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DIRITTO COMMERCIALE

Che cos’è l’impresa?


L’impresa è un modello di produzione. La nascita del fenomeno d’impresa coincide con l’avvento della Rivoluzione
Industriale.
Prima si produceva secondo paradigmi diversi; ossia si produceva per conseguire ciò che era necessario per
sopravvivere (economia di sussistenza).
Il modello di produzione industriale cambia quando prende piede il principio della divisione del lavoro e della
specializzazione. Nasce l’idea di realizzare un surplus da scambiare con altri e tenersi ciò di cui si ha bisogno.

La produzione industriale è diversa dalla produzione artigianale:


-Produzione industriale = apparato produttivo strutturato che richiede ingenti investimenti e che assicura volumi
elevati di produzione.
-Produzione artigianale = è incapace di superare certi livelli di produzione. Si basa sull’esito di una persona e riflette il
talento dell’artigiano. Se egli muore può cessare l’intera attività.
Con la rivoluzione industriale nasce un nuovo modello di produzione che si basa sull’uso delle macchine e comporta
la ridimensione del fattore umano.
Innovazione=
-la macchina consente di aumentare in maniera vertiginosa la produzione
-il prodotto viene collocato sul mercato e non riflette il fattore umano ossia il talento dell’imprenditore che ora si
occupa del coordinamento dei fattori produttivi. Il prodotto collocato è il figlio dell’organizzazione produttiva e
l’imprenditore muore non cessa l’attività.
L’impresa non ha limiti quantitativi e spersonalizza il prodotto che non riflette più il talento dell’imprenditore.

NOZIONE GIURIDICA DI IMPRESA


Impresa serve ad indicare il fenomeno della produzione industriale.
Il legislatore regola il fenomeno dell’impresa nell’articolo 2082: “È imprenditore chi esercita professionalmente
un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”
Oggetto della definizione è l’imprenditore, ma siccome la sua nozione è determinata per relationem all’attività svolta
è corretto affermare che la norma definisce l’impresa.

-l’impresa è un’attività: l’attività è un processo che si compone di una moltitudine di atti, autonomi e distinti, ma
funzionalmente collegati tra loro. Può essere disegnata come una linea.
-attività produttiva diretta alla produzione o allo scambio di beni e servizi: mentre inizialmente la principale fonte
di ricchezza era il suolo, ora è l’impresa perché aumenta il benessere collettivo producendo beni e servizi (soddisfa
bisogni).
-l’attività deve essere economica: il legislatore introduce un vincolo di carattere modale. L’attività deve essere
esercitata con metodo economico ossia svolta con l’idea che i profitti siano in grado almeno di pareggiare i costi.
Mera erogazione: l’impresa non può esaurirsi in un’attività di dissipazione delle risorse. (si escludono quindi dall’area
giuridica di impresa tutte quelle attività svolte istituzionalmente in perdita come la beneficienza).
Almeno costi=ricavi, ma non è detto che nella realtà avvenga. Se l’impresa va in perdita, il legislatore interviene e
l’impresa fallisce ossia viene estromessa dal mercato. Il vincolo economico va rispettato sia all’inizio che alla fine.
-l’impresa deve essere esercitata in modo professionale: l’attività deve essere svolta in maniera abituale (non
occasionalmente) e deve presupporre stabilità e ripetitività nel tempo. Altri fenomeni non si prestano ad essere
impresa.
Esempio. imprenditore è chi gestisce lo stabilimento balneare d’estate. (ogni anno si ripete)
I prodotti e i servizi offerti dall’impresa si presuppongono a regola d’arte in quanto il fenomeno d’impresa si ripete
nel tempo. Continuando a fare le stesse cose nel tempo si fanno meglio e si assicurano elevati standard di efficienza.
Valutare il corretto adempimento dell’impresa art. 1176
Termine di paragone è come avrebbe operato un altro professionista esperto nel settore?
Proprio perché l’attività d’impresa è professionale, stabile e continuativa uso il parametro della perizia e non quello
della diligenza del buon padre di famiglia.
-l’impresa deve essere un’attività organizzata: tale non è un vincolo modale ma un elemento strutturale.
È attività organizzata l’impresa che implica un determinato assetto o apparato produttivo, ossia un coordinamento di
fattori produttivi.
Può considerarsi impresa l’attività che viene svolta attraverso un’azienda.
L’output finale è il risultato dei fattori produttivi coordinati.
L’organizzazione produttiva diventa oggettiva e può circolare e passare di mano (trasferimento di un’azienda da un
titolare ad un altro). Il prodotto diventa il figlio dell’organizzazione produttiva e non più dell’imprenditore. Ciò
agevola l’attività d’impresa che può proseguire indipendentemente dal suo ideatore.

RILEVANZA CONCRETA DEL DISCORSO?


La possibilità di considerare l’attività come impresa determina la possibilità di assoggettare la normativa delle
imprese.
STATUTO GENERALE D’IMPRESA
È un insieme di blocchi/istituti.
-disciplina sulla concorrenza sleale: 2598 sg sono norme che offrono strumenti di tutela contro la concorrenza sleale.
Nel nostro sistema le imprese sono libere di competere tra di loro ma la competenza deve essere corretta.
-disciplina sui segni distintivi: 2598 sg
ditta (nome dell’impresa) e insegna (marchio; basta la sua visualizzazione per capire la provenienza del prodotto)
consentono alla singola impresa di distinguersi rispetto alle altre. È fisiologico che ci siano delle imprese che
scambino lo stesso tipo di prodotto o servizio ma è necessaria la distinzione.
-codice del consumo: medesime condizioni di contratto attuate dal contraente forte. La contrattazione per
condizioni generali di contratto è tipica delle imprese e consiste nel proporre al cliente moduli contrattuali
predisposti (iscrizione in palestra). Quando l’impresa contratta ricorre 9/10 a questo tipo di contratto.
-disciplina dell’azienda.

Il codice civile distingue diversi tipi di imprese e imprenditori in base a tre criteri:
-oggetto; determina la distinzione tra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale
-dimensione; in base al quale è individuato il piccolo imprenditore e l’imprenditore medio grande.
-natura; determina la tripartizione legislativa tra impresa individuale, impresa costituita in forma di società e impresa
pubblica.
Tutti gli imprenditori sono assoggettati ad una disciplina base comune ossia lo statuto generale d’impresa.
Alle sub-fattispecie il legislatore riconnette normative specifiche con il fine di regolare in modo diverso.
Es. l’impresa agricola – statuto dell’impresa agricola
Impresa commerciale – statuto dell’impresa commerciale
Entrambe sono assoggettate in quanto imprese allo statuto generale d’impresa e in più sono soggette ai loro
rispettivi statuti specifici.

CRITERIO DI OGGETTO
L’impresa viene distinta in base all’oggetto in impresa agricola e impresa commerciale.
Accanto ai sottoinsiemi di imprenditore agricolo e commerciale, vi è una terza categoria,gli imprenditori civili.
Le imprese civili sono tutte quelle attività che non hanno ad oggetto la cura o lo sviluppo di un ciclo biologico e tutte
quelle che non implicano una trasformazione.

IMPRESA AGRICOLA
Articolo 2135:
1° comma = è imprenditore agricolo colui che esercita una delle seguenti attività:
• coltivazione del fondo
• allevamento del bestiame
• silvicoltura (= coltivazione dei boschi)
e attività connesse

il 2° è un’insidia in quanto ci fornisce un’altra definizione.


La prima definizione è l’originaria adattata nel 42 mentre la seconda è stata adottata nel 2001. Bisogna privilegiare la
più recente. Il legislatore non è preoccupato di eliminare il 1° comma ma si può considerare implicitamente abrogato
in quanto il 2° comma ha un periodo più ampio.
Il legislatore ha aggiornato la definizione in funzione dell’evoluzione tecnologica. In cosa consiste l’allargamento di
tale nozione?
Mentre una volta era scontato che l’attività agricola fosse strettamente collega al fondo, l’evoluzione tecnologica ha
eliminato questo collegamento. Oggi esistono culture vegetali che possono essere fatte crescere indipendentemente
dall’utilizzo del suolo (anche specie animali che mangiamo mangimi artificiali).
Pertanto il 2° comma specifica che si intendono le = attività dirette alla cura e sviluppo di un ciclo biologico o di una
fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale. Queste attività possono o non possono utilizzare il
fondo.

Le attività agricole possono essere distinte in due grandi categorie:


-attività agricole essenziali: la produzione di specie vegetali e animali è sempre qualificabile come attività agricola
essenziale anche se realizzata con metodo che prescindono dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti.
-attività agricole per connessione

Due sono le condizioni necessarie perché un’attività possa qualificarsi come agricola per successione (e così essere
regolata come se fosse agricola):
-requisito oggetto: è necessario che il soggetto che la esercita sia già imprenditore agricolo.
-requisito soggettivo: criterio della prevalenza = le attività devono avere ad oggetto prodotti ottenuti
prevalentemente dall’esercizio dell’attività agricola stessa. È sufficiente che le attività connesse non prevalgano, per
rilievo economico, sull’attività agricola essenziale.
Esempio: il titolare di un agriturismo svolge un’impresa agricola per connessione in quanto di per sé non può
considerarsi agricola ma in presenza di 2 presupposti viene disciplinata come se lo fosse.

IMPRESA COMMERCIALE
Articolo 2195:
La norma non essendo scritta bene può generare confusione. 2 conclusioni preliminari:
1. Differisce dall’art. 2135 che comincia con una definizione.
Il 2195 individua quali imprenditori devono iscriversi in un determinato registro.
Il 2° comma afferma che nonostante la diversità di forma, il 2195 individua le imprese commerciali.
2. Mentre il 2135 è una nozione generale e ordinaria, il 2195 ha una tecnica di redazione molto diversa perché
il legislatore redige un elenco di attività che secondo lui sono da considerarsi commerciali.

Devono iscriversi al registro delle imprese gli imprenditori che svolgono le seguenti attività:
1. Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi
Vasto è il settore delle imprese industriali (manifatturiere, alimentari, automobilistiche..)
2. Attività intermediaria nella circolazione dei beni
Non si tratta di circolazione materiale da Milano a Bologna ma circolazione giuridica da un soggetto A ad un
soggetto B. Ad esempio “Esselunga” che compra e rivende.
3. Attività di trasporto per terra, acqua o aria sia di persone che di cose
4. Attività bancaria o assicurativa
5. Altre attività ausiliarie alle precedenti

Il legislatore avrebbe ottenuto lo stesso risultato solo con i primi 2 punti.


Chi fa parte del 3 gruppo? Mobyline rientra nell’attività industriali diretta alla produzione di servizi.
Chi fa parte del 4 gruppo? Le attività bancarie e assicurative potevano rientrare anche esse nel 1 gruppo.
Pertanto si tratta di un elenco ridondante dove i punti 3-4-5 sono da considerare superflui.

Gli Art. 2135 e 2195 non esaudiscono l’universo delle imprese.


IMPRESE CIVILI
premessa
Il punto 1 dell’elenco sopra cita le attività industriali. Il termine industriale fa riferimento ad un’attività diretta alla
produzione di beni e servizi che si svolge trasformando. Attività che implicano una trasformazione:
-da materie prime in prodotti finali
-da semilavorati in prodotti finali
-materie prime a semilavorati

Vi sono attività che non si riconducono né all’interno dell’impresa agricola ne commerciale(industriale).


Esempio: estrazione del petrolio
Il petrolio non subisce una trasformazione.
Imprese civili= sarebbero da ricondurre tutte quelle attività produttive che non hanno ad oggetto la cura di un ciclo
biologico e nemmeno una trasformazione.
Critica distruttiva: il terzo gruppo non esiste perché nel linguaggio giuridico si distingue per assoggettare a norme.
Alle imprese civili non viene correlata un’apposita disciplina pertanto la teoria delle imprese civili viene respinta.

Pertanto si attribuisce al termine industriale un significato diverso che prende senso solo in ambito giuridico.
..attività diretta alla produzione di beni o servizi che non sia agricola..
Il 2135 e 2195 collocano tutto l’universo delle imprese (no imprese orfane)

Il ruolo della distinzione tra agricolo e commerciale:


Chi è imprenditore agricolo è sottoposto solo alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale.
È invece esonerato dall’applicazione della disciplina propria dell’imprenditore commerciale (tenuta delle scritture
contabili, assoggettamento al fallimento).
Lo statuto dell’impresa agricola si individua in sottrazione allo statuto dell’impresa commerciale.

STATUTO IMPRESA COMMERCIALE


Si compone di una serie di capitoli:
1. Pubblicità commerciale
2. Rappresentanza commerciale
3. Obbligo di tenuta delle scritture contabili
4. Assoggettamento al fallimento

1 SISTEMA DI PUBBLICITÀ
Coloro che operano sul mercato, oltre che gli imprenditori stessi, necessitano di disporre con facilità di informazioni
veritiere e non contestabili su fatti e situazione delle imprese con cui entrano in contatto.
Il legislatore introduce un sistema di pubblicità legale.
Il registro delle imprese è lo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali
Altri registri di pubblicità sono registri di stato civile, registri delle cons. immobiliari.
Ogni sistema di pubblicità è governato e regolato da proprie regole.
Art 2188 e seguenti; disciplina del registro delle imprese.
Hanno l’obbligo di iscriversi nel registro delle imprese tutti gli imprenditori indipendentemente dalla natura e dalle
dimensioni dell’attività esercitata.

Fin dal 1942 il legislatore aveva previsto l’istituzione del registro delle imprese ma di fatto è stato effettivamente
istituito nel 1993. Il tempo trascorso tra i due periodi ha costituito un risvolto positivo:
è stato istituito su base telematica a cui tutti, tramite dei requisiti, possono collegarsi. Si garantisce la tempestività
dell’informazione su tutto il territorio nazionale.
La tenuta del registro delle imprese è affidata alle camere di commercio.
Gli imprenditori sono tenuti a veicolare atti o fatti che li riguardano.

Il registro delle imprese è retto da 2 principi:


Principio di tipicità
Il registro delle imprese è una vetrina per l’impresa.
Art. 2196 il legislatore afferma cosa indicare:
-generalità dell’imprenditore
-ditta o nome dell’attività
-oggetto dell’impresa (contenuto dell’attività imprenditoriale + settore merceologico)
-sede dell’impresa
-identità dei collaboratori
Principio di obbligatorietà
Art. 2194 L’imprenditore è obbligato a inserire nel registro delle imprese i dati richiesti dalla legge.
Art. 2196 Obbligo di aggiornare il registro entro 30 gg
Art. 2190 chi gestisce il registro può iscrivere d’ufficio ed aggiornare l’iscrizione, indipendentemente dall’iniziativa
dell’imprenditore.

Quali conseguenze si riconnettono al fatto che un determinato atto sia stato iscritto nel registro delle imprese?
Art. 2193 introduce l’efficacia dichiarativa
-1° comma risvolto positivo: tutto ciò che è iscritto nel registro delle imprese di considera opponibile ai terzi e si
ritiene per definizione noto ai terzi.
La conoscibilità legale (ciò che ce scritto è conoscibile al pubblico) coincide con la conoscenza effettiva.
Esempio: viene cambiata la sede originaria dell’impresa. Un terzo invia una denuncia alla sede vecchia in quanto non
ha consultato il registro delle imprese. La nuova sede era conoscibile e si considera conosciuta. La denuncia non
viene considerata.

-2° comma risvolto negativo: l’elemento non iscritto nel registro delle imprese non è opponibile ai terzi a meno che
l’imprenditore non dimostri che il terzo sia venuto a conoscenza dell’elemento, attraverso altri mezzi.
Esempio: il trasferimento di sede non è opponibile se non iscritto. Se il terzo invia la denuncia alla vecchia sede,
questa è efficace. Ma se l’imprenditore è in grado di dimostrare che aveva informato il terzo, con altri metodi, del
trasferimento, allora l’imprenditore può eccepire che il terzo ha inviato la denuncia presso la sede sbagliata. Grava
sull’imprenditore l’onere della prova.

2 RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
-primo elemento: Il diretto interessato alla conclusione del contratto non può concluderlo ma ha interesse nel farlo e
nomina un terzo, il rappresentante (persona di sua fiducia). Si è in presenza di una vicenda di sostituzione
-secondo elemento: la rappresentanza può essere legale (genitori hanno la rappresentanza sui figli minori) o
volontaria (il rappresentato che nomina il rappresentante)
Gli effetti del contratto concluso dal rappresentante, gravano direttamente sul rappresentato. Occorrono dei
requisiti:
-spendita del nome (far presente che si agisce in nome di un altro
-agire nell’interesse del rappresentato
-necessaria è la procura: atto unilaterale con la quale il rappresentato conferisce al rappresentante il potere di
sostituirlo nella conclusione di uno o più atti.
Il terzo deve sempre verifica l’effettiva esistenza dei poteri rappresentativi.

Art. 2203 rappresentanza commerciale


Perché creare la commerciale se c’era già la rappresentanza volontaria (1387)? Di per sé la rappresentanza
volontaria è un istituto pensato per i privati, anche se utilizzato anche dall’imprenditore. Nel corso della vita si
ricorre alla rappresentanza 4-5 volte di media. Inoltre ci sono casi in cui la procura deve essere perforza scritta (per
un contratto in forma scritta) e ciò aumenta il coefficiente di burocrazia. Il privato ricorre alla sostituzione in via
eccezionale.
Mentre il privato vuole concludere personalmente i propri atti, nelle imprese la sostituzione è più frequente.
Il legislatore ha dettato una disciplina con lo scopo di favorire gli operatori e favorire la conclusione del maggior
numero possibile di contratti. (+contratti per l’impresa, +clienti, +facile trovare fornitori).
La rappresentanza commerciale dovrebbe rendere le cose più semplici a patto che ci sia il presupposto della
frequenza.
Non è detto che la nobile intenzione del legislatore di semplificare le cose sia stata effettivamente raggiunta.

In cosa consiste la rappresenta commerciale?


Il legislatore individua delle figure di collaboratori destinare ad avere rapporti con l’esterno e attribuisce poteri
rappresentativi in ragione del tipo di posizione occupata.
Art. 2203 3 figure:
-institore: alter ego dell’imprenditore, viene messo al vertice dell’organizzazione e sopra di lui vi è solo
l’imprenditore medesimo
-procuratore: a capo di un determinato ufficio
-commesso: preposto in una serie secondaria dell’impresa. Esempio operatori di banca che allo sportello si
interfacciano con la clientela.

Il legislatore attribuisce a ciascuna di queste figure determinati poteri di rappresentanza dell’imprenditore con raggio
diverso. La differenza pecuniaria risiede nel fatto che i poteri rappresentativi vengono assegnati per il fatto di
ricoprire una determinata posizione nella gerarchia.
-l’imprenditore si solleva dall’onere della procura. +semplice
-la riconoscibilità dei poteri rappresentativi non si lega alla procura ma alla posizione ricoperta.

INSTITORE
Art. 2204: può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa o della sede o del ramo cui è preposto.
Gli è espressamente vietato di alienare o ipotecare i beni immobili del proponente, salvo autorizzazione.
Perché per il legislatore del 42 tutto ciò che era collegato a beni immobili era ritenuto molto importante in quanto la
proprietà immobiliare era la principale fonte di ricchezza.
Il legislatore ha ritenuto che di questi atti si curasse l’imprenditore. Inoltre sono atti che modificano notevolmente
l’assetto aziendale.
L’institore può compiere atti della gestione corrente (?) acquisizione di risorse, di materie prime, atti di vendita,
contratti, assunzione lavoratori. Non può compiere atti straordinari che modificano l’assetto organizzativo.

PROCURATORE
I procuratori sono gli ausiliari di gradi inferiore all’institore. Il loro potere decisionale è circoscritto ad un determinato
settore operativo dell’impresa. (es. dirigente del personale).
Sono a metà della piramide aziendale e sono responsabili dei singoli uffici.
Il procuratore può compiere qualsiasi tipo di atto rientrante nella gestione corrente inerente alla propria
funzione/ufficio. Il perimetro è più ristretto rispetto all’institore.
Si tratta di funzionari muniti di poteri decisionali autonomi in ambito limitato.
Il procuratore viene investito dei poteri rappresentativi solo in ragione della posizione ricoperta.

COMMESSO
I poteri del commesso seppur ridotti al minimo, sono importanti in quanto permettono che questi concluda contratti
con i terzi in nome e per conto dell’imprenditore; ad esempio possono ricevere pagamenti. Sono affidate mansioni
esecutive o materiali.
Art. 2211
Non può modificare il contenuto del contratto, non ha poteri per farlo.

Il legislatore identifica il perimetro dei poteri per ciascuna figura di collaboratore.


L’imprenditore può aumentare i poteri o restringerli, in base alle sue esigenze. (Esempio non basta più la firma
dell’institore ma serve anche la firma di un altro). Per apportare modifiche il legislatore deve ricorrere alla procura:
Art. 2206: la procura diventa lo strumento per modificare il perimetro dei poteri indicati dal legislatore.
Nel caso di institori e procuratori è previsto il deposito della procura nel registro delle imprese in quanto rientra negli
atti che formano oggetto di pubblicità.
Nel caso di modifica dei poteri dei commessi, è prevista la procura ma non l’iscrizione di questa nel registro delle
imprese. Eventuali modifiche dovranno essere rese note ai terzi adeguatamente.
Esempio GAP: all’interno vige la regola del “pagamento alla cassa” per rendere note le limitazioni di poteri dei
commessi che non stanno alla cassa; non sono autorizzati a ricevere un pagamento.

La disciplina della rappresentanza commerciale non è del tutto soddisfacente per ragioni:
-esterne al legislatore:
Una volta sul biglietto da visita vi era “responsabile marketing” oggi vi è “manager” più generale.
Una volta vi erano assetti organizzativi più rigidi.
Tali si ripercuotono negativamente sui terzi che faticano a capire di quali poteri rappresentativi sia munito colui che
rappresenta l’imprenditore.
-interne al legislatore:
Il legislatore ha ammesso la derogabilità del perimetro dei poteri rappresentativi che non fa altro che aumentare il
coefficiente di incertezza. 9/10 l’imprenditore predispone la procura e si avvale di questa facoltà (era stata pensata
dal legislatore in via eccezionale).

Il tentativo del legislatore di semplificazione è fallito.


-l’imprenditore continua a servirsi della procura, seppur con altro scopo.
-il terzo deve comunque consultare il registro delle imprese.
Il modello della rappresentanza commerciale porta qualche vantaggio?
Consente all’imprenditore di depositare la procura al registro delle imprese per considerarla conosciuta a qualunque
terzo. Ciò vale solo rispetto a institore o procuratore. Favore dell’imprenditore.

3 OBBLIGO DI TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI


Art. 2214: l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari.
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione dei singoli atti d’impresa, della
situazione del patrimonio e del risultato economico dell’attività svolta.
La tenuta è obbligatoria agli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, salvo i piccoli imprenditori.
Tali permettono all’imprenditore di controllare il risultato della propria attività ed agire prontamente nel caso di
atipicità. Sono a garanzia di un efficiente esercizio d’impresa. L’obbligo viene considerato come superato in quanto
ciascun imprenditore dovrebbe tenerle per svolgere l’attività in modo efficiente e ordinato.
Art .2214 distingue le scritture contabili obbligatorie e facoltative.
Le scritture contabili obbligatorie si distinguono in:
-nominate (libro giornale e libro degli inventari)
-innominate (scritture necessarie in funzione della dimensione dell’impresa.

LIBRO GIORNALE (video che registra di continuo)


Registra le varie operazioni che compongono l’attività d’impresa e si svolgono giorno per giorno.

LIBRO DEGLI INVENTARI (fotografia scattata su base periodica: di norma 1 volta all’anno al termine dell’esercizio)
Indica la consistenza del patrimonio aziendale.
La fotografia è duplice:
-attività e passività del patrimonio aziendale
-attività e passività del patrimonio extraaziendale
L’inventario si chiude con il bilancio comprensivo dello stato patrimoniale, del conto economico e della nota integr.
Differenza tra stato patrimoniale e libro degli inventari
1.il libro degli inventari è più ampio perché riguarda anche il patrimonio extra
2.cambia il criterio di valutazione del bene:
sp=principio di prudenza: si valuta il bene in funzione del costo storico di acquisto

Le norme codicistiche originarie presupponevano la tenuta fisica delle scritture contabili (su carta)
Art. 2215 BIS: è consentita la formazione e la conservazione delle scritture contabili con sistemi informatici.
Devono essere consultabili in ogni momento e deve essere possibile fare copie di esse per avere l’immediata
visualizzazione.
Le scritture contabili non vanno rese pubbliche, sono riservate all’impresa.
Se l’imprenditore non tiene le scritture, non scatta subito una sanzione, poiché queste sono interne all’azienda e non
vi è l’obbligo di renderle note.
È possibile capire se l’impresa tiene le scritture contabili solo in caso di fallimento.
Se ciò dovesse avvenire e si dovesse scoprire la non tenuta delle scritture contabili, l’imprenditore verrebbe
incriminato per bancarotta fraudolenta.

Per le società di capitali vige l’obbligo di deposito di una certa scrittura contabile; il bilancio.
EFFICACIA PROBATORIA
Art. 2709 i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore.
Sono utilizzate come strumento di prova di un debito o di un credito e possono essere utilizzate sia dai terzi sia
dall’imprenditore.
Esempio: fornitore vanta un credito verso l’imprenditore.
Il giudice chiede all’imprenditore di mostrare le scritture relative al periodo.
Se le scritture contabili fanno emergere tale credito, questo è approvato. (sfavore per l’imprenditore)
L’imprenditore le può usare anche in proprio favore, ossia quando vanta un credito in favore di un cliente e mostra
le scritture. In questo caso vi è il rischio che rediga scritture contabili non veritiere in proprio favore.
Questa possibilità è ammessa solo in certi casi:
-le scritture devono essere tenute correttamente.
-deve trattarsi di un credito relativo all’impresa.
-deve trattarsi di un credito vantato nei confronti di un cliente che a sua volta sia imprenditore e che a sua volta
tenga le scritture contabili.
Se l’operazione risulta registrata solo nel registro di un imprenditore e non trova corrispondenza nell’altro, bisognerà
compiere ulteriori accertamenti.
Se le operazioni trovano corrispondenza è una prova inconfutabile.

