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D’Amico 2
8.10.1012
Oggi riprendiamo il discorso dell’ altra volta, significa dall’ illustrare i parametri
farmaco cinetici. Questi parametri ci permettono di valutare la cinetica di un
farmaco,vale a dire ,se dobbiamo scegliere in terapia un farmaco che abbia una
cinetica lunga o breve,un farmaco che possa essere somministrato per una
determinata via piuttosto che per un'altra. Abbiamo accennato a che cos è la cinetica,
cioè l’ insieme delle circostanze che fanno in modo che un farmaco una volta introdotto
in un organismo possa vedere modificata quella che è la sua struttura iniziale in alcuni
casi, altri casi ciò nn si verifica è poi materia di distinzione qst tra un farmaco rispetto a
un altro farmaco. In linea generale però la cinetica sottolinea l’ insieme degli effetti che
qst farmaco avrà su un organismo vivente. Abbiamo parlato dell’ assorbimento, cioè di
come un farmaco possa passare da un ambiente esterno a quello che è l’ ambiente
interno, fino agli organi bersaglio dove poi dovrà avere attività farmacologica. Però per
valutare nell’ ampio panorama di farmaci e di molecole che abbiamo a disposizione
quale sia la molecola più utile al nostro scopo terapeutico, noi abbiamo bisogno di
valutare la fase di assorbimento, cm abbiamo bisogno di valutare, di paragonare quella
che è la fase di distribuzione che non abbiamo ancora visto, la fase di trasformazione del
farmaco, la fase di eliminazione per poter dire se una molecola y che può essere più o
meno utile allo scopo terapeutico. E quindi andiamo a vedere cm noi possiamo valutare
qst cose. Lo facciamo attraverso i parametri farmacocinetici cioè dei parametri, dei
fattori che ci permettono di distinguere tra la molecola A e la molecola B da
somministrare per qst o per quell’ altra via in un certo individuo per poter avere un
certo tipo di effetto farmacologico. Quindi sono i parametri, l’ insieme delle
informazioni che ci permettono di sottolineare gli effetti che potremmo avere da una
certa molecola. Il prof apre una parentesi per presentarsi…. Sono Michele D Amico, nel
secondo semestre ci rivedremo ancora…il prof lascia il suo recapito telefonico di Napoli:
081 5665881. I parametri farmacocinetici per quanto riguarda la fase di assorbimento,
trattata finora, il parametro che ci permette di quantizzarla, cioè di identificarla di
tracciare una… di valutare sono quelli che vediamo nella slide.. chiaramente tutti quanti
insieme nn riguardano la fase di assorbimento che abbiamo visto prima. Quello che
riguarda la fase di assorbimento è la biodisponibilità e l’ AUC. Sono due quindi i
parametri di qst fase che ci permettono di dire: ma qst farmaco è stato correttamente
assorbito oppure no? Ha raggiunto il circolo sanguigno in maniera tale da poterci dare
un’ azione farmacologica oppure no? Quindi dall’ entità e dalla valutazione di qst due
cose noi possiamo distinguere le varie molecole e aspettarci una certa azione da qst
molecole in funzione della via di somministrazione. Qst è un fatto molto importante
perché la biodisponibilità che noi definiamo cm quantità di principio attivo, frazione di
principio attivo che raggiunge il circolo sanguigno in rapporto alla velocità con cui essa
lo raggiunge, si definisce biodisponibilità. La biodisponibilità è massima per la via
endovenosa, decresce mano mano che si cambia via di somministrazione dei farmaci.
Per cui, immaginiamo che se un farmaco deve essere somministrato in rapporto con la
via di somministrazione per via e.v. ha una biodisponibilità del 100%, cioè tutto il
farmaco che iniettiamo in quell’ organismo ha possibilità di raggiungere il circolo
sanguigno poiché non deve attraversare altri ostacoli se non quello del contatto diretto
con quelli che sono gli elementi del plasma. Se lo stesso farmaco venisse iniettato per via
trans dermica avrebbe una biodisponibilità minore o uguale al 100% a seconda poi del
distretto di vascolarizzazione del distretto cutaneo; oppure per via orale qst farmaco
avrà una biodisponibilità inferiore certamente al 100%. Quindi a seconda della via di
introduzione varia qst parametro e quindi la quota di principio attivo che si rende
disponibile per poter essere poi distribuita e quindi passare nella fase successiva e
arrivare ai tessuti bersaglio. Noi se dovessimo porre la biodisponibilità e quindi le
concentrazioni di farmaco che troviamo a livello del sangue in rapporto al tempo dell’
introduzione di un determinato farmaco per una via x in un asse cartesiano,
definiremmo delle curve. Per esempio immaginiamo in qst diapositiva di somministrare
il farmaco a qst punto, di fare dei prelievi di sangue a un soggetto x a distanza di tempo,
qst prelievi di sangue ci daranno delle concentrazioni plasmatiche di farmaco; a tempo
zero tale farmaco avrà zero concentrazione, poi mano a mano che passa il tempo io
faccio il prelievo e la concentrazione plasmatica aumenterà e così via fino a qnd qst
farmaco non arriverà al punto in cui avrà uno stato stazionario che definiremo
successivamente, da cui le concentrazioni per qnt io prosegui nel mio dosaggio del
farmaco a livello plasmatico, decadranno perché entreranno in gioco altri meccanismi di
distribuzione e di trasformazione del farmaco stesso. Se io somministro qui e faccio dei
prelievi, trovo che il farmaco può avere delle concentrazioni che subito arrivano al
massimo, man mano che io mi sposto da quel tempo zero, le concentrazioni plasmatiche
del farmaco possono diminuire fino ad arrivare ad un limite in cui si annulleranno. Il
rapporto tra concentrazione e tempo definisce delle aree sotto la curva che si chiamano
AUC del farmaco (quindi l'AUC è il rapporto tra la concentrazione del farmaco e il
tempo che passa dalla somministrazione del farmaco,quindi dall' entità della curva e
cioè dalla sua ampiezza si potrà dedurre se il farmaco ha una biodisponibilità elevata
o bassa e cioè se il farmaco è predisposto a dare un'azione farmacologica in termini di
tempo brevi o piuttosto lunghi e quindi capire se possiamo utilizzare quel farmaco
nelle terapie di emergenza o di mantenimento), aree sotto la curva del farmaco, che ci
dicono che se esso è adoperato per via e.v. in accordo con qnt definito precedentemente,
cioè che la biodisponibilità del farmaco è massima per la via e.v., il farmaco avrà le
massime concentrazioni al tempo zero qnd si introduce che diminuiranno man mano
che nn si procede a un ulteriore somministrazione del farmaco, se preferite ad un’
infusione costante del farmaco per via e.v., man mano che passa il tempo dal momento
che l’ ho introdotto. Viceversa, se qst farmaco non è somministrato per via e.v., ma per
un’ altra via, sempre in accordo a quello che è il discorso della biodisponibilità come
frazione di farmaco, di principio attivo che si libera da una qualsiasi formulazione
farmaceutica, che raggiunge realmente il circolo sanguigno e che è pronto ad essere
distribuito, quando utilizziamo una via diversa, ad es quella orale o via inalatoria,
rettale, o altre, la concentrazione, e quindi l’ area della curva, che qst farmaco avrà, sarà
sicuramente più bassa dell’ aria che lo stesso farmaco eventualmente avrebbe se
iniettato per via e.v. quindi definire la biodisponibilità come un rapporto tra AUC, l’ aria
sotto la curva, per una via diversa da quella e.v. sulla curva che è sottolineata dal fatto
che quando iniettata per la via e.v. per 100, ci dà l idea della possibilità di utilizzare una
molecola per la determinata via per ottenere un effetto farmacologico più o meno
massimale. Cioè in senso pratico se dovessi utilizzare un farmaco in terapia di
emergenze che può essere utilizzato per tutte le vie che vogliamo, qual è la via che devo
usare per affrontare la condizione di emergenza? le vie di rapido assorbimento, di
massima biodisponibilità cioè la via e.v., poi la via sub linguale e così via. Qst differenza
di biodisponibilità è quella che ci permette di distinguere le varie molecole che in
percentuale è massima per la via e.v. e per altre vie simili e poi decresce mano che
usiamo altre vie. La biodisponibilità del farmaco è stabilita facendo dei dosaggi
plasmatici di quel farmaco e stabilendo in rapporto al tempo quanto farmaco arriva in
una certa unità di tempo. Tale biodisponibilità, o area sotto la curva è modificata dalla
via di somministrazione per definizione, dalle quantità di dosi, nel senso che se ho un
farmaco che posso somministrare a dosi diverse, la dose più elevata mi darà una
biodisponibilità maggiore quindi un’ area sotto la curva maggiore rispetto alle dosi più
basse specialmente per quei farmaci che seguono le 2 leggi che regolano l’ azione dei
farmaci: la legge del tutto o nulla e la legge della dose proporzionalità. La prima legge
vale a dire l’ azione del farmaco compare solo al di sopra di una certa concentrazione
plasmatica e non al di sotto; la seconda indica che l’ azione del farmaco compare in
maniera proporzionalmente diretta a quelle che sono le concentrazioni plasmatiche e
quindi in qst caso aumentando le dosi, aumenta la biodisponibilità e conseguentemente
aumentano le concentrazioni plasmatiche e quindi contemporaneamente la
