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10)
1. il comunicare, ciò che si comunica [+ di, che; + a]: comunicazione di notizie, di idee a
qualcuno; le autorità hanno dato la comunicazione che non c’è alcun pericolo; la
|comunicazione non verbale, ottenuta con gesti e azioni, senza far ricorso alle parole, o
Questa visione è stata sistematizzata scientificamente intorno alla metà del secolo scorso in
quella che è ancora oggi conosciuta come “teoria matematica della comunicazione” o “teoria
dell’informazione” (Shannon e Weaver, 1949).
Gli individui comunicano attraverso le parole del linguaggio naturale (sia in forma
orale che scritta).
Si avvale di strumenti quali immagini, suoni che non corrispondono a parole. Si tratto
di movimenti corporei, espressioni facciali e simili.
Gli individui nelle interazioni comunicative attivano una pluralità di sistemi, alcuni in
modo consapevole, altri in modo meno consapevole.
I SISTEMI COMUNICATIVI:
Per comprendere la ricchezza della comunicazione non verbale, questa si può scomporre
nelle sue diverse componenti:
Sistema Intonazionale
Sistema Paralinguistico
Sistema Cinesico
Sistema Aptico
Sistema Prossemico (quinto sistema)
Sistema intonazionale- letteralmente il tono con cui pronunciamo le parole che usiamo.
Si tratta del sistema vocale non verbale: indica l’insieme dei suoni emessi nella
comunicazione verbale, indipendentemente dal significato delle parole. Il sistema
intonazionale/paralinguistico è caratterizzato da diversi aspetti: tono e frequenza della voce,
ritmo e silenzio.
TONO:
SISTEMA CINESICO:
CONTATTO VISIVO:
MIMICA FACCIALE:
GESTI:
POSTURA:
SISTEMA APTICA:
SIGNIFICATO:
PROSSEMICA:
TIPI DI DISTANZA
distanza intima (fino a 45 cm):
facilità di contatto, percezione
dell’odore, tono basso della voce
Distanza personale (da 45 a 120
cm): possibilità di contatto, non si
percepisce l’odore, tono medio
della voce
Distanza sociale ( da 120 a 360
cm): assenza di contatto, non si
percepisce l’odore, tono della voce
sostenuto.
Distanza pubblica (da 360 a 750 cm): apparazioni in pubblico.
SPAZIALIZZAZIONE DELL’IDENTITÀ:
Modalità con cui l’io si rapporta con i propri confini;
Luoghi sui quali il soggetto proietta una definizione del proprio sé;
Possono essere utilizzati come vere e proprie risorse identitarie;
“È come se il soggetto si proiettasse all’esterno annullando i confini tra dentro e
fuori e accettasse quella porzione di spazio come un prolungamento simbolico del
proprio corpo fisico” (Ecologia della parola)
messaggi / informazioni
comunicazione espressiva (comunico sulla relazione)
controllo turn-taking nella conversazione (analisti della conversazione)
I sociologi hanno iniziato ad occuparsi di linguaggio solo alla fine degli anni ’60.
Svolta sociolinguistica: riscoperta del linguaggio in sociologia per comprendere i
fenomeni sociali.
Studio dei significati che emergono dall’interazione.
IL TURNO E IL TURN-TALKING:
L’unità minima della conversazione è il turno: si tratta di ciò che viene detto da
un parlante in una sequenza, preceduto e seguito da quanto viene detto da un altro
o da altri parlanti.
La presa del turno (turn-talking) permette di considerare come e se questa
sequenza venga rispettata e la modalità in cui si svolgono le azioni comunicative.
In una conversazione i partecipanti parlano uno alla volta.
Chi ha parola può selezionare il parlante successivo rivolgendogli una domanda.
Oppure un partecipante alla conversazione può “autoselezionarsi”, parlando per
primo.
Va inoltre considerato il silenzio all’interno della conversazione.
Come è possibile la perfetta sincronia nel passaggio da un turno all’altro?
1. Nel senso comune pensiamo che parlare significhi scambiarsi contenuti verbali.
2. Quando parliamo partiamo dal presupposto che il nostro interlocutore comprenda
esattamente quello che noi desideriamo comunicare.
3. Tendiamo a pensare che una scambio comunicativo funzioni solo se si elimina il
fraintendimento.
