Lo sviluppo della cooperazione sociale raggiunge in Italia il suo apice tra gli anni '80 e '90 in
relazione ad una serie di fenomeni tra cui:
a. crisi dello stato sociale
b. necessità di creare un nuovo welfare (sistema sociale che vuole garantire a tutti i cittadini la
fruizione dei servizi sociali ritenuti indispensabili ), attraverso la terziarizzazione ( trasferimento di
servizi e funzioni a fornitori esterni ) del sistema socio-economico.
c. aumento della domanda dei servizi in seguito al cambiamento dei bisogni sociali e sanitari, legati
a fattori di carattere demografico (es. aumento della media di vita).
Il privato sociale ridefinisce le distanze fra i destinatari dei servizi e l’organizzazione degli
interventi, stimolando una maggiore partecipazione dal basso, sotto forma di lavoro volontario.
La cooperazione sociale ha cosi consentito l'ingresso di nuovi soggetti all'interno del Terzo Settore.
I servizi della persona sono posti al centro di un'innovazione, dove i protagonisti sono le famiglie, i
gruppi e le associazioni indipendenti.
La finalità é quella di produrre un modello solidaristico (ossi una tipologia d'intervento che si basa
sulla coesione sociale e sulla solidarietà tra i membri di una comunità), in grado però di fare
impresa, ossia di collocarsi sul mercato come un'impresa, ma senza basarsi sul profitto.
1. Cooperative di tipo A: che prevedono l’assistenza alle famiglie dal punto di vista sanitario.
Esempio:
a. I voucher, aperto a famiglie che hanno bisogno di interventi a casa oppure l’assistenza
domiciliare sanitaria per quale vi sono fino a 1500 euro pagati dallo stato e poi è previsto l’
intervento delle cooperative sociali.
b. Micronidi, ossia asili nido di dimensioni ridotte che accolgono massimo 10 bambini.
c. I baby club, ossia istituzioni pomeridiane flessibili che accolgono bambini in età prescolare per
un tempo determinato.
Inoltre il privato sociale ha cercato di risolvere il problema delle vecchie e nuove cronicità
psichiatriche. La legge 180, infatti, aveva sancito la chiusura dei Manicomi e trasferito la
competenza per la cura di soggetti affetti da malattia mentale ai Reparti specializzati degli Ospedali
civili, con i Servizi di diagnosi e cura per le fasce acute, e al territorio per le patologie trattabile in
sede ambulatoriale.
Rimanevano fuori dalla copertura sanitaria a) tutti i vecchi pazienti, ormai anziani, dimessi dai
manicomi b) i nuovi pazienti affetti da malattia cronica e non gestibili dai servizi territoriali, ma
neppure ricoverabili in Ospedale. Per essi, il privato sociale ha attivato una serie di nuove strutture,
flessibili e in stretto collegamenti con le Associazioni dei famigliari, in modo da affiancare le
famiglie nella gestione della patologia.. Questo tipo di cooperative, inoltre, offrono anche servizi e
strutture per soggetti anziani e disabili, adulti disabili e adolescenti a rischio devianza.
2. Cooperative di tipo B: svolgono un'attività produttiva in contesti vari (es. Agricoltura, industria,
commercio o servizi), finalizzata all'inserimento nel contesto lavorativo di soggetti svantaggiati. La
maggioranza dei loro soci é quindi già in condizioni di difficoltà (es. disabilità), ma tramite
l'impresa possono acquisire una certa autonomia economica e, quindi, provvedere ai bisogni
personali.
Queste due tipi di cooperative spesso si intersecano, alcune finalità delle cooperative di tipo A (es.
rivolte al campo della disabilità adulta o disagio mentale cronico), possono essere raggiunte grazie
alle attività fornite dalle cooperative di tipo B. Per questa ragione sono stati creati i CONSORZI,
reti di collegamento, anche istituzionale, di cooperative. Attraverso i consorzi vengono realizzati
progetti coordinati tra cooperative.
L'intero privato sociale fa ricorso al volontariato, che costituisce una risorsa fondamentale per i
servizi, ma anche una garanzia delle finalità solidaristiche su cui il sistema é fondato.