4 ASSOGGETTAMENTO AL FALLIMENTO
L’imprenditore commerciale è assoggettato al fallimento a differenza dell’imprenditore agricolo investito di un
trattamento di favore.
Esempio: Debito insoluto
Giudizio di cognizione: un giudice accerta l’esistenza del credito e condanna il debitore a pagare il debito e una mora.
Emette una sentenza di condanna.
1 scenario: il debitore paga (adeguamento spontaneo).
2 scenario: il debitore nonostante la sentenza di condanna, continua a non pagare (magari non dispone di liquidità).
Il creditore in tal caso può avvalersi di una norma: Art 2740
“il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”
Il creditore può (tramite una procedura di esecuzione forzata) far vendere in un’asta giuridica i beni del debitore e
farsi assegnare il ricavato della vendita fino al soddisfacimento del suo credito.
(-debito 100, ricavo della vendita 120, 20 val debitore
-debito 100, ricavo 100, tutto al creditore
-debito 100, ricavo 80, il creditore aspetta l’arrivo di altri beni da pignorare)
Se il debitore è nullatenente, il creditore non può fare nulla, solo aspettare e sperare che il debitore ottenga beni
tramite i quali soddisfare il proprio debito.

Art. 2741:
Esempio: ci sono più creditori insoddisfatti. “ottiene in ricavato della vendita, il creditore che avvia per primo il
procedimento giuridico”. Gli altri creditori devono insinuarsi per tempo nella procedura esecutiva; se non succede,
solo il primo avrà diritto a soddisfarsi del ricavato della vendita. E i creditori non avranno modo di ottenere il loro
denaro.
Insinuarsi non è semplice, bisogna provare che non siano state prese iniziative esecutive.

Gli articoli 2740 e 2741 vengono applicati ai privati? Mentre per l’imprenditore sopraggiunge il fallimento.
Il tribunale una volta accertata l’incapacità del debitore commerciale di far fronte ai propri debiti pronuncia la
sentenza di fallimento e nomina un curatore fallimentare.
Il debitore viene spossessato dell’intero patrimonio che viene affidato al curatore.
La procedura è universale: viene portata avanti in favore di tutti i creditori dell’impresa.
Il curatore dovrà procedere ad una serie di vendite con aste pubbliche per monetizzare il patrimonio
dell’imprenditore fallito e distribuire i soldi tra i creditori.
Moneta fallimentare: quando i soldi non sono abbastanza e i creditori sono pagati “in proporzione” di quello che
invece spetterebbe.

Dietro alla procedura fallimentare risiede l’idea di togliere dal mercato un’impresa pericolosa che non è in grado di
pagare e rischia un effetto domino sul mercato.

LO STATUTO DELL’IMPRESA AGRICOLA


Si individue per sottrazione allo statuto dell’impresa commerciale.
-Dal 2001 la pubblicità commerciale si applica anche agli imprenditori agricoli e ha efficacia dichiarativa.
-All’imprenditore agricolo non si applica la disciplina della rappresentanza commerciale.
-L’imprenditore agricolo è esentato dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili.
-L’imprenditore agricolo non è soggetto al fallimento; perché? Agli occhi del legislatore l’imprenditore agricolo corre
un doppio rischio.
Oltre al rischio di mercato (il mercato non accoglie i propri beni) corso anche dall’imprenditore commerciale,
l’imprenditore agricolo corre anche il rischio meteorologico, legato al fattore climatico.
Può succedere ad esempio che il giorno prima del raccolto, la grandine distrugge tutto.
Le differenze tra imprenditore commerciale e imprenditore agricolo si stanno assottigliando sempre di più perché
l’attività agricola si fonda sempre più sul progresso tecnologico.

CRITERIO DI DIMENSIONE
L’impresa si articola in piccola impresa e impresa medio/grande.
Vige l’idea che bisogna aiutare la piccola impresa creando un ambiente più favorevole in modo che si possa
sviluppare e crescere. (regime di favore)

PICCOLA IMPRESA art. 2083:


(norma definitore)
“Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e
coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti
della famiglia.”
Alleggerimento della disciplina:
Al piccolo imprenditore non si applicano le norme dello Statuto dell’imprenditore commerciale (è quindi esonerato
dalla pubblicità commerciale - è prevista l’iscrizione nel registro delle imprese ma l’iscrizione non ha efficacia
dichiarativa- non ha l’obbligo di tenere le scritture contabili, non si applica l’istituto della rappresentanza
commerciale e non è soggetto al fallimento).

Tale norma presenta molte ambiguità interpretative:


- il concetto di famiglia, ma nel Codice Civile vi sono varie descrizioni di famiglia (va considerata solo la famiglia
nucleare intesa come genitori e figli o va allargata anche a zii, ecc.?). A seconda del perimetro del significato che si
vuole dare al termine famiglia, la dimensione dell’impresa cambia.
- deve prevale il lavoro proprio ma su quali fattori va paragonata la prevalenza del lavoro? sul lavoro altrui o su ogni
altro fattore di produzione? (es capitale). Sul lavoro altrui= è piccolo imprenditore il gioielliere che lavora da solo. Su
ogni altro fattore di produzione= il gioielliere non potrebbe considerarsi piccolo imprenditore perché il valore del
capitale investito sarebbe superiore.
- non è chiara la lettura della norma: le prime tre figure indicate sono esempi in quanto rientrano nella definizione
della seconda parte? Oppure sono piccolo imprenditore le tre figure più tutti coloro che rientrano nella seconda
parte?

Un ulteriore errore del legislatore del 42 è quello di pensare ad una definizione assoluta di piccola impresa
destinata ad essere richiamata una volta per tutte, in ogni caso e in ogni situazione.
L’idea base si agevolare la piccola impresa è buona ma il 2083 è molto problematico
Negli anni successivi il legislatore non ha abrogato 2083 ma ha cambiato l’impostazione di fondo. Ha delineato una
definizione ad hoc di piccola impresa lasciando da parte il 2083. Ciascuna nozione di piccola impresa vale nei limiti
della disciplina dentro il quale è contemplata.
Esempio
-Art 18. Dello statuto dei lavoratori: In caso di licenziamento dichiarato da un giudice illegittimo il datore di lavoro
era tenuto a reintegrare il lavoratore in azienda. Non era previsto per le piccole imprese. Quali venivano considerate
piccole? Quelle con meno di 15 dipendenti. Tale nozione vale solo ai fini della disciplina dello statuto dei lavoratori.
-art.1 della legge fallimentare. Gli imprenditori commerciali sono assoggettati a fallimento. Il legislatore ha ritenuto
che l’imprese di piccole dimensioni dovesse essere esentate dal fallimento. Quali venivano considerate piccole
imprese? Il legislatore non ha utilizzato il 2083 ma delinea una nozione specifica che è diversa dalla nozione
individuata nel 2083 e nell’art.18
Alla fine: oggi nel nostro ordinamento l’idea di tutelare la piccola impresa viene portata avanti dal legislatore
dettando volta per volta in base alle discipline una nozione specifica per la piccola impresa.
In cosa consiste la piccola impresa?
Per capire bisogna vedere disciplina per disciplina e verificare se l’impresa rientra nella nozione che tale disciplina
impone per la piccola impresa.
Non ce una fattispecie unica generale ma una moltitudine di fattispecie di carattere relativo.
Il 2083 esiste ma non viene considerato dal legislatore.

Problemi legati al fatto che l’impresa consiste in una vera e propria attività.
IMPRESA ILLECITA
Es. produzione e commercio di cocaina.
Paragone con i contratti. Se il contratto ha un oggetto illecito è nullo.
Non possiamo trattare l’attività d’impresa con gli stessi strumenti con i quali governiamo i contratti.
Contratto = unico atto
Impresa = molteplicità di atti. Tutti gli atti sarebbero nulli ma in questo modo tratteremo in modo negativo anche
terzi in buona fede. Laboratorio che produce cocaina e che ha bisogno di utenze elettriche e ha stipulato il contratto.
Tale contratto rientra nell’attività imprenditoriale. E noi pregiudicheremo terzi che erano in buona fede.

Consideriamo l’impresa illecita rilevante dal punto di vista penalistico e non considerato dal codice civile. Tale
soluzione presenta però un punto debole; per certi aspetti un’impresa illecita sarebbe trattata meglio di un’impresa
lecita ed è inaccettabile.
Quindi bisogna equiparare l’impresa lecita a quella illecita dal punto di vista del cc.
Ma anche in questo caso l’impresa che produce droga potrebbe avvalersi di istituti che proteggono l’impresa (tutela
contro gli atti di concorrenza sleale). Il competitor del produttore di droga elimina sistematicamente i pusher (atto di
concorrenza sleale). Ma entrambi conducono attività illecite.
La soluzione che prevale: si scarta l’idea di una completa rilevanza e di una non rilevanza e si applica all’impresa
illecita l’istituto del fallimento mentre non si applicherà la protezione contro gli atti di concorrenza sleale.
Conclusione: all’impresa illecita si applica lo statuto generale dell’impresa commerciale ma in modo selettivo ciò solo
gli istituti svantaggiosi dell’impresa e non quelli in vantaggio. L’impresa illecita non può mai ricevere vantaggi e
protezione dall’ordinamento.

DETERMINAZIONE DI INZIO E FINE D’IMPRESA


Perché è importante capire quando inizia un’impresa? Perché da quel momento in avanti noi possiamo applicare
tutta la disciplina relativa all’impresa.
Momento iniziale:
• Società di capitali = secondo un criterio di natura formale, l’inizio dell’impresa coincide con la sua iscrizione nel
registro delle imprese (l’iscrizione assume, oltre al ruolo di pubblicità dichiarativa, anche un ruolo costitutivo).
• Imprese individuali = si utilizza un criterio di natura sostanziale. Bisogna cioè verificare se nella realtà esiste una
situazione classificabile come impresa. Per avere un’impresa è necessario avere una pluralità di atti singoli, ma ci si
domanda quanti ne servono.
Non è così semplice capirlo. Si è giunti alla conclusione che non ha senso utilizzare un criterio quantitativo, ma
in passato era stata proposta questa soluzione:
distinguiamo 2 categorie di atti.
-Atti di organizzazione si crea la struttura produttiva. L’impresa non è iniziata
-Atti dell’organizzazione. L’impresa è iniziata; prima vendita del prodotto.
Si parla di impresa quando dopo aver compiuto tutti gli atti di organizzazione è stato compiuto anche il primo atto
dell’organizzazione.
Critiche
-non funziona nella pratica: gli atti spesso si confondono tra loro.
-Rischio di assumere costi che potranno non essere compensati da ricavi, il rischio è forte quando si inizia. Non poter
applicare l’istituto del fallimento rischia di far tenere condotte scorrette e imprudenti.
Posticipare troppo in avanti il momento dell’inizio dell’impresa e la possibilità di applicare lo statuto.

Nuovo criterio: risposta che richiede il compimento di più atti e che suggerisce di guardare al caso concreto e
ravvisare l’inizio dell’impresa ogni volta che ci si trovi difronte ad una pluralità di atti in grado di riflettere un disegno
imprenditoriale attuale. Da quel momento in avanti tutti i successi atti = atti d’impresa e potrà applicarsi la disciplina
d’impresa.
Esempio: voglio iniziare una attività di autonoleggio con conducente. Acquisto un’automobile e prendiamo in
dotazione un box. (compiamo 2 atti non sono così univoci perché potrei aver acquistato la macchina anche per
esigenze personali ma non riflettono in modo univoco un disegno imprenditoriale)
Ipotizziamo di acquistare un cellulare con partita iva ma ancora tali atti non mi indicano in maniera univoca un
disegno.
Ora ipotizziamo di comprare 3 macchine, 3 box, divise per conducenti e assumere un conducente. Ci sono ancora dei
tasselli ma questa sequenza di atti mi indica l’esistenza di un disegno imprenditoriale. Quindi posso parlare di
impresa e applicare lo statuo generale d’impresa.

Momento finale
L’impresa può considerarsi cessata quando non sarà più applicato lo statuto generale.
Nel caso di un dipendente la sua attività cessa quando da le dimissioni, va in pensione o si licenzia. (es gommone)
Nel caso dell’impresa (nave quando cessa passa del tempo dove prosegue per inerzia) è la fase di liquidazione.
Portare a termine i contratti, pagare i debiti, riscuotere i crediti (rapporti pendenti). L’attività potrà considerarsi
cessata quando l’apparato produttivo verrà disgregato. Cessazione dell’impresa.
Per le società l’attività cessa nel momento in cui viene cancellata dal registro delle imprese e conclude i rapporti
pendenti.

IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITA’
Individuare l’imprenditore.
È necessario individuare il soggetto al quale riferire l’attività imprenditoriale, il quale sarà legittimato ad appropriarsi
dei profitti e dei vantaggi o a supportare i debiti o esternalità negative collegate all’attività svolta.
Gli atti sono compiuti da soggetti diversi ma in nome dell’imprenditore.
Criterio della spendita del nome. L’impresa come attività sarà imputabile al soggetto nel nome del quale viene
portata avanti l’attività.
Questo criterio non basta in quanto in alcuni casi porta a manovre fraudolente.
Esempio: vicenda dell’imprenditore occulto è un soggetto interessato ad appropriarsi dei profitti ma desideroso di
non rispondere degli eventuali debiti derivanti dallo svolgimento dell’attività. Per raggiungere tali fini questo
soggetto resta dietro le quinte e fa figurare come soggetto (imprenditore palese/ presta nome) nel nome del quale
viene svolta l’attività. Si tratta di una persona di fiducia che obbedisce e segue tutte le indicazioni dietro compenso in
denaro.
In caso in cui l’attività non sia autoliquidante (costi > ricavi) i creditori dell’impresa sulla base del criterio della
spendita del nome potranno agire nei confronti dell’imprenditore palese ma non verso l’imprenditore occulto.
Perché l’imprenditore palese si sacrifica? Perché molto spesso è nullatenente e non rischia del proprio. Difronte alla
mancanza di cespiti, i creditori dovranno arrendersi e rimanere insoddisfatti.
Finché l’attività va bene di per sé la vicenda non è dannosa per i creditori.

Si è ipotizzato di individuare ulteriori criteri di imputazione da affiancare al criterio formale della spendita del nome.
L’attività è riferibile tanto l’imprenditore palese quanto all’imprenditore occulto.
Si utilizza il criterio sostanziale dell’interesse: un’attività d’impresa deve ritersi imputabile non soltanto al soggetto in
nome del quale viene esercitata ma anche al soggetto nell’interesse del quale viene esercitata. Si può consentire ai
creditori di agire anche verso l’imprenditore occulto.
Questa teoria ha faticato ad affermarsi perché non trovava un idoneo fondamento normativo.
(Vincolo: qualunque tesi deve trovare una sponda imprescindibile in una determinata norma.)
2001 una riscrittura della legge fallimentare 147. Il legislatore offre un sostegno decisivo alla teoria di utilizzare
anche il criterio sostanziale dell’interesse.
Perché? 3 ultimo comma: se bisogna dichiarare il fallimento dell’attività. Se dovesse risultare che le redini di questa
attività dovessero essere di un soggetto dietro le quinte; fallisce il presta nome e fallisce la società per conto del
quale l’attività viene esercitata.

Quali sono i criteri di imputazione dell’attività d’impresa? 2 (spendita del nome, e 147 criterio sostanziale
dell’interesse e si utilizza quando le cose vanno male)
Problema: si fa però riferimento solamente ad una società occulta e non ad un imprenditore.
2 soluzioni:
1. il comma va inteso come norma eccezionale e non va quindi applicata nel caso in cui dietro il prestanome ci sia un
solo individuo;
Utilizzando i principi di razionalità interpretativa: non vi è motivo di distinguere tra società e persona fisica. Disparità
di trattamento priva di reale giustificazione.
2. vedere il comma come norma eccezionale è restrittivo, si può quindi sempre applicare, qualora l’imprenditore
occulto sia persona fisica o società.

CAPACITÀ DELL’IMPRENDITORE
Rispetto all’attività d’impresa bisogna prevedere delle regole speciali in presenza di incapacità del soggetto

Capacità giuridica: attitudine dell’uomo ad essere titolare di diritti e di doveri si acquista al momento della nascita e
perdura fino alla morte.
Capacità di agire: facoltà di compiere atti giuridici in grado di incidere sulla propria sfera giuridica. Riconosciuta alle
persone fisiche con il compimento del 18 anno di età.
Duplice problema:
-Trovare delle soluzioni per consentire il compimento di atti sui minori.
-Possibilità che un soggetto pur avendo compiuto 18 anni non abbia la lucidità necessaria per compiere atti che
incidano sulla sua sfera giuridica.
Il legislatore interviene con:
-Interdizione
-Inabilitazione
-Amministratore di sostegno
Logica di conservare il patrimonio dell’incapace.
Se un soggetto è stato dichiarato incapace di agire, l’inizio di una attività d’impresa è vietato.
Può succedere che un soggetto perda in un momento successivo rispetto all’inizio dell’impresa la capacità di agire.
Imprenditore che subisce un incidente automobilistico grave. Qual è la sorte dell’attività d’impresa? Se è già in corso
spetta al tribunale decidere se debba essere smantellata oppure se questa è ormai consolidata e produce guadagni e
magari a fronte della possibilità di un subentro del figlio allora il tribunale può autorizzare la prosecuzione
dell’attività.
Il legislatore mette in campo 3 istituti rispetto al soggetto incapace. Perché è stata introdotta l’amministrazione di
sostegno? Perché inabilitazione e interdizione sono pensati per proteggere il soggetto fragile però si portano dietro
degli svantaggi; sono rigidi, incidono in profondità sull’agire del soggetto e si portano dietro uno stigma sociale
negativo.
Gli effetti dell’amministrazione di sostegno non vengono determinati una volta per tutte dal legislatore ma è il
giudice a calibrare lo strumento in funzione del problema. Istituto utile anche per gli imprenditori che in età avanzata
non sono in grado di svolgere o proseguire l’attività imprenditoriale e nominano un aiuto.

AZIENDA
Strumento attraverso cui viene portata avanti l’attività imprenditoriale.

Art. 2555 “Azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
(beni possono essere cose materiali o immateriali come brevetto).
E’ meglio utilizzare la formula complesso di elementi in quanto comprendiamo anche il fattore umano.
Beni fa riferimento a entità. È giusto ridurre l’azienda ad un complesso di beni inanimati? Art. 810
si parla di azienda come se fosse un oggetto di proprietà. È corretto da un punto di vista tecnico parlare di proprietà
dell’azienda. Proprietà indica un diritto soggettivo con un contenuto ben preciso. Utilizzare il bene secondo i propri
bisogni e traferirlo, cederlo etc.
I macchinari utilizzati nell’azienda non appartengono all’imprenditore per i contratti di leasing e anche il capannone
non è dell’imprenditore ma è in affitto. Non ha senso dire di essere proprietario dell’azienda perché molti dei beni
che compongono l’azienda sono utilizzati sulla base di contratti.
Caso estremo: azienda del tutto automatizzata che viene costituita attraverso macchinari rubati a terzi. (Res furtive)
Ha senso parlare di azienda di proprietà dell’imprenditore? Se i terzi richiedono la restituzione dei beni sottratti
all’azienda non rimane niente.
Ci sta che nel linguaggio comune si dica mia azienda ma a livello giuridico non è configurabile un diritto di proprietà
sull’azienda in quanto tale perché se così fosse dovrebbe prevalere
Semmai si può parlare di titolarità in capo all’imprenditore dei vari rapporti in base ai quali utilizza i fattori produttivi.
L’imprenditore non è proprietario dell’azienda ma può essere titolare dei macchinari e titolare di rapporti
contrattuali in base ai quali utilizza i fattori produttivi. Nell’ipotesi di sottrazione di beni a terzi potrà esercitare
situazioni possessorie che in caso di rivendicazione potrebbero venire meno.
INUTILE parlare di azienda come nuovo bene.

Elementi necessari: senza i quali l’azienda non potrebbe sopravvivere (es. brevetto)
Elementi accessori: possono venire meno senza mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’azienda (es. veicolo
aziendale per andare dai propri clienti, non è essenziale perché potremmo andare con un altro veicolo. È solo un
elemento di immagine).

Disciplina dell’azienda è disciplina del trasferimento d’azienda.


Trasferire gli elementi che compongono l’azienda è difficile in quanto non trasferisco solo situazioni di proprietà; ad
esempio il capannone industriale è in affitto. Vale anche per le persone.
Quando l’azienda è composta da elementi utilizzati attraverso situazione proprietarie o attraverso contratti, da un
punto di vista giuridico è difficile perché un conto è la legge di circolazione delle situazioni proprietarie dove è
sufficiente l’accordo tra cedente e cessionario e un altro è il la legge di circolazione dei contratti Art. 1406.
Sarebbe troppo difficile chiedere il consenso di tutti i contraenti ceduti. Rendendosi conto che il loro contributo è
necessario avrebbero comportamenti opportunistici.
Il legislatore si è reso conto di tali problemi…

Rischio delle dimenticanze


Riguardo la cessione d’azienda è necessario identificare in elenco tutti gli elementi che costituiscono l’azienda.
Il legislatore nel 42 si rende conto che tale presenza dei rischi di trascuratezza e adotto criteri per facilitare la vita agli
operatori economici.
Il trasferimento d’azienda è un’operazione straordinaria che può essere occasione per ridurre il personale e
licenziare lavoratori. Il legislatore non vuole che si determinino tali esternalità negative.

I creditori dell’impresa: coloro che hanno fatto credito all’imprenditore cedente.


Quando si fa un prestito si controlla che l’imprenditore abbia un patrimonio in grado di fare fronte al prestito (ne
risponde con tutto il suo patrimonio).
Se non ha patrimonio adeguato: garanzia fideiussoria.
Quando si presta denaro ad un imprenditore non si guarda il suo patrimonio perché spesso l’imprenditore intesta
beni alla moglie e ai figli ma si guarda la redditività dell’azienda: capacità dell’azienda di produrre reddito.
L’attività è in grado con i ricavi di fare fronti ai costi? Tra cui c’è anche il reddito.
Se l’imprenditore che ha ottenuto finanziamenti cede l’azienda viene meno la possibilità di rimborso attraverso la
redditività dell’azienda. Per il creditore diventa difficile intascare i crediti.

NORME FACILITANO LA VITA AI LAVORI


Art. 2555: “L’azienda è data dal complesso di beni o elementi organizzati per l’esercizio dell’impresa.”
Permette di dedurre l’azienda come oggetto del contratto. In caso di trasferimento d’azienda, la definizione del
termine azienda mi permette di ritenere incusi nel contratto gli elementi essenziali che compongono l’azienda.
Prima del 1942 bisognava indicare in elenco tutti gli elementi che costituivano l’azienda (descrizione analitica)
esponeva al rischio di incompletezza.
Oggi è possibile una costruzione sintetica del contratto: affermare che sono compresi nel contratto tutti gli elementi
essenziali. Sono inclusi nel trasferimento tutti gli elementi essenziali del complesso produttivo. (costruzione
sintetica).

Art. 2558 norma emblematica


L’azienda può essere costituita da elementi di proprietà ed elementi costituiti sulla base di contratti.
Per le situazioni proprietarie basta l’accordo mentre per il passaggio del contratto serve la necessità del contraente
ceduto che renderebbe complesso il passaggio.
Il legislatore supera questo problema: nel caso di trasferimento il cessionario subentra automaticamente nei
contratti in essere stipulati dal cedente. Regola del passaggio automatico dei contratti dal cedente al cessionario
rendendo superfluo il consenso del contraente ceduto.

Art. 2557 Divieto di concorrenza in capo al cedente.


Vieta all’alienante di un’azienda, per un periodo di 5 anni dal trasferimento, l’inizio di una nuova impresa che sia
idonea a sviare la clientela dall’azienda ceduta in ragione dell’oggetto, dell’ubicazione o di altre circostanze.
Questa norma è derogabile solo in senso più favorevole all’alienante. Le parti possono dunque eliminare o rendere
meno gravoso il divieto di concorrenza. Mentre è solo parzialmente derogabile in senso più gravoso per l’alienante.
(Titolare della pasticceria Bastianello decide di trasferirla ad un terzo. Egli nei 5 anni successi non può aprire una
nuova pasticceria di fronte)
Ipotizziamo che di fronte alla pasticceria venduta arrivi un famoso pasticcere bolognese che apra una pasticceria
(non su iniziativa del cedente)
In questo caso l’apertura della pasticceria è legittima e l’acquirente non potrebbe fare nulla.
Perché il bolognese è legittimato ad aprire mentre chi ha ceduto l’azienda no?
Il bolognese può aprirla perché il nostro sistema economico è basato sulla libera concorrenza. Ma perché non si
consente anche al cedente? Perché verrebbe a condurre la competizione partendo da una posizione di vantaggio;
conoscere la clientela, la zona.

2 tipi di avviamento:
-avviamento oggettivo: qualità correlata all’azienda in quanto tale organizzata di produrre reddito.
-avviamento soggettivo: capacità dell’imprenditore in quanto tale di attrarre clientela.
Se si consentisse al cedente di intraprendere una nuova attività: non ci sarebbe competizione di avviamento
soggettivo.
Durata di 5 anni: si ritiene che tale periodo sia sufficiente al cessionario per formare a propria volta il suo
avviamento soggettivo (in modo da pareggiare quello del cedente).
Il pasticcere bolognese non ha un avviamento successivo ma è un new entry come il cessionario.
Nessuno sarebbe più interessato a comprare un’azienda. Tutela il significato profondo dell’affare.
NORME CHE TUTELANO INTERESSI DI TERZI CHE GRAVITANO INTORNO ALL’’AZIENDA E POSSONO RIMANERE
INTACCATI DAL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA

Art. 2112
Questo articolo è isolato rispetto agli altri; la norma è stata collocata nell’ambito delle disposizioni della disciplina del
lavoro subordinato.
Protegge i lavoratori dipendenti.
In caso di trasferimento d’azienda i contratti di lavoro passano automaticamente dal cedente al cessionario.
Il trasferimento di azienda non può essere utilizzato come occasione per licenziare i lavoratori.