4. Ciò che comunichiamo dipende prevalentemente dalle parole che pronunciamo.
5. <<Per essere intelligenti occorre avere qualcosa da dire>>
6. Le parole non contano, contano solo le azioni.
7. Occorre mantenere un’attenzione focalizzata durante un dialogo.
8. Tendiamo a ignorare le nostre emozioni.
Libro più importante: Pragmatica della comunicazione umana. Questi studiosi più che
analisi vogliono studiare le interazione comunicative, comportamento nelle relazioni.
Osservare e analizzare i comportamenti negli scambi comunicativi.
Paul Watzlawick
(1921-2007)
Fondatore della scuola. Scritto tantissimo a quello su qui si
focalizacimo.
Paul Watzlawick è un filosofo, sociologo e psicologo austriaco, uno
dei più geniali studiosi di comunicazione della seconda metà del
Novecento.
Dal 1960 ha lavorato al Mental Research Institute di Palo Alto, in
California, e dal 1976 ha insegnato al Dipartimento di Psichiatria e Scienza
comportamentale dell‟Università di Stanford.
Fra i suoi lavori tradotti in italiano: Pragmatica della comunicazione umana (1971), Il
linguaggio del cambiamento. Elementi di comunicazione terapeutica (1980), Istruzioni
per rendersi infelici (1984) e, inoltre, la raccolta di saggi sul
costruttivismo La realtà inventata (1988).
Pragmatica della comunicazione umana (1967)
Studia la comunicazione intesa nel suo aspetto pratico, cioè le
influenze della comunicazione interpersonale sul
comportamento dell persone.
Nella pragmatica della comunicazione assume un ruolo
fondamentale il concetto di feedback dell’informazione.
IL PRIMO ASSIOMA DELLA COMUNICAZIONE:
È IMPOSSIBILE NON COMUNICARE. (tutto è comunicazione, non esisterà
mai un opposto di comportamento, non c’è un grado zero di comunicazione.
Anche il silezio è un comportamento)
Ogni comportamento è comunicazione.
Proprietà fondamentale del comportamento: il comportamento non ha un suo opposto.
NON COMPORTAMENTO =COMPORTAMENTO
NON COMUNICAZIONE =COMUNICAZIONE
Es. L‟uomo che guarda fisso davanti a sé … Se io apro una finestra e una
comunicazione “senti nel questa stanza e molto caldo quindi apro una finestra”
Ci sono diversi aspetti, si puo studiare da punto di vista pragmatica, pratico.
Wszystkie te rzeczy które są słowne i non verbali są comunicazione
«L’uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in una tavola calda
affollata, o il passeggero d’aereo che siede con gli occhi chiusi, stanno entrambi
comunicando che non vogliono parlare con nessuno né vogliono che si rivolga loro
la parola, e i vicini di solito “afferrano il messaggio” e rispondono in modo adeguato
lasciandoli in pace. Questo, ovviamente, è proprio uno scambio di comunicazione
nella stessa misura in cui lo è una discussione animata» (Watzlawick, Beavin, Jackson,
Pragmatica della comunicazione umana, 1967, p. 42).
La comunicazione paradossale:
“Il paradosso è una contraddizione che
deriva dalla deduzione corretta da
premesse coerenti” (Watzlawick 1971, p.
185).
Ci sono tre tipi di paradossi:
1. i paradossi logico-matematici (le antinomie);
2. le definizioni paradossali (le antinomie semantiche);
3. i paradossi pragmatici (le ingiunzioni paradossali).
I paradossi logico-matematici:
Il paradosso di Achille e la tartaruga:
un paradosso di filosofi greci.
Il movimento è un ilusione.
Achille che viene sfidato da
una tartaruga.
)Achilles i żółw stają na linii startu
wyścigu na dowolny, skończony
dystans. Achilles potrafi biegać 2 razy
szybciej od żółwia i dlatego na starcie
pozwala oddalić się żółwiowi o 1/2 całego dystansu. ... Gdy Achilles dotrze w to miejsce,
żółw znowu będzie od niego o 1/16 dystansu dalej, i tak w nieskończoność)
I paradossi semantici
“Un esempio di antinomia semantica è il seguente: una persona afferma «io sto
mentendo».
Seguendo questa affermazione fino alla sua conclusione logica, scopriamo che è
vera soltanto se non è vera. La persona in questione mente se dice la verità e dice
la verità se mente” (ibid., p. 190).
