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Enzimi

Gli enzimi sono molecole che determinano i nostri cicli metabolici, il 98% delle reazioni sono catalizzate da
enzimi. Gli enzimi sono intanto proteine e hanno funzione di:

-Velocizzare reazioni  Cioè non creano reazioni ma creano le condizioni termodinamiche adatte e volte
verso il fare aumentare la velocità di una determinata reazione. Per esempio la reazione catalizzata
dall’anidrasi carbonica CO2 + H2O nella formazione di H2CO3 è una reazione che avverrebbe talmente
lentamente che potrebbe avvenire in anni. La presenza dell’anidrasi carbonica fa avvenire la reazione in
tempi che sono paragonabili ai nanosecondi.

Quindi gli enzimi vanno a percepire la presenza di determinate molecole (substrati) le legano e le
trasformano con velocità elevatissime (da 106 a 1012 volte superiori rispetto alle reazioni non catalizzate).

-Specificità di reazioni  Ogni reazione deve essere catalizzata da un enzima, mai abbiamo un enzima che
catalizza reazioni differenti, perché l’enzima riconosce solo il suo substrato. Addirittura in biochimica la
stessa reazione può essere catalizzata da più forme enzimatiche;

-Possibilità di regolazione  Queste sono molecole intelligenti perché non catalizzano le reazioni
specifiche così all’improvviso, ma solo quando il nostro metabolismo lo richiede. Quindi ci sarà un qualcosa
che interagirà con l’enzima accelerando la sua catalisi oppure facendo diminuire la sua velocità di reazione.

L’enzima funziona quindi solo quando quella reazione è importante che avvenga.

Sono proteine con un peso molecolare che va dai 15kDalton ai 1000kDalton e quindi come tutte le proteine
sono fortemente vulnerabili: subiscono processi di denaturazione (quindi devono stare obbligatoriamente
nelle condizioni cellulari a pH cellulare), sono sensibili alle proteasi (quindi ad altri enzimi che ne
distruggono la struttura molecolare) e possono essere inattivati dal calore. Gli enzimi sono importanti
perché la maggior parte sono o markers diagnostici (quindi la loro attività viene valutata attraverso esame
clinico del sangue) oppure sono effettori, molti farmaci chemioterapici sono volti all’attivazione o
inattivazione di determinati enzimi.

Quasi tutti gli enzimi somigliano all’atteggiamento che abbiamo visto per l’emoglobina (che è una proteina
ma non un enzima) che è formata da una parte proteica e una parte non proteica (gruppo EME). La maggior
parte degli enzimi presenti nel nostro corpo è formata da una parte proteica (apoenzima) e una parte non
proteica (cofattore X) che formano l’oloenzima (cioè la forma molecolare proteica e non proteica completa
che catalizza le reazioni).

Questi cofattori possono essere ioni (es. tutti gli enzimi antiossidanti spesso hanno nella loro compagine
proteica ioni) oppure coenzimi (cioè delle molecole che non sono proteiche ma organiche o metallo-
organiche che si attaccano alla struttura proteica e la aiutano nel catalizzare le reazioni). Cioè se prendiamo
un enzima senza cofattore esso non funziona, quindi la parte proteica deve legare il proprio cofattore per
poter catalizzare la reazione per cui l’enzima esiste. Alcuni cofattori collaborano con gli enzimi ma non ne
fanno parte esattamente della loro struttura molecolare (es. NAD e FAD che legano gli enzimi
volontariamente, ne ricevono o danno elettroni e protoni e poi si staccano) quindi sono dei collaboratori
dell’attività enzimatica.

Spesso gli enzimi sono legati a gruppi molto grossi (es. citocromi che sono enzimi molto grossi) detti gruppi
prostetici. Tutti gli enzimi hanno la desinenza -asi.

Entropia  Grandezza che cerca di quantificare il grado di disordine in un sistema e che l’entropia totale è
data da quella del sistema più quella dell’universo.

