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INDICE
1. CARNE...................................................................................................................................................................2
1.1 Trasformazione del muscolo in carne..............................................................................................................2
1.2 Modificazioni di colore in seguito a proliferazioni microbiche.......................................................................2
1.3 Conservazione della carne...............................................................................................................................2
2. CLASSIFICAZIONE DELLE CARNI....................................................................................................................2
2.1 Carni Bovine...................................................................................................................................................2
2.1.1 Classificazione dei bovini:.......................................................................................................................2
1.1.1. Classificazione dei tagli:......................................................................................................................3
2.1.2 Su cosa basarci per la scelta della carne bovina?.....................................................................................3
2.2 La carne di pollo e tacchino.............................................................................................................................3
2.3 Carne di maiale................................................................................................................................................3
2.4 Carne di cavallo...............................................................................................................................................4
3. COMPOSIZIONE DI ALCUNI TIPI DI CARNE FRESCA...................................................................................4
4. I SALUMI............................................................................................................................................................... 4
4.1 Bresaola Culatello Speck.................................................................................................................................5
4.2 Bresaola...........................................................................................................................................................6
4.3 Culatello..........................................................................................................................................................7
4.3.1 La Preparazione del Culatello..................................................................................................................8
4.3.2 Valori nutrizionali....................................................................................................................................8
4.4 Speck............................................................................................................................................................... 8
5. GLOSSARIO TECNICO........................................................................................................................................9
5.1 Acido lattico....................................................................................................................................................9
5.1.1 Introduzione.............................................................................................................................................9
5.1.2 Aumentare la tolleranza all'acido lattico................................................................................................10
5.2 L'ATP (Adenisina Trifosfato).........................................................................................................................10
5.2.1 Caratteristiche........................................................................................................................................10
5.2.2 Struttura dell'ATP e conversione dell'ATP in ADP...............................................................................11
1.1.2. Idrolisi e fosforilazione dell'ATP.......................................................................................................11
1.1.3. Importanza dell'ATP..........................................................................................................................11
1.1.4. Respirazione cellulare........................................................................................................................11
6. DIZIONARIO CARNI..........................................................................................................................................12
1. CARNE
1.1 Trasformazione del muscolo in carne
Il muscolo, subito dopo il macello, non è commestibile per via della sua estrema durezza.
Successivamente alla morte dell'animale possiamo distinguere tre fasi, che avvengono in tutti i tipi di animali,
compreso il pesce; la loro durata varia comunque in funzione della taglia (sono molto più brevi negli animali più
piccoli):
- Pre rigor: da pochi minuti a mezz'ora dopo la morte dell'animale. Come accennato, nelle cellule permane un
metabolismo di tipo anaerobico che porta alla trasformazione degli zuccheri in acido lattico; per questo motivo si
registra un abbassamento del pH che passa da 7 a 5,6 - 5,7.
- Rigor mortis: da 3-6 ore fino a 24 ore dopo la morte dell'animale; in carenza di ATP, actina e miosina si legano in modo
irreversibile, il muscolo si accorcia e la carne si irrigidisce sensibilmente diventando particolarmente dura e quindi
immangiabile.
- Post rigor: fase di intenerimento dovuta all' azione proteolitica degli enzimi sulle proteine miofibrillari; la carne ritorna
morbida e diventa commestibile, parallelamente il pH aumenta fino a valori di 6-6,5.
Altre modificazioni minori:
Si modifica il potenziale di ossido-riduzione che da positivo diventa negativo a causa della perdita di sali minerali e
soprattutto di ioni calcio.
Infine si registra anche un cambiamento di colore dovuto all'ossidazione della mioglobina a ossiemoglobina che si
distingue per il colore rosso vivo tipico della carne fresca.
1.2 Modificazioni di colore in seguito a proliferazioni microbiche
Se la carne macellata rimane esposta all'aria per periodi prolungati l'ossiemoglobina si ossida a metaemoglobina,
l'atomo di Ferro passa dalla forma Fe2+ a quella Fe3+, e la carne assume il tipico colore bruno. E' chiaro che se la
carne non viene ben conservata si possono avere anche delle alterazioni a carattere microbico. Le macchie scure che
osserviamo nella carne dimenticata in frigorifero sono in parte dovute all'ossidazione ed in parte allo sviluppo di una
flora microbica di superficie che, pur non essendo pericolosissima per la salute umana, rende comunque sconsigliato il
consumo dell'alimento; se invece la carne viene dimenticata a temperature superiori ai 20 gradi, come succede quando
lasciamo a lungo la spesa in macchina sotto il sole, si sviluppa una flora patogena con batteri appartenenti soprattutto
al genere clostridium.
