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La Deduzione Trascendentale (cioè la dimostrazione della

legittimità delle categorie):


- l'attività dell‘io penso si attua tramite i giudizi, i quali, come
sappiamo, sono i modi concreti con cui il molteplice
dell'intuizione viene pensato;
- ma i giudizi si basano sulle categorie, che sono le diverse
maniere di agire dell'io penso, ovvero le dodici funzioni
unificatrici in cui si concretizza la sua attività sintetica;
- di conseguenza, gli oggetti non possono assolutamente venir
pensati senza per ciò stesso venire categorizzati.
Quando Kant parla di «io penso» intende il
principio formale di unificazione del pensiero,
che è condizione di possibilità della conoscenza
del mondo, sia della conoscenza ordinaria, sia di
quella scientifica.
Lo schematismo trascendentale
Si pone tuttavia un altro problema.
Kant afferma l'eterogeneità fra sensibilità e intelletto;
sappiamo anche che la conoscenza non può che essere
sintesi fra intuizione e concetto.
Come è possibile questa relazione fra rappresentazioni
eterogenee?
Come è possibile, per esempio, l'applicazione della
categoria di causalità ai fenomeni, dal momento che
questa è un concetto puro dell'intelletto, che non può
trovarsi nei fenomeni stessi? Per risolvere questa
difficoltà, Kant sviluppa la dottrina dello «schematismo
trascendentale».
Lo schema di un oggetto non coincide con l'immagine
sensibile e particolare di questo o quell’oggetto, ma si
identifica con una regola in base alla quale la nostra
immaginazione è posta in grado di delineare in
generale la figura, senza tuttavia chiudersi entro una
particolare raffigurazione offertami dall'esperienza o in
una qualsiasi immagine che io possa rappresentarmi in
concreto. Altri esempi:
- schema del concetto di sostanza: la permanenza del
reale nel tempo;
- schema del concetto di causa: il reale a cui, una volta
che esso sia posto, segue sempre qualche altra cosa;
- schema del concetto di necessità: l’esistenza di un
oggetto in ogni tempo.
Il noumeno come concetto-limite
Le categorie, costituendo la facoltà logica di unificare il molteplice
della sensibilità, funzionano solo in connessione con le intuizioni
spazio-temporali cui si applicano.
Considerate di per sé, cioè senza essere riempite di dati provenienti
dal senso esterno o interno, sono «vuote».
Questo fa sì che esse risultino operanti solo in relazione al fenomeno,
intendendo per quest'ultimo l'oggetto proprio della conoscenza
umana, che è sempre sintesi di un elemento materiale e di uno
formale.
Di conseguenza, il conoscere, per Kant, non può estendersi al di là
dell'esperienza, in quanto una conoscenza che non si riferisca a
un'esperienza possibile non è conoscenza, ma un vuoto pensiero
che non conosce nulla, un semplice gioco di rappresentazioni.
Questo principio postula una distinzione tra pensare e conoscere.
Il noumeno, la cosa in sé, più che essere una realtà, è
per noi un concetto, e pre­cisamente un concetto-
limite, una sorta di promemoria che serve ad
arginare le nostre pretese conoscitive.
Il noumeno
- circoscrive le pretese della sensibilità,
rammentandoci che ciò che ci viene dato
nell'intuizione spazio-temporale non è la realtà in
assoluto;
- circoscrive le arroganze dell'intelletto, ricordandoci
che esso non può conoscere le cose in sé, ma
soltanto pensarle nella loro possibilità, sotto forma
di x ignote.
Quindi il concetto di noumeno non è altro che
un concetto limite, per circoscrivere le
pretese della sensibilità ed è quindi soltanto
di uso negativo. Esso non è però introdotto
arbitrariamente, ma si connette alla
limitazione della sensibilità, senza tuttavia
essere in grado di porre alcunché di positivo
al di fuori del dominio che le è proprio.
Il mondo delle cose in sé è dunque del tutto
sottratto, in quanto privo di contenuto oggettivo,
alla conoscenza.
Resta ora da considerare perché si dia nei fatti il
tentativo di produrre conoscenza anche di
questo mondo, e che cosa accada quando ciò
avviene: è questo il compito della Dialettica
trascendentale.
Successivamente, Kant continuerà la sua rifles­sione
sul mondo noumenico, considerando in che
modo esso sia esplorabile attraverso le categorie
della ragione pratica, nell'orizzonte della morale.
La dialettica trascendentale

Nella Dialettica trascendentale Kant conduce


l'esame dei fondamenti della metafisica e del
suo eventuale diritto a proporsi come sapere
scientifico.
Per Dialettica trascendentale Kant intende l'analisi
e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci
della metafisica.
Nonostante la sua infondatezza, la metafisica
rappresenta tuttavia un'esigenza naturale e
inevitabile della mente umana, di cui la filosofia
critica intende chiarire la genesi profonda.

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