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PSICHIATRIA N.

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29 Novembre 2021
Prof. Felice Iasevoli

I DISTURBI DELL’UMORE
DEFINIZIONE
condizioni comuni, potenzialmente letali, adeguatamente trattabili, che consistono in alterazioni
del tono dell’umore (abnormemente deflesso o elevato)

Le due principali alterazioni del tono dell’umore sono: l’episodio depressivo maggiore e l’episodio
maniacale.
Ci sono, però, altri due quadri clinici sotto forma di episodio: l’episodio ipomaniacale e l’episodio
misto.

EPISODIO IPOMANICALE
alterazione, sfumatura del tono dell’umore, in cui vi è un innalzamento lieve del tono dell’umore.
Sensazione di essere accelerati, euforici  che non si traduce in un aspetto patologico.

sintomi
 CRITERIO A (sono gli stessi di quelli utilizzati per la diagnosi dell’episodio maniacale): un
periodo definito di umore anormalmente e persistentemente elevato, espansivo o irritabile
ma che, a differenza dell’episodio maniacale, ha durata molto breve (non più di 4 giorni)
 CRITERIO C: l’episodio si associa ad un chiaro cambiamento nel modo di agire, rispetto allo
stato precedente
 CRITERIO D (molto importante): l’alterazione dell’umore e il cambiamento nel modo di agire
sono osservabili dagli altri
 CRITERIO E (molto importante): l’episodio non è abbastanza grave da provocare una
marcata compromissione in ambito lavorativo o sociale, o da richiedere
l’ospedalizzazione, e non sono presenti manifestazioni psicotiche. (tutti questi fattori
sono, invece, la norma negli episodi maniacali.

EPISODIO MANIACALE
alterazione grave del tono dell’umore, perdita del controllo caratterizzato da
- Ospedalizzazione (quasi sempre)
- Compromissione del funzionamento
- Sintomi psicotici

Tutto ciò manca nell’episodio ipomaniacale, che è molto difficile da riconoscere dal punto di vista
retrospettivo; è, però, di elevata importanza riconoscerlo per poter diagnosticare un'altra
patologia: il disturbo bipolare, perché riconosciuto il disturbo bipolare, la prognosi e la terapia
cambiano completamente

EPISODIO MISTO  criteri DSM – 5


 CRITERIO A: risultano soddisfatti i criteri A sia per l’episodio maniacale che per l’episodio
depressivo maggiore (eccetto per la durata,quasi ogni giorno, per almeno una
settimana);
in realtà ci sono tante forme intermedie, in cui il soggetto non ha né mania né depressione,
ma ha solo dei caratteri di questi disturbi nell’episodio misto il soggetto ha sintomi
depressivi (ideazione di rovina, suicidaria) e sintomi maniacali (il senso di irrequietezza,
impulsività, l’aumento dell’attività locomotoria).

Questo è un quadro clinico molto drammatico perché, mentre nell’episodio maniacale il


soggetto è spesso accompagnato da un rallentamento psico-motorio  risulterà quindi
difficile per lui mettere in atto un suo pensiero, nell’episodio misto, invece, il soggetto
potrebbe realizzare qualcosa che ha pensato, condotto dalla sua euforia; per questo
il disturbo misto è fortemente associato a rischio suicidario.

 CRITERIO B: alterazione dell’umore è sufficientemente grave da causare una marcata


compromissione del funzionamento lavorativo o delle attività sociali abituali o delle
relazioni interpersonali, o da richiedere l’ospedalizzazione per prevenire danni a sé o agli
altri. (secondo quanto abbiamo detto precedentemente nel punto A)

spesso ciò che trasforma l’episodio depressivo e maniacale in episodio misto è l’uso di
sostanze, lo stress, lo sconvolgimento dei ritmi circadiani

L’episodio misto è un altro indicatore di bipolarità.

