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ANATOMIA DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE

LE CELLULE NERVOSE:
I neuroni sono la componente fondamentale del sistema nervoso. Hanno come caratteristica quella di avere dei prolungamenti, che sono 1 assone
e tanti dendriti.
PROPRIETÁ DEI NEURONI:
Atra caratteristica è quella di collegarsi tra loro. Con questi collegamenti avvengono passaggi di informazioni.
MICROSTRUTTURA DEI NEURONI:
I neuroni sono esseri viventi autonomi. Non hanno la proprietà di riprodursi. Sono specializzati nel trattamento e nella trasmissione degli impulsi
elettrici.
MODALITÁ DI TRASMISSIONE DELLE INFORMAZIONI: NEUROTRASMETTITORI:
Tutti i neuroni sono specializzati nella trasmissione veloce dei messaggi in entrata ed in uscita. La trasmissione deve essere anche selettiva.
Un elemento indispensabile per ottenere questi fattori è l’esistenza di un isolante disposto a guaina con nodi. Questa guaina è costituita da mielina.
I COLLEGAMENTI:
Avvengono attraverso le sinapsi, esse possono essere asso-assoniche, asso-dendritiche, asso-somatiche. In fondo all’assone si trovano i bottoni
sinaptici.
IL BOTTONE SINAPTICO:
La trasmissione da un neurone all’altro nella sinapsi è sempre chimica. Qui si ha la liberazione di un neuromediatore, che è diverso da caso a caso.
LA NEUROMEDIAZIONE:
Si ha liberazione di neuromediatore nello spazio intersinaptico. Il neuromediatore viene subito ricaptato e scompare dallo spazio intersinaptico.
DENDRITI E ASSONI:
Sinapsi asso-dendritiche. Sinapsi asso-somatiche.
LA RETE NEURONALE:
Maturazione della rete e formazione di nuovi dendriti. Aumento dei collegamenti tra i neuroni.
NEURONI NEL CERVELLETTO:
Inizio della maturazione delle cellule di Purkinjie (il loro scopritore): nella corteccia celebrale, inibitori, sono neuroni che regolano i movimenti
complessi e coordinati, impedendo un movimento troppo brusco.
IL CERVELLO:
Il cervello di un uomo adulto sano, ha due emisferi, uno destro e uno sinistro. Ed è suddiviso in lobi: frontale, parietale, temporale, occipitale.
Questa separazione è sia funzionale che anatomica, funzionale, perché ogni lobo ha una determinata funzione.
L’ENCEFALO:
Visione della scissura interemisferica. Fanno parte dell’encefalo: cervello, cervelletto, tronco. I messaggi vengono scambiati verso il basso anche
attraverso il midollo spinale.
LA VIA PIRAMIDALE:
È la più sviluppata via per il movimento. Le piramidi si incrociano nel tronco. Le fibre che partono dalle cellule corticali arrivano nelle corna
anteriori midollari (una parte del midollo spinale) al secondo motoneurone.
SISTEMA CEREBELLARE ED EXTRAPIRAMIDALE:
Esistono altri sistemi che sono coinvolti nel controllo motorio dell’individuo. Alcune vie utilizzano il cervelletto. Altre vie utilizzano nuclei
mesencefalici e diencefalici.
IL TRONCO:
Tronco encefalico: parte del sistema nervoso centrale.
Il tronco dell’encefalo è costituito da varie parti. Midollo allungato, ponte di Varolio, mesencefalo, talamo, ipotalamo. In queste strutture risiedono
nuclei dei nervi cranici e passano vie sensitive e motorie destinate ad altre strutture.
Importante anche per la sede e funzione del SRA di Moruzzi (sistema reticolare ascendente-attivante), implicato nella fisiologia della veglia-sonno.
TRONCO-CERVELLETTO:
Rappresentano l’archi-paleo-celebellum, struttura più antica onto e filogeneticamente del SNC, in contrapposizione con la corteccia cerebrale
(neocerebellum).
IL MIDOLLO SPINALE:
È composto di una parte grigia in cui si trovano i secondi motoneroni (corna anteriori) e cellule sensitive della via spino-cerebellare. La parte bianca
è costituita da fibre motorie e sensitive.

SVILUPPO PSICOMOTORIO
divisione dei lobi
BASI NEUROANATOMICHE E NEUROFISIOLOGICHE:
Nel periodo perinatale e nell’età evolutiva vi è una rapida ed importante modificazione delle strutture e delle funzioni cerebrali che spiega la
variabilità dei comportamenti del bambino e dei segni neurologici, qualora fossimo di fronte alla patologia.
Il SNC immaturo secondo J. Scherrer ha 4 caratteristiche:
1. Scarsità numerica di neuroni attivi, rispetto all’adulto.
2. Lentezza di conduzione degli stimoli, per non completa mielinizzazione neuronale.
3. Debolezza nella trasmissione sinaptica.
4. Particolare sensibilità dei neuroni all’ambiente, chiamata “plasticità neuronale”.
PLASTICITÁ NEURONALE:
Capacità di riorganizzarsi e ristrutturarsi continuamente in funzione delle mutevoli condizioni ambientali.
Meccanismi che entrano in gioco a seguito di danni cerebrali e stanno alla base dei processi recupero funzionale, ossia "riorganizzazione" della
funzione nella sede originaria; "spostamento" di una data funzione in una nuova area cerebrale.
Alla base dei processi di apprendimento.
Maggiormente espressa in età evolutiva.

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BASI NEUROANATOICHE E NEUROFISIOLOGICHE: PUNING: POTATURA:
Dalla nascita all’età adulta il numero di sinapsi va diminuendo; al momento della stabilizzazione ogni sinapsi compete con le sue simili per la
realizzazione di una data funzione. Per analogia con la selezione naturale, solo le sinapsi più attive, quelle più stimolate, quelle più efficienti
verrebbero stabilizzate, mentre le altre degenerano. In assenza cioè di stimolazioni adeguate, il sistema sinaptico non si organizza; benché struttura
anatomica e funzione siano correttamente costruite, il funzionamento non si avvia.

Pertanto se le strutture anatomiche dipendono in gran parte dalla dotazione congenita, le condotte e il funzionamento dipendono strettamente
dall’ambiente in cui il bambino evolve.
Ogni comportamento è quindi il risultato di una complessa interazione tra codice genetico e stimolazioni ambientali.

Definire le basi neuroanatomiche del comportamento e delle singole funzioni è particolarmente difficile, per la molteplicità dei sistemi di
interazione e regolazione.
In sintesi sono note alcune correlazioni:
LOBO OCCIPITALE: Funzioni visive
LOBO TEMPORALE: Funzioni uditive, (Wernicke) comprensione del linguaggio (sn), abilità visuospaziali (dx)
Sistema limbico: emozioni, socializzazione. Ippocampo: riconoscimento di volti, memoria
LOBO PARIETALE: Integrazione visuo-motoria. Integrazione tra diverse parti.
LOBO FRONTALE: Funzioni esecutive, problem solving, attenzione, controllo emotivo, (Broca) elaborazione (comprensione e produzione) del
linguaggio. Il lobo frontale è quello che ci distingue dagli animali.

Oltre a circuiti effettori, che determinano la comparsa di una funzione, vi sono circuiti modulatori, che la regolano attraverso l’attivazione o
l’inibizione di determinate vie, in base agli stimoli raccolti dall’esterno (es. cammino).
La modalità d’attivazione ed inibizione di questi sistemi regolatori mettono in rilievo la continua interazione tra l’ambiente e il SNC.
SVILUPPO PSICOMOTORIO:
Sviluppo psicomotorio: processo maturativo che nei primi anni di vita consente al bambino di acquisire competenze e abilità posturali, motorie,
cognitive, relazionali. Si tratta di un progredire continuo, dipendente dalla maturazione del Sistema Nervoso Centrale (SNC), con tempi e modalità
variabili per ogni bambino, ma in cui è possibile individuare delle “tappe” che vengono raggiunte secondo una sequenza universalmente analoga.
É importante sapere l’andamento fisiologico per riconoscerne eventuale distorsione.
Sviluppo psicomotorio: componente motoria, componente affettivo-relazionale, componente del linguaggio.
STADI EVOLUTIVI:
 0-6 MESI
 6-18 MESI
 18-36 MESI
 3-5 ANNI
 6-11 ANNI
 ADOLESCENZA

0-6 MESI:
0-3 MESI: SVILUPPO MOTORIO:
In posizione supina: Mantiene gli arti semiflessi e flessi con tendenza ad addurli; le mani tenute preferibilmente chiuse, vengono aperte
spontaneamente e portate agli occhi o alla bocca.
In posizione prona: Solleva energicamente il capo e lo tiene in posizione mediana, tentando di afferrare i giochi che gli vengono posti di lato.
In posizione seduta: Controlla per un certo tempo il capo, lo volge verso la persona che gli parla e dimostra di riconoscere la voce materna.
Sorriso.
4-6 MESI:
In posizione prona: E’ capace di appoggiarsi su un avambraccio e di passare alla posizione supina rotolando. Se aiutato è in grado di stare seduto
controllando il tronco più o meno a lungo. Se perde l’equilibrio estende l’arto superiore per appoggiarsi al piano: RIFLESSI PARACADUTE.
Prende gli oggetti con il lato ulnare della mano (a rastrello) e li porta alla bocca oppure li manipola e li passa da una mano all’altra. Se l’oggetto è
abbastanza vicino, lo esplora con la vista eseguendo una convergenza con i globi oculari.
0-6 MESI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
0 - 3 mesi: i bambini si impegnano in interazioni vocali e gestuali basate sull’alternanza di turno. I suoni sono vocalici. Sorride, piange: linguaggio.
4 - 6 mesi: i bambini rispondono alle espressioni negative e positive con espressioni facciali corrispondenti (intersoggettività empatica). Compare la
lallazione (la- ta- ba).
0-6 MESI: SVILUPPO AFFETTIVO-RELAZIONALE:
0 – 3 mesi: Sorride al volto umano e risponde al sorriso modificando la mimica. Gioca con le proprie mani portandole davanti agli occhi, segue i
volti e gli oggetti in movimento. Si consola alla voce della madre. Si interessa a tutta l’attività gestuale di chi gli sta vicino. Presta attenzione alle voci
e ai rumori, cercando di individuare la sorgente.
4 – 6 mesi: Fa dei gorgheggi ed emette saltuariamente delle urla. La lallazione è generalmente abbondante. A scopo consolatorio succhia il dito o il
biberon. Se si vede allo specchio, sorride.
0-6 MESI: SVILUPPO COGNITIVO E MODALITÁ DI ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE:
Il bambino nei primi mesi di vita impara a conoscere la realtà esterna attraverso i sensi; “comprende” il mondo in base a ciò che può fare con gli
oggetti e le informazioni sensoriali (stadio senso-motorio per Piaget 0-2 anni).
Il suo organo preferito di conoscenza è la bocca (porta l’oggetto alla bocca), ma gradualmente aumentano le capacità visive e uditive.

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6-18 MESI:
6-9 MESI: SVILUPPO MOTORIO:
In posizione prona: Da prono riesce a mettersi seduto controllando bene l’equilibrio del tronco. Alla fine del 9°mese se ha un sostegno raggiunge la
stazione eretta. Lo spostamento può avvenire strisciando o gattonando.
Comincia a prediligere alcuni oggetti che utilizza per consolarsi, batte sul piano, li porta alla bocca o li getta a terra.
L’afferramento avviene con le dita (a pinza). Se un oggetto viene nascosto, è capace di cercarlo, trovarlo e prenderlo (iniziale permanenza
dell’oggetto).
9-12 MESI: SVILUPPO MOTORIO:
Riesce a passare rapidamente da supino a prono, seduto, alla stazione eretta. É in grado di deambulare con base allargata aggrappandosi a dei
sostegni. Per rendere più stabile l’equilibrio abduce gli arti superiori allargando le dita.
12-18 MESI: SVILUPPO MOTORIO:
Compare la deambulazione (CAMMINARE) autonoma, che progressivamente diviene più sicura, con restringimento della base di appoggio.
Gli arti superiori vengono mantenuti prima sollevati, poi addotti lungo il corpo (marcia a guardia alta, media e bassa).
6-18 MESI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
6-9 mesi: Presta attenzione alle voci e ai rumori, cercando di individuare la sorgente. Prima di intraprendere un’attività osserva la madre. Fa dei
gorgheggi ed emette saltuariamente delle urla. La lallazione è abbondante. Se desidera un oggetto, lo indica col dito (pointing).
9-12 mesi: Chiamato per nome risponde. Reagisce alle proibizioni. Emette i primi bisillabi ed è ricco nell’espressione facciale. Alternanza di sguardo
(indicando col dito l’oggetto desiderato, controlla con lo sguardo la madre per verificare se questo è stato effettivamente ricevuto). Riparazione di
messaggi falliti (se la madre non risponde al messaggio, aumenta l’intensità del comportamento comunicativo o usa un nuovo gesto, per rendere il
messaggio più chiaro).
12 –13 mesi: Dice mamma, papà e qualche altra parola.
14-18 mesi: Prima parola-frase, poi il linguaggio si arricchisce e vengono pronunciate diverse parole con comprensione di frasi semplici.
6-18 MESI: SVILUPPO AFFETTIVO-RELAZIONALE:
6-9 mesi: A scopo consolatorio succhia il dito o il biberon. Se si vede allo specchio, sorride.
9-12 mesi: Distingue i volti familiari da quelli degli estranei e sorride solo a coloro che conosce. In assenza della madre, all’avvicinarsi di un estraneo
piange (angoscia per l’estraneo). Esprime il piacere di essere preso in braccio allungando le braccia verso gli adulti (reazione anticipatrice). Mangia i
cibi solidi da solo (es. biscotto).
12-18 mesi: C’è un aumento di interesse per tutto ciò che lo circonda e con gli oggetti che afferra ripete e riprova gli schemi di movimento.
Reagisce con emozione alla comparsa dei genitori. Comincia a giocare con i fratelli e con gli adulti. Si addormenta senza troppe difficoltà.
6-18 MESI: SVILUPPO COGNITIVO E MODALITÁ DI ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE:
Siamo ancora nello stadio senso-motorio (fino ai 2 anni). Le competenze motorie aumentano progressivamente e il bambino esplora l’ambiente.
Si precisa l’importante concetto di permanenza dell’oggetto (un oggetto non smette di esistere nel momento in cui non lo può vedere). Compare il
gioco del cucù e diventa quindi divertente.
Compare il senso di relazione causa-effetto.

18-36 MESI:
18-36 MESI: SVILUPPO MOTORIO:
18-24 mesi: Il cammino ha già raggiunto un grado di automatismo simile a quello dell’adulto. Inizia a correre e diventa progressivamente più sicuro.
Fa le scale in salita.
24-36 mesi: Fa le scale da solo. Salta. Va sul triciclo. Cammina sulla punta dei piedi. Tira calci al pallone. Afferra oggetti di piccole dimensioni e con
la matita fa prima scarabocchi, poi linee.
18-36 MESI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
18-24 mesi: Espansione del vocabolario. Prime combinazioni di parole. Il 50% delle consonanti è prodotto correttamente. Nella comunicazione
predomina il linguaggio sui gesti.
24-36 mesi: Il 70% delle consonanti è prodotto correttamente. Compaiono diversi meccanismi morfo-sintattici: accordo soggetto-verbo, le forme
singolari prima e poi plurali dei verbi (l’ultima a comparire è la seconda persona plurale). Inizia a usare i primi pronomi (io/tu; me/te; lo/la) e più
tardi gli altri.
18-36 MESI: SVILUPPO AFFETTIVO RELAZIONALE:
18-24 mesi: Richiede costantemente l’attenzione della madre. Va in braccio a lei per affetto, paura o stanchezza. Si ribella se contrariato. Fa scene
di collera, se viene deluso, ma è facilmente consolabile. Divide poco i suoi giochi con gli altri bambini. Gioca vicino ai bambini, ma raramente con
loro. È geloso dell’attenzione mostrata agli altri bambini, particolarmente dai suoi familiari. Non comprende la necessità di rimandare un desiderio.
Compare il gioco simbolico.
24-36 mesi: Compaiono alcune autonomie personali (mangiare da solo, aiutare a lavarsi). Aiuta a riordinare. Diventa più affettuoso e arrendevole.
Inizia a giocare con gli altri bambini. Inizia ad accettare di differire un desiderio.
18-36 MESI: SVILUPPO COGNITIVO E MODALITÁ DI SPLORAZIONE DELL’AMBIENTE:
Nella prima fase dello stadio pre-operatorio (2-7 anni) aumentano rapidamente le capacità linguistiche. Il bambino andando avanti si rappresenta
mentalmente gli oggetti e può usare i simboli (le parole e le immagini mentali).
Il linguaggio compare per imitazione e per potenzialità comunicative innate. La conoscenza della realtà esterna passa progressivamente sempre di
più attraverso il linguaggio.
L’egocentrismo del bambino è indice del fatto che non è ancora capace di assumere il punto di vista dell’altro e quindi ogni cosa viene vissuta in
una prospettiva strettamente personale.
FASI DI SVILUPPO DELL’ATTACCAMENTO:
0-3 mesi- pre-attaccamento: orientamento preferenziale verso stimoli appartenenti al mondo sociale e già familiari

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3-8 mesi- attaccamento in formazione: Il bambino sviluppa la propria capacità di distinguere tra il familiare e il nuovo. Non ancora reazioni
all’allontamento della madre, ma esclusività di alcune risposte emozionali nei confronti di essa.
9 mesi 2/3 anni- attaccamento vero e proprio. Legame privilegiato con una o più figure di riferimento che assumono la funzione di base sicura.

3-5 ANNI:
3-5 ANNI: SVILUPPO MOTORIO:
Sul versante motorio diventa progressivamente più abile e coordinato. Verso i 5 anni è in grado di camminare a tandem e di stare su un piede solo.
Sul versante della motricità fine infila, taglia, usa costruzioni. Grafismo (compare il disegno prima della figura umana, poi del resto che denomina).
Copia figure geometriche e lettere in stampato maiuscolo.
3-5 ANNI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
Circa il 100% del discorso è comprensibile, anche se fino ai 4-5 anni possono ancora essere presenti errori nella produzione dei suoni verbali
(fonemi “r”,“v”, gruppi consonantici).
3-5 ANNI: SVILUPPO AFFETTIVO-RELAZIONALE:
Progressivamente acquisisce le autonomie personali (igiene personale, vestirsi). Il comportamento diventa progressivamente più ragionevole,
controllato e indipendente. Gioca con gli altri bambini e i giochi diventano complessi e programmati.
Comprende il significato e la necessità delle regole ed inizia a rispettarle, anche se non sempre autonomamente.
3-5 ANNI: SVILUPPO COGNITIVO E MODALITÁ DI ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE:
In questa fase il linguaggio si è arricchito sia nella comprensione, che nella produzione.
I tempi di attenzione si prolungano progressivamente.
Cognitivamente sono in grado di comprendere situazioni concrete e il pensiero magico è creduto come reale.

6-11 ANNI: fase di pre-adolescenza


6-11 ANNI: SVILUPPO MOTORIO:
Tra i 6 e i 7 anni lo sviluppo delle competenze motorie si completa, in quanto le regioni cerebrali che regolano il movimento hanno completato il
loro processo maturativo. Successivamente migliora la coordinazione (regolata dal cervelletto).
6-11 ANNI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
Si completa lo sviluppo grammaticale.
Il linguaggio con la scolarizzazione si arricchisce sia sul versante lessicale, che morfo-sintattico.
6-11 NNI: SVILUPPO AFFETTIVO-RELAZIONALE:
Tra i 6 e gli 11 anni il bambino attraversa la fase di latenza, durante la quale tutte le energie sono concentrate negli apprendimenti.
Rispetto alle figure genitoriali non è in conflitto, come lo sarà nell’adolescenza.
Aumentano progressivamente le autonomie personali e sociali (rapporto con i coetanei, gioco di gruppo o di squadra, collaborazione).
6-11 ANNI: SVILUPPO COGNITIVO E MODALITÁ DI ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE:
Nello stadio operativo concreto (7-11 anni) di Piaget il modo di pensare del bambino diventa più logico e ordinato, oltre che più flessibile e la
distinzione tra realtà e fantasia più netta (aumenta l’esame di realtà). Si attenua l’egocentrismo e il bambino diventa capace di capire il punto di
vista dell’altro.
Le aumentate capacità di ragionamento spesso lo fanno porre in un atteggiamento di sfida verso l’adulto.

ADOLESCENZA:
ADOLESCENZA: SVILUPPO AFFETTIVO-RELAZIONALE:
É in costante ricerca della propria identità e per fare questo si deve separare, distinguere dall’adulto (figure genitoriali) nel processo di
separazione-individuazione.
Necessità di sapere che non è il solo a sperimentare quella sconvolgente serie di sensazioni e cambiamenti (distacco dalla famiglia, corpo in
trasformazione, rapporti con l’altro sesso, le insidie del mondo che comincia ad affrontare in prima persona), quindi necessita del gruppo.
ADOLESCENZA: SVILUPPO COGNITIVO E MODALITÁ DI ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE:
L’ultimo stadio di Piaget è quello operativo formale (dai 12 anni all’adolescenza), caratterizzato da un modo di pensare astratto e teorico, che non
dipende più dall’evidenza concreta, ma permette la formulazione di ipotesi che conducono a conclusioni logiche. Pensiero ipotetico-deduttivo.
Le competenze cognitive sono assimilabili a quelle dell’adulto.

STADI DI PIAGET:
 STADIO SENSO-MOTORIO (0-2 ANNI);
 STADIO PRE-OPERATORIO (2-6 ANNI);
 STADIO OPERATORIO CONCRETO (6-12 ANNI);
 STADIO OPERATORIO FORMALE (DAI 12 ANNI IN POI).

ATTACCAMENTO
Nella maggior parte dei casi è la mamma, ma anche il papà.
ATTACCAMENTO:
Relazione stabilita precocemente con la figura di accudimento. È genetica.
Legame programmato geneticamente a svilupparsi in modo complesso
Studi di Bowlby, Ainsworth in merito
Il legame di attaccamento del bambino nei confronti della figura di accudimento dipende dalla sensibilità e responsività della stessa alle richieste
del bambino. A sua volta sensibilità e responsività della figura di accudimento dipendono dai modelli di attaccamento ricevuti dal genitore durante
la propria infanzia (del padre e della madre).
SENSIBILITÁ E RESPONSIVITÁ DELLA FIGURA GENITORIALE:

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Sensibilità:
PERCEZIONE dei segnali espliciti ed impliciti del bambino
INTERPRETAZIONE dei segnali percepiti
CONDIVISIONE EMPATICA
RIPARAZIONE dei momenti di rottura

Responsività:
RISPOSTA COMPORTAMENTALE pronta ed appropriata e prevedibile, costante. Più è così, più l’attaccamento sarà sicuro.
Se il genitore ha una buona capacità riflessiva e uno stato mentale sicuro riguardo la propria storia di attaccamento mostrerà una buona
responsività nei confronti dei richiami del figlio e lui un attaccamento sicuro.
CIRCOLO DELLA SICUREZZA:
Utilizzo della figura di attaccamento come base sicura da cui partire per esplorare ambienti nuovi e come porto sicuro cui fare ritorno in situazioni
percepite come minacciose.
MODELLI DI ATTACCAMENTO:
 Attaccamento sicuro (B): conoscenza e regolazione accurata degli stati emozionali del bambino.
 Attaccamento insicuro evitante (A): mancanza di sensibilità e responsività da parte della figura di riferimento con conseguente modalità
di regolazione emotiva in difetto da parte del bambino con attenuazione ed evitamento dell’espressione esterna degli stati emozionali.
 Attaccamento insicuro resistente (C): incostanza ed imprevedibilità della risposta affettiva materna con regolazione emotiva del bambino
in eccesso al fine di controllare e stabilizzare la relazione.
 Attaccamento disorganizzato (pattern A e C ad alto indice): alti livelli di pericolo e di minaccia del sé derivanti dalla figura di attaccamento
stessa con invalidazione degli stati emotivi del bambino e deficit nella regolazione degli affetti, imprevedibilità nell’espressione emotiva
del piccolo.
STRANGE SITUATION (AINSWORTH) E ATTACCAMENTO:
 Pattern B: utilizzo della figura di attaccamento come base sicura, segnali di disagio alla separazione, facilmente consolabile alla riunione.
 Pattern A: scarsa reazione del bambino alla separazione e successiva scarsa ricerca della figura di attaccamento nel momento della
riunione.
 Pattern C: eccessiva angoscia alla separazione, alla riunione rabbia e ricerca di contatto, bambino difficilmente consolabile.
 Pattern D: genitore “spaventato spaventante”, comportamento del bambino disorientato.
INTERPRETAZIONE DELLA PSICOPATOLOGIA SECONDO LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO:
Nei modelli di attaccamento insicuro di tipo C il sintomo serve per controllare l’incostanza e l’imprevedibilità delle risposte della figura di
attaccamento alle richieste emotive del bambino, utilizzo funzionale del sintomo (disturbi d’ansia, del sonno) con conseguente appesantimento
dello stato di relazione.
Nei modelli di attaccamento insicuro di tipo A le segnalazioni affettive del figlio tendono ad essere distanziate dalla figura di attaccamento ed è più
facile osservare sintomatologia somatica (cefalea, disturbi alimentari), isolamento o un sintomo evidente, ad esempio iperattività, può avere
funzione di distrattore dagli stati emotivi del bambino.
Nell’interpretazione della psicopatologia del bambino si deve sempre considerare la funzione del sintomo.

DISABILITÁ INTELLETTIVA E SINDROMI CORRELATE


La disabilità intellettiva è una compromissione del quoziente intellettivo associata a una alterazione della funzionalità adattiva del bambino. Nei
primi anni di vita si parla di ritardo psicomotorio. Si parla di disabilità intellettiva dai 5-6 anni in poi. La maggior parte delle cause di disabilità
intellettiva sono genetiche.
DISABILITÁ INTELLETTIVA (DISTURBO DELLO SVILUPPO INTELLETTIVO):
“Condizione di malattia” caratterizzata da uno stato intellettivo deficitario associato a diversi gradi di limitazione nel comportamento adattivo e
sociale. Può essere diagnosticato come unica condizione di patologia o essere presente in quadri sindromici.
DISABILITÁ INTELLETTIVA (ritardo mentale) DSM-5:
Deficit delle funzioni intellettive, come ragionamento, problem solving, pianificazione, pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento
scolastico e dall’esperienza, confermati sia da una valutazione clinica che da test d’intelligenza standardizzati.
Deficit del funzionamento adattivo che porta al mancato raggiungimento degli standard di sviluppo socioculturali di autonomia e responsabilità
sociale con limitazione nelle normali attività.
Esordio dei deficit intellettivi e adattivi durante il periodo dello sviluppo.
DISABILITÁ INTELLETTIVA:
Prevalenza: 1-3% con rapporto M:F 1.3:1 1.9:1 (Kabra e Gulati, 2003).
Cause: genetiche (malattie metaboliche, sindrome di Down, sindrome X-fragile); fattori prenatali (infezioni o sostanze tossiche in gravidanza);
fattori perinatali (sofferenza durante il parto); fattori postnatali (infezioni, traumi); fattori ambientali (mancanza di accudimento e stimolazioni);
altri disturbi mentali associati (disturbo autistico, encefalopatia epilettica,ecc...). maggior parte dei casi: malattie genetiche.

Il funzionamento intellettivo generale è definito dal quoziente di intelligenza (QI=età mentale/età cronologica x 100), ottenuto tramite la
valutazione con test di intelligenza standardizzati (Stanford-Binet, Scale Wechsler: WPPSI III, WISC IV, WAIS IV).
INTELLIGENZA FLUIDA E CRISTALIZZATA:
L’intelligenza fluida rappresenta la capacità biologica di base dell’apprendimento (inclusa la capacità di acquisire nuove abilità) e l’intelligenza
cristallizzata si riferisce invece ai prodotti dell’istruzione o della conoscenza acquisita (Kausler, 1991; Gardner & Clark, 1992)
LIVELLI DI GRAVITÁ DELLA DISABILITÁ INTELLETTIVA:
*Livello intellettivo nella norma da 85 in sù
*Borderline cognitivo dai 70 agli 85
Disabilità intellettiva
*Lieve (QI da 50-55 a 70)
*Moderata (QI da 35-40 a 50-55)
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*Grave (QI da 20-25 a 35-40)
*Gravissima (QI sotto a 20-25). Minoranza dei casi.
DISABILITÁ INTELLETTIVA: DIAGNOSI:
Deve essere tempestiva entro i 3 anni.
Percorso multidisciplinare.
Deve definire la condizione clinica e il percorso di intervento abilitativo.
Possibile ausilio di indagini genetiche, metaboliche e neuro-radiologiche.

