inizio è protagonista la persona alla ricerca di aiuto,
mentre il potenziale consulente rappresenta il pubblico. Il punto centrale da comprendere a
questo proposito è che noi cerchiamo sempre di concedere agli altn quello che pretendono
per evitare noi stessi e alle persone con le quali interagiamo di perdere la faccia. Evitiamo
inoltre con cura di pretendere troppo rispetto alla situazione, rimanendo entro i nostri limiti di
status e ruolo in modo da non costringere gli altri a reagire in maniera eccessiva.
Che cosa ha a che fare tutto questo con la consulenza e la relazione d'aiuto? Tutto.
La persona in difficoltà mette in gioco la propria immagine ammettendo l’esistenza del
problema, in quanto riconosce di essere meno competente di quanto pensasse.Chi opera in
questo campo sa, per aver osservato il fenomeno più e più volte, che sarà possibile
individuare il vero problema solo dopo aver molto ascoltato dimostrando una vera
disponibilità a fornire aiuto.
Le regole culturali d'interazione spiegano in gran parte gli elementi comuni alle varie forme di
comunicazione, il modo in cui riusciamo a comunicare. Queste differenze sono spiegabili
con il fatto che ognuno di noi ha una storia personale unica, in grado di creare una serie di
filtri per Il nostro modo di comunicare con gli altri e di percepirli. I clienti si dimostrano più
soddisfatti quando sentono di essere stati aiutati senza che la loro immagine o il loro
prestigio abbiano avuto a soffrirne. All'interno di queste norme culturali, i consulenti devono
essere coscienti dell'importanza per la comunicazione dell’esistenza di fitri propri e altrui. I
consulenti di processo devono rendersene conto e cercare di essere d'esempio al cliente nel
ridurre al minimo le distorsioni percettive insite nel processo della comunicazione.
Tutti questi fattori entrano in gioco, in particolare, quando la comunicazione viene utilizzata
come strumento di apprendimento, come dimostreremo nei due capitoli che seguono.

PARTE TERZA: INTERVENIRE AL SERVIZIO DELL'APPRENDIMENTO

CAPITOLO 7- COMUNICAZIONE E FEEDBACK ATTIVO


Non solo noi tendiamo a reagire al contenuto esplicito di quello che un'altra persona ci dice,
ma cerchiamo anche di afferrare il reale significato del messaggio interpretando vari sottili
indizi, linguaggio del corpo, tono di voce, Inflessioni, intensità espressiva, forma utilizzata
per il messaggio, scelta del momento. Lo stesso messaggio può contenere un duplice
significato, esplicito e Implicito e può accadere che questi due significati siano in contrasto
tra loro. Quello che importa riconoscere è che i messaggi che inviamo o non inviamo
riflettono tutta la complessità del nostro lavoro d'immagine.
Non solo lo gestiamo a modo nostro, ma lasciamo trapelare messaggi di cui siamo
inconsapevoli e ne nascondiamo altri che potrebbero interessare le persone che ci
circondano se non scegliessimo di rivelarli.
Ecco 4 tipi di livelli di comunicazione tra due persone:

1- comunicazione aperta: la maggior parte delle comunicazioni avviene al primo livello, tra
due io aperti;
2- comunicazione involontaria: un secondo livello di comunicazione è costituito da indizi o
significati che riusciamo a cogliere dall’io inconscio di un individuo e di cui egli non è
consapevole;
3- confidenze, sfoghi: un terzo livello avviene quando noi riveliamo deliberatamente cose
che ordinariamente manteniamo celate;
4- contagio emozionale: questo è un livello di comunicazione meno comune, ma non meno
importante. Una persona può influire sullo stato d'animo di un'altra senza che nessuna delle
due sia consapevole, a livello cosciente, dell'origine di ció che sente.
Si può considerare il feedback come un'informazione relativa ai nostri progressi in direzione
di alcune mete che ci proponiamo di raggiungere. Di conseguenza, qualsiasi informazione
provenga dal nostro ambiente fisico e interpersonale può essere considerata feedback. Il
feedback attivo e mirato può aumentare la possibilità di esercitazione la propria influenza,
per esempio tra superiori e collaboratori quando si sta giudicando una prestazione o tra
membri di un team che si riuniscono per trovare il modo di migliorare la propria efficienza.
In altre parole: le due parti che si impegnano in un processo di feedback attivo devono
fidarsi l’una dell’altra e ognuna delle due deve pensare che l’altra stia cercando di fornire
aiuto. Questa fiducia implica non solo che le motivazioni di chi da e chi riceve il feedback
siano buone, ma anche che esista la capacità di osservare e di comunicare con chiarezza.