Art. 2112 VS l’Art. 2558?


Per il 2558 i contratti passano automaticamente ma si può pattuire che determinati contratti restino in mano al
cedente e non passino. Questo articolo rappresenta una deroga all’art. 1406.
Niente impedisce alle parti di dire che il contratto di leasing resti in capo al contratto del cedente (non è un elemento
essenziale).
Il 2112 non ammette questa possibilità di deroga; passano TUTTI i contratti dal cedente al cessionario. Il cessionario
potrà un domani licenziarli solo se si verificassero le ragioni per cui è previsto il licenziamento.

2258 2° comma: i contratti passano automaticamente senza necessità del consenso del contraente ceduto ma nei 3
mesi successivi il contraente ceduto potrà recedere dal contratto sempre che sussista una giusta causa.
Se il recesso fosse esercitabile sempre la norma sarebbe contraddittoria rispetto al comma precedente. (strumento
di tutela per il contraente ceduto; tale strumento è condizionata alla sussistenza di una giusta causa)
Il recesso è subordinato alla sussistenza di una giusta causa. I 2 comma sono così coerenti.

Giusta causa:
-palese inidoneità patrimoniale: situazione patrimoniale del cessionario deteriorata.
-palese inidoneità tecnica: non ha le capacità per portare avanti l’attività dell’azienda acquisita.
Il diritto di recesso serve per evitare un impoverimento patrimoniale collegato all’esecuzione della propria
prestazione senza ricevere niente in cambio. Contraente ceduto al riparo di una perdita secca.
Questa è una forma di tutela preventiva.
Quando un fornitore conclude un contratto con l’imprenditore; il terzo ha di mira un guadagno
2558 permette al contraente ceduto di agire in via risarcitoria nei confronti del cedente. Potrà essere richiesto al
cedente in via risarcitoria il ristoro nel lucro cessante.

CREDITORI DELL’IMPRESA
Il 2558 si applica ai contratti a prestazione corrispettiva.

Art. 2559: crediti e debiti che nascono dal contratto a prestazioni corrispettive che però sono già stati eseguiti
interamente almeno da un lato. Contratto di fornitura dove un soggetto si obbliga ad eseguire una fornitura dietro
corrispettivo; spesso avviene che la fornitura viene eseguita immediatamente mentre il pagamento a 30gg. Questo
contratto finisce per evolvere in una posizione di credito o di debito. A seguito della fornitura per l’imprenditore che
ancora non ha pagato si crea un debito mentre per il fornitore si crea debito.

Art. 2560: creditori dell’impresa, chi al momento del trasferimento dell’azienda riveste una posizione di creditore.
(ad esempio può aver già eseguito la sua prestazione).
1° comma: l’alienante non è liberato dai debiti assunti sotto la sua gestione in ragione del trasferimento dell’azienda
a meno che i creditori non lo liberino.
Chi assume un debito è tenuto ad eseguire la prestazione a meno che il creditore non ritenga di liberarlo.
2° comma: per i debiti sorti sotto la precedente gestione risponde anche il cessionario, sempre che quei debiti
risultino dalle scritture contabili.
I creditori dell’impresa possono agire non solo nei confronti del cedente ma anche del cessionario. Si crea una
responsabilità di carattere solidale tra cedente e cessionario.
Si regola solo il rapporto esterno tra creditore e debitori ma non quello interno tra cedente e cessionario.
Libera negoziazione delle parti; le parti sono libere di adottare la soluzione che ritengono più conveniente alle
esigenze. Possono decidere il peso economico resti in capo al cedente o passi in capo al cessionario o entrambe.
-in capo al cedente: il creditore può agire nei confronti del cedente e la cosa finisce li. Se si rivolge al cessionario
questo può agire nei confronti del cedente per farsi rimborsare.
-in capo al cessionario: il creditore può agire nei confronti del cessionario e la cosa finisce li. Se si rivolge al cedente e
questo pago poi può agire nei confronti del cessionario per farsi rimborsare.

Se il peso dei debiti resta in capo al cedente: prezzo dell’azienda più alto.
Se il peso dei debiti si sposta sul cessionario: prezzo dell’azienda più basso.

Sono però debiti che il cessionario non ha assunto ma riguardano la precedente gestione. Perché il legislatore ha
tenuto di far rispondere al cessionario tali debiti?
La principale fonte di affidamento: redditività dell’azienda.
Il cedente quando cede l’azienda perde la redditività e il legislatore nell’ottica di evitare esternalità negative chiama
a rispondere anche il cessionario che ora possiede la redditività. La norma si propone di salvaguardare l’affidamento
posto sulla redditività aziendale.

Il rischio del cessionario deve essere prevedibile; attraverso l’esame delle scritture contabili il cessionario conosce il
rischio e sa quali sono le pretese dei creditori che l’indomani verseranno anche ne suoi confronti.
Rendere il rischio per il cessionario gestibile.

(Immaginiamo:
debitore
fideiussore: il garante
loro due sono tenuti in solido verso il debitore. Il creditore sarà libero di scegliere a chi credere il pagamento.
Ipotizziamo che vada dal fideiussore e che questo paghi. Il garante che paga, una volta pagato ha la possibilità di
avvalersi verso il principale.
Ipotizziamo che paghi il debitore, il peso economico è suo e si chiude li.)

FORMA DEL CONTRATTO DI TRASFERIMENTO D’AZIENDA


Art. 2556
l’azienda si può trasferire solo sulla base del contratto (donazione, vendita..).

Di per sé il contratto di trasferimento è a forma libera (trasferita anche oralmente) salvo due situazioni:
-La natura di qualche bene all’interno dell’azienda richiede una forma particolare (es. bene immobile) allora si
richiede la forma scritta in ragione di quel bene.
-In considerazione del tipo di vicenda traslativa (es. donazione sarà richiesta la forma prevista per la donazione).

2° comma ha previso la necessità di depositare l’atto traslativo dell’azienda nel registro delle imprese come
strumento di contrasto alla criminalità organizzata ed evitare le aziende passare di mano e facilitare forme di
riciclaggio.
Per l’iscrizione nel registro delle imprese è necessaria: atto pubblico o scrittura privata autenticata
Quindi di per sé non è richiesta una forma solenne (escluse le 2 situazioni) però per risultare conformi agli obblighi in
maniera di pubblicità nel registro dell’imprese sarà necessario confezionare l’atto nella forma dell’atto pubblico o
scrittura privata autenticata; in caso di non rispetto di questa norma vi è una sanzione.

La circolazione di un’azienda può essere:


-a titolo definitivo
-a titolo transitorio
Se vendo l’azienda, mi spoglio di questa in via definitiva.
Circolazione a titolo temporaneo: Se do in affitto l’azienda, contratto che determina la necessità di restituzione.
Presuppone un inizio e una fine. (duplice passaggio dell’azienda in direzioni opposte)
Art. 2561 usufrutto dell’azienda
“l’usufruttuario deve gestire l’azienda senza modificare la destinazione economica e in modo da conservare
l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti.”
(mentre il compratore una volta che ha comprato l’azienda la può disgregare)
Inoltre al momento della restituzione l’affittuario dovrà ripristinare le scorte di cui disponeva l’azienda.
Se l’usufruttuario si disinteressa dell’azienda, il proprietario può rivolgersi al giudice e ottenere la restituzione
dell’azienda prima del tempo. (prima che questa diventi irrecuperabile).
Art. 2562 le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche in caso di affitto dell’azienda.

LE SOCIETA’
ESERCITAZIONE DIRITTO COMMERCIALE
L’imprenditore di norma è una persona fisica.
Le persone fisiche sono diverse dagli enti (persone giuridiche).
Gli enti sono soggetti di diritto con:
capacità giuridica; permette di essere titolare di propri diritti e doveri
capacità di agire; compie atti giuridici per mezzo delle persone fisiche che agiscono come sui organi.
Gli enti possono essere considerati imprenditori:

enti no-profit: perseguono uno scopo di natura ideale. (associazioni, fondazioni)


enti profit: con finalità di lucro. (società)
Le società sono figure soggettive dotate di capacità di agire che vengono costituite per svolgere un’attività
imprenditoriale (scopo mezzo) con il fine di ripartire gli eventuali utili (scopo fine).
Si diceva che: gli enti non profit, perseguendo scopi di natura ideale, non svolgessero un’attività imprenditoriale.
Ora: gli enti no profit svolgono attività di natura imprenditoriale e gli eventuali utili acquisiti non vengono distribuiti
tra gli iscritti ma sono destinati al perseguimento delle finalità di natura ideale (hanno un vincolo rispetto alle
profit).
Se un ente no profit iniziasse a distribuire gli utili tra gli iscritti, l’ente andrebbe riclassificato e considerato come una
società con tutte le conseguenze.

SOCIETA’
Si distinguono in:
società di persone (semplice, in nome collettivo SNC, in accomandita semplice SAS).
società di capitali (per azioni SPA, responsabilità limitata SRL, in accomandita per azioni).
Costituiscono un numero chiuso.
Nelle società vige il principio della tipicità: è preclusa la facoltà di costruire modelli societari ulteriori a quelli stabiliti
dal legislatore
Diversamente dai contratti atipici che godono di autonomia contrattuale: il legislatore ha consentito alle parti di
inventare ex-novo ulteriori elementi contrattuali oltre a quelli disciplinati dal legislatore.

Perché esistono tanti modelli societari?


Sono delle sub-fattispecie di una nozione generale di società.
Sono diversi tra loro ma sono riconducibili alla società.
Non bastava un unico modello?
1. Ciascun modello risponde a delle esigenze pratiche diverse. Non c’è un obbligo di adottare un modello
piuttosto che un altro però vi sono dei modelli più adatti a determinate esigenze e bisogni.
2. Ragioni storiche.

SNC: Risalgono all’età dei comuni quando si afferma una nuova classe di mercanti con la ripresa del commercio. I
primi mercanti avranno svolto la loro attività individualmente ed è nata l’esigenza di assicurare il passaggio
generazionale e far subentrare i propri eredi.
Finché vi era un solo figlio: nessun problema.
Per far entrare 4 fratelli? Pluralità di soggetti che insieme esercitano un’attività imprenditoriale si dà vita ad un
sodalizio che deve avere delle regole:
-tutti i figli devono avere voce in capitolo.
-tutti i soci sono amministratori, sono uguali e hanno il potere di decidere.
-il sodalizio ha un nome diverso da quello degli attuali soci.
-se un fratello assume un debito, in nome del sodalizio, ciascun partecipante risponde del debito con il suo
patrimonio. (ciò porta a comportamento prudenti e di vigilanza sui fratelli).
Essendo che si parla di sodalizio famigliare al massimo vi possono partecipare 10 persone.
Tra i componenti deve esserci fiducia reciproca e si deve essere disponibili a supportare anche gli svantaggi.
SAS: nascono nell’età dei comuni quando da un lato vi erano soggetti intraprendenti e privi di fondi (mercanti) e
dall’altro lato vi erano gli aristocratici che possedevano ingenti risorse che potevano impiegare solo reinvestendo
nella proprietà fondiaria.
L’aristocratico entra in società SAS come socio accomandante; colui che apporta capitali ma rimane assolutamente
estraneo allo svolgimento dell’attività.
Il mercante è il socio accomandatario che si fa carico di svolgere l’attività.
Conseguenze:
-entrambi hanno il diritto di dividersi gli eventuali utili
-solo il socio accomandatario è amministratore che prende decisioni.
-è ragionevole che sia il socio accomandatario a portare avanti la società perché ha l’idea.
Il socio accomandatario dovrà rispondere con il suo patrimonio per i debiti della società (così fa uso virtuoso dei soldi
altrui).
-il socio accomandante, escluso dalla gestione, non verrà fatto rispondere dei debiti della società con il proprio
patrimonio. Nella peggiore delle ipotesi perderà il denaro conferito nel sodalizio. (beneficio della limitazione della
responsabilità).
-se il socio accomandante si immischia nello svolgimento dell’attività imprenditoriale (supera i confini della sua
posizione). Conseguenza= si elimina il beneficio della responsabilità e si rende l’intero suo patrimonio personale
aggredibile dei creditori della società.

SPA
Nasce con la Rivoluzione industriale (5 secoli dopo).
Fenomeno del colonialismo oltremare: servono investimenti ingenti per coprire le grandi distanze e trasportarle.
L’attività imprenditoriale è costituita da una filiera molto lunga e costosa. Servono investimenti ingenti per
provvedere ai macchinari e alle catene di montaggio. Tali investimenti non possono essere sopportati da pochi soci
ma occorre allargare la compagine sociale.
Investimenti di massa: ci si rivolge al pubblico dei risparmiatori o investitori.
Ci si rivolge ad un numero elevatissimo di persone (10.000 +) e gli si chiede una cifra anche contenuta in modo che
l’ammontare complessivo diventa tale da sorreggere attività onerose.
Come rendere la proposta allettante per i piccoli e comuni risparmiatori? Tramite il beneficio della limitazione delle
responsabilità; si induce il risparmiatore ad entrare in società senza il timore per il rischio di perdere tutto il
patrimonio.

Le spa sono dotate di una organizzazione corporativa:


3 organi:
-assemblea dei soci
-organo amministrativo
Gli amministratori gestiscono la società e gli atti. Vengono scelti dall’assemblea dei soci.
Gli amministratori saranno tutti i giorni impegnati.
I soci non assumeranno decisioni giorno per giorno ma continueranno la loro professione. Il loro impegno è quello di
partecipare una volta all’anno all’assemblea dei soci e approvare il bilancio d’esercizio, revocare gli amministratori e
sostituirli, condannare gli amministratori a risarcire il danno alla società.
-collegio sindacale (organo di controllo)
Composto da membri eletti dall’assemblea dei soci e ha il compito di controllare la gestione degli amministratori
(controllo continuativo). Favorisce uno svolgimento efficiente dell’impresa sociale.

Un altro fattore che attira il pubblico dei risparmiatori è la facilità di recesso (smobilizzo).
Quando si perde l’interesse a rimanere all’interno di una società e si vuole uscire, si chiede che la partecipazione
venga monetizzata.
Il recesso per la società è un problema in quanto comporta una perdita di risorse. È permesso solo i pochi casi. Nelle
spa sarebbe stato non producente non avere la prospettiva di un exit.
La vendita delle azioni non è un evento traumatico. Si è vista nella possibilità di exit un modo per rendere
l’investimento ancora più allettante. Si sono create le borse = luoghi in cui coloro che sono interessati a vendere e
coloro che sono recati a comprare si recano. (piattaforma di scambi). Luogo in cui statisticamente è agevole trovare
un potenziale acquirente o un potenziale venditore. Per favorire l’investimento.
NOZIONE GENERALE DI SOCIETA’
Art. 2247
Di norma la società nasce da un contratto (1321)
Contratto di società: quando 2 o più persone decidono di dare vita ad un sodalizio.
Contratto tipico = vendita (bilaterale quando uno vuole vendere al max e l’altro vuole comprare al min). Gli interessi
delle parti sono divergenti. Logica antagonista.
Il contratto di società è un contratto particolare. Le parti si propongono l’esercizio in comune dell’attività economica.
Gli interessi vanno nella stessa direzione (logica cooperativa).
In cosa si traduce l’esercizio in comune dell’attività d’impresa? Nascita della società = nuova figura soggettiva (ente)
dotato di capacità giuridica e capacità di agire.
= contratto in comunione di scopo, gli interessi vanno nella stessa direzione.
= contratto di organizzazione si genera un nuovo ente.
La maggioranza delle volte è un contratto plurilaterale (+di 2 persone).
Perché si decide di svolgere in comune un’attività d’impresa e creare una società (scopo mezzo)? Idea di dividere gli
utili (scopo fine).
Dare vita ad una società comporta sacrificio patrimoniale da parte dei soci per l’acquisto di macchinari, materie
prime, lavoratori per dare vita al ciclo produttivo.
La società che si finanzia da sola, non ricorrendo alla banca, si mostra più solida e seria.
I singoli conferimenti dei soci formeranno l’ammontare iniziale della società. Art 2247.
Maggiore è il conferimento e maggiore è il potere del socio nella società.

Ante riforma:
Le imprese esercitate da società erano definite imprese collettive.
All’origine della società vi era difatti un contratto bilaterale stipulato tra almeno 2 (o più) soci.
La pluralità dei soci veniva assunta come elemento imprescindibile per la costruzione della società.
Post riforma:
Viene ammessa (solo per le società di capitali: Spa e Srl) la possibilità di creare società unipersonali, ossia con un
unico socio. Ciò significa che a monte vi è un negozio unilaterale di costituzione (con contenuto patrimoniale) e non
un contratto.
___
-SOCIETA’ DI PERSONE (2 o + soci)
-SOCIETA’ DI CAPITALI (spa unipersonale ha un unico socio= all’origine non si ha un contratto ma un negozio
unilaterale)

2 Lo SCOPO fine nella normalità dei casi = distribuire utili (fini di lucro)
Oppure possono esserci:
-finalità mutualistiche: cooperative.
-finalità di carattere solidale: imprese sociali.

3 nel momento della costituzione della società occorrono i conferimenti


Nelle SPA la soglia minima di conferimenti è scesa a 50 mila.
L’importanza della ricchezza originariamente conferita si è attenuata. Nelle SRL il conferimento può anche essere di
1 euro (anche se poi ne devira scarsa importanza all’interno della società).

Elementi imprescindibili per cui si possa avere una società:


- costituzione di un nuovo ente stabile
- svolgimento di un’attività d’impresa

SOCIETA’ DI PERSONE
Sono individuate 3 tipologie di società di persone:
- Semplice (attività agricola)
- In nome collettivo SNC
- In accomandita semplice SAS
Per ogni tipo abbiamo una normativa e delle disposizioni
La disciplina delle società semplici costituisce oltre che la disciplina propria anche un default.
Le SNC saranno regolate dalle disposizioni specifiche ma anche dal regime di base delle società semplici e quelle
disposizioni che risultano compatibili (2293 cc).
Anche nelle SAS; sono regolate dalle specifiche disposizioni ma anche le disposizioni relative alle SNC in quanto
compatibili.

La tipologia della società semplice può essere utilizzata solo quando la natura della società è agricola.
E non può essere utilizzato quando l’attività svolta è di carattere commerciale.
Le SNC possono essere utilizzate anche per attività di natura agricola.

Le caratteristiche saliente delle società di persone:


-pluripersonalità: non ce spazio per l’unipersonalità originaria né per l’unipersonalità sopravvenuta. Compagine
sociale costituita da 2 o più soci.
-presentano almeno un socio chiamato a rispondere con il suo patrimonio per i debiti della società (responsabilità
illimitata)

COSTITUZIONE SOCIETA’ SEMPLICE E SNC


Ci vuole un contratto di organizzazione o con comunione di scopo.
Contratto potenzialmente plurilaterale.

Società semplice
2251 cc. “Il contratto di società non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti”.
Principio generale della libertà delle forme. A meno che la natura del bene conferito non richieda una forma
specifica.
Il contratto può essere concluso verbalmente o può risultare da comportamenti concludenti. (società di fatto: muore
titolare di un’azienda agricola e i suoi figli continuano insieme a portare avanti l’attività del padre).
Precisione:
Ogni vicenda relativa ad un bene immobile richiede che il contratto sia perfezionato in forma scritta. Se conferisco
bene immobile alla società. E’ la natura del bene conferito ad imporre la forma scritta.
Gli effetti del conferimento sono equiparabili agli effetti di una vendita (passaggio di beni da titolare A a titolare B, la
società).
La società costituisce una figura soggettiva diversa dai soci, dotata di capacità giuridica e capacità di agire.
La legge non prevede contenuto minimo del contratto.

snc
Nell’ambito delle SNC noi dobbiamo confrontarci con 3 norme.
Art. 2295 cc: individua il contenuto dell’atto costitutivo
-Indicare le generalità dei soci
-La ragione sociale (nome che distingue le società le une dalle altre)
-I soci che amministrano la società
-La sede della società
-L’oggetto sociale, settore merceologico nella quale l’impresa si trova ad operare, anche più di uno (impresa di
costruzioni)
-I conferimenti di ciascun socio e la valutazione
-I criteri di ripartizione degli utili

Art. 2296 cc. L’atto costitutivo deve essere depositato nel registro delle imprese entro 30 giorni dalla sottoscrizione.
Per una regola propria del registro delle imprese è necessario che l’atto da depositare abbia oltre che la forma
scritta, la forma dell’atto pubblico (intervento del notaio e dei testimoni) o la forma della scrittura privata
autenticata (il notaio non partecipa alla redazione dell’atto ma accerta l’autenticità dei dichiaranti).
La scrittura privata autenticata è richiesta ai fini della pubblicità commerciale ma non ai fini della validità in sé
dell’atto costitutivo. La società nasce ed è in grado di operare, quindi anche alla SNC si applica la norma 2251.
La forma libera ci dice che non sono richieste requisiti solenni perché una società venga ad esistenza
Possibile che non cambi niente? Si ma non incide sulla venuta ad esistenza della società.

Art. 2297 ci indica le conseguenze della mancata iscrizione della SNC nel registro delle imprese.
La SNC non iscritta nel registro delle imprese sarà assoggettata ad un regime diverso; regole più penalizzanti per i
soci. (Trattamento più severo rispetto ai creditori della società).
Le SNC iscritte nel registro delle imprese sono chiamate regolari, quelle non iscritte irregolari. Irregolare non
significa invalida o illecita.
Nulla impedisce che una società diventi da irregolare a regolare. Sarà necessario rinnovare l’atto costitutivo con la
forma necessaria per iscriverlo nel registro delle imprese.

Efficacia dichiarativa
Risvolto positivo: conoscibilità legale = conoscenza effettiva rispetto agli atti scritti
Risvolto negativo:
In certi casi l’iscrizione nel registro delle imprese può non solo esaurirsi nell’efficacia dichiarativa ma anche assume
una valenza di carattere normativo.
La differenza è apprezzabile sotto il profilo della disciplina applicabile. Assoggettate a regimi parzialmente differenti.

Vizi che comportano l’invalidità del contratto.


Il contratto è invalido quando è nullo o annullabile.
Società costituita almeno da 3 soci si distingue:
Vizio che investe la singola partecipazione o vizio che colpisce l’intero contratto.
Singola partecipazione: Un socio ha sottoscritto il contratto per mezzo di raggiri, estorto con violenza.
Intero contratto: Soci sottoscrivono un contratto per commerciare cocaina.

Contratti con comunione di scopo, potenzialmente plurilaterali. Il vizio di nullità o annullabilità che intacca la singola
partecipazione resta circoscritto alla singola partecipazione a meno che quella singola partecipazione non sia da
ritenersi essenziale al fine della sottoscrizione del contratto di società.
(rapporto di imprescindibilità tra la partecipazione di questo socio).

Vizio che già di suo si presta a colpire l’intero contratto? Es. previsione come oggetto sociale di un’attività illecita: la
produzione e il commercio di cocaina.
Distinguere due fasi:
-momento in cui i soci sottoscrivono l’atto costitutivo
-momento successivo in cui la società ha iniziato ad operare nel traffico giuridico.
Finché non abbiamo piena operatività si applica la disciplina del contratto: il contratto vista l’illiceità dell’oggetto è
da considerarsi nullo e non produce di effetti. Gli unici interessati al contratto di società sono i soci.

Quando la società inizia ad operare e concludere contratti con fornitori, collaboratori e clienti; e solo dopo (poco o
tanto tempo) ci si rende conto che l’attività è illecita.
Il vizio non può essere affrontato richiamando la disciplina in materia di contratti. Perché il contratto nullo è
improduttivo di effetti. Efficacia retroattiva; riportare le cose com’erano prima della stipulazione del contratto.
Dovremmo far cadere tutti i contratti che la società ha stipulato.
Verrebbero danneggiati in maniera evidente tutti coloro che hanno concluso contratti con la società.

Art. 2332 necessità di distinguere tra frase precedente e fase successiva al momento in cui la società ha iniziato ad
operare.
Soluzione: prevede la conversione della causa di nullità dell’atto costitutivo in una causa di scioglimento della
società.
Il valore aggiunto: quando una società si scioglie non scompare immediatamente ma sopravvive per un certo periodo
di tempo in cui è chiamata a definire tutti i rapporti pendenti.
La società viene estromessa dal traffico giuridico ma si concede un’appendice temporale per dare esecuzione ai
rapporti pendenti. I terzi che hanno stipulato contratti con oggetto lecito potranno fare affidamento sull’esecuzione
normale dei contratti.

RAPPORTI PATRIMONIALI TRA SOCI E SOCIETÀ

Conferimenti
Contenuto imprescindibile del contratto costitutivo della società. È obbligatorio conferire alla società una certa
frazione di ricchezza personale.
Servono a fornire la società di un minimo di risorse necessarie per avviare l’attività.
Il legislatore non indica un conferimento minimo.
Art. 2253 CC. L’autonomia statutaria è libera di determinare la misura dei conferimenti.
Non esiste un ammontare determinato una volta per tutte. Si determinerà la misura dei conferimenti in funzione di
quanto si ritiene necessario per l’attività.

La misura dei conferimenti non determina solo il sacrificio al quale ciascun socio si sottopone ma indica anche ai
sensi dell’art 2263 CC la misura degli utili al quale il singolo socio avrà diritto (sempre che venga perseguito). Più ci si
sacrifica e più si ha diritto ad una maggiore quota di utili.
Caratteristica comune a tutte le società lucrative:
principio plutocratico: più investo e più guadagno.
L’esecuzione del conferimento mette capo ad una vicenda traslativa.
Art 2254 CC. Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta al socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalle
norme sulla vendita.