DISABILITÁ INTELLETTIVA LIEVE (QI. DA 50-55 A 70):


Sono educabili.
85% dei bambini con ritardo mentale.
Ambito concettuale: Sviluppano il linguaggio entro 5 anni. Da adulti capacità scolastiche delle medie (leggere, scrivere, calcoli).
Ambito sociale: Acquisizione di capacità sociali ma immaturità, difficoltà nel controllo delle emozioni e limitata comprensione del rischio nelle
situazioni sociali.
Ambito pratico: Acquisizione di capacità occupazionali; autonoma cura della propria persona, possono aver bisogno di un appoggio in momenti di
stress.
DISABILITÁ INTELLETTIVA MODERATA (QUI. DA 35-40 A 50-55):
Sono il 10% di bambini con RM.
Ambito concettuale: La maggior parte acquisisce il linguaggio. Capacità scolastiche di inizio primaria. Necessaria assistenza continua per portare a
termine attività concettuali.
Ambito sociale: Possibilità di sviluppare amicizie solide e relazioni amorose in età adulta, tuttavia alcuni possono non interpretare in modo corretto
gli stimoli sociali.
Ambito pratico: Svolgono un lavoro protetto, con supervisione, possono provvedere alla cura della persona, si spostano in luoghi familiari e vivono
in ambienti protetti.
DISABILITÁ INTELLETTIVA GRAVE (QI. DA 20-25 A 35-40):
Sono il 3-4% dei bambini con RM.
Ambito concettuale: Il linguaggio è ad un livello minimo o assente. Scarsa comprensione del linguaggio scritto o del concetto del denaro.
Ambito sociale: Linguaggio limitato, utilizzato per scopo sociale più che per dare spiegazioni; eloquio facilitato da strumenti aumentativi.
Ambito pratico: Da adulti devono vivere in ambienti protetti e richiedono assistenza specializzata, specie se presentano altre patologie (PCI,
DA,ecc..). Possibile autoaggressività.
DISABILITÁ INTELLETTIVA GRAVISSIMA (QI. SOTTO 20-25):
Sono l’1-2% dei bambini con RM.
Spesso hanno una patologia neurologica associata.
Ambito concettuale: Il linguaggio è assente, spesso si associa compromissione senso-motoria.
Ambito sociale: Comprensione molto limitata della comunicazione simbolica nell’eloquio o nella gestualità.
Ambito pratico: Necessitano di una figura adulta di riferimento costantemente in ambiente protetto per la cura della persona.

SINDROME DI DOWN (TRISOMIA 21):


1 caso ogni 1000 nati vivi (WHO, 2014). Prima causa di disabilità intellettiva per frequenza.
Causa: terza copia del cromosoma 21, in seguito a una non disgiunzione nella fase meiotica della divisione cellulare durante la formazione della
cellula uovo. Rare traslocazione e mosaicismo.
Il rischio è maggiore se l’età materna è di 40-49 anni.
In epoca neonatale ipotonia muscolare ed iperlassità legamentosa.
Riflessi arcaici ridotti o incompleti.
SINDROME DI DOWN: CLINICA:
STATURA INFERIORE ALLA NORMA
LIEVE MICROCEFALIA
RITARDO DELLA MATURAZIONE SCHELETRICA
DISTURBI VISIVI
FACIES TIPICA: mento piccolo, naso breve, dismorfismi: epicanto, orecchie a basso impianto, alterazione della dentizione
COLLO TOZZO
IPOTONIA MUSCOLARE
MANOTOZZA, DITACORTE, PRESENTE MALFORMAZIONE DEL QUINTO DITO, DERMATOGLIFI CARATTERISTICI
CARDIOPATIA CONGENITA
ATRESIA DELL’ESOFAGO
IPOGONADISMO
DISABILITA’ INTELLETTIVA

NEL CORSO DELLO SVILUPPO EVIDENZIANO:


DISTURBI DEL RACHIDE (SCOLIOSI)
MAGGIOR INCIDENZA DI MALATTIE DELL’APPARATO EMOPOIETICO (LEUCEMIE)
MAGGIOR INCIDENZA DI MALATTIA DI ALZHEIMER ED IN ETA’ PRECOCE RISPETTO ALLA POPOLAZIONE GENERALE
SINDROME DI DOWN:
Durante lo sviluppo appare ritardo nelle abilità neuropsicomotorie.

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Nelle epoche successive ritardo mentale da grave a lieve, con prevalente compromissione della sfera verbale. L’evoluzione dell’area motoria e
affettivo-relazionale risulta più adeguata.
Rare turbe del comportamento (scatti di rabbia, impulsività).
Intervento terapeutico: riabilitazione neuropsicomotoria e cognitiva che, introdotta precocemente, consente risultati sul piano dell’autonomia
personale e della scolarizzazione.
Se presi subito in riabilitazione la prognosi migliora.

SINDROME DELL’X FRAGILE:


La Sindrome dell’ X-Fragile (FraX) è la seconda causa di ritardo mentale ereditario.
Circa 1:4000maschinellapopolazionegeneralesonoaffettidalla sindrome.
La malattia è dovuta all’alterazione (mutazione) di un gene situato sul cromosoma X.
Il nome “X-Fragile” deriva dal fatto che la mutazione del DNA provoca una modificazione della struttura del cromosoma X che visto al microscopio
presenta una “strozzatura” nella regione terminale del cromosoma X (q27.3), dove è situato il gene FMR1.
SINDROME DELL’X FRAGILE: GENETICA:
L’Alterazione responsabile della sindrome è l'espansione di una sequenza ripetuta di tre basi nucleotidiche (Citosina Guanina Guanina: tripletta
CGG) a livello del gene FMR1. Tale sequenza è particolarmente instabile durante il passaggio da una generazione all’altra.
Nelle persone normali questa tripletta CGG è ripetuta un numero variabile di volte: da 6 a 55 e viene trasmessa stabilmente attraverso le
generazioni.
Quando il numero di triplette CGG supera le 56 ripetizioni, la sequenza di DNA diventa instabile e nel passaggio alle generazioni successive si
espande il numero di ripetizioni CGG.
Persone con numero di ripetizioni comprese tra 56 e 200 CGG vengono definite portatori sani della premutazione. Il gene FMR1 funziona ancora e
quindi non ci sono sintomi clinici della malattia.
Nelle persone affette il numero di ripetizioni CGG supera le 200 copie. Se all’espansione della tripletta CGG si associa un’ulteriore modificazione del
DNA, la metilazione, si ha il mancato funzionamento del gene FMR1 e perciò viene definita mutazione completa.
SINDROME DELL’X FRAGILE: CLINICA:
Primo segno della malattia è il ritardo nello sviluppo psicomotorio, in particolare nell'apprendimento del linguaggio. Il ritardo mentale è di grado
variabile e spesso si associa ad anomalie comportamentali come irrequietezza, instabilità psicomotoria e incapacità a fissare l'attenzione,
iperattività. Queste caratteristiche persistono con l'avanzare dell'età.
 Tratti somatici tipici: viso stretto e allungato con fronte e mandibola prominenti, orecchie più grandi e più basse della media e, nei maschi,
ingrossamento dei testicoli (macrorchidismo).
Altri sintomi comuni sono: l'iperestensibilità delle articolazioni, il piede piatto, il prolasso della valvola mitrale.

SINDROME DI ANGELMAN:
bambino che ride molto, causa più frequente che si manifesta: DISOMIA UNIPARENTALE: difetto sul cromosoma materno, per cui si ereditano due
cromosomi 15 dal papà.
1 su 20.000 nati vivi. Disabilità intellettiva molto grave. Hanno bisogno di un’assistenza continua. Sviluppano anche una forma di epilessia. Hanno
bisogno di un supporto fisioterapico precoce e un utilizzo della comunicazione aumentativa alternativa per sostenere la comunicazione.

Descritta per la prima volta nel 1965 da Harry Angelman (Inghilterra) “happy puppet syndrome” (ritardo mentale anche grave, scoppi
incomprensibili di riso, particolare aspetto del volto, atassia, movimenti a scatti di gambe e braccia).
Causa: delezione sul braccio lungo del cromosoma 15 (15q11-q13).
Prevalenza: 1/12.000-24.000, senza differenze significative tra maschi e femmine.
SINDROME DI ANGELMAN: ASPETTI CLINICI ED EVOLUTIVI:
La diagnosi in genere avviene tra i 3 e i 7 anni, quando si rendono più evidenti gli aspetti clinici ed evolutivi.
Quadro clinico:
1. grave ritardo dello sviluppo neuropsicologico, assenza di linguaggio
2. riso frequente
3. bocca ampia con scialorrea e protrusione della lingua
4. disturbo del movimento o dell’equilibrio, andatura a base allargata con braccia sollevate e flesse
5. crisi epilettiche (90% dei pazienti)
6.ipopigmentazione della pelle
ALTERAZIONI GENETICHE SUL CROMOSOMA 15q11-13:
Analisi di metilazione al locus 15q11.2-q13 che evidenzia una delezione del gene UBE3A o disomia uniparentale del cromosoma 15 paterno o un
difetto dell’imprinting del locus 15q11.2-q13 sul cromosoma materno. Questo test è positivo in circa l’80% dei pazienti.
Analisi di mutazione dell’allele UBE3A ereditato dalla madre, positivo in circa l’11% dei casi.
PROBLEMI MEDICI ED EVOLUTIVI:
Ipopigmetazione (albinismo oculo-cutaneo) • Strabismo ed albinismo oculare
Alterazioni cerebrali aspecifiche
Alterazioni craniofacciali
Epilessia
Deambulazione e disturbi del movimento

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Ritardo mentale
Linguaggio assente
Iperattività e deficit dell’attenzione
Disturbi del sonno
Problemi alimentari e comportamenti orali-motori • Riso e felicità
Crescita fisica ridotta
ASPETTI EDUCATIVI:
La disabilità intellettiva è nella maggior parte dei casi grave e necessita di precoce inserimento in un piano riabilitativo personalizzato con
particolare attenzione allo sviluppo motorio e alle competenze cognitive e socio- comunicative.
La comunicazione aumentativa accresce le capacità comunicative senza inibire l’eventuale comparsa del linguaggio.
Sono presenti inoltre atassia ed ipotonia grave, pertanto possono necessitare di intervento fisioterapico prima per l’acquisizione ed in seguito per il
mantenimento delle abilità motorie.
L’iperattività va contenuta il più possibile, mantenendo tuttavia nei vari contesti uno spazio e un tempo per poterla esprimere.
Il lavoro più ampio riguarda il comportamento ed è finalizzato a rendere il bambino autosufficiente nelle funzioni sfinteriche (a orario), nei compiti
connessi al mangiare e al vestirsi e nello svolgere attività generali in casa.
ETÁ ADULTA:
La pubertà può essere ritardata da 1 a 3 anni, ma si sviluppano caratteristiche sessuali secondarie normali. In questo periodo si può avere un certo
aumento di peso, ma non un’obesità franca.
I giovani adulti non evidenziano un deterioramento significativo delle capacità mentali.
La salute generale appare buona e la vita media non è ridotta.
L’epilessia tende ad essere maggiormente controllabile. In alcuni casi si può sospendere la terapia farmacologica.
Se la deambulazione non è mantenuta ed incoraggiata, i pazienti con atassia grave possono perdere la deambulazione.
Rischiano la comparsa di scoliosi, per l’ipotonia.

SINDROME DI PRADER-WILLI:
bambino obeso, con un appetito insaziabile, con un ritardo mentale, con una lassità legamentosa (piede piatto e valgismo delle ginocchia),
bambino con un’ipotonismo, bambino con problemi di comportamento.

Colpisce un bambino ogni 15.000 nati


Difficoltà di suzione per importante ipotonia (ridotto tono muscolare) neonatale, ritardo di sviluppo psicomotorio.
Tra i 2 o 4 anni molti di loro sviluppano un appetito insaziabile che può degenerare in un'obesità eccessiva se non viene subito controllata. A
questo possono associarsi problemi di comportamento e temperamento testardo ed irascibile.
Lo sviluppo puberale, in entrambi i sessi, è quasi sempre del tutto assente o ritardato ed è presente un ritardo mentale di grado variabile.
La sindrome è caratterizzata da delezione sul braccio lungo del cromosoma 15 (15q11- q13). E’ coinvolto quello di origine paterna.

SINDROME DI WILLIAMS:
espressione sorridente

Descritta nel 1961 dal Dr J.C.P. Williams del Green, Lane Hospital di Ankland (Nuova Zelanda) e collaboratori e un anno più tardi dal Dr. Breuen
Alterazione genetica localizzata sul braccio lungo del cromosoma 7 (7q11.23) dove è localizzato un gene che regola l’Elastina, proteina principale
costituente del tessuto connettivo elastico.
SINDROME DI WILLIAMS: CLINICA:
Microcefalia con fronte ampia, possibile strabismo e difetti visivi, dismorfismi facciali (ipertelorismo, mento piccolo, labbra grosse, radice del naso
infossata)
Denti maldisposti, di dimensioni più piccole (microdontia) o di numero inferiore (oligodontia)
Spalle cadenti e collo allungato.
Problemi cardiologici (stenosi sopravalvolare aortica e polmonare)
Iperacusia
Ipercalcemia
Complicazioni renali e vescicali
Ipotono muscolare
Problemi gastrointestinali
Pubertà precoce
Ritardo psicomotorio,disabilità intellettiva da media a grave ma carattere particolarmente socievole ed estroverso

SINDROME DI RETT:
sembrano delle bambole.
Ha una causa genetica, che è la mutazione del gene MECP20 del gene CDKL5.
È stata tolta dal gruppo degli autismi.

Sviluppo psicomotorio normale durante i primi 6-18 mesi di vita, successiva regressione delle abilità con stereotipie manuali.
Microcefalia postnatale
Andatura disprassica
Isolamento sociale; autismo
Apnea e/o iperpnea
Diagnosi genetica mutazione di geni MECP2 (95% de novo) o CDKL5.

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Tutte le bambine hanno disabilità intellettiva
Epilessia fino al 80%, esordio dopo i 4 anni di età
Una delle più frequenti “single gene mutations” dei disturbi dello spettro autistico
Possibili crisi di urla
Alterata percezione del dolore
Respirazione irregolare con “assenze non epilettiche”, può contribuire a morte improvvisa
Importante precoce inserimento in piano riabilitativo personalizzato

DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO


CASO CLINICO:
Paolo 3 anni, giunge a controllo perché genitori sono preoccupati di alcuni suoi comportamenti. Nulla di rilevante su gravidanza e parto.
Deambulazione autonoma 13 mesi, prime parole intorno all’anno. Non ancora raggiunto il controllo sfinterico.
A visita difficoltà a stabilire una relazione: assente il contatto di sguardo e la reciprocità interattiva nel gioco motorio. Anche la comunicazione
risulta compromessa: gesto indicativo e linguaggio verbale assenti. Non si gira se chiamato e se vuole qualcosa prende la mano del genitore e la
pone sull’oggetto desiderato. Riferite irritabilità con oppositività e difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti....???
DSA: DEFINIZIONE:
Disturbi caratterizzati da compromissione grave e generalizzata di diverse aree dello sviluppo (capacità di interazione sociale, capacità di
comunicazione, presenza di comportamenti, interessi e attività stereotipate).
In passato erano anche detti Disturbi pervasivi dello sviluppo per la loro gravità e “pervasività”.
DSA: CLASSIFICAZIONE DSM-4: diagnostic and static manual of control disorders
1) Difficoltà di linguaggio e comunicazione
2) Deficit di interazione sociale reciproca
3)Presenza di interessi ristretti, ripetitivi, stereotipati
Classificazione:
 Disturbo Autistico
 Disturbo di Rett
 Disturbo disintegrativo della fanciullezza
 Disturbo di Asperger
 Disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato.
DSA: CLASSIFICAZIONE DSM-5:
A. Deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti, come manifestato dai seguenti fattori:
1. Deficit della reciprocità socio-emotiva (approccio sociale anomalo e fallimento della normale reciprocità della conversazione, ridotta
condivisione di interessi, incapacità di dare inizio o rispondere a interazioni sociali).
2. Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali per l’interazione sociale (scarsa integrazione tra componente verbale e non della
comunicazione, anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso dei gesti, totale mancanza di
espressività facciale e comunicazione non verbale)
3. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni (difficoltà ad adeguarsi ai diversi contesti sociali, difficoltà a
condividere il gioco di immaginazione o di fare amicizia, assenza di interessi verso i coetanei)

B. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi, come manifestato da almeno due dei seguenti fattori:
1. Movimenti o uso degli oggetti e eloquio stereotipati o ripetitivi (es. Stereotipie motorie semplici, mettere in fila giocattoli o capovolgere
oggetti, ecolalia)
2. Insistenza nella sameness (immodificabilità), aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale (es.
disagio di fronte a piccoli cambiamenti, schemi di pensiero rigidi)
3. Interessi molto limitati, circoscritti o perseverativi, fissi, anomali per intensità o profondità (forte attaccamento per oggetti insoliti).

C. I sintomi sono presenti nel periodo precoce dello sviluppo (entro i 3 anni)
D Questi causano compromissione clinicamente significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo
E. Queste alterazioni non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva o ritardo globale dello sviluppo
DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO:
Epidemiologia: Le recenti statistiche sull’incidenza dell’autismo elaborate dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) riporta che in
America un bambino su 88 ha un disturbo dello spettro autistico. Questi dati hanno mostratounincrementodi10 volte superiore negli ultimi 40
anni.
Cause: idiopatico/non identificabile (50%) o sintomatico/sindromico (fenilchetonuria, sindrome dell’ X- fragile.....)
Decorso: quando la diagnosi è posta sin dall’infanzia, la prognosi è buona o ottima nel 12.1 % dei casi, discreta nel 20.5% dei casi, pessima nel 67%.
Se si considerano anche i casi di spettro autistico diagnosticati più tardivamente le percentuali si spostano in senso lievemente migliorativo. Anche i
bambini che escono dallo spettro per una traiettoria evolutiva favorevole avranno bisogno di aiuto nel corso della loro esistenza a causa dei sintomi
sotto soglia.

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La prognosi dipende anche dalle comorbidità, peggiore se disabilità intellettiva associata.
EZIOPATOGENESI:
L’eziologia psicogena proposta inizialmente (Kanner, 1943) NON è stata confermata. L’autismo sembra essere l’espressione di una disfunzione
cerebrale sottostante.
L’ipotesi più attuale è l’eziopatogenesi multifattoriale.
Neuroanatomia: anomalie del neurosviluppo durante il primo e secondo trimestre di vita prenatale. Anomalie citoarchitettoniche del SNC,
corteccia, amigdala, ippocampo. Descritta ipoplasia del verme cerebellare. Difetti sinaptici. Ridotta connettività a lunga distanza ed eccessiva
connettività locale, eccesso di eccitabilità rispetto all’inibizione neurale.
Neurochimica: livelli alterati di serotonina, adrenalina, endorfine. Ipotesi autoimmunitaria.
Influenza genetica: alta concordanza nei gemelli monozigoti; associazione con X-fragile, fenilchetonuria, sclerosi tuberosa, delezione cromosoma
17, variazioni del numero di copie (CNV) di parti del DNA (delezioni, duplicazioni).
CLINICA: COMPROMISSIONE DELL’INTERAZIONE SOCIALE:
Il bambino rimane indifferente all’ambiente e alla relazione, non presenta reazione anticipatrice, non vi è “attenzione condivisa”, ignora gli altri, se
chiamati non si voltano, ecc.....
Lo sguardo è periferico (non guardano negli occhi, lo sguardo è “vuoto”).
Non gradisce essere abbracciato e prende la mano del genitore per raggiungere ciò che desidera.
Nel tempo questi sintomi si attenuano e in genere si assiste ad una parziale apertura relazionale.

CLINICA: COMPROMISSIONE DEL LINGUAGGIO:


Il linguaggio potrebbe non comparire mai oppure essere ecolalico e non comunicativo; oppure frasi semplici ed incomplete spesso in terza persona
usate con una parziale finalità comunicativa. Raramente sono alterati solo le componenti non verbali, quali la prosodia e il ritmo (intonazione,
ritmo) con capacità di interpretazione solo letterale del messaggio verbale (es. in bocca al lupo il bambino si spaventa)
Riduzione o assenza di gesti e mimica.
CLINICA: RESTRIZIONE DELLE NORMALI VARIAZIONI COMPORTAMENTALI E DELLE ATTIVITÁ IMMAGINATIVE:
Stereotipie di movimento (movimenti ripetitivi ed afinalistici come battere le mani o sfarfallamenti).
Condotte autolesioniste.
Esagerata sensibilità al cambiamento (le reazioni di fronte ad un cambiamento sono esagerate).
Restrizione delle attività immaginative (non è presente il gioco simbolico).
SVILUPPO COGNITIVO:
La disabilità intellettiva può essere concomitante,
per porre diagnosi di comorbidità il livello di comunicazione sociale deve essere maggiormente compromesso rispetto all’età.
Le difficoltà maggiori si riscontrano nelle performance verbali e nel pensiero simbolico. Sono presenti “isole di funzionamento” a volte,
limitatamente in associazione con le altre competenze (musica, matematica, competenze visuo- spaziali o artistiche). Non tutti i bambini le
presentano.
ALTRE CARATTERISTICHE CLINICHE:
- Risposta anomala agli stimoli sensoriali
- Iperattività
- Deficit dell’attenzione e facile distraibilità
- Disturbi del sonno
- Disturbi del comportamento alimentare (es. pica alimentazione selettiva)
COMORBIDITÁ:
- Disabilità intellettiva: mediamente nel 65% dei casi. Anche nei soggetti ad alto funzionamento (con QI > 70) permane una carente cognitività
sociale, flessibilità.
- ADHD: comorbidità ammessa solo dopo il DSM 5, presente nel 33-37% dei casi.
- Disturbo d’ansia: 40% e disturbo ossessivo compulsivo 17%, frequente anche nei genitori.
- Disturbo della coordinazione motoria: nel 30-40% dei bambini, deambulazione sull’avampiede nel 20%. La motricità migliora con l’età.
- Epilessia: 5-10% dei soggetti autistici ad alto funzionamento e nel 20- 30% dei soggetti a basso funzionamento. Crisi polimorfe. Possibili
anomalie EEG senza crisi.
APPROCCI TEORICI:
 Teoria emotiva (Hobson): Deficit nello sviluppo affettivo, con anomalie nell’espressione dei sentimenti e incapacità a sviluppare relazioni
con gli altri basate sull’affetto reciproco. Il bambino con autismo non acquisisce la consapevolezza di sé e dell’altro, con conseguente
difficoltà a riconoscere gli altri come persone con i propri pensieri, sentimenti ed intenzioni, non è capace di pensare in modo astratto e
simbolico.
 Intersoggettività (Rogers e Pennington): Deficit nella condivisione reciproca delle proprie esperienze soggettive interne, attraverso il
linguaggio, gli affetti e l’imitazione.
 Coerenza centrale: processo di convergenza delle informazioni al fine di percepire pattern globali e gestaltici, a discapito della
registrazione dei dettagli. Nel bambino autistico eccessiva attenzione per i dettagli.

 Modello metarappresentazionale (Cohen): basato sulla “teoria della mente”, cioè la capacità di attribuire sentimenti e pensieri all’altro.

 L’individuo deve attuare delle meta-rappresentazioni:deve, in altre parole, rappresentare nella sua mente cosa proverebbe se si trovasse
nelle condizioni del soggetto esaminato, facendo ipotesi e deduzioni su di un piano cognitivo, astratto e simbolico

 Possedere una teoria della mente è indispensabile per creare relazioni sociali, immaginando cosa possa provare l’altro, cosa che il
bambino autistico non fa.

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DEFICIT DI PRECURSORI EVOLUTIVI DELLA TEORIA DELLA MENTE:
- espressione mimica (i bambini autistici hanno una ridotta capacità di espressione mimica e corporea, che normalmente si accompagna ai
differenti stati psicologici)
- attenzione condivisa condivisione di attenzione triadica coordinata tra il bambino , l’operatore e un oggetto (il b. autistico non è in grado di
condividere un focus di attenzione con un’altra persona:non guarda spontaneamente dove un adulto indica. Nel b. normale questo riflesso
sociale si matura attorno ai 9 mesi) Il deficit di attenzione condivisa sembra esclusivo dell’autismo.
- capacità di imitazione precoce (capacità di rispondere alle persone e non alle cose, distinguendo tra esse: a differenza dei b. normali che
imitano in modo innato, attivo e creativo alcune espressioni semplici, questa capacità non si osserva nei b.autistici)
- gioco simbolico (di finzione, in cui il b. introduce qualcosa di fantasioso, evidenziando la capacità di distinguere tra realtà ed immaginazione; il
b. autistico non riesce mai a fingere nel gioco, che è sempre stereotipato e ripetitivo e mai immaginativo)
- comunicazione intenzionale (il b. autistico non riesce ad attribuire ad un adulto un’intenzione e la capacità di comprendere le intenzioni
altrui, ma lo considerano solo per la possibilità di essere utilizzate per raggiungere uno scopo)
IL SISTEMA DEI NEURONI SPECCHIO:
La forte relazione tra sviluppo motorio e quello neuropsicologico trova conferma a livello anatomo-fisiologico dalla scoperta di sistemi neuronali
strettamente implicati sia nello sviluppo motorio che nello sviluppo dei processi cognitivi.

Sono stati individuati per la prima volta agli inizi degli anni novanta nelle scimmie Rhesus da un gruppo di ricercatori di Parma coordinato da
Gallese e Rizzolatti nel corso di esperimenti di registrazione dell’attività elettrica da singole cellule piramidali nella corteccia premotoria della
scimmia (area F5).
Localizzazione parte posteriore della circonvoluzione frontale inferiore a livello della corteccia premotoria ventrale (indicata come regione F5) e
nella parte anteriore del lobulo parietale inferiore (denominato PF).

I neuroni specchio sono neuroni che si attivano sia quando si compie un’azione, sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri.
La funzione dei neuroni specchio è di rappresentare azioni osservate per portare ad una comprensione delle stesse, con il fine di auto-
sperimentare ed apprendere le informazioni acquisite dall’ambiente per agire in modo appropriato.
L’individuo utilizzando il sistema dei neuroni specchio, proverebbe le stesse sensazioni osservate, trasferendole nel proprio corpo.

Studi effettuati utilizzando la fRNM, la magneto- elettroencefalografia e la stimolazione magnetica trans- cranica, hanno permesso di individuare
con buona precisione le sedi dei neuroni mirror nell’uomo.

Corteccia pre-frontale
Corteccia cingolata anteriore (ruolo importante nell’empatia)
Corteccia insulare (risposte di dolore ed disgusto)
Corteccia giro angolare (informazione sensoriale e comprensione del linguaggio)
AUTISMO E NEURONI SPECCHIO:
Molti lavori (Rizzolatti, 2007) hanno dimostrato una ridotta attività dei neuroni specchio della corteccia pre-motoria (e di altre sedi) nell’autismo.
Ciò può spiegare l’alterata valutazione di quelle che possono essere le intenzioni dell’altro e l’assenza di una teoria della mente.
Una minore attività dei mirror è stata rilevata anche nella corteccia cingolata anteriore dove è possibile rapportarla con il disturbo della sfera
emozionale e dell’empatia.
Si realizza un disturbo dell’intersoggettività, base della comunicazione umana, con impossibilità di entrare in rapporto con l’altro, di comprendere i
suoi vissuti, i suoi pensieri.
VALUTAZIONE:
La diagnosi e il trattamento precoci cambiano la prognosi a lungo termine.
Attenta anamnesi, EON, intervista ai genitori, osservazione del bambino.
Valutazione dell’udito (ABR, esame audiometrico).
EEG,TC/RM, esami ematici ed urinari, esami genetici (cariotipo, FraX, PTEN, MECP2,CGH-Array) guidati dal sospetto clinico.
Strumenti psicometrici (interviste): CARS, ADI-R,ADOS, CHAT (18 mesi) eseguiti da Medico NPI e psicologo.
Valutazione del livello di sviluppo (Brunet- Leziné, Scala Bayley, Scala Leiter, ecc.....). Medico NPI e psicologo.
TRATTAMENTI:
L’obiettivo del trattamento è favorire il suo sviluppo globale e affettivo-relazionale.
Terapia neuropsicomotoria precoce: Lo strumento essenziale di questa terapia è la formazione di un rapporto interpersonale significativo e
rassicurante tra bambino e terapeuta, in associazione alle loro dinamiche di interazione. Mira all’apertura relazionale del bambino anche
attraverso il gioco/attività motorio-prassiche.