Principio 1. Il fornitore e il destinatario del feedback devono essere d'accordo sugli obiettivi
del destinatario: Il feedback mirato è un'informazione dalla quale il ricevente apprende di
essere in linea con un determinato obiettivo. Il feedback Implica sempre l'esistenza di
qualche obiettivo da parte del destinatario.
Questo principio implica che qualsiasi feedback attivo deve essere preceduto da una
conversazione tra le due parti interessate sull'argomento degli obiettivi del destinatario.

Principio 2. Il fornitore di feedback deve esprimere con chiarezza la descrizione del


comportamento in esame e il relativo giudizio: il feedback può evidenziare (1 fatti positivi i
cul collaboratori si sono comportati berne, (2 informazioni descrittive e non valutative
focalizzate solo sull’operato dei collaboratori o (3 fatti negativi cui i collaboratori non si sono
comportati bene.
Principio 3. Il fornitore di feedback deve essere concreto e specifico: il feedback è un
processo di comunicazione soggetto a tutte le trappole che abbiamo elencato. Problemi
potenziali di questo processo sono pertanto una fondamentale mancanza di chiarezza o la
confusione semantica.
Principio 4. Fornitore e destinatario del feedback devono avere motivazioni costruttive: se il
secondo pensa che il primo sia veramente interessato ad aiutarlo, sarà molto più disposto a
dargli ascolto e prestargli attenzione che se ne dubitasse o non avesse fiducia in quello che
gli viene detto.
Principio 5. Non evitare un feedback negativo quando è necessario: a volte i commenti critici
vengono confutati o addirittura rifiutati, facendo sembrare tutti i tentativi di dare un feedback
negativo una semplice perdita di tempo.
Principio 6. Il fornitore di feedback dovrebbe fare riferimento alle proprie osservazioni e
sensazioni e al propri criteri di giudizio: più il feedback discende direttamente
dall'osservazione personalmente maggiori possibilità ha di essere ascoltato e accettato, in
quanto anche il destinatario potrebbe aver osservato il medesimo comportamento. E’ inoltre
più facile accettare, come base del feedback, una reazione emotiva che un giudizio.
Principio 7. Il feedback dovrebbe essere fornito quando destinatario e fornitore sono pronti:
la presenza di queste condizioni è essenziale per far capire con sufficiente approssimazione
al fornitore di feedback che è giunto il momento di dare inizio alla discussione. Un secondo
criterio è di controllare che sia pronto il fornitore. Un terzo criterio è che le due parti
interessate abbiano raggiunto un accordo sugli obiettivi da perseguire ed elaborato alcune
norme preliminari di fiducia reciproca. Un quarto criterio di scelta é dato dalla necessità che
il feedback avvenga in un periodo di tempo abbastanza vicino a quello degli avvenimenti a
cui si riferisce e questo perché il destinatario sia in grado di ricordarli e riferirli a se stesso.

CAPITOLO 8- INTERVENTI DI FACILITAZIONE DEI PROCESSI: I GRUPPI DI LAVORO


Il consulenti devono riconoscere che il processo, vale a dire "come" quello che si dice e si fa,
è importante quanto il contenuto, o anche di plù. Tendiamo a darlo per scontato Invece di
prendere in considerazione la possibilità di gestirio, e
in elfetti, non possediamo strumenti teorici che possano consentirci di decidere come
utilizzarlo per favorire attività
d'aiuto e apprendimento. Nell'accezjone piti ampla "processo" si riferisce pluttosto a "come"
che "a che cosa" si fa. La
questione più owla su cul focalizzarsı in ogni riunione a conversazione è prima di tutto il
motivo per cui il gruppO si è
riunito. Una delle funzioni prindpali del consulente dovrebbe essere quella di alutare il
gruppo a comprendere il proprio
compito e la propria funziohe. Laspetta più facilmente osservabile del contenuto del compito
è il problema di cui Il
gruppo parla o sul quale lavora, ció che è comunemente definito "agenda formale", A volte i
membri non sl ascoltano, si
fraintendono o sinterrompono a vicenda, altre il gruppo s'impegna in polemiche o discussioni
violente, non riesce a
prendere una decisione. Per il consulente udo dei compiti plù impegnativi consiste nel non
lasciarsi sedurre dal
contenuto, e cos evitare di farsi catturare dal problemi specifici su cui il gruppo sta lavorando
perdendo di vista il come
dellazione. Per guidare unp
numero di funzioni del processo. Qualcuno deve stabilire l'obiettivo o il probiema, avanzare
propaste sul metodo di
lavoro, fissare del limiti di tempo o degli obiettivi intermedi, Perche sia poss bile progredire,
occorre chiedere e fornire
opinioni e chiedere e fornire informazioni su varie questioni che riguardano il compito, Le
funzioni di chiarimento ed
elaborazione sono fondamentali oarrtyd un muageesio
apprese da altri per arrivare a concetti più creativi e complessi, Quella del rHepiiogo e una
funzione Importante, perche
evita che le idee esposte dal membri vadano perdute a causa o delle eccesslve dimensioni
del gruppo o della durata
della discussione, Infine, ilue
decisione o si debba continuare a discutere. Il modello delle fasi della soluzione di problemi
distingue cue cicli
fondamentali d'attività, uno che precede qualsiasi decisione o azione, e un secondo che le
segue. Il primo cicio è formato
da 3 fasi: (1 formulazione del problema, (2 generazione di proposte operative, e (3
previsione di

