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La rappresentanza,

base della Democrazia


Ricerca di Marcello Lugarini

Corso di Diritto Pubblico, Economia Mercati ed istituzioni,


Alma mater studiorum Università di Bologna

Indice:

1.1 Antichità classica


1.2 Medioevo
1.3 Dall’assolutismo alla moderna rappresentanza
1.4 Le teorie stataliste di Italia e Germania
1.5 Lo stato monacasse borghese
1.6 La democrazia pluralista
2.0 Analisi della rappresentanza
2.1 Le tipologie della rappresentanza
2.2 La rappresentanza politica
3.0 Caratteri della rappresentanza moderna: La costituzione italiana
3.1 Evoluzione del sistema partitico e parlamentare
4.0 il sistema elettorale
4.1 il sistema maggioritario
4.2 il sistema proporzionale
5.0 conclusioni

1.1 Antichità classica


La rappresentanza è il concetto politico che fa da spartiacque tra l’antichità e la modernità


degli ordinamenti democratici. Guardando alle prime espressioni di Democrazia in Grecia
risulta evidente la differenza strutturale nel funzionamento dello stesso sistema rispetto ai
sistemi moderni.
Presso l’attica Atene essendo ristretto il numero dei cittadini con diritti politici il potere era
esercitato direttamente avendo i magistrati solo un ruolo esecutivo. A Roma la
rappresentanza mantiene pressoché lo stesso carattere con i magistrati eletti dai comizi di
varia tipologia e i senatori designati dai censori e coprenti quella posizione a vita, i patres
quindi non erano rappresentanti se non dalla propria famiglia (gens) nominati per prestigio,
gli altri magistrati per votazioni di carattere più o meno popolare a seconda della tipologia,
seguendo sempre però, una volta in carica, il volere del popolo avvertibile da vicino.
1.2 Medioevo
Durante il medioevo il concetto di rappresentanza venne a formarsi dal contatto di
popoli barbari e i popoli dell’impero. I primi slegati in gruppi con svariate divisioni
interne e di tendenze individualistiche ma cooperanti vigorosamente, i secondi
aggregati in modo ampio e coordinato ma fiacco e di tendenze accentratrici e di
rispetto dell’autorità.

La fusione germanico/latina si manifestò con la tendenza ad un autonomia di


gruppo , sostituzione dello stato con gruppi sociali semi autonomi e con una parziale
sovranità. Questi gruppi si caratterizzavano per una omogeneità interna e per rapporti
rappresentativi ancora (come nell’antichità) di diritto privato conferenti un mandato
imperativo caratterizzante le istituzioni rappresentative.

D’altra parte il cristianesimo porta parallelamente ad una nuova elaborazione della


rappresentanza come “rendere presente”, secondo la teologia cristiana il sacramento
dell’eucarestia “rappresenta” Cristo nel senso che lo rende presente realmente nelle
specie consacrate, ulteriore sviluppi si hanno nelle figure del Papa “repraesentat
personam Christi” e dei vescovi “repraesentantes personas sanctorum apostolorum”
ulteriormente allargabile ad ogni sacerdozio. Il diritto canonico poi va oltre
contribuendo alla formazione del concetto di persona giuridica come “persona ficta”
la quale rappresenta una universitas di beni o persone e allontana nella riflessione
giuspubblicistica il rappresentante dalla figura di nuncius del singolo rappresentato per
estendersi alla collettività.

In questo senso, anche la nascita dei Comuni, a partire dall’anno mille, specie in Italia,
ma non solo, si colloca, in parte, in un’ottica di superamento della logica feudale , in
cui il rapporto che legava il rappresentante al proprio dominus aveva una valenza di
vincolo di fedeltà, di valore quasi etico , con comunità, di fatto, autonome , dal punto
di vista politico, economico e sociale ,alla ricerca di una crescente indipendenza, e, in
ultima istanza, di una definitiva emancipazione , tanto dall’asservimento feudale
quanto dalle dinamiche del potere regio e imperiale.

In questo contesto si instaura oltre alla logica verticale uno schema di relazioni
orizzontali tra i vari organi (corporazioni, ceti, comuni, gilde commerciali, signorie,
università, ordini religiosi, etc ) nel quale viene conferita gradualmente più autonomia
ai rappresentanti a causa della complessità delle decisioni con le quali ci si confronta.

