In questo senso, anche la nascita dei Comuni, a partire dall’anno mille, specie in Italia,
ma non solo, si colloca, in parte, in un’ottica di superamento della logica feudale , in
cui il rapporto che legava il rappresentante al proprio dominus aveva una valenza di
vincolo di fedeltà, di valore quasi etico , con comunità, di fatto, autonome , dal punto
di vista politico, economico e sociale ,alla ricerca di una crescente indipendenza, e, in
ultima istanza, di una definitiva emancipazione , tanto dall’asservimento feudale
quanto dalle dinamiche del potere regio e imperiale.
In questo contesto si instaura oltre alla logica verticale uno schema di relazioni
orizzontali tra i vari organi (corporazioni, ceti, comuni, gilde commerciali, signorie,
università, ordini religiosi, etc ) nel quale viene conferita gradualmente più autonomia
ai rappresentanti a causa della complessità delle decisioni con le quali ci si confronta.
Con il progredire della storia si andrà a formare sempre più una contrapposizione tra
la figura del monarca come “fontaine de Justice” e i parlamenti nazionali interessati
ad un’espansione delle loro prerogative, in particolare quelle della classe borghese.
Tale conflitto deriva essenzialmente dal mutato modo di intendere la sovranità, non
più calata dall’alto ma di origine “popolare” in senso lato, non più conferita da Dio
ma dalla nazione, complici fattori economico-sociali e la diffusione della riforma
protestante ed in particolare calvinista per la formazione del concetto di democrazia.
Dal confronto tra le due concezioni si passerà alla limitazione del potere regio fino
alla completa traslazione del potere nelle mani delle assemblee popolari che a loro
volta nella comune contrapposizione al re avevano trovato l’elemento di parziale
unificazione rispetto alle variegate assemblee medioevali. Ricordiamo in questo
cammino la “Magna Carta Libertatum “(1215), limitativa per la prima volta del
potere regio, la “Petition of rights” e l’ ”Habeas chorpus” che vietano gli arresti
arbitrari fino al “Bill of rights” (1689)e l’”Act of settlement” (1701) con cui il
parlamento riceve più potere e addirittura la capacità di designare il monarca.
La rappresentanza generale non è più singola ma del “King in Parliament”.
La fortuna di tale impianto è dovuta, parzialmente, alle analogie storiche nel processo
di formazione dello Stato nell’unificazione italiana e nella nascita del “Secondo
Reich” tedesco: un processo che nasce “dall’alto”, guidato dalle ragioni
dell’unificazione nazionale e dal superamento delle divisioni politiche territoriali.
Rimane l’impiego quale strumento utilizzato dalla classe egemone borghese per
legittimare e conservare il proprio potere politico.
L’evoluzione, non fu lineare, l’apertura alle masse impose una nuova lettura, da una
parte, del principio democratico, che presuppone ora una partecipazione popolare
effettiva e non più solo “virtuale”, dall’altra parte, del principio pluralista. La parentesi
autoritaria originata proprio da una “crisi” delle istituzioni rappresentative consacrò il
principio della “sovranità statale” a scapito delle forme della democrazia
rappresentativa.
É proprio da questa caduta che nel secondo dopoguerra prenderà avvio il
costituzionalismo moderno che affermerà un nuovo tipo di rappresentanza
politica.
Nel primo significato derivante dal diritto privato parliamo di un delegato che
esegue le istruzioni, è il primo ad essersi affermato per poi evolvere verso un
carattere più propriamente politico, i sistemi giuridici europei sono unanimi nel
ritenere che la seconda non si tratta di una vera e propria rappresentanza
adottando per l’appunto il metro di giudizio privatistico ma ritenendola l’unica
praticabile non disgiunta completamente dal suo carattere giuridico essendo
formalizzata dal costituzionalismo. Nel secondo approccio così detto
“sociologico” la rappresentanza è essenzialmente un fatto di somiglianza che
trascende ogni scelta volontaria, si dice che qualcuno è rappresentativo di un
gruppo se possiede quelle caratteristiche proprie dell’insieme. Anche questa
tipologia si collega di fatto alla rappresentanza politica nelle discussioni di sovra o
sotto rappresentazione di un determinato gruppo, va comunque ben distinta da
quest’ultima in quanto qualsiasi sistema politico potrebbe dichiararsi a suo modo
rappresentativo ( di una sezione della società). La terza direzione è quella
maestra, quella indicata dai collegamenti con le strade già descritte, è l’idea di
“responsabilità” e colui che è chiamato a rispondere delle proprie azioni è il
rappresentante politico.
Giuridicamente “La rappresentanza è la conclusione di un negozio giuridico (la manifestazione
cosciente e volontaria di un proprio intento, a cui l’ordinamento giuridico riconnette quegli effetti
ritenuti necessari o convenienti alla sua miglior realizzazione in forma giuridica), da parte di un
soggetto (il rappresentante), per conto (nell’interesse) di un altro soggetto (il rappresentato o dominus)
e nei confronti di un terzo.”