Oggetto dei conferimenti


Società di persone
-conferimenti in denaro
-conferimenti in natura: non hanno per oggetto contante ma possono avere ad oggetto il trasferimento di beni
immobili, mobili registrati, mobili, materiali, immateriali (brevetti, knowout). Possono aver ad oggetto anche
aziende.
I soci possono conferire crediti alla società (oggetto di vicenda traslativa).
-conferimenti d’opera o di servizi: non hanno per oggetto contante ma si distinguono dai conferimenti in natura.
La caratteristica dei conferimenti in natura: sono qualcosa che già esiste e possono essere subito trasferiti mentre gli
ultimi non presuppongono l’immediata acquisizione del conferimento della società. Consiste nell’impegno da parte
del socio di realizzare qualcosa da conferire in favore della società. Questo risultato ancora non esiste.
Se si verifica un contrattempo?
Tali conferimento sono particolarmente pericolosi. Non a caso nelle SPA tali conferimenti sono vietati mentre nelle
società di persone sono ammessi.

L’ammontare complessivo dei conferimenti determina il cosiddetto capitale sociale; indica l’ammontare di ricchezza
di cui la società è stata dotata al momento della sua costituzione.
Art 2295: l’atto costitutivo deve indicare i conferimenti di ciascun socio e si dovrebbe indicare il valore attribuito dai
conferimenti con il criterio di valutazione, per i conferimenti diversi dal contante.
Si lascia ai soci l’autonomia di determinare il valore dei conferimenti.
1.I soci tenderanno a gonfiare il valore dei conferimenti per fare apparire la società più solida.
2.Per fare ottenere al socio una posizione di vantaggio all’interno dell’azienda.
I soci di una SNC sono responsabili con il loro patrimonio dei debiti della società.
La compagine sociale è ristretta e si presume che i soci si rispettino e si controllino a vicenda.

I conferimenti d’opera possono essere considerati ai fini della determinazione del capitale sociale? No
Se nell’atto costitutivo è presente l’indicazione del valore allora anche il conferimento d’opera concorre a formare il
capitale sociale.
Il problema si pone solo se nell’atto costitutivo non è indicato il valore del conferimento.

Art 2263 2° Chi esegue un conferimento d’opera è socio e ha diritto di partecipare agli utili.
…la parte di utili spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal
giudice secondo equità….
L’unica conseguenza che deriva dalla mancata valorizzazione dei conferimenti d’opera o servizi si ha in sede di
liquidazione della società.
Art 2282: in caso di scioglimento della società, incassati i crediti e pagati i debiti, se rimane un residuo attivo questo
è destinato a rimborsare i conferimenti eseguiti imputati a capitale sociale. Se rimane ancora un’eccedenza questa è
restituita a tutti i soci in misura proporzionale.
Residuo attivo= 12
10=capitale sociale: distribuito esclusivamente tra i soci che hanno dato conferimenti in denaro o natura.
2= può concorrere
Il socio in caso di scioglimento potrà partecipare all’eccedenza ma non al rimborso del capitale sociale che viene dato
in proporzione ai conferimenti eseguiti.
Il capitale sociale può assolvere tante funzioni. In tutti i tipi di società assolve una funzione fondamentale: costituire
il paramento per verificare se al termine dell’intero ciclo di esistenza della società o semplicemente al termine
dell’esercizio annuale, lo svolgimento abbia o meno prodotto utili.
1 gennaio 2020 100
31 dicembre 2020 120 20 utile = maggiore ricchezza
31 dicembre 2020 100 non ha raggiunto maggiore ricchezza ma non l’ha nemmeno dissipata
31 dicembre 2020 80 o 30 o 0 dissipazione più o meno accentuata della ricchezza = perdite

Gli utili realmente conseguiti corrispondono al surplus di ricchezza che risultano al termine d’esercizio.
Cosa guardo per verificare che ci siano o meno utili conseguiti? SP
Perché non guardo il conto economico? Può succede che nel 2020 ricavi > costi (utile)
Ma può essere accaduto che nel 2019 avessimo avuto delle perdite.
Gli utili risultati dal 2020 devono essere utilizzati per coprire le perdite dell’esercizio precedente, una volta coperte le
perdite se avanza utile può essere distribuito.

Se attività > passività abbiamo ricchezza presente in società. Poi devo considerare se questa è superiore rispetto al
capitale sociale.
Art 2263 La partecipazione negli utili e nelle perdite si presume proporzionale ai conferimenti.
Se il valore dei conferimenti non è determinato del contratto, si presumo uguali.
È consentito alle parti stabilire dei criteri non proporzionali di partecipazione (tale va indicato nell’atto costitutivo).
Questa autonomia ha un limite: divieto di patto leonino Art 2265
-divieto del patto con il quale uno o più soci vengono esclusi da ogni partecipazione agli utili.
-divieto del patto con il quale uno o più soci vengono esclusi da ogni partecipazione alle perdite.
Due divieti proteggono interessi di tipo diverso.
1.riflette una valutazione negativa del legislatore rispetto ad un socio che entri in una compagine per offrire un
benefico agli altri.
2.riflette un tipo di tutela: si vuole evitare forme di abuso di un socio verso l’altro. Un socio non subisce alcuna
perdita e l’altro socio non soltanto subisce la sua perdita ma anche quella dell’altro socio.
Un socio deve essere disponibile a correre una certa misura di rischio.

RESPONSABILITÀ DEI SOCI VERSO I CREDITORI SOCIALI.

I creditori sociali sono coloro che hanno dei crediti nei confronti della società.
La società è il soggetto debitore.
Le società di persone sono dotate di autonomia patrimoniale. Il patrimonio della società è diverso da quello dei
soci).
Nelle società di persone il legislatore chiama a rispondere dei debiti della società, anche i soci.

Art. 2267
Società semplici
Sono sempre illimitatamente responsabili i soci che hanno agito in nome della società e tutti gli altri.
Patto contrario per essere opponibile ai terzi creditori va portato a conoscenza con mezzi idonei
S.a.s
Illimitatamente e solidamente responsabili sono solo gli accomandatari. Gli accomandanti rischiano solo il conferito.
Società in nome collettivo SNC
Tutti i soci rispondono per i debiti della società e si tratta di una responsabilità illimitata e solidale. (Investe il
patrimonio di ogni singolo socio).
Qualora i soci avessero previsto di escludere uno di loro dei debiti della società questo patto non è opponibile ai terzi
allora tutti i soci sono chiamati a rispondere per i debiti della società.
La posizione del socio può essere pensabile come quella di un garante, fideiussore
Il socio che ha pagato il debito della società potrà agire nei confronti della società chiedendo il rimborso.
Perché si tratta di una responsabilità per debito altrui.
Che cosa può succedere?
-la società non è in grado di pagare il debito perché si è bruciata l’intera ricchezza. In tal caso il socio che ha pagato il
debito può agire in regresso anche nei confronti degli altri soci chiedendo a ciascuno in misura pari alle perdite che
deve supportare. Dipende dalla misura della partecipazione dei soci agli utili e alle perdite.
Se si rivolgesse alla società, questa non potendo pagare, fallisce la società e di conseguenza falliscono tutti i soci
illimitatamente responsabili. (fallimento per estensione).

Art. 2304
I creditori prima di rivolgersi ai soci devono aggredire inutilmente il patrimonio della società.
Onere di preventiva escussione.

Art. 2268
Il creditore sociale può sin dà subito aggredire il patrimonio del socio (il creditore non è gravato dall’onere della
preventiva escussione) ma il singolo socio che subisce l’aggressione può deviare l’azione sul patrimonio della società:
individua dei beni facilmente aggredibili. In difetto subirà l’azione dei creditori sul proprio patrimonio.

Oltre ai creditori della società: creditori personali del socio


Il socio acquista una casa in montagna grazie ad un prestito della banca che diventa creditrice personale del socio.
Art. 2270
Il creditore particolare del socio può fare valere i diritti sugli utili della società spettanti al socio
2° comma: se il patrimonio è incapiente, il creditore potrà chiedere alla società di liquidare la quota di quel socio.
Forte potere di interferenza del creditore personale del socio rispetto alla società.
Nelle SNC regolari
Al creditore personale del socio non viene riconosciuto quel potere di interferenza.
Art. 2305 Fino al termine della durata della società non possono chiedere la liquidazione del socio debitore.

Se viene indicato un termine di durata nell’atto costitutivo: i soci sono tenuti a rispettarla.
Se non viene indicato: i soci potrebbero liberamente recedere dalla società.
Il nostro ordinamento non permette vincoli senza fine.
Per la società non è un bene che il socio possa recedere quando vuole perché recedendo il socio ha diritto alla
liquidazione della sua quota (fuoriuscita improvvisa di risorse)
Pertanto

Art. 2307
Allo scadere del termine, per evitare lo scioglimento, i soci possono prorogare il termine di durata. Questa potrebbe
snervare i creditori i quali hanno atteso il termine per intervenire.
Allora è possibile una proroga però il creditore personale può entro 3 mesi contestare la legittimità della proroga
Se l’opposizione è accolta la società deve liquidare la quota del socio debitore.

Art. 2290. Socio esce dalla società


Nel caso in cui un rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, il socio rimane responsabile verso i terzi per
le obbligazioni sociali sorte fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento.
Per i debiti sorti dopo, il sorto non risponde

Ipotesi inversa
Un terzo che entra in società.
Art. 2269 Chi entra a far parte di una società già costituita risponde illimitatamente per i debiti della società anche
anteriori al suo ingresso. Molto pericoloso per il nuovo socio.

Art. 2256, divieto di uso delle cose sociali


Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini
estranei a quelli della società.
Art. 2301 divieto di concorrenza
Nelle società che possono svolgere l’attività commerciale è posto a carico dei soci il
divieto di non concorrenza nei suoi confronti.

COME LA SOCIETÀ DECIDE LE OPERAZIONI DA COMPIERE E LE REALIZZA.


Tenere presente 2 cose:
-la società è una creazione artificiale. Quali individui sono legittimati ad assumere le decisioni per conto e in nome
della società.
-quando si parla di agire della società nel traffico giuridico, si fa riferimento al compimento di contratti con soggetti
terzi e viene in gioco il tema del concreto svolgimento dell’impresa.
Chi e come decide che può realizzare gli atti d’impresa. Tale gestione viene anche detta funzione gestoria attraverso
cui si conduce l’impresa.
Funzione gestoria = funzione amministrativa perché in tutta la società la gestione dell’impresa spetta agli
amministratori. Chi sono?
-la funzione gestoria o amministrativa si articola in 2 momenti distinti.
1. momento decisorio: riguarda la decisione circa l’operazione da compiere. Bisogna decidere
2. momento esecutivo: avere deciso un atto non significa averlo tradotto in realtà.
Sono momenti logicamente distinti ma dal punto di vista effettivo tendono a confondersi in quanto matura
all’interno della stessa persona. Es. decido di comprare il giornale
Nelle società questi due momenti sono più facilmente isolabili perché spesso c’è chi decide e chi esegue. La
distinzione tra i due momenti è più visibile.

Art. 2257
Fissa la struttura di governo delle società semplici e snc.
L’amministrazione (funzione gestoria= decisone e compimento degli atti) della società spetta a ciascuno dei soci
disgiuntamente dagli altri. Ogni soci è da considerarsi amministratore, investito della funzione gestoria.
Nel suo complesso dei 2 momenti o solo il momento decisorio?
Art. 2266 2° comma
Salvo diverse disposizioni del contratto, la rappresentanza spetta a ciascun soci amministratore. Avere il potere di
rappresentanza significa anche avere il potere di tradurre in realtà la decisione assunta.
Disgiuntamente = ciascun socio in quanto amministratore può decidere da solo quale contratto sottoscrivere e poi
anche sottoscriverlo, in quanto dispone dei necessari poteri di rappresentanza.

Perché il legislatore ha previsto questo regime come regola di default? Per ragioni di rapidità.
In questo modo non c‘è discussione e le decisioni possono essere assunte e realizzate con estrema immediatezza.

Rischio: 5 soci = 5 teste, se ciascuno decide e fa ce il rischio di avere una società zig zag.
Obiezione giusta ma eccessiva perché non si deve tenere conto che la compagine sociale ristretta dove i soci si
conoscono l’un l’atro e si fidano.
In linea di massima il legislatore crede che i soci abbiano la stessa linea o visione.

Viene attribuito a ciascun socio amministratore un potere di veto o di opposizione rispetto al compimento di
un’operazione che un altro socio amministratore voglia compiere.
Se questo potere di veto viene esercitato, il socio che aveva pensato all’operazione non può andare avanti
Momento di stallo; come si esce?
3° comma
La decisione del dissidio viene affidata a tutti i soci i quali verranno a decide in maggioranza calcolata non sulla
base delle teste ma in base alla partecipazione agli utili.
Questo correttivo, potere di veto, funzione fino ad un certo punto in quanto non esiste un onere di preventiva
informazione agli altri soci amministratori circa le operazioni che si intendono compiere. Se esistesse gli altri
potrebbe esercitare il potere di veto.
Il correttivo rischia di non potersi attivare.

Sono ammesse soluzioni diverse: l’autonomia statutaria può prevedere l’amministrazione congiuntiva (2258):
l’amministrazione spetta congiuntamente a più soci. La decisione non è più isolata ma è assunta insieme
(contributo di tutti gli amministratori).
-Principio di unanimità: una decisione può essere assunta solo se tutti i soci amministratori sono d’accordo.
-Principio a maggioranza: può essere assunta con la maggioranza. I criteri sono decisi dallo statuto.
Il principio di unanimità rischia di creare una situazione di paralisi. È molto difficile che rispetto ad una decisione tutti
sia d’accordo.
Pertanto il principio a maggioranza è uno strumento più agevole per assumere decisioni anche se comporta una
sacrifica della minoranza.

Amministrazione congiuntiva: il potere di rappresentanza viene concentrato nelle mani di un unico


amministratore, il presidente della società. Perché?
Sarebbe inutile pretendere che tutti coloro che hanno assunto la decisione si presentino dal notaio. Solo quello
chiamato a tradurre in realtà la decisione assunta.

<< pubblicità società semplici >>


Le società semplici normalmente svolgono attività agricola, viene in considerazione gli obblighi di pubblici a carico
degli imprenditori agricoli.
Gli imprenditori agricoli individuali o collettivi sono tenuti a iscriversi nel registro elle imprese in una sezione speciale
che ha valenza dichiarativa: ciò che è iscritto è opponibile ai terzi, equiparazione tra conoscibilità legale e conoscenza
effettiva, quanto non iscritto è opponibile ai terzi solo se si dimostra che i terzi che abbiamo avuto conoscenza per
altra via.
Il legislatore ha tentato di rivitalizzare il modello delle società semplice, consentendo l’utilizzo di questo modello
attraverso leggi speciali, per attività di carattere professionale come revisione contabile o attività di avvocato.
Tentativi rimasti sulla carta perché pochi hanno utilizzato questo modello. Quando il modello è utilizzato per queste
ulteriori attività, seconda dei casi ce sempre un obbligo di iscrizione nel registro delle imprese sezione speciale ma
l’iscrizione può avere:
-valenza dichiarativa
-valenza di pura pubblicità notizia: non si riconnette la presunzione di conoscenza.
Questi ulteriori utilizzi della società semplice sono dettagli..
Il modello della società semplice si utilizza principalmente per lo svolgimento di attività agricole e non può essere
utilizzato per lo svolgimento di attività commerciale.

Amministrazione congiuntiva: il potere di decidere viene esercitato congiuntamente dai vari amministratori.
Dissociazione tra
-Potere gestoreo: attribuito ai vari amministratore
-Potere di rappresentanza: concentrato nelle mani di un unico amministratore. Occorre una clausola dello statuto
perché la regola di default è che tutti gli amministratori abbiamo potere di gestione e rappresentanza.
Clausole che prevedono per il compimento di certi atti di valore superiore ad una determinata soglia, occorre la
doppia firma. Limitazione del potere di rappresentanza.
Art. 2298 le limitazioni per essere opponibili devono essere iscritte nel registro delle imprese.

In linea di principio tutti i soci sono amministratori


Può succede che qualche socio voglia rimanere all’interno della società ma non essere amministratore.
Si deroga una regola di default: occorre un’espressa clausola.
La posizione di tale socio nella SNC è molto delicata: si esclude dalla gestione ma può essere chiamato a rispondere
delle conseguenze della gestione.
Per le società semplici rischia di meno perché è ammesso il patto per cui un socio che non compie atti può essere
esonerato dalla responsabilità per i debiti della società. Questo patto deve essere portato a conoscenza dei terzi.

Art. 2261 si propone di tutelare la posizione del socio non amministratore


1. Il socio non amministratore ha diritto di informazione dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali.
2. diritto di consultazione; può consultare i documenti relativi alla gestione d’impresa come scritture contabili,
fatture, estratti conto.
3. ha diritto di ricevere dagli amministratori un rendiconto: documento ulteriore attraverso cui gli amministratori
illustrano tutta l’operatività intervenuta nell’esercizio. +ampio del bilancio.

Art. 2262 dopo l’approvazione del rendiconto, il socio ha diritto di percepire la sua parte di utili.

SNC. I soci hanno il potere di decidere e di perfezionare gli atti di cui si compone l’attività d’impresa.
Il socio in quanto socio ha potere di:
- Modificare l’atto costitutivo
- Quando interviene nell’ipotesi dell’amministrazione disgiuntiva, un dissidio fra più amministratori
- Decidere in merito alle modifiche di carattere soggettivo, esclusione di un socio
- Promuovere azioni di responsabilità sociale nei confronti degli amministratori: può succedere che gli
amministratori assolvendo male il proprio compito arrechino un pregiudizio alla società. La società ha diritto
al risarcimento del danno. Chi promuove tale azione in nome della società? Il socio può agire nell’interesse
della società e chiedere al giudice di risarcire la società. I soldi andranno nelle tasche della società.
CAUSE DI SCIOGLIMENTO DEL RAPPORTO SOCIALE RELATIVE AL SINGOLO SOCIO
1. MORTE del socio
Situazione A: Snc con 2 soci e uno muore.
La compagine sociale si riduce ad un unico socio. Non è possibile né l’unipersonalità originaria né
l’unipersonalità sopravvenuta.
Il legislatore interviene con durezza. Da tempo al socio rimasto di ricostruire la pluralità di soci. Se entro 6
mesi non trova almeno un nuovo socio, innesca il procedimento che porterà alla cessazione della società.
Fase di liquidazione.
Situazione B: Snc con 3 o + soci e uno muore
La morte del socio non mette in discussione la pluralità della compagine sociale. Qual’é la sorte della
partecipazione del socio defunto?
Art. 2284: soluzione di default: la partecipazione del socio defunto viene liquidata agli eredi.
Fuori uscita di risorse dalla società. Il legislatore dà spazio a 2 ulteriori strade:
-l’erede subentra. Occorre il consenso di tutti i soci (si modifica l’atto costituivo e inoltre non è detto che
l’erede sia apprezzato come il defunto) e dell’erede (perché se subentra nel corso dell’esistenza della
società, egli risponde non solo per i debiti successivi ma anche per i debiti originati nella precedente
gestione. Occorre un consenso specifico).
(Se muore un socio di un SPA e nel suo patrimonio vi sono 20 azioni, egli per il solo fatto di accettare
l’eredità automaticamente subentra nella titolarità delle azioni possedute dal defunto. Non è chiamato a
rispondere dei debiti della società quindi non comporta rischi).
-i soci decidono di sciogliere la società. Consapevolezza dei superstiti di non poter continuare senza il
defunto, socio decisivo, oppure possono andare avanti ma vista la necessità di liquidare la quota all’erede la
società sarebbe privata di un ammontare di risorse irrinunciabile.

2. RECESSO
Art.2285:
1° comma: la società è stata costituita senza previsione di un termine di durata, oppure costituita per tutta
la vita di uno dei soci.
Il socio può recedere in qualunque momento, con preavviso di almeno 3 mesi.
Perché il legislatore ammette questa larghezza del recesso? Perché non vi è termine di durata e si ha la
possibilità di non rimanere vincolati tutta la vita.
2° comma: Società a tempo determinato
Il recesso può avvenire, se non previsto, solo in presenza di una giusta causa (es. si contestano ad altri soci
una serie di inadempimenti).

3. ESCLUSIONE
Quando il socio viene mandato via, ad esempio per gravi inadempienze alle obbligazioni che discendono
dalla legge o dal contratto sociale // sopravvenuta impossibilità del socio a prestare l’opera che si era
obbligato a conferire.
Art. 2286 2° comma: l’esclusione del socio può avvenire in seguito all’interdizione o all’inabilitazione del
socio.
Chi decide di escludere un socio? Art. 2287:
“l’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci, decisa per teste”. Il socio da escludere non si conta.
La decisione di escludere il socio non è immediata; occorrono 30 giorni perché producano effetto.
Perché questo intervallo? Entro 30 giorni il socio escluso può opporsi in tribunale.

Art. 2289: nelle 3 ipotesi, al socio rispetto al quale si scioglie il rapporto o i suoi eredi spetta la liquidazione della
quota. La determinazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel momento in cui si
verifica lo scioglimento.
La necessità di liquidare la quota fa sì che molto spesso anche se il socio sia responsabile di gravi inadempimenti, gli
altri non lo escludono, proprio per evitare di dover corrispondere il valore della quota.
Quando si decide di escludere il socio non ci si limita a contestare le gravi inadempienze ma si presentano i danni che
l’inadempimenti del socio hanno provocato. L’obbligo di monetizzazione della quota potrà essere compensato, in
tutto o in parte, dal diritto alla società di ottenere il risarcimento dei danni.
CAUSE DI SCIOGLIEMENTO DEL RAPPORTO SOCIALE RELATIVE ALLA SOCIETA’ IN QUANTO TALE
Lo scioglimento della società comporta l’estinzione di essa.
Differenza tra morte e estinzione. La morte è istantanea
L’estinzione è il punto terminale di un procedimento che si articola in tre momenti:
1-innesco, fase di liquidazione
2-svolgimento della fase di liquidazione
3-chiusura fase di liquidazione
La fase della liquidazione viene innescata dalle cause di scioglimento stilate dall’art. 2272:
- Decorso del termine di durata della società; se non viene prolungato la società entra in liquidazione
- Conseguimento dell’oggetto sociale; quando c’è una società di produzione di beni o servizi non si può mai
parlare di oggetto sociale perché l’oggetto sociale continua a conseguirsi. Qui si fa riferimento alle società
che si costruiscono per il conseguimento di uno scopo preciso. Costruzione del ponte sotto lo stretto di
Messina.
- Sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale. Quando ad esempio un’attività era considerata
lecita e poi è intervenuto un divieto che non ha conseguito di portare avanti l’attività. O si cambia l’oggetto o
si scioglie la società
- Per volontà di tutti i soci; semplicemente perché non si crede più o non si ha più voglia
- Quando viene a mancare la pluralità dei soci e nel termine dei 6 mesi la pluralità non viene ricostituita.
- Quando ricorrono eventuali altre cause previste dal contratto sociale. (Ipotesi in cui uno o più soci si devono
trasferire all’estero).

Inoltre le SNC e le SAS si sciolgono anche per fallimento.

Cosa succede quando si verificano le cause di scioglimento Art. 2274-2275


Gli amministratori al verificarsi della causa di scioglimento devono modificare il proprio paradigma di gestione
dell’impresa. Normalmente la gestione è portata avanti la finalità di guadagno e di produzione di utile. Da una
gestione indirizzata al profitto ad una gestione di tipo conservativo: gli amministratori conservano il potere di
decidere e di compiere di compiere atti, limitatamente agli affari ingenti. Per il resto devono adottare i
provvedimenti necessari per la liquidazione:
far nominare dai soci i liquidatori (all’unanimità). Il liquidatore fa decadere dalla carica gli amministratori.
I liquidatori eseguono la fase della liquidazione:
-eseguono i contratti pendenti
-riscuotono i crediti
-pagano i debiti

Art.2279: i liquidatori devono portare avanti una gestione conservativa, non possono intraprendere nuove
operazioni (affari, progetti, iniziative). Se per eseguire un contratto pendente devono acquistare, lo possono fare.
Devono compiere tutto il necessario per il progressivo smantellamento della società.

Al termine della fase di liquidazione


Art. 2282: dopo aver estinto tutti i debiti, permane dell’attivo: sarà distribuito dei soci a titolo di rimborso dei
conferimenti e se vi è un ulteriore eccedenza dovranno distribuirla tra i soci sotto forma di utile.
Al termine la società potrà estinguersi ed essere rimossa dalla realtà giuridica.
Questa estinzione non è immediata ma richiede ulteriori adempimenti.

Riforma del 2003. Il legislatore è intervenuto nell’ambito delle società di capitali e ha individuato il momento una
SPA o una SRL cessano di esistere. Una volta ultimata la fase di liquidazione una volta e approvato il bilancio di
liquidazione i liquidatori richiedono al registro delle imprese la cancellazione della SPA. La società cessa di esistere
con la cancellazione della stessa dal registro delle imprese, definitivamente estinta.

Momento di estinzione delle SPA? Con la cancellazione dal registro delle imprese Art. 2495
Qualche anno dopo la giurisprudenza ha dichiarato l’applicabilità in via analogica dell’articolo 2495 anche alle
società di persone, seppur con dei limiti.
Si ritiene che anche per una SNC il momento dell’estinzione coincide con la cancellazione dal registro delle imprese.
MA
Si possono cancellare dal registro delle imprese solo le SNC originariamente iscritte (regolari).
Per le SNC irregolari: “Le società non iscritte potranno ritenersi estinte nel momento in cui non residua più alcun
rapporto giuridico riferibile alle stesse”.
Può sfuggire ai liquidatori qualche debito della società e il fisco che spesso si palesa diversi anni dopo.
L’esistenza di rapporti giuridici in essere riferibili alla società non registrata impedisce di considerare estinta la
società.
Per essere sicuro che la società possa considerarsi estinta si deve attendere almeno 10 anni perché il termine di
prescrizione dei decreti. Superato questo periodo la società può considerarsi rimossa dalla realtà giuridica.
Una volta estinta la società viene meno l’ente, chi è creditore nei confronti della società vede svanire la controparte.
Nelle società di persone, anche venuta a meno la società il creditore può rivolgersi ai soci perché i soci sono
responsabili dei debiti della società.