Si assiste quindi alla formazione di organi legislativi comprendenti i disparati elementi


della società ed ad un embrione di parlamento. Non si può però parlare ancora di
rappresentanza parlamentare in senso moderno avendo, nei comuni, competenze
ristrette alle finanze e alla guerra. Si verrà poi a creare in modo sempre più dettagliato
una rappresentanza dello stato, primo stadio della quale sono le assemblee dei delegati
presso l’imperatore che si svilupperanno ulteriormente con lo stato nazione.
1.3 dall’assolutismo alla moderna rappresentanza

Con il progredire della storia si andrà a formare sempre più una contrapposizione tra
la figura del monarca come “fontaine de Justice” e i parlamenti nazionali interessati
ad un’espansione delle loro prerogative, in particolare quelle della classe borghese.
Tale conflitto deriva essenzialmente dal mutato modo di intendere la sovranità, non
più calata dall’alto ma di origine “popolare” in senso lato, non più conferita da Dio
ma dalla nazione, complici fattori economico-sociali e la diffusione della riforma
protestante ed in particolare calvinista per la formazione del concetto di democrazia.
Dal confronto tra le due concezioni si passerà alla limitazione del potere regio fino
alla completa traslazione del potere nelle mani delle assemblee popolari che a loro
volta nella comune contrapposizione al re avevano trovato l’elemento di parziale
unificazione rispetto alle variegate assemblee medioevali. Ricordiamo in questo
cammino la “Magna Carta Libertatum “(1215), limitativa per la prima volta del
potere regio, la “Petition of rights” e l’ ”Habeas chorpus” che vietano gli arresti
arbitrari fino al “Bill of rights” (1689)e l’”Act of settlement” (1701) con cui il
parlamento riceve più potere e addirittura la capacità di designare il monarca.
La rappresentanza generale non è più singola ma del “King in Parliament”.

Contemporaneamente anche l’assemblea stessa si evolve dividendosi, ricordando


sempre il caso inglese, in una camera dei lord rappresentativa di se stessa e in una
camera dei comuni partecipata da eletti dai territori con i quali però va a scomparire
il vincolo di mandato per il quale si forma una “rappresentanza virtuale di tutti”,
l’eletto non rappresenta che la nazione, principio che sarà palese nella Francia della
rivoluzione.Nella quale si è visto un processo analogo a quello inglese: dalla
rappresentanza per gruppi a quella per stati fino alla rappresentanza nazionale
unitaria con i lavori dell’assemblea nazionale post-rivoluzionaria del 1789, un
progressivo comporsi di interessi particolari posti in un contesto di assenza di vincolo
di mandato, contestato dal terrore giacobino e ripristinato ed esportato, dopo il colpo
di stato termidoriano, in tutta Europa .
Quest’idea viene esplicitamente messa in discussione nelle colonie americane della
corona inglese al grido di “no taxation without rapresentation” che a Philadelphia
dichiarano che un governo legittimo deve essere necessariamente rappresentativo per
garantire il godimento dei diritti e mancando questa condizione deve essere deposto.
1.4 Da Nazione a Stato

Il principio della rappresentanza nazionale di matrice francese sarà sviluppato dalla


dottrina tedesca ottocentesca seguita, successivamente, anche dalla dottrina italiana.

In particolare, secondo questa elaborazione, ad essere titolare della sovranità e
oggetto del rapporto rappresentativo non è più il popolo bensì lo Stato .

Quest’ultimo, come già successo per il concetto di Nazione, non corrisponde al


concetto fisico di “sommatoria” dei singoli, bensì si riferisce all’intera comunità
politica-ideale intesa nel suo complesso che agisce attraverso lo Stato-apparato.

E infatti, l’unico modo in cui il “popolo” potrebbe concretamente esprimere la


propria volontà ed “agire” sarebbe, appunto, attraverso lo strumento dello Stato-
persona .Ciò ha portato a concepire il popolo non più quale soggetto titolare di
sovranità, bensì come mero “elemento costitutivo dello Stato” .