Entalpia  Contenuto termico di un sistema


Energia libera di Gibbs (IMPORTANTE) (ΔG)
L’energia libera di Gibbs (ΔG) di ogni reazione tiene conto del contenuto energetico delle 2 molecole che
stanno reagendo tra loro e del contenuto energetico dei prodotti della reazione. Le reazioni sono di vario
tipo, ci sono alcune che avvengono spontaneamente (ΔG<0, cioè il contenuto energetico dei prodotti è
inferiore rispetto a quello dei substrati che hanno interagito tra loro) e altre che non avvengono
spontaneamente.

In tutte le reazioni, ΔG equivale al contenuto energetico dei prodotti che si sono formati meno il contenuto
energetico dei reagenti (ΔG = G Prodotti – G Reagenti). Quando questo ΔG è inferiore a 0 le reazioni
avvengono spontaneamente (esoergoniche, cioè con rilascio di energia sotto forma di calore). Quando ΔG è
uguale a 0 abbiamo reazioni all’equilibrio, mentre quando ΔG è maggiore di 0 significa che il contenuto
energetico dei prodotti è superiore a quello dei reagenti quindi non è spontanea ma svantaggiata da un
punto di vista energetico (endoergonico, cioè con richiesta di energia per potersi realizzare).

Questa è una reazione spontanea.

Questa invece no, ha


bisogno di energia per
potersi realizzare perché
il frutto della reazione sta
al di sopra come livello
energetico.

Ciò che viene


trasformato si chiama
substrato (reagente in
chimica). In una reazione biochimica l’enzima riconosce il
substrato, si crea un intermedio complesso enzima-
substrato, il substrato verrà trasformato in prodotto (che per un
po’ di tempo rimane legato all’enzima) e poi viene rilasciato.

Quindi il ruolo dell’enzima è aumentare la velocità di una reazione ma non ne modifica l’equilibrio.

L’enzima quando si lega al substrato raggiunge una condizione di grande instabilità che è necessaria
(perché se non fosse instabile il legame enzima-substrato, allora non ci sarebbe la trasformazione). Quindi
lo stato di transizione rappresenta il livello massimo di energia di una reazione, significa che quando un
enzima riconosce il suo substrato lo capta, lo lega (non covalentemente) tale che consente la
trasformazione e il rilascio del substrato sotto forma di prodotto. (METAFORA: bambino che si deve togliere
il pigiama che non ci riesce chiama la mamma la quale lo aiuta, si raggiunge un grado di instabilità poiché
non è una posizione comoda e alla fine il pigiama sarà tolto).
È necessario uno stato di transizione, è necessario un
livello energetico potenziale alto, è necessaria l’instabilità
affinché avvenga una reazione biochimica. Quindi andando
a vedere le cinetiche di reazione, mentre una reazione non
catalizzata ha la linea continua, l’enzima va ad agire
abbassando il tetto energetico affinché si formi il prodotto.
Il contributo dell’enzima è il ΔG della reazione non
catalizzata meno quello della reazione catalizzata.

Due sono i modi per accelerare la velocità di reazione:

-Presenza dell’enzima

-Aumento della temperatura: Per le reazioni inorganiche, nel nostro corpo se riscaldiamo le reazioni non
avvengono più perché i nostri enzimi sono abituati a lavorare a 37°C.

Interagire (riguardo l’enzima con il suo substrato) significa legarlo e per legarlo l’enzima lo deve riconoscere
e quindi ci deve essere un sito (a volte molto piccolo rispetto la molecola enzimatica) che riconosce il
substrato tramite legami non covalenti ma transitori (poiché bisogna rilasciarlo) che possono essere:

-Interazioni di Van der Waals;

-Interazioni di natura elettrostatica;

-Interazioni idrofobiche;

-Formazione di legami a idrogeno.