I paradossi pragmatici
Watzlawick per introdurre i paradossi pragmatici ricorre alla storia del barbiere
soldato che in una caserma riceve l’ordine di radere tutti gli uomini che non si radono da
soli.
Ma cosa succede quando cerchiamo di collocare il barbiere stesso o tra coloro che non
si radono da soli o tra coloro che si radono da soli? Il barbiere non può andare fuori
dalla questa schema. Gli ordini non si discutono.
Le ingiunzioni paradossali
“Sii spontaneo!”
“Chiunque riceva questa ingiunzione si trova in una situazione
insostenibile, perché per accondiscendervi dovrebbe essere
spontaneo entro uno schema di condiscendenza e non di
spontaneità” (ibid., p. 197).
Ogni tipo di comunicazione fra due o più individui può avere livelli diversi di:
a) Notizia (informativa)
b) Comando
Il primo aspetto (a) trasmette i dati, il secondo (b) il modo in cui si deve assumere tale
comunicazione.
“E‟ importante togliere la frizione gradatamente e dolcemente”
Oppure
“Togli di colpo la frizione, rovinerai la trasmissione in un momento!”
Messaggi che recano lo stesso tipo di contenuto (aspetto di notizia), ma hanno un livello
estremamente differente di relazione (aspetto di comando).
La comunicazione patologica
A seconda del tipo di contenuto e della relazione tra gli attori che partecipano
all‟interazione, la comunicazione acquisisce una forma diversa.
La natura della relazione ci fa comprendere se ad es. la frase “sei un genio” è un
compimento o se è sarcastica.
Vd. uso sistemi della comunicazione.
La comunicazione patologica è caratterizzata da una lotta costante per definire i ruoli
e la natura della relazione.
“Il punto è che nella metacomunicazione si annida un potenziale abuso per
qualsiasi scambio comunicativo . Lo scarto (e la contraddizione) tra quanto
viene detto a parole e quanto viene detto “sopra ” e “su quelle parole ” può
essere tale da minare nel corso degli anni la stabilità psichica di un
individuo, soprattutto se ciò avviene per un arco di tempo prolungato e in
una fase della vita in cui l’io è in via di formazione”.
La teoria del doppio vincolo
La teoria del doppio vincolo fu elaborata nell‟ambito della Scuola di
Palo Alto, dove Gregory Bateson dirigeva il progetto
“Comunicazione e schizofrenia”.
Sotto la guida di Bateson, presso il Veterans Administration
Hospital lavorava dal 1952 un gruppo di ricerca di cui fanno parte
studiosi di diversa formazione: antropologi, ingegneri, psichiatri,
psicoterapeuti.
Dal loro lavoro di ricerca scaturisce la teoria del doppio vincolo, elaborata nel 1956
all‟interno dell‟articolo “Toward a Theory of Schizofrenia”.
Un doppio vincolo è un dilemma comunicativo che avviene a causa della
contraddizione tra due o più messaggi.
Una situazione comunicativa che causa sofferenza può portare ad un disturbo
psicologico.
Esempi:
1) Paziente che tutti i giorni bussa alla porta dell‟ufficio del Direttore del Centro
presso cui è ricoverato e poi se ne va.
2) Figlio che cerca di abbracciare la madre: lei si ritrae ma gli dice di esprimere i
propri sentimenti.
3) Madre che dice al bambino: “Non giocare qui, vai in un‟altra stanza così sei più
tranquillo”.
Condizioni per l‟emergere di un doppio vincolo:
situazione di asimmetria nella relazione;
scarto tra due messaggi tra loro contradditori che genera un dilemma comunicativo e
cognitivo;
messaggi di natura contraddittoria e dilemmatica prolungati nel tempo che creano
una sorta di catena relazionale.
“( … ) questo tipo di comunicazione, se reiterata per lungo tempo in una certa fascia
d’età e ricorrente, può causare danni psichici molto rilevanti al soggetto che la
subisce fino a causarne, successivamente, in età adulta la schizofrenia . Gli studi
della scuola di Palo Alto in California, della quale gli studiosi citati fanno parte,
hanno documentano inequivocabilmente che noi siamo le parole che ascoltiamo,
hanno mostrato come le parole - se pronunciate secondo certi specifici pattern
narrativi - possano addirittura farci ammalare”.