 Tecniche di modificazione comportamentale: Promuovono l’apprendimento di comportamenti considerati necessari per adattarsi a
funzionare efficacemente nel proprio ambiente e di favorire l’estinzione di quelli nocivi e disadattivi negli ambiti dell’autonomia personale,
delle relazioni interpersonali e dell’adattamento sociale(ABA- applied behaviour analysis).
Tale approccio deriva dal condizionamento operante, dai concetti di rinforzo positivo e dal comportamentismo (Skinner 1938, 1953).
Coinvolgimento di diversi domini nel trattamento.
Utilizzo di Token Economy (figurine, gettoni con progetto e ricompensa finale) e PECS (Picture Exchange Communication System) per favorire la
comunicazione

 Interventi educativi: TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Related Communication- Handicapped Children) mira a massimizzare
l’adattamento sociale del soggetto autistico attraverso un lavoro svolto su molteplici livelli tra cui la famiglia (parent training) la scuola
(teacher training), il soggetto autistico (organizzazione degli spazi suddivisi per attività e dei tempi definiti da un’agenda giornaliera) e
l’ambiente che viene preparato ed adattato, nei limiti del possibile, a quelle che sono le caratteristiche intrinseche al modo di essere del
soggetto autistico (Persico 2018).

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 DIR (Developmental, Individual difference, Relationship-based model)
 D: attenzione congiunta e regolazione, comunicazione, interazioni emotive, problem solving sociale.
I: differenze individuali di reattività sensoriale e regolazione, nelle abilità visuospaziali e di processamento fonologico/linguistico, movimenti
volontari.
R: relazioni con i caregivers che provvedono ad interazioni basate sull’affettività, appropriate allo sviluppo del bambino ed esperienze di
apprendimento.
La famiglia è al centro di questo trattamento perché supportando il bambino nel suo funzionamento di tutti i giorni cercano di far emergere
comportamenti emotivamente significativi.

 DIR/floortime (Greenspan 1997): l’uso spontaneo di una comunicazione significativa è lo scopo principale dell’intervento terapeutico, così
come le abilità sociali.
Questo metodo riconosce differenze sensoriali, motorie, biologiche, cognitive ed emotive e lavora affinchè queste capacità si sviluppino in armonia
l’una con l’altra.
Il target si basa sul funzionamento attuale del bambino.

 Denver Model: costruzioni di profili di sviluppo sulla base di diverse risorse incluse: osservazioni dell’interazione caregiver-bambino e
terapista bambino, anamnesi e profilo funzionale.
Importanza di incorporare le strategie di insegnamento nell’ambiente naturale del bambino, ponendo attenzione all’affettività, l’attenzione del
bambino e la sua attivazione in un contesto relazionale.

 Comunicazione aumentativa alternativa con uso di immagini. Utile nel favorire la comunicazione nei bambini poco o per nulla verbali
prevedendo l’autoaggressività e i comportamenti problematici che caratterizzano i bambini a basso funzionamento. Essa aumenta la
probabilità che il bambino possa sviluppare un linguaggio espressivo verbale, da avviare quanto più precocemente possibile in caso di
importante deficit di linguaggio (Persico 2018).

TERAPIA FARMACOLOGICA:
1. Neurolettici (Risperidone, Aloperidolo) per iperattività, aggressività, autolesionismo, chiusura relazionale.
2. Antiepilettici uso di Acido Valproico e Carbamazepina come stabilizzatori dell’umore diffuso ma di dubbia indicazione. Uso di VPA per
l’iperattività.
3. Psicostimolanti (Metilfenidato e Atomoxetina) farmaci di prima scelta per ADHD, tuttavia i soggetti autistici rispondono meno e hanno
più effetti collaterali.
4. Antidepressivi SSRI (Fluoxetina, Sertralina): per l’ansia, i rituali e compulsioni.
3. Antagonisti degli oppioidi (Naltrexone) per comportamenti autolesionisti.
4. Nutraceutici: Vit. B6 e Mg.
PROGNOSI:
L’esito a lungo termine può essere da ottimo a pessimo sulla base dell’autonomia e indipendenza raggiunta.
Il livello cognitivo > 70 e la comparsa di linguaggio attorno ai 5-7 anni comportano una prognosi più favorevole.
La prognosi è legata inoltre alla malattia di base (autismo sindromico).

La prognosi dipende dalla precocità della diagnosi e del trattamento.


Inoltre è importante il coinvolgimento attivo e costante della famiglia per migliorare la prognosi.
In attesa di terapie biologiche più mirate, l’attuazione della progettualità terapeutico riabilitativa consente di massimizzare la probabilità che il
bambino autistico sviluppi quelli funzioni legate alla cognitività sociale (a lui inizialmente mancanti) che lo rendano una persona con una
percezione interiore di “senso” e di soddisfazione di sé.

TRATTAMENTI DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO


PREMESSE:
Modalità di funzionamento neuropsicologico peculiari.
Scopo dell’intervento sta nel valorizzare i punti di forza del bambino e minimizzarne le difficoltà con l’obiettivo primario di migliorarne la qualità di
vita nei diversi contesti.
Considerare l’eterogeneità del quadro clinico (basso- alto funzionamento, comorbidità).
RUOLO DELLA SCUOLA:
Condivisione delle attività formative con il bambino in questione.
Forma di accrescimento per il gruppo classe.
INTERVENTI:
Sintomatici: comunicazione, interazione sociale, linguaggio, comportamenti ristretti ripetitivi e stereotipati.
Individualizzati.
Generalizzati in tutti i contesti di vita.
Monitorato nel tempo.
“LINEE GUIDA 21” ISTITUTO SUPERIORE SANITÁ, NOVEMBRE 2011:
“I trattamenti che hanno dato maggiore prova di efficacia sono quelli precoci intensivi di tipo abilitativo con valenza cognitivo-comportamentale. Si
sono dimostrati efficaci anche gli interventi mediati dai genitori”.  
“L’accuratezza della diagnosi e del profilo cognitivo e funzionale rappresentano la base conoscitiva per poter costruire il piano abilitativo
individualizzato”.
L’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO DIPENDE DA:

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- età di inizio del trattamento.
- frequenza del trattamento.
- le abilità cognitive del bambino.

APPLIED BEHAVIOUR ANALYSIS (ABA):


“L’ABA è la scienza in cui procedure derivate dai principi del comportamento sono applicate sistematicamente per migliorare comportamenti
socialmente importanti ad un livello significativo e dimostrare sperimentalmente che le procedure utilizzate sono state responsabili del
miglioramento del comportamento” Cooper, Heron, and Heward (1987).

Scopo:
Interpretare il comportamento del soggetto.
Modificare tale comportamento, sfruttando la formazione di riflessi condizionati, inserendo stimoli artificiali là dove il soggetto non risponde a
stimoli naturali.
Stimolare l’acquisizione di competenze utili.

STORIA:
 Ivar Lovaas negli anni ‘60 ( psicologo dell’Università di Los Angeles) ed altri iniziano ad applicare i principi e le metodologie della psicologia
comportamentale all’autismo.
 Nel 1968: nasce il termine ABA (Applied Behavior Analysis) Baer, Wolf e Risley, dell’Università del Kansas, coniano il termine “Applied
Behavior Analysis” (Analisi Applicata del Comportamento) per indicare interventi della psicologia comportamentale ( Some current
dimensions of Applied Behavior Analysis, Journal of Applied Behavior Analysis, 1968, 1).
 Lovaas pubblicherà per esteso la metodologia d’insegnamento ai bambini con autismo da lui maturata in vent’anni di esperienza nel libro
“Teaching Developmentally Disabled Children. The Me book”, 1981, PRO-ED, tradotto in italiano nel 1990 da Omega Edizioni col titolo
“L’autismo”

ANALISI COMPORTAMENTALE:
  L’ABA individua relazioni funzionali tra individuo e ambiente, stabilendo in modo oggettivo delle relazioni causali tra eventi ambientali e
comportamenti osservati.
 Questo processo avviene attraverso la manipolazione sistematica dell’ambiente e la rilevazione dei comportamenti esibiti al variare delle
condizioni ambientali.
Si basa su:
 Osservazioni dirette del comportamento come primario strumento di misurazione.
 Le abilità promosse devono essere quantificabili in maniera obiettiva e direttamente osservabili.
 Lo scopo finale è promuovere la generalizzazione e il mantenimento del comportamento modificato.
ABA E AUTISMO:
L’ABA si basa sulle regole del comportamentismo, non nasce specificamente per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico.
Obiettivo: incrementare repertori comportamentali socialmente significativi e ridurre quelli problematici attraverso tecniche di modificazione del
comportamento validate scientificamente.

Diverse tipologie di abilità:


 Abilità linguistiche: produzione e comprensione, utilizzo del linguaggio dei segni ed immagini.
 Abilità sociali: intersoggettività, espressione delle emozioni, gioco simbolico.
 Ragionamento astratto: problem solving e teoria della mente.
 Autonomia personale: igiene personale, vivere nella comunitá, pericoli della strada.

Le strategie a cui si fa maggiormente riferimento per l’acquisizione e il consolidamento di competenze e abilità sono:
- Prompting e fanding (tecnica di aiuto e riduzione dell’aiuto).
- Modeling (apprendimento imitativo)
- Shaping e Chaining (modellaggio e concatenamento).
- Tecniche di rinforzo.

RINFORZATORI – conseguenze che incrementano o mantengono la probabilità che si verifichi un dato un comportamento.
PUNIZIONI – conseguenze che riducono la probabilità che si verifichi un dato comportamento.
ESTINZIONE- non consegna del rinforzo che fino ad allora aveva mantenuto il comportamento.

PECS:
Sistema di Comunicazione mediante Scambio per Immagini.
Si propone di sviluppare la Comunicazione Funzionale e la Comunicazione come Scambio Sociale, attraverso un programma di apprendimento a
piccoli passi che comprende 6 fasi.

1) Semplice scambio immagine con oggetto


2) Il bambino si dirige verso il libro per la comunicazione, stacca la carta-simbolo, va dall’interlocutore e lascia la carta-simbolo nella sua mano;
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3) Il bambino impara a discriminare fra stimoli visivi ed esprimere una scelta;
4) Il bambino impara a costruire semplici frasi con le carte simbolo, composte da "Voglio"+ l’oggetto di interesse
5) Il bambino impara a rispondere alla domanda "Che cosa vuoi?"
6) Impara a commentare in risposta alla sollecitazione del partner ed in maniera spontanea.
L’obiettivo generale è quello di incoraggiare la spontaneità e l’iniziativa del bambino nella comunicazione.

TEACCH:
TEACCH = Treatment and Education of Autistic and related Communication Handicapped Children – Trattamento ed Educazione di Bambini con
Autismo e Disabilità della Comunicazione

Organizzazione dei servizi su base statale, creato in Carolina del Nord all’interno dell’Università da Eric Schopler circa 30 anni fa.
TEACCH PRINCIPI:
Conoscenza dell’autismo
Condivisione con le famiglie
Incremento delle abilità
Modello teorico di riferimento cognitivo comportamentale
TEACCH PROCEDURA:
Presa a carico dal momento della diagnosi e per l’arco di tutta la vita.
Diagnosi e valutazione.
Insegnamento attentamente strutturato per gli allievi.
Programmi educativi individualizzati per gli allievi di tipo cognitivo comportamentale.
Counseling e supporto per i genitori.
Gruppi per abilità sociali.
Consulenze e formazione insegnanti.
Unitarietà tra ricerca, trattamento e formazione.

DENVER MODEL:
Presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers e coll.
all’interno dei programmi per le Disabilità dello sviluppo dell’Università del Colorado Health Sciences Center (UCHSC).

Approccio evolutivo.
Secondo tale approccio ipotetico nell’autismo si avrebbe un deficit nell’abilità imitativa dovuto ad un sottostante disturbo prassico o della capacità
di programmare le sequenze di movimento che impedirebbe il precoce stabilirsi della sincronia e della coordinazione a livello del corpo così da
dare inizio alle difficoltà progressive nell’area dell’intersoggettività.
L’intervento è centrato sul bambino per favorire la sua iniziativa, la sua motivazione e la sua partecipazione.

Setting multiplo: scuola, famiglia e centri riabilitativi.


a) Inserimento in relazioni sociali coordinate e interattive per la maggior parte delle ore di veglia, in modo da poter stabilire sia l’imitazione che una
comunicazione simbolica e interpersonale (non verbale, affettiva, pragmatica).
b) Insegnamento intensivo per "colmare" i deficit di apprendimento che derivano dalla passata incapacità di accedere al mondo della
socializzazione, dovuta agli effetti dell’autismo.

Team interdisciplinare.
Coinvolgimento e partecipazione della famiglia.
Attenzione sulla reciprocità sociale.
Enfasi sullo sviluppo della comunicazione verbale e non.
Importanza dell’imitazione dei gesti, movimenti ed espressioni facciali, uso di oggetti come mediatori di relazioni.
Gioco condiviso all’interno di routines sociosensoriali diadiche come strumento di apprendimento cognitivo.
Spontaneità e modulazione dell’affetto/arousal.

DIR (DEVELOPMENTAL, INDIVIDUAL DIFFERENCES, RELATIONSHIP BASED):


Creato da Stanley Greenspan e Serena Wieder (Washington DC, 1997).
Si basa su un’attenta osservazione dell’interesse naturale del bambino, delle sue motivazioni e del suo peculiare modo di interagire con l’esterno
per consentire all’operatore di entrare nel suo mondo e, pian piano, portarlo verso un universo di condivisione.

Il bambino, al fine di imparare a mantenere un rapporto d’intimità con il


suo caregiver, deve essere attento e regolato, solo in questo modo potrà essere un comunicatore di due vie: verbale e gestuale.
Ruolo dell’operatore e della scuola è quello di aiutare i bambini a raggiungere il massimo livello possibile di tali capacità.
Stimolare lo sviluppo della comunicazione e della gestualità renderà il bambino meno rigido e lo aiuterà a evitare comportamenti disfunzionali
legati al sovraccarico di stimoli.

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Sintomi come problemi derivanti dalla mancanza di modulazione sensoriale e della pianificazione motoria. Per questo motivo è importante
conoscere l’individualità di ogni bambino nel suo modo di gestire l’informazioni che riceve dal mondo esterno in tutti i canali sensoriali.

FLOORTIME:
Il Floortime, che letteralmente significa "tempo passato a terra sul pavimento“.
Intervento basato sul gioco e sull’interazione spontanea fra adulto e bambino.
versante pratico-applicativo del più generale DIR Model.

L’interazione fra adulto e bambino, il tappeto, il pavimento ed alcuni giocattoli specificatamente selezionati e favorenti l’interazione e lo scambio,
determinano un contesto educativo gratificante e naturalmente divertente per entrambi i soggetti.
L’emotività, punto focale dell’interazione sociale, base sulla quale fondare l’intervento psico-educativo.

NEUROPSICOMOTRICITÁ:
Terapia che coinvolge diverse funzioni neuropsicologiche
Abilità prassiche
Abilità visuopercettive
Motricità fine e grossolana
Contatto di sguardo e attenzione condivisa
Gioco simbolico
CONCLUSIONI:
Diversi approcci.
Scopo aumento delle abilità comunicative e sociali.
Importante costruzione di un programma individualizzato considerato l’eterogeneità della problematica.

DISPRASSIA
Incapacità o ridotta capacità di pianificare ed organizzare delle azioni intenzionali, finalizzate al raggiungimento di uno scopo specifico, un deficit
dei movimenti volontari.
CASO CLINICO:
5 anni.
 A visita per difficoltà nelle autonomie personali tipo mangiare correttamente da solo, infilarsi il giubbino o le scarpe e nel gioco, tipo arrampicarsi
sullo scivolo o saltare da un gradino.
I genitori lo definiscono “pigro” nelle autonomie (lavarsi i denti, mettersi il pigiama) per cui viene aiutato e “prudente” che si sostiene alla ringhiera
nello scendere le scale, non ama bicicletta nè i giochi in cui bisogna correre o arrampicarsi, predilige giochi tranquilli.
Anamnesi negativa per patologie neuro muscolari.
Anamnesi fisiologica nella norma.
CASO CLINICO:
SPM: deambulazione autonoma a 17 mesi, no gattonamento, prime parole in epoca, successivo ritardo del linguaggio con difficoltà fonologiche per
cui logopedia tra i 3 e i 4 anni, attualmente regredite.
Inserimento a scuola con iniziali difficoltà di separazione dai genitori e di integrazione con i coetanei, attualmente buone capacità relazionali.
Sia a scuola che in famiglia scarsa tolleranza alle frustrazioni con modalità reattive a tratti oppositive.
EON: non deficit focali, tono e forza nella norma, difficoltà nei movimenti rapidi e successivi delle dita e difficoltà in equilibrio statico (nel
mantenersi su un piede solo per alcuni secondi) e dinamico (salto a piedi uniti).
INTRODUZIONE:
Per avere una corretta acquisizione delle abilità motorie nel bambino occorre avere:
1- Integrità anatomica e maturativa dei diversi sistemi motori (vie piramidali, vie extrapiramidali e cerebellari).
 2- Un normale sviluppo mentale, che coinvolge le funzioni corticali superiori e i rapporti tra le rappresentazioni mentali percettive, le operazioni
mentali più evolute, l’attenzione e la memoria.
3- Una normale esperienza rappresentazionale: funzione di riconoscimento e di investimento mentale dell’esperienza e della funzione percettiva,
intesa come nucleo aggregante della realtà psichica del bambino nell’atto dell’esperienza.

A partire dalle percezioni, dai pensieri, dalle memorie e dagli affetti, si costruiscono le rappresentazioni mentali, che orientano i comportamenti e i
piani d’azione nel momento presente e che organizzano lo sviluppo.
Un difetto dell'esperienza rappresentazionale può comportare un’alterazione di specifiche funzioni psicomotorie.

DISTURBI DELLA COORDINAZIONE MOTORIA (DCM):


DISTURBO DELLO SVILUPPO DELLA COORDINAZIONE (DSM5) O DISTURBO EVOLUTIVO SPECIFICO DELLA FUNZIONE MOTORIA:

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DSM-5: acquisizione ed esecuzione di abilità motorie coordinate notevolmente inferiori a quanto atteso per l’età cronologica
dell’individuo...difficoltà manifestate con goffaggine (per esempio cadere o sbattere contro gli oggetti), lentezza ed imprecisione nello svolgimento
delle attività motorie (per esempio afferrare un oggetto, usare forbici o posate, scrivere a mano, guidare la bicicletta o partecipare ad attività
sportive).
Interferenza significativa con le attività della vita quotidiana, sulla produttività scolastica, sul tempo libero e sul gioco.
Esordio nei primi anni dello sviluppo.
Deficit non meglio spiegati da disabilità intellettiva o deficit visivo e non attribuiti a una condizione neurologica che influenza il movimento (es PCI,
distrofia muscolare, disturbo degenerativo).
DCM:
 Impaccio motorio e compromissione dei compiti visuo-spaziali.
 Ritardo nell’organizzazione del gioco e del disegno.
 Presenza (non costante) di segni neurologici sfumati (tremori fini distali o altri movimenti involontari, tono muscolare ai limiti inferiori,
movimenti “eccedenti”, ritardo nella dominanza manuale).
 Presenza non costante di difficoltà scolastiche e di problemi socio- emotivo-comportamentali.
 Esordio quando il bambino inizia ad effettuare attività motoriamente più complesse (correre, mangiare da solo, abbottonarsi I vestiti e
giocare a palla).
 Decorso individuale.

Incidenza 5-6%, presenza maggiore nel sesso maschile.


Disturbi dello sviluppo comunemente associati: Disturbo della fonazione, disturbo dell’espressione di linguaggio, disturbo misto di linguaggio.
Spesso soggetti con ADHD possono presentare comportamenti motori, ma ciò è ascrivibile ad impulsività e disattenzione.
DISPRASSIA:
Deficit del sistema di pianificazione dell’atto motorio volontario.
Difficoltà di pianificare, programmare ed eseguire atti finalizzati ad uno scopo.
DCM o disprassia: “un enigma da risolvere” dovrebbero essere considerati sinonimi (Gibbs et al., 2007). DCM come causa e disprassia come
sintomo che ne consegue.
Componenti disprattiche in disturbi di linguaggio, apprendimento, autismo, ADHD, quadri sindromici (Sindrome di Williams,Down).
Disprassia come disturbo multisistemico dove disorganizzazione sul piano motorio e deficit percettivi hanno gravi ricadute sugli apprendimenti
(Sabbadini Letizia, 2005).

DISPRASSIA CLINICA:
1- Inizialmente si manifesta con un ritardo nell’acquisizione delle tappe
motorie (1-2 anni).
2 Dopo la comparsa del cammino è goffo, urta contro gli ostacoli, fa cadere gli oggetti, inciampa spesso (2-3 anni).
3 Inseguito(3-5anni) ritarderà ad imparare a correre, a saltare, a fare le scale, a giocare a palla.
4 In seguito (5-6 anni) mostreranno difficoltà nei gesti quotidiani che richiedono una fine capacità di coordinazione (disegnare, allacciarsi le scarpe,
usare coltello e forchetta).
5 Dopo i 6 anni difficoltà in campo scolastico (scrittura) e nelle attività quotidiane.
DISPRASSIA DIAGNOSI:
 Anamnesi: Ritardo del raggiungimento delle tappe motorie, difficoltà grosso e fine motorie, goffaggine; fattori di rischio (prematurità,
disturbi di linguaggio o apprendimento, ADHD): Inviare in valutazione specialistica!!
 EON e osservazioni durante attività
 test neuropsicologici (ABC movement, APCM-2, VMI, TPV).
 EEG, neuroimmagini (TC/RM) servono per escludere altre patologie.
 Diagnosi differenziale: PCI, malattie neuromuscolari, RM, ADHD, danni cerebellari, deficit visivi o uditivi.
DISPRASSIA PROGNOSI:
Possibili conseguenze a livello sociale, emotivo e comportamentale.
Immaturità emotiva e rischio di isolamento, passività, bassa autostima, elevati livelli di ansia e sintomi somatici (dolore, nausea, vertigini, mal di
testa e di stomaco).
DISPRASSIA TRATTAMENTO:
Neuropsicomotricità per favorire lo sviluppo armonico e un sostegno allo sviluppo emotivo: autostima, socializzazione, piacere nel gioco.
Sostenere la capacità di investimento del bambino sull’esperienza proposta (insuccesso, demotivazione, rinuncia).
Intervento pedagogico.
Collaborazione con la scuola e la famiglia.
ALTERAZIONI DELLA LATERALIZZAZIONE:
Definizione: La comparsa della dominanza emisferica è una delle numerose tappe di uno sviluppo motorio normale.
La dominanza si riferisce all’organizzazione neurologica. Si intende la superiorità di un emisfero cerebrale su quello controlaterale nell’esecuzione
di un compito. L’emicorpo dominante è quello opposto (es. emisfero sn, emicorpo dx).

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- Mano dominante: Si chiede al bambino di scrivere, disegnare e tagliare con le forbici. Si valuta anche la coordinazione motoria fine.
- Piede dominante: Si chiede di mantenere l’equilibrio su un piede solo, di calciare la palla. E’ più difficile da definire. Gli arti inferiori sono infatti
deputati a movimenti di motricità grossolana e sono quasi equivalenti nella funzione.
- Occhio dominante: E’ l’occhio con cui guarda il bambino attraverso un canocchiale improvvisato con un rotolo di carta.

TIC
 Movimenti motori o vocalizzazioni improvvisi,rapidi, ricorrenti, non ritmici, che si presentano in accessi e con andamento incostante per
frequenza, intensità e tipologia (DSM-V).
 La loro esecuzione può essere preceduta da un sentimento di tensione anticipatoria (premonitory urge), che è rimosso dalla scarica ticcosa.
Fanno seguito sentimenti di vergogna o di colpa, che possono essere rafforzati dall’ambiente circostante e che comportano disagio.
 Aumento dei tic in concomitanza di eventi stressanti ed emotivamente coinvolgenti, riduzione degli stessi durante attività che richiedono
attenzione focalizzata.
 Frequente è la presenza di tic in pazienti con tratti ossessivi e/o compulsivi.
CLASSIFICAZIONE:
si distinguono i tic in base:
1)TIPOLOGIA
Motori (muscolatura volontaria coinvolgente muscoli discreti o gruppi di muscoli es ammiccamento palpebrale, schiocco della lingua).
Fonici (ogni rumore prodotto dal movimento dell’aria attraverso naso, bocca o faringe).
2)COMPLESSITA’
Semplici riguardanti un singolo muscolo o un singolo gruppo di muscoli
(es ammiccamento palpebrale, arricciamento del naso, protrusione della lingua).
Complessi spesso di natura ripetitiva o compulsiva (es il toccare ripetitivamente oggetti o persone, sequenze elaborate di movimenti, coproprassia,
ecoprassia, atteggiamenti autoaggressivi).
3)LOCALIZZAZIONE
Isolati
Multipli diversi tic a localizzazione multipla
DISTURBI DA TIC- CLASSIFICAZIONE (DSM V):
 Disturbo da tic provvisorio combinazione di tic motori e sonori con durata inferiore ai 12 mesi.
 Disturbo cronico da tic presenza di soli tic motori o solo tic sonori, della durata maggiore di 12 mesi.
 Disturbo da tic indotto da sostanze.
 Disturbo da tic dovuto ad altre condizioni mediche.
 Disturbo da tic non altrimenti specificato per persone con tic che non soddisfano criteri per un disturbo da tic specifico.
DISTURBI IPERCINETICI: SINDROME DI GILLES DE LA TOURETTE (ST):
Combinazione di tic motori multipli e uno o più tic fonici più volte al giorno, quasi ogni giorno e persistenti per almeno un anno; non devono essere
causati da altre condizioni mediche, né abuso di sostanze. Insorgenza dei tic prima dei 18 anni. I tic si accompagnano a suoni incontrollabili
(movimenti di annusamento, versi, vocalizzi, ecolalia, coprolalia, in casi estremi impulsi aggressivi).

ST- CARATTERISTICHE:
 Epidemiologia Descritta da Gilles de la Tourrette nel 1885, l’incidenzadi STfinoall’1%dellapopolazione,maschipiùaffetti delle femmine
(approssimativamente 3-5 maschi: 1 femmine), vi sarebbe una predisposizione genetica (SLTRK1 cromosoma 13).
  Età d’esordio 5-6 anni, con esacerbazione fra gli 8 e i 12 anni.
 Andamento: A 18 anni si riducono per intensità e frequenza o quasi si estinguono totalmente. Possibile ruolo dei processi maturativi
neuronali nel decorso benigno della patologia.
 Patogenesi: si ipotizza un’anomala attività dopaminergica a livello dei gangli della base.
 Principali comorbidità: ADHD (79%) e DOC, DC
DIAGNOSI:
La Diagnosi è principalmente clinica.
Anamnesi (familiarità, storia di gravidanza e sviluppo, esacerbazione con infezioni, farmaci assunti, funzionamento familiare, impatto sul
funzionamento sociale e lavorativo).
EON: segni neurologici lievi. TC/RM: nella norma.
Valutazione psicometrica dei tic (Scala Yale) e delle comorbidità: disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (CAARS, SNAP-IV); disturbo
ossessivo- compulsivo (CBCL).
Valutazione neuropsicologica: utile valutazione degli apprendimenti se in età scolare nel sospetto DSA.
TRATTAMENTO:
 Ambiente familiare: non va né derisa, né sopravvalutata la sintomatologia ticcosa. Non mostrare ansia rispetto al sintomo del bambino.
 Terapia neuropsicomotoria se si associa goffaggine ed instabilità motoria.
 Psicoterapia se il tic fa parte di un disturbo d’ansia o un disturbo ossessivo-compulsivo.
 Terapia comportamentale se il tic è semplicemente un’attitudine motoria.
 Farmaci: Neurolettici (Aloperidolo, Risperidone, Aripiprazolo e Pimozide). Se comorbidità SSRI (DOC) o psicostimolanti (ADHD)
 Possono essere a volte utili terapie combinate (es. terapia farmacologica e psicoterapia).