biodisponibilità del farmaco, dunque maggiore possibilità di avere un’ azione
farmacologica. Un altro fattore che modifica anche la biodisponibilità è il veicolo; qui
stiamo ragionando in termini empirici di principio attivo, ma quando passiamo a quello
che è l’ applicazione del principio attivo nella terapia sicuramente il principio attivo sarà
unito ad un veicolo, a un eccipiente a un modificante in genere di quella che è l azione
del principio attivo preso di per sé. E allora, dipendendo dal veicolo che si utilizza per
associare il farmaco al principio attivo principale, varierà la biodisponibilità. E allora la
quota di farmaco che arriverà sarà variabile a seconda di come qst principio attivo sarà
legato al veicolo oppure l’ eccipiente oppure l’ emulsionante oppure altri tipi di
situazioni che si possono verificare. Infatti se guardiamo qst curve di concentrazione del
tempo, quindi delle classiche curve AUC per un farmaco che è comune, di corrente
utilizzo quale la digossina per il pz scompensato, però formulate in maniera diversa,
accoppiate ad altre sostanze che possono avere una cinetica diversa tra di loro, la
biodisponibilità cambia, e quindi le curve cambiano in funzione del tempo; ad esempio
avremo delle curve che avranno un picco di concentrazione in tempi molto brevi, delle
formulazioni che avranno invece delle concentrazioni plasmatiche che compariranno a
intervalli di tempo un po’ più prolungati. E quindi il farmaco in questione in qst
concentrazione qui e in qst altra formulazione, è il farmaco che raggiunge subito il
circuito sanguigno e probabilmente subito verrà distribuito e arriverà all’ organo
bersaglio che è il cuore, ai target specifici che sono le pompe sodio potassio a livello della
micro cellula muscolare liscia cardiaca. Quindi un certo tipo di formulazione va bene in
un certo tipo di terapia. Un’ altra formulazione tipo questa è da utilizzare qnd si vuole
utilizzare un protocollo di terapia di mantenimento. Quindi oltre alla via di
somministrazione l’ altro parametro, l’ altro fattore da tener presente quando si parla di
biodisponibilità è proprio il mezzo in cui qst principio attivo si trova ad essere. Altri
fattori che possono modificare qst biodisponibilità sono: gli induttori e gli inibitori
enzimatici; Sono quelle sostanze, in prevalenza farmaci, che possono modificare la fase
di trasformazione di altri farmaci. Quando vedremo il metabolismo sicuramente diremo
che quello principale è a livello epatico, a livello epatico ci sono gli enzimi del citocromo
e alcuni citocromi possono più o meno espressi rispetto a degli altri e quindi farmaci
che utilizzano quelle frazioni di citocromo per essere trasformati, possono avere una
trasformazione più o meno aumentata a seconda della funzionalità di qst citocromi. E se
ci sono dei farmaci ad esempio in un caso di polifarmacoterapia in uno stesso soggetto
in cui sono presenti più di un farmaco, c è la possibilità che uno di qst farmaci possa
modificare il metabolismo dell’ altro farmaco; qst effetto in cinetica si chiama di farmaco
induzione, di farmaco depressione che verrà spiegato nelle prossime lezioni. Tali
farmaci possono modificare il metabolismi, modificando il metabolismo quello che si
modifica specialmente per quei farmaci che hanno nel processo di metabolizzazione una
fase di attivazione, ad es i pro farmaci, cioè quelle molecole che da sole quando
somministrate se non raggiungono il circuito epatico non vengono trasformate e quindi
non si rendono attive, il processo della induzione e della repressione trova un significato
importante. Quindi la biodisponibilità di quel farmaco varia a seconda di se qst
fenomeni si verificano o meno a livello epatico. Altre caratteristiche quali la solubilità
più o meno del farmaco, è importante. Se un farmaco è oleoso non mi posso aspettare
che somministrato per via e.v. mi dia una massima biodisponibilità, anzi è una
controindicazione assoluta. La stabilità chimica, la presenza o meno di cibo per quanto
riguarda i farmaci somministrati per via gastroenterica oppure inattivazione a livello
epatico sempre per la presenza o meno degli enzimi funzionanti o non funzionanti.
Quindi le variabili che possono modificare qst parametro sono diverse. Fatto è che noi
possiamo valutare anche 2 molecole attraverso la concentrazione di qst parametro
perchè esiste una biodisponibilità assoluta che è quella di cui abbiamo parlato adesso
cioè della valutazione di quanto farmaco arriva quando è somministrato singolarmente
soggetto o meno a quelle che sono le variabili che abbiamo detto, e poi esiste una
biodisponibilità relativa che permette di confrontare proprio due molecole. Da un punto
di vista di formula qst è data dall’ area sotto la curva di un farmaco di cui noi vogliamo
sapere la biodisponibilità fratto l’ area sotto la curva del farmaco che prendiamo cm
riferimento. Cioè se io ho un farmaco con una certa formulazione standard di cui io
conosco la biodisponibilità perché ormai si sono fatti gli studi di fase preclinica e di fase
clinica, e lo voglio paragonare ad una molecola nuova, anzi una molecola nuova rispetto
a qst, posso sapere la biodisponibilità di una molecola nuova mettendo in rapporto
proprio le concentrazioni di farmaci a livello plasmatico della molecola di cui non so
rispetto alla molecola di cui so. Da qst rapporto la biodisponibilità diventa relativa e è
utile quando si fanno gli studi di preparazione tra farmaci e farmaci. Completata con la
biodisponibilità la fase di assorbimento, cioè il farmaco passa attraverso una serie di
strutture che viene valutata a seconda di quanto ne arriva nel circuito sanguigno. È
anche vero che però qst farmaco che arriva nel circuito sanguigno qualche cosa deve fare
cioè deve passare secondo quello che abbiamo detto all’ inizio, dal sangue ai tessuti
bersaglio, cioè deve essere distribuito. La distribuzione quindi è una fase della cinetica
che studia il passaggio del farmaco dal plasma ai tessuti bersaglio (un farmaco nel
passaggio dall'ambiente esterno all'ambiente inteno, cioè il plasma,incontra tanti
ostacoli,rappresentati da tante membrane e dai liquidi interstiziali. Quando poi il
farmaco deve passare dal circolo sanguigno ai tessuti bersaglio allora deve vincere
sicuramente i fluidi extracellulari e i fluidi eventualmente intracellulari passando per
quella che è la membrana plasmatica). Due cose sono importanti nella fase della
distribuzione,la quantità di sangue che arriva in un certo distretto e il legame con le
proteine plasmatiche. Se io ho un distretto altamente irrorato ho maggiore possibilità
che il farmaco passi dal sangue a quel distretto tissutale; se io ho il contrario, ho una
bassa possibilità che il farmaco arrivi al distretto, quindi avrò concentrazioni di
farmaco che arrivano in un determinato tessuto a seconda del flusso di sangue e
maggiore sarà il flusso di sangue e maggiore sarà la capacità dei farmaci di
distribuirsi nel tessuto. Allora immaginiamo che in linea generale cuore, fegato, rene
cervello possano avere una capacità di distribuzione di arrivo di farmaco maggiore a
quella che può essere la cute, il tessuto lipidico, i muscoli e così via, Cioè tessuti poco
irrorati dal sangue . In teoria se io dovessi generalizzare e fare delle scalette di
distribuzione in rapporto a quelle che sono il flusso sanguigno che arriva per distretto,
metterei sicuramente qst organi ad alta irrorazione in primis, seguiti poi così come
abbiamo fatto per la via di somministrazione per quanto riguarda la biodisponibilità, da
quelli a basso flusso sanguigno. Quindi allora il cervello riceve più farmaco e il muscolo
riceve meno farmaco. Però un fattore forse anche più importante di quello che è il flusso
sanguigno… il flusso sanguigno trova importanza quando parliamo di situazioni
patologiche come l’ ischemia al di là di qst disquisizione per quanto riguarda lo stato
fisiologico, ma nella condizione patologica in cui il distretto è ischemizzato quindi non
c’è flusso sanguigno o c’è flusso sanguigno ridotto, in quel distretto arriverà meno
farmaco. Un altro fattore che può determinare la distribuzione del farmaco in maniera
più o meno corretta o per lo meno quanto è stato stabilito per quel farmaco per dagli
studi preclinici, è il legame farmaco proteico. Quindi l'altra caratteristica importante è
il legame che i farmaci hanno con le proteine plasmatiche che rappresentano i primi
recettori dei farmaci tant'è che esse sono anche dette recettori falsi-cioè recettori silenti
perchè sono capaci di legare i farmaci ma non sono capaci di avere un meccanismo di
trasduzione legato a cambiamenti intracellulari.Le proteine plasmatiche sono in linea
di massima degli accettori ma anche degli ostacoli,chiamiamoli così,per quanto
riguarda la distribuzione di farmaci perchè un farmaco legato alle proteine
plasmatiche è un farmaco che all'interno del torrente circolatorio non può essere
trasferito nei tessuti bersaglio.La quota di farmaco che è invece libera quindi non
legata alla componente proteica ma disciolta nella quota acquosa è la quota che
facilmente viene trasportata all'interno dei tessuti.Questa condizione fa in modo che un
farmaco venga più o meno metabolizzato a livello degli organi di metabolizzazione.