1.3 Conservazione della carne
Il metodo migliore per la conservazione della carne è la tecnica del freddo; intorno ai 0°C, se mantenuta in celle a
temperature controllate, si può conservare per circa un mese (attenzione, questo non è valido per il frigorifero di casa,
che innanzitutto è mediamente tarato a temperature superiori - intorno ai +4°C - ed in secondo luogo viene aperto e
chiuso in continuazione provocando sbalzi termici anche sensibili; per questo motivo nel frigorifero di casa la carne si
conserva soltanto per due o tre giorni).
Il congelamento con metodi rapidi ed ultra rapida sfrutta diverse tecnologie in relazione alla dimensione della carne da
congelare. La fettina può per esempio essere congelata con dei sistemi a piastre o con getti di aria fredda; se dobbiamo
invece congelare un pollo intero è preferibile la sua immissione in liquidi refrigerati, come l'azoto liquido o la CO2.
Possiamo prolungare la normale durata della carne anche abbinando il congelamento ad un confezionamento in
atmosfera modificata (con concentrazioni di CO2 superiori al 25%). Altre tecniche di conservazione, come
l'AFFUMICAMENTO, la SALAGIONE e l'ESSICCAMENTO, si utilizzano soltanto in ambiente domestico o in
campo industriale per impartire determinate caratteristiche organolettiche alla carne.
Un'altra tipica tecnica di conservazione è l'INSCATOLAMENTO: in questo caso la carne bollita viene confezionata a
caldo insieme alla sua gelatina (data dal collagene); successivamente le scatole vengono sterilizzate per
appertizzazione (120 °C per 40 min). Particolari tipi di carne come prosciutto, salsiccia e lingua non tollerano alte
temperature e vengono semplicemente pastorizzate.
2. CLASSIFICAZIONE DELLE CARNI
Le carni sono suddivise in base al colore che assumono dopo la macellazione in: carni bianche, carni rosse e carni
nere. SONO CONSIDERATE BIANCHE LE CARNI DEGLI ANIMALI DA CORTILE COME: POLLI, GALLINE, CAPPONI,
ANITRE, TACCHINI, FARAONE, PICCIONI, OCHE. SONO CARNI ROSSE QUELLE DEGLI ANIMALI DA MACELLO COME
BOVINI, BUFALINI, OVINI, EQUINI, CAPRINI, SUINI. LA SELVAGGINA RIENTRA NELLE CARNI NERE (CINGHIALE,
CERVO, CAPRIOLO, FAGIANO, PERNICE, QUAGLIA, ANITRA SELVATICA).
2.1 Carni Bovine
2.1.1. Classificazione dei bovini:
- vitello, bovino maschio o femmina di età inferiore ai 12 mesi (generalmente viene macellato a circa 4 mesi) dalle
carni molte tenere grazie all’elevato contenuto di acqua, che a volte, purtroppo, può essere stato ottenuto con la
somministrazione di ormoni, che hanno l’effetto di gonfiare le carni;
- vitellone, bovino maschio o femmina abbattuto tra i 12 e i 18 mesi, ha carni tenere e con un ottimo valore nutritivo
anche se contiene meno acqua del vitello;
Dott. G. G. Costamagna – rev.genn.2012
LE CARNI – BREVE TRATTATO GENERALE
-manzo, bovino di 3/4 anni, che se maschio è stato castrato, se femmina non ha mai partorito, con una quantità di
acqua contenuta nelle carni più bassa ed un più alto contenuto in grassi;
-bue, bovino maschio castrato di oltre 4 anni, le carni sono simili a quelle del manzo.
2.1.2. Classificazione dei tagli:
1° taglio – carni del quarto posteriore, sono le più pregiate e le più costose, hanno una cottura rapida (ai ferri o in
padella);
2° taglio – carni del quarto anteriore, sono meno pregiate, ma ugualmente nutrienti, hanno una cottura semirapida (al
forno, arrosto, spezzatino);
3° taglio – carni del quarto anteriore, ma non pregiate, sono le meno costose, hanno una cottura lenta (bollito, stufato,
brasato).
2.1.3. Su cosa basarci per la scelta della carne bovina?
1) Il colore, è il biglietto da visita della carne, purtroppo può essere influenzato dagli effetti dell’illuminazione
ambientale.
2) Il pH, è la misurazione dell’acidità o della basicità di una sostanza, è neutro al momento della macellazione, dopo
di che si modifica e si stabilizza intorno a 5,4/5,5, che corrisponde ad una leggera acidità e che è il valore ideale per
una carne di qualità; se la carne ha un pH con valore più alto si manifesta il fenomeno detto “carne strapazzata”; un
ritardo nell’abbassamento del pH provoca, invece, un aumento dell’intensità del colore e della ritenzione idrica.
