La biopolitica
La biopolitica trasforma la vita in oggetto dei “calcoli del potere”,produce una crescente
implicazione della vita naturale dell'uomo nei meccanismi e nei calcoli del potere.
Non solo i modi del vivere comune,le istituzioni,il diritto,ma il vivere stesso,la semplice
zoé,spogliata di ogni diritto,diventa oggetto della politica. Si tratta di un meccanismo di
spossessamento e depoliticizzazione però.
Anche qui possiamo riconoscere la situazione della decisione sovrana,che è potere di vita e
di morte,potere ancora più terribile ed efficace nello stato di eccezione.
Niente o quasi può resistere alla violenza del potere sovrano.
Secondo Foucault,”l'uomo è un animale nella cui politica è in questione la sua vita di essere
vivente”.
La soggezione diretta della vita al potere politico crea una situazione di ambiguità,che nella
struttura della sovranità è lo stato d'eccezione.
Quando la vita entra nell'ottica del diritto c'è sempre un legame con la struttura della
sovranità;una decisione sulla vita è decisione sovrana,ma tale atto di imperio non dà luogo a
una definizione giuridica,ma a una disposizione della vita stessa.
Nel contesto biopolitico è sul piano del diritto stesso,della politica che avviene la decisione
sulla vita e l'effetto è porre la distinzione tra ciò che si deve propriamente considerare
vita,socialmente accolta e integrata nell'istituto giuridico,e vita che ne è esclusa,uccidibile. Il
metodo riguarda l'esclusione di porzioni di vita dall'arena della politica per porle poi sotto
l'arbitrio sovrano e l'inclusione di altre,per questo protette.
La contaminazione tra diritto e vita è all'origine dello stato moderno.
Uno dei concetti fondamentali della democrazia inglese è quello dell' habeas
corpus,rivendicazione ed esposizione del corpo d o come vivente;ma una concezione
analoga è celata anche nella Dichiarazione dell'89 dietro il concetto di nazione:chi nasce
dalla nazione è immediatamente cittadino di questa,la sua stessa vita naturale viene cioè
riconosciuta attraverso il diritto.
Lo studioso tedesco Bingen giustifica l'eutanasia attraverso la possibilità di giudicare in
generale una vita “non degna di essere vissuta”.E' un concetto nuovo che permette una
decisione sulla vita in sé,ponendo un limite di inclusione ed esclusione,cioè definendo quale
vita sia inclusa nella società e quale esclusa,spogliata dei diritti,nuda vita.
Così chi è portatore di una vita “non degna di essere vissuta” viene a coincidere con la
figura dell'homo sacer.
La decisione sulla vita è l'atto di potere che fonda la sovranità,è la sua essenza.
Quando abbiamo commistione di medicina e politica,come avvenne nel nazismo,il sapere
medico si integra col potere politico,con effetti inquietanti, a partire dall'eugenetica.
Il problema non è l'interesse della politica nei riguardi della scienza,ma l'uso(o meglio
abuso) di motivi scientifici come giustificazioni di decisioni politiche sulla vita.
Il Reich progetta di assumersi la “cura del corpo biologico della nazione” ma insieme la
sconfitta del nemico.
Von Justi distingue tra politik e polizei,intendendo la prima relativa al contrasto,alla lotta al
nemico ,interno o esterno che sia,alla seconda attribuendo invece il compito di prendersi
cura della vita dei cittadini.
Nel nazismo i due termini si confondono:la lotta agli ebrei mostra entrambi i caratteri,lo
sterminio si motiva come necessario per la salute pubblica e insieme come lotta al nemico.
Essendo quella nazista,sovranità che si afferma sulla vita o come direbbe Schmitt
“monopolio della decisione ultima”,deve definire al suo interno il binomio vita degna e
indegna,la prima è quella con cui il regime si identifica,da distinguere dalla seconda che è
non vita,quella degli ebrei ,dei minorati ,degli zingari,viventi privi(perché privati) della
qualità di uomini,nuovi homines sacri.
Il nazismo identificando la nazione come il proprio corpo trova nel potere la miglior forma e
l'unica per prendersi cura di questo corpo,della nazione.
Ecco perché l'estremo interesse per l'eugenetica,ecco il dato biologico che diviene
immediatamente politico.
Questo corpo vivo si identifica nella figura del Fuhrer,paragonato alla figura del suicida,che
decide della sua vita,come decide della sua patria,la Germania.
È sullo sfondo biopolitico che si va a collocare il totalitarismo. Questo si configura quando
diritto e vita,distinti nella società politico-giuridica,si ritrovano in una zona di indistinzione
dove la dimensione biopolitica è una in cui “tutta la vita diventa sacra,tutta la politica
eccezione”.
Un effetto della commistione tra medicina e politica nel nazismo,ma non solo, è l'utilizzo di
cavie umane,le cosiddette versuchepersonen,negli esperimenti scientifici:detenuti nei lager
selezionati dal personale medico nazista,ma anche,ed è questo un''inquietante” punto di
contatto,detenuti in attesa dell'esecuzione capitale nella carceri di paesi occidentali che si
definivano democratici.
Negli Usa,ad esempio,vennero condotti esperimenti sui condannati alla pena capitale più
volte e su larga scala.
Ebrei e condannati assimilabili dunque,in quanto homines sacri: le loro vite, vite spogliate
di diritto,nude vite esposte all'arbitrio sovrano,sospese nello stato di eccezione,escluse da
ogni appartenenza .Il medico ,come lo scienziato assumevano il ruolo di sovrani,fautori
delle sorti dei loro pazienti-vittime.