Tutti i farmaci somministrati per via e.v. e per altre vie, se arrivano al circuito sanguigno
hanno un legame con le proteine plasmatiche quindi con albumine globuline ecc. questo
legame può essere più o meno forte e quindi più o meno reversibile e in funzione di
questa forza, dell’ affinità che si stabilisce tra la proteina plasmatica e il farmaco dipende
la distribuzione del farmaco nei vari distretti, nel senso che più il farmaco è legato alle
proteine plasmatiche meno il farmaco è disponibile per arrivare ai distretti bersaglio,
quindi le due cose sono inversamente proporzionali: Più forte è il legame, meno farmaco
arriva, quindi minore distribuzione; viceversa se è un legame debole, se è un legame
facilmente reversibile, il farmaco tende a passare maggiormente nei circuiti
tissutali .Questo legame è chiaramente soggetto anche alla quantità di farmaco che è
presente all'interno del plasma in toto,vale a dire se abbiamo piccole quantitàdi
farmaco ovviamente il legame con le proteine plasmatiche sarà di bassa capacità se
invece abbiamo grosse quantità di farmaco il legame con le proteine plasmatiche sarà
di maggiore entità perchè le proteine plasmatiche saranno in un certo numero e
potranno essere occupate più o meno da alte o basse quantità di farmaco ;questo
significa che della quota libero di farmaco rimarrà una quota più o meno elevata a
seconda del numero di proteine che legano quel numero di molecole di farmacoe quindi
la capacità del farmaco di rimanere libero dipende anche dalla concentrazione di
farmaco che viene somministrato nel circuito sanguigno. Ci sono alcune situzioni in cui
due o più farmaci competono per le proteine plasmatiche per cui questo legame tra il
farmaco e le proteine plasmatiche diventa importante quando al di là del fatto di essere
così per definizione, noi lo abbiamo definito per un singolo farmaco comunque
importante per definire la distribuzione di qst farmaco, diventa importante quando nell’
organismo sono presenti più di un farmaco, perché come la biodisponibilità poteva
essere modificata dalla presenza di un altro farmaco perché venivano modificati i
distretti di metabolizzazione ecc, così per la distribuzione si può verificare che due
farmaci siano presenti nello stesso organismo e possano competere per le poteine
plasmatiche e quindi a parità di concentrazioni un farmaco sarà capace di legare in
maniera stabile le proteine plasmatiche e l'altro in maniera meno stabile per cui il
farmaco che occupa più proteine plasmatiche perchè lega in maniera più stabile sarà
quel farmaco che meno viene veicolato ai tessuti bersaglio al contrario del farmaco che
lega in maniera meno stabile e tra i due farmaci si stabilirà un fenomeno di
competizione. Quando competono tra di loro per il legame alle proteine plasmatiche, si
può avere il fenomeno dello spiazzamento. È quel fenomeno che permette a un farmaco
di slegare cioè spiazzare un altro farmaco dal legame con le proteine plasmatiche e
tende a renderlo libero all'interno della fase acquosa del plasma aumentandone la
concentrazione libera e facendo sì che questa forma libera venga veicolata nel tessuto.
Questo significa che se somministrato da solo quel farmaco mi dà un certo effetto
farmacologico,quando mi troverò in una situazione di competizione o
spiazzamento,allora la quota di quel farmaco aumenterà e potrò avere non più degli
effetti terapeutici ma anche degli effetti tossici derivati dal fatto che aumenterà la
concentrazione del farmaco resa disponibile per poter dare azione
farmacologica.Quindi il legame con le proteine plasmatiche è importante non solo per
il trasporto nel tessuti bersaglio ma anche per l'azione che quel farmaco potrà svolgere
nel distretto stesso. Questo significa che se quel farmaco aveva una distribuzione del
40% perché aveva un altro 60% legato alle proteine plasmatiche, quel 60 % può
ritornare ad essere libero, può associarsi a quel 40% che era arrivato ai tessuti e dare un’
attività farmacologica. Pensiamo per es a quella che è un associazione in un soggetto di
un farmaco anti infiammatorio e di un farmaco anti coagulante. L’ anti infiammatorio è
capace di spiazzare dal legame con le proteine plasmatiche l’ anticoagulante, di fare
aumentare la quota libera di qst anticoagulante, di avere come effetto finale l’ effetto
emorragico dovuto a eccessiva quantità di anticoagulante nel tessuto di deposito, al
tessuto bersaglio. Qst fenomeno si chiama di spiazzamento del FANS sull’
anticoagulante e si verifica quando c’ è una competizione per il legame, uno è più forte l’
altro è più debole. E quindi quello che è il parametro che ci permette di valutare qst fase,
vale a dire il volume apparente di distribuzione, per quel farmaco che è stato spiazzato
cambia. Quindi dato sulla base di un anticoagulante, l’ antiinfiammatorio spiazza l’ anti
coagulante e fa aumentare quello che è il suo volume di distribuzione. Esistono infatti
delle differenze anche per quanto riguarda l'affinità del farmaco per i tessuti,cioè
esistono farmaci che si distribuiscono meglio in determinati distretti più che in altri ,in
farmacologia esiste infatti il concetto di Organotropismo e cioè di quella affinità dei
farmaci per alcuni distretti che fungono da deposito proprio perchè il farmaco è più
affine alle componenti lipidiche di quel distretto e alle macromolecole che compongono
quel distretto tanto da preferire quel distretto piuttosto che altri. Questo concetto si
riscontra per esempio per alcuni glucosidi digitalici. Il volume di distribuzione è una
costante cinetica che mette in relazione la quantità di farmaco presente nell’ organismo
con la sua concentrazione plasmatica. La formula è Vd= concentrazione plasmatica
/concentrazione x, è dose di farmaco / concentrazione plasmatica (al tempo 0 una
condizione che si ha quando il farmaco è somministrato per via endovenosa e cioè
quando il t0 coincide col tempo di somministrazione)che poi interessa all’ atto pratico,
Significa che attraverso questo parametro metto in correlazione la possibilità che ha un
farmaco di passere da quello che è un distretto plasmatico a quello che è un altro
distretto che è quello tessutale, sia esso di varia natura. Quindi il volume di
distribuzione in maniera empirica rappresenta la quantità di volume che all’ interno del
quale il farmaco si dovrebbe distribuire quando il farmaco è stato completamente
assorbito. Qst ci permette di capire e di stabilire se un farmaco passa, rimane per più
tempo nel distretto tissutale o rimane per più tempo nel distretto plasmatico da quel
rapporto concentrazione plasmatica / concentrazione di farmaco somministrato. In
farmacologia se immaginiamo secondo questo grafico, sappiamo che fisiologicamente
noi abbiamo circa 40L quello che è il volume di liquidi nel nostro organismo distribuiti
in circa 28 L per quanto riguarda il compartimento intracellulare, circa 15 L per quello
extra cellulare di cui 10 L circa saranno l’ acqua interstiziale, 5 L circa saranno quelli dei
vasi. E allora se io ho un farmaco che ha un vd, una capacità di occupare un V di 5 L
quando è stato completamente assorbito posso dire che qst farmaco probabilmente è un
farmaco che risiede solo a livello plasmatico perché non ha più possibilità di passare dal
distretto plasmatico a quello tissutale, ha capacità di occupare 5 L. Se qst farmaco ha
invece capacità di occupare 40 L, posso dire che è un farmaco che probabilmente occupa
oltre al plasma anche i distretti diversi dal plasma, distretti tissutali vari. Il rapporto
secondo qst scala, un Vd di 15 L, quel volume apparente di 15 L che abbiamo definito
come capacità del farmaco di occupare spazio nell’ organismo, quando è circa 15 L il
farmaco si distribuisce nei liquidi extra cellulari, se il farmaco ha un Vd maggiore di 15
L, è distribuito nell’ acqua corporea extracellulare in generale che significa distretto
plasmatico insieme al distretto exrtracellulare. Quindi con volumi maggiori di 15 L, se
vogliamo generalizzare, il farmaco tende a penetrare nei tessuti, volumi inferiori ai 15 L
il farmaco tende ad andare negli spazi extra cellulari qst per dire che in base a qst
parametro possiamo distinguere dei farmaci che hanno tendenzialmente una capacità
ad arrivare all’ interno delle cellule, e farmaci che hanno la capacità di risiedere solo nel
plasma e lì di svolgere attività farmacologica. Farmaci ad alto Vd, quindi volume teorico
occupato dal farmaco, come volume di 500 L/Kg tipo la digossina, sono farmaci che
vanno direttamente nelle cellule, farmaci come la carbamazebina 0,8- 1,9 o meglio l’
eparina 0,05 L/kg sono farmaci che tendono a rimanere nel distretto plasmatico.