3) La ritenzione idrica, è determinante per una carne di qualità, influisce su aspetto, cottura e succosità; l’acqua
rappresenta il 75% del peso di un muscolo dividendosi in acqua legata e acqua libera; l’acqua legata è quella
saldamente all’interno delle fibre muscolari (è una percentuale esigua, circa il 5%), l’acqua libera è, invece, racchiusa
nella struttura muscolare; se l’acqua legata è in percentuale troppo bassa, dopo la cottura la carne risulterà stopposa e
dura, ma potrebbe essere anche colpa di una cottura troppo protratta; variazioni della capacità di ritenzione idrica sono
legate alla specie, al sesso, all’età, allo stato di salute, al grado di preparazione, alle modalità di trasporto degli
animali; gli ormoni hanno un grandissimo potere nel far ritenere più acqua.
2.2 La carne di pollo e tacchino
La carne bianca (pollo, tacchino, coniglio) è ricca di proteine nobili (indispensabili all’organismo, per esempio, per
rinnovare i tessuti e per la formazione degli ormoni, degli enzimi, degli anticorpi) e di aminoacidi ramificati (utili nel
metabolismo dei muscoli e nel promuovere lo smaltimento delle tossine che si formano quando un organismo svolge
un intenso lavoro atletico).
Nonostante l’aspetto bianco della carne, 100 grammi di pollo e tacchino contengono rispettivamente 1,5 e 2,5 grammi
di ferro, valori più o meno equivalenti alla carne di bovino.
La carne di pollo ha il vantaggio di essere più facilmente masticabile e digeribile, soprattutto se cucinata in modo
semplice (arrosto, ai ferri, lessata). La tenerezza del pollo è dovuta alla struttura delle fibre muscolari che presentano
un diametro di circa 45-48 micron, una misura inferiore a quella delle carni bovine (73-75 micron), delle carni ovine
(50-54 micron) e di quelle suine (90-92 micron). Le carni bianche risultano più agevolmente masticabili e digeribili
anche perché hanno una minor presenza di tessuto connettivo, un consiglio è quello di non esagerare nei condimenti e
nei sughi.
Un’altra caratteristica delle carni bianche riguarda la ridotta presenza di grassi: solo l’1% nel petto di pollo e l’1,5%
nel tacchino (senza pelle). Il basso contenuto di grassi, (che tra l’altro sono concentrati nella pelle, facilmente
eliminabile), riduce l’apporto calorico di queste carni, rendendole ideali per chi tiene sotto controllo il peso corporeo.
Comunque, il grasso di pollo e tacchino ha caratteristiche più vicine ai grassi di origine vegetali, infatti, nella sua
composizione predominano gli acidi grassi polinsaturi (acido linoleico e linolenico), e contiene molto meno
colesterolo.
E’ sbagliato credere che i polli in passato fossero migliori di quelli di oggi perché mangiavano quello che trovavano in
terra. Grazie ai progressi della zootecnia (scelta dei riproduttori, mangimi bilanciati, allevamento a terra, macellazione
nel rispetto delle norme sanitarie), i polli sono molto più garantiti dal punto di vista igienico e nutrizionale. Una volta
la carne era più soda perché gli animali vivevano più a lungo ed impiegavano più tempo a crescere. Nei polli e nei
tacchini non c’è uso di ormoni estrogeni, perché tale impiego può offrire dei vantaggi all’allevatore solo per gli
animali di grossa taglia (pollo e tacchino hanno una massa corporea limitata e un ciclo di maturazione di pochi mesi).
2.3 Carne di maiale
Il maiale è un animale tenuto molto in considerazione dal mondo contadino, in quanto il suo allevamento comporta
bassi costi per un’ottima resa. Del maiale non viene sprecato niente, si mangiano perfino pelle, piedi, orecchie e
sangue. La tradizione italiana implica che la maggior parte del maiale venga destinata alla produzione di salumi. In
Italia, appunto per soddisfare la forte richiesta di salumi, si producono soprattutto suini pesanti.
Il suino pesante (destinato all’industria salumiera), deve avere carne matura con capacità di trattenere i liquidi ed un
contenuto di grasso idoneo. Una carne troppo magra, dopo la stagionatura del salame o del prosciutto, darebbe un
prodotto secco e troppo salato. Il suino magro (consumo diretto delle carni), ha, oggigiorno, grazie ad anni di
selezione genetica, di cure appropriate e diete meticolose, addirittura carni più magre di quelle bovine, con tassi di
colesterolo e di grassi saturi inferiori. La carne di maiale magro ha mediamente circa 140/146 calorie per 100 grammi,
quella di maiale grasso ne ha 394.