DISTURBO DEL LINGUAGGIO


LINGUAGGIO: DEFINIZIONE:
Il linguaggio è un sistema di segni e simboli convenzionali, di cui l’essere umano si serve per comunicare. E’ costituito da 4 componenti:
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1. Componente fonologica: relativa ai suoni che compongono le parole.
2. Componente morfologica o lessicale: relativa alle parole.
3. Componente morfosintattica o grammaticale: relativa alle frasi.
4. Componente pragmatica: riguarda i significati della comunicazione, a seconda del contesto.
FATTORI CHE CONCORRONO ALL’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO:
Affinché un bambino acquisisca il linguaggio è necessario che:
 1- Venga esposto alla lingua della propria comunità
 2- Abbia una normale funzione uditiva
 3- Abbia interazioni sociali significative
 4- Possa elaborare a livello di SNC tali informazioni (integrità delle regioni cerebrali deputate alla funzione del linguaggio; area di Broca e
Wernicke).
TEORIE SULLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
- Chomsky. Dispositivo innato per l’acquisizione del linguaggio. Non vi è secondo la sua teoria una grande influenza ambientale.
- Comportamentisti. Il linguaggio è il risultato di un apprendimento. Le richieste legate ad un bisogno vengono ripetute se il loro esito è
positivo, altrimenti si estinguono.
- Piaget. Il linguaggio è un’espressione della raggiunta capacità di simbolizzazione, cioè un prodotto dello sviluppo cognitivo del bambino. Egli
prima riceve stimoli “indifferenziati e caotici”; comincia a parlare quando li avrà organizzati in schemi sensomotori che verranno
successivamente coordinati e interiorizzati.

TAPPE DELLO SVILUPPO LINGUISTICO:


0-6 MESI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
0-3 mesi: i bambini si impegnano in interazioni vocali e gestuali basate sull’alternanza di turno. I suoni sono vocalici.
4-6 mesi: i bambini rispondono alle espressioni negative e positive con espressioni facciali corrispondenti (intersoggettività empatica). Compare la
lallazione.
6-18 MESI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
6 - 9 mesi: Presta attenzione alle voci e ai rumori, cercando di individuare la sorgente. Fa dei gorgheggi ed emette saltuariamente delle urla. La
lallazione è abbondante.
9 - 12 mesi: Chiamato per nome risponde. Emette i primi bisillabi ed è ricco nell’espressione facciale. Alternanza di sguardo (indicando col dito
l’oggetto desiderato- pointing, controlla con lo sguardo la madre per verificare se questo è stato effettivamente ricevuto). Riparazione di messaggi
falliti (se la madre non risponde al messaggio, aumenta l’intensità del comportamento comunicativo o usa un nuovo gesto, per rendere il
messaggio più chiaro).
12 – 13 mesi: Dice mamma, papà e qualche altra parola.
14 - 18 mesi: Prima parola-frase, poi il linguaggio si arricchisce e vengono pronunciate diverse parole con comprensione di frasi semplici.
18-36 MESI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
18 - 24 mesi: Espansione del vocabolario. Prime combinazioni di parole. Il 50% delle consonanti è prodotto correttamente. Nella comunicazione
predomina il linguaggio sui gesti.
24 - 36 mesi: Il 70% delle consonanti è prodotto correttamente. Compaiono diversi meccanismi morfo-sintattici: accordo soggetto-verbo, le forme
singolari prima e poi plurali dei verbi (l’ultima a comparire è la seconda persona plurale). Inizia a usare i primi pronomi (io/tu; me/te; lo/la) e più
tardi gli altri.

PARLATORI TARDIVI:
LATE TALKERS: Parlatori tardivi sviluppano il linguaggio a 24/36 mesi in assenza di deficit cognitivi, uditivi, relazionali (13-20%).
Circa il 12-15% dei bambini di età precedente ai 3 anni mostra un ritardo di sviluppo lessicale e, di questi, una percentuale pari a circa il 50% viene
in seguito diagnosticata con un disturbo del linguaggio.
Di fronte ad un LT vanno considerati, oltre a variabili ambientali e familiari (status socio-economico-culturale, genere M, familiarità): 1) entro i 24-
30 mesi l’ampiezza del repertorio lessicale; 2) dopo i 30 mesi, la presenza di ritardo dello sviluppo grammaticale.
3-5 ANNI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
Circa il 100% del discorso è comprensibile, anche se fino ai 4-5 anni possono ancora essere presenti errori nella produzione dei suoni verbali
(fonemi “r”, “v”, gruppi consonantici).
6-11 ANNI: SVILUPPO DEL LINGUAGGIO:
Si completa lo sviluppo grammaticale.
Il linguaggio con la scolarizzazione si arricchisce sia sul versante lessicale, che morfo-sintattico.

INDICI PREDITTIVI DI DISTURBO DI LINGUAGGIO (VOLTERRA E BATES, 1995; BATES, 2002):


 Assenza della lallazione, prima vocalica poi consonantica dai 5 ai 10 mesi;
 Assenza di utilizzazione dei gesti, sia deittici che referenziali, a 12-14 mesi;
 Mancata acquisizione di schemi d’azione con oggetti a 12 mesi;
 Vocabolario ridotto (meno di 20 parole a 18 mesi e meno di 50 parole a 24 mesi);
 Assenza o ridotta presenza di gioco simbolico tra i 24-30 mesi;
 Ridotta presenza di sequenza di gioco simbolico tra i 30 e i 40 mesi;
 Ritardo nella comprensione di ordini non contestuali e che implicano una decodifica linguistica a 24-30 mesi.

Le componenti linguistiche, motorio-prassiche e quelle relative alle funzioni esecutive, sarebbero da intendersi come competenze correlate
intrinsecamente tra loro e variabilmente associate nelle manifestazioni di disturbi differenti.
Lo sviluppo è, infatti, un processo dinamico nel quale componenti diverse e mutevoli si interfacciano tra di loro, creando una rete di
interdipendenza tra le parti (Sabbadini).
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LINGUAGGIO E FUNZIONI ESECUTIVE:
Il bambino per esprimere un concetto deve distaccarsi dal piano concreto degli oggetti per riuscire a configurarsi una rappresentazione mentale
astratta, deve pianificare il discorso a livello mentale, riuscire ad inibire tutti gli stimoli non necessari e organizzare concretamente nella produzione
verbale il suo pensiero secondo una corretta struttura sintattica.
Da qui necessità di integrare più capacità, compito delle funzioni esecutive (Sabbadini).
La memoria a breve termine mantiene attive le rappresentazioni mentali (Gathercole e Martin, 1996).

Disturbo di linguaggio come deficit di integrazione delle tre componenti fondamentali per la corretta espressione verbale
DISTURBI SPECIFICI DI LINGUAGGIO:
Inseriti nei disturbi del neurosviluppo sotto la denominazione disturbi della comunicazione.
Vengono distinte varie forme cliniche che tengono in considerazione tre livelli funzionali:
1. 1)  Il livello dell’eloquio che attiene alla produzione espressiva di suoni e
comprende l’articolazione, la fluenza, la voce e la qualità di risonanza di
un individuo.
2. 2)  Il livello di linguaggio, propriamente inteso, che attiene alla forma, la
funzione e l’utilizzo di un sistema convenzionale di simboli comunicativi (parole o gesti) governati da una serie di regole (la grammatica
del linguaggio).
3. 3)  Il livello della comunicazione, che attiene a qualsiasi comportamento verbale e non, intenzionale e non, che rappresenta
“l’intenzionalità comunicativa”, il messaggio reale, ciò che il comunicante intende, appunto, esprimere.

- Non sono causati da lesioni organiche.


- Il QI è normale, con caduta nei test linguistici (almeno 2 deviazioni standard sotto la norma).
- Ostacola lo sviluppo sociale e l’apprendimento. Spesso infatti comportano, se non trattati, disturbi d’apprendimento e disturbi della condotta.
- La prevalenza è di 5 bambini su 100. M:F=2,5:1

Secondo il DSM V (2013) :


 Disturbo del linguaggio
 Disturbo fonetico-fonologico
 Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie)
 Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica)
 Disturbo della comunicazione senza specificazione
Secondo ICD 10 (1990):
 Disturbo del linguaggio espressivo (F80.1)
 Disturbo della comprensione del linguaggio (F80.2)
 Altri disturbi evolutivi dell’eloquio e dellinguaggio (F80.8)
 Disturbi evolutivi dell’eloquio e del linguaggio non specificati (F80.9)

A. Difficoltà persistenti nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità di linguaggio (parlato, scritto, gestuale o di altro tipo) dovute a deficit della
comprensione o della produzione che comprendono i seguenti elementi:
1.Lessico ridotto (conoscenza ed uso delle parole) 2.Limitata strutturazione delle frasi
3.Compromissione delle capacità discorsive (di connettere le frasi tra loro per sostenere una conversazione)
B. Le capacità di linguaggio sono al di sotto da quelle attese per l’età in maniera significativa e quantificabile, portando a limitazioni funzionali
dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, dei risultati scolastici o professionali
C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo
D. Le difficoltà non sono attribuibili a compromissione dell’udito o ad altra compromissione sensoriale, a disfunzione motorie o altre condizioni
mediche e non sono spiegabili da disabilità intellettiva o ritardo globale di sviluppo
DISTURBO FONETICO-FONOLOGICO:
1. Persistente difficoltà nella produzione dei suoni dell’eloquio che ne interferisce con l’intellegibilità o impedisce la comunicazione verbale dei
messaggi.
2. L’alterazione causa limitazioni dell’efficacia della comunicazione che interferiscono con la partecipazione sociale, il rendimento scolastico o le
prestazioni professionali individualmente o in qualsiasi combinazione.
3. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.
4. Le difficoltà non sono attribuibili a condizioni congenite o acquisite, come paralisi cerebrale, palatoschisi, sordità o ipoacusia, danno cerebrale
da trauma, o altre condizioni mediche o neurologiche.
DISTURBO DELLA FLUENZA CON ESORDIO NELL’INFANZIA (BALBUZIE):
a. Alterazione della normale fluenza e cadenza dell’eloquio, inappropriate per l’età dell’individuo e per le abilità linguistiche, persistenti nel tempo
e caratterizzate dal frequente verificarsi di:
1. Ripetizioni di suoni e sillabe
2. Prolungamento dei suoni delle consonanti così come delle vocali
3. Interruzione di parole (per esempio pause all’interno di una parola)
4. Blocchi udibili o silenti (pause del discorso colmate o non colmate)
5. Circonlocuzioni (sostituzioni di parole per evitare parole problematiche)
6. Parole pronunciate con eccessiva tensione fisica
7. Ripetizioni di intere parole monosillabiche (per esempio, “Lo-lo-lo-lo vedo”)
b. L’alterazione causa ansia nel parlare o limitazioni dell’efficacia della
comunicazione, della partecipazione sociale, o del rendimento scolastico o

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lavorativo.
c. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo
d. L’alterazione non è attribuibile a deficit motorio dell’eloquio o a deficit sensoriali, a
disfluenza associata a danno neurologico (per esempio ictus cerebrale, tumore o trauma) o altra condizione medica, e non meglio specificato
disturbo mentale.
BALBUZIE:
 Esordio tra 5 e 10 anni. M:F=3:1.
 Diagnosi dopo i 3 anni.
 Si può associare a tic.
 Il bambino rallenta l’eloquio, oppure riduce la produzione. Nei casi estremi evita di parlare.
 Lo stress emotivo peggiora il sintomo e in genere periodi di disagio emotivo lo fanno comparire. Può risolversi oppure può durare molto
tempo, fino a tutta la vita. Circa l’80% dei casi va incontro a remissione spontanea, prima dei 16 anni.
DISTURBO PRAGMATICO DEL LINGUAGGIO:
Persistenti difficoltà nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale come manifestati da tutti i seguenti elementi:
1. Deficit all’uso della comunicazione per scopi sociali
2. Compromissione delle capacità di modificare la comunicazione al fine di renderla adeguata al contesto o alle esigenze di chi ascolta.
Difficoltà nel fornire precise informazioni a richieste specifiche. Scarsa coordinazione dei registri di comunicazione verbale e non verbale.
3. Difficoltà nel seguire le regole della conversazione e della narrazione, come rispettare i turni in una conversazione.
4. Comprensione altamente letterale: il sarcasmo, l’uso metaforico del linguaggio o comunicazione gestuale possono essere equivocati.
5. Difficoltà di comprensione orale e scritta.
6. Difficoltà nel cambiare il contenuto di un enunciato in accordo a ciò che la situazione richiede.
DISTURBO DI LINGUAGGIO PRAGMATICO: IL RUOLO DELLA SCUOLA:
 Garantire un ambiente di lavoro tranquillo e ordinato con elementi concreti di riferimento.
 Fornire regole chiare e semplici con linguaggio concreto e lento.
 Favorire la socializzazione con lavori di gruppo guidati.
 Spiegare i significati non letterali di alcune frasi e mediare le inferenze.
DISPRASSIA VERBALE:
Incidenza da 0.4 a 1 caso ogni 1000 nati.
Disturbo centrale nella programmazione dei movimenti necessari alla produzione dei suoni, sillabe e parole e della loro organizzazione sequenziale.
Coinvolgimento del sistema oro-faringeo.
1. Produzione di errori incoerenti a carico di fonemi vocalici e consonantici.
2. Difficoltà nella messa in sequenza dei suoni linguistici e nella transizione articolatoria tra segmento e segmento e tra sillaba e sillaba.
3. Alterazione della prosodia che condiziona velocità, intonazione e ritmo dell’eloquio.
DIAGNOSI:
Importante valutare le capacità imitative e di gioco simbolico nei bambini con sospetto disturbo di linguaggio.
Valutare le abilità prassiche e di coordinazione motoria.
Valutazione cognitiva con test appropriati e quando il bambino è in confidenza con l’esaminatore.
DISTURBI DEL LINGUAGGIO ACQUISITI:
- Lesioni cerebrali (afasie acquisite)
- Sindrome di Landau-Kleffner
- Paralisi cerebrali infantili
- Deficit uditivi
- Disabilità intellettiva
DISTURBI DI LINGUAGGIO DA LESIONI CEREBRALI:
 Rari. Cause: traumi, tumori, patologie vascolari, infezioni (Herpes simplex).
 Gli effetti delle lesioni cerebrali variano in rapporto all’età del bambino e all’estensione.
 La parziale equipotenzialità emisferica nei primi anni di vita e la plasticità cerebrale del bambino permettono in parte un recupero della
funzione. Ma il recupero non è comunque totale soprattutto se il danno è a carico dell’emisfero sinistro, già geneticamente programmato in
senso linguistico.
 La prognosi è comunque migliore se il danno avviene prima dell’acquisizione del linguaggio.
 Se il danno avviene tra i 4 e i 10 anni, vi è comunque recupero anche se non completo.
SINDROME DI LANDAU-KLEFFNER: AFASIA EPILETTICA ACQUISITA:
 Grave perdita della capacità di espressione e comprensione del linguaggio che si verifica in un periodo di tempo non superiore ai sei mesi.
 Normale sviluppo di linguaggio prima della perdita.
 Anomalie parossistiche all’EEG di uno o entrambi i lobi temporali che si manifestano in un arco di tempo che si estende dai due anni
precedenti ai due anni seguenti l’iniziale perdita di linguaggio.
 L’udito è nei limiti di norma, conservato il cognitivo non verbale.
 Esordio tra i 4 e i 7 anni. Si ipotizza sia dovuta ad una mutazione a carico del gene GRIN2A (16p13.2).
PARALISI CEREBRALI INFANTILI (PCI):
Sono alterazioni gravi e permanenti della funzione motoria.
Possono essere associate a disturbi del linguaggio, secondari ad associate lesioni delle aree del linguaggio e/o ad interessamento dei muscoli che
intervengono nell’emissione e nell’articolazione dei suoni.
PCI: DISTURBO DELL’ARTICOLAZIONE DELL’ELOQUIO:
- E’ compromessa l’articolazione del suono. Il problema è prevalentemente motorio.
- E’ secondario non è primitivo. Va in diagnosi differenziale con il disturbo fonologico.
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- Il bambino disartrico può avere una paralisi cerebrale o un danno cerebellare.
- La frase può essere discretamente strutturata o addirittura corretta sul versante lessicale, morfo-sintattico e pragmatico, ma i suoni non
vengono correttamente articolati per un problema motorio, per cui il messaggio può risultare difficilmente comprensibile.
DEFICIT UDITIVI:
- L’entità del danno linguistico dipende dall’età di insorgenza e dal grado di difetto uditivo.
- Soglia fino a 40 dB, è compatibile con l’acquisizione del linguaggio. Per un deficit uditivo da 40 ad 80 dB serve un’amplificazione. Oltre 80 dB è
un’ipoacusia profonda (impianto cocleare).
- I bambini sordi alla nascita possono apprendere il linguaggio dei segni, oppure con la protesizzazione e l’intervento logopedico il linguaggio
verbale.
- Esami: Acuscreen, ABR, esame audiometrico, esame impedenziometrico.
- Terapie: protesi; impianto cocleare, logopedia.
DISABILITÁ INTELLETTIVA:
Spesso nelle sindromi: X-Fragile, Down e Williams.
Compromissione correlata a l’entità della disabilità intellettiva:
1- grave: sempre presente disturbo del linguaggio;
2- moderata: acquisiscono il linguaggio in ritardo, in seguito presentano difficoltà morfo-sintattiche e povertà lessicale.
3- lieve: possono essere presenti.
E’ comunque molto variabile sia la qualità, che la quantità di difetto del linguaggio, in rapporto all’eziologia, a fattori ambientali ed affettivo-
relazionali.
BILINGUISMO:
Dati della letteratura riportano che in bambini bilingui i disturbi di linguaggio determinerebbero una compromissione parallela delle lingue parlate
da un individuo.
E’ importante pertanto valutare i disturbi linguistici in tutte le lingue conosciute dal bambino.
Restringere l’ambito linguistico non sembra favorire il recupero del linguaggio.
CASO CLINICO 1:
Sara, 25 mesi, giunge a valutazione per ritardo di linguaggio. Storia anamnestica priva di elementi di rilievo. SPM regolare ad eccezione di assenza
di linguaggio verbale espressivo. No storia di regressione.
All’osservazione la bambina indica ed utilizza i gesti per mostrare e sostenere l’intento comunicativo nonostante produca solo quattro parole, la
comprensione contestualizzata pare adeguata.
Nelle prove di valutazione raggiunge il livello di 24 mesi per la comprensione mentre non soddisfa i criteri minimi per la produzione......???
CASO CLINICO 1:
Sara rientra al momento nella normale variabilità interindividuale e non necessita di alcun intervento abilitativo.
Consigli:
1. Inserimento al nido
2. Accrescimento della stimolazione linguistica in ambiente familiare
3. Follow-up ravvicinato
CASO CLINICO 2:
Francesco, 39 mesi, ritardo di linguaggio, SPM per il resto nella norma, no regressione. In anamnesi un fratello più grande di 7 anni che ha eseguito
durante la scuola dell’infanzia trattamento logopedico per disturbo specifico di linguaggio ora risolto.
Il bambino produce poche parole (22) mostra un buon livello cognitivo, un’adeguata comprensione e intenzionalità comunicativa.
Alla valutazione mostra un livello di produzione verbale sotto il 5° percentile a fronte di una comprensione nella norma per età.
Inoltre dal punto di vista formale la sua produzione è caratterizzata da importanti processi fonologici che penalizzano l’efficacia comunicativa....???
CASO CLINICO 2:
Francesco ha un disturbo specifico di linguaggio di tipo espressivo
Il bambino dovrà intraprendere al più presto un trattamento logopedico.

ADHD E FUNZIONI ESECUTIVE


NEUROPSICOLOGIA:
Disciplina che studia le relazioni tra processi cognitivi e strutture cerebrali.
Funzioni cognitive superiori: percezione, linguaggio, memoria, attenzione, etc.
Vygotskij “zona di sviluppo prossimale” (distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con
l'aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari con un livello di competenza maggiore, importanza contesto sociale).
Inizio 900, Lurija “come lavora il cervello”

Le sue attività si rivolgono a:


- accertamento diagnostico
- quantificazione del danno e follow-up a distanza
- riabilitazione cognitiva
Ha lo scopo di analizzare le modalità con cui un dato percettivo viene elaborato fino alla realizzazione di un comportamento.
Dall’analisi di modalità e comportamento possono essere programmati interventi riabilitativi specifici per le funzioni che risultano compromesse
SISTEMA ATTENTIVO: COMPONENTI:
1 Allerta: semplice prontezza di risposta agli stimoli
2 Attenzione selettiva: capacità di concentrarsi su uno stimolo in presenza di altri stimoli competitivi ma irrilevanti
3 Attenzione sostenuta: capacità di mantenere la risposta ad uno stimolo per tutta la durata del compito
ATTENZIONE E FUNZIONI ESECUTIVE:
Propriamente sistema attentivo e esecutivo avrebbero forme distinte.

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L'attenzione agisce sui processi sensoriali in input e sulle rappresentazioni interne (si può concentrare su di uno spazio, su di un pensiero o sulla
rappresentazione di uno spazio).
Il sistema di controllo esecutivo agisce invece su piani di comportamento.
Tuttavia gli aspetti attentivi sembrano precorrere e contribuire allo sviluppo delle funzioni esecutive.
FUNZIONI ESECUTIVE:
Sono un complesso sistema di processi cognitivi distinti non correlati ma “sottilmente” interagenti che:
avviano, regolano, controllano, coordinano, monitorizzano, programmano pensieri ed azioni

Abilita’ atte a pianificare, progettare una strategia


Risolvere un problema
Passare da un compito all’altro inibendo le interferenze esterne

Con questa “etichetta” Owen (1997) si riferisce all’insieme di processi mentali finalizzati all’elaborazione di schemi cognitivo-comportamentali
adattivi in risposta a condizioni ambientali nuove e impegnative.
Le usiamo nel fare le cose a cui non siamo abituati.

Funzioni esecutive: varietà di processi cognitivi (inibizione, pianificazione, memoria di lavoro, flessibilità, etc) finalizzati all’applicazione di
comportamenti complessi, che consentono agli individui il raggiungimento di determinati obiettivi

STRUTTURA DELLA MEMORIA


MEMORIA A LUNGO TERMINE:
• Memoria esplicita o dichiarativa:
contiene tutte quelle informazioni/dati della realtà che ci permettono di comprenderla come una data, le regole o il linguaggio (MEMORIA
SEMANTICA) o il ricordo di un evento specifico, di un episodio della storia personale di ogni individuo o il contenuto di una conversazione che
sappiamo riferire a distanza (MEMORIA EPISODICA).
• Memoria implicita:
MEMORIA PROCEDURALE contiene le informazioni che non descriviamo a parole, possono essere delle abilità in compiti di tipo motorio o prassico
come guidare la macchina o andare in bicicletta, sono dati che nei soggetti colpiti da amnesia si conservano indipendentemente dai ricordi della
componente dichiarativa.
PRIMING forma di riconoscimento mnemonico non cosciente che consente a uno stimolo, al quale si è stati esposti una prima volta, di essere
identificato durante le successive esposizioni senza averne consapevolezza.
MEMORIA A BREVE TERMINE:
• Memoria sensoriale: gestisce gli stimoli provenienti dai sensi (visivi e uditivi)
• Memoria di lavoro (Working Memory): immagazzina e processa le informazioni, ha relazioni strette con apprendimento e processi cognitivi
WORKING MEMORY:
Numero di elementi che possono essere richiamati durante un compito di memoria complesso, ovvero caratterizzati dal simultaneo processo di
immagazzinamento ed elaborazione delle informazioni finalizzato al mantenimento delle stesse in uno stato attivo per il loro successivo richiamo e
manipolazione (Daneman & Carpenter, 1980).
ESEMPIO:
Provate a leggere una sola volta la seguente lista e poi tentate di ripeterla senza guardare: L – 4 – A – 1 – Z – D.
Provate ora, sempre leggendola una sola volta, a imparare quest’altra lista ma questa volta ripetete prima le lettere in ordine alfabetico e poi i
numeri in ordine decrescente: M – 8 – I – 9 – R – 5.
MECCANISMI DI MEMORIA:
 Acquisizione e codificazione: ricezione dello stimolo(strettamente connessa con l’ATTENZIONE) e traduzione in rappresentazione interna
stabile e registrabile in memoria. Lavoro di categorizzazione ed etichettatura legato agli schemi e alle categorie preesistenti.
 Ritenzione ed immagazzinamento: stabilizzazione dell'informazione in memoria e ritenzione dell'informazione stessa per un determinato lasso
di tempo.
 Recupero: riemersione a livello della consapevolezza dell'informazione precedentemente archiviata, mediante "richiamo" (recupero mnestico
diretto, senza stimoli di facilitazione) o "riconoscimento" (procedura cognitivamente più semplice, in cui il recupero è mediato da uno stimolo
associativo, per cui è sufficiente riconoscere l'elemento precedentemente codificato, presente all'interno di una serie di stimoli proposti).
LO SVILUPPO DELLE FUNZIONI ESECUTIVE:
• Periodo neonatale: 7-8 mesi primi segni di WM e controllo inibitorio
• Periodo pre-scolare: comparsa del controllo attentivo tra i 4 e i 5 anni, miglioramento delle capacità inibitorie, della WM e delle capacità di
pianificazione
• Periodo scolare: raggiungimento nella flessibilità cognitiva tra 8 e 10 anni, miglioramento del controllo inibitorio, della vigilanza e dell’attenzione
sostenuta, sviluppo della WM
CASO CLINICO:
Quando Luca arriva ai Servizi, su richiesta della famiglia e su indicazione della scuola, aveva 6 anni. Sia a casa che in classe (I elementare) era
“incontenibile”. Faceva fatica a rimanere seduto, non riusciva a stare fermo, sembrava non ascoltare. Richiedeva sempre la relazione con l’adulto,
non si fermava mai, non portava niente a termine e non riusciva neppure a giocare con i compagni di classe, che lo stavano emarginando.
DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE ED IPERATTIVITÁ (ADHD):
DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE ED IPERATTIVITÁ:
Caratterizzato da iperattività, labilità attentiva, instabilità mnesica, impulsività, aggressività, difficoltà di apprendimento, differente da altri disturbi
emotivi.
La difficoltà di attenzione è il sintomo centrale, che può rimanere fino all’età adulta. L’iperattività nel tempo si riduce.
Descritto nel ICD10 e nel DSM V tra i disturbi ipercinetici.