Ricapitolando:

 chi ha un episodio maniacale è da considerare bipolare di tipo I


 chi ha un episodio ipomaniacale è da considerare bipolare  dalla ricostruzione
amnestico si comprende se di tipo I o II
 chi ha un episodio misto è da considerare bipolare  successivamente si va a valutare se
di tipo I o II
 chi ha un episodio depressivo non è da considerare per forza bipolare con l’episodio
depressivo non possiamo sapere se abbiamo a che fare con un bipolare I o II o con un
depresso maggiore o minore. In questo caso per fare diagnosi ci aiutano o gli altri episodi
che il soggetto ha avuto nella sua vita, oppure, se non li ha avuti, bisogna essere cauti e
prestare molta attenzione alla terapia, perché se eccessivamente antidepressiva (la
terapia), si potrebbe indurre un episodio misto

dal punto di vista neurobiologico il disturbo bipolare I e bipolare II sono due patologie
differenti  l’unica cosa che hanno in comune sono l’alterazione ciclica e l’andamento
episodico del tono dell’umore

DISTURBO DISTIMICO (depressione minore)


è una particolare forma di depressione a minore intensità ma con maggiore durata umore
depresso ma non vengono raggiunte tutte le caratteristiche del criterio A per la diagnosi di
depressione.

disturbo molto frequente, che non dà problemi da ospedalizzare ma di disagio esistenziale il


soggetto riesce a portare avanti la sua vita ma con grandissimo disagio
- l’episodio depressivo maggiore dura 8/9 mesi.
- la distimia dura minimo 2 anni con brevissimi intervalli di miglioramento del tono dell’umore (in
realtà molto probabilmente è proprio uno stile di vita, insito nella personalità del soggetto, che
quindi sarà sempre affetto da distimia)

quindi mentre l’episodio depressivo maggiore è invalidante per la sintomatologia particolarmente


grave; la distimia è invalidante per la durata prolungata

DISTURBO CICLOTIMICO
forma di oscillazione ciclica del tono dell’umore, che non raggiunge la severità dell’episodio
maniacale o depressivo, ma che è molto duraturo e che, spesso, diventa uno stato misto a bassa
intensità e cronico

Sensazione di disagio senza miglioramento

DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE


- ricorrente  vari episodi depressivi che si sono succeduti nel corso della vita
- cronico  presente per almeno 2 anni ( e qui la distinzione con la distimia è molto difficile)
- con andamento stagionale  depressione che insorge in autunno/inverno e scompare in
primavera/estate
- con esordio nel post-partum La depressione post-partum grave può essere indicativa o
disturbo di esordio di una sindrome bipolare (spesso di tipo I); Anche la psicosi post-partum
potrebbe essere indizio di un esordio di sindrome bipolare.

I DISTURBI BIPOLARI
IL DISTURBO BIPOLARE DI TIPO I: il paziente ha avuto almeno un episodio maniacale nel corso
della vita. Questo non vuol dire che la persona ha avuto solo l’episodio maniacale, potrebbe aver
avuto episodi depressivi, misti, ipomaniacali ma l’importante per fare diagnosi di bipolare I è
almeno un episodio manicale

IL DISTURBO BIPOLARE DI TIPO II: il paziente ha avuto almeno un episodio depressivo e almeno
uno ipomaniacale, ma nessun episodio manicale. È un paziente che tende a essere sul versante
ciclotimico

La ciclotimia probabilmente ha a che fare con la dis-regolazione dei circuiti cerebrali che regolano
la nostra risposta emotiva a ciò che ci accade.
Da ciò, molto probabilmente, il disturbo bipolare II, la ciclotimia e il disturbo di personalità
borderline sono tutte caratterizzate da disregolazione emotiva.

- il disturbo bipolare II ha delle manifestazione cliniche più severe, che spesso richiedono
ospedalizzazione; a livello di trattamento, questo disturbo, tra i tre, è quello che più
necessita di trattamento farmacologico + psicoterapia.
- il ciclotimico tende ad essere meno severo, sono persone, quindi, che hanno minori
interferenze con il funzionamento; importante per il trattamento la componente
psicoterapica
- il disturbo di personalità borderline oltre alla disregolazione dei disturbi emotivi, presenta
altri aspetti eziologici, è un disturbo più complesso. In questo caso la psicoterapia è
fondamentale e meno utile della farmacologia.

