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Storia della teoria e pratica della traduzione

Primo capitolo

In questo libro verranno trattati argomenti come le teorie e le pratiche traduttive in un arco di tempo che
va dal Medioevo ai giorni nostri. Uno dei principali scopi è quello di risvegliare la comprensione della
misura in cui i metodi di traduzione prevalenti in una cultura sono storicamente influenzati. Ci
focalizzeremo sulle aree di lingua francese, spagnola e italiana.

Antichità

Quando si parla di storia della traduzione per quanto riguarda le lingue romanze, è bene volgere lo sguardo
alle antiche traduzioni latine e alle teorie traduttive che ne sono emerse, perché alcuni autori latini
appariranno con frequenza anche nei secoli successivi (in parte fino ai giorni nostri). Le teorie della
traduzione ruotavano principalmente attorno alla distinzione tra libero e letterale. In termini di pratica
traduttiva si possono distinguere due fasi: le traduzioni romane dal greco e le traduzioni paleocristiane.
Della prima fase va citato per primo Cicerone. Cicerone è spesso citato come qualcuno che avrebbe
sostenuto una traduzione libera e a senso.

Dei successori di Cicerone, va menzionato un altro autore importante: il retore Quintiliano, che coniò il
termine imitatio (imitazione). Questo non significa una traduzione fedele al testo originario, ma una
rielaborazione libera. Questo era molto comune nella letteratura romana: molte opere letterarie erano
basate più o meno pesantemente su modelli greci. Oltre alla pura imitazione, Quintiliano raccomanda
anche un miglioramento dell'originale: al posto della semplice imitazione artistica (imitatio), compaiono
l'emulazione, la rivalità, la concorrenza (aemulatio, certamen), in modo che venga creata non solo un'opera
dello stesso valore e dello stesso effetto dell'originale, ma se possibile qualcosa di meglio.

Spicca un rappresentante del periodo delle traduzioni cristiane della tarda antichità, la cui teoria traduttiva
e soprattutto la sua opera di traduzione più importante (la Vulgata, riconosciuta come versione ufficiale
latina della Bibbia sin dal XVI secolo) ebbe un impatto per secoli: San Girolamo. Girolamo ammette che
quando traduce testi dal greco che non hanno una natura religiosa, preferisce tradurre a senso. Ma per
quanto riguarda le Sacre Scritture, utilizza una traduzione letterale.

Girolamo descrive quindi il suo approccio. Ciò che c'è di "moderno" in questo, è che egli già rappresentava
una "teoria della traduzione legata al tipo di testo": traduceva parola per parola la Bibbia (in fondo è la
parola di Dio), e riproduceva altri testi a senso.

Abbiamo anche testimonianze di interpretariato durante l’epoca romana. Gli interpreti erano di solito
utilizzati durante i negoziati di pace e nei rapporti commerciali con popoli che non parlavano né il greco, né
il romano (principalmente i persiani e i popoli germanici).

Area francofona

Un fenomeno molto interessante dal punto di vista della storia della traduzione è che la storia della lingua
francese inizia con testi multilingue. Non è un caso: l’emancipazione di un “volgare” prende spesso la forma
di testi multilingue. Il primo testo "francese" sopravvissuto è noto per essere i Giuramenti di Strasburgo
(842). Queste sono formule di giuramento con le quali due nipoti di Carlo Magno, Carlo il Calvo e Ludovico il
Tedesco, giurarono di allearsi contro il fratello Lotario. I fratelli giurarono nelle lingue dell'altro: Ludovico il
Tedesco in "francese" (o romancio) e Carlo il Calvo in tedesco. Le formule volgari sono incorporate in una
relazione scritta in latino.

A causa di questa situazione di comunicazione multilingue, Baum parla della "nascita del francese dallo
spirito della traduzione". Altri proto-documenti dell’idioma, vale a dire le glosse di Reichenau e le glosse di
Kassel, che contengono rispettivamente equivalenze di parole latino-romanze e germanico-romanze,
testimoniano la necessità della traduzione in una situazione in cui il francese si era chiaramente allontanato
dal latino e in cui si era in stretto contatto con gruppi di parlanti germanici.

Il XIV secolo è considerato il primo vero periodo di massimo splendore della traduzione in Francia, durante
il quale si sviluppò per la prima volta un profilo professionale del traduttore, ovvero il traduttore alla corte
di un monarca. Dal punto di vista della storia linguistica, la più importante traduttrice di questo tempo fu
Nicole Oresme, la quale, per conto di Carlo il Saggio, il più importante mecenate delle traduzioni del suo
tempo, tradusse, tra l'altro, opere di Aristotele (soprattutto attraverso l’utilizzo di versioni latine) in volgare
francese e tradusse in francese circa 450 termini tecnici, che spesso cercava di spiegare con una parola
volgare dal significato simile.

