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Fig. 9.1 Rappresentazione schematica del fenomeno della fissione
Nel nucleo sono presenti due forze antagoniste: la forza elettrostatica repulsiva
esercitata tra i protoni e la forza nucleare attrattiva tra tutti i nucleoni.
Quest’ultima è analoga alla forza di coesione in una goccia di liquido, che tende a
farle prendere una forma sferica che è la configurazione più stabile perché la
superficie è minima a parità di volume. Ma per le forze elettrostatiche del nucleo
questa è la configurazione più instabile perché le azioni di repulsione sono in ragione
inversa al quadrato della distanza e la sfera è la configurazione nella quale la
distanza media tra i nucleoni presenta un minimo. Poiché la superficie del nucleo è
proporzionale ad A2/3 e quindi pressoché a Z2/3, mentre l’energia elettrostatica
dipende da Z2, è chiaro che all’aumentare di Z diventa sempre più importante la
forza elettrostatica rispetto alla tensione superficiale e quindi basta una piccola
deformazione rispetto alla sfera per far prevalere la prima (repulsiva) rispetto alla
seconda (attrattiva). Penetrando in un elemento pesante il neutrone eccita il nucleo
che si deforma e oscilla intorno alla forma sferica. Viene meno l’equilibrio tra le due
forze; la repulsione elettrostatica che tende ad allungare ancora di più la goccia può
prevalere sulla tensione superficiale che invece tende a ripristinare la forma
sferica, e quindi il nucleo si può spezzare in due parti. I frammenti della fissione
sono però in generale nuclei con troppi neutroni per essere stabili. La situazione è
illustrata in figura 9.2, dove è riportata la zona di stabilità.
Questo spiega perché durante il processo di fissione vengono emessi uno o più
neutroni ed i nuclei frammenti in generale sono emettitori β-. Inoltre in generale
non basterà un solo decadimento β- se il nucleo frammento è molto lontano dalla
zona di stabilità e quindi si avrà una vera famiglia radioattiva a radioattività β-. Per
esempio: lo 23592 U colpito da un neutrone fissiona rompendosi nei due frammenti
140
54 Xe e 94
38 Sr :
235
92 U + n → 140
54 Xe + 38 Sr + 2n
94
94
Fig. 9.2 Posizione dei frammenti di fissione rispetto alla curva di stabilità
140
54 Xe e 94
38 Sr a loro volta decadono β-:
140
54 Xe →
β− 55 Cs →
140
β− 56 Ba →
140
β− 57 La →
140
β− 58 Ce
140
94
38 Sr →
β− 39Y →
94 β−
94
40 Zr
95
(fissione indotta da neutroni veloci) l’energia necessaria per determinare la caduta
della sfera , mg(h-b), è quasi uguale all’energia finale della sfera dopo la caduta.
Nella figura 9.5 è riportato il grafico della energia potenziale di un nucleo che sta
subendo il processo di fissione, in funzione della distanza di separazione tra i centri
dei due frammenti: tale energia potenziale è dovuta alla presenza delle due forze
antagoniste, tensione superficiale e repulsione coulombiana.
La risultante energia potenziale può avere oppure no una depressione più o meno
marcata nel centro: in assenza di depressione la fissione può essere spontanea, nel
senso che non occorre fornire energia dall’esterno per provocarla. Quando la
depressione non è molto pronunciata è sufficiente l’energia potenziale guadagnata
dal nucleo quando cattura il neutrone (energia di legame del neutrone nel nucleo
composto, pari a circa 7.5 MeV).
96
Fig. 9.4 Analogia meccanica della fissione
97
agitazione termica (kTamb ≈ 40
1
eV = 0.026 eV); se è grande, la fissione avviene con
neutroni energetici , detti “veloci”. Un esempio di nucleo fissionabile con neutroni
termici è lo 235
92 U , mentre un esempio di nucleo fissionabile solo con neutroni veloci è
98
9.3 La reazione a catena
L’emissione di neutroni a seguito della fissione di un nucleo è un fenomeno di
capitale importanza perché rende possibile, in particolari condizioni, un fenomeno di
eccezionale interesse pratico: la reazione a catena. Infatti, se ognuno dei neutroni
risultanti da una fissone produce altre fissioni, il numero di queste cresce
rapidamente, e al limite basterà un solo neutrone iniziale per provocare la fissione
di un enorme numero di nuclei nel bersaglio Tre parametri del processo di fissione
sono particolarmente importanti al fine di realizzare e controllare la reazione a
catena:
1) il numero ν di neutroni emessi per ogni fissione;
2) la distribuzione energetica dei neutroni emessi;
3) la probabilità P di indurre una fissione (legata alla sezione d’urto σfiss del
processo) in funzione dell’energia dei neutroni.