EPIDEMIOLOGIA
 DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE  forme ad episodio singolo forme ricorrenti nel
corso della vita. Ha una base biologica.
- è una malattia mortale  perché c’è un altissimo rischio suicidaria
- è una malattia a base biologica.
- età media di esordio: 40anni è una delle poche patologie psichiatriche che esordisce
nell’età adulta (la maggior parte della patologie psichiatriche esordiscono in età
giovanile)
- incidenza: 1/100 M; 3/100F
- rischio maggiore: nelle persone con storia familiare di alcolismo, depressione, perdita
dei genitori prima dei 13ann, gruppi socio-economici inferiori

 DISTURBO BIPOLARE II
- incidenza: 1,2% M; 1,8%F  questa incidenza nella realtà è più bassa
- età media di esordio: 30anni  probabilmente i primi sintomi di esordio compaiono
intorno ai 20aa
- rischio maggiore: nelle persone con storia familiare di mania/disturbo bipolare

Prevalenza lifetime

EZIOLOGIA:
ad oggi ancora non è molto chiara, si sa solo che si tratta di patologie con una fortissima
componente genica, legata a varianti comuni genetiche  varianti che, prese singolarmente, non
hanno alcun significato psicologico, ma accumulandosi possono determinare la patologia.
Si tratta quindi, in definitiva, di patologie del neuro-sviluppo. Anche gli eventi stressanti
quotidiani, sicuramente, hanno una forte importanza  l’ambiente, ricorda, interagisce con il
genoma nella induzione di differenti meccanismi trascrizionali.

DIAGNOSI
- non ci sono test di laboratorio specifici
- non ci sono test psicologici  ci sono solo alcune scale di valutazione che però non
servono per la diagnosi ma per quantificare il sintomo cioè per osservare se c’è un
miglioramento/peggioramento della patologia
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
 i disturbi dell’umore spesso sono dovuti a condizione medica generale soprattutto in
soggetti con patologie metaboliche, neoplastiche (soprattutto pancreatiche e GI)
soggetti con patologie neurologiche
soggetti con patologie endocrine: sindrome di Cushing
soggetti con patologie infettive e infiammatoria: HIV, LES

 i disturbi dell’umore spesso sono indotti da sostanze


farmacologiche: molto farmaci possono determinare alterazioni del tono dell’umore sia
in senso depressivo che in senso maniacale farmaci antipertensivi/cardiaci, come il
propranololo, che oltrepassa la barriera ematoencefalica e che viene molto utilizzato in
patologie post traumatiche da stress, perché sembra ridurre la risposta neurovegetativa
a stimoli stressanti. Molti farmaci anti-ipertensivi/cardiaci di prima generazione, invece,
non oltrepassano la barriera ematoencefalica, e quindi non hanno alcun effetto sul tono
dell’umore. Altri farmaci utilizzati sono sedativi/ipnotici, ormoni steroide, antibiotici.

DECORSO
• Episodi depressivi
– 15% dei pazienti depressi arriva a suicidarsi
– Non trattato, un episodio dura mediamente 10 mesi
– 75% pz ha un 2°episodio nei 6 mesi successivi al primo (questo significa che, nel
momento in cui il paziente trattato incomincia a stare bene, non deve sospendere il
trattamento, perché potrebbe esserci ricaduta) Media episodi depressivi durante la
vita: 5 episodi
– Prognosi è generalmente buona
• 50% guarisce del tutto
• 30% guarisce parzialmente
• 20% decorso cronico  la persona ha una risoluzione degli aspetti
depressivi importanti, ma rimangono sintomi residui con intensità minore,
disturbi del sonno , della libido, umore deflesso, pensieri spiacevoli
– 20-30% pz distimici e ciclotimici sviluppa un disturbo depressivo maggiore, un
disturbo bipolare I o II