Abbiamo detto il volume apparente è la capacità del farmaco di distribuirsi nell’
organismo e di occupare volume nell’ organismo dell’ essere umano. Quindi quando
questo Vd è basso, meno dei 5 L tende a rimanere nel sangue, superiore a 5 L tende a
passare negli spazi extra cellulari e quindi nelle cellule. Allora propanololo e digossina
sono i farmaci che hanno la capacità di concentrarsi nel tessuto che può fungere anche
da tessuto di deposito, cioè è vero che per la digossina o per il beta bloccante o
propanololo, ne ho bisogno per migliorare la funzione cardiaca e abbassare la pressione
arteriosa, ma è anche vero che in base al volume di distribuzione elevato di qst farmaci,
laddove iniziano a depositarsi a livello delle strutture target (organotropismo per il
tessuto muscolare scheletrico per la digossina,quindi se somministro il farmaco una
quota agirà a livello delle fibrocellule muscolari cardiache e una quota si deposita a
livello degli spazi che sono tipici della muscolatura scheletrica ) posso passare da quelli
che sono gli effetti terapeutici dei farmaci a quelli che sono gli effetti tossici cioè
parlando della digossina, la digitale in genere, è un farmaco che ha una concentrazione
plasmatica e terapeutica di 0.8-2 microgrammi per dl di sangue, se io per qualche
motivo aumento le concentrazioni plasmatiche di questo farmaco, anziché osservare
degli effetti terapeutici e quindi un miglioramento della forza di contrazione cardiaca,
posso osservare degli effetti di tossicità dei digitalici che sono alterazioni del ritmo di
tipo ipercinetico, di tipo ipocinetico fino all’ arresto cardiaco perché le elevate
concentrazioni plasmatiche di qst farmaco hanno favorito una maggiore distribuzione di
qst farmaco a livello del distretto cardiaco con un accumulo del farmaco a livello
cardiaco unitamente anche al problema che qst farmaco ha anche un effetto di organo
tropismo; l’ organotropismo è la capacità che hanno alcuni tipi di farmaci ad elevati
volumi di distribuzioni di depositarsi in alcuni distretti e di venire rilasciato…..succede
che nell’ organo di deposito il farmaco è depositato per un certo periodo di tempo che è
quello in cui attraverso la circolazione che comunque avviene in quell’ organo il farmaco
può essere captato dal tessuto di deposito e essere trasportato nella circolazione
sistemica. Quando qst succede vuol dire che quella quota che temporaneamente non
funzionava adesso è una quota funzionante perché arriva di nuovo all’ organo bersaglio,
quindi la digossina quando ritorna all’ organo bersaglio fa quello che dove fare, cioè
agire a livello delle strutture muscolari cardiache e dare un certo tipo di effetto il quale
effetto però si univa all’ effetto esercitato dalla quota che non era di deposito e allora
insorge l’ effetto tossico di quel farmaco; specificamente per la digitale il protocollo
terapeutico di approccio a un pz che ha uno scompenso cardiaco grave è quello di fare la
digitalizzazione di quel pz cioè è la somministrazione a quel pz di elevati dosi di digitale
(perchè ho una sottrazione di quella che è l'azione principale della digitale a livello
cardiaco perchè della quota che somministro parte si deposita a livello dell'organo
target proprio per l'organotropismo e quindi per avere una determinata azione
farmacologica dovrò aumentare le dosi in modo da raggiungere il target terapeutico
che mi occorre) seguite poi da successive somministrazione con dosi più basse di quelle
iniziali di solito è la metà o un quarto di questa nell’ arco delle 24h (questo perchè come
tutti i farmaci che hanno organotropismo man mano che passa il tempo dalla
somministrazione il farmaco viene riassorbito dal circolo sistemico,ritorna nella
componente plasmatica e può ritornare all'organo bersaglio iniziale e quell'azione che
era stata precedentemente sottratta perchè il farmaco si era andato a depositare nel
tessuto target,verrà ripresa nuovamente anche se in una percentuale ovviamente più
bassa rispetto a quella teorica quindi all'azione principale del farmaco seguirà una
seconda azione derivata dalla ridistribuzione del farmaco a partire dall'organo di
deposito,quindi si somministrerà la metà o un quarto proprio per evitare questa
azione tossica data dal rilascio di farmaco dal tessuto di deposito che si somma
all'azione principale del farmaco), perché la digitale provoca qst problema dell’ organo
tropismo, significa che se io do elevate concentrazioni di quel farmaco una porzione di
queste arriva a livello del cuore e funziona, un'altra porzione arriva ai tessuti di deposito.
Tessuto di deposito della digitale è l’ apparato muscolare scheletrico quindi una quota
agisce e l’ altra quota, tra virgolette, viene persa poiché si deposita a livello di quel
tessuto. Quindi nel caso della digitale se noi aumentassimo le dosi somministrate
anzichè avere un effetto benefico avremmo degli effetti tossici proprio in virtù
dell'organotropismo che rappresenta appunto quella condizione che va a modificare
l'azione farmacologica tendenzialmente verso uno stato tossico a meno che non si
utilizzino concentrazioni specifiche,l'organotropismo determina un allungamento del
tempo di azione del farmaco(Vd digossina 500-600L/kg ). Qui è fatto l’ esempio di un’
altra cosa, delle tetracicline a livello delle ossa, ma più o meno il concetto è lo stesso.
Succede che quella quota di farmaco che è arrivata a livello del tessuto muscolare man
mano che passa il tempo in maniera piccola ritorna di nuovo in circolo e ritorna ad agire
di nuovo sul cuore e quindi quando risomministro la digitale dovrò utilizzare delle dosi
più basse rispetto a quelle iniziali altrimenti provoco intossicazione da digitale.
Quindi ,ricapitolando,come faccio a capire se la fase della distribuzione è avvenuta in
maniera corretta o meno? Si valuta attraverso un paramentro preciso che è il volume
apparente di distribuzione e cioè un parametro che ci permette di valutare la
distribuzione. Il Vd è il volume apparente nel quale un farmaco può distribuirsi e che
può condizionare la successiva risposta farmacologica ,esso rappresenta la capacità
del farmaco di passare dai distretti plasmatici ai distretti cellulari.Quindi se ho un
farmaco e lo metto in un solvente io so che volume occupa quando si
scioglie,nell'organismo umano io non posso sapere che volume reale occupa ma posso
fare delle astrazioni in modo da sapere che volume il farmaco abbia occupato,quindi è
una definizione empirica di volume all'interno del quale il farmaco si distribuisce una
volta che abbia raggiunto l'equilibrio tra il plasma e i tessuti che compongono
l'organismo.Quindi se il Vd indica la capacità del farmaco di distribuirsi nei fluidi
corporei,significa che quanto più elevato è il Vd maggiore sarà questa capacità di
distribuirsi e di occupare spazio,se il volume è minore allora minore sarà anche la
capacità di distribuzione soprattutto perchè i fluidi corporei hanno composizione
simile,la digossina per esempio,avendo un elevato Vd svolgerà la sua azione
farmacologica a livello cellulare,analogo discorso per un farmaco antivirale che deve
penetrare nella cellula per poter svolgere la propria azione.L'eparina invece ha
un'azione a livello plasmatico per cui interagisce coi meccanismi della coagulazione e
non necessita di entrare nelle cellule,infatti il Vd è di 0,05 L/Kg quindi è confinato al
distretto plasmatico.Elevato volume di distribuzione quindi in alcuni casi, non sempre,
è accoppiato ad accumulo di farmaco il quale può determinare effetti tossici in seguito a
qst fenomeno di cui abbiamo parlato. Domanda di un alunno: nella slide precedente
come facciamo a valutare il Vd? In qst caso è in L/ Kg di peso corporeo. Cosa significa
500 e 600 L/Kg? I litri presenti nell’ organismo sono 5. Prof: questo è un volume teorico
di un farmaco quando si è distribuito all’ interno di un organismo o di un mezzo dato
che il nostro organismo presenta 40L, cioè qst farmaco ha capacità di occupare ad es in
quest’ aula tanto per intenderci 500L, però il nostro organismo ne contiene 42 quindi è
chiaro che qst farmaco andrà ad occupare tutti i 42 L e quindi anche a interessare
distretti diversi da quelli del sangue, cioè tutti i distretti corporei, sanguigni e non
sanguigni. Non fermandosi quindi al plasma può accumularsi in questi tessuti, quindi
quel 500 che dici tu è il volume massimo che un farmaco può occupare in un fenomeno
di distribuzione. alunno: per es nel caso dei 2 L nell’ organismo come si comporta, va
comunque ad occupare tutto? Prof: no, non occupa tutto perché i L si
sangue sono 5… a ho capito cosa dici tu, tu dici un essere umano presenta 60 L quindi io
mi aspetto che quell’ 1,9 ( riferendosi alla slide) sia moltiplicato per 60… in realtà è così,
però quando si fanno gli studi di distribuzione, si fanno degli studi teorici riferiti a
questo concetto, non puoi quantizzare la quantità di farmaco che realmente è presente
nel nostro distretto, cioè tu per fare qst avresti bisogno di sezionare il cervello, sezionare
le unghie, sezionare il capello, dosare il farmaco e dire quanto è presente… qst non lo
puoi fare! Quindi questi volumi sono dei volumi teorici attribuiti a una molecola quando
è sottoposta a un processo di distribuzione e soprattutto quando si parla di una
distribuzione all’ equilibrio cioè è passato quel tempo necessario per cui il farmaco è
stato completamente assorbito e è arrivato completamente al circolo sanguigno. È giusta
la tua osservazione, non è riferita direttamente all’ organismo; gli studi di distribuibilità
si fanno in vitro se vogliamo perché non abbiamo possibilità di effettuarli realmente sull’
uomo; però possiamo confrontare le varie molecole perché sono tutti fatti allo stesso
modo e trasportare poi a quella che è l’ unità di massa che è in questo caso è L/ Kg. Qst
sono esempi di farmaci a basso volume; in linea generale il volume di distribuzione è
inversamente proporzionale a quelle che sono le distribuzioni presenti a livello
plasmatico, quindi elevato volume, bassa quantità- basso volume, maggiore quantità a