Per produrre un salume insaccato, come ad esempio un salame, è necessario preparare innanzitutto le carni,
pulendole dalle parti tendinee, macinandole ed eventualmente addizionandole di sostanza grassa (la tipica
occhiatura del salame è ottenuta addizionando alle carni grasso di suino).
Durante l'impastatura vengono aggiunti tutta una serie di ingredienti come il sale (2,5-3,5 %, come esaltatore di
sapidità e come conservante) e le spezie, anch'esse dotate di una duplice funzione (oltre all'aroma, gli oli essenziali
che contengono sono dotati di proprietà antisettiche). Può essere addizionata anche una piccola percentuale di
zuccheri (1,5%) che funge da substrato iniziale per gli starter microbici. Il latte in polvere ed i caseinati (2-4%)
danno invece consistenza e omogeneità al prodotto (vengono aggiunti, per esempio, nei wurstel o nella mortadella).
Per quanto riguarda gli additivi, possono essere addizionati nitriti e nitrati di sodio e potassio, i primi trasformano
l'ossiemoglobina in nitrosoemoglobina, conferendo alle carni ed in particolare ai salumi una colorazione vivace che
si mantiene più a lungo; i nitrati sono una sorta di riserva dei nitriti, mano a mano che questi scarseggiano, a partire
da essi se ne ottengono di nuovi. E' stato provato che la trasformazione dei nitriti in nitrosammine ha un potenziale
effetto cancerogeno per l'organismo umano; questi additivi continuano comunque ad essere impiegati sia perché
senza di essi la carne imbrunirebbe, ma anche perché in loro assenza potrebbe svilupparsi il pericolosissimo
clostridium botulinum.
Al salume insaccato possono inoltre essere aggiunti antiossidanti, come acido ascorbico e ascorbati, che
mantengono il ferro in uno stato ridotto e limitano la perossidazione lipidica; negli insaccati crudi ed in quelli cotti
possono essere addizionati anche polifosfati e tocoferoli (nel prosciutto cotto i polifosfati permettono di mantenere
più compatta la massa carnea che altrimenti tenderebbe a sfaldarsi con la cottura).
Il passaggio successivo è la confezionatura: la carne viene insaccata in budelli che possono essere di origine
naturale o sintetica. Segue l'essicazione e/o la cottura e/o l'affumicatura del prodotto (in base alle caratteristiche che
si vogliono impartire all'alimento).
L'ultimo passaggio è la stagionatura che viene effettuata in celle a temperatura ed umidità controllate; durante
questa fase si registra:
una diminuzione dell'umidità;
un aumento della concentrazione degli ingredienti ed in particolare del sale che, essendo in proporzioni
maggiori, va a contrastare le proliferazioni microbiche;
variazione del pH;
aumento dell'azoto solubile e degli acidi grassi liberi, dovuto all'azione enzimatica proteolitica e lipolitica
degli enzimi presenti nella flora microbica;
colorazione rossa stabile dovuta alla presenza dei nitriti che catalizzano la formazione di nitrosoemoglobina
(se si confronta un salame commerciale con uno casalingo si osserva una colorazione nettamente differente
dovuta all'impiego o meno di questi additivi).
Per la produzione di salumi non insaccati, come il prosciutto, si procede sempre con la preparazione delle carni, in
questo caso con le cosce di maiale, le quali subiscono una salagione per un periodo di circa 25 giorni. Durante questo
periodo l'operazione viene ripetuta ogni 4-5 giorni, sfregando sale grosso sulla superficie del prosciutto in modo da
facilitarne la penetrazione negli strati più esterni della carne.
Si effettua poi una asciugatura, eventualmente abbinata ad una cottura (prosciutto cotto), e si procede con la
stagionatura che varia dai 10 ai 14 mesi (per prodotti di marchio, come può essere il prosciutto di Parma, esistono dei
disciplinari che stabiliscono la durata delle varie fasi modalità di produzione).
4.2 Bresaola
La bresaola è un tipico ed apprezzato salume Valtellinese ottenuto salando, essiccando e stagionando un filetto di
bue o di manzo. L'etimologia della parola è di origine incerta e potrebbe derivare dai termini dialettali "brasa"
(brace) o "brisa" (riferito alla tecnica di salagione).
La bresaola si distingue dagli altri salumi per il suo particolare sapore, dolce e delicato allo stesso tempo. L'aroma
inconfondibile di questo prodotto tipico Valtellinese è il risultato di un metodo di conservazione antichissimo che
sfrutta al meglio le condizioni ambientali tipiche della provincia di Sondrio.
La bresaola viene prodotta a partire dalle masse muscolari della coscia bovina; i
tagli principali sono la fesa o punta d'Anca (il più pregiato), la sottofesa, il
magatello ed il sottosso.
