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1
A mia madre,
donna schietta e sincera,
custode dei miei ricordi.
2
Sommario
IL FILM ............................................................................................................................................................... 4
Trama: verità o menzogna? ............................................................................................................................ 4
L’ambiguità: il concetto di Aimai..................................................................................................................... 8
LA CREDIBILITA’ - Un excursus........................................................................................................................... 9
Che cos’è la credibilità? .................................................................................................................................. 9
La credibilità come relazione..........................................................................................................................10
Le radici della credibilità ................................................................................................................................11
Le dimensioni della credibilità ........................................................................................................................13
I ruoli dell’emittente ......................................................................................................................................15
I caratteri della credibilità e la reputazione ....................................................................................................16
Credibilità e fiducia ........................................................................................................................................20
La “parvenza” di sincerità: quando la credibilità è decisiva? ..........................................................................21
Il potere delle parole: conclusione ..................................................................................................................21
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................................. 23
3
IL FILM
Quella del boscaiolo è una delle quattro versioni, tra loro incompatibili,
delle testimonianze raccolte per capire il mistero di una morte, per capire
cosa sia veramente successo e chi abbia veramente mentito.
1
Il Konjaku monogatarishū, letteralmente "Antologia delle avventure del passato e presente", è una raccolta di oltre
mille racconti (monogatari) scritti nel tardo periodo Heian (794-1185). Inizialmente la raccolta era composta da 31
volumi, di cui oggi se ne conservano 28. I volumi contengono opere di letteratura indiana, cinese e folclore
giapponese. I resoconti sull'esistenza dei racconti mancanti si trovano in forma di critica letteraria, che contribuisce a
ricostruire l'opera almeno in parte. Ogni racconto comincia con la formula “C'era una volta”. I volumi del Konjaku
monogatarishū sono divisi secondo il luogo in cui si svolge il racconto: i primi cinque contengono racconti ambientati
in India, i cinque successivi contengono racconti che si svolgono in Cina, mentre la sezione Honchō contiene i racconti
con ambientazione giapponese. La successione delle storie segue il percorso di diffusione del buddismo sino in
Giappone, per definirne le caratteristiche che qui acquisisce: fu in primo luogo l'India, infatti, a dare i natali al
buddhismo, che diventò poi molto popolare in Cina. La religione era già mutata quando, in seguito, raggiunse il
Giappone, che a lungo subì l'influenza della Cina e aggiunse parti rilevanti della sua cultura, costituendo un nuovo
buddhismo giapponese. L'argomento è tratto in gran parte dalla tradizione popolare buddhista e laica. Non sono
presenti accenni alla mitologia e le tematiche collegate allo shintoismo sono molto ridotte. I racconti buddhisti
toccano un'ampia gamma di soggetti sia di carattere storico (il tramandamento e la diffusione del buddhismo), sia di
carattere dogmatico (le punizioni imposte dal karma). I personaggi sono tratti prevalentemente dalla società
giapponese dell'epoca: aristocratici, guerrieri, monaci, studiosi, dottori, contadini, pescatori, mercanti, prostitute,
banditi, mendicanti. I racconti folclorici narrano soprattutto di contatti tra esseri umani e il soprannaturale: i
personaggi e le controparti soprannaturali sono Oni, che rappresenta il folclore, e tengu.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Konjaku_monogatarish%C5%AB).
4
pubblicata la prima volta nel 1915, quando l'autore, che morì suicida,
aveva ventitré anni.
Il racconto narra che nella radura di un bosco viene trovato il cadavere di
un samurai. Davanti a un tribunale invisibile, cioè davanti al lettore (o allo
spettatore), sono chiamati a deporre due testimoni: il taglialegna, che ha
scoperto il cadavere, e un monaco, che quella mattina ha visto un
samurai e la moglie entrare nel bosco. In seguito depone anche il bandito
Tajomaru, da tempo ricercato e casualmente catturato dalla polizia, e una
parente della vittima (quest'ultima nel film non compare). Seguono,
nell'ordine, le “confessioni” dei tre protagonisti del fatto di sangue: il
bandito, che si autoaccusa del delitto, la donna del samurai e lo spirito del
samurai evocato da una maga. Ognuno dà una versione diversa dei fatti
ma, stranamente, si assume la responsabilità della morte del samurai,
facendone però ricadere la responsabilità morale su uno degli altri. Il
racconto si termina bruscamente con l'ultima confessione, senza
commenti: lo scrittore lascia al lettore il compito di districarsi nel labirinto
delle molte menzogne e delle mezze verità.