livello plasmatico. Le variabili, tra cui la capacità di legarsi più o meno stabilmente alle
proteine plasmatiche e di determinare quindi un maggiore o minore accumulo, ne
abbiamo già parlato, cioè se il legame con le proteine plasmatiche è più forte allora il
Vd sarà minore ,se invece il legame con le proteine è meno stabile allora il farmaco
avrà un più alto vd….. le proteine plasmatiche sappiamo sono le albumine, le
glicoproteine o le globuline… Fase si trasformazione, fase di metabolizzazione è quella
fase in cui il farmaco da lipofilo diventa idrofilo, cioè quella fase in cui il farmaco subisce
delle reazioni prevalentemente a livello epatico di trasformazione e preparazione all’
escrezione che è l’ ultima fase della cinetica quindi permettere al farmaco che dopo il
transito nell'organismo questo possa essere allontanato perchè se il farmaco permane
troppo a lungo nell'organismo allora agli effetti iniziali terapeutici seguiranno gli
effetti tossici,quindi la fase di metabolizzazione è quella fase in cui il principio attivo
somministrato venga trasformato in altre sostanze che abbiano azione farmacologica
pari a quella iniziale ma che tuttavia possano essere delle molecole di facile
allontanamento dall'organismo. Esistono anche altri distretti di trasformazione come il
rene, il polmone, gli epiteli gastrointestinali in genere, con una capacità di
trasformazione inferiore a quella epatica,gli stessi organi hanno capacità di
eliminazione diversa. Da un processo di metabolizzazione del farmaco può venir fuori la
formazione di metaboliti che siano o attivi così come lo è la molecola madre che è stata
soggetta a questo fenomeno, o più attivi o meno attivi di essa, o il farmaco può
addirittura non essere trasformato e quindi si presenta poi alla fase di escrezione così
come lo abbiamo introdotto, ma in ogni caso i metaboliti che si formano vengono fuori
da almeno…… a questo è un esempio come dell’ eroina e della cocaina il cui metabolita
attivo è la morfina; il paracetamolo non ha metaboliti attivi, ma può avere metaboliti in
seguito al processo di trasformazione tossici, le parabenzochinine che si depositano a
livello epatico e possono dare l’ epatotossicità oppure le benzodiazepine, il diazepam ha
come principio attivo il nordiazepam quindi non ha dei metaboliti tossici a meno che
non si aumentino le concentrazioni della benzodiazepina e intervengono i problemi di
tossicità riferiti alla eccessiva attività sul sistema gabaergico e così via.. altri metaboliti
tossici possono generarsi dai farmaci sulfamidici oppure dall’ alotano, l’ anestetico
generale che può dare l’ acido trifluoroacetico che diventa un metabolita tossico e così
via. Quindi a seconda del tipo di trasformazione che il farmaco subisce, il metabolita che
viene fuori può essere utile o dannoso. Operazione che a livello epatico è fatta
maggiormente dagli enzimi del citocromo dP450 di cui si conoscono numerose forme e
almeno una cinquantina sono attive nella fase di metabolizzazione e di cui tante sono le
frazioni, di cui però la frazione 3a sovraintende alla metabolizzazione di circa il 60 % di
tutti farmaci che arrivano al fegato, l’ altro 20% è preseduto da 2 D6 del citocromo 250,
e l'altro 20% è distribuito tra le varie componenti enzimatiche 2c9 e così via… le altre
frazioni del citocromo e a livello di queste frazioni del citocromo il 3a oppure il 2d6 si
possono verificare delle polimorfismi, le alterazioni delle sequenze di alcune basi può
determinare la maggiore o minore funzionalità di questo enzima e quindi
corrispettivamente la variazione della trasformazione di un certo tipo di farmaco che
utilizza queste frazioni enzimatiche. Quello che varierà sarà il parametro cinetico che
permette poi di capire se siamo soggetti a qst fenomeni o non lo siamo per un certo tipo
di farmaco. Fatto è che a livello epatico i farmaci subiscono almeno 2 tipi di reazioni che
noi classicamente definiamo reazioni di fase 1 e reazioni di fase 2. Le reazioni di fase 1 di
funzionalizzazione sono delle reazioni che intervengono sulla molecola per renderla
funzionale, cioè per fare in modo che da qst struttura che andrà al circuito epatico
possano venire fuori gli elementi che poi servono all’ organismo per poter esprimere
variabilità in senso di azione biologica,sono reazioni svolte dai complessi enzimatici dei
citocromi P450 (soprattutto 2D ,3A e 2C e di questi isoenzimi esistono anche
polimorfismi che possono sicuramente andare a supportare l'azione principale di
questi isoenzimi ma possono avere anche azione diversa nell'ambito di queste reazioni
di ossidazione,riduzione ,idrolisi e così via e non è raro che polimorfismi per es di 2C19
abbiano alterazione nella metabolizzazione dei farmaci tant'è che i farmaci possono
assumere effetti da terapeutici a tossici .Per es la metabolizzazione della acetilcolina da
parte delle colinesterasi o isoniazide possono determinare una modificazione nella
risposta di questi farmaci per alterata espressione del gene che codifica per l'enzima
per esempio acetiltrasferasi o altre forme enzimatiche deputate alla trsformazione del
farmaco e quindi possono causare il passaggio da una risposta terapeutica a tossica
dei farmaci o anche mancata attività farmacologica per alterazione dell'enzima
implicato nel suo metabolismo)e consistono appunto nel mettere in evidenza i gruppi
funzionali COOH/NH3/SH/OH.Quindi sono le reazioni di ossidazione ,di
idrolisi ,riduzione o idratazione,principalmente come reazione di funzionalizzazione.Le
reazioni di ossidazioni consistono nell'inclusione nella molecola farmacologica di
Ossigeno in presenza più o meno di cofattori e questo comporta la formazione di
composti che possono avere attività uguale a quella iniziale,diversa nel senso di
riduzione dell'attività rispetto a quella iniziale ma possono avere anche un aumento
dell'attività rispetto alla molecola pricipale.Ad esempio,quando parliamo di
profarmaco ,parliamo di una molecola che ha bisogno delle reazioni di fase 1 per poter
essere trasformati in metaboliti attivi che svolgeranno funzione farmacologica.Per cui
un Profarmaco è una sostanza che se somministrata tal quale in assenza di un
meccanismo di metabolizzazione non produce alcun effetto farmacologico ,effetto che
si ha quando ci sono sistemi di metabolizzazione funzionanti,quindi se ci sono
alterazioni genetiche di enzimi utilizzazti per metabolizzare il profarmaco allora esso
non svolgerà alcuna attività. Un esempio è il cortisone che in seguito alprocesso di
metabolizzazione di fase 1 produce idrocortisone che diventa un metabolita attivo o la
Levodopa somministrato nelle sindromi parkinsoniane e viene trasformato in
dopamina dalle reazioni di idrossilazione,se non ci fossero queste reazioni non ci
sarebbe dopamina e si spegnerebbe il segnale della neurotrasmissione.E' anche
vero ,in alcuni casi,che i processi di metabolismo che avvengo a livello periferico di
alcuni distretti possono determinare una riduzione dell'attività della dopamina,per
esempio se do dopamina perchè ho obiettivo terapeutico di ridurre il fenomeno
parkinsoniano e la somministro per via orale,a livello del fegato la dopamina può
essere trasformata in metaboliti che possono essere non attivi così come la levodopa a
livello delle terminazioni nervose ,cioè la Levodopa può essere decarbossilata a livello
epatico e inattivata e cioè trasformata in metaboliti che non sono utili a livello del
sistema nervoso centrale per poter svolgere l'attività anti-parkinsoniana,quindi
bisogna stare attenti ad unire alla Levodopa dei farmaci che ne possano bloccare i
processi di decarbossilazione periferica e possano garantire al sistema nervoso una
quantità tale da poter svolgere attività farmacologica e cioè il problema principale
della terapia parkinsoniana con Levodopa è di garantire che l'1% che normalmente
arriva al sistema nervoso centrale in seguito a somministrazione del Levodopa per via
orale possa aumentare nell'ordine del 20-30% in seguito in seguito proprio al blocco
dei processi di catabolismo periferico.Un altro esempio di profarmaco è il prednisone
che viene trasformato in prednisolone. Un altro aspetto del metabolismo con aumento
dell'attività farmacologica in seguito a questo processo di metabolizzazione,cioè non
solo il profarmaco viene trasformato in metaboliti attivi ma ci sono anche sostanze che
sono appunto principi attivi che in seguito al processo di metabolizzazione producono
degli altri metaboliti attivi allo stesso modo,per esempio l'aspirina,metabolita attivo l'
acido salicilico estremamente attivo così come lo è l'aspirina che ha attività
antinfiammatoria,antiaggregante e così via;la claritromicina,attivo già di per sè e che
in seguito al processo di metabolizzazione genere la 14-OH claritromicina che è un
metabolita attivo.Questo significa che se il farmaco agisce,il metabolita agisce tal
quale e allora bisogna considerare la possibilità che bassi dosi di quel farmaco possono
essere somministrate perchè l'azione poi successiva di quel farmaco dipenderebbe
anche dall'attività del metabolita attivo.Quindi vi è la capacità in questo caso che
possano insorgere tossicità ad elevate concentrazioni. Quindi le reazioni di fase 1 sono
reazioni che portano a composti intermedi ad azione maggiore,minore o uguale
attività della molecola che le ha generate.Mentre le reazioni di fase 2 sono delle
reazioni di coniugazione altrimenti dette reazioni di preparazione alla fase di
allontanamento del farmaco. La fase 1 è la fase che vi rende il farmaco utile per poter
essere utilizzato, la seconda fase è quella che vi rende il farmaco idrofilo per poter essere
allontanato. Dunque le reazioni di fase 2 sono quelle reazioni che servono
all'organismo per fare in modo che le sostanze che si sono liberate dalla fase 1 possano
essere unite ad altre sostanze ed essere allontanate dall'organismo in seguito a
modificazioni della loro idrofilia. Di solito qst reazioni sono quelle di coniugazione con