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CRITERI DIAGNOSTICI DEL DSM V O ICD 10:
1 Disattenzione
2 Iperattività
3 Impulsività
I sintomi devono essere presenti in più situazioni e contesti (casa, scuola, ospedale, ecc....).
Si possono associare imprudenza in situazioni di pericolo, disinibizione nei rapporti sociali, infrazione impulsiva di regole sociali.
INATTENZIONE:
1. Scarsa cura per i dettagli, errori di distrazione (lavoro non accurato)
2. Labilita’ attentiva (es. conversazione o lunga lettura)
3. Sembra non ascoltare quando si parla con lui
4. Non segue le istruzioni, non porta a termine le attivita’
5. Ha difficolta’ ad organizzarsi (non rispetta una scadenza)
6. Evita le attivita’ che richiedono attenzione sostenuta (compiti)
7. Perde gli oggetti (portafogli, chiavi,documenti, telefono)
8. E’ facilmente distraibile da stimoli esterni (in adolescenti pensieri non correlati tra loro)
9. Si dimentica facilmente cose abituali
IPERATTIVITÁ:
1. Irrequieto, non riesce a star fermo su una sedia
2. In classe si alza spesso quando dovrebbe star seduto
3. Corre o sia rrampica quando non dovrebbe (sensodiirrequietezza interna)
4. Ha difficoltà a giocare tranquillamente
5. Sempre in movimento, come “attivato da un motorino” (è a disagio nel rimanere fermo per esempio al ristorante o durante le riunioni)
6. Parla eccessivamente
IMPULSIVITÁ:
7. Risponde prima che la domanda sia completata
8. Ha difficoltà ad aspettare il proprio turno
9. Interrompe/si intromette in attivita’ di coetanei o adulti
EPIDEMIOLOGIA:
Prevalenza 3%, maggiore incidenza nei maschi (3:1-5:1).
Vengono spesso descritti i disturbi della condotta, di apprendimento e dell’umore come evoluzione nel tempo o come comorbidità.
EZIOLOGIA:
Alta familiarità per disturbo di attenzione (30%)
Dati di lesioni cerebrali (lesioni neonatali anossiche ippocampali; assunzione di alcool, droghe, tabacco o barbiturici da parte della madre in
gravidanza).
Ipertiroidismo o pubertà precoce.
Alla PET metabolismo del glucosio ridotto a livello della corteccia, frontale, prefrontale e premotoria.
Alterazione del sistema noradrenergico e serotoninergico.
CLINICA:
• In età prescolare: Prevale l’iperattività di grado estremo, i comportamenti impulsivi, imprudenti e imprevedibili, oltre i normali livelli per l’età.
Crisi di rabbia “tempeste affettive”, litigiosità, provocatorietà, assenza di paura, disturbi del sonno, possibili ritardi di sviluppo nell’area del
linguaggio e/o percettivo- motoria.
• In età scolare: Prevale lo scarso rendimento scolastico, lo scarso impegno, la facile distraibilità, l’incostanza a condurre a termine un compito.
L’instabilità motoria rimane (il bambino si alza continuamente senza motivo, tocca tutto). Possibili comportamenti oppositivo-provocatori.
• In età adolescenziale: difficoltà scolastiche, di organizzazione della vita quotidiana (pianificazione), riduzione del comportamento iperattivo,
instabilità scolastica, lavorativa, relazionale, mancanza di Savoir faire Sociale, bassa autostima, ansietà, condotte rischiose
ADHD TRANSAZIONE NELLE VARIE FASCE D’ETÁ:
L’iperattività motoria diminuisce: si può manifestare come irrequietezza psichica.
L’inattenzione spesso persiste: si può manifestare come difficoltà nel portare a termine i compiti (es.: rispettare appuntamenti, scadenze o
focalizzarsi su una singola attività).
Può interferire significativamente con vari aspetti della vita quotidiana.
DIAGNOSI:
 NPI, psicologo.
 Raccolta anamnestica con entrambi i genitori.
 Importanti informazioni da insegnanti.
 Osservazione diretta del bambino (comunicazione descrittiva piuttosto che narrativa, interazione sociale, qualità e velocità del movimento,
segni neurologici minori).
 Scale diagnostiche e valutazione neuropsicologica (SNAP, CARS, SDAI, SDAG). Attenzione nel rapporto 1-1 si concentrano di più.
 Valutazione dell’efficacia dei farmaci (metilfenidato).
PROTOCOLLO CLINICO:
 Intervista semistrutturata ai genitori: Parent Interview for Children Symptoms (PICS-IV)
 Conner’s Parents/Teachers Rating Scales (CP(T)RS-R:L)
 Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC)
 Prove di lettura gruppo MT (Cornoldi & Colpo)
 Batteria per la Dislessia evolutiva (Sartori, Tressoldi)
 Multidimensional Anxiety Scale for Children (MASC)
 Children Depression Inventory (CDI, Kovacs)

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SEGNI MINORI ALL’ESAME OBBIETTIVO NEUROLOGICO:
I movimenti, oltre ad essere spesso afinalistici, hanno carattere di globalità come se vi fossero difficoltà a dissociare le parti del corpo in funzione
dello scopo da raggiungere. Se si chiede di rallentare il movimento, si nota che la coordinazione e la dissociazione dei movimenti dei due lati anche
nella motilità spontanea sono compromesse.
Presenza di sincinesie e dismetrie.
DIAGNOSI DI ADHD:
Il deficit dell’organizzazione, dell’intenzionalità e del mantenimento dell’attenzione deve provocare una seria compromissione delle funzioni
scolastiche e sociali.
In due contesti differenti.
Per almeno 6 mesi.
DECORSO NELL’ADOLESCENTE E NELL’ADULTO:
In adolescenza continuano i problemi scolastici e possono comparire disturbi della condotta, aggressività e disturbi antisociali (dissocialità,
criminalità).
In età adulta nelle forme più gravi si può arrivare alla criminalità, mentre nelle forme più lievi in difficoltà di organizzazione e nella ricomparsa del
problema nei figli.
COMORBIDITÁ E DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
Disturbo oppositivo- provocatorio Disturbo di Condotta
Disturbi Depressivi
Disturbo Bipolare
Disturbi d’Ansia
Disturbo Ossessivo-Compulsivo
Disturbi Adattamento (con sintomi emotivi e di condotta) Sindrome di Tourette
Disturbi Specifici dell’apprendimento
Disabilità intellettiva
Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
TERAPIA:
Terapia cognitivo-comportamentale, come terapia educativa e training della famiglia e degli insegnanti.
Psicoterapia.
Terapia farmacologica (farmaci stimolanti che bloccano il reuptake della dopamina e della noradrenalina) Metilfenidato (10-60 mg/die dopo i 6
anni) nelle forme più severe.
L’efficacia maggiore si ha nei trattamenti combinati.
TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE:
Obiettivi della terapia cognitivo-comportamentale:
1. Parent training (ricompensare comportamenti appropriati e scoraggiare comportamenti inappropriati)
2. Insegnamento del self control e della gestione della collera
3. Aumento delle abilità di risoluzione dei problemi
4. Aumento della stima in sé
5. Training per le abilità sociali
6. Sviluppo delle abilità di adattamento
PARENT EDUCATION:
Se i genitori dei bambini con ADHD presentano problematiche, che necessitano di essere affrontate (depressione, alcoolismo) vanno indirizzati
presso i servizi specifici.
Ai genitori vanno fornite informazioni sui sintomi, sul decorso clinico, sull’eziologia, sulla prognosi e sulle scelte terapeutiche; vanno inoltre
incoraggiati a discutere qualunque dubbio con i professionisti coinvolti nella cura del bambino.
PARENT TRAINING:
I genitori devono (modalità comunicate ai genitori attraverso delle sedute con gli operatori):
1 fornire un alto grado di attenzione positiva, conseguente alla compliance e ai comportamenti desiderabili.
2 utilizzare delle conseguenze negative, non fisiche, per i comportamenti problematici in modo non punitivo.
3 sviluppare delle aspettative chiare, coincise o coerenti per il comportamento.
Utilizzo della Token economy (figurine, gettoni con progetto e ricompensa finale).

INTERVENTI PSICOEDUCATIVI SUI GENITORI DI BAMBINI CON DEFICIT ATTENTIVI:


•Agire e non predicare
•Essere diretti chiari e specifici
•Essere brevi
•Stabilire regole chiare, semplici (“condivise”)
•Essere coerenti con le regole e relative conseguenze positive e negative
•Gratificare spesso il bambino senza posticipare troppo: è importante essere veloci!
A SCUOLA:
 Inviare a valutazione specialistica i bambini con sospetto ADHD, vivacità non è sinonimo di patologia!
 Determinare il numero e la posizione degli alunni problematici in classe, pochi alunni e banco vicino alla cattedra.
 Fare lezioni ben strutturate e differenziate, con materiale stimolanti
 Concentrare le spiegazioni al mattino.
 Il nuovo materiale deve essere presentato poco alla volta (compiti più lunghi suddivisi in parti).
 Programmi di ricompensa a casa per “punti” guadagnati a scuola.

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 Foglio con le regole chiare e coincise, applicato sul banco.
 Rafforzare un rapporto positivo con il bambino.
 Spiegare i problemi alla classe.
 Stabilire regole chiare.
 Gratificare spesso il bambino senza posticipare.
 Essere coerenti con le regole e relative conseguenze positive e negative.
 Aiutare l’autocontrollo e l’autogestione.
 Restare in stretto contatto con i genitori del bambino; quest’ultimo è un processo bidirezionale!
AUMENTO DEL SELF-CONTROL:
Al bambino viene insegnato di pensare rispetto alla situazione che ha davanti (risoluzione del problema) e dividerlo in tappeidentificare il
problema, scegliere cosa fare, realizzarlo e valutare la soluzione scelta criticamente.
Rispetto alla collera si aiuta i bambini a riconoscere i segnali interni fisiologici di rabbia, aiutandoli a capire di allontanarsi in tempo dalla situazione
o evitarla in partenza.
TRAINING PER LE ABILITÁ SOCIALI:
 Sviluppare la abilità di conversazione
 Sviluppare le capacità di problem solving
 Aumentare le capacità di controllare la collera e di risolvere costruttivamente i conflitti
 Partecipazione ad attività di gruppo con i coetanei supervisionate dall’adulto (es. sport di squadra)
 Rinforzare i comportamenti sociali appropriati.

DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO


CASO CLINICO:
Carlo, 8 anni, inizio III elementare, bambino vivace e allegro, buon rapporto con i coetanei.
Per la scuola però è pigro, svogliato e oppositivo, mostra tendenza all’evitamento dei compiti che fa controvoglia e carico d’ansia. Nessun interesse
per i libri, livello cognitivo nella norma. Carlo è lento nella lettura, spesso confonde le lettere o addirittura salta le righe, a volte si butta ad
indovinare le parole confondendole. La comprensione del testo letto è limitata! A scuola mostra facile distraibilità e tendenza ad alzarsi dal banco.
I suoi quaderni sono molto disordinati con errori di doppie ed omissioni di H e grafia illeggibile.
Padre “potrebbe fare di più con l’intelligenza che ha….”
DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA): DEFINIZIONE:
Specifiche difficoltà nelle abilità scolastiche strumentali (lettura, scrittura e calcolo) che si manifestano all’inizio della scolarizzazione, al termine del
normale processo di insegnamento delle abilità di lettura e scrittura (fine della seconda primaria) e di calcolo (fine della terza primaria), in
presenza di un funzionamento intellettivo generale nella norma (Consensus Conference 2011).
DSA: DEFINIZIONE:
Diagnosi, mediante test standardizzati di lettura, scrittura e calcolo, quando:
“il livello di una o più di queste tre competenze risulta di almeno 2 D.S. inferiore ai risultati medi prevedibili, oppure l’età di lettura e/o di scrittura
e/o di calcolo è inferiore di almeno due anni in rapporto all’età cronologica del soggetto, e/o all’età mentale, misurata con test psicometrici
standardizzati, nonostante una adeguata scolarizzazione”.
(L.G. SINPIA 2005)
DEVIAZIONI STANDARD:
Indica di quanto la prestazione di un soggetto si discosta dalla prestazione media fornita da individui della stessa età cronologica o classe
frequentata (lo scostamento può essere positivo o negativo).
Valore inferiore a -2 ds: prestazione deficitaria, Richiesta Intervento Immediato
Valore compreso tra -2 ds e -1 ds: prestazione ai limiti inferiori della norma; Richiesta di Attenzione
DSA: SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE: ICD-10:
Asse F81 (Disturbi Evolutivi Specifici delle Abilità Scolastiche):
F81.0-Disturbo Specifico di Lettura
F81.1-Disturbo Specifico di Compitazione
F81.2-Disturbo Specifico delle Abilità Aritmetiche F81.3-Disturbo Misto delle Abilità scolastiche
F81.8-Altri disturbi evolutivi delle Abilità Scolastiche (Disgrafia) F81.9-Disturbi evolutivi delle abilità scolastiche non specificati
DSA: SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE: DSM-V:

DISLESSIA:
“…Parametri essenziali per la diagnosi di dislessia, nei sistemi verbali trasparenti come la lingua italiana, sono la rapidità misurata come il tempo di
lettura di brani, parole o sillabe, e la correttezza misurata come numero di errori di lettura e scrittura, che si discostino per difetto di almeno due
deviazioni standard dalle prestazioni dei lettori della stessa età o risultino di due anni inferiori rispetto all’età cronologica.
La comprensione del testo non concorre alla formulazione della
diagnosi di dislessia, anche se fornisce informazioni utili
sull'efficienza del lettore….” (SINPIA 2005)
DISLESSIA: CLASSIFICAZIONE:
La maggior parte dei lavori individua due aree funzionali coinvolte nel processo di lettura selettivamente colpite nei bambini dislessici,
grossolanamente corrispondenti a quelle che Boder chiama canale uditivo e canale visivo (SINPIA 2005).
Dislessia come un disturbo della lettura in cui le performance di lettura e scrittura mostrano l’esistenza di deficit nella funzione uditivo analitica, in
quella visivo-gestaltica od in entrambe.

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SOTTOTIPI DI DISLESSIA:
Dislessia disfonetica è presente una disabilità fonologica connessa a volte con un disturbo del linguaggio.
Bambini con questa presentano deficit nell’analisi fonologica della parola e nell’integrazione simbolo-suono (difficoltà a compitare foneticamente,
a suddividere in suoni e sillabe le parole); presentano errori di discriminazione uditiva, omissione-inversione-sostituzione di lettere-sillabe, errori
di analisi sequenziale uditiva

La dislessia diseidetica è sottesa da disturbi visuo- percettivi, cioè difficoltà nel riconoscere le parole così come appaiono, nella memoria visiva di
lettere e parole, nell’analisi sequenziale visiva; i soggetti con questo sottotipo di dislessia compiono errori di tipo speculare, inversioni di lettere e
sillabe. Sono lettori lenti ma accurati.
La dislessia mista comprende l’associazione delle difficoltà uditive e visive.
DISORTOGRAFIA: DEFINIZIONE:
Quantità di errori ortografici che difettano in misura uguale o superiore alle due deviazioni standard rispetto ai risultati medi dei bambini che
frequentano la stessa classe scolare.
Riguarda le regole ortografiche e sintattiche:
- Errori fonologici (sostituzione, inversione, omissione di grafemi);
- Errori non fonologici (fusione/separazione illegale);
- Accenti e doppie.
DISGRAFIA: DEFINIZIONE:
E’ una difficoltà di apprendimento del codice scritto, in presenza di competenze intellettive nella norma, di un adeguato ambiente di istruzione
accademica e in assenza di deficit sensoriali o neurologici.
Si manifesta come una difficoltà a riprodurre i segni
alfabetici e numerici.
Conseguenza di disturbi di esecuzione motoria di ordine disprassico quando non fa parte di un quadro spastico o atassico o extrapiramidale.
DISGRAFIA: CLINICA:
Ridotto orientamento nello spazio grafico (non rispetto dei margini del foglio, lascia spazi tra grafemi e parole, non segue la linea e procede in salita
o in discesa).
La direzione del gesto grafico viene spesso invertita.
La produzione e la riproduzione (copia) non sono buone (disegno, figure geometriche, parole).
Il ritmo grafico è irregolare (scatti, interruzioni, gesto non armonico e fluido).
DISCALCULIA:
La diagnosi di discalculia non può essere formulata prima della III elementare, anche se già nel primo ciclo elementare possono essere rilevate
discrepanze fra le capacità cognitive globali e l'apprendimento del calcolo numerico (che comprende la numerazione bidirezionale, la
transcodifica, il calcolo mentale, l'immagazzinamento dei fatti aritmetici, il calcolo scritto).
La valutazione si riferisce alla correttezza e soprattutto alla rapidità.

Sono individuati diversi tipi di disabilità che riguardano:


- la processazione dei numeri, cioè il riconoscimento dei simboli numerici e la capacità di riprodurli graficamente e organizzarli nello spazio,
- il sistema del calcolo con l’utilizzazione di procedure per eseguire le operazioni matematiche,
- la risoluzione dei problemi aritmetici che comporti l’analisi dei dati e l’organizzazione del piano di lavoro.
DSA: EPIDEMIOLOGIA:
Disturbo di lettura: prevalenza del 4%, con range da 2-10%.
Disturbo di scrittura: prevalenza nel range 2-8%,
Disturbo del calcolo nel range 1- 6% (57).
DSA: COMORBIDITÁ:
Disturbi esternalizzati o disturbi con comportamento dirompente:
1. Disturbo da deficit di attenzione e iperattività frequente
2. Disturbo Oppositivo-Provocatorio: favorisce il disadattamento scolastico e talvolta può essere secondario alle esperienze frustranti
vissute dai bambini a causa di insuccessi nella didattica;
3. Disturbi della condotta e inerenti l'area della devianza sociale, eventualmente associati ad abuso di sostanze e comportamenti
delinquenziali spesso in rapporto con situazioni scadenti sul piano sociale.
Disturbi internalizzanti:
1. Disturbi d'ansia
2. Attacchi di panico, disturbo di ansia di separazione, fobie semplici, fobia sociale. Questi disturbi possono condurre anche a ritiro dalla
scuola.
3. Disturbi somatoformi possono essere espressione di reazioni secondarie agli insuccessi e frustrazioni in campo didattico e produrre
disadattamento e ritiro transitorio o prolungato dalla scuola;
4. Disturbi dell'umore
DSA: PROGNOSI:
L'evoluzione è influenzata da:
Gravità.
Tempestività e adeguatezza degli interventi.
Dal livello cognitivo e metacognitivo.
Dall'ampiezza delle compromissioni neuropsicologiche.
Dalla associazione di difficoltà nelle tre aree (lettura, scrittura, calcolo).
Dalla presenza di comorbilità psichiatrica.
Dal tipo di compliance ambientale.
DSA: DIAGNOSI:

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- NPI, psicologo, logopedista.
- Anamnesi (familiarità, sofferenza alla nascita, eventuali disturbi neurologici o psichiatrici concomitanti).
- Esame obiettivo generale e neurologico.
- Valutazione pediatrica (anemia, DM, asma o DCA gravi).
- Valutazione oculistica.
- Valutazione ORL.
VALUTAZIONE PSICOMETRICA:
Abilità intellettiva: Scale Weschler di intelligenza (WISC R, WAIS R), Scala Stanford Binet. Eventuali discrepanze tra componenti verbali e di
performance.
Lettura: Prove di lettura, Cornoldi C (MT);
Batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia, Sartori G, Job R, Tressoldi E. (DDE-2).
Scrittura: Batteria per la valutazione della scrittura e delle competenze ortografiche, Tressoldi PE, Cornoldi C (DDE-2; BVSCO-2).
Calcolo: Test di valutazione delle abilità del calcolo e soluzione dei problemi Cornoldi C (ACMT), Batteria discalculia evolutiva Biancardi A (BDE-2).
VALUTAZIONE DELLE FUNZIONI NEUROPSICOLOGICHE (da valutare ogni singolo caso):
Competenze percettive visuo-spaziali (Matrici progressive di Raven, Orientamento di linee di Benton, TPV), visuo-motorie e grafo-spaziali (Figura
complessa di Rey, Riproduzione di figure geometriche Bender).
Memoria: uditiva (memoria di cifre, parole e di frasi) e visiva (cubi di Corsi, Figura complessa di Rey, test di ritenzione visiva di Benton);
Attenzione (prova delle Campanelle, Stroop test, BIA);
Abilità motorie (APCM; Movement ABC);
Linguaggio: Comprensione lessicale (Peabody), Produzione lessicale (Boston, fluenza verbale), Comprensione morfosintassi (Rustioni, TROG-2,
Token test).
Funzioni esecutive (Torre di Londra, Winsconsin Card Test).
VALUTAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE EMOTIVO-RELAZIONALE (da valutare ogni singolo caso):
Colloqui con i soggetti e i familiari, osservazione del comportamento;
Uso di tecniche proiettive: test carta-matita (Machover, Corman, Koch); favole di Duss, Storie di Thomas, CAT e TAT; Rorschach;
Scale di valutazione per disturbi psicopatologici specifici: Inquadramento dei sintomi (Child Behaviour Check List, CBCL), ADHD (SDAI e SDAG; Scala
Conners), Depressione (Children Depression Rating Scale Revised di Poznanski, CDRS-R; Child Depression Inventory CDI di Kovacs per
autosomministrazione).
Disturbi d’ansia (Cianchetti e Sannio Fancello, OS, 2001).
Disturbi psicotici (PANSS; DICA).
DISLESSIA: DIAGNOSI:
- La valutazione della CORRETTEZZA (data dal numero di errori commessi) e RAPIDITÀ (espressa in sillabe al secondo) di lettura hanno
l'obiettivo di accertare lo stato di acquisizione della tecnica di decodifica di uno studente (quando un processo è automatizzato non
necessita di un elevato grado di controllo ed avviene in modo più rapido).
- L 'evoluzione della velocità di lettura di brano e di parole isolate si sviluppa in modo parallelo.
- La velocità di lettura di non-parole si differenzia progressivamente dalle altre due condizioni con il progredire dell'esperienza di lettura.
LE DUE VIE DELLA LETTURA:
- La via fonologica o via indiretta lavora operando una analisi biunivoca del materiale da decodificare e codificare, richiede risorse
attentive ed ha una processazione lenta. Utilizzata per la lettura delle non parole.
- 0 La via lessicale o via diretta, invece, lavora accedendo direttamente alla forma fonologica della parola intera, opera in modo
automatico, ha una processazione veloce.
MT (CORNOLDI):
- Test standardizzato per ogni fascia di età scolare a partire dalla 1ª classe della scuola primaria fino alla 3ª classe della scuola secondaria di
I grado (le MT avanzate sono fino al biennio delle superiori), utilizzabile per valutare la correttezza, la rapidità della lettura di brano.
- Lo strumento è costituito da prove iniziali, intermedie e prove finali.
- Parametri: Rapidità: sillabe/secondo. Correttezza: numero di errori commessi.
- Gli indici emersi dalle prove MT si possono interpretare attraverso le deviazioni standard oppure su quattro fasce di prestazione:
Livello ottimale:
Criterio Pienamente Raggiunto CPR
Prestazione sufficiente PS
Richiesta di attenzione RA (al limite; -1 ds)
Richiesta intervento immediato RII (deficitaria; -2 ds)

DISGRAFIA: DIAGNOSI:
Valutazione in età scolare
1. Disegno spontaneo
2. Riproduzione di figure geometriche (Bender)
3. Riproduzione di modelli verbali (copia di brano; dettato; produzione spontanea di parole, frasi e brano)
4. WISC-IV
5. TPV (valutazione abilità percettive, visive e visuomotorie).
6. Organizzazione temporale (sequenze).

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7. Orientamento destra-sinistra e dominanza.
Memoria e Attenzione (in diagnosi differenziale).
DSA: ABILITAZIONE/RIABILITAZIONE:
- Promozione dei prerequisiti all’apprendimento di lettura, scrittura e calcolo.
- Intervento sulle abilità generali (linguaggio, attenzione, memoria) che appaiono carenti e sottendono difficoltà di apprendimento.
- Interventi di ordine neuropsicomotorio sulle componenti disprassiche.
- Rieducazione funzionale delle operazioni mentali carenti, individuate e analizzate (neuropsicologia cognitiva).
- Approccio metacognitivo con intervento sulle idee e sulle rappresentazioni che il bambino ha in merito all’apprendimento per sviluppare
strategie funzionali efficaci a risolvere il compito.
DSA: NORMATIVE:
Legge n. 170 dell8.10.2010, Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.
Direttiva Ministeriale del 27.12.2012 Strumenti di intervento per alunni con B.E.S. e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica. (Circolare
Ministeriale n. 8 Dir. Min. 27.12.2012 indicazioni operative).
Legge Regionale n. 32 del 19.11.2012, interventi a favore delle persone con DSA;

E’ importante considerare ogni singolo caso.


Nei disturbi di apprendimento gravi, con livello intellettivo limite o comorbidità psicopatologiche possibilità di richiedere l’indennità di frequenza
(legge 289/90) (per “minori con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età” 282.55 euro mensili per i mesi di frequenza scolastica
e/o di un centro di riabilitazione riconosciuto) o il riconoscimento dello stato di handicap (legge 104/92) con compilazione di diagnosi funzionale
(Utilizzo del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS) e richiesta di insegnante di sostegno.
In questi casi il programma scolastico sarà invidualizzato e sottoscritto da un
accordo tra scuola, famiglia e operatori socio-sanitari (PEI).

DIAGNOSI FUNZIONALE (DGR 164 DEL 05/03/07):


CERTIFICAZIONE DSA:
- Secondo la Legge n. 170 dell’8.10.2010, nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.
- Compilata da équipe multidisciplinare: NPI, psicologo, logopedista.
- Il profilo di funzionamento contiene: competenze cognitive, linguistiche e metafonologiche, visuo-spaziali, motorio-prassiche, attentive,
mnestiche, abilità scolastiche, situazione affettivo relazionale.
- Sintesi clinica e suggerimenti per l’intervento: Utilizzo di strumenti compensativi (schemi e mappe concettuali, utilizzo del computer e/o
della calcolatrice, sintesi vocale) e dispensativi (esclusione dalla lettura ad alta voce in classe, interrogazioni programmate).
- In caso di certificazione di DSA la scuola deve accertare che la documentazione sia stata prodotta in conformità a quanto previsto dalle
linee guida con riferimento a:
1. carattere multidisciplinare della diagnosi,
2. alle strutture preposte,
3. alle informazioni cliniche utili ai fini della programmazione dell’intervento didattico ed eventualmente di quello riabilitativo specifico.
- Rinnovo ad ogni passaggio di ciclo scolastico.
PRINCIPI DI INTEGRAZIONE SCOLASTICA: BES:
- Sotto-categorie: disturbi evolutivi specifici (DSA, disturbi di linguaggio, delle abilità non verbali, di coordinazione motoria), svantaggio socio-
economico, linguistico, culturale.
- Tutte queste non vengono o possono non venir certificate ai sensi della legge 104/92, non dando diritto alle misure previste dalla stessa, come
l’insegnante di sostegno.
- Piano didattico individualizzato: redatto dalle insegnanti e condiviso con chi ha in carico il bambino. Possibile utilizzo di strumenti
compensativi/dispensativi.
LA SCUOLA:
1. presa in carico dell’alunno da parte dell’intero consiglio di classe o team docente;
2. coinvolgimento della famiglia;
3. redazione del PDP (Piano didattico personalizzato) entro il primo trimestre scolastico.
4. La stesura del PDP è di competenza dei docenti e non richiede la partecipazione vincolante e la sottoscrizione (come avviene invece per il
Progetto Educativo Individualizzato PEI) di operatori sociosanitari.
PDP:
Il PDP deve contenere almeno le seguenti indicazioni:
- dati anagrafici;
- descrizione del funzionamento delle abilità strumentali (lettura, scrittura, calcolo);
- attività didattiche personalizzate (per ciascuna disciplina interessata);
- strumenti compensativi misure dispensative;
- patto con la famiglia;
- forme di verifica e valutazione personalizzate.

DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO E DI CONDOTTA


CASO CLINICO:
Bambina di 9 anni che presenta episodi di agitazione, aggressività durante i quali butta tutto in aria, piange disperatamente, mantenendo tale
comportamento per ore prima di calmarsi ed essere tranquillizzata. Negli ultimi mesi non frequenta più la scuola, si mostra irritabile, dispettosa,
non ascolta le insegnanti, litiga con i compagni, si rifiuta di fare i compiti.
Di tanto in tanto si muove sulla sedia con piccoli movimenti nervosi.

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DISTURBI DIROMPENTI, DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI E DELLA CONDOTTA:
L’aggressività è un comportamento “fisiologico”.
Modalità difensiva contro gli attacchi fisici e verbali che contribuisce alla sopravvivenza ed allo sviluppo delle capacità di adattamento.
Comportamenti aggressivi quali colpire, spingere, schiaffeggiare, mordere, dare pugni, sputare, o tirare i capelli sono comuni nei bambini piccoli.
Crescendo la gran parte dei bambini tendono a socializzare e inibire tali comportamenti aggressivi.
A 3 anni i bambini sono in grado di riconoscere la violazione delle regole. In tale epoca compaiono le capacità di inibizione delle risposte
automatiche, di mantenere e manipolare informazioni recenti al fine di guidare un comportamento (Memoria di Lavoro); di posticipare una
gratificazione.

Le interazioni con gli adulti giocano un ruolo importante nel modellare il repertorio comportamentale del bambino verso modalità più appropriate
di difesa dei propri diritti (e beni) ed espressione dei propri desideri.
Alcuni bambini non riescono a sviluppare tali capacità e continuano frequentemente a manifestare comportamenti aggressivi e di violazione delle
regole.