Erving Goffman: l’enfant terrible della sociologia
Erving Goffman (Manville, 1922 – Filadelfia, 1982) è un
sociologo canadese che ha insegnato nelle università di
Berkeley e Filadelfia. Il suo lavoro si caratterizza per la
concettualizzazione dei rituali dell’interazione sociale. È una
persona molto interessante.
Biografia:
1922- Nascita in Canada da una famiglia di migranti ucraini
1949-1951- Dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di
Chicago e 1° studio etnografico presso le isole Shetland sulla vita rurale
1959- Pubblicazione di Presentation of Self in Everyday Life (La vita quotidiana come
rappresentazione, 1969)
1954-1957- Visiting Student presso il National Institute of Mental Health di Bathesda
(Washington D. C.)
1955-1958- Lavora presso il St. Elizabeth Hospital. Qui compie la 2° etnografia →
Asylums (1961/1968): studio sulle ‘istituzioni totali’
1962- Professore ordinario a Berkeley
1963- Pubblicazione di Stigma (trad. it. 1983): studi sull’identità negata
1967- Pubblicazione di Interaction ritual (trad. it. 1988) in cui è contenuta la ricerca sul
gambling (3° etnografia con copertura da blackjack dealer al Station Plaza Casino di Las
Vegas)
1969- Pubblicazione di Strategic Interaction (trad. it. 1988): rilettura critica della
razionalità strategica in prospettiva interazionista
1968- Professore presso la University of Pennsylvania. Qui pubblica:
1971- Relations in public (trad. it. 1981): analisi dell’ordine sociale nei luoghi pubblici
1974- Frame Analysis (trad. it. 2001): studio dell’organizzazione sociale dell’esperienza
1976- Gender Advertisements (trad. it. 2010): analisi delle relazioni di genere nella
pubblicità
1981- Forms of Talk (trad. it. 1987): confronto sociolinguistica e analisi delle
conversazioni 1982- Muore poco dopo l’elezione a presidente dell’American Sociological
Association
Cosa studia?
Studia le microinterazioni e parte “dal presupposto che quando un individuo è in presenza di
altri abbia molte ragioni per cercare di controllare le impressioni che essi ricevono dalla
situazione” (p. 25).
Interazioni faccia-a-faccia
Definisce le interazioni faccia a faccia come l’influenza reciproca che individui
esercitano gli uni sugli altri.
Sono interazioni (co-presenza 2 o + persone) che: - focalizzano l’attenzione su un
oggetto o una situazione comune; - esercitano un’influenza reciproca sulle rispettive
azioni.
Il modello drammaturgico
La vita sociale per Goffman è una rappresentazione che gruppi sociali mettono in
scena di fronte ad altri gruppi.
Nella vita sociale, incentrata sull’interazione, l’attore sociale quindi è sempre intento a
porre se stesso in scena sul palco della società.
Esempio dei camerieri in un hotel delle isole Shetland (1° studio etnografico di
Goffman).
La metafora teatrale
Goffman sostiene che i rapporti faccia a faccia somiglino a rappresentazioni teatrali.
Al centro dell’interesse sono i problemi drammaturgici incontrati da un/a attore nel
presentare la sua attività di fronte ad altri, vale a dire…
“il modo in cui un individuo, in normali situazioni di lavoro, presenta se stesso e le sue
azioni agli altri, il modo in cui guida e controlla le impressioni che costoro si fanno di lui,
e il genere di cose che può o non può fare mentre svolge la sua rappresentazione in loro
presenza” (Goffman 1959; tr. it. 1969, p. 9 ).
Ribalta e retroscena:
Per G. nelle interazioni quotidiane esistono luoghi di ribalta, dove si inscena una
precisa rappresentazione (frontstage).
Esistono anche luoghi di retroscena, dove ciascuno si organizza e può rilassarsi, “può
abbandonare la sua maschera, le sue battute e uscire dal personaggio” (backstage).
Differenza fra ribalta e retroscena: alcuni esempi.
La gestione di sé in pubblico avviene automaticamente e quasi inconsapevolmente
seguendo copioni (facciate) preordinati.
Il palcoscenico della vita socjale
“La rappresentazione individuale sulla scena dipende dall’esistenza di un retroscena
isolato dal pubblico”.
Goffman descrive la vita sociale come una sorta di recita teatrale su molti
palcoscenici, in cui ognuno di noi interpreta ruoli diversi in differenti arene sociali a
seconda del tipo di situazione, del nostro ruolo particolare in essa e della
composizione del pubblico.