াল
ারবवयलद
ap alins isesSeq a auojzeunuo) ejjap eujenb ej asejjonuo) essod pddnu un apad
uUauinuQLOUn a
Juojzunį eun a
Igruppo ha bisogno che qualcuno controlli periodicamente se ci 5i sta avvicinando a una
conseguenze per le soluzioni o i controlli proposti e loro valutazione teorica prima che il
gruppo simpegni
concretamente nellazione. La fase più difficile è quella in cui sı identifica e formula il vero
problema e spesso richiede
un'ulteriore raccolta di dati prima che l problema possa essere chlaramente identificato.
Questo ciclo termina quando
gruppo ha preso ufficialmente una decisione sul da farsi. Il secondo cicle prevede: (4
planificazione dell'azione, (5 alcuni
passi operativi e (6 valutazione dei risultati del passi operativ,, che spesso riporta indietro al
primo clclo per una
ridefinizione del problema. La pianificazione è essa stessa un processo risolutivo di
problemi, c quindi dovrebbe essere
trattota come tale.
maggior difficoltà di tutte il ciclo consiste nella transizlone dal ciclo 1 al ciclo 2 quando viene
eseguita da gruppi diversi. Le decisioni pussono essere prese in vari modi: silenzio da parte
del gruppo; -intervento di
un'autorità formale; prevalerza del parere di una minoranza; -prevalenza del parere della
maRgio ranza; -consenso e/a
unanimità. E importante che un gruppa si renda conte di questi differenti metodi di presa di
decisioni e impari a
scegliere il metodo appropriato al genere di compito o decisione di cul si sta cccupando. E'
tuttavia importante
riconoscere che il concetto di struttura non è altro che un'estensione di quello di processo, in
quanto si riferisce a quei processi che sono stabili, ricorrenti, e definiti dai membri del gruppo
come la propria "struttura
CAPITOLO 9 - INTERVENTI DI FACILITAZIONE DEI PROCESSI: LE RELAZIONI
INTERPERSONALI
Esistono diversi gradi di sviluppo dei gruppi con i quali devo lavorare. E essenziale per il
consulente disporre di un
modello semplificato delle dinamiche di partenza e di sviluppo di un gruppo. Perché a si
posse sentire a proprio agio in
una nuova situazione è necessario risolvere prima di tutto i problemi emozionali di base. più
importanti sono quattro
identità e ruolo. Il primo, e principale, niguarda la scelta di un ruolo o di una identită
acceltabil per se stessi e per g ait
e nello stesso tempo adatti a rivendicare il glusto valore per se stessi, controllo, potere,
influerza. E presumibile dhe
ogni membro debba avere una certa necessità di controllare e infiuenzare altre persone;
necessita individuali e obiettiv
del gruppo. La preoccupazione che gli oblettivo del gruppo emergente non tengano conto
anche delle aspirezioni e delle
necessità personall dei membri accettazione e familiarita. Non esiste, riguardo
allaccettazione e alla vicinanza, un
Iivello di assoluta eccellenza buono per tutti i gruppi e tutte
le occasioni. Questo irvello dipende dal membri, dal compito, dal tempo a disposizione del
gruppo, e da una miriade di
altri fattorl Ognuno de problemi ermozionali fondarnentali davanti a cui si trovano i nuova
membri di un gruppo genera
tensione, frustrazione, preocoupazioni egolstiche. Il consulente non avrà tuttavia difficolta ad
accorgersi della sua
esistenza, ad aiutare il gruppo a giudicare se si tratti o no di un comportarnento legittimo e a
distinguere tra reazione
emotiva e genuina espressione delle differenze d'opinione presenti a livello di compito.
Ogruno di nai, in quanto essere
umano, può avere questi tipi di reazione davanti alla necessità di affrontare i problemi
emozionali del gruppo. Quando
un gruppo di questo genere s trova a dover risolvere un difficile problema, non esiste alcuria
garanzia che i membri
possano essere o abbastanza motivati da dedicare tutte le proprie energie alla ricerca di una
soluzione I mezzie
disposizione del consulente per alutare il gruppo a risolvere i problemi emozionali sono
diversi. Prima si tutto, dovra