Il film, invece, inizia con l’inquadratura della maestosa Porta di Rashou in
rovina, flagellata da una pioggia diluviante, dove un taglialegna (o
boscaiolo) e un monaco aspettano che smetta di piovere. Il taglialegna è
scosso e il suo turbamento è percepibile perché ripete più volte “Non
riesco a capire”. Poco dopo si unisce un terzo uomo, un vagabondo in
cerca di riparo. È quest’ultimo che chiede, incuriosito dall’atteggiamento
dei due, cosa sia successo e gli viene riferito che si è appena concluso un
processo per omicidio. Il boscaiolo chiede al viandante di ascoltare la sua
storia, nella speranza che gli siano fornite risposte ai dubbi che
tormentano entrambi i testimoni che, per questo, sentono impellente il
bisogno di confidare le loro perplessità. Questo ideale “coro” a tre voci,
rappresenta tre spettatori tipo: l'idealista (il monaco), l'uomo semplice
che vuole capire (il taglialegna) e il pragmatico (il passante), che vuole
approfittare delle situazioni.
5
Dopo il taglialegna e il monaco, è un poliziotto che testimonia davanti al
magistrato. Al suo fianco c’è il bandito Tajomaru che rievoca l'antefatto:
dal momento che nessuno lo contraddice, significa che la sua versione
corrisponde alla verità. Kurosawa racconta una storia da tanti punti di
vista, tanti quanti sono i protagonisti: ci presta gli occhi degli interpreti (e
del testimone chiave, il boscaiolo), nel rievocare quattro volte di seguito
lo stesso evento. Il regista riesce a darci ogni volta delle variazioni così
nuove da indurci a credere che si tratti di quattro storie diverse. Coinvolto
intellettualmente ed emotivamente, lo spettatore segue le successive
manipolazioni della verità, “registrando e confrontando divergenze e
analogie, come se si trattasse di un giallo”2. Rashōmon non è una sorta di
thriller della verità, non è un film sul relativismo della verità ma
un'indagine sulla capacità che ha l'uomo di mentire, di mentire a se stesso
prima che agli altri3.
Perché e come mentono gli esseri umani, è l'interrogativo chiave che
pone Rashōmon: ognuna delle versioni che i protagonisti ci forniscono
mostra concretamente dove, come e perché si aggiusta la verità,
mentendo a se stessi e agli altri. Per difendere l'alta opinione che hanno
di loro stessi, per mostrarsi meglio di ciò che in realtà sono, confessano
non quello che è accaduto ma quello che avrebbero voluto fare, arrivando
all'assurdo di assumersi spontaneamente la responsabilità del delitto.
Come osserva lucidamente il più cinico dei tre che compongono il “coro”,
“ricordiamo solo quello che ci fa comodo, pronti a credere il falso quando
ci conviene”. “L'egoismo è il peccato originale dell'uomo” scrive Kurosawa
nel capitolo dell'Autobiografia consacrato a Rashōmon4. “Gli esseri umani
sono incapaci di essere onesti con se stessi, non sanno parlare di se stessi
senza abbellirsi”. Questo bisogno di manipolare la verità per sentirsi
migliori, sopravvive persino dopo la morte, perché anche il fantasma del
samurai ucciso non può rinunciare a mentire.
2
A ciascuno le sue menzogne (Rashōmon, 1950), di Aldo Tassone p. 51-58
3
ibidem
4
Un’autobiografia o quasi, Akira Kurosawa, 1981
6
Mentre nel racconto l’autore Akutagawa dà voce ai tre rei confessi senza
aggiungere nulla alle loro testimonianze, lasciando al lettore il compito di
coglierne le contraddizioni, Kurosawa, invece, arricchisce il film di
spiegazioni e interpretazioni del tutto false o ipotetiche, che disorientano
lo spettatore anziché aiutarlo a capire la verità dei fatti narrati. Se nel
racconto è già presente il metadiscorso, il regista lo “moltiplica per quanti
sono i narratori e i narratari rappresentati nel testo filmico”5.