Ovviamente poi bisogna parlare anche di complementarietà sterica, perché se il substrato ha una forma
globulare, l’enzima per riconoscerlo deve avere una forma che lo accolga (sistema della chiave con la
serratura) nel Sito attivo e lo fa suo.
Fattori che influenzano la velocità di reazione: pH. Tutti gli enzimi agiscono a pH 7.4 (tranne gli enzimi
gastrici es. pepsina che ha un optimum di pH 1.5 e altri enzimi es. arginasi che ha a che fare con l’urea e
agisce a pH 9.7).

È vero che l’enzima deve riconoscere il substrato attraverso il meccanismo della chiave nella serratura, ma
non è sempre così perché quell’instabilità riguarda anche il legame enzima-substrato (tanto è vero che oggi
non si parla più di complementarietà sterica ma di Adattamento indotto). Questo significa che è vero che
l’enzima ha un sito attivo con il quale deve avere a che fare con il substrato da trasformare, ma questo sito
attivo non è perfettamente complementare, l’enzima deve fare una certa fatica per adeguarsi al suo
substrato (ed è proprio questa fatica che causa l’instabilità necessaria per la trasformazione).

L’esochinasi è il primo enzima della glicolisi che converte il glucosio in G6P. L’esochinasi quindi prende il
glucosio e l’ATP e una volta che lo prende vi si adatta e lo richiude dentro una fase idrofobica in una
condizione instabile necessaria per la fosforilazione del glucosio stesso.

L’efficienza di un enzima è il fatto che possa catalizzare una reazione anche quando il tempo è poco, cioè la
quantità di prodotto che riesce a fare nel minimo unità di tempo. Ovviamente anche la concentrazione del
substrato interagisce sulla velocità di reazione, più substrato c’è e più l’enzima procede velocemente.

Km
Un importantissimo parametro che
caratterizza gli enzimi è Km. Vediamo
questo grafico dove la velocità
massima di questo enzima è di 0.24.
la Km riguarda la concentrazione del
substrato alla quale corrisponde una
velocità massima fratto 2. Più basso è
Km più è veloce ed efficiente
l’enzima.

Quindi ci vuole poco substrato per


poter raggiungere le velocità
emimassimali (concetto più o meno
simile alla P5o dell’emoglobina).

In questo caso in cui abbiamo 2 enzimi, l’enzima più efficiente


sarà l’enzima 1 perché raggiungerà lo stesso valore con una Km
più bassa (cioè con una concentrazione di substrato minore).

Gli enzimi catalizzano le reazioni, ma tutti i nostri cicli metabolici avvengono perché devono avvenire. Cioè
se abbiamo una cellula muscolare che sta distruggendo glicogeno, contestualmente non ci devono essere
enzimi attivi che devono distruggerlo altrimenti non avrebbe senso e si parla di cicli futili ed in biochimica
non esistono. Quindi questi enzimi devono essere inibiti. Un enzima può essere inibito in modo reversibile
(e quindi sono meccanismi di switch on e switch off) oppure in modo totalmente irreversibile.

Nell’ambito delle inibizioni reversibili, possono essere di diverso tipo:

-Competitivo  È una molecola diversa dal substrato che compete con il substrato nel legare con l’enzima,
per tanto si va ad inserire nel sito attivo. Un’inibizione di questo tipo vede sicuramente aumentare la Km di
quella reazione di quell’enzima (cioè diminuisce la velocità di reazione) ma non tocca la velocità massima,
perché se questo sito attivo va a prendere un substrato la Vmax si mantiene normale;

-Incompetitivo  Molecola che si lega solo al complesso enzima-substrato e distrugge tutto. Qui sia la Km
che la Vmax diminuiscono;

-Non competitivo  Si lega in una porzione dell’enzima che non è il sito attivo, quindi la Km rimane
costante ma la Vmax diminuisce (poiché l’enzima si appesantisce).

Es. coloro che hanno il colesterolo alto prendono dei farmaci che si chiamano statine (che abbassano il
livello di colesterolo) perché viene inibito l’enzima che produce colesterolo endogeno.