La carne viene salata a secco e fatta riposare in salamoia per 10-15 giorni; passato
questo breve periodo si procede con la pulitura e il successivo insaccamento in
budello naturale o artificiale. Si procede poi con l'asciugamento e la conseguente
stagionatura, fasi che nel loro insieme durano dalle 4 alle 8 settimane. Durante
l'intero processo di lavorazione si instaurano quei fenomeni naturali in grado di
rendere la carne più conservabile, appetibile e digeribile. L'intera produzione
avviene in locali appositamente climatizzati che si avvantaggiano del particolare
clima che caratterizza il territorio Valtellinese.
Per tutti questi motivi la bresaola della Valtellina ha ottenuto la certificazione IGP (indicazione geografica protetta).
Oltre alle diciture obbligatorie per legge, sull'etichetta di una bresaola prodotta in questi luoghi devono comparire
anche la sigla IGP, il nome, la ragione sociale o il marchio depositato del produttore e la sede di produzione e
confezionamento.
Il prodotto finito ha forma cilindrica ed un colore rosso intenso, uniforme e un po' più scuro ai bordi. Il profumo è
delicato e leggermente aromatico, non acido; la carne è compatta ed elastica, priva di fenditure.
La bresaola affettata dal salumiere andrebbe consumata entro un paio di giorni; quella confezionata o sfusa va
invece conservata in frigorifero coprendo la parte tagliata con pellicola trasparente.
La produzione di bresaola, rimasta circoscritta all'ambito familiare sino all'inizio del novecento, è oggi destinata
anche a mercati esteri come quello svizzero e americano.
La bresaola è un salume molto nutriente, povero di grassi, ricco di proteine, ferro, sali minerali ed alcune vitamine.
Per questo motivo è un ingrediente tipico delle diete dimagranti e di quelle per sportivi.
Calorie Proteine Grassi Carboidrati Sodio
SALUMI [100 grammi]
Kcal g g g mg
Bresaola 151 32 2,6 0 1597
Prosciutto cotto 215 19,8 14,7 0,9 648
Prosciutto crudo 268 25,5 18,4 0 2578
Salame ungherese 405 24,2 34,0 0,7 1504
L'elevato contenuto in sodio impone che tale alimento, come del resto tutti i salumi, venga consumato con
moderazione da chi soffre di pressione alta.
Un altro problema che accomuna la bresaola alle carni conservate riguarda l'aggiunta di nitrito di sodio e/o potassio.
Queste due sostanze, aggiunte agli alimenti per preservarne le caratteristiche e migliorarne la conservabilità, si sono
dimostrate cancerogene quando vengono assunte ad alte dosi (vedi anche: dieta e cancro).
Non tutta la bresaola contiene nitriti, in alcuni casi queste sostanze vengono sostituite con i meno pericolosi nitrati,
spesso addizionati con acido citrico e vitamina C (acido ascorbico). Dal momento che tutti gli ingredienti devono
essere obbligatoriamente riportati sull'etichetta della bresaola, il consumatore può risalire al loro impiego ricercando
le scritte per esteso o le loro sigle: E249-E250 ed E251-E252 che identificano, rispettivamente, i nitriti ed i nitrati.
4.3 Culatello
Il culatello è un salume pregiatissimo prodotto nella bassa parmense, in particolare nella zona compresa tra Zibello
e Langhirano, dove il particolare microclima e la tradizionale abilità artigianale, garantiscono tutta la dolcezza e la
fragranza tipica di questa meraviglia gastronomica.
Il culatello si ricava dal muscolo posteriore della coscia di maiale (natica)
salato e speziato a caldo (subito dopo la macellazione), quindi insaccato nella
vescica, stretto nella caratteristica legatura a rete e stagionato per almeno dodici
mesi in un luogo umido. L'umidità, al contrario di quanto avviene per il
prosciutto, è fondamentale per evitare che la carne si secchi troppo; per questo
motivo il culatello si avvantaggia dell'abile intervento degli artigiani, che di
tanto in tanto lo bagnano con un canovaccio imbevuto di vino bianco, Cognac o
distillato di malto.
Il peso di un culatello oscilla tra i tre ed i cinque chili, mentre il costo di un
prodotto artigianale, a causa del particolare processo di lavorazione, può
superare i 100 euro al kg. Oltre ai lunghi tempi di stagionatura, il culatello è
infatti ottenuto sacrificando il prosciutto dal quale si isola, rinunciando così ad
un alimento già di per sé molto pregiato. Gli "scarti" di questo particolare processo di lavorazione, se così si
possono definire, vengono riciclati nella preparazione di un altro salume tipico, chiamato fiocchetto.