• Episodi maniacali:
– una volta avuto un episodio maniacale, il 45 dei soggetti recidiva
– L’episodio maniacale severo dura 3 giorni dopodiché si interviene con
l’ospedalizzazione e con trattamento, perché chi soffre di episodi maniacali è un
soggetto estremamente pericoloso per sé e per gli altri
– Non trattati durano 3-6 mesi
– In media, chi soffre del disturbo maniacale ha, 10 recidive nella vita  molto spesso
il soggetto dopo trattamento mantiene dei sintomi specifici di tipo psicotico
(disturbi schizo-affettivo: soggetto con episodio maniacale unito a sintomi psicotici
residui dopo trattamento)
– 80-90% pz maniacali col tempo presenta un episodio depressivo completo 
questo è il motivo per cui non esiste la mania bipolare  l’episodio maniacale quasi
certamente sarà seguito da episodio depressivo. Il soggetto maniacale per
definizione è bipolare, ma non vale il contrario.
– Prognosi è buona
• 15% guarisce
• 50-60% guarisce parzialmente (recidive multiple, ma buon funzionamento
inter-episodico)
• Circa 30% segni di cronicizzazione dei sintomi, deterioramento sociale

TRATTAMENTO
tutti i disturbi del tono dell’umore richiedono l’integrazione di farmacologia e psicoterapia;
- per le forme depressive pure (in cui si è certi che non c’è rischio di un passaggio in fase bipolare)
 si utilizzano gli antidepressivi ( in realtà farmaci che agiscono sul sistema delle monoammine; ci
sono delle evidenze, secondo cui, aumentare il livello di queste molecole, migliori il tono
dell’umore); i farmaci di scelta, oggi, sono i SSRI (agiscono, quasi esclusivamente, sulla
neurotrasmissione serotoninergica), come il prozac.
effetti collaterali: i farmaci che agiscono solo sulla serotonina, non hanno grossi effetti collaterali,
tranne le problematiche sessuali.

I farmaci che agiscono sulla noradrenalina determinano un importante aumento della sensazione
di allarme
I farmaci che agiscono sulla Dopamina determinano irrequietezza, interpretazione psicotica

MANTENIMENTO
stessa terapia utilizzato per l’attacco della fase acuta. Nella fase del mantenimento è molto
importante effettuare psicoterapia

la psicoterapia in fase acuta non può essere fatta, perché si basa su descrizione verbale.

N.B: per i bipolari  si utilizzano stabilizzatori del tono dell’umore (che sono inutili in fase acuta).
nei disturbi bipolari è fondamentale  la psico-educazione, branca della psicoterapia cognitiva,
utilizzata anche fuori dalla psichiatria, che serve a spiegare al pz da dove viene la sua patologia,
quali sono le strategie per controllarla, quali sono i life style da intraprendere il bipolare
tendenzialmente è un soggetto che non vuole ordini, limiti

La psico-educazione viene anche utilizzata per le patologie cronice sistemiche: diabete, fibrosi
cistica per educare le persone riguardo la loro patologia.
LA SCHIZOFRENIA

Nella schizofrenia e nelle patologie dello spettro psicotico, in misura più o meno severa, c’è
un’alterazione/perdita del giudizio di realtà  funzione del nostro cervello che ci dice “Io
persona”mi trovo in questa situazione, questo è il contesto in cui opero, queste sono le azioni che
io devo mettere in atto

Quali sono le manifestazioni cliniche tipiche dei disturbi dello spetto psicotico?
- Deliri
- Allucinazioni
- Pensiero disorganizzato (eloquio)
- Comportamento psicomotorio grossolanamente disorganizzato o anormale
- Sintomi negativi

Tutti queste manifestazioni sono contemporaneamente presenti solo nella schizofrenia: nelle altre
patologie dello spettro psicotico, non sono mai presenti tutte insieme.

DELIRI
 Convinzioni fortemente sostenute che non sono possibili di modifica alla lice di evidenze
contrastanti: il paziente ha la certezza di un determinato evento, ne è convinto, non ha
bisogno di argomentare es viene da noi il paziente che ha la sensazione di essere
seguito, non la certezza: la sensazione non implica la frattura del giudizio di realtà, forse si
sta avvicinando a quella frattura, ma al momento non si può fare diagnosi di delirio.
Se si cerca di argomentare in maniera contraria con uno schizofrenico, tutto ciò non
scalfisce la sua convinzione, la sua certezza e, in alcuni casi, l’argomentazione viene
ribaltata dallo schizofrenico, come a favore della sua tesi.