Mancanza di controllo nel comportamento ed emozioni


Disturbi che violano i diritti degli altri e le norme sociali

DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO (DOP) DSM-5:


Pattern di UMORE:
- comportamento polemico/provocatorio
- arrabbiato/irritabile
- vendicatività
Per un periodo di almeno 6 mesi
Con la presenza di almeno 4 sintomi
Presente durante l’interazione con almeno una persona diversa dai fratelli.
DOP:
UMORE ARRABBIATO/IRRITABILE
E’ spesso suscettibile o facilmente irritabile.
È spesso arrabbiato o rancoroso.
COMPORTAMENTO OSTILE /PROVOCATORIO
Spesso litiga con le figure autoritarie, per bambini e adolescenti con gli adulti.
Spesso sfida attivamente o rifiuta di seguire le richieste delle figure autoritarie o le regole.
Spesso irrita deliberatamente gli altri.
Spesso accusa gli altri per i suoi errori e per il proprio comportamento.
VENDICATIVITA’
E’ stato dispettoso e vendicativo almeno 2 volte negli ultimi 6 mesi.
DOP DIFFERENZIAZIONE PER ETÁ:
Bambini fino a 5 anni: comportamento per la maggior parte dei giorni per un periodo di almeno 6 mesi
Bambini > 5 anni: comportamento dovrebbe avvenire almeno 1 volta a settimana per almeno 6 mesi
DOP:
L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo.
Criteri di esclusione: Disturbo Psicotico, di Disturbo da Uso di Sostanze, di un Disturbo Depressivo o Disturbo Bipolare, Disturbo di Condotta o
Disturbo di Personalità antisociale.
Può essere lieve, moderato, severo.

DISTURBO DI CONDOTTA (DC):


Può esordire nell’infanzia (almeno un sintomo prima dei 10 anni) oppure nell’adolescenza (dopo i 10 anni).
Può essere preceduto da un disturbo da deficit di attenzione ed iperattività.
Può evolvere in un disturbo antisociale di personalità.
Modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui diritti fondamentali degli altri e le regole della società vengono violate.

Presenza di almeno 3 dei 15 criteri nei 12 mesi Almeno 1 criterio negli ultimi 3 mesi
Domini:
Aggressioni a persone o animali Distruzione di proprietà
Frode o furto
Gravi violazioni di regole scolastiche
Il funzionamento sociale, scolastico e lavorativo è gravemente compromesso.

AGGRESSIONE A PERSONE O ANIMALI:


1) E’ prepotente, minaccia o intimorisce gli altri
2) Dà inizio a colluttazioni fisiche
3) Usa un’arma che può causare danni fisici ad altri (bastone, barra, bottiglia rotta, coltello, pistola)

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4) E’ fisicamente crudele con le persone
5) E’ fisicamente crudele con gli animali
6) Ruba affrontando la vittima (aggressione, scippo, estorsione, rapina a mano armata)
7) Forza qualcuno ad attività sessuali
DISTRUZIONE DI PROPRIETÁ:
8) Appicca il fuoco con l’intenzione di causare seri danni
9) Distrugge deliberatamente proprietà altrui
FRODE O FURTO:
10) Entra in edificio, domicilio o automobile altrui.
11) Mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (“raggira gli altri”).
12) Ruba oggetti di valore senza affrontare la vittima (furto nei negozi ma senza scasso, falsificazioni).
GRAVI VIOLAZIONI DI REGOLE:
13) Trascorre fuori casa la notte nonostante la proibizione dei genitori, con inizio prima dei 13 anni d’età
14) Fugge da casa DUE volte mentre vive a casa dei genitori o di chi ne fa le veci, o UNA volta senza ritornare per un lungo periodo
15) Marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni

DC:
SPECIFICARE SE:
 Con Emozioni Prosociali Limitate
 Mancanza di Rimorso e Senso di Colpa
 Insensibile-mancanza di empatia
 Disinteresse sulle Performance
 Superficiale o carente negli affetti
 Lieve
 Moderato
 Grave
DOP E DC:
Nel disturbo oppositivo-provocatorio, meno grave, l’aggressività è espressa verbalmente e non giunge alle gravi aggressioni fisiche del disturbo
della condotta.
Nel disturbo della condotta l’aggressività è agita, con aggressioni a persone, animali e cose.
COSA C’É DIETRO QUESTI COMPORTAMENTI?:
Questi ragazzi mostrano scarsa attenzione per i sentimenti, i desideri e il benessere degli altri; tuttavia l’ambivalenza affettiva traspare in alcuni
momenti e si evidenziano sentimenti opposti.
Le azioni spericolate e rischiose esprimono spesso uno stato depressivo “agito”, che tenta di richiamare l’attenzione dell’altro e di cimentare al
massimo la capacità affettiva dei genitori o degli adulti di riferimento verso di loro.
IN QUALI SITUAZIONI AMBIENTALI E SOCIALI SI RISCONTRANO?:
In situazioni di rifiuto o di abbandono da parte dei genitori.
In condizioni di norme educative inappropriate al temperamento del ragazzo, spesso contraddittorie e incoerenti o troppo rigide o troppo
permissive.
Maltrattamenti fisici o sessuali
Genitori che non si prendono cura dei figli, per mancanza di capacità (es. genitori psicotici) o di desiderio.
Frequentazione di ambienti sociali pericolosi.
DC ESEMPIO:
Giovanni 14 anni,
Minaccia spesso i suoi compagni di classe e a volte li picchia, di frequente marina la scuola.
Vive in un quartiere a rischio e per sopravvivere deve assumere un atteggiamento da duro, fa parte di una banda per sentirsi protetto, attività
antisociale per essere accettato.
Aggressività sproporzionata, nessuna critica neanche dopo arresto/detenzione.
EZIOLOGIA:
Questi disturbi hanno sia una componente genetica, sia una componente ambientale.
Si riscontrano più frequentemente quando i genitori hanno disturbi della condotta, disturbi antisociali di personalità, schizofrenia.
Entrambe le componenti interagiscono reciprocamente.
FATTORI DI RISCHIO:
Famiglia: Reddito e funzionamento familare (cure fisiche, abuso)
Psicopatologia dei genitori: ambiente e/o geni condivisi
Fattori Psicosociali del Bambino: Social Learning (codifica degli stimoli sociali, interpretazione degli stimoli, ricerca delle risposte appropriate,
decisione di come rispondere) Attaccamento insicuro --> Bassa autostima...Diminuite Competenze Sociali
Basso QIV e ritardo nella lettura
Fattori Intrinseci del Bambino: Sesso maschile, Temperamento non inibito, Ipofrontalita’ (incapacita’ a pianificare, ad imparare dalle
conseguenze negative delle proprie azioni, a dirigere il proprio comportamento), Ansia come freno.
Zuddas a.a. 2013/14

PATOGENESI:

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Disfunzione delle regioni cerebrali paralimbiche:
1. Alterato controllo dell’aggressività (amigdala);
2. Alterato controllo del processamento degli stimoli negativi
Scarsa comprensione ed espressione delle emozioni e dell’empatia
Alterazione delle funzioni esecutive:
1. Alterato controllo dell’aggressività
2. Difficoltà di pianificazione, di consapevolezza delle conseguenze 3. Difficoltà di autocontrollo
Difficoltà di regolazione emozionale.
EPIDEMIOLOGIA:
DCD - Prevalenza in età evolutiva: 6%-16% nei maschi e 2%-9% nelle femmine (Marcelli,2009);
Continuum evolutivo DOP: DC : Disturbo di Personalità Antisociale (DPA) in età adulta.
DIAGNOSI:
 Distinguere gli episodi transitori dai pattern cronici di comportamento, le forme reattive da quelle abituali.
 Anamnesi familiare e storia personale
 Età di insorgenza dei sintomi
 Atti commessi
 Caratteristiche dell’ambiente familiare, culturale e sociale.

 Considerare abuso di sostanze, eventuali patologie neurologiche o psichiatriche associate.


 Valutazione psicodiagnotica (colloquio clinico, test proiettivi, scale di personalità, definizione del livello di autonomia e di
consapevolezza).
 Se la clinica è più lieve, si parla di Disturbo oppositivo-provocatorio.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
1 Disturbi dell’umore.
2 Altri disturbi psichiatrici (stati acuti in pazienti schizofrenici o con disturbi di personalità).
Queste situazioni vanno differenziate dai disturbi della condotta perché le terapie da adottare sono differenti.
TERAPIA:
Farmacologica:
1 Modulatori del tono dell’umore (VPA e CBZ)
2 Antipsicotici atipici (poco accettati dai ragazzi per la sonnolenza)
3 Serotoninergici (paroxetina, fluvoxamina, fluoxetina)
Psicoterapia individuale: verbalizzazione dei disagi, che vengono principalmente agiti. Sentimenti depressivi.
Intervento sulla famiglia: serve ad interrompere il circolo vizioso di interazioni negative tra genitori e figli e ripristinare i rispettivi ruoli, che hanno
perso in genere i confini tra i vari componenti.
Questi interventi devono essere attivati contemporaneamente e implicano un lavoro in équipe.
PROGNOSI:
Scarsa risposta al trattamento a causa:
1. Pervasività dei comportamenti disfunzionali
2. Scarsa compliance al trattamento del nucleo familiare
3. Frequente evoluzione verso disturbo di personalità antisociale
Prognosi peggiore se insorgenza in infanzia.

DIAGNOSI FUNZIONALE
DIAGNOSI FUNZIONALE (DF) E PIANO DIDATTICO INDIVIDUALIZZATO (PEI)
QUANDO:
• Nei casi di disabilità intellettiva
• Disturbi del neurosviluppo
• Patologie genetiche-Sindromi
• Iposensorialità
• Ipostimolazione ambientale
DF DEFINIZIONE:
È la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico dell’alunno in situazione di handicap, rilasciata a seguito di
appositi accertamenti collegiali richiesti dalla famiglia (DPCM n. 185 del 23 febbraio 2006)
DF CHI LA REDIGE:
L’Unità Multidisciplinare composta da:
• medico specialista nella patologia;
• specialista in neuropsichiatria infantile;
• terapista della riabilitazione;
• operatori sociali
DF:
Diagnosi Clinica
I codici secondo la classificiazione dell’organizzazione mondiale della sanità (ICD 10)
Le aree cognitiva, affettivo-relazionale, linguistico-sensoriale, motorio-prassica, neuropsicologico, autonomia personale-sociale

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PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO:
Descrizione di:
• area socio-affettiva
• area dell’autonomia
• carenze disciplinari
Verifica nel corso dell’anno degli aspetti individuati
Valutazione finale

Contiene i progetti didattico educativi e forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche.
Serve alla realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione dell’alunno in situazione di disabilità
Viene redatto in accordo da operatori sanitari, sociali ed educativi scolastici
LEGGE N. 104 DEL 5.2.1992:
Detta i principi dell’ordinamento in materia di:
• diritti
• integrazione sociale
• assistenza della persona disabile.
Focalizzando l’attenzione ad una situazione di svantaggio sociale.

PILLOLE DI DIDATTICA
L’IMPORTANZA DELL’OSSERVAZIONE NEL CONTESTO EDUCATIVO:
Osservazione come strumento principale e privilegiato per identificare le caratteristiche dello sviluppo e progettare l’intervento.
Strumento fondamentale, garanzia di un atteggiamento educativo non intrusivo che sostiene l’iniziativa del bambino per stimolarne non tanto
acquisizioni di conoscenze specifiche quanto piuttosto una solida identità, una progressiva autonomia, una diffusa competenza.
Strumento principale e necessario per guidare l’intervento educativo e didattico.
OSSERVAZIONE:
Garanzia di un criterio di intervento alle necessità del singolo bambino e come garanzia di un’attenzione, una pausa di riflessione prima di
intervenire.
Garanzia dello spazio di esplorazione del piccolo e dell’individuazione dei materiali e delle attività da proporgli.

- Per l’insegnante l’osservazione deve poter essere:


un addestramento che aiuti a costruire un “occhio” sensibile e capace di vedere e di capire;
- una pratica quotidiana che consente di individuare criteri per l’intervento;
- uno strumento da usare in modo sistematico per la programmazione e la verifica.
ABILITÁ SOCIALI:
Il/la maestro/a dovrebbe insegnare quelle abilità, sia cognitive che sociali, necessarie agli alunni per essere autonomi nelle relazioni e nella
costruzione della conoscenza.
Insegnar e le abilità sociali non è una perdita di tempo ma un modo per porre gli studenti nelle condizioni di “imparare ad imparare”.
Per far questo è indispensabile che l’insegnante metta per primo in atto le abilità sociali, ascoltando gli studenti, rispettando le loro idee e
rispondendo alle loro esigenze formative.
DIDATTICA INCLUSIVA:
Capace di accogliere anche situazioni di maggiore difficoltà.
Deve riconoscere la “speciale normalità” di tutti gli alunni e conseguentemente il loro bisogno sia di sentirsi normali (cioè apprezzati e sostenuti in
un clima positivo), sia di essere speciali (cioè accettati e valorizzati nella propria individualità).
Modalità: promuovere l’amicizia e l’aiuto reciproco, organizzare lavori di gruppo, insegnare le abilità sociali (valutazione assertiva: accettazione
empatica dell’altro, valorizzazione degli aspetti positivi, analisi degli aspetti errati o che vanno migliorati, aiuto e rilancio della sfida cognitiva del
ragazzo).
da tenere a mente in sede di programmazione di intervento rieducativo in caso di Disturbi dell’Apprendimento:
Precocità di intervento.
Possesso di una diagnosi di tipo funzionale.
Scegliere obiettivi educativi e riabilitativi rilevanti. O Enfasi sui prerequisiti.
Garantire la gradualità.
Garantire la partecipazione attiva del soggetto ricorrendo a frequenti feedback (verbalizzazione ad alta voce).
Aumentare l’atteggiamento favorevole verso l’apprendimento (partire dalle capacità possedute del bambino).
Garantire il mantenimento, la generalizzazione dell’apprendimento.
facilitazione della generalizzazione nell’apprendimento:
Scegliere obiettivi implicanti prestazioni che possano risultare facilmente rinforzabili anche nell’ambiente naturale di vita.
Proporre agli alunni esempi molto chiari e diversificati variando le istruzioni e gli stimoli discriminanti.
Variare il tipo di feedback usato e ritardare anche la somministrazione dei rinforzi.
Nelle situazioni di insegnamento-apprendimento usare materiali e stimoli che hanno maggiori probabilità di comparire nelle successive situazioni
di generalizzazione.
Ricorrere alla collaborazione di altri operatori e di coetanei da usare come tutors.
Rinforzare adeguatamente i resoconti verbali sui comportamenti attivati per la soluzione di un problema, stimolando l’automonitoraggio e
l’autorinforzo.
Quando si verificano le generalizzazioni, rinforzarne qualcuna di tanto in tanto, come se generalizzare fosse una vera e propria classe di risposta
operante.

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MAPPE CONCETTUALI:
Le mappe concettuali sono utilizzate per rappresentare graficamente e in modo conciso le relazioni e i rapporti di gerarchia tra i concetti,
consentendo di riflettere sulla struttura della conoscenza e sul processo che porta alla sua creazione, aiutando ad acquisire un metodo di studio
efficace.
Sono una risorsa importante per trovare delle motivazioni intrinseche a imparare, perché forniscono il "piacere" di apprendere.
Permettono di visualizzare la natura dei concetti, di evidenziarne le relazioni gerarchiche, di far emergere la struttura ideativa di un testo e di
rappresentare graficamente le conoscenze, favorendo in questo modo la metacognizione intesa come la consapevolezza che un soggetto ha della
propria capacità cognitiva.

Preferire strutture gerarchiche: argomento principale e organizzazione dal generale al particolare in verticale
Nei nodi scrivere solo parole- chiave
Usare, possibilmente, riferimenti visivi (immagini, foto, colori)
Sulle frecce possono essere usate delle parole-legame o delle domande
Se la mappa ha forma a raggiera, organizzata intorno a una parola o espressione chiave, non deve essere troppo articolata.
Bibliografia: Imparando ad imparare J. Novak – B. Gowin SEI Torino 2001
INSEGNARE AL BAMBINO IPERATTIVO-COMUNICAZIONE ASSERTIVA:
Rivolgersi direttamente all’interessato piuttosto che ad un intermediario.
Trattare in privato anziché in pubblico.
Evitare i confronti.
Protestare verbalmente e non con la mimica.
Affrontare un argomento per volta.
Evitare di usare espressioni quali “sempre”, “mai”, esimili.
Essere concreti e precisi.
Esprimersi in prima persona.
Presentare l’aspetto positivo della critica.
Suggerire una soluzione realistica e accettabile.
COMUNICAZIONE ASSERTIVA:
Nel caso in cui il bambino fa richieste fastidiose o mostra altri comportamenti irritanti...mantenere posizione di fermezza.
Essere assertivi significa chiedere il rispetto che ci si merita come educatori.
Quando si acquista maggiore efficacia nel comunicare col bambino, alcuni suoi problemi possono letteralmente risolversi.
METODO DI AUTOCONTROLLO EMOTIVO (tp comportamentale razionale-emotiva di Rebt):
Modificare i modi in cui tendiamo ad interpretare e giudicare determinate situazioni, al fine di mantenere un giusto livello di coinvolgimento
emotivo evitando di essere sopraffatti dagli stati d’animo.
Esempio di fronte a comportamenti problematici superare convincimenti del tipo: “devo riuscire ad ogni costo a far rispettare la disciplina” e
sostituirli con altri più razionali come “è preferibile ottenere un maggior rispetto delle regole e cercherò di elaborare una strategia per riuscirvi”.
AUTOCONTROLLO EMOTIVO:
I più comuni pensieri irrazionali (disfunzionali perché non ci permettono di “funzionare” nel modo migliore) sono convizioni “assolutistiche” e
“catastrofizzanti”, queste sono irrazionali in quanto:
Se vogliamo che i nostri alunni cambino comportamento, conviene predisporre le condizioni affinchè essi possano imparare a comportarsi
diversamente piuttosto che limitarsi a pretendere che essi lo facciano.
Se certe cose non ci piacciono, ci conviene con calma fare il possibile per cambiare ciò che siamo in grado di cambiare e accettare serenamente ciò
che non possiamo cambiare.
FAVORIRE L’EFFICACIA DELLE INSEGNANTI:
1) Accettare che l’alunno iperattivo presenta caratteristiche di natura costituzionale.
2) Rimanere calmi nelle situazioni di crisi.
3) Si mantenga la routine.
4) Rendere chiara la comunicazione.
5) Essere consapevoli degli elementi che scatenano le crisi.
6) Essere positivi.
7) Adeguate tecniche psicoeducative comportamentali
8) Formare gruppi di supporto
L’ALUNNO IPERATTIVO IN CLASSE:
Sforzarsi di acquisire il più possibile una visione positiva circa le caratteristiche presenti nel bambino, cercando di considerarlo non solo iperattivo,
ma anche pieno di vitalità; non semplicemente impulsivo, ma anche spontaneo; non esclusivamente disattento, ma anche creativo; non solo
oppositivo, ma anche determinato; non necessariamente irritabile, ma anche sensibile.
Il bambino iperattivo è soprattutto un bambino che cerca di affermare la sua individualità e unicità.
Eliminare etichette basate su stereotipi non farà scomparire le difficoltà del bambino, ma sarà un primo passo per aiutare a superarle.
INSEGNARE AL BAMBINO AUTISTICO:
Mantenere il bambino motivato ad apprendere, modellandosi in base alle sue esigenze e al suo stile di apprendimento.
I bambini piccoli con disturbi dello spettro autistico non imparano ascoltando e osservando gli altri, come avviene solitamente fra le persone
neurotipiche.
Hanno bisogno che vengano insegnate loro specificamente alcune cose, che gli altri sembrano imparare per osmosi.
Conoscere lo stile di pensiero del bambino con autismo è importante, per insegnanti e genitori, per comprenderne i punti di forza e sfruttarli
nell’insegnamento.

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Le strategie di insegnamento maggiormente efficaci si sono rivelate quelle che sfruttano i punti di forza del bambino e si integrano con i suoi
schemi di pensiero.
Le persone con disturbi dello spettro dell’autismo hanno tutte un pensiero orientato ai dettagli, ma specializzato in diversi modi. Tali modelli di
pensiero specializzato sono di tre diversi tipi:
- pensiero visivo/per immagini fotorealistiche
- pensiero musicale e matematico (per modelli)
- pensiero verbale (non visivo)

Pensatori visivi
Questi bambini spesso amano le arti figurative e il gioco con i mattoncini, come i Lego, e ingenere sono bravi a disegnare. I bambini che sono
pensatori visivi in genere producono tanti bei disegni già nella terza-quarta classe della scuola primaria. Prediligono attività pratiche.
Pensatori musicali e matematici
I pensatori per modelli hanno forti capacità associative e spesso sono molto bravi in matematicae musica. Vedono relazioni e schemi fra numeri e
suoni. Alla scuola primaria alcuni di questi bambini mostrano ottime doti con gli strumenti musicali. Altri hanno buoni risultati sia in musica che in
matematica, altri ancora potrebbero amare la matematica senza avere interessi musicali.
Pensatori verbali
Questi bambini sono specialisti delle parole e imparano tutti i dati che riguardano i loro argomenti preferiti. Molti di questi bambini amano in
particolare la storia e hanno buone capacità di scrittura. I pensatori verbali non hanno un pensiero visivo e in genere saranno poco interessati
all’arte, al disegno o a giocare con i Lego.
COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA (CAA):
La CAA è l’insieme di conoscenze, strategie, tecniche e tecnologie usate per integrare, aumentare o sostituire il linguaggio orale di bambini ed
adulti con grave disabilità comunicativa.
L’aggettivo aumentativa indica come le modalità di comunicazione utilizzate siano tese non a sostituire, ma ad accrescere la comunicazione
naturale esistente.
L’intervento di C.A.A. ha lo scopo di supportare la comunicazione naturale esistente e di fornire soluzioni che facilitino da subito l’interazione fra il
bambino e il suo ambiente di vita.
CAA:
Utilizza tutte le competenze comunicative della persona, includendo le vocalizzazioni o il linguaggio verbale esistente, i gesti, i segni, la
comunicazione con ausili e la tecnologia avanzata.
Non si tratta semplicemente di applicare una tecnica riabilitativa, ma di costruire un sistema flessibile su misura per ogni persona, da promuovere
in tutti i momenti e luoghi della vita poiché la comunicazione è per ognuno di noi necessaria ed indispensabile in ogni momento, e non solo nella
stanza di terapia.
La CAA è un sistema multimodale che interviene nei contesti di vita.

Iniziare quando la mancanza di possibilità di comunicare con gli altri ha gravi ricadute negative nello sviluppo della relazione, del linguaggio, nello
sviluppo cognitivo e sociale.
Ci sono molte evidenze che la CAA non interferisca ma anzi possa stimolare la naturale abilità del bambino a sviluppare una comunicazione
verbale, se possibile.
I potenziali utilizzatori sono le persone con disabilità cognitiva che possono utilmente utilizzarne le strategie come veicolo per lo sviluppo di
un'esperienza significativa di comunicazione, verso lo sviluppo di una competenza verbale o come modalità principale con cui la persona esprime le
sue scelte e i suoi sentimenti.
CAA NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA:
• favorire l'autonomia
• sviluppare le relazioni interpersonali
• condividere un progetto educativo

- promuovere la lettura a tutti i bambini


- creare libri modificati e personalizzati
- condividere un libro modificato e personalizzato

NEVROSI
ANSIA:
La parola “ansia” deriva dal termine latino “anxius” che significa affannoso, inquieto e la radice di questo termine è quella del verbo latino “angere”
che vuol dire stringere, soffocare.
Sentimento penoso associato a un atteggiamento di attesa di un evento imprevisto e vissuto come spiacevole.
Se i livelli non sono troppo alti è uno stato di allerta dell’individuo, che lo prepara a reagire (catecolamine A e NA; caccia; fuga).

A volte può arrivare ad una sensazione di estremo malessere, accompagnata da manifestazioni somatiche (neurovegetative e/o viscerali).
Ad esempio l’attacco di panico è una crisi di angoscia acuta. I sintomi somatici in questo caso possono essere: tachicardia,
sensazione di soffocamento, dolori toracici o addominali, nausea, vomito, tremori, vertigini, agitazione, sudorazione, brividi, sensazione di
estraneità, paura di morire o di impazzire.
PAURA/FOBIA:

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Sentimento di paura legato ad un oggetto (es. aereo, cane, ragno, ecc..) o ad una situazione (ambienti affollati, scuola), ricollegabile sia ad un fatto
dell’esperienza (es. morso di un cane) o ad un evento vissuto da altri (es. un fatto di cronaca sentito in TV).

CASO CLINICO:
Claudio, 10 anni, 5 elementare, da sempre molto attaccato ai genitori. Soffre di frequenti somatizzazioni (cefalee e mal di pancia). All’inizio della
scuola ha manifestato episodi di pianto ed agitazione psicomotoria secondari al distacco dalle figure di riferimento.
Negli ultimi mesi si è assistito all’accentuazione di alcune paure (restare da solo, paura che possa accadere qualcosa di brutto ai propri genitori).
Nell’ultimo periodo inoltre vengono riferiti episodi di difficoltà respiratoria, tachicardia, sudorazione, senso di svenimento e tremori della durata di
alcuni minuti. Portato al pronto soccorso ha eseguito accertamenti medici, tutti negativi.
Riferito dalle insegnanti peggioramento delle performance scolastiche.
Dalla visita specialistica: difficoltà di regolazione emotiva sin da piccolo.
Diagnosi: disturbo da panico in soggetto che con pregresso disturbo d’ansia da separazione.
DISTURBI D’ANSIA IN ETÁ EVOLUTIVA:
• Disturbo d’ansia da separazione • Fobia specifica
• Fobia sociale
• Mutismo selettivo
• Disturbo d’ansia generalizzato
• Disturbo di panico
• Disturbo post-traumatico da stress
PREDITTORI DI UN DISTURBO D’ANSIA:
• Familiarità
• Temperamento: elemento biologico innato che risente nel corso dello sviluppo di componenti ambientali.
• Resilienza: modalità volontaria di risposta a stimoli ambientali e sociali.
PREDITTORI ED EVOLUZIONE DI UN DISTURBO D’ANSIA:
Tratti temperamentali caratterizzati da alta emozionalità e peculiarità delle prime relazioni interpersonali (processi di attaccamento) possono
predisporre ad un disturbo d’ansia (Vicari, 2012).
Un disturbo d’ansia in età evolutiva può contribuire a insufficienti performance e fallimenti con rischio di successivo abbandono scolastico.
Alterazione della memoria e delle funzioni cognitive sono indirette conseguenze di una cronicizzazione del disturbo d’ansia.
DISTURBI D’ANSIA: EPIDEMIOLOGIA:
 1–6%deibambini
 M:F=1:1
 La fenomenologia clinica è direttamente correlata con l’età del soggetto
 Nel bambino piccolo è più frequente l’ansia da separazione e il mutismo selettivo (forme infantili).
 Nel bambino più grande la fobia sociale e scolare, il disturbo di panico e l’ansia generalizzata (forme tardo infantili/giovanili).
DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE:
Preoccupazione eccessiva inerente la separazione dalle figure di riferimento, che permane ben oltre il periodo abituale (2-4 anni) o si presenta in
modo sproporzionato e troppo rigido.
Associazione con notevole ansia anticipatoria e condotte di evitamento.
Insorgenza 6-7 anni (inizio scuola primaria), 3-4% della popolazione; > nelle F. Definito precoce se prima dei 6 anni.
Intensità variabile: per fare diagnosi deve esserci difficoltà persistente a frequentare la scuola.
Nell’imminenza di tale separazione possibile presenza di sintomi fisici (mal di testa, vomito, mal di stomaco, dolori addominali).

Frequente comorbidità con altri disturbi d’ansia, disturbo depressivo e ADHD.


La prognosi è correlata alla presenza di comorbidità psichiatriche.
Frequentemente riportato in anamnesi in soggetti affetti da attacchi di panico.
INDICI COMPORTAMENTALI E COGNITIVI RISCONTRABILI NELLA SINDROME ANSIOSA DA SEPARAZIONE:
Indici comportamentali
 Vuole spesso telefonare alla madre quando è a scuola.
 Interrompe il gioco per controllare che il genitore rimanga vicino.
 Rifiuta di essere lasciato con il baby-sitter.
 Si preoccupa in continuazione di salute della madre.
 Rifiuta di andare a dormire da amici o parenti.
 Rifiuta di andare in vacanza o in campeggio senza i genitori.
Indici cognitivi
 Pensieri sulla possibilità che i genitori possano essere uccisi o rapiti o che possano in qualche modo scomparire e non tornare più.
 Pensieri riguardanti la possibilità che i genitori possano ammalarsi. gravemente e morire anche in seguito a malesseri di poca importanza.
 Pensieri sulla possibilità che i genitori possano ferirsi gravemente o avere un grave incidente stradale.
FOBIE SEMPLICI:
Per mancata risoluzione delle fisiologiche paure infantili e loro amplificazione nel corso dello sviluppo.
Interferiscono con la funzionalità quotidiana del bambino facendo innescare condotte di evitamento.