Grazie alle tecniche cinematografiche (fotografia e montaggio) proprie del
cinema occidentale, lo spettatore si trova catapultato in un ambiente
tipicamente orientale che, come ha colto il critico cinematografico André
Bezin, lasciano lo spettatore incredulo ed evidenziano l’incapacità di
capire un evento: il “cortocircuito di senso” amplifica l’incomprensione6.
C’è, quindi, un disallineamento fra ciò che abbiamo a disposizione con la
vista e le reali ricadute di senso sulla conoscenza. Ci possiamo fidare,
allora, di ciò che vediamo con i nostri occhi? Gli psicologi della percezione
visiva darebbero una risposta affermativa e, come ha cercato di
dimostrare lo storico dell’arte Ernst Gombrich, di fronte a una situazione
visiva, film compreso, “chi osserva mette in pratica precise strategie volte
a gestire i molteplici impulsi sensoriali che riceve”7. Lo spettatore cerca
elementi costanti e reiterazioni per stabilizzare le immagini, le rielabora
quando non corrispondono a ciò che si attende, mette in pratica un
continuo “ricalcolo” di ciò che gli si presenta davanti agli occhi. In sintesi,
“percepisce selezionando solo le informazioni che sono tra loro coerenti e
che assicurano la funzionalità dello sguardo”8.
5
Marco dalla Gassa, Kurosawa Akira - Rashōmon , ed. Lindau, 2012, pag. 87
6
André Bezin, “L’Observateur”, 1952
7
Marco dalla Gassa, cit.
8
ibidem
7
L’ambiguità: il concetto di Aimai
9
Marco dalla Gassa nella traduzione di “The Japanese Mind: Understanding Contemporary Japanese Culture” di R.J.
Davies e O. Ikeno
10
Marco dalla Gassa, cit.
11
Marco dalla Gassa nella traduzione di “Rashōmon” di J. Davidson
12
Eugenie Brinkema, professore di Letteratura Contemporanea e media al MIT di Boston
13
<<Effetto Rashōmon>> è un’espressione di area anglosassone usata in varie discipline, dall’antropologia alle scienze
cognitive, dalla giurisprudenza alla sociologia, per individuare quelle situazioni in cui un medesimo fatto (testuale,
sociale, psicologico, ecc..) è raccontato da più punti di vista e prospettive. L’espressione è stata introdotta da Karl G.
Heider in “The Rashōmon Effect: when Ethnographers disagree” in American Anthropologist, 1988
14
Marco dalla Gassa nella traduzione di “The Fault Lines of Vision: Rashōmon and the man who left his will on film” di
E. Brinkema
8
A questo punto non vale più ciò che affermano gli psicologi della
percezione visiva, perché risulta ovvio che è meglio non fidarsi di ciò che
percepiscono orecchie e occhi. Allora, se non possiamo fidarci di immagini
e parole, ci possiamo fidare dei narratori?
LA CREDIBILITA’ - Un excursus
È possibile che dica il vero chi è più credibile? Che siano, quindi, più
credibili il monaco e il poliziotto rispetto al boscaiolo e al bandito?
Facendo riferimento a Rashōmon la risposta è negativa o, quanto meno,
non c’è risposta ma, nella realtà delle regole comportamentali in cui
viviamo, soprattutto nei paesi in cui non vige alcuna sorta di Aimai, la
risposta tenderebbe sicuramente al positivo.
Ma cos’è la credibilità? Come si forma e perché ne possiamo godere? E,
se si perde, possiamo in qualche modo riconquistarla?