(Carlo Cerutti, La rappresentanza politica, edizioni nuova cultura)
Si distingue in diretta, che è quella il cui rappresentante agisce in nome altrui (con
immediata destinazione degli effetti giuridici sul patrimonio del rappresentato), e
indiretta, che è quella il cui rappresentante agisce in nome proprio (con immediata
destinazione degli effetti giuridici sul patrimonio del rappresentante e con obbligo di
successivo ritrasferimento degli stessi sul patrimonio del rappresentato).
Da quanto s’è detto, discendono i seguenti corollari: sul piano sostanziale, che il
rappresentante e il rappresentato consistono, rispettivamente, nell’eletto e nella
maggioranza degli elettori e che l’atto rappresentativo non può prescindere
dall’elezione;
Nonché, sul piano formale, che il rappresentante e il rappresentato costituiscono due
soggetti giuridici distinti e che il rapporto rappresentativo è disciplinato da un mandato
giuridico (regolato da norme giuridiche) (il mandato imperativo): sicché, il precetto
rappresentativo ha un carattere giuridico e la sanzione rappresentativa non può
superare la revoca.
La rappresentanza politica democratica, pertanto, è caratterizzata dal dovere del
rappresentante politico di rispettare totalmente le promesse elettorali.
La rappresentanza politica mista è la rappresentanza politica, in tutto o in parte,
autoritaria o democratica.
La rappresentanza politica mista, pertanto, è caratterizzata dalla libertà del
rappresentante politico di obbligarsi o meno a rispettare, in tutto o in parte, le promesse
elettorali.
La rappresentanza politica normalmente vigente nelle democrazie moderne e occidentali ha
un carattere essenzialmente autoritario.”
Lo strumento che lega il rappresentato con il rappresentante secondo regole che, come
trattato nel corso del suddetto scritto, possono variare nel corso della storia e dei luoghi
è il sistema elettorale che ha il compito di fornire adeguata corrispondenza dei
parlamenti con la società plurale e adeguata governabilità della nave dello stato e delle
comunità.
Il sistema elettorale tecnicamente è quell’insieme di norme che regola la competizione
elettorale tra i candidati e i partiti e la traduzione dei voti in seggi, è necessario
occuparsene per il ruolo fondamentale che hanno nella rappresentanza e per il loro
carattere di strumento più manipolato della politica.
I meccanismi sono essenzialmente due : quello del quoziente e dei più alti resti
e quello dei divisori e delle più alte medie. Nel primo si stabilisce un quoziente
elettorale che corrisponde al costo di un seggio in termini di voti che una lista
ha preso in una circoscrizione. I seggi che non si riescono ad assegnare vanno in
ordine decrescente alle liste con i più alti resti ( le parti decimali) nella divisione, i
quozienti più famosi sono Hare, Dropp, imperiali e imperiali rafforzata. Nel
metodo dei divisori invece si dividono i voti totali di ciascuna lista nel collegio
per una serie di coefficienti lunga tanto quanto il numero dei seggi da assegnare
nel collegio, si assegnano poi i seggi in base ai risultati fino ad esaurimento. La
serie dei divisori varia per metodologia usata ( es. d’Host 1,2,3,4). Nel sistema
proporzionale è possibile prevedere l’uso di preferenze esprimibili dall’elettore,
successivamente vengono eletti i candidati di ogni lista con il maggior numero di
preferenze, se quest’opzione non è prevista si segue l’ordine prescelto dal partito
(lista bloccata), è anche utilizzabile il voto singolo trasferibile, guardando le
seconde preferenze degli esclusi queste si sommano agli altri voti . Tutti i sistemi
proporzionali utilizzano collegi plurinominali ma la dimensione può variare
significativamente determinandone la proporzionalità, è espressa da
M( magnitudo), indica il numero di rappresentanti eletti per ogni collegio. Tutti
i sistemi proporzionali includono una soglia elettorale che stabilisce la
percentuale minima di voti da ottenere da parte di un partito per essere
rappresentato, può essere naturale cioè determinata dalla formula usata o
formale/legale che viene stabilità dalla legge per ridurre la frammentazione
legislativa.
5.0 Conclusioni
L’analisi della selezione del governo di un corpo sociale non può dirsi
sicuramente completa e necessità senz’altro di ulteriori approfondimenti, la
storia, come si può evincere da questo scritto, è lunga millenni e le qualità che
la rappresentanza può avere sono molteplici, si aprono certamente ampi spazi
per ampliare la trattazione e valutare le diverse opportunità che ogni singolo
strumento può conferire.
Bibliografia:
LA CRISI DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E LE PROSPETTIVE DELLA E-
DEMOCRACY ,Dott. Gaspare De Lisi, con fonti connesse