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Degli animali
Di situazioni ambientali
Di iniezioni e del sangue
Per specifiche situazioni (tunnel, ascensori)
Di altro tipo (contrarre malattie)

FOBIA SOCIALE:
Intensa ansia determinata da situazioni sociali con persone non familiari nei confronti dei quali il bambino si sente esposto a giudizio.
Il bambino spesso è convinto che il proprio comportamento sia caratterizzato da manchevolezze e sarà soggetto di derisione da parte delle altre
persone.
Tale sensazione è così intensa da rendere impossibile i normali rapporti interpersonali, sono bambini che evitano ogni contatto con persone con cui
non hanno confidenza, ma interagiscono bene con quelli che conoscono bene.

L’esternalizzazione del malessere avviene il più delle volte con sintomi somatici, che aumentano l’ansia e il senso di colpa.
1% dei disturbi d’ansia.
Temperamento caratterizzato da inibizione ed elevata emotività.
INDICI COMPORTAMENTALI E COGNITIVI RISCONTRABILI NELLA SINDROME D’ANSIA SOCIALE:
Indici comportamentali
 E’ riluttante a partecipare ai giochi, feste o attività sportive se non conosce chi sarà presente.
 A scuola durante la ricreazione se ne sta in disparte.
 Se va ai giardini pubblici gioca da solo anzichè unirsi agli altri bambini.
 Non va alle feste di compleanno.
Indici cognitivi
 Gli piacerebbe farsi degli amici, ma pensa che gli altri non siano interessati ad avere rapporti di amicizia con lui.
 Crede che gli altri non lo notino neanche o che facciano apposta a non prestargli attenzione.
 Pensa che il comportamento degli altri coetanei possa essere imprevedibile e potenzialmente dannoso per lui.
 Pensa che gli altri non abbiano i suoi stessi interessi o che non si divertano facendo le cose che piacciono a lui.
MUTISMO SELETTIVO:
Incapacità di parlare in alcuni contesti sociali, nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma.
Non è un fenomeno dovuto a qualche disfunzione organica o ad un’incapacità correlata allo sviluppo, ma è un atteggiamento di risposta ad un
forte stato emotivo legato all’ansia.
Spesso associato a un quadro di fobia sociale.
Vari gradi di intensità.
Parziale o totale riluttanza a parlare in ambienti non familiari.
Maggiormente colpite le F.
DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO:
Ansia eccessiva per la maggior parte della giornata da almeno 6 mesi.
Non scatenato da specifici eventi stressanti o particolari stimoli ambientali.
Numerose preoccupazioni riguardanti problemi scolastici e ricerca continua di approvazione.
Stato di continua tensione emotiva associato ad irrequietezza, frequenti somatizzazioni e disturbi del sonno.

Temperamento caratterizzato da alta emozionalità.


Eccessivo conformismo e alta sensibilità alle critiche.
3-4%, lieve prevalenza nel sesso femminile (2:1).
Frequente associazione con disturbo da attacchi di panico.
Possibile associazione anche con disturbi depressivi.
INDICI COMPORTAMENTALI E COGNITIVI RISCONTRABILI NELLA SINDROME ANSIOSA GENERALIZZATA:
Indici comportamentali
 Evita di svolgere compiti ed esercizi per paura di sbagliare.
 Fa frequenti cancellature o strappa le pagine durante lo svolgimento di esercizi o disegni.
 Lamenta frequentemente mal di testa o mal di stomaco durante le lezioni.
 Durante le attività motorie o sportive rimane in disparte ad osservare gli altri per paura di non riuscire.
 Chiede in modo ripetitivo informazioni e chiarimenti su eventi futuri fino ad infastidire l’adulto.
 Evita di farsi notare.
Indici cognitivi
 Tende a distorcere, ad esagerare l’importanza di certi eventi.
 Ingigantisce la gravità dei suoi malesseri catastrofizzandovi sopra.
 Considera ogni minimo errore come un fallimento totale.
 Ritiene che se non riesce subito in un’attività scolastica non ci riuscirà mai.
 Pensa che se sbaglia qualcosa tutti lo noteranno.
DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO:
Nei bambini più piccoli stato improvviso e acuto di tensione e paura che diventa terrore, pianto, agitazione motoria, fuga.
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In pubertà più frequenti I dolori toracici, rossore, tremore, cefalea, vertigini.
Durata da alcuni minuti ad ore, frequenti fenomeni di evitamento.
Età media di insorgenza 15-19 anni.
VALUTAZIONE PSCICOLOGICA:
 Colloquio clinico
 Gioco
 Disegni (figura umana, famiglia, famiglia incantata, albero, bambino sotto la pioggia)
 Scala dell’ansia
 Test proiettivi (CAT, Favole della Duss, Patte Noire, Rorschach,ecc.....).

TERAPIA:
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è il trattamento di elezione nel bambino (riconoscimento e gestione delle emozioni, distorsione
cognitiva alla base dell’ansia, modificazione di tali distorsioni attraverso modalità di coping positive).
Tecniche di rilassamento muscolare e respirazione.
A volte può essere utile un supporto farmacologico per contenere i sintomi (ansiolitici BDZ o antidepressivi SSRI), principalmente in alcuni
adolescenti.
La scelta del trattamento è comuque legata alla tipologia di disturbo d’ansia, dalle preferenze del paziente e dalla disponbilità di un terapeuta
qualificato.

PSICOSI
PSICOSI VS NEVROSI:
Nelle psicosi, diversamente dalle nevrosi, è presente un’alterazione dell’esame di realtà.
In età evolutiva vi è una plasticità (variabilità) maggiore rispetto adulto.
PSICOSI: DEFINIZIONE:
La malattia psicotica è caratterizzata da significativi cambiamenti nella personalità, alterazioni del funzionamento mentale, e un distorto o non
esistente senso di realtà. Sono pertanto disturbi che comportano la perdita di rapporto con la realtà.
PSICOSI:
Insieme di quadri clinici caratterizzati da evoluzione cronica, deterioramento della personalità, sintomi psicotici (deliri, allucinazioni, catatonia,
disordini ideativi) almeno in alcune fasi del decorso.
L’esordio è in genere in età giovanile.
SCHIZOFRENIA IN ADOLESCENZA:
In adolescenza possono riscontrarsi sia un fisiologico ritiro o un’interpretazione incoerente della realtà, come pure può esordire la schizofrenia.
Pertanto la valutazione clinica e la successiva diagnosi devono essere fatte con estrema attenzione.
SINTOMI CARATTERISTICI DELLE PSICOSI:
Cambiamento persistente nelle funzioni psicosociali: deterioramento nello studio o nel lavoro, mancanza di interesse nella socializzazione, perdita
di energia e di motivazione.
Cambiamenti comportamentali: disturbi del sonno e dell’appetito.
Cambiamenti emozionali e altre esperienze soggettive: depressione, ansia, tensione, irritabilità, rabbia, frequenti variazioni dell’umore,
percezione che le cose cambiate o il vissuto che i pensieri sino accelerati o rallentati.
Cambiamenti cognitivi: disturbi di memoria, di concentrazione, sospettosità e insorgenza di convizioni inusuali.
PSICOSI: SINTOMI POSITIVI:
Poi emergono chiaramente i sintomi positivi psicotici:
- confusione delle funzioni cognitive,
- deliri (false convinzioni ideative, che crede reali); di persecuzione, di grandiosità, di gelosia, erotomanico, somatico, misto.
- allucinazioni (vede, sente o odora cose che non esistono),
- illusioni (parte da un dato reale ma lo percepisce differentemente).
PSICOSI: SINTOMI NEGATIVI:
Ritiro sociale, perdita di interesse per le relazioni e di motivazione, fino all’estrema catatonia. Appiattimento affettivo. Povertà di linguaggio o
alogia. Perdita di desiderio o abulia.
La prevalenza di sintomi negativi è tipica delle forme a prognosi peggiore e delle schizofrenie cronicizzate.
VARI TIPI DI PSICOSI:
1. Psicosiprovocatadadroghe(assunzioneo sospensione)
2. Psicosi organica (encefaliti, AIDS, tumori cerebrali o metastasi)
3. Psicosi reattiva di breve durata, dopo un trauma emotivo grave come la morte di un familiare.
4. Schizofrenia (durata oltre 6 mesi)
5. Disturbo schizofreniforme (da 1 mese a 6 mesi)
6. Disturbo psicotico breve (da 1 giorno a 1 mese)
VARIANTI AD ESORDIO PRECOCE:
La schizofrenia ha due varianti ad esordio precoce:
1. Very early onset: esordio prima dei 12 anni (VEOS)
2. Early onset: prima dei 17 anni (EOS). La prognosi in questo caso è più severa.
ESORDIO PSICOTICO O CRISI ADOLESCENZIALE?:
Elementi clinici: Deve tenere dei criteri diagnostici, del colloquio clinico e di test per pensare ad un esordio schizofrenico (K-SADS; Rorschach).
Funzionamento mentale: è compromesso nell’esordio schizofrenico sia nella quotidianità, sia nel contesto scolastico o lavorativo.
Precedenti anamnestici: Familiarità per patologie psichiatriche.
TRATTAMENTO:

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E’ essenziale che l’intervento avvenga nelle fasi precoci del disturbo, per evitare che si organizzino disabilità croniche e invalidanti.
L’intervento prevede:
1- Trattamento farmacologico
2- Azione istituzionale
3- Psicoterapia individuale e familiare.
CASO CLINICO:
Marco, 14 anni, progressivo ritiro sociale e marcato calo del rendimento scolastico, nelle ultime settimane certa tendenza alla sospettosità.
Anamnesi familiare e patologica remota negative.
All’esame obiettivo franca ideazione delirante a carattere persecutorio già da alcuni mesi, associata a dispercezioni di tipo uditivo. Tono dell’umore
con forte componente disforica che si accentua quando la sua ideazione viene criticata. Emerge un disturbo del sonno con caratteri di insonnia, che
nel corso delle settimane si è accentuato.

PERSONALITÁ:
Al fine di un’adeguata strutturazione della personalità sono necessari:
1) Condizioni favorevoli sul piano affettivo- relazionale.
2) Tranquillità emotivo-affettiva nei primi momenti dello sviluppo: attaccamento sicuro.
DISTURBI DI PERSONALITÁ:

Cluster A
Paranoide “Le persone mi osservano” Distaccato Sospettoso
Schizoide “Non ho interesse per nessuno” Evita i contatti sociali Freddo
Schizotipico “Ho dei poteri magici” Immagina di essere amato Ostile
Cluster B
“Le regole limitano la mia
Antisociale Violazione delle norme Rabbioso
soddisfazione”
Borderline “Le persone sono buone, anzi no” Ambivalenza nelle relazioni Labile
Istrionico “Devo mostrare emozioni per piacere” Seduttività Eccitato
Narcisistico “Sono l’unica persona che conta” Egocentrismo Grandiosità
Cluster C
Evitante “La gente non mi vuole” Fuga dalle situazioni sociali Ansioso
Dipendente “Non voglio stare solo” Rinuncia alla propria soddisfazione Preoccupato
Ossessivo-compulsivo “Devo eseguire il rituale” Rigidità Permaloso

STRUTTURAZIONI ABNORMI DI PERSONALITÁ IN ETÁ EVOLUTIVA:


Entità clinica presente in età evolutiva.
Possibili segnali precoci identificabili.
Importante la presenza di pattern disfunzionali di personalità nei genitori, con instabilità emotiva, oscillazioni emotivo-affettive, mentalizzazione
deficitaria, difficoltà di regolazione e contenimento.
Disturbi importanti dell’attaccamento possono alterare la strutturazione del sé e conseguentemente della personalità del soggetto.
STRUTTURAZIONI PATOLOGICHE DELLA PERSONALITÁ:
1) Precocità del disturbo e sua persistenza nel tempo;
2) Resilienza dell’individuo;
3) Fattori di rischio: vissuti traumatici precoci, modelli di attaccamento insicuro-disorganizzato.
Atipie nei legami di attaccamento comprometterebbero lo sviluppo di regolazione emotiva e autocontrollo e porrebbero le basi per un disturbo
borderline di personalità (Fonagy e Bateman, 2008).

EPILESSIA
EPILESSIA E LE SUE ALTERAZIONI NEUROPSICOLOGICHE
EPILESSIA:
Dal Greco “epilambanein”: essere colti di sorpresa, essere sopraffatti.
Definizioni
Crisi epilettiche: Manifestazione clinica improvvisa caratterizzata da fenomenologia motoria, sensitiva o psichica, accompagnata o meno da perdita
di coscienza, indotta da una disfunzione cerebrale transitoria e correlata a una scarica eccessiva e ipersincrona di neuroni della corteccia cerebrale.
Epilessia: Disturbo caratterizzato dal ripetersi delle crisi epilettiche. E’ una definizione clinica.
PERSONAGGI CELEBRI EPILETTRICI:
 Alessandro Magno
 Giulio Cesare: Shakespeare nel Giulio Cesare drammatizza l’epilessia: mentre la folla presenta a Cesare la corona da Re di Roma, egli perde
conoscenza. Bruto riporta la scena: “cadde sulla piazza del mercato, la bava gli venne alle labbra, non potè più parlare” (1599 att 1, scena 2).
 Giovanna D’arco
 Napoleone
 Fedor Dostoevskji
 Gustave Flaubert
 Vincent van Gogh
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EPIDEMIOLOGIA:
Incidenza: 5-7 nuovi casi ogni 10.000 soggetti all’anno. Soprattutto nelle prime due decadi di vita.
Prevalenza: 3-9 casi ogni 1000 abitanti. Il 2-5% della popolazione generale ha presentato una crisi epilettica.
CRISI EPILETTICHE: CLASSIFICAZIONE:
Crisi generalizzate: La scarica neuronale interessa entrambi gli emisferi simultaneamente e ciò implica la perdita di coscienza sin dall’inizio. Se si
hanno manifestazioni motorie, queste sono bilaterali e simmetriche.
Crisifocali: La scarica interessa un settore limitato della corteccia e le manifestazioni cliniche della crisi corrispondono alla localizzazione anatomica
della stessa. La scarica può rimanere localizzata o può diffondere alle regioni circostanti dello stesso emisfero o coinvolgere quello controlaterale,
determinando in questo caso una generalizzazione secondaria delle crisi.

CLASSIFICAZIONE DELLE CRISI EPILETTICHE:


 Crisi generalizzate:
 Assenze
 Crisi miocloniche
 Crisi cloniche
 Crisi toniche
 Crisi atoniche
 Crisi tonico-cloniche

Crisi focali sulla base della conservazione o meno della coscienza: semplici o complesse.
Coscienza-consapevolezza: qualità di risposta agli stimoli ambientali e possibilità di conservare il ricordo di avvenimenti interni ed esterni occorsi
durante la crisi.
FATTORI DI RISCHIO ACQUISITI:
PRENATALI
 Embriofetopatie da causa infettiva (rosolia, toxoplasma, CMV, HSV)
 Malformazioni (eterotopie periventricolari, displasie, polimicrogiria)
PERINATALI
 Ipossia
 Emorragia
 Trauma
POSTNATALI
 Traumi (di entità grave da aver prodotto una lesione corticale)
 Infezioni (encefaliti, meningiti)
 Tumori
FATTORI DI RISCHIO GENETICI:
Trasmissione della predisposizione all’epilessia.
Trasmissione della patologia organica epilettogena (esempio encefalopatie malformative).
GENETICA E PATOGENESI:
Nella norma la trasmissione sinaptica è mediata da neurotrasmettitori liberati secondariamente ad una variazione di potenziale di membrana
dovuta ad un cambiamento nell’equilibrio elettrolitico.
Studiati geni che codificano per recettori di canali il cui flusso mediato da alcuni elettroliti (sodio, potassio, cloro, calcio) e che se alterati possono
essere correlati al manifestarsi di una crisi epilettica (es. SCN1A).
EPILESSIA FOCALE:
Centro-temporale (a parossismi rolandici): parziale motorio, durante il sonno, coscienza integra e pochi episodi/aa, età dipendente (dai 3-13 fino ai
16 anni).
Temporale:
mesiale/aura viscerale-epigastrica, fenomeni emotivi-paura
laterale/dispercezioni uditive.
EPILESSIA GENERALIZZATA: ASSENZE (“PICCOLO MALE”):
Durante l’accesso mancata responsività, sguardo fisso, vuoto, leggermente deviato verso l’alto, battito dell palpebre (3 c/s). Di regola breve durata,
pluriquotidiane, assenza di postcritico.
Comparsa e scomparsa improvvisa, durante gli episodi il bambino è normale.
CRISI TONICO-CLONICHE (“GRANDE-MALE”):
Perdita di coscienza, convulsione generalizzata in cui una fase tonica di irrigidimento è seguita da clonie generalizzate. Solitamente è preceduta da
urlo.
Se il malato è in piedi ci può essere caduta e successivo trauma.
Ci può essere morso della lingua e perdita di saliva (scialorrea). Sonnolenza post-critica.
SINDROMI EPILETTICHE:
 Esordio neonatale/infantile:
  Convulsioni neonatali benigne/ CN familiari benigne
  Encefalopatia mioclonica precoce (causa metabolica)
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  Sindrome di Ohtahara (causa genetico-malformativa)
  Sindrome di West (crisi a tipo spasmo, arresto dello sviluppo psicomotorio, EEG ipsaritmico)
  Sindrome di Dravet- epilessia mioclonica severa dell’infanzia (primo anno di vita con CF, regressione PM, crisi focali e generalizzate)
  Epilessia mioclonica benigna dell’infanzia

Esordio infantile:
  Epilessia con crisi mioclono-astatiche (Sindrome di Doose).
  Sindromi di Lennox-Gastaut (1-8 anni, conseguente West, crisi polimorfe: toniche, atoniche, assenze atipiche).
  Encefalopatia epilettica con punte onda continue nel sonno non REM (ESES).
  Sindrome di Landau-Kleffner.
ENCEFALOPATIE EPILETTICHE: DEFINIZIONE:
Sindrome di West, di Dravet, Lennox-Gastaut, Landau-Kleffner, ESES
Sindromi in cui l’attività epilettica di per se può contribuire a determinare importanti compromissioni della sfera cognitivo/comportamentale con
tendenza al peggioramento nel tempo. Questi deficit possono essere globali o selettivi e di varia severità.
SINDROME DI WEST:
abduzione delle braccia. Flessione del collo e del torace. Estensione delle gambe. Crisi a “jackknife” o coltello a serramanico.

NEUROPSICOLOGIA DELL’EPILESSIA FOCALE:


L’attività elettrica focale si comporta come una lesione e provoca deficit che sono sede e lato specifici. I deficit neuropsicologici sono dovuti alle
crisi, all’attività intercritica, alla terapia farmacologica e ad eventuali lesioni cerebrali associate. Dipendono dalla sede del focolaio.
-  Frontale
-  Temporale
-  Rolandico/Centro-temporale
-  Occipitale.
EPILESSIA FRONTALE:
Capacità di programmare
Memoria di lavoro
Controllo degli impulsi
Attenzione
Fluenza verbale
Controllo motorio.
I deficit cognitivi sono invece più spesso presenti in associazione a lesioni cerebrali. Spesso si associano alterazioni comportamentali.
Le funzioni esecutive sono spesso interessate.
EPILESSIA TEMPORALE:
Temporale sinistro: linguaggio e memoria verbale.
Temporale destra: capacità grafo-motorie e memoria visiva (Figura complessa di Rey).
Alle epilessie temporali si possono inoltre associare disturbi psichiatrici (disturbi dell’umore, disturbi di personalità, disturbo ossessivo compulsivo,
psicosi).
ESPILESSIA ROLANDICA CENTRO-TEMPORALE:
L’assenza di lesioni e di terapia ha portato a dimostrare che il ripetersi delle crisi e le anomalie intercritiche molto frequenti possono essere causa
di disturbi neuropiscologici, come accade spesso nelle EPR, considerate in passato epilessie completamente benigne. Si possono associare disturbi
del linguaggio, dell’apprendimento (focolai temporali di sinistra) e disprassie (focolai temporali di destra).
ESES (STATO EPILETTICO NEL SONNO):
Quando le anomalie in sonno sono continue, si crea una condizione di disturbo del sonno, dell’attenzione, della memoria, dell’apprendimento.
La condizione è transitoria, ma al termine soprattutto se di lunga durata possono permanere difetti neuropiscologici.
EPILESSIE OCCIPITALI:
Deficit di percezione visiva e integrazione visuo- motoria.
Disturbi comportamentali e del neurosviluppo nei bambini maggiormente coinvolti da crisi.
Nessuna deficit.
DEFICIT NEUROCOGNITIVI IN EPILESSIA: CONCLUSIONI:
L’epilessia può interferire con il normale sviluppo neurocognitivo e la severità del deficit neuropsicologico dipende dalla localizzazione, dalla
diffusione e dalla severità delle scariche.
In generale: normale quoziente intellettivo con livelli meno brillanti rispetto alla popolazione generale. Possibili problemi di attenzione. Epilessia
generalizzate idiopatiche un QI migliore rispetto a quelle sintomatiche.
Nelle epilessie centrotemporali disturbi di linguaggio e di apprendimento.
Nelle epilessie occipitali percezione e attenzione visiva.
GESTIONE TERAPEUTICA A SCUOLA:
Art.2 Tipologia di interventi: la somministrazione non deve richiedere il possesso di cognizioni specialistiche di tipo sanitario, nè l’esercizio di
discrezionalità tecnica da parte dell’adulto.

Art. 3 Soggetti coinvolti: la somministrazione di farmaci in orario scolastico coinvolge, ciascuno per le proprie responsabilità e competenze:
Le famiglie degli alunni e/o esercenti la potestà genitoriale; La scuola: dirigente scolastico, personale docente e ATA;
I servizi sanitari: medici di base e le AUSL competenti territorialmente;
Gli enti locali: operazioni assegnati in riferimento al percorso di integrazione scolastica e formativa dell’alunno.

La famiglia chiede la somministrazione dei farmaci a scuola mediante un CERTIFICATO MEDICO.

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Art.5 Gestione delle emergenze. Resta prescritto il ricorso al sistema sanitario nazionale di pronto soccorso nei casi in cui si ravvisi l’inadeguatezza
dei provvedimenti programmabili secondo le presenti linee guida ai casi concreti presentati, ovvero qualora si ravvisi la situazione di emergenza.
COSA FARE IN CASO DI CRISI:
Stendere il paziente sul fianco
Allontanare oggetti che possono fargli male
Tranquillizzarlo
Non cercare di immobilizzarlo
Non mettergli le mani in bocca nè cercare di tirargli fuori la lingua
Se la crisi dura più di 3-4 minuti: intervento farmacologico (senza discrezionalità e senza competenze tecniche).

BUCCOLAM:
Da somministrare nella parte laterale della bocca nello spazio tra la gengiva e la guancia.
Ogni siringa è preriempita con la dose da somministrare per un trattamento.
Se necessario somministrare metà dose ad ogni lato della bocca. Utile massaggiare la guancia per favorire la distribuzione del farmaco.
CHIAMARE IL 118:
Se la crisi dura più di 5 minuti.
Se vi è una seconda crisi a breve dalla prima.
Se vi sono segni di traumi.
NON SEMPRE SI TRATTA DI CRISI:

DISTURBI DEL SONNO


SONNO:
Grande funzione vitale per l’equilibrio fisico e lo sviluppo psicologico.
Da 0 a 3 anni maturazione fino alla struttura dell’adulto.
Il sonno lento profondo (chiamato sonno calmo nel neonato) assicura il recupero sul piano fisico ed è implicato in alcune tappe della
memorizzazione.
Sonno paradossale o REM (agitato nel neonato), è quello dei sogni, permette il recupero fisico, la regolazione delle emozioni e la memorizzazione
degli apprendimenti.
SVILUPPO DEL SONNO:
Neonato dorme 16-17 ore al giorno.
In un neonato si riconoscono 4 stadi di vigilanza:
Sonno agitato: si muove spesso, sorride, presenta movimenti oculari rapidi, attività cardio-respiratoria irregolare, il neonato si addormenta in
questo stadio.
Sonno calmo: segue il sonno agitato, il piccolo non si muove, attività cardio-respiratoria regolare, gli occhi sono immobili e dorme profondamente.
Veglia calma: il piccolo è calmo, gli occhi sono aperti, guarda i volti dei familiari, attività cardiorespiratoria regolare.
Veglia agitata: segue la veglia calma, il bambino è meno attento e reagisce di meno a chi gli si rivolge, può succhiare il pollice o piangere, attività
cardiorespiratoria irregolare.
SVILUPPO DEL SONNO NEI PRIMI ANNI DI VITA:
Il sonno si trasforma rapidamente in questi anni.
Nei primi tre mesi il sonno agitato dei primi giorni, intervallato da movimenti corporei rapidi, viene sostituito dal sonno più stabile, chiamato sonno
paradossale o REM ai tre mesi.
Dai 3 mesi compare il sonno calmo come nell’adulto (fase I e II lento leggero e fase III lento profondo).

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A 6 mesi l’addormentamento avviene come nell’adulto in sonno calmo. Un bambino a quest’età dovrebbe dormire per tutta la notte ( in gergo si
dice “fa le sue notti”).
Ai 9 mesi la struttura somiglia a quella dell’adulto: sonno lento profondo stabile per le prime tre-quattro ore mentre il sonno lento leggero e REM
predominano nella seconda parte della notte.
SVILUPPO DEL SONNO TRA 6 E 12 ANNI:
Il sonno in questo periodo di vita è molto profondo e questo può favorire la comparsa dei comportamenti anomali in sonno: terrori notturni,
sonnambulismo ed enuresi.
Il sonno è molto stabile e i risvegli notturni sono molto brevi.
SONNO NELL’ADOLESCENTE:
Diminuzione del sonno lento profondo e aumento di quello leggero senza modificazione del tempo totale di sonno.
Gli adolescenti mostrano un’ ipersonnia fisiologica, un maggior bisogno di sonno.
Tendenza naturale ad un ritardo di fase (ritardo nelle ore di addormentamento e risveglio).
PISOLINI:
A 6 mesi 3 (mattino, dopo pranzo e alla fine del pomeriggio).
A 9-12 mesi 2 (mattino e dopo pranzo).
Quello del dopo pranzo solitamente scompare tra 3 e 6 anni.
Il permanere del sonnellino pomeridiano in epoche successive può far pensare a deprivazione di sonno notturno o ipersonnia.

MECCANISMI DI REGOLAZIONE DEL CICLO VEGLIA-SONNO:


Il nucleo soprachiasmatico è la sede dell’orologio biologico, è regolato sulle 24 ore dall’alternanza notte giorno; permette l’attivazione dei sistemi
di veglia durante il giorno ed è responsabile dell’organizzazione circadiana del nostro stato di vigilanza.
L’addormentamento invece è indotto dal sistema antiveglia che è mediato dalla serotonina.
L’adenosina inibisce la veglia accumulandosi durante il giorno.
La caffeina inibisce l’adenosina impedendo l’addormentamento.
Processo omeostatico: la profondità e la durata del sonno dipendono dalla durata e la qualità della veglia precedente.

Nel sonno REM inoltre interviene l’acetilcolina che determinano l’instaurarsi dei movimenti oculari rapidi (corteccia-ponte-bulbo proiezioni
ascendenti) e dell’atonia muscolare (corteccia- ponte-bulbo proiezioni discendenti).
Le reti sonno lento-sonno REM funzionano come un pacemaker: un’ alterazione reciproca regola il ciclo del sonno.
DISTURBI DEL SONNO IN ETÁ EVOLUTIVA:
Disturbo Prevalenza
Insonnia 20-30%
Disturbi respiratori in sonno 2-3%
Ipersonnie 0.01-0.2 %
Disturbi del ritmo circadiano 7%
Parasonnie 25%
Disturbi del movimento legati al sonno 1-2%
INSOMNIA DISORDER:

INSONNIA IN ETÁ EVOLUTIVA: CAUSE:


ADHD (anche conseguenza)  Irritabilità
Sovrappeso
Incidenti-traumi
Disturbi psichiatrici
INSONNIA:
Età > 6 mesi
Difficoltà a iniziare, a mantenere o a consolidare il sonno.
Opportunità ed orario adeguati.
Almeno tre sere alla settimana per almeno tre mesi.
Ricadute sul funzionamento diurno del bambino e/o della famiglia, possibili problemi comportamentali.