Già Aristotele, nella Retorica, affermava che la credibilità è una
caratteristica personale e una qualità morale, assimilando il concetto di
credibilità all’onestà dell’individuo. Le scienze sociali contemporanee,
invece, affermano che la credibilità non è solo una caratteristica
personale ma è qualcosa che è attribuito, che è riconosciuto dagli altri:
vero è che non può prescindere dalle qualità personali ma è altrettanto
vero che non è una caratteristica intrinseca perché in ogni relazione
comunicativa le persone si attribuiscono reciprocamente una maggiore o
minore credibilità. Tuttavia, “attribuire all’altro una qualche credibilità
costituisce, come ha osservato il filosofo Gadamer, l’accordo portante su
cui si regge ogni relazione comunicativa, e in fin dei conti ogni relazione
9
umana”15. Ciò significa che ognuno di noi concede all’altro una forma di
credibilità e di affidabilità.
CREDIBILITA’ COME
ORIENTAMENTO UMANO (L)
15
Battista Maria Antonietta, Cosa è la credibilità, Corso di Coaching umanistico e programmazione neuro-
linguistica, Università telematica Pegaso, anno accademico 2020-2021
16
Talcott Parsons (1902 – 1979), sociologo statunitense
10
I. – INTEGRAZIONE. La credibilità è un fattore d’integrazione o divisione
sociale in quanto le linee di demarcazione della credibilità definiscono i
confini delle relazioni e dei gruppi sociali: è più facile attribuire
credibilità a chi appartiene alla mia stessa categoria sociale rispetto a
chi ne è estraneo.
L. – LATENZA. La credibilità è una proprietà latente e intrinseca di ogni
relazione comunicativa in cui i soggetti si attribuiscono reciprocamente
maggiore o minore credibilità secondo una sorta di “patto” su cui si
regge la comunicazione.
Per riassumere, la credibilità ha radici nella relazione sociale, perché è
nell’agire sociale che si stabiliscono legami e relazioni che si fondano
sulla credibilità, pur non potendo prescindere dalle qualità personali di
chi comunica.
17
“Sutor, ne ultra crepidam!” (Ciabattino, non [andare] oltre le scarpe!) è citata da Valerio Massimo e
da Plinio il Vecchio, che l'attribuisce all'artista greco Apelle di Coo. “Rem tene, verba sequentur”(possiedi
l'argomento e le parole seguiranno [da sé]), è una sententia attribuita a Catone il Censore da parte del
retore Gaio Giulio Vittore.
11
aderiamo perché li consideriamo positivi, giusti e desiderabili. Anche
per questo, siamo meglio disposti a ritenere più credibile chi condivide
i nostri stessi valori o chi, per status sociale o per condotta di vita
personale, incarna i valori che godono di maggior prestigio e
considerazione nella società in cui viviamo. I valori fondanti della
credibilità possono variare secondo due riferimenti principali:
- Modalità di relazione sociale: Gerarchia/status –
appartenenza/solidarietà;
- Categoria del tempo: passato/tradizione – futuro/innovazione
GERARCHIA/STATUS
PASSATO/TRADIZIONE FUTURO/INNOVAZIONE
APPARTENENZA/SOLIDARIETA’
I valori della gerarchia e dello status: appare tanto più credibile chi
occupa una posizione elevata nella stratificazione sociale.
I valori dell’appartenenza e della solidarietà: appartenere a un gruppo
porta ad attribuire maggiore credibilità a chi ne fa parte.
I valori del passato e della tradizione: è la credibilità assegnata
all’esperienza e alla tradizione, ai valori e alle norme in cui è evidente
la continuità con il passato.
I valori del futuro e dell’innovazione: il futuro rappresenta un valore
positivo poiché contrapposto al passato, considerato termine negativo
della relazione.
12
La terza radice è costituita dall’attaccamento e dall’affettività. Si basa
sulla percezione di un legame positivo con l’altro, quando questo
legame è gratificante e fonte di benessere. Ciò accade, ad esempio, nel
rapporto tra madre e figlio, soprattutto nei primi anni di vita, o nel
rapporto amicale. Appartiene a questa terza radice anche il ritenere
più credibile chi ci è simpatico, o chi ci ispira sentimenti positivi,
rispetto a chi ci sta “cordialmente” antipatico (sentimento negativo).