La fortuna di tale impianto è dovuta, parzialmente, alle analogie storiche nel processo
di formazione dello Stato nell’unificazione italiana e nella nascita del “Secondo
Reich” tedesco: un processo che nasce “dall’alto”, guidato dalle ragioni
dell’unificazione nazionale e dal superamento delle divisioni politiche territoriali.
Rimane l’impiego quale strumento utilizzato dalla classe egemone borghese per
legittimare e conservare il proprio potere politico.

1.5 Lo stato monacasse borghese

Nel corso del XIX secolo, il modello di rappresentanza politica proprio


dell’esperienza liberale nelle vari declinazioni europee diverrà l’araldo degli interessi
della borghesia, la classe emergente, con il conferimento di un’ampia autonomia a
rappresentanti eletti attraverso un suffragio ristretto alla “sanior pars”( la parte più
saggia) del corpo sociale e il concetto di rappresentanza nazionale..

Questi elementi si prestavano, infatti, a conferire al rappresentante grandi spazi di


indipendenza, da una parte il richiamo alla volontà nazionale era vago in modo
sufficiente per non essere controllabile, conferendo la capacità interpretativa
all’eletto che votato dalla borghesia, suo ceto di appartenenza, sapeva esattamente
che interessi leggere, dall’altra l’assenza di vincolo di mandato lo rendeva immune
alle influenze esterne, anche sociali, limitandone la responsabilità politica. Secondo
la concezione tipica delle costituzioni liberali si realizzava sostanzialmente il
superamento delle divisioni territoriali e cetuali (aristocrazia e borghesia) attraverso
un alto grado di rappresentatività, sostanzialmente omogenea.

La dottrina giuridica attribuisce al momento elettorale la funzione di “selezione” del


miglior rappresentante, e non dell’inizio di quel rapporto rappresentativo che lega il
rappresentante ai suoi elettori conferendogli un vero e proprio “mandato politico”: di
conseguenza la rappresentanza politica è intesa quale “situazione di fatto” e non
come dinamica tendenzialmente dialogica tra rappresentanti e rappresentati.
1.6 La democrazia pluralista

Nel modello liberale a causa della ristrettezza del panorama rappresentativo


istituzionale si era venuta a formare una cesura rispetto alle istanze di ampi strati della
popolazione, anche gli spazi di formazione dell’opinione pubblica erano rimasti
limitati da criteri censitari, questo non ha impedito agli esclusi, con il tempo, di
organizzarsi in associazioni e forme politiche. Da qui la forte diffidenza degli
ordinamenti esistenti verso corpi intermedi capaci di farsi portatori di interessi
collettivi e istanze della popolazione, minaccia al monopolio della volontà nazionale.

Proprio il progressivo riconoscimento delle libertà associative e della partecipazione


politica segnerà il passaggio fondamentale verso il superamento dell’originario
modello rappresentativo liberale .La progressiva estensione del diritto di voto vedrà
l’emergere, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, dei moderni partiti politici ,
destinati a divenire il principale strumento di partecipazione politica dei “nuovi
elettori” al circuito di legittimazione democratica .

I moderni partiti politici ebbero genesi da un doppio movimento: Da una parte, in


una prima fase pre-allargamento del suffragio, nel contesto assembleare i componenti
ricevono sempre maggiori prerogative e la loro azione sviluppa i primi comitati
elettorali nei territori in occasione delle elezioni, dall’altra si origina un movimento
extraparlamentare di rappresentanza delle istanze sociali non rappresentato quasi mai
in assemblea, si pensi alle Trade Unions ma anche ad associazioni patriottiche ,
società di pensiero, chiese nazionali fino alle lobbies e ad associazioni di categoria.

In questo senso, di fronte all’apertura alla partecipazioni politica delle masse


potenzialmente letale per la tenuta stessa delle Costituzioni liberali i partiti hanno
svolto un ruolo fondamentale nel ricondurre tale processo all’interno delle previgenti
istituzioni rappresentative e nelle forme del dibattito democratico riducendo di molto
la spinta dirompente e potenzialmente “rivoluzionaria” di alcune di tali forze
politiche, dirigendo il sistema costituzionale verso le nuove forme della società
pluralista liberal- democratica.