Il delirio può essere:


- verosimile  qualcosa che non è fuori dalle possibilità umane ( ma in questo caso spesso
si potrebbe avere delle argomentazioni inverosimili)
- bizzarro  quando chiaramente non plausibili
 Il contenuto può comprendere una varietà di temi.

DISPERCEZIONE ALLUCINAZIONE: altra manifestazione clinica che riporta una frattura del giudizio
di realtà, consiste nell’avere percezioni senza uno stimolo esterno, una fonte.

Qualsiasi esperienza verosimile, che noi abbiamo, è legata ad una fonte.

le allucinazioni riescono ad avere un carattere di obiettività  cioè il paziente le percepisce bene,


e cerca di capire da dove vengono

allucinazioni visive e uditive


l’allucinazione visiva (di base psichiatrica) non ha questi caratteri obiettivi, preciso, si avranno dei
contorni non precisi, stesso il paziente che ha l’allucinazione visiva non è pienamente convinto
dell’obiettività di tale oggetto  questo non vale per le forme di allucinazioni visive tossiche o
organiche.

Sono le allucinazioni uditive che presentano un forte carattere di obiettività per chi ha
l’allucinazione.

Nelle dispercezioni, il paziente schizofrenico sa che magari gli altri non vedono/ non sentono
quello che lui vede e sede.
Dal punto di vista clinico, questa è una delle alterazioni principali della schizofreniaalterazione
della struttura logica del nostro pensiero.

il nostro pensiero è formato da idee che si concatenano le une sulle altre tramite dei nessi logici

Nella schizofrenia ,invece, questo spesso non succede; spesso alla mancata esistenza dei nessi
logici corrispondo anche dei comportamenti che sono a-finalistici: imprevedibili, senza un fine

SINTOMI NEGATIVI: così chiamati perché rappresentano la perdita di qualche funzione


 Appiattimento dell’affettività: grave riduzione dell’espressione di emozioni e sentimenti
(espressioni facciali, contatto visivo, prosodia)
 Abulia: ridotto impulso ad agire e pensare, mancanza di volontà i pz schizofrenici sono
considerati pigri (non si alzano dal letto, in stato di abbandono, non riescono a fare
qualcosa per la loro cura, la cura della salute, la cura dell’ambiente in cui vivono), tutto è
dovuto, sempre, ad alterazione dei cicli neuronali.
 Apatia: tono emozionale appiattito associato a distacco o indifferenze
 Anedonia: diminuzione della capacità di provare piacere da stimoli positivi, perdita di
interesse in attività piacevoli
 Alogia: diminuzione della produzione verbale
 Asocialità: apparente mancanza di interesse nelle relazioni sociali per vari motivi.
motivo sociale attivo:è spaventato perché credono che qualcuno voglia fare loro del male:
motivo sociale passivo: non hanno proprio la necessità di stare con gli altri  molto spesso
nei pz schizofrenici vi è alterazione della capacità di comprendere le consuetudini sociali e
di comprendere i pensieri e le emozioni degli altri.
(quando non si comprende l’altro, l’altro ci sembra minaccioso  ecco perché, in realtà,
siamo “noi normali” a fare paura agli schizofrenici)

SCHIZOFRENIA
la schizofrenia è un disturbo dello sviluppo, cha ha un’elevata componente genetica, in cui
l’alterazione riguarda la formazione delle sinapsi, e quindi l’interazione dendrite-assone questo
è il motivo per cui, ancora oggi, non abbiamo un correlato neuro-diagnostico
i criteri diagnostici
A prescindere da quelli che sono i criteri diagnostici, la schizofrenia colpisce tantissime persone,
perché dipende da alterazioni delle sinapsi, coinvolte in tantissimi circuiti cerebrali  da qui
l’eterogenicità dei quadri clinici dei pazienti schizofrenici.

Spesso i pazienti schizofrenici sono persone molto intelligenti, anche se, nei primi anni della
patologia, l’aspetto delirante è molto accentuato

Tutte le funzioni psicologiche, più o meno, possono essere alterate, in un pz schizofrenico.

Il decorso

-fase prepatologica (0 - 10aa): primi anni dell’età infantile  per definizione si dice che in
quest’età non ci sono alterazioni sintomatologiche (probabilmente non è totalmente vero, forse
qualche segno clinico si incomincia già a vedere).