Il culatello di Zibello è un prodotto a denominazione di origine protetta (DOP).
4.3.1. La Preparazione del Culatello
Liberare il culatello dalle corde che lo avvolgono, passarlo sotto un getto d'acqua tiepida e spazzolarlo con cura.
Una volta ammorbidito, il culatello dev'essere privato della pelle, rifilato perfettamente del grasso esterno e tagliato
a fette sottili. Prima di queste operazioni, la tradizione consiglia di immergerlo per 24-48 ore in un recipiente
contenente del vino bianco secco.
Conservazione: le parti tagliate vanno unte con un filo di olio di oliva e di burro, quindi avvolte in un canovaccio
asciutto, meglio se di lino, e riposte in un luogo fresco, ma non freddo. La conservazione del culatello in frigorifero
rischierebbe infatti di appiattirne il sapore.
4.3.2. Valori nutrizionali
CULATELLO [100 grammi]
Calorie kcal 198
Un pasto serale composto da qualche fetta di culatello,
kj 828
accompagnata da pinzimonio di verdure fresche e da una rosetta
Proteine g 19.74 di pane integrale, è un buon modo per mettere d'accordo salute,
Lipidi g 12.58 forma fisica e palato.
Carboidrati g 0.00
Fibre g 0.0
4.4 Speck
Lo speck è un salume affumicato, un prodotto tipico altoatesino nato intorno al XIII secolo d.C dall'esigenza delle
popolazioni locali di conservare la carne. La materia prima di partenza, la coscia di suino, è la stessa del prosciutto,
da cui si distingue per il particolare processo di lavorazione; ed è proprio il raffinato processo produttivo a conferire
allo speck caratteristiche organolettiche particolari e molto ricercate.
Le cosce di suino vengono accuratamente selezionate, disossate e rifilate con o senza
fesa; nel caso di prodotti tipici - come lo speck dell'Alto Adige IGP - fin da queste
prime fasi i produttori devono necessariamente osservare un rigoroso disciplinare di
produzione. La coscia di suino disossata e rifilata (detta anche baffa) viene quindi
salata ed aromatizzata a secco; proprio in questo passaggio il disciplinare di produzione
si fa meno rigido; sono infatti le particolari miscele aromatiche (solitamente a base di
sale, aglio, pepe nero, bacche di ginepro e zuccheri) a conferire allo speck i tipici ed
inconfondibili aromi. Non a caso, dunque, i singoli produttori si tramandano di padre in
figlio le ricette segrete dell'aromatizzazione, caratterizzando liberamente il sapore e
l'aroma dei propri speck. Vengono comunque posti dei limiti all'aggiunta di cloruro di
sodio (pari o inferiore al 5%) e conservanti chimici (nitriti e nitrati). L'intera operazione richiede una particolare
cura, dal momento che si svolge tradizionalmente a mano, girando più volte il prodotto in modo da facilitare la
penetrazione uniforme della salamoia.
Dopo un periodo di 20-30 giorni, la coscia di suino viene fatta asciugare in atmosfera controllata, quindi affumicata
e stagionata ad una temperatura non superiore ai 20°C; è molto importante, infatti, che la temperatura del fumo
liberatosi non superi tale valore e che il prodotto venga regolarmente esposto all'aria e poi nuovamente al fumo.
Solo in questo modo, infatti, si può ottenere uno speck dal gusto equilibrato e inconfondibile, che si avvantaggia
anche del legno poco resinoso scelto per la delicata affumicatura. Questa fase dura una ventina di giorni ed è seguita
da un periodo di stagionatura di circa 22 settimane, condotto in locali sufficientemente areati, con temperature
comprese tra 10 e 15° C ed un'umidità che oscilla tra il 60 ed il 90%. Durante questo periodo sulla superficie dello
speck si forma un sottile strato di muffa, molto importante per mantenere l'umidità, la dolcezza e la morbidezza
delle sue carni, in perfetto equilibrio con il tipico retrogusto affumicato.
Le fasi produttive appena descritte rispecchiano il metodo di produzione artigianale, nonché quello certificato - con
le opportune integrazioni - dal marchio "Speck dell'alto Adige IGP". Ovviamente, la stessa cura nella scelta delle
materie prime e nel rispetto del rigoroso disciplinare di produzione non viene seguita per altri prodotti industriali
privi di certificazione.