E infatti, le stesse Costituzioni liberali dovettero far fronte ad un mutamento epocale,


avevano fatto affidamento sulla compattezza dello stato monacasse borghese per la
loro tenuta, si trovarono a misurarsi con la conflittualità della società tutta.

Nella sostanza il modello rappresentativo mutò radicalmente e lo stesso “rapporto” tra


rappresentanti e rappresentati tornò a svolgere un ruolo cruciale nel funzionamento
del circuito di legittimazione della rappresentanza vedendo nei partiti politici un
elemento fondamentale ed indefettibile per la tenuta del sistema democratico.

L’evoluzione, non fu lineare, l’apertura alle masse impose una nuova lettura, da una
parte, del principio democratico, che presuppone ora una partecipazione popolare
effettiva e non più solo “virtuale”, dall’altra parte, del principio pluralista. La parentesi
autoritaria originata proprio da una “crisi” delle istituzioni rappresentative consacrò il
principio della “sovranità statale” a scapito delle forme della democrazia
rappresentativa.
É proprio da questa caduta che nel secondo dopoguerra prenderà avvio il
costituzionalismo moderno che affermerà un nuovo tipo di rappresentanza
politica.

2.0 Analisi della rappresentanza


L’analisi della rappresentanza politica così come la conosciamo richiede un
discorso preliminare sul concetto di rappresentanza, da cui deriva, e di
rappresentanza politica, di cui è l’ultimo sviluppo.

Secondo Giovanni Sartori (in “La rappresentanza politica”) la generica


rappresentanza si svolge in tre direzioni diverse, a seconda che venga associata: 1)
con l’idea di mandato, o di delega; 2) con l’idea di rappresentatività, vale a dire di
somiglianza e similarità; 3) con l’idea di responsabilità.

Nel primo significato derivante dal diritto privato parliamo di un delegato che
esegue le istruzioni, è il primo ad essersi affermato per poi evolvere verso un
carattere più propriamente politico, i sistemi giuridici europei sono unanimi nel
ritenere che la seconda non si tratta di una vera e propria rappresentanza
adottando per l’appunto il metro di giudizio privatistico ma ritenendola l’unica
praticabile non disgiunta completamente dal suo carattere giuridico essendo
formalizzata dal costituzionalismo. Nel secondo approccio così detto
“sociologico” la rappresentanza è essenzialmente un fatto di somiglianza che
trascende ogni scelta volontaria, si dice che qualcuno è rappresentativo di un
gruppo se possiede quelle caratteristiche proprie dell’insieme. Anche questa
tipologia si collega di fatto alla rappresentanza politica nelle discussioni di sovra o
sotto rappresentazione di un determinato gruppo, va comunque ben distinta da
quest’ultima in quanto qualsiasi sistema politico potrebbe dichiararsi a suo modo
rappresentativo ( di una sezione della società). La terza direzione è quella
maestra, quella indicata dai collegamenti con le strade già descritte, è l’idea di
“responsabilità” e colui che è chiamato a rispondere delle proprie azioni è il
rappresentante politico.
Giuridicamente “La rappresentanza è la conclusione di un negozio giuridico (la manifestazione
cosciente e volontaria di un proprio intento, a cui l’ordinamento giuridico riconnette quegli effetti
ritenuti necessari o convenienti alla sua miglior realizzazione in forma giuridica), da parte di un
soggetto (il rappresentante), per conto (nell’interesse) di un altro soggetto (il rappresentato o dominus)
e nei confronti di un terzo.”
(Carlo Cerutti, La rappresentanza politica, edizioni nuova cultura)

Può poi discostarsi in maniera più o memo evidente da questa origine


assumendo svariate forme.
2.1 le tipologie di rappresentanza
La rappresentanza si classifica secondo determinati criteri che distinguono le
tipologie. Può essere individuale o collettiva, di interessi o di volontà, organica o
soggettiva nonché legale o volontaria.

La rappresentanza è individuale se esprime l’interesse di un solo individuo, collettiva


se esprime l’interesse di una collettività, questa si distingue in generale, quando
esprime il volere della totalità dei componenti di un gruppo, e speciale, se esprime
quello di una porzione di esso.