- fase prodomica (fase che viene prima della comparsa clinica dei segni): età adolescenziale  in
questa fase possono essere presenti vari aspetti aspecifici (ansia, confusione, depressione, rifiuto
sociale)  il problema è che molti di questi aspetti aspecifici fanno diagnosi differenziale con il
fenomeno dell’adolescenza (oggi esistono dei programmi di screening, in ogni caso chi deve essere
attenzionato sono i figli di persone con la patologia o familiari)

studi retrospettivi hanno evidenziato che le persone, che poi svilupperanno la patologia, già 8/10
anni prima dell’esordio, avevano un funzionamento clinico più scadente rispetto ai pari età:
probabilmente quindi il processo si sviluppa nella fase prodomica, anche se già nella vita
intrauterina il processo era esordito.

Il nostro cervello, infatti, è in continuo rimodellamento (le sinapsi non sono fisse, cambiano
continuamente, in base alle nostre esperienze; c’è un momento della vita, nella prima fase
dell’adolescenza (tra i 10/12anni) in cui avviene un fenomeno che si chiama ROOMING
(controllare),  cellule gliali rimuovono le sinapsi inefficaci, che non vengono utilizzate. Quello che
si sospetta è che alla cattiva formazione delle sinapsi (già in età intrauterina) si aggiunga un
rooming alterato: le sinapsi vengono rimosse a caso, sia quelli funzionali che quelle non
funzionali.
Esordio= momento in cui il paziente incomincia a manifestare gravi sintomi psicotici

- progressione: giovane adulto  continue acutizzazioni


- recidivazione stabile: dai 30 anni  il soggetto ha una grave invalidità in cui peggiorano i sintomi
negativi e i deficit cognitivi, invece i sintomi psicotici incominciano a scemare (non rappresentano
più delle rappresentano eclatanti come nella fase della progressione).
In questa fase, i pazienti, non hanno funzionamento valutativo, funzionamento affettivo e molto
spesso hanno anche delle incapacità nell’autogestirsi)

È una patologia in cui una forte componente determinante è rappresentata dalla stress.

Lo stress è qualcosa che, dal punto di vista mentale, riusciamo a tollerare se abbiamo delle buone
capacità di resilienza (funzione psicologica che ha a che fare con una buona struttura del
cervello) dove ci sono delle alterazioni della struttura o delle funzioni del cervello, la nostra
tollerabilità allo stress è diminuita.

Sintomi positivi  durante il decorso della patologia tendono a diminuire di intensità


Sintomi negativi  possono aumentare o sono smascherati (infatti, spesso, durante la fase acuta
della patologia, sono mascherati, dal punto di vista clinico, dai sintomi positivi che sono molto
eclatanti) e diventano quindi evidenti nella fase più avanzata della patologia.

DECORSO
 Recidive  durante la fase di progressione, in cui si ha una riacutizzazione dei sintomi
psicotici, tendenzialmente nel 40% dei pz trattati e nell’80% nei pazienti non trattati  il
paziente quindi in trattamento avrà delle recidive meno frequenti e meno intense.
Il paziente non in trattamento o che smette di trattarsi ha una percentuale altissima di
ricaduta nel corso dei 2 anni successivi alla sospensione del trattamento

 La schizofrenia soprattutto nella fase prodromica e nella fase della progressione è una
patologia associata a ideazione suicidaria almeno nel 50% dei soggetti  le motivazione
del suicidio possono essere duplici: riconoscimento del proprio scollamento, della
incapacità di funzionare in rapporto alle altre persone oppure la presenza di voci
imperative che incitano il pz ad uccidersi

 Riduzione delle aspettative di vita di almeno 10aa, rispetto alla popolazione generale 
non si sa se è dovuto ai farmaci utilizzati o all’alterato life-style (le funzioni esecutive
sono alterate e quindi il pz non comprende che determinati comportamenti incidono
negativamente sulla sua salute). Quest’ultima ipotesi è quella più accreditata al momento.