Condividere il retroscena
Per appartenere ad un gruppo bisogna condividere il suo retroscena, che è lo spazio in cui
si prepara la rappresentazione pubblica. Condividere il retroscena significa conoscere i
segreti del gruppo.
Come avviene l’attribuzione di significato agli eventi in cui
partecipiamo ?
Concetto di frame (1974 ) .
Nella vita quotidiana passiamo da una definizione della situazione
ad un’altra.
Cornice interpretativa che mettiamo intorno agli eventi e che ci
permette di rispondere alla domanda : che cosa sta succedendo
qui?
Frame : cornice socialmente organizzata , istituzionalizzata e
culturalmente connotata, che organizza l’interazione faccia a
faccia.
Es . lezione universitaria.
Primary framework.
Keying
La capacità dell’individuo di fare impressione su altri si basa su 2 tipi di attività :
L’espressione assunta intenzionalmente: solitamente affermazioni verbali
controllate dall’individuo, che egli usa deliberatamente.
L’espressione lasciata trasparire: la parte che l’individuo non controlla e che viene
usata dagli osservatori per verificare la veridicità delle sue affermazioni.
Goffman si occupa principalmente di questo secondo tipo di azioni comunicative.
L’asimmetria del processo di comunicazione:
«Gli osservatori, sapendo che l’individuo tende a presentarsi sotto una luce favorevole,
possono dividere la scena a cui assistono in due parti: l’una, che l’individuo può
facilmente controllare a piacere e che riguarda in massima parte le sue affermazioni
verbali;
l’altra che sembra sfuggire al controllo o non rivestire alcun interesse per l’individuo e
che consiste in massima parte nelle espressioni che lascia trasparire».
«Gli altri possono allora servirsi di quelli che vengono considerati gli aspetti non
controllabili del suo comportamento espressivo come mezzo per verificare la verità di
quanto è trasmesso dagli aspetti controllabili.
Con ciò viene dimostrata la fondamentale asimmetria del processo di
comunicazione, poiché, presumibilmente, l’individuo è consapevole di un solo livello
della sua comunicazione, mentre gli osservatori sono consapevoli di questo livello e di
un altro» (Goffman, 1959; tr. it. 1969, p. 17).
Le rappresentazioni
Definisce rappresentazioni tutte le attività svolte da un/a partecipante in una
determinata occasione e volte ad influenzare gli altri partecipanti.
Situazione in cui le azioni di ciascun partecipante sono consapevolmente e
costantemente riorganizzate in riferimento a quelle degli altri.
Esempio di rappresentazione
Quando un individuo interpreta una parte, sta mettendo in scena la propria
“rappresentazione” e ripone fiducia nell’impressione della realtà che cerca di stimolare
negli altri.
Caso tipico: situazione in cui l’attore è convinto dell’impressione che sta inscenando e
il pubblico è convinto della sua recitazione.
La definizione della situazione
La facciata: definizione
è una parte della rappresentazione di un individuo che funziona regolarmente in modo
fisso per definire la situazione agli osservatori.
È „l’equipaggiamento espressivo di tipo standardizzato che l’individuo impiega
intenzionalmente o involontariamente durante la propria rappresentazione” (p. 33).
È un elemento necessario in ogni tipo di rappresentazione.
La facciata: parti tipiche
Ambientazione: parte della „facciata” che comprende il mobilio, gli ornamenti e tutto
l’aspetto scenico, i dettagli di sfondo che costituiscono una parte fissa e integrante della
rappresentazione.
Facciata personale: elementi dell’equipaggiamento espressivo che identifichiamo con
l’attore stesso e che includono vestiario, sesso, caratteristiche etniche, taglia, modo di
parlare, gesti ed espressioni facciali, ecc.
#4
ETNOMETODOLOGIA
Nel corso degli anni Cinquanta si sviluppa per opera di Harold Garfinkel un nuovo
approccio che si chiamerà etnometodologia.
Garfinkel conia il termine “etnometodologia” per definire l’analisi delle pratiche
utilizzate dalle persone in ogni situazione e nelle più svariate interazioni sociali.
Studio dei modi (methods) che quotidianamente gli attori (ethno) utilizzano per
riconoscere, attribuire significato e classificare le azioni altrui e le proprie.
Il manifesto:
Harold Garfinkel
Breaching studies
• Le suggestioni schutziane sono alla base delle azioni di disvelamento (definite „breaching
studies‟) che Garfinkel suggeriva ai suoi studenti di compiere con l‟obiettivo di rompere una
convenzione sociale, una regola o una norma.