Non esisteva una teoria della traduzione elaborata nel Medioevo. Si intendeva generalmente a rispettare
l’autoritas, e quindi a tradurre letteralmente i testi degli eruditi del passato. Le traduzioni venivano spesso
lette ad alta voce, perché solo una piccola minoranza all'epoca sapeva leggere.

Durante il medioevo, il latino era la lingua di partenza dominante. Si aggiunsero poi altre due importanti
lingue di partenza: il greco, che svolse un ruolo subordinato nel medioevo (autori greci come Aristotele si
leggevano principalmente nelle traduzioni latine) e l'italiano. A causa dell'importanza centrale dell'Italia nel
Rinascimento, il numero di traduzioni dall'italiano aumentò notevolmente nel corso del XVI secolo e la
lingua e la cultura italiana non solo conquistarono Lione, che era considerata la porta d'Italia, ma anche
Parigi.

Nell'epoca della Riforma e Controriforma, nel mondo francofono emersero due tradizioni separate di
traduzione della Bibbia: una protestante e una cattolica. Tuttavia, le traduzioni della Bibbia nei paesi
prevalentemente cattolici romani non hanno mai avuto un effetto paragonabile sulla lingua di destinazione
come la traduzione della Bibbia di Lutero in tedesco o la Bibbia di Re Giacomo in inglese. In ogni caso, la
funzione delle traduzioni per la lingua e la cultura di arrivo era già stata affrontata nella teoria della
traduzione, sebbene in relazione alle traduzioni letterarie.

Il XVII e in parte il XVIII secolo è anche generalmente considerato il periodo di massimo splendore delle
belles infidèles. Il principio prevalente di traduzioni di questo tipo era l'assoluto adattamento al gusto
classico, che contemporaneamente plasmavano e consolidavano. Non è certo un caso che l'età
dell'assolutismo e degli sforzi di standardizzazione linguistica e letteraria del XVII secolo coincidano con il
predominio di un metodo traduttivo naturalizzante basato sulle norme della cultura di destinazione e sul
gusto dei lettori.

Fino alla seconda metà del 1700 si ebbero numerose altre traduzioni di tipo naturalizzante. Un
cambiamento può essere visto nelle lingue di partenza: l'importanza delle lingue volgari è costantemente
aumentata, con le traduzioni dall'inglese ora al centro della scena a causa del crescente prestigio della
lingua e della letteratura inglese. Dopo che il numero di traduzioni dall'inglese nel XVII secolo era di circa
60, il numero aumentò notevolmente nel XVIII secolo.

Durante la Rivoluzione francese emerse una vera e propria politica di traduzione per le traduzioni
specialistiche giuridiche e amministrative: dal 1790 vi furono diversi decreti che stabilivano che le leggi e i
decreti nazionali dovessero essere tradotti nelle lingue regionali della Francia e in altre lingue europee al
fine di diffondere i messaggi della rivoluzione.

All'inizio del XIX secolo, sotto l'influenza del romanticismo tedesco - tra cui Schleiermacher, che aveva
preteso che il traduttore avvicinasse il lettore all'autore e non viceversa - ci fu un allontanamento dal
metodo di traduzione naturalizzante.

Ora passiamo brevemente alla Francofonia fuori dalla Francia, che è molto meno ben studiata. In Africa, gli
sforzi di colonizzazione francese hanno portato a una maggiore necessità di interpreti e traduttori. Quando
Algeri fu conquistata nel 1830, furono schierati quasi 100 interpreti militari, che in seguito lavorarono
nell'amministrazione coloniale.

Negli Stati ufficialmente multilingue, la traduzione di testi specialistici giuridici e amministrativi è stata
istituzionalizzata o ulteriormente sviluppata. In Svizzera il trilinguismo ufficiale fu introdotto con la
costituzione del 1848 (ancora senza romancio). La direzione dominante della traduzione era dal tedesco al
francese e all'italiano. C'è stata una battuta d'arresto per la lingua francese in Canada, dove l'Union Act
(1840) inizialmente (fino al 1849) ha nominato l'inglese come unica lingua ufficiale. Le traduzioni di leggi e
regolamenti continuarono ad esistere, ma senza uno status ufficiale.

Per quanto riguarda la pratica della traduzione nel 20° secolo, va premesso che ci sono stati numerosi
scrittori che hanno lavorato come traduttori, soprattutto nella prima metà del secolo.