DIFFERENZE TRA SNC REGOLI E SNC IRREGOLARI


• differenza relativa al tema della riscossione o no del patrimonio sociale.
In entrambe i casi i soci rispondono solidamente per i debiti della società ma se la SNC è regolare, il creditore prima
di rivolgersi al socio dovrà fornire evidenza che il patrimonio sociale non è sufficiente.
Nel caso di SNC irregolari rispetto i debiti della società, il creditore insoddisfatto potrà fin da subito richiedere il
pagamento al socio e al socio è consentito deviare l’azione sul patrimonio sociale a 2 condizioni:
-eccepirlo
-individuare dei beni del patrimonio sociale facilmente aggredibili

• differenza in materia di estinzione


Le SNC registrate si estinguono a seguito della cancellazione dal registro delle imprese a seguito dell’applicazione
dell’Art. 2495
Le SNC irregolari si estinguono solo quando si considerano venuti meno tutti i rapporti giuridici, in particolare i
debiti, facenti riferimento alla società. Bisogna attendere almeno 10 anni.

• differenza più sottile: le diverse prerogative che il creditore particolare del socio ha nella SNC regole o
irregolare.
Il creditore particolare di un socio di una SNC regolare non può fino a scadenza della società, richiedere la
liquidazione della quota.
Il creditore particolare di un socio di una SNC irregolare può chiedere fin da subito la liquidazione della
partecipazione della quota del socio debitore a condizione di dimostrare che il patrimonio persone del socio non è
sufficiente a soddisfare le sue ragioni.

Nelle SNC regolari si pone qualche problema se prima della scadenza i soci decidono di prorogare il termine di durata
della società. Se la modifica dell’atto costitutivo viene iscritta nel registro delle imprese i creditori personali del socio
possono fare opposizione in quanto la proroga non consente loro di soddisfarsi.
Se la proroga non viene iscritta nel registro delle imprese, la posizione dei creditori personali del socio è uguale a
quella delle società semplici: in via di fatto viene protratta l’esistenza della società i creditori personali possono
richiedere la liquidazione della quota sempre che dimostrino che il patrimonio personale del socio è incapiente.

• differenza ++sottile per i poteri di rappresentanza:


La soluzione di default delle SNC: tutti i soci sono al tempo stesso amministratori e titoli del potere di agire in nome
della società. Possibili 2 deroghe (concentrazione nelle mani di 1 solo o doppia firma per determinati atti) sono
opponibili ai terzi solo con l’iscrizione nel registro delle imprese.
Per le SNC regolari possono esserci le limitazioni ai poteri di rappresentanza
Per le SNC irregolari, sono configurabili le limitazioni ai poteri di rappresentanza ma queste dovranno per essere
opponili ai terzi che la società fornisca evidenza che i terzi ne erano a conoscenza.

La disciplina delle SNC irregolari è quella delle società semplici. Sono regolare più penalizzanti e rigorose per i soci.
La mancata iscrizione non impedisce alla SNC di venire ad esistenza, non ha valenza costitutiva, ma incide sulle
regole applicabili.
SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (fisiologia del fenomeno)

Art. 2313 e seguenti.


Nascono nell’età dei comuni e presuppongono una compagine sociale ristretta.
Si basano sull’intuitus persone.
E presuppongono 2 categorie di soci:
-soci accomandanti: immette nella società risorse economiche. Per invogliarlo, gli si riconosce il beneficio della
limitazione della responsabilità ossia non è fatto rispondere per i debiti della società con il suo patrimonio
personale. Paragonabile ad un socio di SPA. Il rischio massimo è quello di perdere l’intero ammontare delle risorse
conferite in società. Però ha il divieto di intromettersi nella gestione d’impresa. Non è amministratore della SNC.

-soci accomandatari: ha l’idea ma non ha i mezzi economici. Conferisce ma in maniera più limitato.
Lui è investito della funzione gestoria. Gestendo l’impresa sociale risponde con il suo patrimonio personale dei
debiti della società. Lui conduce un’attività grazie alle risorse di altri, per evitare comportamenti azzardati;
responsabilità illimitata.

Art. 2318 “solo il socio accomandatario può diventare amministratore.”


Caso raso: SAS con più soci accomandatari e 3 non vogliono amministrare ma rimanere accomandatari. Art. 2318 1°
comma: rispondono dei debiti della società con il proprio patrimonio. Possono chiedere informazioni in merito
all’andamento degli affari e consultare i documenti.
Art. 2314 nella ragione sociale va indicato il nome di almeno 1 degli accomandatari con l’indicazione di SAS.

Nascono con l’idea di far CONVERGERE INTERESSE DIVERSI:


da una parte il socio accomandatario di sviluppare un’idea con risorse economiche di cui è privo
da una parte l’interesse dell’accomandante di impiegare parte del suo patrimonio in un impiego redditizio senza
però ne farsi coinvolgere nello svolgimento dell’attività ne senza mettere a rischio l’intero patrimonio personale.
Come succede per il socio di una snc o società semplice.
Art. 2315 alle società in accomandita semplice si applicano anche le disposizioni relative alle società in nome
collettivo in quanto siano compatibili con quelle della SAS.
Possono trovare applicazione anche le norme in materia di società semplici.

Patologie del fenomeno


Il socio accomandante cerca di prendere una posizione di maggior rilievo all’interno della società e inserirsi nella
gestione.
L’immissione nella gestione è combattuta dal legislatore che vede uno snaturamento del tipo sociale.
Conseguenze:
A. L’accomandate risponde con il proprio patrimonio dei debiti della società
B. Violazione dei patti sociale della SAS. Estremi di una esclusione del socio dalla società per violazione dei patti
sociali
C. Il socio accomandante acconsente che nella ragione sociale viene inserito il suo nome. Il socio si trova allora
a rispondere per i debiti della società con il suo patrimonio

Art. 2323 cause di scioglimento di una SAS


Oltre alle cause previste dall’Art. 2308
Causa di scioglimento: quando viene meno categoria del socio accomandante e rimangono soltanto accomandatari
(o viceversa) sempre che in 6 mesi la categoria che viene meno non è sostituita.

Art. 2317
SAS regolari: iscritte nel registro delle imprese. Efficacia normativa e non costitutiva.
SAS irregolari: non iscritte nel registro delle imprese
Se la sas è iscritta i creditori sociali possono agire nei confronti degli accomandatari solo dopo aver verificato
l’incapienza del patrimonio sociale.
Se la sas non è iscritta i soci possono rivolgersi fin da subito nei confronti degli accomandatari. Essi possono deviare
l’azione sul patrimonio della società e indicare dei beni agevolmente aggredibili.
2° comma: la mancata iscrizione non rende anche gli accomandanti responsabili perché nella ragione sociale è
indicato il tipo SAS dove ci sono 2 categorie di soci. Solo nei confronti di una categoria si può agire. Salvo che gli
accomandanti non si siano intromessi nella gestione d’impresa.
SOCIETA’ PER AZIONI (SPA)
Appartengono alla famiglia delle società di capitali (contrapposte alle società di persone).
Cosa contraddistingue le Società di capitali e società di persone:
Nella società di persone prevale l’origine contrattuale invece nelle società di capitali il momento contrattuale tende a
sbiadire perché prende il sopravvento il momento organizzativo.

Società di persone: se nel corso dell’attività si decide di modificare l’atto costitutivo della società occorre sempre il
consenso di tutti i soci.
Perché un socio possa trasferire la sua partecipazione ad un terzo occorre nuovamente il consenso di tutti i soci,
perché è considerata una modifica dell’atto costitutivo. Qualunque variazione di carattere soggettivo ..

Società di capitali: la rilevanza del contratto permane fino a che la SPA viene ad esistenza, ma poi prende il
sopravvento il momento organizzativo, l’organizzazione ha delle regole proprie che possono differire da quelle del
contratto. Le modifiche dell’atto costitutivo non richiedono più il consenso di tutti i soci; per effetto di maggioranze
qualificate. Permettono di fare a meno dell’unanimità dei consensi.
La partecipazione viene oggettivata; ciò comporta che la partecipazione alla società può essere trasferita senza il
consenso di tutti i soci. Il trasferimento della partecipazione non viene più considerato come una modifica del
contratto originario ma viene considerata come un avvicendamento all’interno dell’organizzazione.

La nascita delle SPA


Nascono nel periodo della Colonizzazione di territori lontani e della produzione industriale per un bisogno pratico
importante.
Attività richiedenti ingenti investimenti che non potevano essere sostenuti da compagini sociali ristrette.
Più soci per incrementare il flusso di risorse destinate all’attività.
Nuova figura: socio risparmiatore – investitore; colui possiede un surplus di risorse monetarie che vogliono
impiegare in modo redditizio.
Si creano compagini sociali molto elevate costituite da un gran numero di soci risparmiatori o investitori. Molti
hanno 3-4 azioni e poi ci sono i soci di riferimento: numero di azioni di gran lunga superiore e a fronte
dell’importanza dell’investimento effettuato sono disponibili a interessarsi più da vicino delle sorti dell’attività.

Come mai viene utilizzato il modello delle SPA nel caso della Ferrero (compagine sociale ristretta)?
È vero che modello SPA è stato pensato per compagini sociali molto elevate ma la disciplina delle SPA si presta ad
essere utilizzata anche quando la compagine sociale è molto ristretta. Spa è stato uno dei prodotti migliori del
pensiero giuridico; si adatta a contesti diversi da quello originario.
Disciplina completa che da molte garanzie e si preferisce rispetto alla SRL che nella testa del legislatore sarebbe il
modello più idoneo alle compagini sociali ristrette.

Spa che nasce per iniziativa di più soci: contratto


Spa è ammessa l’unipersonalità e avremo un negozio unilaterale di costituzione.

Perché le società di persone vengano ad esistenza:


-stipulazione dell’atto costitutivo
-controllo notarile circa la legittimità dell’atto costitutivo
-deposito dell’atto costitutivo nel registro delle imprese (qui l’iscrizione ha valenza costitutiva; serve a determinare
la venuta ad esistenza della società)

due momenti:
1. la stipulazione dell’atto (dove si manifesta la volontà negoziale)
2. l’iscrizione nel registro delle imprese (la società acquista autonomia patrimoniale perfetta)
Rilevanza iscrizione SPA: efficacia costitutiva; incide sulla venuta ad esistenza della società.
Art. 2328
La società può essere costituita per contratto o per atto unilaterale.
L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico (forma scritta sofisticata che oltre alla sottoscrizione delle
parti richiede la partecipazione di un notaio) e deve contenere:
-generalità dei soci
-denominazione della società (nome che costituisce uno dei segni distintivi della società)
-sede (comune ove è posta la sede: presso la sede sono inviate tutte le comunicazioni relative alla società)
-oggetto sociale (tipo di attività o progetto imprenditoriale che si vuole portare avanti; non basta scrivere attività
agricolo commerciale ma bisogna indicare il settore merceologico)
-Ammontare di capitale sottoscritto e versato: capitale sociale indica il valore complessivo di tutti i conferimenti.

[Non tutte le SPA hanno il medesimo capitale sociale.


Art.2227: è previsto un ammontare minimo di capitale sociale di 50 000. Non c’è un limite massimo.
Capitale sottoscritto: indica il capitale che hanno promesso di girare alla società.
Per i conferimenti in denaro sin da subito si può girare il conferimento promesso del 25%. E il rimanente viene
liberato quando i soci richiamano i decimi.
Capitale versato: ammontare del conferimento che si dice liberato in favore della società fin sa subito.
Tale differenza può essere percepita solo tramite i conferimenti in denaro.]

-numero azioni emesse e loro valore nominale; la singola azione corrisponde alla singola partecipazione all’interno
della società. Più azioni si hanno e maggiore potere si ha e maggiore diritto di partecipare agli utili.
Il valore del capitale sociale corrisponde al valore complessivo delle azioni.
Es capitale sociale = 1000. Se l’azione ha un valore nominale pari a 2, significa che verranno emesse 1000/2= 500
azioni.
-valore dei beni e dei crediti conferiti in natura. Il conferimento in denaro ha un valore intrinseco.
Per i conferimenti in natura il socio deve presentare una perizia redatta da un esperto che determini il valore del
bene. I conferimenti in natura si devono eseguire subito.
-criteri di ripartizione degli utili: generalmente su base proporzionale ma ci sono anche dei criteri diversi.
-individuazione del sistema di amministrazione adottato:
modello tradizionale, duale o monisitico. (noi faremo solo il tradizionale)
-numero dei componenti dell’organo di controllo: il collegio sindacale.
-durata della società: elemento importante perché è necessario riconoscere ai soci un diritto di recesso da
esercitare con preavviso. Se la società è costituita senza termine di durata si può recedere in qualsiasi momento per
un principio generale del nostro ordinamento che impedisce vincoli di durata eterna.
Il recesso è una vicenda rischiosa: il socio ha diritto di farsi monetizzare dalla società il valore della sua quota. Per
questo 9,9 statuti su 10 prevedono un termine: si viene ad eliminare la possibilità di recedere prima della scadenza.
Il termine dovrà essere un termine plausibile tenendo conto dell’età media dei soci (Es. 10-15 anni e non 300).

Art. 2329
Il notaio ha il compito di controllare che l’atto non sia contrario alle norme imperative, all’ordine pubblico e al
buon costume.
Per arrivare alla costituzione della S.p.A. sono necessarie 3 condizioni:
1. il capitale sociale va sottoscritto per intero (per i conferimenti in denaro non è invece richiesto che il capitale
venga versato interamente).
2. devono essere rispettate le norme sui conferimenti. (i conferimenti in natura necessitano della perizia che attesti il
valore effettivo, tale deve coprire la misura del capitale sottoscritto).
3. controllare che siano state ottenute le autorizzazioni richieste.
4. controllare che l’atto costitutivo non contenga delle clausole incompatibili con il modello di SPA. Es atto
costitutivo che prevede un capitale sociale di 20 000.

La costituzione di una SPA non è un’operazione semplice perché esiste un gruppo numeroso di soci.
Prima di stipulare l’atto cost. davanti al notaio sono avvenuti incontri e trattative.
L’atto costitutivo può essere stipulato in due diverse modalità:
• per costituzione simultanea = tutti i soci si presentano davanti al notaio e sottoscrivono direttamente l’atto.
• per pubblica sottoscrizione = i promotori depositano il programma della S.p.A. che intendono costituire; il
programma viene reso pubblico; chi vuole sottoscrivere questo programma ed effettua i versamenti necessari. Al
raggiungimento dell’importo necessario ci si presenta dal notaio.

Art. registro 2330 Iscrizione nel registro delle imprese


Il notaio (dopo aver verificato tutti i punti) deve depositare l’atto costitutivo entro 20 giorni presso l’ufficio del
registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale della società.
L’ufficio fa un ultimo controllo e la S.p.A. acquista personalità giuridica (l’iscrizione funge dunque da ha costitutiva).
Un contratto di organizzazione può conoscere dei momenti di corrispettività legato alla contropartita in numero di
azioni.
Nella fase delle trattative si discute: se io conferisco x, quante azioni mi spettano? Quanta voce ho in capitolo?
Se si parte da una compagine ristretta come si arriva a tanti soci? Si parte con pochi soci, le cose vanno bene,
ulteriori investimenti per rispondere ad una domanda crescente, aumento di capitale, nuove azioni da liberare che
vengono collocate sul mercato del risparmio, i risparmiatori sottoscrivendo le azioni diventano soci.

Verificarsi di alcune patologie in caso di costituzione


Riferimento alla società di persone Art 2332.
Se vi sono cause di nullità prima dell’iscrizione, si applica la disciplina del contratto. (Siamo di fronte ad un
contratto di organizzazione). Se l’oggetto è illecito il contratto è nullo.
Prima non viene ad esistenza questa figura soggettiva.

Cause di nullità possono essere individuate successivamente all’iscrizione:


• mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico
• illiceità dell’oggetto sociale
• mancanza di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, del capitale, ecc.

Se si applicasse la disciplina del contratto sarebbe da considerarsi nullo il contratto, la società e gli atti compiuti.
Nullità del contratto ha efficacia retroattiva: si ritorna alla situazione precedente alla stipulazione del contratto.
I terzi entrati in contratto con la società vedono sparire la propria controparte contrattuale.
Si crea un compromesso tra l’esigenza di legalità e l’esigenza di tutela del terzo contraente: soluzione di 3 punti:
1. Riduzione dei vizi in grado di determinare la nullità dell’atto costitutivo: mancato rispetto della forma
solenne, illiceità dell’oggetto sociale, mancanza dell’atto cost. di ogni indicazione circa la denominazione
della società, circa i conferimenti, l’ammontare sociale e oggetto sociale. (solo queste anomalie possono
causare la nullità dell’atto costitutivo)
2. Conversione della causa di nullità in causa di scioglimento della società. Imporre che la società si sciolga:
significa sottoporsi ad una procedura di liquidazione della società: vanno portati a compimento la riscossione
dei crediti e il pagamento dei debiti. I terzi conservano la controparte contrattuale. La società rimane ancora
in essere: i soci che non hanno eseguito ancora tutti i conferimenti restano tutt’ora obbligati. La stessa
sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori: coloro che hanno il compito di liquidare la società.
3. Previsione della sanabilità dei vizi: la nullità per definizione è un vizio insanabile. Nelle SPA la nullità può
essere sanata e i soci possono rimuovere il vizio andando dal notaio. Es possono andare dal notaio e
modificare l’oggetto del contratto da illecito a lecito.
Tale norma viene richiamata anche alle società di persone. Viene conservata l’idea che la causa di nullità si
converta in una causa di scioglimento.

CONFERIMENTI
Ribadiamo:
- Sono gli apporti di utilità che i soci si impegnano a fornire in favore della società.
- L’ammontare complessivo dei conferimenti mi indica l’ammontare complessivo del capitale sociale.
- Al momento dell’atto costitutivo i soci si impegnano al conferimento occorre distinguere il capitale sottoscritto
dal capitale versato. Nel caso dei conferimenti in natura tali coincidono perché il legislatore vuole che questi
siano liberati sin dal momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo. Nel caso dei conferimenti in denaro ce
una distanza temporale tra la sottoscrizione e la liberazione.

Art.2342 se non è pattuito diversamente, il conferimento deve farsi in denaro.


Al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato almeno il 25% dei conferimenti in
denaro.
Il resto quando gli amministratori richiamano i decimi mancanti.
I conferimenti in natura vanno liberati integralmente al momento della sottoscrizione e hanno per oggetto un
bene, un’azienda o un credito.
Non sono ammessi i conferimenti d’opera o servizi perché nelle SPA sono particolarmente rischiosi. Si tratta di
conferimenti non esistono ancora, dovranno essere attuati nel corso del tempo, ma in quel periodo al socio può
capitare qualsiasi cosa.
I conferimenti in denaro sono meno problematici, poiché avendo il valore intrinseco, non pongono problemi di
valutazione.
Per i conferimenti in natura è dedicata una disciplina particolare: Art. 2343
I conferimenti in natura pongono un problema di valutazione: è necessario trovare un modo per determinare
correttamente il valore del bene.
Subentra la sfera di apprezzamento soggettivo. Un legislatore non ritiene sufficiente accontentarsi della
dichiarazione dei soci perché:
-soci di numero elevato e non è detto che sia fiducia reciproca e il rischio che un socio cerchi di enfatizzare il valore
del proprio bene è più alto rispetto alla società di persone.
-nelle società di persone per i debiti della società i soci rispondono anche con il loro patrimonio personale. Nelle
SPA i soci usufruiscono del beneficio della limitazione della responsabilità.
La SPA usufruisce della cosiddetta autonomia patrimoniale perfetta: risponde dei debiti solo esclusivamente con
il suo patrimonio. Per i creditori sociali solo il patrimonio della società fa da garanzia.

Diventa importante capire la ricchezza presente all’interno della società. Il legislatore deve assicurare che
effettivamente i soci conferiscano alla società la ricchezza che si sono impegnati a versare nei confronti della
società.
Per i beni diversi dal denaro, il valore di questi deve trovare conferma in un’attestazione proveniente da un
soggetto terzo e parziale.

Per i conferimenti in natura è previsto un sistema di cautele:


• carattere preventivo: per eseguire un conferimento in natura il legislatore esige che il socio conferente, al
momento della stipulazione dell’atto, alleghi una perizia, redatta da un esperto, nominato dal presidente
del tribunale. Per assicurare la parzialità. L’esperto oltre a descrivere i beni oggetto del conferimento, deve
attestare che il valore del bene è almeno pari a quello attribuito per liberare la corrispondente frazione di
capitale sociale. Deve indicare anche i criteri di valutazione che ha seguito per valutare il bene. Il valore
dell’azienda può essere determinato attraverso criteri, nessuno è più corretto di altri. Il notaio deve
verificare che vi sia allegata all’atto costitutivo tale perizia.
• carattere successivo: Nei 180 giorni successivi all’iscrizione, gli amministratori della società saranno tenuti
ad eseguire un controllo sulla congruità della stima eseguita dall’esperto.

La verifica può avere esito positivo, valore del bene determinato correttamente.
Esito negativo quando il valore del bene sia inferiore rispetto a quello indicato.
Il legislatore adotta una serie di correttivi:
Se la differenza di valutazione è minore di 1/5 non succede nulla perché il legislatore preferisce ricondurre la
differenza di valutazioni nell’ambito della discrezionalità (margine di apprezzamento soggettivo). Se valore
attribuito dall’esperto è 100. 1/5 = 20 quindi fino a quando gli amministratori valutano il bene 80 non succede
nulla.
Se la differenza supera 1/5 il legislatore adotta i seguenti correttivi:
(il socio sottoscrive 100, ma in realtà è 60)
1 permette al socio conferente di versare la differenza
Il socio mantiene all’interno della società il peso che aveva voluto conseguire con il conferimento, dall’altra per
continuare ad essere titolare dovrà girare la società un ulteriore frazione di ricchezza (da 60 dovrà aggiungere 40)
2 il socio rimane titolare della quota di capitale corrispondente (60) e le azioni ulteriori vengono sottratte al
socio per poi essere collocate presso altri soci o terzi o vengono eliminate e si riduce il capitale sociale.
Fino che non viene eseguito questo controllo da parte degli amministratori, le azioni non possono circolare.
La soluzione ha il pregio di non richiedere al socio un ulteriore sacrificio patrimoniale, però si può affievolire la sua
posizione all’interno della società.
3 Il socio può recedere dalla società: se possibile gli viene consentito di recuperare il bene conferito o se ciò
non è possibile gli viene consentito di uscire dalla società e ricavare l’equivalente del bene conferito.

Il legislatore non si sente di penalizzare il socio conferente in quanto il bene è stato valutato da un esperto
nominato dal presidente del tribunale. Pertanto offre al socio conferente tre strade.

Art. 2343 ter


Introduce semplificazioni circa il procedimento di valutazione dei conferimenti in natura: fa venire meno
l’esigenza di acquisire l’attestazione da parte di un esperto nominato dal presidente del tribunale.
3 casi:
- conferimenti aventi ad oggetto partecipazioni azionarie scambiate in borsa: io posso essere titolare di 1000
azioni Eni e anziché conferire denaro mi impegno a conferire le azioni. Difronte ad un conferimento in natura.
Per i titoli negoziati in borsa esiste un pixing, una definizione del prezzo di giornata. Prezzo ufficiale risultante
dalle negoziazioni avvenute in giornata. Però questo prezzo può oscillare da un giorno all’altro. Il loro valore
dovrà essere pari a quello risultante dalla media degli ultimi 6 mesi.
- Quando esiste già una perizia relativa al bene da conferire perché magari 2-3 mesi prima il socio aveva
pensato di costituire con altri una società diversa ma poi gli accordi sono saltati.
La perizia deve essere stata redatta non oltre i 6 mesi precedenti.
- Si deve conferire un bene che è già valutato in bilancio. Un bilancio redatto secondo i principi internazionali
IAS:
Impostazione codicistica: impone di valutare l’attività secondo il prezzo di acquisto o il valore storico di
produzione. Proprio per adottare un principio di prudenza e cercare di evitare valori gonfiati.
Principi IAS ammettono che il valore dell’attività possa essere determinato secondo criteri di mercato attuali.
Ai fini del conferimento i principi IAS risultano più coerenti, perché offrono un valore attuale.
Ha senso utilizzare il bilancio che è un doc predisposto dallo stesso socio conferente? Non ce il rischio che il
socio alzi la valutazione degli elementi dell’attivo? Infatti non bastano i principi IAS ma occorre che il bilancio
sia sottoposto ad una revisione legale.

CAPITALE SOCIALE nelle SPA


Indica un ammontare che è il risultante dei conferimenti che i soci hanno conferito o si sono impegnati a conferire.
In tal caso il capitale sociale corrisponde al capitale sottoscritto dai soci.
L’ammontare del capitale sociale è elemento fondamentale dell’atto costitutivo.
È anche denominato capitale nominale, indicato nell’atto costitutivo.

Nelle SPA il capitale sociale viene fatto oggetto di una disciplina molto più articolata rispetto per le società di
persone.
Vige la regola del capitale sociale minimo: se nel corso dell’esistenza della società, lo svolgimento dell’attività non
produce ricchezza aggiuntiva ma va a bruciare la ricchezza esistente (originariamente conferita dai soci) scatta un
obbligo di ricapitalizzazione:
Esiste un vincolo – principio di fissità del capitale sociale – i soci devono dotare la società di nuova ricchezza pari
al capitale sociale minimo (50 000 euro).

Qual è funzione del capitale sociale nelle SPA?