La rappresentanza è di interessi se il suo argomento è oggettivo e quindi interpretato


dal rappresentante, di volontà se è soggettivo e interpretato dal rappresentato.

È organica se il rappresentante è un organo di una persona giuridica e il


rappresentato è tale persona giuridica. È soggettiva se il rappresentante è un
soggetto giuridico e il rappresentato è un altro soggetto giuridico.

Si distingue in diretta, che è quella il cui rappresentante agisce in nome altrui (con
immediata destinazione degli effetti giuridici sul patrimonio del rappresentato), e
indiretta, che è quella il cui rappresentante agisce in nome proprio (con immediata
destinazione degli effetti giuridici sul patrimonio del rappresentante e con obbligo di
successivo ritrasferimento degli stessi sul patrimonio del rappresentato).

Infine la rappresentanza è legale, se il potere è conferito e regolato dalla legge, e


volontaria, se è conferito e regolato dal rappresentato.
2.2. la rappresentanza politica
“La rappresentanza politica si distingue in autoritaria, democratica e mista.

La rappresentanza politica autoritaria è la rappresentanza politica, sul piano sostanziale,


generale e di interessi nonché, sul piano formale, organica e legale.

Da quanto s’è detto, discendono i seguenti corollari:



– sul piano sostanziale, che il rappresentante e il rappresentato consistono,
rispettivamente, nel governante e nella totalità dei governati e che l’atto rappresentativo
può prescindere dall’elezione;

– nonché, sul piano formale, che il rappresentante e il rappresentato costituiscono un
unico soggetto giuridico e che il rapporto rappresentativo è disciplinato da un mandato
morale (regolato da norme morali) (il mandato non imperativo): sicché, il precetto
rappresentativo ha un carattere morale e la sanzione rappresentativa non può superare
la mancata conferma.

La rappresentanza politica autoritaria, pertanto, è caratterizzata dal potere del


rappresentante politico di disattendere totalmente le promesse elettorali.

La rappresentanza politica democratica è la rappresentanza politica, sul piano


sostanziale, speciale e di volontà nonché, sul piano formale, soggettiva e volontaria.

Da quanto s’è detto, discendono i seguenti corollari:  sul piano sostanziale, che il
rappresentante e il rappresentato consistono, rispettivamente, nell’eletto e nella
maggioranza degli elettori e che l’atto rappresentativo non può prescindere 

dall’elezione; 

Nonché, sul piano formale, che il rappresentante e il rappresentato costituiscono due
soggetti giuridici distinti e che il rapporto rappresentativo è disciplinato da un mandato
giuridico (regolato da norme giuridiche) (il mandato imperativo): sicché, il precetto
rappresentativo ha un carattere giuridico e la sanzione rappresentativa non può
superare la revoca. 

La rappresentanza politica democratica, pertanto, è caratterizzata dal dovere del
rappresentante politico di rispettare totalmente le promesse elettorali. 

La rappresentanza politica mista è la rappresentanza politica, in tutto o in parte,
autoritaria o democratica. 

La rappresentanza politica mista, pertanto, è caratterizzata dalla libertà del
rappresentante politico di obbligarsi o meno a rispettare, in tutto o in parte, le promesse
elettorali. 

La rappresentanza politica normalmente vigente nelle democrazie moderne e occidentali ha
un carattere essenzialmente autoritario.”

(Carlo Cerutti, La rappresentanza politica, edizioni nuova cultura)