Le inibizioni irreversibili invece si legano irreversibilmente all’enzima

Controllo degli enzimi


-Accumulo del prodotto  Es. esochinasi che produce G6P, ma quando all’interno della cellula si
accumulano grandi concentrazioni di G6P, l’esochinasi non funziona più. Quindi è inutile quando si ha tanto
prodotto crearne altro;

-Disponibilità del substrato  Se c’è poco substrato ovviamente l’enzima non può effettuare nessuna
catalisi, se invece di substrato ne abbiamo tanto, l’enzima comincia a catalizzare;

-Controllo genetico  L’enzima è una proteina che viene sintetizzata a partire da un gene, se questo gene
è silenziato la proteina non si produce (l’insulina ed il glucagone riescono a controllare geneticamente la
sintesi di questi enzimi che vanno a che fare con il metabolismo glucidico);

-Modifica covalente  Reversibile o irreversibile;

-Isozimi;

-Proteine modulatrici;

-Enzimi allosterici.

Modificazione covalente
CATABOLISMO: distruzione di molecole (prevalentemente per produrre energia sotto forma di ATP);

ANABOLISMO: costruzione di molecole (che non produce energia ma la usa).

Contestualmente nella cellula non avviene la sintesi e la degradazione della stessa molecola, significa che se
deve essere attivato il lato catabolico di quel ciclo deve essere inattivato il lato anabolico. Quindi significa
che lo stesso controllo che opera la cellula deve essere positivo per gli enzimi catabolici e negativi per gli
enzimi anabolici.

Uno di questi controlli è la fosforilazione: molti enzimi sono enzimi che vengono controllati reversibilmente
da momenti di fosforilazione e defosforilazione. Le fosforilazioni avvengono sempre su ossidrili (che negli
enzimi li abbiamo su amminoacidi che hanno gruppi -OH a disposizione). Quindi se abbiamo un enzima ci
sarà un altro enzima che andrà a collocare il gruppo fosfato su questa molecola (precisamente sull’-OH
disponibile) quindi da libero diventa fosforilato.

Gli enzimi che provvedono al catabolismo quando fosforilati sono attivi, quelli che provvedono
all’anabolismo quando fosforilati sono inattivi. Quindi contemporaneamente se in una cellula si attivano gli
enzimi che vanno a fosforilare, le tappe cataboliche saranno invogliate a funzionare, mentre le tappe
anaboliche no.

Gli enzimi che vanno a fosforilare altri enzimi si chiamano CHINASI. Analogamente gli enzimi che andranno
a defosforilare altri enzimi si chiamano FOSFATASI. Quindi la cellula governa i cicli metabolici fosforilando o
defosforilando gli enzimi.

Ma ci sono degli enzimi che vengono attivati o inattivati in modo irreversibile:

Tutti gli enzimi della nostra digestione non nascono maturi ma sotto forma di proteine ancora immature
dette zimogeni, poi subiscono delle modifiche e si trasformano in enzimi attivi.

La pepsina non viene codificata dal suo gene sotto forma di proteina matura, ma si forma prima una
proteina chiamata pepsinogeno che però non ha nessun’attività catalitica. Poi la pepsina non può tornare
ad essere pepsinogeno.

La coagulazione del sangue non è altro che l’attivazione mediante taglio proteolitico di molecole che se
tagliate vengono attivate, quindi la coagulazione avviene mediante un covalente di tipo irreversibile.

Controllo attività enzimatica


Gli enzimi del nostro metabolismo (soprattutto quelli che controllano le grandi tappe metaboliche) sono
molecole intelligenti, cioè lasciano condizionare la velocità della loro catalisi dalle esigenze della cellula, per
presenza di molecole o in seguito a cambiamenti della struttura molecolare covalente degli enzimi stessi.
Un modo attraverso cui il nostro organismo controlla l’attività enzimatica è la presenza di Isozimi
(isoenzimi). Ogni enzima catalizza una reazione specifica, addirittura una singola reazione può essere
catalizzata da diversi enzimi.