rendersi conto di qualt elementi fanno o meno parte della situazione ed evitare un
atteggiamento ansioso nel confranti
del problem inıziali di comunicazione tra i membri. Potrà alutare il gruppo a osservare la
presenza di diverse
raratteristiche emazionalt, e a comprendere che ognuna ha un ruolo da svolgere. Il
consulente deve comprendere
pienamente la maniera in cul i gruppi si formano e come, a mano a mano che d
comportamento autocentrato si attenue
el gruppo incominda a prendere forma, esso stesso acquista maggior capacità di fattore sia
le relazioni con Testerno
ala il proprio funzionamento interno, allo scopo di sopravwvivere e assolvere d proprio
compito primario. Infine d
consulente deve essere capace di fornire nel modo giusto aiuto e feedback in materia di
comporterento.
s oap
CAPITOLO 10 - INTERVENTI DI FACILITAZIONE DEI PROCESSI: IL DIALOGO
te
Tutte le relazioni umane si sviluppano intorno a qualche forma di conversazione. De un certo
punto di vista, tutta la vita
consiste in una serie di conversazioni organizzate cesi sVolgono tra persone che
interpretano van ruoli. dielogo puc
essere considerato come una forma di conversazione in grado di offrire al partecipanti la
possibilita, oloccasione, si rendersi conto degli assunti impliciti latenti appresi dalla cultura,
dal linguaggio e da fattori di aggiustamento
psicologico. Il dialogo come forma di conversazione parte dlal presupposto che ogni persona
sia portatrice di assunti
diverst, e che la reciproca comprensione sla, nella maggior parte del casi, un'llusione. Il
dialogo non solo rende possibile
la creazione diun clima adatto a un miglior apprendimento interpersonale, ma é a volte
l'unica vla da segulre per la
soluzione dei conflitti interpersonali derivanti da assunti impliciti e definizioni semantiche
differenti. Il dialogo verte
Inizialmente sull'ascolto di se stessi e sulla presa
conversazione in grado di offrire ai partecipanti la possibilità, o loccasione, si
di contatto con gli assunti fondamentali che "automaticamente" determinano il momento in
cUI scegliamo di parlare e
l'argomento del nostro discorso. La sensibilizzazione è invece plù focalizzata sull'ascolto dei
sentimenti degli altri e sulla
sintonizzazione su di essi a tutti i livelli di comunicazione, mentre il dialogo è focalizzato
soprattutto sul processo del
pensiero e sul modo in cui percezioni e cognizioni sono precostituita dalle esperienze
passate. Un'importante obiettivo
del dialogo consiste nel mettere Il gruppo in grado di raggiungere un livello di
consapevolezza e creativita superiore
attraverso la graduale creazione di una serle di significati condivisi e di un processo di
pensiero "comune". L'ascolto
attivo di altre persone ha un suo ruolo nel processo del dialogo, tuttavia non ne è
inizialmente l'obiettivo o il proposito
centrale, Nel gruppi di dialogo, I partecipanti esaminano tutti I complessi aspetti del pensiero
è del linguaggio. I
processo del dialogo ci fa comprendere come il processo di pensiero sla basato sia
frammentazione del mondo in
categorie che ci permettono di percepire e scegliere. Nella sensibilizzazionne, l'objettiva è
arrivare a sviluppare le nostre
-पववटटे कर सेकी
capacità interpersonali individuali attraverso l'attività di gruppo, mentre il dialogo ha lo scopo
di dar vita a un gruppo
capace di pensare in maniera generativa, creativa, e soprattutto di pensare insieme. Quando
Il dialogo funziona, Il
gruppo è in grado di andare al di la delle capacità creative del singall membri, acquisendo
livelli di pensiero creativo
allinizio inimmaginabill. Nella sensibilizzazione, l'apprendimento riguarda soprattutto il
processo con il quale si formisce
ui ajesusu
e si riceve feedback attivo. Ricevere feedback attivo significa mettere in gioco le
fornirla significa rischlare di offendere il ricevente scatenando l'ostilita latente che e in lui.
Uno del modi per Iniziare