un acido glicuronico(morfina,benzodiazepine,digitalici), quelle di
acetilazione(isoniazide ad opera dell'acetil trasferasi,benzodiazepine), quelle di
solforazione(paracetamolo )oppure quelle di coniugazione(coniugazione con glutatione
per es nel caso dei diuretici;unione con la glicina per esempio per il salicilato come
l'acido acetilsalicilico), oppure miste quelle di solfo-coniugazione,processi di
metilazione (dopamina,istamina). Quindi alcuni composti, ad es i composti ossidrilici o
quelli radicali COOH, oppure i radicali amminici, vanno a coniugarsi, i farmaci vanno a
coniugarsi con qst acidi glicuronici o acidi solforici e così per dare la formazione di un
composto che è più idrosolubile rispetto a quello parente e può essere allontanato con
più facilità. Trasformazione dei farmaci che insieme alla fase successiva, la fase di
allontanamento (già la fase di metabolizzazione è una fase preparatoria all’
allontanamento), costituiscono quella che è la fase di eliminazione dei farmaci, cioè non
solo la fase di trasformazione e di allontanamento sono due fasi distinte, ma è una
preparatoria all’ altra. Indubbiamente quella di escrezione dice se il farmaco ci sta più
nell’ organismo o non c’ è più e è la fase in cui sicuramente i farmaci possono essere
allontanati attraverso tutti i distretti di introduzione dei farmaci stessi.Quindi oltre ai
pricipali sistemi emuntori rappresentati da quello renale e quello biliare,ci sono tutte le
altre vie di eliminazione che corrispondono alle stesse vie di introduzione dei
farmaci ,per esempio la saliva ,il sudore,la cute sono tutte delle vie di allontanamento
del farmaco e ciò che cambia è solo la quantità di farmaco che viene allontanato
attraverso queste varie vie che è massimale per la via renale e discende via via per la
biliare poi per quella lacrimale /salivare/congiuntive fino ad arrivare per esempio
anche al capello addirittura.. L’ allontanamento principale dei farmaci è attraverso la
via renale e la via biliare in rapporto diverso, a favore chiaramente della via renale. Ma è
anche vero, quando io parlo della via inalatoria parlo di una via attraverso cui è possibile
introdurre i farmaci per via aerosolica, ma è possibile anche allontanare i farmaci. Con l’
atto di inspirazione introduco il farmaco, con l ‘atto di espirazione o proveniente dalla
circolazione sistemica o residente ancora a livello delle mucose bronchiali, io provvedo
all’ allontanamento di una quota di farmaco, che chiaramente è una quota non certo
paragonabile alla quota eliminata per via renale o per la via biliare, però è pur sempre
una via di allontanamento; la via cutanea è una via di somministrazione di farmaci, ma è
anche una via di allontanamento attraverso il processo della sudorazione; la via di altri
tipi di mucosa come quella congiuntivale è vero che io posso apporre a livello dell’
occhio, a livello del canale lacrimale dei farmaci oftalmici però è anche vero che
attraverso un processo di lacrimazione posso allontanare una quota di farmaco e così via
dicendo per tutte le altre vie, anche per quella salivare. Prevalentemente i farmaci
vengono allontanati in percentuale più bassa attraverso le altre vie anche attraverso le
vie di introduzione. A livello renale esistono tre processi di filtrazione, di secrezione e di
riassorbimento tubulare che sono i processi che il rene ha normalmente e sono i processi
che i farmaci sfruttano per poter essere poi allontanati. Allora attraverso i processi di
filtrazione(attraverso cui vengono allontanati più o meno
H2O,elettroliti ,glucosio,proteine,amminoacidi) vengono più o meno allontanati il 20%
della quota di farmaco,attraverso il processo di secrezione tubulare vengono
allontanati sia le sostanze cide che basiche mediato da almeno 2 carriers,uno per le
sostanze acide e uno specifico epr le basiche.Per esempio l'acido acetilsalicilico
utilizzerà un trasportatore acido,il propanololo utilizzerà un trasportatore per le basi)
mentre attraverso il riassorbimento tubulare vengono allontanati, siano essi attivi
(allontanamento di NA+ ,K+,amminoacidi,alfametildopa e farmaci che devono
utilizzare il dispendio di ATP per poter mettere in moto i carriers specifici) o siano essi
passivi(nel caso dei barbiturici,salicilici,anfetamine,cioè per farmaci che hanno
bisogno di essere allontanati epr semplice diffusione e che è sfruttato dalla maggior
parte dei farmaci) , vengono allontanati una serie di farmaci che hanno delle strutture
acide o delle strutture basiche nel senso che se io ho dei farmaci a struttura acida, per es
l’ acido acetilsalicilico è un farmaco che viene eliminato dal nostro organismo attraverso
un processo di riassorbimento tubulare che aumenta quando il distretto di
allontanamento assume un pH basico, semplicemente se io sto assumendo delle
anfetamine ecc qst stesse vengono eliminate dal rene attraverso qst processo di
riassorbimento, però soggetto a una variabilità del pH del mezzo in cui sono presenti per
essere allontanate, vale a dire delle urine. Quindi se io acidifico o rendo basiche le urine,
mi varia quello che è il processo di riassorbimento e quindi l’ allontanamento dei
farmaci attraverso la via renale in generale secondo questo processo di riassorbimento.
La secrezione tubulare è comunque un processo attivo e a attraverso i carrier che
funzionano singolarmente per quelli che sono gli acidi e le basi, vengono allontanate una
serie di sostanze soggette però al funzionamento del sistema del trasporto, cioè se il
sistema del trasporto non funziona bene, qst sostanze acide o basiche hanno un
allontanamento variabile per quanto riguarda il processo di secrezione tubulare. Le basi
amiloride, chinina, dopamina, istamina, ecc hanno il carrier per sostanze basiche. Le
sostanze acide: l’ acido acetil salicilico, il metotrexate oppure il probenedic hanno un pH
acido e quindi vanno allontanate secondo il carrier che provvede all’ allontanamento
degli acidi. L’ escrezione biliare è bassa che avviene principalmente solo per alcuni tipi
di farmaci come il cromoglicato che è un antiasmatico, la rimfapicina, un antibiotico che
sfruttano qst sistema per poter essere allontanati dall’ organismo.Quindi la via biliare è
meno sfruttata rispetto quella renale e i farmaci vengono eliminati come tali
(cromoglicato)o sotto forma di metaboliti (antibiotici che vengono eliminati sotto
forma di metaboliti non attivi) .Come facciamo a valutare questa fase così transitoria da
metabolismo a eliminazione, ovvero l’ insieme delle due fasi, il metabolismo
preparatorio all’ eliminazione? Attraverso la valutazione della clearance. La clearance
Sistemica di un farmaco è quella quantità si plasma che viene depurata del farmaco nell’
unità di tempo. L’ unita di misura della clearance è L all’ ora oppure ml al minuto. Cioè
significa che quando diciamo che un farmaco ha una clearance di 5L/h vuol dire che in
quell’ ora, 5 L di plasma vengono depurati dalla presenza del farmaco, viceversa quando
variamo qst termini, li esprimiamo in ml al minuto, rispettivamente quindi due unità di
misura, quelle del volume e quelle del tempo in cui qst volume viene depurato.La
Clearance è data dalla velocità di eliminazione /concentrazione del farmaco
all'interno del liquido che viene formato che nel caso specifico è l'urina. La Clearance di
un farmaco può avvenire secondo 2 modalità,cioè quel mL /min è specchio di 2
fenomeni importanti e cioè l'eliminazione di ordine 0 cioè nell'arco del tempo viene
allontanato sempre la stessa quantità di farmacoe quindi se faccio un'analisi del
quantitativo di farmaco che ho allontanato in mezz'ora avrò un X quantità,se lo faccio
a distanza di un'altra mezz'ora avrò sempre la stessa quantità che sarà sempre
ripetuta finchè ilf amraco non sarà allontanato totalmente dall'organismo;oppure la
cinetica di ordine 1 vale a dire una cinetica che vede che le quantità di farmaco
allontanate dall'organismo sono diversificate a seconda dei tempi che passano
dall'osservazione per cui avremo per esempio una quantità X all'inizio in un certo
tempo,una quantità X+1 in un altro tempo ,una quantità X-2 in un altro tempo e tutto
questo dipende dalla quantità di farmaco rimanente che l'organismo deve
allontanare,quindi quanto più farmaco c'è da allontanare tanto più la quota di
farmaco allontanato è maggiore,quanto più questa tende a diminuire tanto più
l'organismo provvede ad eliminare basse quantità di farmaco. Le concentrazioni di
farmaco allontanato variano in relazione al substrato residuo. Chiaramente in qst caso
si parla di una clearance totale, sistemica, di una clearance che valuta la presenza del
farmaco, significa che do il farmaco per la circolazione sistemica però esiste anche una
clearance d’ organo cioè se io voglio sapere quanto farmaco è stato depurato dal tessuto
cutaneo devo fare altri tipi di operazione più complesse ma devo fare per es la clearance
epatica che è uguale alla clearance sistemica meno la clearance renale. Quindi devo
sapere quanto farmaco riferendoci nel nostro caso alla cute, è stato allontanato dalla
cute in rapporto alla clearance che quel farmaco ha avuto a livello renale che rispecchia
quella sistemica, quindi per differenza calcolarmi quella che è quella specifica di organo.
Quindi quella di organo è messa in relazione a quella sistemica. Noi troviamo sempre sui
fogli illustrativi, la clearance è di 5L/h; qst 5L7h si riferisce sempre alla clearance
sistemica. È difficile che vengano date indicazioni per organi specifici a meno che non si
è in presenza di effetti particolari del farmaco e quindi si vadano a ricercare quelle che
sono le clearance specifiche per sapere se quel farmaco è tossico o meno a quel
livello.Quindi ho osservato una tossicità epatica mi vado a chiedere se quel farmaco che
è escreto attraverso la via biliare lo è stato o non lo è stato, in funzione di questo
parametro della clearance epatica, se si è verificato quella corretta oppure quella errata.
La clearance ci permette di valutare quanto farmaco viene allontanato dall’ organismo.