Quindi questi isozimi sono delle proteine che si somigliano sicuramente, soprattutto a livello del sito attivo
perché devono riconoscere il medesimo substrato e devono catalizzare la medesima reazione, ma che
hanno delle diverse proprietà molecolari (significa differente sequenza aminoacida, carica elettrica,
solubilità, a volte codificati da geni differenti).

Latticodeidrogenasi
Un enzima da conoscere bene è la latticodeidrogenasi (LDH) che è un enzima che controlla alla fine del ciclo
glicolitico che catalizza la conversione del piruvato ad acido lattico (o lattato quando si dissocia) quindi è un
enzima importantissimo soprattutto per il metabolismo muscolare. Nel nostro corpo, di latticodeidrogenasi,
ce ne stanno diverse forme (per l’esattezza 5), perché questi diversi isozimi di una stessa proteina? L’LDH
similmente all’emoglobina, è un enzima tetramerico (quindi è una proteina a struttura quaternaria formata
da 4 subunità) in cui le subunità possono essere di tipo M (muscle) o di tipo H (heart).

Quindi di latticodeidrogenasi ne avremo diverse forme, ma quelle “pure” saranno le LDH M4 (formata da 4
catene polipeptidiche uguali fra loro di tipo M dove l’ambiente è scarso di O2) e LDH H4 (formata da 4
catene polipeptidiche uguali fra loro di tipo H presenti principalmente a livello del miocardio dove
l’ambiente è ricco di O2). Infatti la LDH M4 funziona in modo ottimale quando c’è scarso ossigeno, cioè in
un tessuto in cui si può entrare in debito di ossigeno e quindi principalmente la sua reazione sarà la
trasformazione del piruvato in lattato. Mentre la LDH H4 (tipica del muscolo cardiaco) funziona
principalmente in un ambiente ricco di ossigeno, e uno si questi organi che non può vivere senza l’ossigeno
è il miocardio, quindi questa LDH agisce al contrario, dal lattato catalizza la produzione di piruvato.
Ovviamente tra queste 2 isoforme ne avremo altre intermedie. Tutti questi isozimi (molecole differenti che
catalizzano la stessa funzione) sono differentemente espresse nei vari tessuti e hanno delle caratteristiche
diverse.

La LDH fa parte di tutto un patter di enzimi che vengono definiti enzimi della citolisi, cioè quegli enzimi che
tipicamente sono nel citoplasma delle cellule ma quando queste cellule per un danno di qualsiasi natura si
rompono, vengono riversati nel torrente ematico, infatti la concentrazione di LDH a livello ematico viene
valutata nei casi di infarti del miocardio o di distrofia muscolare, perché ad esempio la presenza di H4 nel
sangue significa che il miocardio deve aver avuto un danno che ha recato la cellula del miocardio e la
conseguente movimento degli enzimi dal compartimento cellulare al plasma. Normalmente un po’ di LDH le
abbiamo nel sangue, ma quando queste concentrazioni si elevano significa che c’è qualche danno.

Proteina chinasi
La creatina chinasi (CK) è appunto un enzima deputato alla sintesi di ATP, è una sorta di riciclo dell’ATP. E
anche questo è un enzima importante tipico del muscolo e quando gli atleti hanno uno strappo i livelli di CK
si elevano. La CK differentemente dall’LDH è un dimero, quindi costituito da 2 catene proteiche, anche
queste di due tipo differenti: M (Muscolo) e B (Brain), si ottengono quindi 3 isoforme dello stesso tipo.
Proteine modulatrici
Un’importante proteina modulatrice è la proteina chinasi (PKA) la quale è una proteina che dipende
dall’AMP ciclico. Quando abbiamo molecole che sono in giro nel nostro corpo e devono stimolare le nostre
cellule, in base alla loro struttura molecolare, ovvero in base al fatto che siano esse idrofobiche o idrofile
vanno a stimolare diverse risposte all’interno della cellula. Se sono idrofobiche, riescono a superare la
membrana plasmatica ed entrano all’interno della cellula e svolgono la loro funzione all’interno, ma se sono
idrofile (es. adrenalina, insulina, glucagone) queste molecole non possono entrare all’interno della cellula e
quindi riconoscono in superfice un recettore specifico che attraverso un meccanismo di “chiave-serratura”
riconosce che ci sono e porterà all’interno della cellula il segnale. Quindi sono proteine che segnalano
all’interno della cellula, attraverso elevazioni delle loro concentrazioni, che fuori c’è un determinato
segnale.