• “le operazioni necessarie per produrre [...] un'interazione anomica e disorganizzata
dovrebbero dirci qualcosa su come le strutture sociali sono ordinariamente mantenute”
(Garfinkel, 1963, p. 187).
Alcuni esempi:
In alcuni casi i suoi allievi erano invitati a comportarsi a casa propria (per un periodo
che andava dai quindici minuti a un‟ora) come dei pensionati;
in altri casi dovevano entrare in un negozio e parlare con un cliente come se egli fosse
un commesso del negozio;
oppure entrare in un supermercato dove vige il prezzo fisso dei beni e negoziare uno
sconto
Candid Camera di Allen Funt
(1914-1999)
I breaching studies non sono una novità assoluta.
Infatti ricordano le provocazioni del film/TV
producer Allen Funt, l‟inventore del programma
televisivo “Candid Camera”, in cui egli riprendeva le
reazioni di vittime inconsapevoli di scherzi surreali.
Candid Microphone alla radio:
“Candid Camera” iniziò nel 1947 come show radiofonico, chiamato “Candid
Microphone”, di cui Funt era ideatore e presentatore.
L‟anno successivo Funt passò alla tv, con un successo enorme.
Il programma andò in onda sulle tre maggiori emittenti televisive sempre condotto da
Funt, fino al 1993.
L‟etnometodologo
I breaching studies sono divenuti così famosi da creare lo stereotipo
dell’etnometodologo, visto come un tipo strano che si diverte a mettere in difficoltà i
suoi interlocutori, per svelare le convenzioni tacite che sostengono i rapporti sociali e
disgregare l’ordine sociale.
Osservazioni etnografiche
Nella seconda metà degli anni Cinquanta Garfinkel conduce anche una serie di
osservazioni etnografiche in diversi contesti istituzionali: la giuria di un tribunale (con
Saul Mendlovitz) e il personale psichiatrico della School of Medicine della U.C.L.A.
(con Egon Bittner).
Le ricerche etnometodologiche
A questo approccio si ispirano una serie di ricerche etnografiche che colleghi,
collaboratori e allievi di Garfinkel condurranno nel corso degli anni 60 e 70 in diversi
contesti istituzionali:
i dipartimenti di polizia (Bittner, 1967; Sacks, 1972)
le redazioni giornalistiche (Molotch e Lester, 1974)
i tribunali (Sudnow, 1965)
le sedute di terapia (Turner, 1970)
gli ospedali (Sudnow, 1967)
le carceri (Wieder, 1974)
Il movimento etnometodologico
• A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta le teorie di Garfinkel incontrano il favore di
sempre un maggior numero di adepti, tanto che nelle università statali della California
meridionale, principalmente a Los Angeles (dove Garfinkel insegna dal 1954 fino al suo
pensionamento), a Santa Barbara e a San Diego, si sviluppa un vero e proprio movimento
etnometodologico.
Altri esponenti dell’etnometodologia
• I principali esponenti di questo movimento, oltre a Garfinkel, sono stati Aaron Cicourel
(1928-) e Harvey Sacks (1934- 1975).
• Il primo rappresenta il versante metodologico dell’etnometodologia, la componente meno
radicale e più aperta al dialogo con le sociologie tradizionali.
L’accettazione in ospedale:
Dopo aver fissato un appuntamento telefonico lo pseudopaziente arrivava
all’accettazione dicendo che sentiva delle voci sconosciute che, in modo molto
confuso, pronunciavano parole ‘vuoto’, ‘vacuo’ e ‘tonfo’ (ivi, p. 108)
A parte l’omissione della vera identità e dell’occupazione, gli pseudopazienti non
hanno nascosto nulla circa gli avvenimenti significativi della loro vita.
Il ricovero in reparto:
‘labeling’ o Etichettamento:
una volta etichettato come ‘schizofrenico’, lo pseudopaziente non riesce a liberarsi da
questa etichetta che lo bolla profondamente a livello personale, legale e sociale.
L’etichetta influenza l’idea che gli altri si fanno di lui e del suo comportamento;
dunque, viene costruita una ‘realtà’ specifica.
L’etichetta è così potente che ogni altro comportamento degli pseudopazienti è stato
segnato dal ‘labeling’ di schizofrenia.