Dal punto di vista nutrizionale, lo speck è un alimento particolarmente ricco di proteine e lipidi; può essere
consumato al posto della tradizionale bistecca come secondo, oppure a cubetti per insaporire piatti unici a base di
pasta e verdure; a tal scopo è un ottimo sostituto, non certo meno saporito, della tradizionale pancetta a cubetti, ben
più ricca di grassi, colesterolo e calorie. Come tutte le carni conservate, anche lo speck dev'essere consumato con la
giusta moderazione; si tratta infatti di un prodotto piuttosto ricco in sodio e con una percentuale non certo
trascurabile di acidi grassi saturi e colesterolo. Non dobbiamo inoltre dimenticare il processo di affumicatura, che
anche se particolarmente blando, non è certo il metodo di conservazione più salutare (senza scatenare inutili
allarmismi, l'elevato consumo di alimenti affumicati è considerato un fattore di rischio per il cancro allo stomaco);
inoltre, anche i nitriti e nitrati, certo importanti per la conservazione ma spesso aggiunti con troppa leggerezza, sono
implicati nell'insorgenza del tumore allo stomaco (ovviamente se consumati in grandi quantità). In ogni caso,
ricordiamo come l'associazione del prodotto con un piatto ricco di verdure, per la presenza di vitamine ad azione
antiossidante e fibre alimentari, sia in grado di attenuare gli effetti dannosi di queste sostanze. Il marchio IGP, nel
caso specifico dello speck altoatesino "Südtirol" ma in genere per tutti i prodotti certificati, garantisce quindi non
solo caratteristiche organolettiche superiori, ma anche una maggiore tutela per la salute del consumatore (ad
esempio un ridotto impiego di conservanti o di esaltatori di sapidità , largamente utilizzati dall'industria alimentare
per migliorare la qualità scadente della materia prima).
5. GLOSSARIO TECNICO
5.1 Acido lattico
5.1.1. Introduzione
L'acido lattico o lattato è un sottoprodotto del metabolismo anaerobico lattacido. Si tratta di un composto tossico per
le cellule, il cui accumulo nel torrente ematico si correla alla comparsa della cosiddetta fatica muscolare.
Il lattato viene prodotto già a partire da basse intensità di esercizio; i globuli rossi, per esempio, lo formano
continuamente anche in condizioni di completo riposo.
Un uomo adulto normalmente attivo produce circa 120 grammi di acido lattico al giorno; di questi 40 g sono prodotti
dai tessuti aventi un metabolismo esclusivamente anaerobio (retina e globuli rossi) i rimanenti da altri tessuti
(soprattutto muscolare) in base all'effettiva disponibilità di ossigeno.
Il corpo umano possiede dei sistemi di difesa per proteggersi dall'acido lattico e può riconvertirlo in glucosio grazie
all'attività del fegato. Il cuore è invece in grado di metabolizzare l'acido lattico a scopo energetico.
Da queste affermazioni si deduce come l'acido lattico, seppur tossico, non sia un vero e proprio prodotto di rifiuto.
Grazie a tutta una serie di processi enzimatici tale sostanza può infatti essere utilizzata per la risintesi di glucosio
intracellulare.
Gli ultimi studi sottolineano come l'acido lattico sia in realtà solo indirettamente coinvolto nell'aumento dell'acidità
ematica. Il principale responsabile di questo fenomeno è lo ione idrogeno H+ che durante un esercizio fisico ad
elevata intensità si libera in quantità elevate per l'aumento dell'idrolisi dell'ATP.
Il ciclo di Cori è il meccanismo responsabile della conversione dell'acido lattico in glucosio, avviene nel fegato e
segue le tappe riportate in figura.
Nel muscolo sottosforzo la produzione di acido lattico è massiccia soprattutto nelle fibre veloci o pallide che hanno un
potere glicolitico anaerobico superiore a quelle rosse o resistenti. Non a caso atleti particolarmente brillanti nelle
prove anaerobiche lattacide come l'inseguimento su pista nel ciclismo ed i 400-1500 metri nell'atletica, producono
oltre il 20% di acido lattico in più rispetto ad una persona normale.
Alla stessa intensità di esercizio, la quantità di acido lattico prodotta è inversamente proporzionale al grado di
allenamento del soggetto. Ciò significa che se un atleta ed un sedentario corrono alla stessa velocità, quest'ultimo
produce molto più acido lattico rispetto al primo e lo smaltisce con maggiori difficoltà.
Durante il lavoro muscolare strenuo quando il metabolismo aerobico non è più in grado di soddisfare le aumentare
richieste energetiche, viene attivata una via accessoria per la produzione di ATP chiamata meccanismo anaerobico
lattacido. Tale fenomeno pur sopperendo in parte la carenza di ossigeno aumenta la quota di acido lattico prodotta che
a sua volta eccede le capacità di neutralizzazione da parte dell'organismo. Il risultato di questo processo è un brusco
incremento della quota di lattato presente nel sangue che corrisponde grossomodo alla frequenza di Soglia anaerobica
del soggetto.