Primo anno di vita: insonnia comportamentale, allergie, intolleranze, RGE.


Età prescolare: Insonnia comportamentale, parasonnie NREM, paure all’addormentamento, OSA.
Età scolare: parasonnie NREM, paure all’addormentamento, RLS.
Adolescenza: social jet lag; disturbi del ritmo circadiano.
CASO CLINICO:
Lea, 2 anni, vivace, capricciosa. Si oppone molto ai suoi genitori, rifiuta di andare a letto e si addormenta tardi. Una volta addormentata, si risveglia
ed esige la presenza dei genitori. La mamma la lascia dormire al mattino, I ritmi sonno-veglia sono irregolari.
Si consiglia ai genitori di mostrarsi più fermi, di svegliare la bambina progressivamente più presto al mattino (anche se non ha dormito la notte) poi
di stabilire il risveglio al mattino alle 8 con lo scopo di rendere quando più stabili gli orari di addormentamento.
PAURE ALL’ADDORMENTAMENTO:

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73% dei bambini tra 4 e 12 anni.
Il progredire delle acquisizioni cognitive contribusce a questo disturbo.
La presenza di una figura di riferimento all’addormentamento riduce il sintomo, ma può creare un circolo vizioso.
E’ importante parlarne con il bambino durante il giorno e stabilire delle routine.
Trattamento cognitivo-comportamentale con rinforzi positivi.
PARASONNIE (IPNOGRAMMA)
PARASONNIE DEL SONNO LENTO PROFONDO:
Terrori notturni, risvegli confusionali, sonnambulismo.
Nella prima parte della notte (prime 3 ore).
Risveglio parziale, incompleto in sonno profondo.
Nel sonnambulismo si associa ad attivazione motrice, nei terrori notturni e risvegli confusionali con attivazione neurovegetativa.
TERRORI NOTTURNI:
Prevalenza 1-3 % nel bambino di età inferiore ai 15 anni.
Inizio brutale: il bambino si siede sul letto, occhi aperti, piange, urla, sudato, tachicardico e respira con difficoltà. Produce parole incoerenti.
L’episodio dura da alcuni secondi fino a 20 minuti.
RISVEGLI CONFUSIONALI:
Molto frequenti nei bambini inferiori ai 5 anni.
Inizio più progressivo del terrore notturno.
Il bambino si lamenta poi piange, può scendere dal letto. Sembra un capriccio, sembra sveglio, ma non è cosciente, respinge chi cerca di consolarlo.
Durata da alcuni minuti ad un’ora.
SONNAMBULISMO:
Prevalenza: 10-15% tra 3 e 10 anni.
Esordio con l’acquisizione del cammino.
Particolarmente frequente tra 6 e 12 anni.

Comparsa ad 1-3 ore dall’addormentamento.


Può ripetersi due volte nella stessa notte.
Il bambino si alza, con gli occhi aperti, ma non sembra veda, il viso è inespressivo, la deambulazione è lenta. I sonnambuli possono realizzare delle
azioni elaborate come scendere le scale, ma in maniera maldestra, possono farsi male.
PARASONNIE DEL SONNO REM-INCUBI:
Frequente parasonnia del sonno REM.
Sogno vivido, disturbante che causa il risveglio.
Disturbo da incubi: episodi frequenti e ripetuti che rendono difficile il riaddormentamento.
Età pediatrica 19%
Età adulta 2-6%
DIFFERENZE TRA TERRORI NOTTURNI ED INCUBI:
TN I
Orario Prima parte della notte Seconda parte
Sintomi Urla, segni di paura intensa Richiami meno drammatici, paura meno intensa
Contenuto mentale Paura Elaborato
Amnesia Si No
Capacità di rispondere Difficile Facile
Stato di coscienza al risveglio Confuso Normale
Riaddormentamento Facile Difficile
ALLUCINAZIONI IPNAGOGICHE:
I terrori notturni possono essere confusi con alluncinazioni ipnagogiche.
Queste ultime compaiono all’addormentamento, in semi-sonno.
Manifestazioni varie: impressione di cadere, impressioni somestesiche (avere il braccio troppo lungo), visive, uditive, tattili (impressione che ci sia
un animale sul letto).
3-4 anni, possono essere peggiorate dall’ansia.
PARASONNIE TERAPIA:
Rassicurazioni.
Riorganizzazione del ritmo sonno-veglia.
Proteggere i bambini dagli incidenti.
Evitare: la privazione di sonno, esercizio fisico troppo tardi la sera, alcol o caffeina la sera.
Presa in carico psicoterapica, ipnosi, rilassamento.
Terapia farmacologica: benzodiazepine.
ENURESI NOTTURNA:
Incontinenza urinaria in bambini maggiori di 5 anni.
Più di un episodio al mese per tre mesi.
15% in età pediatrica.
Rassicurazione e comprensione del problema.
Restrizione dei liquidi, minzioni frequenti durante il giorno, evitare caffeina, rinforzo positivo.
Allarme (condizionamento operante), psicoterapia, terapia farmacologica (imipramina).
DISTURBI MOTORI IN CORSO DI SONNO:

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Movimenti ritmici del bambino 15% 3-10 anni: subito dopo l’essersi coricato, al sonno leggero o nei risvegli notturni. Movimenti laterali di
rotazione della testa (head rolling) o di sbilanciamento in avanti e indietro di testa o corpo (head banging - body rocking).
Sindrome delle gambe senza riposo raro nel bambino (1-2 %), disturbo sensitivomotorio di sensazione fastidiosa, a volte dolorosa, agli arti inferiori
per cui il bambino sente il bisogno di muoverli. All’addormentamento o durante la notte, disfunzione dopaminergica.
IPERSONNIE:
 Narcolessia: prevalenza 1/2000 negli adulti, comparsa nel 34% prima dei 15 anni, 16% prima dei 10 anni.
 Malattia genetica a causa sconosciuta, probabilmente autoimmune (predisposizione antigeni HLA-DQB1).
 Sonnolenza diurna anormale associata a degli addormentamenti rapidi improvvisi.
 Accessi cataplettici, perdita improvvisa del tono muscolare (complete o parziali- apertura della bocca). Scatenati da risate, sforzo fisico o
rabbia.
 Allucinazioni all’addormentamento molto intense ed angoscianti.
 Paralisi del sonno transitorie all’addormentamento (ipnagogiche) o al risveglio (ipnopompiche).
 Narcolessia di tipo 1 forma con cataplessia e basso livello di ipocretina nel liquor. Narcolessi di tipo 2 senza cataplessia.
NARCOLESSIA:
Diagnosi: clinica, questionari (misura di sonnolenza Epworth), test di latenza dell’addormentamento (MSLT), dosaggio ipocretina/orexina,
polisonnografia (EEG, ECG, EOG, Respiro)
Terapia: psicoterapia, trattamento farmacologico (stimolanti).
ALTRE PATOLOGIE DEL SONNO:
Sindrome delle apnee ostruttive in sonno: 1-4% tra 4 e 6 anni.
Tasso di CO2 maggiore a 50 mmhg per più del 20% del tempo totale di sonno. Indice di apnee ostruttive (più di 5 secondi) /ora di sonno è maggiore
di uno.
Frequente in anomalie craniofacciali (Pierre-Robin, Crouzon), Malattie neuromuscolari (Distrofie muscolari).
Sintomi notturni: russamento, respirazione buccale, apnee con ripresa delle respirazione rumorosa, ipersudorazione, enuresi secondaria, disturbi
del sonno.
Sintomi diurni: iperattività, aggressività, difficoltà al risveglio, cefalea e sonnolenza.
Terapia: adenotonsillectomia, trattamenti ortodontici, ventilazione non invasiva, eventuale terapia farmacologica (antinfiammatoria, antireflusso).

PARALISI CEREBRALI INFANTILI


PARALISI CEREBRALI INFANTILI (PCI):
Definizione: disturbo cronico del movimento e della postura, secondario ad una patologia non progressiva del cervello immaturo, suscettibile di
modificazione nel corso del tempo.
Incidenza: 1-3 casi per 1000 nati vivi.
Prevalenza: 2 casi ogni 1000 bambini.
EZIOLOGIA:
FATTORI PRENATALI: alterazioni placentari, ittero nucleare, alterazioni cromosomiche, malformazioni congenite, infezioni (TORCH), sindromi
neurocutanee, farmaci (barbiturici, anestetici, antiepilettici), alcool e sostanze tossiche.
FATTORI PERINATALI: parto distocico, prematurità (<32w), distress respiratorio, ipoglicemia, emorragia intracranica.
FATTORI POSTNATALI: alterazioni elettroliche, ipoglicemie, meningiti, encefalopatie tossiche, tumori, coagulopatie.
CLASSIFICAZIONE (VIE NERVOSE COINVOLTE):
Forme spastiche (70-75%): diplegia, tetraplegia,emiplegia, doppia emiplegia. Danno piramidale.
Forme discinetiche (10- 15%): movimenti involontari, incontrollati, ricorrenti e predominanza di pattern di riflessi primitivi . Forma coreoatetosica e
distonica. Danno extrapiramidale.
Forme atassiche (5-10%): disturbo della coordinazione (tremori, dismetria, adiadococinesia) edell’equilibrio (atassia) con ipotonia,
disorganizzazione posturale di origine cerebellare.
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA DISTRIBUZIONE TOPOGRAFICA DEL DANNO (HANGBERG, 1989):
Monoplegia (1 arto)
Emiplegia (un emilato)
Doppia emi (4 AA, ma con un lato più dell’altro)
Paraplegia (AAII)
Diplegia (4 AA, ma AAII>AASS; camminano; danni dispercettivi e disprassici)
Tetraplegia (4 AA; non camminano; hanno in genere epilessia, ritardo mentale, RGE, disfagia, ritardo dell’accrescimento).
NECESSITÁ DI UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE A. FERRARI (2004):
Serve una classificazione per trasferire i risultati positivi a coloro che ne possono giovare e evitare di ripetere gli errori. Deve darmi indicazioni sulla
prognosi e sul progetto terapeutico.
La forma clinica è la riorganizzazione del cervello dopo la lesione. La classificazione mi deve permettere di prevedere che cosa comporteranno le
variabili che introduco(terapie, farmaci, ausili.....) e soprattutto se sono indicate, utili, funzionale o meno.
CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE M. BOTTOS:
Si basa sulla competenza irrisolta, che è l’obiettivo da raggiungere a lungo termine e sulla fase del processo di separazione- individuazione
raggiunta, perché l’autonomia è l’obiettivo finale.
Da 1 a 5 con livelli di gravità via via in riduzione.
DISTURBI ASSOCIATI:
Disabilità intellettiva (30-60%)
Epilessia (71% tetraparesi)
Disturbi del linguaggio
Strabismo

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Ipovisione
Ipoacusia
Problemi respiratori
Deficit di coordinazione dei muscoli implicati nella deglutizione (difficoltà di alimentazione)
Altro (lussazione delle anche, fragilità ossea, ecc..)
PROFILO NEUROPSICOLOGICO DELLE PARALISI CEREBRALI INFANTILI:
Compromissione del linguaggio: soprattutto a livello fono- articolatorio con presenza di disartria e anartria nei casi più gravi, disturbi della voce che
in alcuni casi comportano la totale inintellegibilità della comunicazione verbale.
Disabilità intellettiva più o meno grave: il 50% QI sotto 70.
Disturbi di apprendimento (emiplegie): limiti della plasticità neuronale sulle funzioni cognitive più complesse.
Alterazione visuo-percettive.
PERCEZIONE:
Interpretazione sensoriale ovvero un’opinione relativa alle informazioni ricevute e un adattamento del sistema ad esse. Per poter compiere in
modo corretto un movimento bisogna disporre di una corretta informazione percettiva cosa che risulta deficitaria nelle PCI.
Processo attivo e adattivo, integrato e complesso, attraverso il quale la stimolazione sensoriale (visiva, uditiva, tattile etc) viene trasformata in
esperienza organizzata.
Il bambino con PCI riceve informazione di intensità superiore alla sua tolleranza per ciò che riguarda profondità, vuoto (dispercezioni visive) con
conseguenti atteggiamenti di fuga ed evitamento (Ferrari A., 2005).
DISPRASSIA IN PCI:
Difficoltà di programmazione e pianificazione dell’atto motorio volontario diretto ad uno scopo.
Alla base del fenomeno clinico c’è un disturbo di integrazione ad alto livello che vede coinvolte le diverse modalità percettive.
Può portare importanti ripercussioni sugli apprendimenti
DISTURBI VISIVI O OCULOMOTORI:
Difetti visivi nel 50% delle PCI, deficit visivi gravi nel 7-9%.
Difetto visivo di tipo centrale (spesso correlato a lesioni cerebrali neonatali).
Difetti di oculomozione, strabismo, riduzione del campo visivo.
Distrubi dell’esplorazione visiva (Sabbadini G., 2000).
Importante influenza del deficit visivo sullo sviluppo cognitivo (ancor più di quello motorio).

DISTURBI ASSOCIATI ALLE PCI:


Disturbi percettivi legati al proprio schema corporeo: questo è una struttura permanente e dinamica, ossia in corso di organizzazione e
aggiustamento a seconda delle modificazioni corporee; ci permette di muoverci nello spazio.
Disturbi emotivo-comportamentali: impulsività, labilità emotiva, ansia, aggressività, passività oppositiva, dipendenza, depressione, isolamento,
stereotipie.
FATTORI ASSOCIATI ALLA PCI CHE INFLUISCONO SULL’OUTCOME PSICOLOGICO:
 Disabilità intellettiva.
 Epilessia.
 Fattori legati alla lesione cerebrale: eziopatogenesi, sede, estensione.
 Disturbi percettivi.
 Disturbi psichiatrici.
TERAPIA RIABILITATIVA (METODO BOBATH):
Fisioterapia: è importante per prevenire gravi contratture e deformità, per promuovere pattern corretti di sviluppo motorio e principalmente per
favorire l’autonomia.
Scopo più generale della riabilitazione: sviluppare al massimo grado l’indipendenza del bambino, che significa mettere il paziente in condizione tale
da poter interagire al massimo grado delle sue possibilità in modo autonomo con l’ambiente di vita.
OBBIETTIVI DELLA TERAPIA RIABILITATIVA:
Promozione funzionale di sistemi neuronali inattivi, se possibile per il danno.
Stimolazione di posture sempre più evolute.
Attivazione di funzioni cognitive ed espressive, compresa l’acquisizione di un corretto schema corporeo particolarmente nell’emiplegico.
Prevenzione di deformazioni articolari ed ossee.
Igiene posturale.
Lavorare sulle potenzialità del bambino e favorire le autonomie (lavarsi, vestirsi), quando è in età evolutiva e possono emergere e non quando sarà
troppo tardi.
Collaborare con il medico fornendo indicazioni della situazione nel tempo.
FAVORIRE L’AUTONOMIA:
Impotenza-Frustrazione–Rifiuto è un circolo vizioso che si deve interrompere dando al bambino i mezzi per aumentare l’autonomia (ausili).
Questo potenzierà curiosità, motivazione, quindi esperienze e competenze.
DALLA GUARIGIONE ALL’AUTONOMIA:
Nella disabilità infantile è importante che si diffonda la cultura dell’autonomia, non potendo ragionare con l’obiettivo della guarigione.
Occorre avere come obiettivo la maggiore indipendenza possibile dell’individuo.
Con i genitori è importante essere chiari rispetto alla prognosi e ai possibili progressi del bambino.
PROGNOSI:

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La diagnosi precoce è importante, ma non modifica sostanzialmente la prognosi che dipende dalla gravità del danno iniziale. Un progetto
riabilitativo che miri alla maggiore autonomia possibile del bambino, può favorire il pensiero, lo spostamento, l’esplorazione dell’ambiente, lo
sviluppo cognitivo e psicologico (processo di separazione-individuazione).
La carrozzina elettronica, il computer, le modifiche architettoniche migliorano la qualità di vita e aumentano l’autonomia.

Se entro i 3 anni il bambino non controlla il capo e il tronco, non acquisirà la deambulazione autonoma.
Se entro i 7 anni non ha acquisito la deambulazione autonoma, non la acquisirà in seguito.
La comunicazione della prognosi deve essere chiara e obiettiva, perché lo scopo della FKT non è per tutti i bambini il cammino, ma l’acquisizione
dell’autonomia.
AUSILI:
Facilitare la corretta postura eretta, da seduto, da sdraiato, quando il bambino viene nutrito o lavato.
Prevenire deformazioni articolari e ossee.
CARROZZINA:
Permette di mantenere una corretta posizione seduta e consente gli spostamenti.
Sono regolabili alla crescita e spesso basculanti.
BRETELLAGGIO:
Fa mantenere un controllo passivo del tronco, che facilita la respirazione.
E’ una sicurezza per il bambino contro eventuali cadute.
CARROZZINA ELETTRONICA:
Può essere utilizzate se le capacità motorie agli arti superiori e le capacità cognitive sono adeguate. Consente una maggiore autonomia negli
spostamenti.
TUTORI:
Servono per contrastare l’ipertono agli arti inferiori, ritardando le deformità.
Busto: contrasta il progredire della scoliosi e migliora respirazione e deglutizione.
TERAPIA FARMACOLOGICA:
Per controllare la spasticità: benzodiazepine, baclofene, tossina botulinica.
Per controllare le distonie e le discinesie: sostanze antidopaminergiche (fenotiazine e butirrofenoni).
TERAPIA NEUROCHIRURGICA:
Talamotomia stereotassica: solo per pazienti selezionati con forme distonico-discinetiche.
Baclofene intratecale: per spasticità.
INTERVENTI ORTOPEDICI:
Allungamento dei tendini retratti.
Sezione dei muscoli spastici.
Sono finalizzati al recupero dell’equilibrio tra muscoli agonisti ed antagonisti, al miglioramento funzionale motorio e a ridurre dolori.
Inizialmente la chirurgia ortopedica non considerava la funzione, ma correggeva la deformità.

RAZIONALE DELLA TERAPIA CHIRURGICA:


Chirurgia dosata o del pattern (Poccianti e Milani): deve correggere la deformità, mantenendo il pattern motorio.
Chirurgia funzionale (Ferrari): Il pz con PCI arriva alla funzione con dei compensi, ma va incontro nel tempo a deformità. Se la deformità (es.
equinismo) è funzionale e serve a garantire una competenza motoria, non posso correggerla perché perderei una funzione. La tossina botulinica,
non essendo definitiva, può valutare nel periodo pre-chirurgico se quel cambiamento è realmente funzionale.
L’intervento deve essere unico, bilaterale e dosato (se è necessario posso reintervenire nel tempo).

MALATTIE NEUROMUSCOLARI
LE PATOLOGIE NEUROMUSCOLARI NELL’INFANZIA
DEFINIZIONE:
Con il termine patologie neuromuscolari si intendono le affezioni provocate da lesioni del sistema nervoso o del muscolo e che si manifestano con
riduzione della forza muscolare o paralisi dei muscoli volontari.

Sono coinvolti, a seconda delle patologie, i diversi segmenti dell’unità motoria: il muscolo, la giunzione neuromuscolare, il nervo periferico, il
motoneurone spinale.
EVOLUZIONE:
Si riscontrano in questo gruppo patologie molto differenti tra loro in rapporto alla rapidità di decorso ed in rapporto al comportamento genetico-
ereditario
CRITERI DI OSSERVAZIONE E DIAGNOSTICI:
Anamnesi familiare
Anamnesi fisiologica con particolare riferimento all’organizzazione motoria (prensione, manipolazione, deambulazione)
Ricerca della eventuale perdita di capacità motorie precedentemente acquisite
Attenzione al contrasto tra insufficienza dello sviluppo posturo- motorio e la normalità dello sviluppo intellettivo
SEGNI E SINTOMI:
Movimenti intrauterini ridotti
Suzione ipovalida
Pianto alla nascita flebile
Ipotonia
Ritardo dello sviluppo psicomotorio o perdita di abilità precedentemente acquisite

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Debolezza lentamente progressiva: incapacità di effettuare movimenti antigravitari completi in epoca neonatale, andatura anserine nelle distrofie
muscolari, andatura steppante con mano o piede cadente nelle miopatie distali, se associata ad alterazioni della sensibilità e assenza dei riflessi
osteotendinei orienterà per patologia del nervo periferico, debolezza facciale in molte miopatie.
Segni o sintomi di crescente instabilità o scarsa coordinazione
EON:
Forza muscolare ridotta
Tono muscolare ridotto
Trofismo muscolare ridotto
Fascicolazioni
Crampi muscolari sotto sforzo
SINTOMI:
L’ipostenia (riduzione della forza muscolare) si manifesta con:
- Facile stancabilità
- Facilità alle cadute
- Crampi muscolari
- Difficoltà nel salire le scale
- Difficoltà nella corsa
- Difficoltà nell’arrampicarsi

Si possono notare manovre di compenso quali:


- Aumentata base di appoggio
- Deambulazione incoordinata
- Appoggio prevalente sulla punta dei piedi
- Passaggi posturali anomali (fenomeno dell’arrampicata)
VALUTAZIONE DELLA FORZA MUSCOLARE:
0: assenza di contrazione
1: accenno alla contrazione
2: movimenti attivi in assenza di gravità
3: movimenti attivi contro gravità
4: movimenti attivi contro resistenza
5: forza normale
PRINCIPALI PATOLOGIE NEUROMUSCOLARI:
Primitivo interessamento muscolare
 DISTROFIE MUSCOLARI: Distrofinopatiche (Duchenne, Becker), non distrofinopatiche (dei Cingoli, Scapolo-Omerale,
Facio-Scapolo-Omerale)
 MIOPATIE CONGENITE
 MIOPATIE METABOLICHE-SECONDARIE
 SINDROMI MIOTONICHE

Primitivo interessamento della giunzione neuromuscolare


 MIASTENIE
Primitivo interessamento nervoso
 ATROFIE MUSCOLARI SPINALI
 NEUROPATIE SENSITIVO-MOTORIE EREDITARIE
 NEUROPATIE ACQUISITE (Lesioni traumatiche o infiammatorie dei plessi e dei nervi es. paralisi brachiale ostetrica, paralisi del facciale).
DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE (DMD):
La più frequente e più grave tra le distrofie.
Colpisce un maschio ogni 3500 nati e la trasmissione avviene per carattere recessivo legato all’X (Xp21), può avvenire per nuova mutazione.
Dovuta a deficit di Distrofina, proteina che svolge una funzione essenziale per il funzionamento del muscolo scheletrico.
I sintomi si manifestano entro i primi 5 anni di vita, la patologia può essere sospettata anche nei primi due anni.
DMD: SINTOMI:
La sintomatologia è caratterizzata da:
 Deficit nella deambulazione-andatura anserina, ondeggiante
 Difficoltà nei passaggi posturali-segno di Gowers
 Difficoltà nel correre, strisciare, arrampicarsi
 Ritardo psicomotorio
 Tendenza a camminare sulle punte dei piedi
 Colpiti prima i muscoli prossimali dei distali
Perdita della deambulazione autonoma entro i 13 anni. Successivamente debolezza anche agli arti superiori e ai muscoli intercostali che porta a
morte, per insufficienza respiratoria, nella maggior parte dei casi in tarda adolescenza Possono concomitare deficit cognitivi ( la distrofina svolge
funzioni anche nel cervelletto )
DISTROFIA MUSCOLARE DI BECKER:

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Incidenza tra i maschi di 1 ogni 40000 nati Rispetto alla Duchenne:
Esordio più tardivo
Compromissione meno importante
Prevalenza prossimale del difetto muscolare
Decorso più protratto
MIOPATIE CONGENITE:
Ipotonia generalizzata.
Ipotrofia muscolare (riduzione della grandezza del muscolo).
Assenza o riduzione dei riflessi osteo-tendinei.
Alterazioni del sistema osteo-articolare (piede piatto,lussazione dell’anca).
Normalità degli enzimi muscolari agli esami ematochimici.
Alterazioni ultrastrutturali della fibra muscolare.
SINDROMI MIOTENICHE:
Miotonia: alterazione della contrazione muscolare.
Dopo una contrazione volontaria nella normalità si osserva un rilassamento ritardato del muscolo. Tale fenomeno si attenua con il ripetersi
dell’azione.
In alcuni casi si verifica l’effetto opposto: la ripetizione del movimento determina un’accentuazione del fenomeno miotonico (miotonia paradossa).

- Miotonia congenita (Sindrome di Thomsen): origine genetica, alla nascita ipotonia generalizzata e difficoltà alimentari. Evouzione
variabile.
- Distrofia miotonica (Malattia di Steinert): miotonia, distrofia muscolare, cataratta, ipogonadismo e interessamento cardiaco. Incidenza
1.4:10.000, AD (crom 19).
- Forma tardiva (solo cataratta), classica (esordio in adolescenza) e congenita (riduzioni mov fetali, ipotonia...). Facies miotonica
(interessamento muscoli facciali, ptosi), disabilità intellettiva nelle forme precoci.
MIASTENIA:
Patologia della giunzione neuromuscolare (punto di contatto tra teminazioni nervose e fibra muscolare), conseguenza di una reazione autoimmune
contro i recettori acetilcolininici della placca neuromuscolare.
- Miastenia gravis (visione sdoppiata -diplopia, affaticamento muscolare
patologico). Esordio infantile.
- Miastenia transitoria del neonato (in nati di madre miastenica nel 10-15% dei casi), pianto flebile, difficoltà di suzione, scompare in 4-5
settimane.
- Miastenia congenita, inizialmente sovrapponibile alla transitoria come sintomi, successivamente oftalmoplegia e ptosi (abbassamento
palpebrale).
ATROFIE MUSCOLARI SPINALI (AMS):
Con questo termine si comprende un gruppo eterogeneo di malattie ereditarie caratterizzate da atrofia muscolare secondaria ad un processo
degenerativo delle cellule delle corna anteriori del midollo spinale.
Clinicamente si esprimono con deficit muscolare neurogeno generalizzato prevalente agli arti inferiori. Debolezza muscolare simmetrica e
coinvolgente soprattutto i distretti prossimali e gli arti inferiori rispetto ai superiori, riflessi osteotendinei assenti, sensibilità conservata.
Si diversificano per età di esordio e decorso più o meno benigno.

IPOTONIA MUSCOLARE:
AMS: disturbo degenerativo ereditario a carico delle corna anteriori del midollo spinale.
Regione cromosomica 5q11.3-13.3.

- AMS tipo 1 Werdnig-Hoffman esordio alla nascita, diffusa ipotonia, riduzione motilità spontanea, compromissione muscolatura
respiratoria, exitus 18 mesi.
- AMS tipo 2 (6-7 mesi), ipotonia marcata, non progressiva, ma il bambino non acquisisce la stazione eretta e deambulazione.
- AMS 3 (Kugelberg-Welander) 3-6 anni, ridotta forza muscolare, (difficoltà nei passaggi posturali), prognosi migliore rispetto alle altre
forme.
CRITERI DIAGNOSTICI:
Dosaggio di enzimi sierici (CPK).
Elettromiografia: criticità in età pediatrica, la maggior parte delle informazioni utili per identificare la sofferenza miopatica lieve necessita della
piena collaborazione del paziente, utile per differenziare le forme che coinvolgono il motoneurone o miotoniche (treni di scariche ad alta frequenza
da singole fibre o da gruppi di fibre)
Elettroneurografia
Ecografia muscolare
RM muscolare
Biopsia muscolare
Test di genetica molecolare (es. SMA)
TERAPIA:
- Intervento neuromotorio (fisiokinesiterapia).
- Ausili.

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- Farmacoterapia.
- Chirurgia funzionale.
- Trattamento delle funzioni vitali (alimentazione, respirazione).
- Bisogni emozionali e sociali.
- Modulata sulla base della condizione clinica e sulla prognosi.

I bambini affetti da malattie muscolari possono avere un normale livello cognitivo.


Vanno rispettati i tempi necessari per trovare adeguate strategie motorie, che risultano le più funzionali.

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