Esempio di distorsione:
Tutti gli pseudopazienti scrivevano molte in pubblico, ma la scrittura delle note non
destava sospetti e veniva considerata come un aspetto del comportamento
schizofrenico.
In una diagnosi psichiatrica le fonti del disturbo vengono sempre attrribuite
all’individuo, mai al contesto (ivi, p.114)
Costruire una “realtà interpersonale:
L’etichetta della schizofrenia resta anche dopo l’uscita dall’ospedale, con l’aspettativa
che la patologia possa tornare da un momento all’atro.
le etichette influenzano il paziente e le sue reti sociali (amici e parenti), agendo come
‘una profezia che si autodetermina’, con tutto il corredo di significati e di aspettative
che costruiscono una nuova realtà (ibid.)
‘La malattia mentale’
il termine ‘malattia mentale’ è recente e serve a suscitare l’interesse dell’opinione
pubblica su un disturbo psicologico simile a quello delle malattie fisiche (ivi, p.115)
il trattamento dei malati di mente è certamente migliorato negli ultimi anni, tuttavia,
mentre comunemente si crede che da un male fisico (es. una gamba rotta) si possa
guarire, da una malattia mentale non se ne esce mai più.
‘ci sono ormai molte testimonianze del fatto che l’atteggiamento verso i malati di
mente è caratterizzato da paura, ostilità, disinteresse, sospetto e orrore’ (ivi. P.116)
in un tipico ospedale psichiatrico lo staff e pazienti sono separati in modo rigido. Il
personale esce dalla sua sezione soltanto per rimproverare, somministrare farmaci o
istruire. Raramente, secondo Rosenhan, si dedica a chiacchierare con i pazienti; ciò
avviene ancora meno nel caso degli psichiatri.
Nell’esperimento di Rosenhan, gli pseudopazienti avvicinavano lo staff con domande
cortesi e collaborative, ma nella maggior parte dei casi non ricevevano risposte
argomentate, solo brevi cenni con la testa girata mentre camminavano oppure nessuna
risposta. (ivi, p.118)
‘spersonalizzazione’
L’assenza di contatto visivo e verbale riflette rifiuto e spersonalizzazione
Un individuo esposto a continua spersonalizzazione viene invaso da un grande senso
di impotenza, evidente ovunque nell’esperienza degli pseudopazienti, in qualunque
livello dell’istituzione psichiatrica.
L’individuo è privato di diritti, credibilità, libertà, privacy come se fosse invisibile o
non degno di attenzione.
Fonti della spersonalizzazione:
Conspicuous consumption:
«Gli abiti eleganti servono al loro scopo di eleganza, non solo per il fatto che sono costosi, ma
anche perché sono le insegne dell’agiatezza. Essi svelano che chi li porta consuma senza
produrre».
Il vestiario elegante deve connotare l’astensione dal lavoro.
I beni di lusso assumono un valore che va oltre il valore d’uso. Sono seguo evidente
della ricchezza di che li possiede e quindi del prestigio sociale.
L’abbigliamento è una parte del “consumo vistoso”, lo strumento più efficace per
mostrare la propria condizione di agiatezza.
Veblen sposta l’attenzione dalla moda al consumo di moda, inteso come agire sociale
di tipo simbolico e comunicativo.
L’abbigliamento mostra la disponibilità economica, alla quale è proporzionalmente
legato il prestigio sociale.
Il consumo delegato: le donne comunicano lo status di marito via moda
-Il vestiario deve essere appariscente e ostentato per marcare i confini
con i ceti inferiori.
-Induce quindi un meccanismo di emulazione da parte delle classi
inferiori.
-Veblen mette a tema il consumo femminile di moda, che definisce delegato (funzione di
rappresentare la ricchezza del marito).
Economic theory of woman’s dress:
«I cappellini dalle fogge più improbabili, le scarpette con tacco francese, le
gonne troppo aderenti, il busto, i capelli eccessivamente lunghi, non sono altro
che «insegne dellʼagiatezza»: attestano, infatti, «lʼesenzione o lʼinidoneità per
ogni occupazione volgarmente produttiva» (Veblen, “La teoria della classe
agiata”, 1949, pp. 139-140).
La moda per Georg Simmel (Berlino 1858 - Strasburgo 1918)
Le mode sono sempre mode di classe. La moda riproduce e stabilizza la
struttura di classe. Si basa sul confronto dialettico tra due principi
contrapposti.