Capiamo bene che le variabili più comuni possono essere sia quelle epatiche, sia quella
renale alterazione della funzionalità epatica, alterazione della funzionalità renale
insieme poi ad altre circostanze che verranno riprese successivamente. Quindi un pz
epatopatico avrà una clearance modificata perché avrà un metabolismo modificato del
farmaco e quindi quella fase di idrolizzazione sarà modificata e chiaramente la quota di
farmaco che diventa..( non capisco la parola). Se il pz è un nefropatico perché ha un’
insufficienza renale è chiaro che allontana meno quantità di urine, meno plasma filtrato,
meno quantità presente in qst minore quantità di farmaco filtrato e così via. La
clearance sarà ridotta in caso di insufficienza renale ma anche quando il farmaco ha
un elevato Vd perchè il farmaco impega più tempo per poter essere allontanato
dall'organismo derivante dal fatto che esso deve raggiungere il plasma anche dai
distretti di deposito come nel caso dell'organotropismo quindi in tal caso la quantità di
plasma depurata dalla presenza del farmaco sarà minore.Però bisogna tenere
presente, poiché stiamo parlando di una fase di trasformazione e di una fase di
eliminazione, se io vado a fare un dosaggio di un farmaco ad intervalli di tempo, posso a
seconda delle differenti concentrazioni di farmaco che io trovo a livello plasmatico,
posso definire anche un altro parametro importante per identificare la cinetica del
farmaco, cioè l’ emivita del farmaco. L’ emivita di un farmaco è il tempo in cui la
concentrazione massima plasmatica di un farmaco si dimezza. Se io metto su un asse
cartesiano quelli che sono le concentrazioni di farmaco che ritrovo a livello plasmatico
dopo la somministrazione, quindi in funzione del tempo che passa dalla
somministrazione, io osserverò l’ andamento, la formazione di una certa curva. Qst
magari sarà un grafico fatto per un farmaco somministrato per via e.v. ma il concetto è
lo stesso se somministriamo il farmaco per una via diversa. Se considero il grafico per
un farmaco somministrato per e.v,avrò che dal momento della somministrazione dove
il farmaco è completamente disponibile ci saranno dei momenti successivi in cui
interverranno dei processi di metabolizzazione e di eliminazione finchè le
concentrazioni che erano massime all'inizio diventeranno la metà ,graficamente avrò
un andamento rettilineo che non si ha quando i farmaci vengono somministrati per via
diversa dalla e.v. come per esempio per via orale che darà una biodisponibilità più
bassa.Quando si procede alla somministrazione di un farmaco per via orale è
necessario stabilire la concentrazione massima di quel farmaco.Cioè somministro il
farmaco a intervalli di tempo regolari, vado a fare il prelievo di sangue, a stabilire le
concentrazioni plasmatiche di quel farmaco e stabilisco che questo farmaco, queste
concentrazioni hanno nel tempo un certo tipo di andamento. Quando sono arrivato al
punto in cui ho verificato che quel dosaggio che sto effettuando mi dà delle
concentrazioni plasmatiche che siano metà di quella massima io ho stabilito un tempo di
un intervallo tra il precedente prelievo e quello successivo in cui qst farmaco ha
dimezzato le concentrazioni, cioè un tempo in cui posso dire che qst farmaco è passato
da una concentrazione massima a metà della massima. Qst tempo si chiama emivita,
quindi devo stabilire prima le concentrazioni massime di quel farmaco, e lo faccio
facendo dei prelievi sequenziali, quando qst concentrazione massima arriva a metà di se
stessa nell’ intervallo di tempo che è passato io dico che quella è l’ emivita del farmaco.
Quindi se io dico che il farmaco ha un’ emivita di 2 h significa che le concentrazioni
plasmatiche di qst farmaco si dimezzano 2 h dopo che esso ha raggiunto la
concentrazione massima. Se sto somministrando il farmaco per via e.v., significa 2 h
dopo la sua somministrazione in quanto secondo qst grafico il farmaco raggiunge la sua
massima concentrazione plasmatica già quando io lo introduco. Se viceversa io sto
operando per una via diversa da quella e.v., dirò che qst farmaco ha dimazzato le sue
concentrazioni 2 h dopo che ha raggiunto quella massima. Quindi per la definizione sia
dell’ emivita e sia di quella del metabolismo è importante stabilire la concentrazione
massimale, se non si sa qst è difficile stabilire il tempo di emivita.E' importante
considerare proprio la concentrazione massima perchè se stabilisco che l'emivita di un
farmaco è di 4 h significa che se parto per esempio da una concentrazione di 10 mg
somministrati per via e.v dopo 4 h mi aspetto diventi di 5 mg ,ma occorre appunto
considerare la via di somministrazione perchè se questi 10 mg sono somministrati per
via e.v allora avrò al t0 10 mg a livello plasmatico che corrispondono alla
concentrazione massimale ma se vengono somministrati per via orale allora al t0 avrò
concentrazioni minori e non ancora massime perchè il farmaco non è ancora assorbito
completamente dal momento che ci sono tutta una serie di processi in atto che non
garantiscono tutta la rpesenza del farmaco a livello plasmatico,quindi l'emivita la
considero in funzione della via di somministrazione e della concentrazione massima
perchè solo in riferimento a questo valore posso sapere che il farmaco è stato
completamente assorbito ed è arrivato nel sangue circolante quindi l'emivita di un
farmaco somministrato per e.v è diversa dall'emivita di un farmaco introdotto per via
rettale o per altra via diversa dalla e.v.Quindi la concentrazione massima corrisponde
a quella somministrata nel caso della via e.v mentre per le altre vie è sicuramente da
stabilire (analogo discorso è per il Vd apparente dove è necessario prendere come
punto di riferimento l'equilibrio che si instaura tra plasma e tessuti per poter dire che
il farmaco ha superato tutte le fasi di assorbimento e ha raggiunto tutti i distretti
dell'organismo,quindi se dico che un farmaco ha Vd 7 litri significa che considero la
sua capacità di essere distribuito nelle varie strutture e si è equilibrato con la stessa
quantità nei vari distretti corporei e cioè li ha raggiunti con la stessa quantità) Il
tempo d emivita che può essere espresso in h, giorni o minuti a seconda del tipo di
farmaco di cui si sta trattando. L’ emivita è dipendente indubbiamente dalla funzionalità
dei sistemi che provvedono a procurare qst farmaco o provvedono a far decadere quella
concentrazione massimale, ma è anche indipendente dalla concentrazione del farmaco
presente a livello plasmatico cioè diventa una caratteristica di ogni molecola: una
molecola è più o meno soggetta ai metabolismi, una molecola è più o meno soggetta a un
( non capisco la parola, forse deterioramento) rispetto a un’ altra molecola quindi le loro
emivite saranno diverse, e soprattutto per far in modo che un farmaco passi…. a livello
plasmatico possiamo trovare non farmaco presente quindi che la concentrazione
massima possa ritornare a zero, il farmaco possa scomparire dal sangue, è necessario
che ci siano almeno dieci emivite. Ritornando all’ esempio precedente io dico che un
farmaco ha un’ emivita di 2 h vuol dire che dopo 10 volte 2 h io posso fare un prelievo
del sangue a quel soggetto e verificare che quel farmaco non c’è più. Quindi per poter
eliminare il 99,9% ci vogliono circa 10 emivite. La formula matematica che ci permette
di calcolare qst tempo di dimezzamento al di là di quella che è la formula di dosaggio
diretto del farmaco a livello del plasma, è questa qui di avere questa costante
moltiplicata per il volume di distribuzione fratto la clearance per un certo tipo di
farmaco, cioè qst formuletta mette in relazione quella che è la capacità del farmaco di
distribuirsi con la capacità del farmaco di allontanarsi dal distretto ematico, di
allontanarsi dall’ organismo.t1/2 = (0,693 x Vd)/ Cl. Ci dice cioè che tanto più è elevata
l’ emivita del farmaco, tanto più è elevato il Vd, anzi forse tutto il contrario, tanto più è
elevato il Vd, cioè tanto più è elevata la capacità del farmaco di passare oltre al circuito
sanguigno anche ai distretti deposito, tanto più sarà l’ emivita di quel farmaco, se il
farmaco tende a rimanere all’ interno del plasma allora avrà un’ emivita breve, cioè
perché verrà allontanato più facilmente. Quindi l’ emivita è quell’ altro parametro che ci
mette in relazione la fase di distribuzione, la fase di eliminazione per un determinato
tipo di farmaco. Quindi avremo farmaci a emivita breve e farmaci a emivita lunga. Il
protocollo terapeutico di una condizione di emergenza, si utilizzano farmaci a emivita
breve cioè che hanno capacità e a biodisponibilità elevata, al contrario dei farmaci che
dobbiamo utilizzare per la terapia di mantenimento, cioè bassa biodisponibilità lunga
emivita, stando attenti però al discorso degli accumuli che possono venir fuori anche da
un farmaco a lunga emivita perché non sempre un farmaco.. diciamo lunga emivita
significa anche associare il farmaco alla comparsa di effetti collaterali. E qst spiega
perché nella terapia di emergenza abbiamo bisogno di farmaci che arrivano al bersaglio
e poi subito scompaiono pur di non lasciare degli effetti collaterali. A che cosa ci serve
conoscere qst fenomeno, tutti i parametri, nel caso specifico..? ci serve a stabilire gli
intervalli tra le dosi, cioè quante volte io devo assumere qst farmaco nell’ arco del
tempo, cioè ci serva a stabilire la posologia di quel farmaco. Se un farmaco ha l’ emivita