L’attaccamento e l’affettività si basano su una credibilità a prescindere,
nel senso che una persona è credibile per il fatto stesso che esiste tra
questa e l’altro un legame affettivo.
Nella vita reale queste tre radici s’intersecano e si legano l’una all’altra,
vale a dire che una fonte che in origine si legittima per la dimensione
cognitiva, valoriale o affettiva, può in seguito essere credibile per altri
aspetti.
13
personaggi/testimoni di Rashōmon ma, soprattutto, gli spettatori o i
lettori interdetti di Rashōmon).
Alla persona ritenuta credibile e competente in un particolare
contesto, è attribuita una credibilità specifica: è così per l’esperto, la
cui credibilità si basa sulla conoscenza che, nella nostra società, tende
a essere specifica e limitata. Ne consegue che una persona che gode di
credibilità specifica in un ambito e su un determinato tema, non lo sia
necessariamente in un altro contesto o su un diverso tema.
La credibilità generalizzata, invece, è quella propria della persona così
com’è: la consideriamo sempre credibile sui più diversi argomenti e ci
fidiamo di lei in molteplici e differenti contesti. E’ la credibilità che si
basa sui sentimenti affettivi o per attaccamento, come quella dei
bambini rispetto ai genitori che, secondo loro, dicono sempre la verità.
Anche i leader carismatici godono della credibilità generalizzata: non si
riconosce loro una competenza specifica in un determinato ambito ma
riconosciamo in loro una sorta di superiorità complessiva che spinge a
seguirli in modo quasi naturale.
Le posizioni che ogni ricevente, come lo spettatore, può assumere
rispetto a chi comunica, sono il distacco, la neutralità e il
coinvolgimento: a seconda della situazione, l’interesse che si può
assumere rispetto a un evento modifica la credibilità.
Anche la simpatia è un altro aspetto della credibilità che
apparentemente è un sentimento istintivo ma, come afferma il
sociologo Guido Gili18, può essere guidata e “costruita”. Solitamente ci
sono più simpatiche persone con tratti facilmente riconoscibili (la
similitudine dell’emittente con il destinatario fa sì che più una persona
è vicina al mio modo di pensare e di agire più mi risulterà credibile
perché la vedrò vicina al mio modo di essere), o quelle dai tratti del
viso lineari, rotondeggianti e infantili, che danno l’impressione di
essere più ingenui e più onesti e quelli di bell’aspetto.
18
Guido Gili, La credibilità. Quando e perché la comunicazione ha successo, Rubbettino, 2005, pagg. 23/24
14
La differenza di status (per esempio quella fra insegnante e studente o
genitore e figlio) genera credibilità, come dimostra anche la teoria dei
gruppi di riferimento; la credibilità simmetrica, invece, caratterizza le
relazioni tra pari o simili ed è propria di molte relazioni comunicative
della vita quotidiana. Nella vita quotidiana, infatti, molte decisioni
vengono prese non perché ci si affida a una leadership d’opinione
“verticale”, che è quella rappresentata da soggetti dotati di status
superiore o da esperti, ma perché ci si affida a una leadership
“orizzontale”, quella formata dalle persone che appartengono al nostro
stesso strato sociale e ambiente di vita. La credibilità e, di
conseguenza, l’influenza, tendono a scorrere lungo le linee sociali
definite dall’amicizia, dalla condivisione degli stessi interessi e opinioni:
per questa ragione alla base delle nostre decisioni non ci sono i
superiori (chi ha potere, prestigio, conoscenza, etc.), ma più facilmente
chi è vicino e pari a noi.
I ruoli dell’emittente
16
La reputazione presenta quattro caratteristiche:
1. si fonda su elementi che il ricevente conosce direttamente o che
ricava da fonti attendibili;
2. si forma con il passare del tempo ma deve essere confermata nel
presente;
3. è pubblica, riconosciuta da tutti;
4. è resistente e modificabile solo lentamente.
22
ibidem
23
ibidem
17
I gesti appena elencati, tutti gli atteggiamenti che accompagnano la
comunicazione e il contesto in cui questa si svolge, fanno parte
dell’”equipaggiamento” di cui ci ha parlato Goffman e che possono
favorire o anche danneggiare la credibilità dell’emittente.