consiste nel chiedere ai partecipanti di ripensare alle occasioni in cui hanno sentito di aver
altro in maniera veramente soddisfacente, e di raccontare le loro esperienze per p
temi comuni. Durata e frequenza delle riunioni dipendono dalle dimensioni del gruppo, Se un
gruppo si riunisce più di
una volta, la seconda riuniane e le seguenti diventano quasi routine, dato che ognuna parte
con una qualche forma di
check-in. Concetti che presentano il dialogo: 1. Sospensione: con il procedere della
conversazione, arriva inevitabilmente
il mamento in cul sentiamo una certa forma di disconferma. In genere reagiamo con
sentimenti di ansia o ira, pur
rendendoci a malapena conto di quanto succede. Dobbiamo imparare ad ascoltare noi stess
prima di poter realmente
capire git altri, e quest'ascolto interiore è particolarmente difficile quando ci si trova nel
mezzo di un'animata discussione
sul compito assegnato. La sospensione implica che la questione venga lasciata in sospeso
per un certo temnpo per
vedere che csa possa uscire ancora da noi e dagli altri. Ció che questo significa in pratica
nella conversazione è che.
quando io sano sconvolto per quello che qualcun altro ha detto, ho la scelta tra (1 dar voce
alla mia reazione e (2 lasciar perdere, lasciando quindi la reazione in sospeso. La
sospensione risulta particolarmente difficıle se avverto che quello
che ho detto non è stato capito oppure è stato travisato.
2. Dialogo vs discussione: la scelta discussipne/dibattito costituisce un valido processo di
soluzione di problemi e presa
di decisioni solo se è possibile presumere che i membri del gruppo si capiscano a vicenda
abbastanza bene da parlare la
stessa lingua. II dialogo è un processo fondamentale per il raggiungimento di una
comprenstone comune, in quanto a
permette di conoscere I significati latenti di parole presenti nela nostra comunicazione. In
questo processo cerchiamo
un apprendimento collettivo in quanto è pù facle prendere del decisioni. 3. Dinamiche di
gruppo: le dinamiche relative
alla costruzione del gruppo" sono parallele al processo di conduzione del dialogo. Occorre
occuparsi di problemi
inerenti identità, ruolo, influenza, obiettivi di gruppo, norme di apertura e famillarità. Se il
gruppo riuscirà a
modo giusto i| dialogo per sul proprid compito o problema, sara in grado di raggiungere
valido Iivello di comunicazione. 4. Contenimento: questa capacità si rivela particolarmente
importante in situazioni di
utilizzare nel
molto plůù in fretta un
lavorare
PJes
ेस सा
'ojuo) un ino uj oddn
cul un confitt0, aggravandosi, arriva a correre il rischio di traboccare dal contenitore,
Razionalizzando le
emazion, Tmembri possono nuscire ad arginarle, 5. Compito va processo: una volta avviato
il dialogo, il processo tende
a vivere di vita propria. Il dialogo é un processo che ha un senso solo all'interno di un
gruppo. Per un dialogo occorre la
collaborazione di due o plil persone, Il compito centrale del consulente consiste nella
continua focalizzazione del gruppo
sulle catégerie cognitive e sugli assunti su cul si basa la conversazione. Il dialogo è pertanto
un prerequisito di ogni
relazione d'aiuto faccia a faccia, Quanto allo stile di comun cazione, l consulente deve
dimostrarsi capace di mettersi in
posizione d'attesa, di controllare i propri assunti e di alutare il cliente a rendersi conto del
propri.
uoizowa
PARTE QUARTA: LA CONSULENZA DI PROCESSO IN AZIONE
CAPITOLO 11 - LA CONSULENZA IN AZIONE: AVVIO, SETTING, METODI E
CONTRATTO PSICOLOGICO
l contatto iniziale avviene quando un esponente dell'organizzazione cliente mi telefona o mi
scrive per un problema da
lui osservato o percepito in qualche settore dellorganizzazione stessa. Spesso viene
richiesto un "Intervento formativo",
consistente in una conversazione con un gruppo di dirigenti su di un argomento chc il cliente
di contatto ritiene
connesso ai problemi da lui osservati nell'organizzazione. Se l'incontro o la telefonata iniziali