Serve per individuare se al termine del ciclo vitale della società o più frequentemente al termine di ogni esercizio,
lo svolgimento dell’attività dell’impresa ha prodotto ricchezza ulteriore e quindi utile distribuibile. ( ..e
normalmente ma non necessariamente funzione di valenza organizzativa).
Per capire se l’utile è distribuibile:
Si guarda al bilancio d’esercizio: guardo lo stato patrimoniale e compio 2 operazioni
-determinare il saldo tra attività e passività. Se il saldo è negativo o 0 non ce ricchezza distribuibile, se è
positivo c’è ricchezza. Può essere distribuita?
-devo verificare se il saldo positivo è superiore all’ammontare del capitale sociale.
Se è superiore, l’eccedenza sarà distribuibile sotto forma di utili.
Se è uguale, non c’è ricchezza aggiuntiva ma non è stata nemmeno bruciata.
Se inferiore, non ci sono utili distribuibili, le cose non sono andate bene ma non sono state disastrose perché
non hanno annientata la ricchezza, perdite. Perdite lievi o gravi da richiedere interventi con una
ricapitalizzazione della società.
[Cosa serve il conto economico? A determinare se vi sono state utili o perdite nel corso dell’esercizio.
L’utile di gestione non coincide esattamente con l’utile distribuibile perché bisogna considerare anche
l’esercizio precedente (dove magari vi erano perdite da reintegrare oppure utilizzato per adempiere a obblighi
di riserve). ]

FUNZIONE ORGANIZZATIVA DEL CAPITALE SOCIALE


Fino al 2003 L’ammontare del capitale sociale sottoscritto veniva preso come indice della misura di diritti
patrimoniali (diritto agli utili) e amministrativi (potere di voice in capitolo).
Se sottoscrivo il 20 percento del capitale sociale significa che avrò diritto ad una assegnazione di utili in misura del 20
percento, e in assemblea posso contare in misura del 20 percento.
Oggi questa funzione organizzativa del capitale sociale non è del tutto scomparsa.
Dal 2003 (Dopo la riforma Art 2346 ultimo comma) in poi però questa funzione si è un po’ offuscata. Per favorire la
partecipazione di soci importanti, l’ordinamento consente all’autonomia statutaria di attribuire al socio un numero
di azioni non necessariamente proporzionali rispetto all’apporto conferito.
Si offrono al socio condizioni particolarmente vantaggiose.

Però Il valore complessivo delle azioni deve essere pari al valore del capitale sociale sottoscritto. Pertanto gli altri
soci riceveranno un numero di azioni non coincidente con il valore del proprio conferimento.
Se ho cap. sociale 100 e azioni del valore nominale pari a 1.
Azioni emesse? 100 azioni
Se un socio conferisce 50, uno 30, uno 20. Ammettiamo che il terzo socio sia importante per la società, di decide di
affidare al terzo socio 30 azioni. Il primo e il secondo, rinunciano ad alcune azioni e riceveranno un numero di azioni
non coincidente con il valore del proprio conferimento. (ripartizione interna non proporzionale fermo restando che il
numero di azioni non può variare.)
Nei casi in cui l’autonomia statutaria si è avvalsa di adottare il criterio della ripartizione interna non proporzionale: la
funzione organizzative del capitale sociale si affievolisce perché non è più indicativa dei rapporti di forza all’interno
della società.

Qual è la funzione del capitale sociale minimo? (50 000)


Rebus del diritto commerciale con diverse teorie.
1 teoria= serve a creare un cuscinetto per i creditori della società in quanto indica un ammontare di risorse che
devono rimanere all’interno della società e non possono essere distribuite. Enfatizza il fatto che le spa usufruiscono
di un’autonomia contrattuale perfetta: i creditori non possono che far vale le proprie ragioni sul patrimonio della
società.
Critica: si sottolinea come l’importo sia minimale. 50.000 non sono una reale sicurezza per i creditori della società.

2 teoria= Funzione di carattere produttivo = il capitale sociale minimo serve per dotare la società
dei mezzi necessari per avviare l’attività.
Critica: non ha senso che ci sia una soglia minima uguale per tutte le S.p.A. indipendentemente dalle dimensioni e
dai tipi di società.
La concezione produttivistica del capitale sociale minimo impone che l’ammontare delle risorse inziale non è definito
una volta per tutte.
Produzione di caviale tramite storioni: 50.000 non servono a niente per iniziare il ciclo produttivo in quanto fare
investimenti di ammontare nettamente superiore. Bisogna poi attendere anni che le vasche con gli storioni si
riempiono e riproducono.

3 teoria= rilievo tipologico.


Con capitale sociale minimo il legislatore vuole segnalare ai soci che l’utilizzo del modello della SPA presenta
determinati costi, rigidità di funzionamento che ha senso osservare solo in presenza di attività che non siano
minimali e che richiedono investimenti per almeno 50 000. Funzione di dissuadere rispetto l’adozione del modello
SPA per iniziative inferiori da rendere esagerato il ricorso al tipo delle SPA.

4 teoria= Il capitale sociale minimo serve per individuare una soglia di attenzione.
È un campanello d’allarme per intervenire tempestivamente quando le cose vanno male. Società non autoliquidante.
Bisogna saper gestire in modo efficacie e affrontare tempestivamente una situazione di criticità reale prima che sfoci
in un vero e proprio dissesto.

PERDITE:
-lievi: se la società incorre in perdite che restano confinate ad 1/3 del capitale sociale.
Possono essere recuperate nell’esercizio successivo e non destano particolare preoccupazione.
-gravi: se la società incorre in perdite superiori a 1/3 del capitale sociale ma non intaccano il capitale sociale minimo.
In tal caso il legislatore impone agli amministratori di convocare l’assemblea dei soci e informargli sulle iniziative di
carattere imprenditoriale per ristabilizzare la situazione (es. licenziare). Alla società è concesso un anno di tempo per
riparare il danno.
-gravissime: se la società incorre in perdite superiori a 1/3 del capitale sociale e che intaccano il capitale sociale
minimo. Situazione molto delicata. Si ha ancora ricchezza presente. Bisogna prendere provvedimenti.
[Esempio
capitale sociale pari a 90 000.
-Perdite di 20 000 e al termine dell’esercizio la ricchezza presente in società è diminuita. Perdita leggera perché è
inferiore a 1/3 di capitale sociale.
-Perdita pari a 38 000. Perdita grave perché è superiore a 1/3 del capitale sociale e non è tale da avere intaccato il
capitale sociale minimo. 90 000- 38 000 = 52 000 > 50 000.
-Perdita per 60 000, gravissima.]

3 strade:
-ricapitalizzazione: i soci devono effettuare nuovi conferimenti per raggiungere almeno il livello di capitale sociale
minimo.
-scioglimento della società: meglio chiudere prima che i danni diventino maggiori.
-trasformare la società: da SPA a società di persone: vantaggio che non è prevista la regola del capitale sociale
minimo. Ma si andrebbe a verificare una responsabilità dei soci per i debiti della società.
Le tre soluzioni introducono tutte un cambiamento radicale.

Capitale sociale 50 000 perdita di 2 000.


Si va al di sotto della soglia minima. In tal caso si ha 1 solo presupposto.
Perché si assumano le 3 decisioni radicali è necessario che la perdita sia
A superiore ad un 1/3 del capitale sociale
B porti il valore di ricchezza presente al di sotto della soglia minima di 50 000.
Domande possibili
Cosa si intende per funzione organizzativa del capitale sociale?
In che modo il capitale sociale serve per definire se ci siano o no utili distribuibili alla fine dell’esercizio?
Quali sono le spiegazioni più diffuse della regola del capitale sociale minimo?

LE AZIONI
La partecipazione sociale è rappresentata da azioni.
È la posizione che il socio ha nell’ambito del rapporto societario.
L’insieme di diritti, obblighi, poteri che sorgono in capo al socio.
È un insieme di situazioni giuridiche; passive e attive (diritto alla distribuzione agli utili).
Diritto di partecipare all’assemblea, di votare… poteri di carattere amministrativo.
La partecipazione del socio all’interno della società non si esaurisce in un'unica situazione giuridica ma in più.

Per tutti i tipi di società, salvo le SPA, le partecipazioni vengono organizzate, costruite e pensate secondo un criterio
personalistico.
Ci sono tante partecipazioni quanti sono i soci.
Ogni partecipazioni è diversa dall’altra perché in linea di principio la partecipazione è commisurata all’ammontare
di capitale sottoscritto.

Nelle SPA il discorso cambia radicalmente


Per incoraggiare l’ingresso dei comuni risparmiatori si è pensato di favorire lo smobilizzo dell’investimento: la
possibilità di avere una comoda via di exit in tutti i casi in cui il socio necessita di liquidità. Senza incoraggiare lo
strumento di recesso (che per la società comporta una fuoriuscita di risorse) si è pensato di favorire la cedibilità della
partecipazione. Si è pensato di rendere le partecipazioni sociali il più possibile fungibili e omogenee.
Ciò che è fungibile e omogeneo è più facile da scambiare.
Art. 2348
Fungibilità delle azioni: le partecipazioni devono essere di uguale valore nominale e conferiscono ai loro possessori
uguali diritti.

Posto il problema di raggiungere questo risultato.


1.N di partecipazioni si lega al n di soci
2.Le partecipazioni sono diverse
3.ipotizziamo che SNC parta con 3 soci, 3 partecipazioni e poi la partecipazione di un socio venga acquisita da uno
degli altri due, noi avremo 2 soci e 2 partecipazioni. Il socio che acquista, accresce la propria partecipazione ma non
diventa proprietario di 2 partecipazioni.
Art. 2346
Le azioni sono un’unità minima di partecipazione sociale.
La caratteristica delle partecipazioni è di essere fungibili, uguali.
Il numero di azioni viene individuato sulla base di un criterio matematico astratto.
Si prende il valore del capitale sociale / valore dell’unità di minima = n di partecipazioni sociali
Il numero è indipendente dal numero dei soci ed è individuato a monte una volta per tutte.
Esempio:
cap sociale 100, n azioni 100, valore nominale 1. Se un socio sottoscrive capitale sociale in misura pari a 60, avrà 60
singole azioni.
Nelle S.p.A. a fronte di un maggiore conferimento non si otterrà un’unica partecipazione più elevata, ma un numero
superiore di singole azioni.

Nelle SPA vige un meccanismo capovolto rispetto alle altre società


Nelle altre società il numero delle partecipazioni è una diretta conseguenza del numero dei soci e la misura della
singola partecipazione varia in funzione del conferimento. In capo al medesimo socio non possono esserci più
partecipazioni, questa può solo accrescere o diminuire.
Nelle SPA partecipazioni fungibili e distribuite fra i vari soci in misura proporzionale ai conferimenti eseguiti,
la posizione del socio si determina in funzione del numero di azioni possedute. Il numero delle azioni rimane
invariato indipendente da numero dei soci.
Se ho 2 soci, uno conferisce 60 e l’altro 40, il numero di partecipazioni resta sempre invariato ma posso decidere di
attribuire 55 e 45 azioni.

L’autonomia statutaria decide circa il capitale minimo e anche il valore minimo della singola partecipazione (valore
nominale) e indica a quanta parte dell’intero corrisponde la singola partecipazione.

Art.2347
Le azioni sono indivisibili.
Negli altri modelli societari la partecipazione può essere ceduta da un socio a un altro socio oppure a un terzo ma ci
può essere la cessione totale o parziale della propria partecipazione.
Non posso dividere la singola azione, che è un’unità minima standardizzata perché è uguale alle altre.
Cosa succede se un socio proprietario di un’azione e muore lasciando due eredi. Cosa succede all’azione?
In questa caso, situazione di comproprietà. La misura dei diritti attribuiti dall’azione sono sempre quelli. Diritto di
voto a cui dà diritto l’azione è sempre lo stesso.
Nomina di un rappresentante comune.

Un’azione indica un insieme di diritti, poteri e obblighi che derivano dalla partecipazione alla società.
Una singola azione attribuisce situazioni:
• Prerogative di ordine patrimoniale. Art.2350
-Diritto agli utili: È più corretto parlare di aspettativa agli utili, in quanto non è certo che al termine dell’esercizio vi
siano utili distribuibili. Anche se al termine dell’esercizio dovesse risultare l’effettiva esistenza di utili, sarebbe
necessaria una delibera dell’assemblea ordinaria dei soci che decide come impiegare gli utili, se distribuirli o tenerli
all’interno della società per compiere investimenti.
-Diritto alla distribuzione del residuo attivo nell’ipotesi di liquidazione della società: Art.2232 nella fase della
liquidazione occorre eseguire i rapporti pendenti, riscuotere i crediti e pagare i debiti. Se al termine dovesse essere
presente ricchezza, questa dovrà servire per rimborsare i conferimenti e se avanza ancora diritto di una parte che
verrà assegnata sotto forma di utile.

• Prerogative di ordine amministrativo Art.2351


Potere da parte del socio di partecipare all’assemblea dei soci, di intervenire e di votare.
Poteri di voice che la singola azione attribuisce rispetto al governo della società.
I diritti amministrativi possono essere:
-graduabili = il diritto dipende dal numero di azioni (diritto di voto, diritto agli utili).
-non graduabili = il diritto non dipende dal numero di azioni (diritto di partecipazione all’assemblea: è un diritto
anelastico: sia che io abbia 10 azioni o 50 azioni partecipo o non partecipo all’assemblea).
Il diritto di intervenire dipende dall’autonomia statutaria:
-tempo max di intervento 5 min, non cambia che io abbia 10 o 50.
-tempo in base alle azioni, in questo caso il diritto è graduato.

• Prerogative di ordine misto


-diritto di opzione: viene riconosciuto nell’ambito di un’operazione di aumento di capitale sociale a pagamento. Si
ritiene opportuno aumentare il capitale sociale di una spa nel corso della sua esistenza. La società acquista una
visione all’esterno di maggiore solidità e si allarga la compagine sociale coinvolgendo nuovi soci.
Si modifica il capitale sociale, modifica dell’atto costitutivo, la decisione deve essere assunta dall’assemblea
straordinaria dei soci.
Da un lato nuove risorse dall’esterno dovranno essere immesse nella società. Aumento il capitale sociale di 30
Si emettono nuove azione per un valore complessivo pari a 30 assegnate a chi sottoscriverà il capitale sociale.
Il nuovo capitale sociale può essere sottoscritto da:
-soci attuali
-a soggetti attualmente non soci.
I terzi sono caricati di un sovrapprezzo. Valore nominale da 2 a 2,5. I terzi pagano il rischio di impresa che i soci
originari hanno corso. È diverso entrare in un’attività imprenditoriale all’inizio rispetto a dopo quando ormai l’attività
è partita e consolidata. All’inizio il rischio è più elevato.
Il sovrapprezzo non va ad aumentare il capitale sociale ma il patrimonio della società.

[100 azioni, valore nominale 1


60 azioni A
40 azioni B
Si aumenta il capitale sociale di 20 e si emettono 20 nuove azioni. Sottoscritto da soggetti esterni.
Rischi di una diluizione della partecipazione dei soci attuali. Se cambia il totale delle azioni emesse, il peso del singolo
socio tende a diluire. Il legislatore ha previsto il diritto di opzione: prevede che le azioni di nuova emissione
vengono offerte ai soci attuali in via prioritaria. Si consente ai soci attuali la possibilità di sottoscrivere capitale
sociale in misura tale da non vedere diluita la propria partecipazione e lasciare invariato il peso del socio all’interno
della società. (componente amministrativa del diritto di opzione)
Durata di 30 giorni.

Se i soci non vogliono investire di nuovo nella società: (componente patrimoniale del diritto di opzione) il socio può
cedere il suo diritto a terzi. Il socio vede diluita la sua partecipazione però otterrà un beneficio economico.
Diritto warrant consente ai terzi di sottoscrivere entro 30 giorni le nuove azioni al loro valore nominale, senza
sovrapprezzo.
Io che vendo che prezzo chiedo?
Il guadagno per il socio varierà tra zero e un centesimo in meno rispetto all’ammontare del sovrapprezzo.
[Valore azione 2, valore azione con sovrapprezzo 2,5
Si acquista il diritto di opzione tra 0,1 e 0,49. Perché se no il prezzo sarebbe 2,5 e non ci sarebbe vantaggio
economico ma solo vantaggio di priorità sui terzi.]

Ogni azione attribuisce queste prerogative in ugual misura però se ho 50 azioni, il diritto di moltiplicherà per 50.

Art. 2348, Categorie di azioni


Il legislatore ammette che vi possano essere più categorie di azioni:
• azioni ordinarie
• categorie di azioni speciali
Da un lato il legislatore tiene ferma l’idea delle partecipazioni standardizzate.
Dall’altra viene incontro alle esigenze degli imprenditori. Le azioni saranno costruite in modo diverse da categoria a
categoria.
La standardizzazione viene relativizzata tramite lo strumento della categoria.
Le azioni speciali sono azioni riconducibili a categorie diverse rispetto a quelle ordinarie.

Riforma del 2003 ha permesso di distinguere categorie di azioni per favorire il collocamento di azioni sul mercato che
attraggano il maggior numero di investitori possibili.

DIFFERENZA AZIONI SPECIALI E ORDINARIE


Azioni speciali impongono un debito di conferimento.
Per le azioni ordinarie vale in linea di principio il criterio di proporzionalità tra diritti patrimoniali e amministrativi.
La distinzione deriva dal fatto che nelle società si contrappongono:
• soci-investitori (vedono l’impresa come una fonte di guadagno)
• soci-imprenditori (interessati a seguire da vicino l’attività d’impresa)
Di regola con le azioni speciali, si invogliano i soci-investitori a entrare in società, prospettando diritti patrimoniali
più intensi con un sacrificio di diritti amministrativi (rispetto alle azioni ordinarie).
Il socio con poche azioni non ha un reale poter di voice ed è disponibile a rinunciare ai poteri amministrativi ed è
interessato ad un rafforzamento dei diritti patrimoniali. (una parte di utili non esattamente proporzionale alle azioni
possedute ma magari con quale maggiorazione).
Le speciali vengono incontro alle esigenze di alcuni soci rispetto ad altri.

Art. 2351 limite


Se viene emessa una categoria di azioni che prevede a fronte del rafforzamento di prerogative patrimoniali, un
affievolimento dei diritti amministrativi, in particolare una riduzione più o meno ampia del diritto di voto in
assemblea.
L’azione può essere emessa ma in misura da coprire non più del 50% del capitale sociale. Ciò significa che l’altro
50% deve essere ricoperto da azioni ordinarie.
Perché questo limite? Solo così l’assemblea può lavorare senza limitazioni.
Se la società emettesse solo azioni speciali si verrebbe a compromettere il funzionamento dell’assemblea dei soci,
cioè che l’assemblea sia sempre in grado di assolvere alle proprie competenze.

MODO DI RAPPRESENTAZIONE DELLA SINGOLA AZIONE


Art.2346 1° comma:
Tradizionalmente le azioni erano rappresentante attraverso documenti cartacei (certificati azionari).
Chi riceveva l’azione riceveva questi certificati.
Il certificato azionario era considerato come un titolo di credito a cui applicare la disciplina prevista per i titoli di
credito con il vantaggio di prevedere delle regole agevoli per il trasferimento delle azioni al fine di favorire la
possibilità di smonetizzare l’investimento. Aspetto che rende appetibile l’investimento.
Le azioni circolavano secondo la disciplina dei titoli di credito costituita da regole che semplificano e rendono sicuro
il risultato del trasferimento.
In particolare le azioni venivano considerate titoli di credito nominativi perché indicato il nome del socio, e venivano
assoggettati alla disciplina degli art. 2021 e seguenti.
Art. 2022 il trasferimento della singola azione si compie mediante una doppia annotazione chiamata transfert:
-l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo dove vi era già il nome del socio attuale.
-annotazione sul libro soci.
Oppure si compie con rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare. Il rilascio deve essere annotato sul
registro.
Art. 2023 salvo diverse disposizioni, il titolo nominativo può essere trasferito anche mediante girata autenticata da
un notaio. La girata deve essere datata e sottoscritta dal girante e contenere l’indicazione del giratario.
L’azione viene trasferita all’acquirente il quale può a sua volta trasferire l’azione ad un altro.
Qual è la differenza? Possiamo avere una sequenza di trasferimenti.
Ma finché non viene aggiornato il libro soci, l’acquirente non può esercitare i diritti sociali all’interno
dell’organizzazione che gli spetterebbero in quanto socio.
L’acquirente che si dimostra possessore ha diritto di ottenere la registrazione del trasferimento nel libro soci ed è
legittimato ad esercitare i diritti sociali.

Dal 1998 è stata introdotta la dematerializzazione delle azioni: le azioni non sono più rappresentate da documenti
cartacei ma da registrazioni scritturali. Nella logica di favorire la trasferibilità delle azioni.
-grazie al progresso tecnologico e alle nuove modalità di rappresentare e trasferire azioni.
-anni in cui in Italia si sviluppa il mercato azionario e si cerca di renderlo più efficiente possibile (privatizzazione di
enel, eni). La dematerializzazione permette di superare alcuni problemi che si erano rappresentati con i certificati
azionari quali: smarrimento, falsificazione, sopravvenuta illeggibilità del documento.

Dematerializzazione parziale
Dematerializzazione completa: non vengono più emessi certificati cartacei ma tutto avviene sulla base di
registrazioni su conti titoli.
Perché il sistema funzioni è necessario che ci sia una società di gestione accentrata dei titoli (monte titoli). Il compito
è dare certezza e fiducia ai successivi trasferimenti di azioni. Offre un servizio e prende un compenso sia dalla società
emittente sia provvigione per ciascun trasferimento.
La società emittente ha un conto titoli presso monte titoli dove sono accreditate tutte le azioni che la società
emette. All’interno di monte titoli ci sono conti intestati non ai singoli risparmiatori ma agli intermediari – le banche -
attraverso cui gli investitori sottoscrivono o trasferiscono le azioni.
(Perché non ci sono i conti dei singoli soci? Sarebbero troppi e ingestibili).
Questi conti aggregano tutte le azioni che in un dato momento i clienti di Unicredit possiedono in riferimento a
quella società emittente.
Nel momento di vendita delle azioni. Cliente di Unicredit che sul proprio conto titoli ha accreditato 10 azioni della
società A, decide di venderne 3 ad un cliente che ha un conto titoli presso Banca intesa.
Perfezionata la vendita: il conto titoli del cliente di Unicredit vede una diminuzione di 3 azioni, correlativamente il
conto titoli di Unicredit all’interno di monte titoli subisce una decurtazione di 3 azioni.
Il conto titoli di banca intesa all’interno di monte titoli subisce un incremento di 3 azioni e correlativamente il conto
titoli del cliente all’interno di banca Intesa vede annotate 3 azioni in più. Questa vicenda crea delle variazioni al
livello di conto corrente bancario. Prezzo di vendita delle 3 azioni: 10 euro. Il conto corrente del venditore vedrà
aumento di 10 euro mentre in conto corrente del venditore vede una diminuzione di 10 euro.
Il legislatore ha previsto che la registrazione sul conto equivale alla girata. Il legislatore ha individuato uno strumento
che determina il trasferimento delle azioni.

Azioni dematerializzate: rappresentate da registrazioni su conti titoli. Trasferimento di azioni da A a B si perfeziona


con semplici annotazioni, attiva sul conto titoli dell’acquirente.

È necessaria una gestione accentrata delle azioni di una società.


La società che intende emettere azioni apre un conto presso monte titoli e questo conto vale il numero di azioni
emesse dalla società.
Sempre nell’ambito di monte titoli vi sono le banche che aprono propri conti perché la gestione accentrata
presuppone una circolazione intermediata delle azioni attraverso le banche.
Presso ciascuna banca sono aperti i conti titoli dei rispettivi clienti.
5 azionisti che insieme hanno sottoscritto 100 azioni. Ciascuno ha un conto titoli presso Unicredit. Hanno sottoscritto
100 azioni di una determinata società. Sul conto della società emittente ci sarà una registrazione negativa di 100
azioni mentre sul conto di Unicredit presso monte titoli ci sarà una annotazione positiva i 100 azioni.
2 caso: un cliente ha un conto titoli di Unicredit acquista 10 azioni possedute da un cliente che ha un conto titoli in
banca intesa. Dentro monte titoli sul conto dell’intermediario banca intesa c’è una notazione negativa di 10 azioni
mentre sul conto titolo di Unicredit positiva di 10 azioni. A cascata sul conto del cliente di banca intesa notazione
negativa di 10 azioni, sul conto del cliente di Unicredit notazione positiva di 10 azioni.
Il legislatore fa obbligo all’intermediario di rilasciare delle certificazioni che danno atto che sul conto titoli del cliente
ci sono azioni e in ragione di queste, si può accedere alle assemblee.
Il sistema di dematerializzazione è obbligatorio per le società con titoli quotati in mercati regolamentati ma anche le
altre società possono decidere di utilizzarlo al posto delle cartacee.

Le azioni rappresentano la contropartita che il socio riceve per aver apportato ricchezza all’interno della società.
Le risorse che vengono acquisite dalla società formano il capitale proprio. Il socio non può richiedere il rimborso del
conferimento. L’ammontare dei conferimenti al fronte del quale vengono liberate le azioni è capitale proprio della
società.

La società ha bisogno di ulteriori risorse. La società ricorre al FINANZIAMENTO.