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Fig. 9.7 Andamento della sezione d’urto di interazione neutrone-nucleo
Cioè, se N è il numero di atomi fissili presenti nel campione, dopo un tempo più o
meno lungo tutti questi atomi saranno stati scissi e la reazione a catena si fermerà.
Mentre ν è un dato che dipende solo dall’elemento considerato, la probabilità P
dipende da molti fattori: dall’energia dei neutroni, dalla forma geometrica del
materiale, eccetera. Quanto più grande è la superficie a parità di volume, tanti più
neutroni usciranno dal materiale senza fare alcuna reazione, e quindi P diminuisce.
Per minimizzare la fuga dei neutroni conviene minimizzare l’area a parità di volume,
e perciò è preferibile la forma sferica. Ma il rapporto S/V diminuisce all’aumentare
delle dimensioni della sfera: perciò aumentando la quantità di materiale diminuisce
la fuga di neutroni, fino ad un certo raggio critico, per il quale la fuga e la
produzione di neutroni si compensano esattamente. La quantità di materiale per la
quale questo avviene si dice “massa critica”: questa è la massa che dà un numero di
neutroni costante: Pν=k=1. k è detto fattore di riproduzione. Un altro modo di
variare P (e quindi k) è quello di variare l’energia dei neutroni. Questa si può
ovviamente solo diminuire: e si vede (fig. 9.7) che al diminuire dell’energia P (e
quindi k) aumentano. Si ottiene questo usando un “moderatore”: per esempio
carbonio o acqua pesante (D2O) che rallentano i neutroni per urto ma non li
catturano (l’idrogeno li catturerebbe, formando deuterio). Un metodo per diminuire
P è invece quello di introdurre materiale che cattura i neutroni (per esempio il
48 Cd ).
Cadmio 113
Nei reattori utilizzati per la produzione di energia, l’innesco della reazione a catena
è facilitato e velocizzato dalla presenza, accanto al combustibile, di una sorgente di
neutroni. Poichè non esistono elementi che emettono spontaneamente neutroni, le
sorgenti di neutroni sono miscele di elementi alfa o gamma-emettitori e di Berillio
naturale (9Be). Vengono sfruttati i meccanismi di reazione seguenti:
α + 9Be → 12C + n
100
γ + 9Be → 8Be + n
Il primo avviene nelle sorgenti Am-Be, sfruttando l’emissione alfa dell’elemento
241
Am, mentre il secondo avviene nelle sorgenti di Ra-Be, dove la produzione di
neutroni è provocata dai molti fotoni di diseccitazione associati al decadimento del
Radio-226 e dei suoi figli.
Esercizio
nell’Uranio U avviene una fissione spontanea ogni 100 ore per grammo di
238
92
E =m( 235
92 U) − m( 34 Xe ) − m( 38 Sr ) − 5mN = 164.2 MeV
138 92
101
9.4 La Fusione nucleare
Partendo dalla curva di B/A in funzione di A, risulta chiaro che esiste un altro
sistema di guadagnare energia mediante trasformazioni nucleari: nella zona a basso
A, l’energia di legame per nucleone passa da valori di 1.1 MeV/A ( 21H ) fino a valori
dell’ordine di 7 MeV/A.
2
1 H + 12H → 23He + n B = 3.3 MeV
2
1 H + H → He + n
3
1
4
2 B = 17.6 MeV
2
1 H + He → He + p B = 18.4 MeV
3
2
4
2
6
3 Li + 21H →2 24 He B = 22.4 MeV
Questo tipo di reazioni nucleari è detta “fusione” o “reazione termonucleare”.