La crescente necessità di traduttori e interpreti nel secondo dopoguerra ha portato alla costituzione di
istituti universitari per la formazione di traduttori e interpreti.

Oggi, nonostante il crescente predominio internazionale dell'inglese, il francese è una delle lingue di lavoro
delle principali organizzazioni internazionali come l'ONU, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario
Internazionale, la NATO, l'OCSE, il Consiglio d'Europa e l'Unione Europea che dispongono di servizi
linguistici con traduttori e interpreti dipendenti e freelance.

Area ispanofona

La storia della lingua spagnola inizia anch’essa con testi multilingue, nella misura in cui si vogliono
descrivere gli elenchi dei Glosas Emilianenses e Glosas Silenses come "testi". Tuttavia, prima delle prime
traduzioni in volgare più complesse, altre due lingue di destinazione svolgevano un ruolo dominante.

Innanzitutto, si possono citare le traduzioni dal greco all'arabo, sorte nel sud islamico della Spagna nel IX
secolo. Poi ci sono le traduzioni dall'arabo al latino, principalmente a Toledo nel XII secolo. Le traduzioni di
questo periodo erano per lo più molto letterali e servivano principalmente allo scambio di conoscenze tra
studiosi (e partendo dalla Spagna anche in altri paesi europei). Sono stati tradotti testi specialistici di varie
discipline (es. astronomia, medicina, matematica). L'importanza storico-scientifica di queste traduzioni non
è da sottovalutare. Anche gli autori greci, in particolare Aristotele, furono introdotti tramite commenti
arabi.

Dalla metà del XIII secolo Alfonso il Saggio commissionò la prima traduzione scritta su larga scala in volgare
castigliano. Poiché anche queste traduzioni sono state fatte principalmente a Toledo, alcune di esse sono
anche trattate con lo slogan alquanto fuorviante "Scuola di traduttori di Toledo".Già nel medioevo
circolavano diverse traduzioni della Bibbia (nonostante un corrispondente bando del XIII secolo).
Tradizionalmente viene fatta una distinzione tra traduzioni cristiane (basate sulla Vulgata), come la
cosiddetta Biblia Alfonsina, e traduzioni ebraiche (dall'ebraico), come la Biblia de Alba dell'inizio del XV
secolo.

Inoltre, le traduzioni non venivano fatte solo in castigliano, ma anche nelle altre lingue della Spagna.
Innanzitutto, in catalano. Si trattava spesso di "traduzioni di seconda mano" che raggiungevano il catalano
tramite versioni in francese. Ci sono anche una serie di traduzioni in aragonese e traduzioni isolate in
galiziano nel XIV secolo. Queste prime traduzioni galiziane sono importanti testimonianze della scissione del
galiziano dal portoghese.

La riflessione del metodo traslazionale ruotava ancora attorno alla dicotomia letterale vs. a senso, come era
consuetudine fin dall'antichità. In Spagna (come in Francia), il Rinascimento italiano ha avuto un profondo
impatto sulla pratica della traduzione.
Nel XVI secolo, la Secretaría de Interpretación de Lenguas fu il primo “servizio linguistico” spagnolo di
traduzione e interpretariato al servizio della diplomazia e dell'amministrazione. Le traduzioni in altre lingue
spagnole, in particolare il catalano, diminuirono drasticamente a partire dal XVI secolo a causa della
supremazia politica e culturale della Castiglia. Gli interpreti hanno svolto un ruolo significativo nella
conquista e nella colonizzazione dell'America centrale e meridionale.

Nel XVII secolo ci sono principalmente traduzioni dal latino, dall'italiano e dal francese.

Tra il 1790 e il 1834, a causa della censura in Spagna, molte traduzioni furono pubblicate all'estero,
soprattutto in Francia, ma anche in Inghilterra. Nel periodo successivo si registra un forte aumento
dell'attività di traduzione. Nel 1840 Mesonero Romanos parlò addirittura di una “manía de la traducción”.
Inizialmente, l'influenza francese dominava ancora, sotto due aspetti: il francese come lingua di partenza e
intermedia e le traduzioni francesi come modello di metodo di traduzione, cioè c'erano molte traduzioni
naturalizzanti in stile francese.

Nella seconda metà del 19° secolo, nonostante la continua influenza francese, ci fu un numero crescente di
traduzioni dirette dal tedesco e dall'inglese. Shakespeare ha avuto una grande influenza sui romantici
spagnoli, anche se inizialmente venivano tradotte solo singole opere teatrali e la prima traduzione spagnola
completa è apparsa solo nel 1930. Gli autori russi erano ancora tradotti indirettamente dal francese
all'inizio del XX secolo.

