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del tutto diverso dallo sperimentare quanto è percepibile con i sensi. Per quanti sensi l’uomo possa ncora
avere, nessuno gli darebbe una realtà, se egli, pensando, non compenetrasse di concetti quanto ha percpito
attraverrso quel senso; e ogni senso, comunque strutturato e così compenetrato, dà all’uomo la possibilità
di vivere antro la realtà.
Grazie Fabio Petrucci ma il tuo contributo, a parte l’afflato lirico, non mi sembra portare reali contributi
conoscitivi, anzi (“...Tu non sei il tuo "passato" e nemmeno il tuo "futuro") .
Almeno il buon Prokofieff parla un linguaggio scientifico-spirituale, anche se le sue osservazioni paiono un
po’ troppo sommarie (mi riferisco solo alle pagine riprodotte del suo libro, pur pregevole per quanto
ricordo).
Qui, in queste pagine, si parla del perdonare come volontaria rinuncia alla riparazione alla quale
oggettivamente si avrebbe diritto.
Posso comprendere "quale immenso lavoro ... debbano compiere le potenze karmiche per procurare ad
ogni azione, sentimento o pernsiero umani, prima o poi, con ferrea necessità, una compensazione" (e,
restando terra terra, sappiamo tutti quanto sia difficile mettersi daccordo per incontrarsi in un dato posto a
una certa ora) e che rinunciando alla compensazione, "l'uomo disimpegna moltissime forze delle gerarchie
superiori".
Però, dalla parte di chi è stato perdonato, egli pure avrebbe diritto ad una “compensazione”, nel senso della
possibilità di emendarsi. Come avviene ciò? Non lavorano a questo le gerarchie?