La concentrazione ematica di lattato nel sangue è normalmente di 1-2 mmoli/L a riposo ma durante uno sforzo fisico
intenso può raggiungere e superare le 20mmol/L. La Soglia anaerobica, misurata tramite la concentrazione ematica di
acido lattico, viene fatta coincidere con il valore di frequenza cardiaca per cui nel corso di un esercizio incrementale si
raggiunge la concentrazione di 4mmoli/L.
L'acido lattico inizia ad accumularsi nei muscoli e nel sangue quando la velocità di sintesi supera la velocità di
smaltimento. Approssimativamente, tale condizione si innesca quando durante un esercizio fisico intenso la frequenza
cardiaca supera l'80% (per i non allenati) ed il 90% (per i più allenati) della frequenza cardiaca massima.
5.1.2. Aumentare la tolleranza all'acido lattico
Gli atleti impegnati in discipline anaerobiche lattacide (durata dello sforzo tra i 30 ed i 200 secondi) sono costretti a
gareggiare in condizioni di massima produzione ed accumulo di lattato. La loro prestazione è quindi correlata
all'efficienza del metabolismo anaerobico lattacido e dei sistemi di smaltimento a livello ematico, muscolare ed
epatico.
Lo scopo degli allenamenti mirati all'incremento di tali caratteristiche è quello di saturare i muscoli di acido lattico in
modo tale che si abituino a lavorare in condizioni di forte acidità. Contemporaneamente tale approccio migliora
l'efficacia dei sistemi tampone ematici (bicarbonato) nel neutralizzare l'acidosi del sangue.
L'atleta ha a disposizione due tecniche di allenamento per ottenere un miglioramento della prestazione anaerobica
lattacida:
una basata su sforzo continuo (20-25 minuti) a valori di Frequenza cardiaca prossimi alla Soglia anaerobica (± 2%)
una basata sul metodo di lavoro ad intervalli: nell'atletica 2-6 ripetute per 1-4 serie da 150-400 metri a ritmo gara o
superiore intervallati da recuperi parziali tra le ripetizioni (45-90 secondi) e completi tra le serie (5-10 minuti).
L'acido lattico viene smaltito nel giro di 2 o 3 ore, e la sua quantità si dimezza ogni 15-30 minuti a seconda
dell'allenamento e della quantità di acido lattico prodotto.
Contrariamente a quanto spesso si afferma, l'acido lattico non è il responsabile del dolore muscolare avvertito il giorno
seguente ad un allenamento molto intenso. Questo dolore è causato da microlacerazioni muscolari che originano
processi infiammatori; inoltre vi è un incremento delle attività ematiche e linfatiche che aumentano la sensibilità nelle
zone muscolari maggiormente sollecitate.
L'acido lattico rappresenta un forte stimolo per la secrezione di ormoni anabolici come il GH ed il testosterone. Per
questo motivo esercizi con i pesi ad elevata intensità, intervallati da pause non troppo lunghe, massimizzano il
guadagno di massa muscolare.
Oltre al ciclo di Cori esiste un ulteriore sistema per smaltire l'acido lattico evitando che questo si accumuli nel
muscolo. Si tratta del tamponamento ematico mediato dal bicarbonato (vedi: Il bicarbonato).
Il 65% dell'acido lattico prodotto viene convertito in anidride carbonica a acqua, il 20 % viene convertito in glicogeno,
il 10% in proteine ed il 5% in glucosio
Lo sapevi che... L'acido lattico viene impiegato nell'industria alimentare come regolatore di acidità.
Nella bocca, tra i vari batteri presenti, il lattobacillo acidofili ha il più alto potere cariogeno. Questo batterio si nutre
del glucosio presente nei residui alimentari formando acido lattico come prodotto di rifiuto. Grazie alla sua acidità
questa sostanza riesce a sciogliere un po' per volta lo smalto dentale intaccando la dentina.
5.2 L'ATP (Adenisina Trifosfato)
Molecola presente in tutti gli organismi viventi, per i quali rappresenta la principale forma di accumulo di energia
immediatamente disponibile.
5.2.1. Caratteristiche
L'adenosina trifosfato, o ATP, è costituita da una molecola di adenina e una di ribosio (zucchero a 5 atomi di
carbonio) a cui sono legati tre gruppi fosforici, mediante due legami ad alta energia. L'energia immagazzinata
nell'ATP deriva dalla degradazione di composti denominati carboidrati, proteine e lipidi, attraverso reazioni
metaboliche che avvengono in assenza o in presenza di energia. Dal momento che la funzione energetica dell'ATP è
intimamente connessa alla funzione catalitica degli enzimi, l'ATP viene considerata un coenzima.
6. DIZIONARIO CARNI