PROGNOSI
un numero molto esiguo di pazienti ha un buon compenso e quindi riesce a condurre una vita più
o meno normale; la maggior parte dei pazienti, invece, ha dei sintomi e non riesce ad avere una
vita lavorativa e familiare completa, ma riesce comunque a inserirsi in società. Quindi:
• 1/3 riesce a condurre una vita relativamente normale  forse anche meno
• 1/3 presenta significativi sintomi ma è in grado di vivere nella società
• 1/3 ha grave disfunzione e necessita di continui ricoveri
TRATTAMENTO
si parla di trattamento integrato  farmaci + interventi di tipo riabilitativo.
I farmaci più utilizzati sono gli antipsicotici: farmaci che agiscono sul recettore D2 della
dopamina, perché questo recettore è responsabile, almeno in un ultimo step, dei sintomi psicotici,
come allucinazioni, deliri  bloccando questo recettore, i sintomi diminuiscono

Gli antipsicotici, a dosaggio elevato, determinano un peggioramento dei sintomi negativi e un del
sistema cognitivo.

Gli antipsicotici possono essere


 Tipici di prima generazione, messi in commercio negli anni ‘60 (prima di questi anni non
esisteva una terapia farmacologica per la psicosi), sono farmaci che hanno degli effetti
collaterali neurologici, determinando una sintomatologia parkinson-like (rigidità,
tremore), possono determinare innalzamento della prolattina (che ha delle conseguenze
nella libido maschile e femminile), e determinare problemi cardiaci (allungamento del
tratto T che defribrillazione ventricolare). Ricorda: le problematiche cardiologiche
riguardano tutti i farmaci antipsicotici
 Atipici  di seconda generazione, messi in commercio a metà degli anni ‘90, il loro
vantaggio è che bloccano sia il recettore D2 della dopamina ma anche il recettore 5HT2
della serotonina e in questo modo da un lato riducono gli effetti extrapiramidali
(parkinson like, quindi hanno meno effetti collaterali neurologici) inoltre, migliorano
leggermente le manifestazione legate ad alterato tono dell’umore, agendo sul recettore
della serotonina. Come effetto collaterale hanno sindrome metabolica.

Una buona scelta può essere rappresentata dal aripiprazolo perché ha meno effetto collaterali
metabolici e cardiologici.
La clozapina, è il più potente antipsicotico, nonostante agisca pochissimo sul recettore della
dopamina, riesce comunque a ridurre i sintomi psicotici. Non si sa ancora bene come faccia ad
essere così efficace. Viene utilizzato come farmaco di seconda scelta nei pazienti che non
rispondono ai farmaci di I e II generazioni comunemente utilizzati (resistenti a trattamento
farmacologico). Non viene comunemente usata perché ha tanti effetti collaterali, in particolare
può causare granulocitosi (alterazione dei granulociti neutrofili), che se non viene trattata con
sospensione del farmaco, può arrivare fino ad anemia plastica.

Il paziente deve fare un emocromo ogni settimana, ad inizio trattamento per i primi 4 mesi e poi
una volta al mese per tutta la vita.

Può dare anche convulsioni, stipsi importanti, abbassamento della pressione, aumento della
sindrome metabolica, problematiche cardiologiche.

Ci sono anche pz molto difficili da trattare perché non responsivi alla clozapina  forse perché le
cause neurobiologiche sono completamente diverse

ricorda la schizofrenia è un termine “ombrello” in cui ricadono tantissime tipologie di


problematiche neurobiologiche, che ancora ad oggi non conosciamo, che hanno un quadro finale
che sfocia nei sintomi schizofrenici.
N.B: I farmaci non migliorano la patologia in generale, ma solo questo aspetto psicotico che, però,
è quello più eclatante soprattutto in fase iniziale.
Ad oggi non ci sono farmaci che agiscano sui deficit cognitivi ed efficaci sui sintomi negativi

Altri trattamenti sono rappresentanti da interventi psicosociali, riabilitativi.


Il trattamento ideale sarebbe coniugare il trattamento farmacologico a trattamenti psicosociali ma
ad oggi il SSN, per problematiche economiche, fornisce solo il trattamento farmacologico.

La psicoterapia non ha senso farla in questo caso.

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