Sono soprattutto le diverse forme della comunicazione non verbale,
cioè il registro paraverbale e la prossemica, a essere assunte come
“rilevatori” di credibilità dell’individuo, poiché sono state individuate
come espressioni di sincerità.
Il primatologo John Russell Napier24 scrisse che “se il linguaggio è stato
dato all’uomo per nascondere i pensieri, allora l’intento dei gesti è
quello di svelarli”.
Ma non è solo la sociologia o la psicologia che si occupa d’intelligenza
emotiva a studiare questo aspetto. I neuroscienziati, negli studi più
recenti, hanno dimostrato che esiste “un ponte tra il sé e l’altro, che
permette lo sviluppo della cultura e della società”25. Questo “ponte” è
l’attività dei neuroni specchio e del loro ruolo nel comportamento
umano.
18
circoscrivere la diffusione del discredito affinché non raggiunga altri
pubblici, anche se oggi, con la diffusione e l’abuso (più che uso) dei
social media e fake news costruite ad hoc, il compito è estremamente
arduo. È Gili a suggerirci come attivare strategie di “riparazione”
quando si è già determinata la “perdita della faccia”. Eccone alcune:
depotenziare il discredito ammettendolo
costruire una nuova modalità di accreditamento
contestare e rifiutare le accuse rivolte
Le strategie di recupero sono efficaci solo quando sono minimi i
seguenti parametri:
la gravità dei fatti emersi
il patrimonio di credibilità e reputazione dell’attore che subisce il
discredito
il contesto in cui il discredito si attua.
27
Murray J. Edelman (1919 – 2001) è stato un politologo statunitense, noto per i suoi studi dedicati alla
simbologia politica e alla psicologia politica.
19
Il secondo punto, la disconferma, pare essere l’opposto della
costruzione del nemico perché, in questo caso, l’avversario è
completamente ignorato.
Il terzo punto, l’insinuazione, è la tecnica con cui si creano o si dà
credito a voci e sospetti che vogliono mettere in dubbio l’integrità
personale ed etica di un avversario, spesso con la diffusione ad hoc di
false notizie riguardanti anche la sfera personale.
Credibilità e fiducia
28
Battista Maria Antonietta, op. cit.
20
La “parvenza” di sincerità: quando la credibilità è decisiva?
Il primo assioma della comunicazione recita che l’uomo non può non
comunicare. Quando lo fa con le parole, queste, una volta pronunciate,
coinvolgono e condizionano almeno due cervelli: quello di chi parla e
quello di chi ascolta. Le parole, infatti, hanno il potere di farci stare
29
Battista Maria Antonietta, I rischi della credibilità, Corso di Coaching umanistico e programmazione
neuro-linguistica, Università telematica Pegaso, anno accademico 2020-2021
30
Gili G., op. cit.
21
bene o male, di influenzare e di condizionare, di essere fondamentali
per raggiungere i nostri obiettivi. Lo psicologo Daniel Goleman, il
“padre” dell’intelligenza emotiva, afferma che nell’interazione fra due
persone lo stato d’animo di chi esprime i propri sentimenti in modo più
efficace si trasferisce all’altro, più passivo e meno efficace. Nella
postfazione al suo libro sui neuroni specchio31, Iacoboni afferma che
più indaghiamo sulle loro proprietà, più si riesce a capire come queste
cellule ci aiutino a sviluppare empatia e a porci in sintonia con l’altro,
capire le sue intenzioni e i suoi obiettivi: ciò che ci appare ovvio,
soprattutto quando ci relazioniamo con l’altro ha, invece, una codifica
che avviene in profondità e che, ancora, ci è in parte sconosciuta.
31
La postfazione è stata scritta il giorno dell’insediamento del presidente americano Barack Obama (2009) perché,
rispetto a quando lo scienziato ha iniziato a scrivere il libro, gli studi sui neuroni specchio hanno fornito nuovi e
sorprendenti risultati.
22
BIBLIOGRAFIA
Dalla Gassa Marco, Kurosawa Akira, Rashōmon, ed. Lindau s.r.l. – 2012
23