Dialettica imitazione/differenziazione
«[…] la moda, cioè la nuova moda, appartiene soltanto alle classi sociali superiori. Non
appena le classi inferiori cominciano ad appropriarsene superando i confini imposti dalle
classi superiori e spezzando l’unità della loro reciproca appartenenza così simbolizzata, le
classi superiori si volgono da questa moda ad un’altra, con la quale si differenziano
nuovamente dalle grandi masse e il gioco può ricominciare» (ibid.)
Il “carosello” della moda
«La moda è imitazione di un modello dato e appaga il bisogno di un appoggio sociale (…).
Nondimeno appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento,
al distinguersi (…). Così la moda non è altro che una delle forme di vita con le quali la
tendenza all’eguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale e alla variazione si
congiungono in un fare unitario» (ivi, p. 16)
Trickle down effect:
Modello meccanicistico ed unilineare detto “a
goccia” caratterizzato da: struttura piramidale,
divisa in classi; meccanismo di trasmissione
verticale; andamento ciclico.
Dal trickle down al bubbling up:
Trickle down = meccanismo verticale di tipo
discendente (alto vs basso)… non spiega
l’affermazione di fenomeni di moda (jeans,
minigonna ecc . ) che emergono dal basso
(giovani o gruppi subculturali in opposizione a
cultura dominante)
Bubbling up = risalita dalla strada verso l’alto .
Hebdige: il concetto di subcultura e la rivolta dello stile
Il consumo diviene strumento di resistenza
all’ideologia dominante.
Bricolage vestimentario.
Gli oggetti reinterpretati sono resi “omologhi”
alla struttura del gruppo.
Le sottoculture si definiscono in opposizione al
mainstream → minaccia all’autenticità.
Supermarket of style:
• Ruolo attivo e interpretativo del soggetto.
• «L’età sostituisce lo status sociale quale variabile che dona prestigio all’innovatore »
(Crane, 2004, p. 27).
• La moda diviene espressione della scelta di un consumatore creativo e trasversale: zapping,
sampling and mixing, style surfing, mix and match, bricolage.
#seconda parte
Contenuti della II parte
1. La moda nella modernità: la rappresentazione iconografica dell’evoluzione degli stili
2. Moda, comunicazione e rappresentazione di genere: abito ed emancipazione
femminile
Disgressione sulla storia del costume:
Tra ‘800 e ’900 l’abbigliamento riflette la divisione tra coniugi e la mancanza di status autonomo delle
donne.
La moda femminile:
Dalla crinolina che ingabbia a metà dell’Ottocento la donna nel
suo ambiente ( domestico e salottiero), si passa ai sellini e poi
si arriva all’abito sciolto, senza busti e costrizioni.
Si giunge infine al tailleur, che nel
Novecento asseconda l’uscita di casa da parte della donna e l’ingresso nel
mondo del lavoro e coniuga eleganza e praticità.
<-- la tournure
1857-1957 ; La moda dei cento anni- L-Haute
couture
Nel 1857 nasce l’haute couture parigina con il primo
atelier inaugurato da Charles Worth. Worth trasforma il
sarto da artigiano a creativo.
«Questo fenomeno segna la fine dell’era tradizionale della
moda e il principio della sua fase moderna e artistica (…). Il sarto dopo secoli di
subalternità è diventato artista moderno guidato dall’imperativo del rinnovamento»
Marlene Dietrich:
Greta Garbo:
Audrey Hepburn:
Marilyn Monroe:
1957- Il Pret-à-porter:
- Data convenzionale: primo Salon du Pret-à-porter.
- Ribaltamento della logica dell’industria delle confezioni per cui si comincia a produrre
in massa, a prezzi accessibili a laghi strati di popolazione.
-L’industria e la moda dopo un secolo trovano una strada comune.
-Simbolo: minigonna (Mary Quant-1963)
-La moda si apre al pluralismo degli stili e si concentra sui giovani e sulla strada.
- Il Yves Saint Laurent Lancia il ‘nude look’ e lo smoking femminile.
-Courreges reinterpreta la minigonna/miniabito.
-Influenza della pop-art sui miniabiti (Warhol)
-Paco Rabanne firma la moda utopica consacrata in ‘Barbarella’
-il ’68, gli Hippies e il ‘flower power’.
- il ’70- Edonismo e antagonismo giovanille: il colore, il punk.
- 1980- il total look