3.1 evoluzione del sistema partitico e parlamentare

Il partito diventa luogo fondamentale di aggregazione di interessi ed istanze


particolari e media queste richieste con ragionamenti di tipo propriamente politico
per portare all’unità la società pluralista.
Costituisce inoltre un limite al principio del libero mandato, il rappresentante è
vincolato in certi limiti se vuole far parte del partito stesso. L’azione dei partiti
conosce anche un altro limite dettato dall’art. 49: il concorrere alla politica
nazionale con metodo democratico, disposizione che è sempre stata letta come
modo di discussione pacifica tra le forze partitiche e quasi mai come vincolo interno
alla democraticità dei partiti come invece avviene nelle forme tipiche di
“democrazia protetta” di tipo tedesco.
Anche a causa della mancata trasparenza negli ultimi anni si è invertito il ruolo dei
partiti che da volano della partecipazione democratica sono diventati causa di
allontanamento dei cittadini dalla politica.
Tra i fattori che stanno attaccando la rappresentanza politica si annovera in primo
luogo la perdita di centralità del parlamento oltre che nella sua funzione
rappresentativa anche in quella legislativa e di legittimazione del governo. Sul piano
interno si allarga sempre più l’autonomia delle regioni e arbitro diventa la Corte
Costituzionale , sul piano esterno invece l’apertura ad ordinamenti sovranazionali
erode le prerogative proprie del parlamento.
Spostandoci a fenomeni di carattere politico, economico e sociale la crescente
complessità tecnica e politica degli ambiti di intervento ha portato ad una cessione
degli ambiti decisionali del parlamento verso organismi tecnici, delegando la
potestà regolamentare in settori nevralgici in nome di una neutralità che non
presenta legami con il circuito democratico rappresentativo. Tale perdita di potere
si manifesta inoltre nella così detta sindrome di Nimby (not in my back yard) che
esprime la tradizionale opposizione locale a grandi opere, opposizione che con la
società dell’informazione diventa esponenziale e pone in una posizione negoziale
meno forte il decisore politico.
Tutto ciò, insieme alla mancata trasparenza e democraticità, accentua la percezione
di un sistema partitico incapace del proprio ruolo e ha portato ad un emergere di
un autogoverno di interessi organizzati che non deve preoccuparsi di farsi portatore
di interessi generali, questo da ultimo, conduce ad un epurazione del filtro politico
a favore del facile consenso popolare.
4.0 il sistema elettorale

“Le elezioni sono una cosa, e la rappresentanza un’altra. Tuttavia la moderna


rappresentanza politica è «rappresentanza elettiva», dal momento che è questa associazione
che rende la rappresentanza, ad un tempo, politica e moderna.

Il mezzo (elezioni) non può surrogare l’animus (l’intenzione rappresentativa); ma l’animo
da solo non basta. La rappresentanza non elettiva – la rappresentanza «virtuale» di cui
parlava Burke – richiede il sostegno e le garanzie di una rap- presentanza resa «attuale»
dallo strumento elettorale.” ( La lezione di Sartori, la rappresentanza politica)

Lo strumento che lega il rappresentato con il rappresentante secondo regole che, come
trattato nel corso del suddetto scritto, possono variare nel corso della storia e dei luoghi
è il sistema elettorale che ha il compito di fornire adeguata corrispondenza dei
parlamenti con la società plurale e adeguata governabilità della nave dello stato e delle
comunità.
Il sistema elettorale tecnicamente è quell’insieme di norme che regola la competizione
elettorale tra i candidati e i partiti e la traduzione dei voti in seggi, è necessario
occuparsene per il ruolo fondamentale che hanno nella rappresentanza e per il loro
carattere di strumento più manipolato della politica.

Idiversi corpus normativi hanno molteplici possibili declinazioni e si classificano


usualmente per formula elettorale.
Giovanni Carbone, Università degli Studi di Milano

da: Clark – Golder – Golder, Principi di scienza politica, McGrawHill2011

I sistemi elettorali si suddividono in maggioritari, proporzionali, semi


proporzionali o misti.

4.1 Il sistema maggioritario


Il sistema maggioritario tende a limitare fortemente la rappresentanza delle
minoranze preferendo far emergere l’orientamento di ogni singolo territorio.