di 2 h non posso assumerlo ogni h, altrimenti determinerei in quel soggetto un
fenomeno di accumulo con effetti tossici ( l'accumulo probabilmente si avrà non solo a
livello plasmatico ma anche nei tessuti interessati da affinità per quel farmaco); se lo
assumono ogni 2 h rispetto quello che è il ciclo naturale dei farmaci che è qst, cioè dopo
4 o 5 emivite, dopo 4 o 5 assunzioni a distanza di 2 h, io raggiungerò per quel farmaco
uno stato stazionario nel mio organismo che mi garantirà una terapia, un mantenimento
dell’ effetto farmacologico. Viceversa, se lo assumo ogni tre h avrò l’ intervallo di 1 h in
cui il farmaco non garantirà la copertura per la patologia che stiamo affrontando ( cioè il
farmaco viene allontanato completamente e occorre ricominciare di nuovo la fase di
assorbimento prima che possa ricomparire la risposta farmacologica). Lo stato
stazionario dunque che cos'è? E' lo stato raggiunto dal farmaco quando questo si è
distribuito nella condizione di equilibrio nell'organismo quindi è una condizione in cui
è presente nell'organismo una quantità di farmaco tale da poter svolgere un'azione
faramcologica costante che viene svolta perchè a quell'organismo vengano garantite
ad un certo punto delle concentrazioni plasmatiche più o meno stabili nel corso del
tempo. Se consideriamo la curva concentrazione-tempo,allora avremo un primo arco
che corrisponde alla prima emivita del farmaco e questo significa che abbiamo
somministrato questo farmaco per una determinata via,questo farmaco viene
assorbito ,ha raggiunto le concentrazioni plasmatiche massime all'interno del
plasma,ha subito il processo di trasformazione e il processo di allontanamento,quindi
tutto questo percorso determina il primo arco e in questo arco abbiamo esaurito tutta
la cinetica del farmaco. Nella terapia però,probabilmente abbiamo bisogno non di
farmaci che abbiano un solo ciclo cinetico perchè probabilmente non otteremmo una
grossa attività farmacologica quindi abbiamo bisogno di risomministrare il faramco
per fare in modo che il ciclo possa ricominiciare,quindi
risomministrato,riassorbito,ritrasformato e riallontanato e questo sarà ripetuto altre
volte fino a quando si raggiungano delle concentrazioni del farmaco tali che per
quanto io lo vado a risomministrare ancora e quindi ripeta il ciclo delle
somministrazioni ,le concentrazioni rimangano costanti e questo significa che quella
costanza mi significherà delle azioni costanti.Per cui da quella che è un'azione ripetuta
e ciclica di un farmaco,posso avere un'azione invece continua nel tempo. L'emivita è
importante proprio per sottilineare questo aspetto,cioè se somminsitro il farmaco
quando il farmaco è stato completamente allontanato dall'organismo,io sarò costretto
a sottoporre l'organismo ad unos tress continuo di effetto terapeutico-comparsa di
patologia e ancora effetto terapeutico-comparsa di patologia. Se invece somministro
quel farmaco in concomitanza di quella che è la sua emivita ,per es.si supponga che sia
di 4 h ,allora posso evitare all'organismo che tutto il farmaco venga eliminato ma che
rimanga invece una certa quota in modo che tutto l'organismo sia ancora coperto
dalla presenza del farmaco e così in seguito alla mia seconda somministrazione
l'organismo possa essere sottoposta ad un'azione farmacologica più utile rispetto a se
permetto l'allontanamento totale. Quindi l'emivita è importante per stabilire la
posologia del farmaco da utilizzare nella terapia,quindi se l'emivita è di 4 h significa
che posso somministrare quel farmaco ogni 4 h per garantire a quel soggetto livelli di
farmaci che siano ancora utili per l'azione farmacologica e non generare in quel
soggetto quella condizione di stress ciclico dovuto all'abbandono e ripresa dell'attività
farmacologica. Il principio della finestra terapeutica di cui abbiamo detto l’ altra volta,
si basa proprio su qst, cioè somministrare il farmaco ripetutamente rispettando quella
che è l’ emivita del farmaco però sospenderlo oppure aumentare il periodo di
risomministrazione del farmaco per poter garantire, per poter dare all’ organismo la
possibilità di essere libero, nel caso specifico di guadagnare quelli che erano i recettori,
ma in linea generale non permettere al farmaco che abbia qst fase stazionaria quindi di
mantenimento delle concentrazioni stazionarie. L’ altra cosa è la durata dell’ effetto
benefico che è connessa alla fase stazionaria e i tempi di sospensione di cui ho parlato
un attimo fa, cioè significa per quanto tempo io non devo dare qst farmaco perché l’
effetto primario non mi dia degli effetti tossici, oppure l’ organismo possa rimettersi.
Quindi lo stato stazionario è quella fase in cui le concentrazioni plasmatiche del farmaco
rimangono costanti, quindi garantendo una assistenza terapeutica adeguata che si
raggiunge dopo almeno 5 emivite del farmaco: io lo somministro e ho una prima
emivita, poi una seconda, poi una terza, una quarta e alla quinta emivita vedete che le
concentrazioni plasmatiche di quel farmaco se io vedo a fare sempre questi continui
prelievi e a dosare il farmaco, rimangono costanti. Ovvero ,lo stato stazionario è quella
condizione che si è visto sperimentalmente verificarsi dopo almeno 4 emivite di quel
farmaco,quindi se somministro un farmaco avente emivita di 4 h significa che dopo 4
somministrazioni,cioè 16 h quindi 4 emivite,il farmaco raggiunge a livello plasmatico
le concentrazioni sufficienti a garantire una risposta in quel paziente. E quindi questo
serve a definire quella che è la dose di mantenimento del farmaco, quando io ho
raggiunto nello stato stazionario devo dare dosi basse di farmaco, posso dare anche dosi
più basse rispetto a quelle che io ho dato all’ inizio, basta che le concentrazioni
plasmatiche rimangono costanti. Questo perchè l'emivita ci dà indicazione che se
somministriamo un farmaco a determinati intervalli di tempo allora il farmaco ci
darà più benefici rispetto ad altre circostanze. Così come è importante per definire la
Dose di Mantenimento e quella di Carico . La dose di Carico è quella eroica da dare al
paziente;quella di mantenimento è la dose sub-massimale da dare al paziente in
funzione del raggiungimento dello stato stazionario che quando è infatti raggiunto
consente di diminuire anche le quantità dei farmaci. Quindi tutti insieme qst parametri
ci dicono che io ho una moltitudine d farmaci che posso somministrare nella terapia,
però se sto attento a quello che è la giusta biodisponibilità che ha una molecola rispetto
a un’ altra, se io sto attento a quella che è la giusta clearance di una molecola rispetto a
un altro o alla distribuzione o all‘ emivita e così via io posso operare la terapia più utile.
Viceversa, sbagliando o non valutando uno di qst parametri, mi trovo in errore. Se
voglio avere riferendoci alle ultime cose, un buon mantenimento di un farmaco per un
certo periodo di tempo devo utilizzare farmaci a bassa biodisponibilità, a lunga emivita
che hanno un elevato volume di distribuzione per es, non posso fare l’ inverso e
utilizzare dei farmaci che hanno elevata biodisponibilità e basso volume di distribuzione
o emivita molto breve, farei un errore terapeutico. Quindi ricapitolando,la
biodisponibilità serve dunque per stabilire l 'adeguatezza della forma farmaceutica di
un farmaco da somministrare per una determinata via, questo significa che dalla
valutazione della biodisponibilità posso scegliere se somministrare un farmaco per via
endovenosa per ottenere il massimo della bisponibilità o per esempio per via oculare
nel caso in cui debba avere una minore biodisponibilità in termini soprattutto della
AUC più ristretta e di durata più lunga della via endovenosa. La clearance serve per
determinare eventualmente la velocità con cui il farmaco viene allontanato e di
stabilire eventualmente anche la possibilità di regolare lo stato stazionario perchè in
questo stato è ovvio che se un farmaco mantenga la stessa concentrazione nel corso del
tempo significa che una stessa quantità di farmaco deve essere introdotta parimenti
alla stessa quantitià di quella allontanata altrimenti una condizione di equilibrio non
viene mantenuta col tempo . Il Vd ci indica la capicità del farmaco di passare da un
distretto ad un altro e quindi di avere le emivite più o meno lunghe infatti il Vd e l'
Emivita (che può variare da alcuni minuti a 5-7 gg)sono 2 parametri correlati così
come è strettamente correlato il Vd con il legame con le proteine plasmatiche;per cui se
un farmaco ha Emivita lunga avrà un Vd elevato,per esempio se l'emivita è di 44 h
allora il volume apparente di distribuzione sarà elevato perchè c'è proprio una
relazione matematica ,t1/2 = (0,693 x Vd)/ Cl ,derivato dal comportamento del
farmaco;dunque un 'emivita più lunga è associata ad un'escrezione più lenta ,in
condizioni fisiologiche questo è il rapporto che lega i 3 paramentri ma se variamo
qualcuno di esso tipo in caso di insufficienza renale ,possiamo avere l'insorgenza di
effetti collaterali per alterazione dell'emivita o del volume di distribuzione,per cui è
importante capire come funzionano questi parametri nella scelta del farmaco.Quindi
la cinetica attraverso la valutazione di qst 4 momenti che poi sono 5 o 6 parametri, ci
permette poi di discernere tra le varie cose, da qst dipende la dinamica di quel farmaco e
quindi l’ insieme in un soggetto di effetto terapeutico e di un effetto eventualmente
tossico quando non si rispettino qst circostanze.
Valentina Di Fonzo
Imma Cristofaro