Il socio può effettuare un prestito alla società, diventando oltre che socio, creditore.
Se la compagine sociale è ristretta non bastano i prestiti e se è ampia non si può chiedere ad 1 si e 1 no.
La società può chiedere un prestito ad una banca. Assicura il prestito di importi significativi.
Il prestito è veloce e la banca sa cosa fare. Non vi sono asimmetrie informative.
La banca applica tassi d’interesse elevati perché nel prestare da sola l’intera somma del finanziamento corre il
rischio del mancato rimborso della somma medesima.
Nel tentativo di ottenere prestiti ad un tasso minore, le società ricorrono al mercato del pubblico risparmio, non con
l’idea di fare entrare gli investitori all’interno della compagine sociale ma con l’idea di fargli diventare creditori della
società.
Come avviene? Emissione di un prestito obbligazionario.
Le obbligazioni= operazioni di prestito unitarie di ammontare elevati, almeno 300 000. Suddividere l’operazione
unitaria in tante unita minime standardizzate (obbligazioni) tutte con il medesimo valore nominale.
Per sottoscrivere un’obbligazione il comune investitore deve versare alla società il valore nominale. Il versamento
sarà eseguito a titolo di credito. Alla scadenza avrà diritto alla restituzione del valore nominale originariamente
versato.
Per indurre i comuni risparmiatori a prestare denaro alla società prevede una forma di remunerazione: tasso
d’interesse. Gli interessi maturati vengono liquidati ogni 6 mesi attraverso la cedola.
Art. 2411 e seguenti.
Chi sottoscrive un’obbligazione diventa creditore nei confronti della società relativamente a due voci; valore
nominale del capitale e remunerazione (interessi). Dal punto di vista giuridico la pretesa è incontestabile. (due diritti
di credito).

È uguale per tutte le azioni. Tutte le obbligazioni sono assoggettate alla medesima disciplina.
In questo modo con la parcellizzazione si chiede ad una moltitudine di soggetti di contribuire alla formazione
dell’ammontare. Chi presta denaro rischia solo l’importo necessario per sottoscrivere una o più azioni. Rischio
limitato. Quindi ci si accontenta di un tasso d’interesse minore rispetto a quello previsto dalla banca.

Perché le società emittenti si rivolgono molto spesso alle banche piuttosto che emettere prestiti obbligazionari
che hanno tasso d’interesse più basso?
Svantaggi del prestito obbligazionario:
-chiama in gioco i risparmiatori comuni. Subentra la tutela dei comuni investitori per evitare che cadano in truffe o
manovre fraudolente.
Il legislatore prevede dei meccanismi di tutela per eliminare l’asimmetria informativa. Richiede la pubblicazione di un
prospetto attraverso cui la società racconta sé stessa, spiega il bisogno e le finalità del prestito.
Per questo il prestito obbligazionario è un’operazione con dei costi. Allora il vantaggio del tasso d’interesse minore
viene ad assottigliarsi a seguito di tali costi.
Una SPA per acquisire risorse ha a disposizione due strade:
-banca: più veloce ma tasso d’interesse elevato
-comune risparmio: tasso d’interesse più basso ma comporta ulteriori costi per tutelare i comuni risparmiatori
Non è sempre preferibile uno o l’altro.

TIPI DI OBBLIGAZIONI
Anche le obbligazioni presentano una certa elasticità. Tipi di obbligazioni che si differenziano dal modello base.
In che modo il modello base può essere declinato.
Obbligazioni partecipanti
Si può ipotizzare di trasformare la voce della remunerazione in una aspettativa: collegare la remunerazione
all’andamento della società. Se ci sono utili allora ci sarà una remunerazione. (non è sicura).
Obbligazioni indicizzate: la remunerazione anziché essere determinata in modo fisso è legata a dei parametri
variabili come il tasso.
Obbligazioni postergate: se un debitore ha più creditori in linea di principio tutti i creditori hanno diritto di
soddisfarsi in maniera uguale salvo i creditori privilegiati che sul bene oggetto di garanzia possono soddisfare le
proprie ragioni prima di tutti gli altri.
-Creditori privilegiati
-Creditori chirografari
-Creditori postergati: possono soddisfarsi del patrimonio solo dopo tutti gli altri. Più rischio.
Rimborso del capitale è un punto fermo = oggetto di un diritto di credito.
Per la remunerazione si passa da un diritto di credito ad una mera aspettativa.

CONFRONTO TRA OBBLIGAZIONI E AZIONI


Punti in comune:
Sono unità standardizzate.
-Chi sottoscrive le azioni diventa socio.
-Chi sottoscrive le obbligazioni diventa creditore.
Entrambe presentano aspetti elastici.
Qual è il punto massimo di torsione?
Azione: l’unico punto fermo è che l’apporto fornito forma il capitale sociale. Se no siamo fuori dalla fattispecie
azionaria.
Obbligazioni: siamo dentro alla fattispecie fino che mi viene assicurato il diritto di credito a seguito del capitale
prestato. Se non mi viene riconosciuto usciamo dalla fattispecie obbligazionaria.
Il legislatore ha voluto introdurre i titoli ibridi per aumentare la gamma e intercettare il più possibile le esigenze del
comune risparmio.
Art. 2346 ultimo comma titoli di partecipazione
Nascono dal ceppo azionario ma poi si autonomizzano e diventano a sé stanti.
Possibilità che la società emetta strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali o diritti amministrativi (no
partecipare all’assemblea dei soci). La differenza fondamentale è che l’apporto sottoscritto non va a formare il
capitale sociale e quindi questo apporto è utilizzato dalla società in maniera più elastica. I poteri di voice
comportano una modifica dello statuto.

Art. 2411 3° comma titoli ibridi di debito


Nascono dal ceppo obbligazionario ma poi diventano a sé stanti.
Hanno caratteristica di essere particolarmente rischiosi perché anche la voce relativa al rimborso del capitale è
legata all’andamento della società o parametri. Strumenti finanziari diversi che condizionano i tempi e le entità del
rimborso del capitale all’andamento economico della società. Non c’è un diritto di credito. Non viene modificata la
struttura di governo, no poteri di voice, la decisione di immettere strumenti ibridi di debito viene assunta dagli
amministratori. Decisione di carattere gestoreo.

Cosa distingue i titoli di partecipazioni ai titoli ibridi di debito?


Il fatto che i titoli ibridi non possono attribuire prerogative di ordine amministrativo (poteri di voice) (si incide sulla
struttura di governo della società).
Mentre i titoli di partecipazione attribuiscono poteri di voice.

Possibili domande
-Contenuto della struttura basica dell’obbligazione?
-Il modello presenta qualche forma di elasticità?
-Perché attraverso l’emissione di un prestito obbligazione l’impresa ottiene un tasso di interesse minore rispetto a
quello applicato dalle banche?
-Perché l’imprese allora continuano a rivolgersi alle banche? Da dove derivano i costi di organizzazione? Dalla tutela
verso i comuni risparmiatori….
-Le obbligazioni attribuiscono poteri di voice? Incidono sulla struttura di governo della società? No, infatti la
decisione può essere assunta dagli amministratori.
-Differenza tra obbligazioni e titoli ibridi di debito.
-Qual è la differenza tra titoli di partecipazione e titoli ibridi di debito?

ORGANIZZAZIONE DI UNA SPA

Come la SPA decide gli atti da compiere come li realizza


Vale quanto abbiamo detto per le società di persone.
Le società non esistono in natura e le persone agiscono per la società. Chi?
Società di persone: mancava la presenza di un’organizzazione corporativa.
Nelle SPA vi è un’organizzazione più sofisticata; veri e propri organi
-ASSEMBLEA DEI SOCI
-ORGANO GESTOREO: monocratico o pluripersonale (consiglio di amministrazione)
-ORGANO DI CONTROLLO (collegio sindacale)
Non si parla di poteri del singolo socio ma potere degli organi.

Funzione gestorea: decidere i singoli atti d’impresa e realizzarli.


Art. 2380 bis la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori (organo gestoreo).
Momento decisorio
Momento perfezionativo che implica un esercizio di poteri di rappresentanza.

ASSEMBLEA DEI SOCI:

Si distingue tra:
ASSEMBLEA ORDINARIA: Art. 2364. Modo attraverso cui si traduce nelle SPA quell’esercizio in comune che abbiamo
visto essere un pezzo della definizione del contratto di società regolato dal 2247.
L’assemblea designa gli amministratori. Designa coloro che sono chiamati a gestire l’impresa.
L’assemblea può revocare gli amministratori e sollevarli dall’incarico.
Nel momento in cui nomina gli amministratori determina anche il compenso di essi.
-Assemblea che nomina gli amministratori o designa? Il rapporto tra società e amministratori è un rapporto
contrattuale. Il soggetto designato come amministratore non è obbligato ad accettare l’incarico. La delibera di
disegnazione con la determinazione del compenso è necessaria ma deve essere poi completata con l’accettazione.
-Se l’assemblea revoca, l’amministratore conserva il diritto al compenso? La revoca deriva da giusta causa?
Se all’origine c’è una grave mancanza delamministratore, non è necessario continuare a corrispondere il compenso.
se all’origine vi è una diversità di visione e un venir meno di fiducia che è legata ad un diverso modo di impostare la
strategia tra assemblea e amministratori. Manca la giusta causa e grava sulla società l’obbligo di pagare il compenso
fino a quella che sarebbe stata la data di naturale cessazione dell’incarico. (di regola 3 anni).

L’assemblea è competente rispetto alla nomina/designazione, determinazione del compenso dei componenti
dell’organo di controllo e anche per la revoca (con regole diverse).
Tra i compiti del collegio sindacale vi è quello di vigilare sulla corretta gestione degli amministratori.
Quindi è giusto che siano determinati dall’assemblea dei soci.

Approvazione del bilancio (prospetto contabile che da un lato evidenzia l’andamento della gestione dell’esercizio e
dall’altro evidenza la ricchezza presente all’interno della società) serve per determinare la presenza o meno di utili
distribuibili. Il modo attraverso cui i soci, riuniti in assemblea, verificano i risultati dell’attività.
Per le società di persone i soci hanno potere di interlocuzione con gli amministratori mentre nelle SPA vi è un muro
tra soci e amministratori, certe notizie non possono essere divulgate (manca l’intuitus persone).
Ad un certo punto gli amministratori devono riferire i risultati della loro attività.

Compete la possibilità di promuovere un’azione di responsabilità sociale nei confronti di amministratori e sindaci:
se gli amministratori non assolvono bene il loro incarico e arrecano danno alla società, l’assemblea dei soci può
deliberare nei confronti degli amministratori un’azione diretta a fare approvare al giudice l’esistenza dei danni e
delle mancanze. Conseguentemente condannare gli amministratori a risarcire i danni inferti alla società con la
propria negligenza.
La stessa azione può essere preposta nei confronti dei componenti dell’organo di controllo. Qualora risulti che il
cattivo svolgimento dell’incarico ha arrecato danno alla società.

Chiamata a deliberare su altri oggetti attribuiti dalla competenza o dall’autonomia statutaria.

Su autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori.
Può accadere che lo statuto preveda per certi atti: gli amministratori prima di agire devono avere il consenso
dell’assemblea dei soci.
Tale disposizione contrasta con il 2380 bis il quale affida il monopolio dell’impresa sociale agli amministratori.
Con la necessaria autorizzazione per certe categorie di atti: che per quelle categorie di atti si coinvolge l’assemblea
nella funzione gestorea e il monopolio è scalfito. Problema di coordinamento tra i due articoli.
La funzione gestoria resta sempre e comunque in mano agli amministratori e quindi il 2364 non deroga ma può
essere letto in modo tale da risultare compatibile con il principio di monopolio.
In fondo alla norma: lo statuto può richiedere l’autorizzazione all’assemblea dei soci rispetto al compimento di
determinati atti però la responsabilità relativa a questi atti resta esclusivamente in capo agli amministratori.
Se tali atti producono danni a terzi, soci o alla società rispondono solo ed esclusivamente gli amministratori.
Se la responsabilità rimane circoscritta non si parla di un coinvolgimento vero e proprio.
Qual è il valore del parere dell’assemblea dei soci? È un parere obbligatorio ma non vincolante. Un parere che gli
amministratori devono acquisire ma non li impegna: possono anche discostarsi e decidere diversamente in quanto
unici responsabili.

Sintesi
L’assemblea non ha poteri gestori, l’esercizio in comune dell’attività si traduce nella possibilità di nominare revocare
e decidere il compenso di chi sarà chiamato a decidere e compiere gli atti d’impresa (amministratori).
Verificare i risultati dell’attività con il bilancio e promuovere un’azione risarcitoria ove gli amministratori hanno
arrecato danno. Nominare, revocare l’organo di controllo.
L’assemblea ordinaria dei soci opera secondo due principi:
-collegialità: metodo collegiale si compone di più step per assicurare un voto consapevole e ponderato.
1.Invio di un avviso di convocazione dell’assemblea con giorni di anticipo e con indicazione dei punti all’ordine del
giorno in modo tale che possano arrivare con cognizione di causa.
2.regolarità della partecipazione: necessario verificare che coloro che partecipano alla riunione hanno il titolo per
farlo e siano soci.
3.discussione. E’ consentito i soci di prendere parola e esprimere il loro punto di vista sui punti del giorno e
convincere gli altri soci a votare nel senso auspicato. La discussione serve per ponderare i vantaggi e gli svantaggi di
una decisione.
4.momento della votazione: assunzione di una determinata decisione
5.verbalizzaizone: deve restare traccia delle decisioni assunte dall’assemblea di chi ha votato a favore o contro. Il
voto è palese in quanto la delibera può essere impugnata non da chi ha votato a favore, ma da chi ha votato contro o
si è astenuto o dagli assenti. Solo così si permette l’impugnazione.

-maggioranza: compagine sociale con più soci non è detto che il pensiero sia unanime. È fisiologica una dialettica
interna. È impensabile subordinare l’agire dell’assemblea al principio di unanimità. (paralisi).
Si decide in base alla maggioranza: la volontà della maggioranza diventa la volontà di tutta l’assemblea dei soci.
Come si determina la maggioranza? Non per teste ma in base al criterio plutocratico: si determina sulla base del
numero di azioni sottoscritte. 100 azioni di valore nominale 1. La maggioranza può essere determinata anche da un
solo socio che però possiede almeno 51 azioni.

Quorum costitutivo: la frazione di capitale sociale che deve essere presente perché un’assemblea dei soci possa
validamente svolgersi. Importante all’interno della società è la misura di quorum sottoscritto.
Quorum deliberativo: la frazione di capitale sociale necessaria per la valida approvazione di una determinata
proposta di delibera assembleare.

ASSEMBLEA STRAORDINARIA Art. 2365: competenze particolari come la modifica dello statuto o la messa in
liquidazione della società e altre materie specificate dalla legge.

Le competenze attribuite alla straordinaria sono di maggiore spessore in quanto si modifica l’atto costitutivo della
società.
La frazione di capitale necessaria per costituire e poter deliberare validamente un’assemblea straordinaria è
maggiore rispetto a quella dell’assemblea ordinaria.

Assemblea di condominio
Le assemblee di 1° convocazione hanno quorum più elevati.
Se in prima convocazione non si raggiungono i quorum richiesti è inevitabile in 2° convocazione accontentarsi di
quorum più ridotti perché se da un lato c’è l’esigenza di raggiungere la quota di capitale sociale dall’altro vi è
l’esigenza di funzionalità ed efficienza. Determinate decisioni devono essere assunte perché la società possa
funzionare.

Art. 2368
Assemblea ordinaria di 1°convocazione
Fissa il quorum costitutivo: necessaria la presenza di almeno la metà del capitale sociale.
Quorum deliberativo l’assemblea delibera a maggioranza assoluta del capitale presente. 25,1 % del 50 % del capitale
sociale presente, salvo che lo statuto richieda maggioranze più elevate.
Assemblea straordinaria di 1° convocazione
delibera con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale (pari a al 50,1 % del capitale sociale).
quorum costitutivo: necessaria la presenza di un capitale sociale superiore alla metà.
Soglie di capitale elevate ed è facile che le assemblee ordinaria e straordinaria non riescano a costituirsi in prima
convocazione:
necessità di indire l’una o l’altra in 2° convocazione: riduzione dei quorum.

Art. 2369 3° comma in 2° convocazione:


-l’assemblea ordinaria, delibera sugli oggetti che dovevano essere trattati nella prima, qualunque sia la parte di
capitale rappresentata. Quorum deliberativo: l’assemblea ordinaria delibera a maggioranza rispetto al capitale
presente. L’esigenza di funzionamento della società prevale su quella relativa al coinvolgimento più ampio possibile
del capitale sociale.
-l’assemblea straordinaria: quorum costitutivo oltre 1/3 del capitale sociale. Quorum deliberativo: almeno 2/3 del
capitale presente in assemblea.

Il principio di maggioranza permette di considerare la deliberazione approvata dalla maggioranza dei soci che
detengono la maggioranza di capitale sociale come volontà dell’intera assemblea dei soci.
Art. 2377 1° comma
Le deliberazioni dell’assemblea, vincolano tutti, anche se non intervenuti o dissenzienti.

CAUSE DI INVALIDITÀ DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI


Una delibera assembleare può essere affetta da 2 tipologie di vizi:
-vizi di contenuto (vizi di nullità): quando la delibera adottata ha un oggetto illecito o impossibile.
Attività di trasporto Genova-Olbia -> attività di trasporto Genova-Giove.
Oggetto illecito: oggetto sociale illecito oppure quando si adotta una delibera che confligge con regole imperative
che regolano il modello delle SPA.
-vizi procedimentali (vizi di annullabilità): attengono al come la delibera è stata approvata.
-L’inosservanza del metodo collegiale, messo a decisione un punto non inserito nell’ordine del giorno.
-Errore di conteggio dei voti.
-Mancata o imprecisa verbalizzazione di ciò che si è deciso.

Regime di invalidità prima della riforma del 2003


I vizi di contenuto erano classificati come ragione di nullità della delibera assembleare.
I vizi procedimentali erano classificati come ragione di annullabilità della delibera assembleare.
Implicazioni:
Delibera nulla: l’azione di invalidità, può essere proposta senza limiti di tempo (imprescrittibile) e da chiunque
avesse un interesse. Criticità insanabile (come per i contratti).
Delibera annullabile: proposta solo dai soci assenti o dissenzienti. Il termine di impugnazione di 90 giorni: molto
pochi.
Esigenza di legalità ma vi è anche l’esigenza di tutela del traffico giuridico: ridurre al minimo la dose di incertezza e
non creare conseguenze alla società.
Il legislatore, guardando ad entrambi gli interessi, ha deciso di restringere a massimo il termine di impugnazione in
90 giorni.
Soluzione di compromesso fortemente contrastata dalla giurisprudenza: l’interesse alla legalità eccessivamente
sacrificato difronte all’interesse della stabilità degli atti.
La giurisprudenza ha preso le distanze da tale soluzione fingendo di rispettarla.
Quando nella realtà concreta si ravvisa qualcosa etichettabile come delibera assembleare?
L’accertamento di un quid non considerato come deliberazione dell’assemblea può avvenire in qualunque
momento. Inattitudine a produrre gli effetti di una delibera. Non è assoggettabile a vizi.
Redatto un verbale in cui si dice che il giorno x è stata svolta un’assemblea ed è stata assunta la deliberazione
seguente. Verbale firmato dal presidente e dal segretario.
Se il verbale è falso e l’assemblea non ha mai avuto luogo, la delibera di cui si parla è inesistente. L’inesistenza può
essere accertata senza limite di tempo perché viene a mancare il quid qualificabile come delibera.
La giurisprudenza ha individuato ulteriori ipotesi in cui l’esistenza di un’anomalia impedisce di ravvisare un quid
classificabile come delibera:
-partecipazione di un soggetto estraneo alla compagine sociale (anomalia procedimentale): anomalia tale da
impedire di ravvisare un quid qualificabile come delibera. Delibera inesistente.
-errore nel conteggio dei voti (anomalia procedimentale): anomalia tale da impedire di ravvisare un quid qualificabile
come delibera. Delibera inesistente il cui accertamento poteva essere compiuto senza limiti di tempo.
-soci che ha votato sotto l’effetto di una minaccia fisica (anomalia procedimentale): anomalia tale da impedire di
ravvisare un quid qualificabile come delibera. Delibera inesistente il cui accertamento può avvenire senza limiti di
tempo.
La giurisprudenza finisce per considerare tutte le anomalie di carattere procedimentale come ragioni di inesistenza
della delibera. Questi vizi si possono far valere oltre il termine di 90 giorni. Formalmente la giurisprudenza non ha
modificato il regime dei vizi di annullabilità ma attraverso l’espediente ha stravolto il regime.
Nel 2003 il legislatore rendendosi conto dell’opzione interpretativa compiuta dalla giurisprudenza, ha cercato di
ripristinare le opzioni originarie: ha riscritto gli articoli 2377 e 2379
Art. 2379 ha ribadito che i vizi di nullità sono i vizi di contenuto e ha inserito altri 2 vizi di carattere procedimentale
molto gravi che determinano la nullità:
-mancata convocazione dell’assemblea
-mancanza assoluta del verbale
Configurano 2 ragioni di nullità della delibera ma non permettono di parlare di delibera inesistente.

Art. 2377 ha configurato i vizi di annullabilità della delibera: censimento delle anomalie procedimentali più
frequenti e ha escluso che potessero esse considerate ragioni di inesistenza della delibera.
5° comma
La norma è costituita in negativo:
1. partecipazione di estranei all’assemblea = può determinare l'annullamento della delibera solo se è stata decisiva
per determinare la sussistenza del quorum costitutivo;
2. invalidità di un singolo voto o di conteggio = vengono considerati vizi di annullabilità solo dimostrando che la
maggioranza si è ottenuta grazie ad un voto viziato o ad un errore viziato;
3. inesattezza del verbale = se vi e un verbale lacunoso si può ravvisare un vizio di annullabilità solo se queste
mancanze riguardano l'oggetto della deliberazione o l'indicazione dei voti favorevoli e di quelli contrari

sintesi
1.la partecipazione di un estraneo all’assemblea non può mai essere considerata come ragione di inesistenza della
delibera.
2. la partecipazione di un estraneo all’assemblea si presta a costituire un vizio di invalidità solo se il conteggio è stato
decisivo ai fini del raggiungimento del quorum deliberativo.
3.se non è stato decisivo si ha una irregolarità procedimentale non in grado di intaccare l’invalidità della delibera.

Inesattezza / incompletezza del verbale vs Art.2379 mancanza assoluta


Qui il verbale è inesatto:
1.costituisce si un’anomalia procedimentale che non viene considerata come ragione di inesistenza della delibera.
2.può configurarsi come vizio di annullabilità solo se impedisce di comprendere gli effetti del contenuto della
delibera.
3.se non è stato decisivo si ha una irregolarità procedimentale non in grado di intaccare l’invalidità della delibera

Il legislatore ha escluso che queste situazioni possano impedire di ravvisare un quid qualificabile come delibera
inesistente. Ritorna l’idea di un termine di impugnazione ristretto e dare uno spazio importante al principio di
stabilità degli atti a discapito del principio di legalità.

Per dare rilievo alla stabilità.


QUAL È IL REGIME DELLA DELIBERA AFFETTA DA VIZIO DI NULLABILITÀ.
Art. 2379
Nel caso di deliberazioni nulle, la deliberazione può essere impugnata da chiunque ne abbia interesse.
Termine di impugnazione (principio di stabilità degli atti): 3 anni. Salvo si tratti di deliberazioni che modificano
l’oggetto sociale prevedendo un’attività illecita. L’azione di nullità potrà essere proposta senza limiti di tempo.

Art. 2379 bis


Prevede ipotesi di sanatoria della delibera nulla, solo se viene in considerazione il vizio della mancanza dell’avviso di
convocazione o il vizio della mancanza del verbale.

Art. 2379 ter


Il legislatore fa riferimento a tre tipi di deliberazione:
-aumento di capitale
-riduzione di capitale
-relativa all’emissione di obbligazioni
E prevede che quando ricorre uno di questi tipi di delibera, l’impugnazione entro il termine di 180 giorni.
Nel caso in cui si tratti di società quotate: prevede che la nullità della delibera non può essere pronunciata una volta
che la delibera di aumento del capitale è stata eseguita. Perché? Tutelare il mercato del risparmio: significherebbe
richiamare tutte le azioni che sono già state vendute a terzi per annullarle.

Cosa non torna in questa triade?


Art 2410: l’emissione delle obbligazioni è deliberata dagli amministratori salvo lo statuto non disponga
diversamente. Il 2379 ter fa riferimento a quando è lo statuto a prevedere che per l’emissione delle obbligazioni
occorre una deliberazione da parte dell’assemblea.

QUAL È IL REGIME DELLA DELIBERA AFFETTA DA VIZIO DI ANNULLABILITÀ.


Il legislatore molto sensibile al tema della stabilità degli atti.
Chi può far valere un vizio di annullabilità? 2° comma 2377:
le deliberazioni non conformi alla legge o statuto possono essere impugnate da:
-soci assenti
-soci consenzienti
-soci astenuti
-amministratori
-collegio sindacale

Di conseguenza:
-Il voto palese del socio in assemblea non può essere segreto perché solo attraverso il voto palese si può capire se il
soggetto abbia titolo o meno per impugnare la delibera.
-Importanza del verbale perché deve indicare i soci favorevoli, dissenzienti, astenuti o assenti. Solo attraverso il
verbale si può capire chi è legittimato a impugnare la delibera.

Art 2377 6° comma:


l’impugnazione è proposta nel termine di 90 giorni. Termine stretto: possono sembrare un tempo lungo ma in realtà
il socio deve riflettere, decidere che la deliberazione presenza anomalie, rivolgersi ad un avvocato, chiedere un
preventivo, studiare con l’avvocato se vale la pena, l’atto deve essere redato e poi notificato alla società..

Art 2377 3° e 4° comma:


Il legislatore si è lasciato guidare dal principio di stabilità degli atti e abbia forse esagerato, a danno del principio di
legalità.
Ammettendo che sussista un vizio di annullabilità, per richiedere l’annullamento della delibera non basta far
emergere il vizio di annullabilità e attivarsi entro 90 giorni ed essere soci assenti, dissenzienti .. MA è necessario
essere titolari di una certa quota di capitale sociale. Non basta essere titolari di un’azione ma i soci devono
possedere tante azioni almeno da rappresentare il 5% del capitale sociale nelle società chiuse, o l’1 per 1000 nelle
società aperte. (con azioni quotate).
Non è necessario che tutte le azioni siano possedute da un unico socio ma possono essere possedute da più soci
sempre che tutti abbiano preso l’iniziativa di impugnare la delibera.