Può essere uninominale o plurinominale a seconda del numero di candidati


eletti per collegio. Nel sistema uninominale i seggi sono tanti quanti le parti in
cui il territorio è suddiviso e si differenziano per il diverso criterio con cui viene
individuata la maggioranza. Se vige il turno unico viene eletto il candidato con
la maggioranza relativa ( GB, USA e Canada), se il turno è doppio (Francia) è
necessaria la maggioranza assoluta per vincere, altrimenti si fa ricorso ad una
nuova votazione o tra i primi due o tra i candidati che hanno superato la soglia
di sbarramento. Esiste anche il ballottaggio istantaneo (Australia) dove la
maggioranza assoluta si ottiene andando a vedere la seconda preferenza degli
elettori che hanno votato i candidati meno votati. Nel sistema plurinominale
invece gli elettori hanno un pacchetto di voti da distribuire, solitamente sono
tanti quanti i candidati da eleggere ma possono essere anche meno, qualora il
voto sia libero possono assegnarli liberamente o altrimenti, con un voto
vincolato solo all’interno di un partito che scelgono o a tutto il partito. Una
variante che va incontro alle minoranze in questo sistema è il voto cumulativo
che permette di concentrare tutti i voti su un unico candidato.

4.2 Il sistema proporzionale


I sistemi proporzionali propongono invece una fotografia delle preferenze
politiche del paese o delle sue ampie zone accentuando con il suo
funzionamento una più ampia rappresentatività che porta però, se i partiti sono
notevolmente frazionati, ad una difficile formazione di maggioranze che spesso
sono coalizioni.

I meccanismi sono essenzialmente due : quello del quoziente e dei più alti resti
e quello dei divisori e delle più alte medie. Nel primo si stabilisce un quoziente
elettorale che corrisponde al costo di un seggio in termini di voti che una lista
ha preso in una circoscrizione. I seggi che non si riescono ad assegnare vanno in
ordine decrescente alle liste con i più alti resti ( le parti decimali) nella divisione, i
quozienti più famosi sono Hare, Dropp, imperiali e imperiali rafforzata. Nel
metodo dei divisori invece si dividono i voti totali di ciascuna lista nel collegio
per una serie di coefficienti lunga tanto quanto il numero dei seggi da assegnare
nel collegio, si assegnano poi i seggi in base ai risultati fino ad esaurimento. La
serie dei divisori varia per metodologia usata ( es. d’Host 1,2,3,4). Nel sistema
proporzionale è possibile prevedere l’uso di preferenze esprimibili dall’elettore,
successivamente vengono eletti i candidati di ogni lista con il maggior numero di
preferenze, se quest’opzione non è prevista si segue l’ordine prescelto dal partito
(lista bloccata), è anche utilizzabile il voto singolo trasferibile, guardando le
seconde preferenze degli esclusi queste si sommano agli altri voti . Tutti i sistemi
proporzionali utilizzano collegi plurinominali ma la dimensione può variare
significativamente determinandone la proporzionalità, è espressa da
M( magnitudo), indica il numero di rappresentanti eletti per ogni collegio. Tutti
i sistemi proporzionali includono una soglia elettorale che stabilisce la
percentuale minima di voti da ottenere da parte di un partito per essere
rappresentato, può essere naturale cioè determinata dalla formula usata o
formale/legale che viene stabilità dalla legge per ridurre la frammentazione
legislativa.

4.3 i sistemi misti


Ogni singola tipologia ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, per ovviare a
determinati inconvenienti o storture con il tempo si sono elaborati sistemi
corretti o misti che comprendono un insieme di maggioritario e proporzionale,
proporzionale con soglie di sbarramento, riduzione della grandezza dei collegi
etc. I sistemi che uniscono le due tipologie di distinguono in indipendenti o
dipendenti a seconda se l’applicazione della formula elettorale dipenda dal
risultato dell’altra.

5.0 Conclusioni

L’analisi della selezione del governo di un corpo sociale non può dirsi
sicuramente completa e necessità senz’altro di ulteriori approfondimenti, la
storia, come si può evincere da questo scritto, è lunga millenni e le qualità che
la rappresentanza può avere sono molteplici, si aprono certamente ampi spazi
per ampliare la trattazione e valutare le diverse opportunità che ogni singolo
strumento può conferire.
Bibliografia:
LA CRISI DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E LE PROSPETTIVE DELLA E-
DEMOCRACY ,Dott. Gaspare De Lisi, con fonti connesse

LA RAPPRESENTANZA POLITICA, Carlo Cerutti, edizioni nuova cultura

Giovanni Carbone, Università degli Studi di Milano



da: Clark – Golder – Golder, Principi di scienza politica, McGrawHill, 2011

La lezione di Sartori, La rappresentanza politica, 24 maggio 2018

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