Una di queste molecole dunque è l’AMP ciclico che è una piccola molecola che deriva dall’ATP (quando 2
residui fosforici e ciclizza su sé stesso). Quando ci sono degli ormoni (es. adrenalina) che devono far
segnalare la loro presenza, all’interno della cellula si elevano le concentrazioni di AMP ciclico che lega tante
proteine tra cui la PKA (che è un tetramero costituito da 2 subunità C catalitiche e 2 subunità R regolatorie)
nelle subunità regolatorie, dalla modificazione conformazionale di queste strutture ne deriva il distacco
dalle subunità catalitiche che libere di agire possono andare ad effettuare la catalisi.

Quindi la PKA è un enzima che ha una parte regolata (in questo caso AMP ciclico) che quando si distacca
dalla parte catalitica libera le subunità attive che possono agire. Addirittura le subunità catalitiche attive
necessitano per poter funzionare di un’ennesima modifica cioè di un attacco di un gruppo fosfato.
Enzimi allosterici (allos=altro in greco)
Gli enzimi sono molecole intelligenti che legano al sito attivo il substrato, ma hanno altri siti che risentono
di tutto ciò che sta dentro la cellula e che legano queste altre molecole non per trasformarle, ma o per una
maggiore attività enzimatica o per trattenerle (inibirle). Ad esempio l’esochinasi (primo enzima della
glicolisi) è l’enzima che prende il gruppo fosfato, lo attacca al glucosio e dal glucosio avremo la produzione
di G6P. Ma quando dentro la cellula diventano alte le concentrazioni di G6P, sarà proprio questo che andrà
ad interagire con l’esochinasi e trattenerlo (una sorta di feedback retroattivo negativo) legandosi non nel
sito attivo, ma nel sito allosterico.
Quindi gli enzimi sono molecole intelligenti perché agiscono solo quando c’è bisogno, e un esempio di
questo lo vedremo nel metabolismo del glicogeno, esistono 2 fasi: catabolica ed anabolica. Se in una cellula
muscolare avviene la glicogenolisi (frammentazione del glicogeno per avere energia) contestualmente nella
stessa cellula non ci sarà una glicogenosintesi perché si creerebbe un ciclo futile. La curva sigmoidale indica
una proteina allosterica, infatti l’emoglobina si faceva condizionare dalla concentrazione di CO2, dal pH e
dal 2,3-bisfosfoglicerato e quindi essendo una molecola intelligente che percepiva la presenza di altre
molecole aveva una cinetica con un punto di flesso sigmoidale. Gli enzimi non allosterici hanno una cinetica
di tipo iperbolica (ce ne stanno pochi però).

Ogni ciclo metabolico contiene una media di circa 10-20 enzimi, ma non è che sono tutti regolati, ce ne
staranno 2-3 e quindi sono gli interpreti di quel ciclo che se vengono attivati o rallentati determineranno la
velocità del ciclo in senso positivo o negativo. Quindi gli enzimi chiave del nostro metabolismo vengono
regolati non solo allostericamente (quindi dalla presenza di molecole che interagiscono con altre
stimolandone l’attività o rallentandone) ma anche da modifiche di tipo covalente (es. PKA).

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