Nell’ America Latina, l'indipendenza delle ex colonie spagnole nel 19° secolo portò anche un cambiamento
nella pratica della traduzione. Inizialmente, furono tradotti principalmente testi politicamente rilevanti,
inizialmente principalmente dal francese, in particolare testi dell'Illuminismo francese. In questo contesto,
alcuni autori sono del parere che “difficilmente si potrebbe parlare di letteratura latinoamericana senza le
traduzioni della letteratura europea”.

Nella Spagna del XX secolo, la guerra civile e la dittatura franchista hanno avuto un forte impatto sulla
pratica della traduzione. Per prima cosa, tra i repubblicani che lasciarono la Spagna nel 1939 erano
numerosi gli autori che hanno lavorato come traduttori in esilio latinoamericano. D'altra parte, il lavoro di
traduzione è stato soggetto a varie restrizioni durante la dittatura franchista a causa delle corrispondenti
leggi sulla stampa. La traduzione in lingue diverse dal castigliano era temporaneamente vietata dalla legge
e le traduzioni in castigliano erano soggette a censura. I criteri per la censura erano linguistici, morali e
politici.

Italia

Sono multilingue anche alcuni dei primi scritti volgari in Italia. Sebbene le antiche formule di giuramento
dei placiti campani (960) non rappresentino una traduzione in senso stretto, riprendono informazioni dal
principale testo latino in forma abbreviata. Per quanto riguarda le traduzioni in senso stretto, che esistono
in numero relativamente elevato a partire dal XIII secolo, si può, come in altre lingue romanze, fare una
distinzione tra traduzione "verticale" (da una lingua "superiore", di solito il latino, al volgare) e "orizzontale"
(tra due lingue "uguali", ad es. francese e italiano, o, al tempo dell'umanesimo, greco e latino. Per la
traduzione in volgare (di solito dal latino) si usa un verbo speciale in italiano: volgarizzare. Esprime il fatto
che queste traduzioni e adattamenti erano destinati anche a un pubblico più ampio, poiché le persone
istruite parlavano latino e non dipendevano dalle traduzioni. Molti volgarizzatori hanno indicato le loro
intenzioni divulgative nelle prefazioni.

Nel Medioevo non esisteva ancora una teoria differenziata della traduzione. Dante, che egli stesso tradusse
in fiorentino testi di poeti latini e provenzali, è spesso citato e sostenuto che le traduzioni di versi sono
sempre associate a una perdita di "dolcezza" e "armonia".
Il Rinascimento portò a una maggiore traduzione dal greco in Italia, come successivamente in Francia.
Questo è successo prima in latino e poi nelle lingue volgari. Il primo trattato di teoria della traduzione in
italiano risale al retore Fausto da Longiano: Dialogo del modo di tradurre d'una in altra lingua secondo le
regole mostrate da Cicerone (1556).

Di particolare importanza è la traduzione di Annibale Caro dell'Eneide di Virgilio, scritta tra il 1563 e il 1566,
diventando quella che può essere considerata la prima grande opera di traduzione prodotta in Italia.
Ancora oggi è studiato a scuola ed è per molti versi un classico senza rivali. L'Eneide di Caro, pur eccellente
dal punto di vista poetico, è, come tutte le opere del suo tempo, molto lontana dall'originale.

Dalla metà del 17° secolo e soprattutto nel 18° secolo, la lingua e la letteratura francese hanno avuto una
grande influenza sulla storia della cultura e della traduzione in Italia. Tuttavia, non tutte le opere francesi
furono benvenute in Italia. Gli Essais di Montaigne, ad esempio, apparvero in un'edizione ridotta nel 1633.

L'interesse per la letteratura inglese si risvegliò nel XVIII secolo. Questo è stato per lo più ricevuto
attraverso la mediazione francese. La distanza dal testo di partenza poteva assumere dimensioni
considerevoli, poiché le traduzioni in francese erano per lo più molto libere e spesso anche le traduzioni
successive si basavano sul modello delle belles infidèles.

La teoria della traduzione italiana fu fortemente influenzata dall'Illuminismo francese nel XVIII secolo. Da lì
è stato preso il concetto chiave di génie. Questo è stato applicato alle lingue così come agli autori. Per
quanto riguarda le strutture linguistiche, la flessibilità lessicale e sintattica ha un effetto positivo sulla
traducibilità. Secondo Anton Maria Salvini, che ha presentato numerose traduzioni dal greco, l'italiano è
particolarmente adatto a rendere il greco.

