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Lo sperimentare l’essenza del pensare, vale a dire l’elaborazione attiva del mondo concettuale, è qualcosa

del tutto diverso dallo sperimentare quanto è percepibile con i sensi. Per quanti sensi l’uomo possa ncora
avere, nessuno gli darebbe una realtà, se egli, pensando, non compenetrasse di concetti quanto ha percpito
attraverrso quel senso; e ogni senso, comunque strutturato e così compenetrato, dà all’uomo la possibilità
di vivere antro la realtà.

Aggiunta alla nuova edizione del 1918 [al cap. VII]

pag.97 trad. Bavastro


Mario Iannarelli
Amministratore · Ieri alle 0:13
Se non ci si libera dal “cervello fisico” e non si pensa col “cervello eterico” non si potrà mai accedere a “Filosofia
della Libertà”. Questa, con le normali facoltà pensanti, non potrà mai essere capita e quindi accettata. Ma quello
che più importa è che potrà agire sull’essere umano nel senso di una purificazione e rafforzamento del pensare, in
modo da renderlo “libero”, e in seguito, rendere “libero” anche il volere. I pensieri di “Filosofia della Libertà”
vanno pensati, e il primo passo consiste nel “pensarli col cervello eterico”, e non più con quello fisico.
Quest’ultimo risente del dualismo “destra-sinistra”, prodotto dai due emisferi cerebrali. Per la qual cosa non è
possibile giungere a una “sintesi”, ma ci si muove sempre fra “tesi” e “antitesi”: quindi in un costante “dubbio”,
come Kant ha ben dimostrato con la tabella delle “Antinomie della ragione”. Così i pensieri si liberano dalla
cerebralità e da ogni elemento sensibile, in un primo tempo. Si sperimenta il pensare come “attività volitiva”. E’
un “pensare concreto” che si viene formando, con l’esercizio di quei pensieri, saturo di “volontà”. Ma è una
volontà che non deriva da impulsi e spinte interiori soggettive. Si potrebbe dire che, in un certo senso, è una
“volontà oggettiva” legata alla natura dei pensieri stessi. Ecco che “questi pensieri” possono “muovere il sistema
osseo”, a sua volta “oggettivo”, com’é oggettivo un cristallo di quarzo. Quest’ultima considerazione ci riporta
all’inizio, alla concentrazione sul cristallo e di riflesso, sulle ossa. Forse, da questa indagine, sarà possibile
accogliere l’indicazione di Rudolf Steiner e tentare di realizzarla nel pensare secondo quanto indicato.
Domanda: “Come fa l’eterico a muovere il sistema osseo, oggettivo come un cristallo?”Il “sistema osseo” è stato
formato “dal di fuori” da“ forze eteriche” esterne al sistema stesso. Sono forze eteriche presenti nel mondo eterico,
e segnatamente nell’”etere chimico o del suono”. Dietro ogni osso agisce un “suono cosmico” e il corpo eterico
plasma col concorso specifico dell’”etere suono” la forma dell’osso, a norma di proporzioni sonore cosmiche,
quindi oggettivo, agenti secondo “forme archetipiche” presenti nella mente degli Elohim o Spiriti della Forma
creatori della “forma Uomo”. “Faremo l’Uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” – Genesi 26 -
“L’archetipo formale” (Spiriti della Forma), si sostanzia poi dell’archetipo sonoro (Spiriti del Movimento) con le
vibrazioni eteriche corrispondenti, che permeano il mondo eterico/corpo eterico plasmatore delle ossa, che si
avvale di quelle vibrazioni. E’ il medesimo che formula pensieri-rappresentazioni che stanno a base del
movimento del corpo-sistema osseo. Il “pensare”, che è divenuto “volere”, come forza attiva - per via di esercizio
- avvalendosi della “rappresentazione necessaria”, muove il sistema osseo in modo corrispondente a essa. 
Una sentenza dalla Pratica Yoga suona: “Beato lo yoghin che ha imparato a pensare con le ossa”
CLAUDIO GREGORAT

Grazie Fabio Petrucci ma il tuo contributo, a parte l’afflato lirico, non mi sembra portare reali contributi
conoscitivi, anzi (“...Tu non sei il tuo "passato" e nemmeno il tuo "futuro") .

Almeno il buon Prokofieff parla un linguaggio scientifico-spirituale, anche se le sue osservazioni paiono un
po’ troppo sommarie (mi riferisco solo alle pagine riprodotte del suo libro, pur pregevole per quanto
ricordo).

Qui, in queste pagine, si parla del perdonare come volontaria rinuncia alla riparazione alla quale
oggettivamente si avrebbe diritto.

Posso comprendere "quale immenso lavoro ... debbano compiere le potenze karmiche per procurare ad
ogni azione, sentimento o pernsiero umani, prima o poi, con ferrea necessità, una compensazione" (e,
restando terra terra, sappiamo tutti quanto sia difficile mettersi daccordo per incontrarsi in un dato posto a
una certa ora) e che rinunciando alla compensazione, "l'uomo disimpegna moltissime forze delle gerarchie
superiori".
Però, dalla parte di chi è stato perdonato, egli pure avrebbe diritto ad una “compensazione”, nel senso della
possibilità di emendarsi. Come avviene ciò? Non lavorano a questo le gerarchie?

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