vengono considerati util, il
cliente di contatto e lo decidiamo Insleme | prossimo passo, quast inevitabimente
corrispondente a un incontro
esplorativo. Gli scopl dell'incontro esplorativo sono i seguenti: 1. Specificare meglio la natura
del problema. 2. Valutare
se un ulteriore coinvolgimento da parte mia possa riuscire utile al'organizzazione. 3. Valutare
se il problemad possa
interessar ml.
4. Decidere insieme al cliente i prossimi passi da compiere, se la risposta al punti 2,3,4 sarà
stata positiva. L'incontro
esplorativo consiste in genere in una lunga colazione di lavoro o in una riunione di mezza
giornata, Dopo diverse ore
passate a esaminare i problemi della sua azienda, il cliente di contatto ha acquisito nuove
prospettive e nuove idee.
Alcuni principi general riguardo al Setting: la scelta del luoga e del tempo di ulteriorl contatti
con membri del sistema
cliente dovrebbe essere fatta in collaborazione con i clienti iniziali e intermedi. Il consulente
dovrebbe accettare sojtanto
setting in cul consulente e clente possano sentirsi a proprio aglo ed esaminare il problema o
la questione che hanno
portato al contatto iniziale, Il setting prescelto dovrebbe comprendere persone del Iivello più
alto possibile in quanto più
alto è il livello, plù è probabile che norme fondamentall, valori e obiettivi possano essere
rispettati nel corso
dell'operazione. Sarebbe utile scegliere un setting nel quale sia facile osservare il modo in
cui vengono risoltr i problemi,I
processi interpersonall e quelli di gruppo. Occorre scegliere un setting in cul si svolga
effettivamente il lavoro. Il
consulente dovrebbe evitare situazioni in cul un gruppo sla Inizialmente disposto a
Incontrarlo solo per discutere le
proprie relazioni interpersonall o per assistere a una presentazione. Alcuni principi generali
riguardo i Metodi di Lavoro:
Sarebbe utile scegliere un metodo di lavoro il consono possibile al principi e valori su cui si
fonda la consulenza di
processo. E quindi desiderabile che si utilizzino osservazioni, interviste informali, e
discussioni di gruppo. Le domande
dovrebbero essere pertinenti e significative nel contesto di quello che il cliente ha richiesto.
L'intenvista ha lo scopo sla di
farmi conoscere, sla di insegnarmi qualche cosa sul miel Interlocutori, Il contratto psicologico
consiste nella serie
Implicita di attese da parte di consulente e cliente su quello che ognuno del due darà e
riceverà nell'ambito della
relazione. Tutta la psicologia della consulenza di processa è contraria alla formalizzazione
degli accordi di consulenza,
perché nè il cliente nė il consulente sono in grada di prevedere quale realtà dovranno
affrontare glorno dopo glorno. Le
uniche cose da formalizzare sono la quantită di tempo di cui il cliente pensa di aver bisogno,
quella di cui il consulente
dispone e la tariffa da addebitare. I criteri principali dovrebbero essere quelli di fare ció che
appare giusto e che potra
essere più utile secondo le situazioni che emergeranno e che il chente dovrà affrontare.
Ambedue le parti dovrebbera
essere libere di mettere fine all'accordo in qualsiası monento se la relazione non fosse più
soddisfacente o utile.
Dall'altra parte, sia il cliente, Sla il consulente dovrebbero essere disposti a dedicare al
progetto tutto Il tempo
considerato di comune accordo desiderabile.
CAPITOLO 12 - LA CONSULENZA DI PROCESSO E LA RELAZIONE D'AIUTO IN
PROSPETTIVA
il fattore decisivo che permette o mondiale la consulenza in situazioni umanc, c che
comprende personalita, dinamiche
di gruppo e cultura è la
relazione che intercorre tra il consulente e la persona, il gruppo o l'organizzazione che
hanno bisogno dauto. I principi,
linee guida, suggerimenti pratici, o come volete chiamarlı, sono in definitiıva proprio il genere
di criterio fondamentale
● che non cesso di tenere presente nei miel sforzi di creare una relazione d'anuto del
tipo descritto.

Potrebbero piacerti anche