Nel 20° secolo è emerso il profilo professionale moderno del traduttore (prima il traduttore letterario, poi il
traduttore specializzato). Tuttavia, nel campo della traduzione letteraria, alcuni importanti scrittori
continuano ad essere impegnati nella traduzione.

L'Italia è attualmente uno dei Paesi con una quota di traduzioni particolarmente elevata: circa il 25% dei
libri pubblicati sono traduzioni. Come lingua di partenza, l'inglese è chiaramente al primo posto, seguito da
francese e tedesco. Le traduzioni nelle lingue regionali d'Italia sono quantitativamente di minore
importanza, ma rilevanti in termini di politica linguistica.
GLOSSARIO

TERMINI SIGNIFICATO
Comprensione Facoltà di capire SIN intelligenza: in qualsiasi
materia è indispensabile la c. degli elementi
fondamentali
Comunicazione ling. Scambio di informazioni mediante uno o più
linguaggi (verbale, gestuale, musicale ecc.) tra un
emittente e un destinatario
Emancipazione Liberazione da una condizione d'inferiorità, di
costrizione SIN affrancamento, riscatto: e. di un
popolo dalla dittatura
Giuramento Formulazione di un impegno o di una promessa
davanti a Dio, a un'autorità o a testimoni: fare,
prestare, violare un g.; g. fatto a se stesso
Illuminismo Movimento filosofico affermatosi nel sec. XVIII e
caratterizzato dal rifiuto di ogni criterio di
conoscenza e di verità diverso da quello della
ragione
Indipendenza Libertà di agire secondo il proprio giudizio e la
propria volontà SIN autonomia: i. personale,
politica
Influenza Condizionamento della volontà e delle scelte altrui
ottenuto grazie alla propria preminente personalità
o all'autorevolezza di cui si
gode SIN ascendente, autorità: avere molta i. su
qlcu. || sfera, zona d'i., ambito soggetto al controllo
di un'autorità, di un centro di potere; in partic. stato,
nazione condizionato da uno stato più forte
Interpretariato L’attività, la funzione, la carriera dell’interprete, di
colui cioè che presta la propria opera per la
traduzione orale da lingue straniere: scuola
d’interpretariato.
Letterale Relativo al significato preciso di un testo, di una
frase, di un vocabolo: commento l. di una
poesia || traduzione l., fatta parola per parola
Medioevo  Epoca storica di passaggio tra l'età antica e quella
moderna compresa convenzionalmente tra il 476,
anno della caduta dell'Impero romano d'Occidente,
e il 1492, anno della scoperta dell'America: civiltà,
letteratura, storia del M.
Minoranza Gruppo che all'interno di uno stato si differenzia
(per lingua, religione, cultura e altro) dalla
maggioranza: le m. etniche
Multilingue Di persona poliglotta o di luogo dove si parlano
diverse lingue SIN plurilingue: regione m.
Predominio Supremazia, superiorità in un dato ambito: p.
politico, economico
Prestigio Considerazione, stima, rinomanza di cui si gode e
che rende autorevoli: godere di un grande p.
Principio Valore etico, norma morale che sta alla base di un
ordinamento statale, di una società o che guida il
comportamento di una persona: i p. della
democrazia; avere i propri p.
Professionale  estens. Preparato, serio, competente: essere molto
p.; che manifesta tale modo di essere: tono p.
Regionale Relativo a una regione, in quanto ente territoriale
con poteri politico-amministrativi o in quanto zona
culturalmente identificabile: amministrazione,
giunta r.; letteratura, cucina r. || varietà r. di una
lingua, la lingua nazionale come è parlata in una
determinata regione
Restrizione Limitazione, contenimento di qlco.: r. dei consumi,
delle spese, della libertà || senza restrizioni, senza
alcuna riserva

Rielaborazione Nuova elaborazione di qlco. con criteri diversi o in


forma diversa: r. di un progetto, di un'opera
letteraria
Sottovalutare Valutare, stimare una persona o una cosa al di sotto
del suo valore effettivo: non s. tuo figlio!; dare a
qlco. meno importanza di quanta ne meriti: s. le
difficoltà
Teoria Formulazione rigorosa e sistematica dei principi di
una scienza, di una filosofia o di qualsiasi altra
forma di sapere: la t. della relatività; ipotesi
scientifica formulata per la spiegazione di fenomeni
particolari: formulare una t. sullo sviluppo
economico
Traduzione Trasferimento di un testo da una lingua in
un'altra SIN versione: fare una t. dall'italiano al
francese || t. simultanea, quella effettuata da un
interprete che traduce interventi e discorsi nello
stesso momento in cui le parole vengono
pronunciate

Il dizionario utilizzato per le definizioni è il Sabatini Coletti: https://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/

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