Naturalmente, anche se in alcuni casi il valore di ∆B (e quindi dell’energia
guadagnata) è maggiore, il guadagno energetico per ogni reazione è più basso che
nel caso della fissione in quanto il numero di nucleoni interessati è molto più basso;
il potere calorico è invece confrontabile. Infatti, per esempio:
102
2
1 H + 13H → 24He + n Q = 8.5⋅1013 cal/kg
6
3 Li + 21H →2 24 He Q = 6.5⋅1013 cal/kg
Tra i due nuclei interagenti esiste un potenziale repulsivo dovuta alla forza di
Coulomb: l’altezza della barriera coulombiana esistente tra due nuclei di carica
rispettivamente Z1 e Z2 è data dalla solita espressione:
Z Z e2
VC (r ) = 1 2
r
Ricordando che e2 = 1.44 MeV⋅f si vede che, anche per nuclei leggeri, alla distanza
di “contatto” nucleare r = R1 + R2 (dove R1 e R2 rappresentano i raggi nucleari dei
nuclei interagenti) di qualche fermi l’altezza della barriera è dell’ordine del MeV.
D’altra parte questa reazioni avvengono ad energie cinetiche di gran lunga inferiori,
grazie all’effetto tunnel. Tra l’altro l’effetto tunnel fu postulato per la prima volta
da Gamow proprio per spiegare come le reazioni termonucleari potessero avvenire
all’interno del sole (vedi nel seguito per una descrizione più approfondita).
In genere, dal punto di vista del possibile impiego pacifico dell’energia
termonucleare, le reazioni avvengono tra due “gas” di particelle interagenti ad
elevata energia cinetica e quindi ad elevata temperatura. Per avere un alto
rendimento occorre raggiungere una energia cinetica (nel centro di massa dei due
nuclei interagenti) dell’ordine della decina di keV. Poiché i gas possono essere
trattati come gas perfetti, le energie cinetiche delle particelle seguiranno la
distribuzione statistica di Maxwell-Boltzmann. dalla relazione E ≈ kT (k = 8.6⋅10-5
eV⋅K-1), si vede che la temperatura corrispondente a 1÷10 keV vale 107÷108 K. Un gas
a queste temperature è totalmente ionizzato e forma il cosiddetto “plasma”: un
insieme di nuclei nudi e di elettroni. È evidente quali siano i problemi tecnologici
legati all’impiego delle reazioni di fusione per produrre energia: i nuclei, privati degli
elettroni, si respingono ed il gas tende quindi ad espandere. Ovviamente nessun
materiale a queste temperature può fungere da contenitore, e si cerca di sfruttare
forti campi magnetici per confinare i nuclei e farli interagire. Per quanto riguarda
poi il raggiungimento di tali elevate temperature, negli ultimi anni si è pensato di
cedere energia agli atomi tramite laser di potenza, capaci di produrre altissime
energie per brevissimi intervalli di tempo: per esempio si possono ottenere 100
Joule per tempi di durata dell’ordine del nanosecondo. Il problema tecnologico,
tutt’altro che risolto, è quello di mantenere per tempi più lunghi lo stato di plasma
attivo.
Ovviamente, al fine unico di studiare il processo di fusione, l’energia cinetica di 10
keV può essere fornita tramite una macchina acceleratrice (ciclotrone o
acceleratore lineare). Certamente questo metodo non può essere utilizzato per
produrre energia, ma solo a scopo di ricerca o per la produzione in piccolissime
quantità di elementi leggeri, radioattivi o no.
Tramite il processo della fusione termonucleare hanno avuto origine gli elementi che
oggi compongono l’Universo: si parla di nucleosintesi primordiale e di nucleosintesi
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stellare: la prima avvenne durante i primi minuti di formazione dell’universo e
produsse essenzialmente Elio, mentre la seconda avviene all’interno delle stelle e ne
caratterizza la nascita, e la vita e la morte.
Daremo nel capitolo 21 una breve e sommaria descrizione della evoluzione
dell’universo, cercando di seguirlo durante la sua espansione e conseguente
raffreddamento, dall’istante iniziale del Big-Bang a come si presenta oggi alla
nostra osservazione.
La figura 9.9 rappresenta l’abbondanza relativa degli elementi nell’Universo: più del
99% della materia barionica è costituita da idrogeno (75%) ed Elio (25%). Gli
elementi pesanti (con A>140) costituiscono una frazione pari a una parte su 1012
dell’idrogeno.
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