Art. 2378 2° comma


Il requisito sopra citato deve risultare non solo al momento della proposizione dell’azione (all’inizio del processo) ma
anche per tutta la durata del processo. Se durante il processo viene meno il requisito (qualche socio si stanca): il
giudice non potrà pronunciare l’annullamento della delibera.

Qual è la giustificazione concreta di questo ulteriore requisito?


Agli occhi del legislatore l’annullabilità di una delibera assembleare rappresenta una vicenda traumatica e si vuole
che la caducazione venga sollecitata da una certa frazione di capitale sociale (garanzia di equilibrio).
Il legislatore vuole ostacolare la figura del socio disturbatore: il socio che ha poche azioni ma adotta una serie di
iniziative volte ad intralciare la vita della società, con l’idea di ottenere dai soci o la società somme di denaro.
Con il requisito del 5% la figura del socio disturbatore dovrebbe essere neutralizzata: un socio che ha il 5% è un
socio che ha fatto un certo investimento nella società ed è improbabile che porti avanti delle iniziative temerarie.

Il requisito da un lato limita la figura del socio disturbatore ma dall’altra aggiunge un ostacolo rispetto alla possibilità
di far cadere una deliberazione affetta da vizio di annullabilità.
Il socio che ha solo poche azioni, o riesce a coordinare o di fronte ad una delibera annullabile non può in alcun modo
reagire?
Art. 2377 4° comma: di fronte ad una delibera annullabile il socio o i soci che decidono di agire senza però detenere
almeno il 5% del capitale sociale (o l’1 per 1000 se si tratta di società quotate) non possono chiedere l’annullamento
della delibera ma potranno richiedere il danno subito per effetto della delibera annullabile.

Un altro vizio che può intaccare la delibera assembleare:


-vizio del conflitto di interessi
Si considera annullabile ai sensi dell’articolo 2373 la deliberazione assunta con il voto determinante di un socio in
conflitto di interessi con la società.

Il socio è una persona che ha interessi ulteriori e diversi rispetto a quelli della società. Sarebbe riduttivo pensare che
nel momento in cui si diventa soci l’unico interesse che spinge il socio ad agire sia quello sociale.
A volte gli interessi personali possono entrare in contatto con gli interessi della società, senza necessariamente porsi
in conflitto. Altre volte possono porsi in radicale conflitto con l’interesse sociale:
quando il perseguimento dell’interesse del socio determina un pregiudizio o danno dell’interesse della
società.(non basta che siano interessi diversi, devono essere confliggenti, uno a discapito dell’altro).
Esempio: sono produttore di telefoni e partecipo anche ad una società che organizza ponti.
I telefonini possono essere venduti alla società a prezzo di mercato. Qui vi è una compresenza di interessi:
-interesse a vendere telefoni
-interesse della società ad acquistare telefoni a prezzo di mercato
Diverso è se i telefoni sono venduti 10 volte tanto il prezzo di mercato.
L’interesse persone del socio è sacrificato rispetto all’interesse della società.

L’assemblea ordinaria può nominare amministratore un socio.


Ferrero Spa. Ferrero è socio e amministratore.
Quando nell’ordine del giorno dell’assemblea ordinaria vi è la nomina degli amministratori, il socio candidato ad
amministratore può votare per sé stesso. Compresenza di interessi ma non in contrasto fra loro.
Il socio vota anche per la remunerazione degli amministratori. Finché si rimane nell’ambito degli standard di mercato
si parla di compresenza di interessi diversi ma non tali che uno sacrifica l’altro.
Se il socio approva con voto determinante, la determinazione di compensi 5 volte tanto quelli di mercato, si è in una
situazione vera e propria di conflitto di interessi.
La delibera può essere annullabile. L’interesse personale supera quello della società.

L’ordinamento interviene in due modi:


-rimedio di carattere preventivo: divieto di partecipazione al voto.
-rimedio di carattere successivo: il socio che pur avendo un interesse confliggente ha votato e il suo voto è stato
determinante per l’approvazione della delibera, l’ordinamento prevede l’annullabilità di tale delibera in quanto
assunta con il voto decisivo di un socio in conflitto di interessi.
Al socio è permesso votare, fermo restando che se la deliberazione è stata assunta con il suo voto favorevole allora è
annullabile. Se il suo voto non è stato determinante la delibera non è attaccabile.

Art. 2373 2° comma:


gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità.

L’ipotesi di una deliberazione assunta con il voto determinante del socio in conflitto di interessi, è rara.
È difficile che vi possa essere una delibera rispetto alla quale il socio abbia un interesse antitetico.
Una situazione si può verificare quando si trasferisce l’azienda: attraverso la cessione dell’azienda la società viene a
modificare l’oggetto sociale. deve passare attraverso l’approvazione dell’assemblea. Se il cessionario dell’azienda è
un socio si può ipotizzare una deliberazione in cui il socio è portatore di un interesse confliggente. Presupposti per
applicare l’articolo 2373.

Deliberazione affetta da abuso di maggioranza.


Nell’assemblea dei soci:
-soci di riferimento
-soci di minoranza (non hanno la forza di opporsi ai soci di riferimento)
Vi sono casi in cui i soci di minoranza, pur avendo un investimento ridotto, esercitano fino in fondo le loro pretese.
Pur essendo soci di minoranza, se possiedono il 5% del capitale sociale sono in grado di impugnare le deliberazioni e
rappresentano un rischio per i soci di maggioranza.
I soci di maggioranza, per estromettere i soci di minoranza, ricorrono ad una strategia:
Sapendo che il socio di minoranza non dispone di liquidità immediata, deliberano un aumento di capitale sociale,
nella consapevolezza che il socio di minoranza non sarà in grado di sottoscrivere quelle emissioni che gli
consentirebbero di mantenere invariato il peso all’interno della società. Diluiscono il peso del socio di minoranza.
Operazione: porta ricchezza alla società ma è ispirata da un disegno bravo di ridimensionare un socio di minoranza
scomodo che esercita le sue prerogative.
Dal punto di vista giuridico la forzatura è contraria all’obbligo generale di buona fede e correttezza che le parti
devono tenere.
La deliberazione si considera annullabile in quanto assunta non in conformità alla legge.

ORGANO AMMINISTRATIVO O GESTOREO

Agli amministratori delle Spa spetta la gestione dell’impresa *in via esclusiva*.
Momento:
-decisione di cosa compiere
-perfezionamento di esse

Gestione = decisione + perfezionamento degli atti di impresa come acquisizione materie prime, semilavorati,
assunzione dipendenti, stipulazione di contratti d’agenzia per costruire la rete distributiva, collocamento dei prodotti
sul mercato, stipulazione di contratti con fornitori.
Gli amministratori sono disegnati dall’assemblea ordinaria dei soci e alla disegnazione deve seguire l’accettazione da
parte dell’amministratore.
L’assemblea ordinaria, oltre a disegnare gli amministratori, determina il loro compenso.
Fra amministratori e società intercorre un rapporto contrattuale. (Contratto di amministrazione di società)

L’organo gestoreo:
-monocratico, amministratore unico
-pluripersonale, consiglio di amministrazione

Ipotesi in cui vi è un AMMINISTRATORE UNICO


Compiti dell’amministratore unico:
-molteplicità di obblighi specifici o generici
Grava sugli amministratori l’obbligo di tenuta delle scritture contabili (obbligo definito). La verifica di tale obbligo è
facile. Se l’amministratore ha tenuto le scritture contabili, ha adempiuto, se non le ha tenute o le ha tenute male è
inadempiente.
Grava sugli amministratori l’obbligo di convocare l’assemblea e l’obbligo di redigere una situazione patrimoniale
aggiornata.
Obblighi generici: non sono fissati in modo specifico.
La verifica di questi è più problematica.
1.Art. 2381 obbligo di rispettare i principi di corretta amministrazione:
Dotare la società di assetti adeguati rispetto alle dimensioni e alla natura dell’attività svolta.
-Assetti organizzativi: l’amministratore ha l’obbligo di individuare un organigramma (individuare le funzioni
necessarie e a chi assegnare tali funzioni e quante risorse assegnare a tali funzioni) adeguato per l’impresa.
-Assetti amministrativi: porre in essere delle procedure tra i vari uffici che consentono uno svolgersi ordinato e
controllabile dell’attività imprenditoriale. (Esempio: definire il costo di un prodotto che si intende lanciare sul
mercato. Ufficio con la funzione di produzione indica i costi della produzione, ufficio di marketing che individua il
posizionamento del prodotto sul mercato, funzione della rete distributiva per far penetrare il prodotto sul mercato.)
-Assetti contabili: gli amministratori sono obbligati a creare sistemi efficaci ed efficienti di registrazione e
rappresentazione degli atti d’impresa e valutazione attività e passività.

Il legislatore lascia all’autonomia degli amministratori la libertà di decidere gli assetti da adottare limitandosi a
richiedere che essi soddisfino il requisito dell’adeguatezza rispetto alla natura e alle dimensioni dell’attività.

2.Obbligo di gestione dell’impresa sociale


Gli atti sono a discrezione dell’amministratore
Art. 2392 l’amministratore deve adempiere ai suoi dovere con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e con le
dovute competenze.
Il grado di diligenza è più rigoroso di quello del buon padre di famiglia.
Quando si dice che l’amministratore ha agito con la necessaria diligenza?
L’operato degli amministratori non si valuta alla luce di risultati conseguiti.
Non si terrebbe conto che quando l’amministratore decide di compiere una determinata operazione, gli esiti che si
produrranno dipendono da una molteplicità di fattori, alcuni anche ignoti all’amministratore.
Pertanto non si può valutare l’operato degli amministratori sulla base dei risultati conseguiti.
Allora
Criterio: business judgement rule
Divide le operazioni che possono compiere gli amministratori:
-operazioni irrazionali: l’amministratore non ha agito con la dovuta diligenza (operazione che arreca una perdita
all’impresa senza prospettiva di un guadagno). Casi non frequenti.
-operazioni neutre: si esamina il modo attraverso cui la decisione è stata assunta:
È diligente l’amministratore che prima di compiere un’operazione ha svolto un’adeguata istruttoria magari anche
chiedendo pareri a professionisti esperti e ha deciso in modo coerente (diligente assolvimento del compito). Anche
se l’esito dovesse risultare negativo.
L’amministratore è negligente quando agisce con leggerezza e in modo avventato. Se l’operazione non ha prodotto
danni, non si può chiedere il risarcimento ma si può chiedere una revoca per sollevare l’amministratore dal suo
incarico.

3.Art. 2391 Divieto di agire in conflitto di interessi


Ipotesi in cui l’amministratore chiamato a decidere un’operazione abbia un interesse proprio o altrui che si affianca a
quello della società o si pone in conflitto.
Amministratore unico portatore di un interesse che coesiste con quello sociale, può compiere l’operazione ma ha
l’obbligo di notificare il suo interesse in occasione della prima assemblea dei soci.
Amministratore unico portatore di un interessa antagonistico rispetto a quello sociale, viene a concludere
un’operazione in conflitto di interessi: duplice piano
-lato esterno: la sorte del contratto concluso è un problema che riguarda anche i terzi
-lato interno: l’amministratore che conclude il contratto in conflitto di interessi deve rispondere nei confronti della
società.

Rispetto al lato esterno: dipende alla luce del 1394


In presenza di amministratore unico si applica l’Art.1394 che disciplina il contratto concluso dal rappresentante in
conflitto di interessi. Il contratto può essere annullato dalla società sempre che il conflitto di interessi fosse noto o
conoscibile da parte del terzo.
Il terzo utilizzando un minino di accortezza avrebbe dovuto rendersi conto dell’esistenza di quel conflitto.

Rispetto al lato interno


La conclusione del contratto in conflitto di interessi determina la violazione del divieto di agire in conflitto di
interessi: patologia in fase di esecuzione e la società può agire per la revoca dell’amministratore. Se poi la società ha
subito un danno perché il contratto ha determinato una perdita, la società può agire in via risarcitoria nei confronti
dell’amministratore.

Art. 2384 regola il potere di rappresentanza nell’ambito delle spa:


Stabilisce che nel caso dell’amministratore unico avrà la rappresentanza della società (potere di firma: di
sottoscrivere e concludere atti in nome della società).
Il legislatore definisce il potere di rappresentanza come generale; rispetto ai terzi non può essere limitato.
Se l’amministratore compie una qualsiasi operazione con un terzo, la società non potrà mai far cadere l’atto,
contestare l’atto, eccependo la mancanza di poteri amministrativi.
L’impossibilità di limitare il potere di rappresentanza vale solo nei rapporti con i terzi.
Art. 2384 2° comma: le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi anche
se pubblicate (iscritte nel registro delle imprese).
Nelle spa regime diverso da quello delle società di persone perché anche se iscritte non saranno opponibili.
Implicitamente afferma l’esistenza di certe limitazioni: che rilievo hanno questo limitazioni se poi non sono
opponibili? Esempio di limitazione quando occorre una doppia firma.
La limitazione ha un valore interno: violazione di un obbligo che deriva dallo statuto della società.
L’amministratore viene meno ad un vincolo del suo agire e risponderà nei confronti della società e potrà essere
tenuto al risarcimento di eventuali danni o potrà essere revocato dall’incarico.

Eccezione, finale del Art.2384


La regola dell’inopponibilità delle limitazioni può venire meno nei casi in cui si dimostra che il terzo, nel concludere
un contratto con l’amministratore ha agito intenzionalmente a danno della società.
Il terzo oltre che essere a conoscenza della limitazione: il contratto deve costituire lo strumento del terzo per
arrecare un pregiudizio alla società. Molto difficile dimostrarlo nella realtà.

Questa norma favorisce indirettamente le spa perché quando viene stabilita l’inopponibilità di eventuali limitazioni
al potere di firma si rafforza la stabilità degli atti. Viene meno una possibile ragione di impugnazione. Si incoraggia il
terzo a concludere contratti con la società.

Ci sono 3 modelli di rappresentanza:


-rappresentanza volontaria, utilizzata sia dalle persone sia società, presuppone una procura.
-rappresentanza commerciale, prescinde dalla procura, si viene investiti dei poteri rappresentativi in nome della
funzione assunta.
-rappresentanza degli amministratori nelle spa caratterizzata dal fatto che eventuali limitazioni esterne non sono
opponibili salvo il caso dell’agire a danno della società da parte del terzo. Contenuto generale.

L’amministratore è legato alla società da un rapporto di natura contrattuale. L’amministratore deve portare avanti
una serie di compiti, tanto che si parla di potere-dovere. Come ogni contratto, esso può essere rispettato oppure
violato.
Cosa succede se gli amministratori non rispettano gli obblighi scaturenti dal contratto. Gli amministratori sono
considerati inadempienti nei confronti della società e l’assemblea ordinaria dei soci promuove l’azione sociale di
responsabilità e chiede la revoca dell’amministratore.
Azione sociale di responsabilità = l’assemblea dei soci promuove di fronte ad un giudice un’azione nei confronti degli
amministratori diretta ad accertare la violazione di un obbligo e il verificarsi in conseguenza di un danno economico
alla società e conseguentemente di condannare gli amministratori a risarcire i danni arrecati con il proprio
inadempimento. (azione risarcitoria previa la verifica).
L’azione sociale di responsabilità può stare da sola
-se viene deliberata al momento della cessazione dell’incarico da parte degli amministratori si potrà promuovere
soltanto questa azione.
-se viene promossa quando gli amministratori sono ancora in carica si richiedere anche la revoca degli
amministratori già macchiati di inadempimenti gravi (non continuino ad arrecare danno alla società).

Art. 2393 4°comma dice che se l’azione sociale di responsabilità è stata presa con il voto favorevole di almeno 1/5
del capitale sociale allora la revoca dell’amministratore avviene automaticamente, cioè c’è sin da subito (altrimenti
bisognerà anche deliberare espressamente la revoca).

Quando si delibera l’azione sociale di responsabilità: non basta dire che gli amministratori si sono comportati male,
ma bisogna indicare perché si sono comportati male: contestare la violazione di obblighi specifici è semplice, mentre
sarà più difficile per gli obblighi di carattere generale.

L’azione sociale di responsabilità può essere proposta:


-dall’assemblea dei soci
-Art. 2393 bis dai soci di minoranza.
La differenza:
-nel primo caso (2393) è logico perché è proprio l’assemblea dei soci a nominare gli amministratori che devono
rendere conto ai soci (non a caso il bilancio viene approvato dall’assemblea dei soci).
Apparentemente i soci hanno tutti il medesimo interesse a che gli amministratori assolvano ai lori compiti con la
dovuta diligenza. In realtà però è più complesso perché i soci si possono distinguere tra soci di riferimento e soci di
minoranza.
I soci di riferimento = incidono in modo decisivo sui lavori dell’assemblea, sulle deliberazioni dell’assemblea (se un
socio è titolare di una frazione del capitale sociale maggiore del 50% oppure alle società che fanno riferimento al
pubblico risparmio, che hanno una compagine sociale molto ampia, sono sufficienti per poter esercitare un’influenza
decisiva sull’assemblea frazioni di capitale sociale anche più circoscritte perché le azioni sono distribuite ad una
moltitudine di soci che o non partecipano all’assemblea oppure non sono in grado di organizzarsi e contrapporsi al
socio di riferimento).
Il problema dell’esistenza di queste due categorie di soci è che se in un’assemblea si ha un socio di riferimento si
può ritenere che gli amministratori siano persone di fiducia del socio di riferimento.
Al tempo stesso la revoca dell’amministratore o la deliberazione di un’azione sociale di responsabilità potrà avvenire
solo se viene meno la fiducia del socio di riferimento.
Tutto questo può portare a delle distorsioni:
-se l’interesse proprio del socio di riferimento coincide con quello sociale non c’è alcun problema
-se il socio di riferimento ha anche altri interessi potrebbe succedere che gli amministratori che hanno come
referente proprio quel socio di riferimento preferiscano perseguire l’interesse personale del socio di riferimento
anziché quello sociale.
Può quindi succedere che gli amministratori si macchino di episodi di malagestio (Il socio di riferimento preferisce
tenere in carica questi amministratori perché la società anche se ci perde, ma lui guadagna in altro modo).
Quindi prevedere che l’azione sociale di responsabilità sia promossa dall’assemblea ordinaria dei soci rischia di
mantenere in carica gli amministratori che abbiano compiuto episodi di malagestio, quando la loro attività soddisfa
l’interesse personale del socio di riferimento.

Per questo l’Art. 2393 3°comma il legislatore prevede che l’azione di responsabilità sociale nei confronti degli
amministratori possa essere promossa anche dal collegio sindacale, cioè dall’organo di controllo.
Il collegio può promuovere quest’azione con una deliberazione assunta a maggioranza dei 2/3 dei propri componenti
(che normalmente sono tre).
Questa soluzione non è del tutto tranquillizzante perché i componenti del collegio sindacale sono nominati
dall’assemblea dei soci: il rischio è che i sindaci, consapevoli di essere stati nominati proprio attraverso il voto
decisivo del socio di riferimento esercitino un controllo più tenue fintanto che gli amministratori continuino a tenere
la fiducia del socio di riferimento.

Il legislatore all’articolo 2393 bis ha previsto l’azione sociale di responsabilità esercitata dai soci di minoranza: la
caratteristica è un’azione che matura in un contesto estraneo all’assemblea ordinaria dei soci e che richiede
un’adesione da parte dei soci che siano detentori di 1/5 del capitale sociale nell’ambito di un SPA chiusa, mentre
nelle società che fanno riferimento al pubblico risparmio è sufficiente 1/40 del capitale sociale.
Se i soci possiedono una frazione di capitale sociale di questa entità o più soci uniscono le proprie azioni in modo da
raggiungerla possono promuovere in nome della società un’azione sociale nei confronti degli amministratori.

La necessità del coefficiente minimo


il legislatore richiede che l’azione sociale di responsabilità venga assunta da un certo coefficiente di capitale sociale
con l’idea di prevenire iniziative dell’eventuale socio disturbatore: se 1/5 del capitale sociale è racchiuso nelle mani
di un singolo socio, è ragionevole pensare che non voglia assumere iniziative di disturbo perché ha investito nella
società, se è invece divisa tra più soci è difficile pensare che non tutti i soci siano soci disturbatori.

La differenza tra azione sociale di responsabilità deliberata dall’assemblea dei soci e deliberata dai soci di
minoranza: dal punto di vista dei risultati non ci sono differenze.
C’è a monte una differenza importante: se l’azione sociale viene deliberata dall’assemblea ordinaria dei soci tutte le
spese relative cadono in capo alla società (il socio non rischia nulla del proprio portafoglio), mentre se viene portata
avanti dai soci di minoranza, che decidono in un contesto estraneo a quello assembleare, saranno tenuti a farsi
carico dei costi, delle spese dell’azione.
Se l’azione dovesse andare a buon fine i soci avranno diritto al rimborso dei costi sostenuti da parte della società,
mentre se l’azione dovesse essere rifiutata allora il costo dell’iniziativa resterebbe a carico dei soci che si sono
attivati.

Art.2393 L’azione si prescrive nel termine di 5 anni dalla cessazione dell’incarico da parte dell’amministratore.
Se il fatto dannoso è stato compiuto durante l’incarico il termine di prescrizione non decorre dal compimento
dell’atto dannoso ma dal momento della cessazione dell’incarico.
Inoltre il termine non decorre proprio dal momento immediatamente successivo alla cessazione dell’incarico, ma da
quello in cui si è avuta concreta percezione del danno (può anche andare oltre i cinque anni dalla scadenza
dell’incarico).
Art. 2395
Accade che gli amministratori con il loro operato recano un danno non alla società, ma direttamente a un singolo
socio o a un terzo, cioè ad un soggetto estraneo alla compagine sociale.
Ad esempio può accadere che la società navighi in cattive acque, che abbia bisogno di liquidità: gli amministratori
possono chiedere ai soci di deliberare un aumento del capitale sociale.
Nel fare questo gli amministratori possono o dire la verità, oppure rappresentare una situazione diversa da quella
reale per incoraggiare i soci ad investire di più.
Quando gli amministratori mentono ai soci, li inducono a compiere nuovi investimenti sulla base di informazioni
false, questo comportamento di per sé non arreca un danno alla società (i soci investono e quindi trae vantaggio),
però induce un danno nel patrimonio del socio perché esso viene indotto ad effettuare un investimento che non
avrebbe mai eseguito se fosse stato informato della reale situazione (si tradurrà in una perdita).
L’Art. 2395 permette al socio può agire in via risarcitoria nei confronti degli amministratori: il socio lamenta un
danno che ha subito personalmente, nel suo patrimonio e pertanto chiederà al giudice di accertare che gli
amministratori hanno detto il falso e che questo è stata l’origine di un investimento che poi ha avuto un esito
negativo. La condanna al risarcimento è diretta ad ottenere una somma di denaro da parte degli amministratori che
però è destinata a finire nelle tasche del singolo socio.

L’altra ipotesi quando è presente un terzo: il presupposto può essere sempre lo stesso, però l’amministratore si
rivolge ad una banca chiedendo un prestito.
La banca è un soggetto professionale, in grado di eseguire degli accertamenti, di valutare la rimborsabilità del
prestito, però gli amministratori propongono una banca una situazione patrimoniale, economica e finanziaria della
società falsa, che induce la banca a concedere un prestito che non avrebbe mai rilasciato sapendo la reale situazione.
Può succedere che il prestito non venga rimborsato dalla società: la banca avrebbe titolo per chiedere il rimborso
alla società, ma se la società è diventata insolvente oppure è fallita la banca non può soddisfare le proprie ragioni.
In questo caso la legge permette al terzo di agire in via risarcitoria nei confronti degli amministratori.
(responsabilità extracontrattuale, perché gli amministratori sono legati da contratto solo con la società. Anche
questa azione si prescrive in 5 anni).
Il danno cagionato dagli amministratori non è transitato attraverso la società, ma si è appuntato fin da subito sulla
sfera giuridica del socio o del terzo.
Inoltre ci si potrebbe chiedere se sia configurabile un’azione del socio quando l’operato degli amministratori abbia
determinato una riduzione, una diminuzione del valore di mercato delle azioni. Ammettiamo che queste decisioni
rovinose siano state assunte con leggerezza, cioè senza un adeguato approfondimento istruttorio da parte degli
amministratori.
Non solo: ammettiamo che per effetto di queste azoni rovinose il valore delle azioni sia diminuito in maniera
sensibile: il socio ha quindi subito un danno nella sua sfera. Un’azione risarcitoria di questo tipo non è configurabile
perché la diminuzione del valore delle azioni non è un effetto diretto, ma un effetto indiretto (il valore delle azioni è
diminuito perché la rovinosità della decisione si è manifestata sul patrimonio della società, è un riflesso della
diminuzione del patrimonio della società).
Il rimedio esperibile è l’azione sociale di responsabilità, cioè chiedere agli amministratori di risarcire i danni arrecati
alla società perché poi di riflesso il valore delle azioni risalirebbe.

Art. 2394 terzo tipo di responsabilità: è la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali.
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione
dell’integrità del patrimonio sociale, cioè qui vengono in gioco le decisioni compiute dagli amministratori che per
negligenza hanno determinato un deterioramento del patrimonio sociale, hanno cioè ridotto la garanzia generica
dell’articolo 2740.
La differenza rispetto all’ipotesi precedente è che il comportamento degli amministratori non è diretto ad ingannare:
al momento della concessione del prestito hanno presentato una situazione veritiera, poi però ottenuto il prestito
hanno posto in essere condotte rimproverabili che hanno avuto come effetto quello di assottigliare la garanzia
generica.
Art. 2394 se il patrimonio sociale diventa insufficiente al soddisfacimento delle ragioni creditorie, i singoli creditori
possono agire nei confronti degli amministratori chiedendo a titolo di risarcimento del danno quanto sarebbe
spettato, ma che la società non è in grado di corrispondere.
Molte situazioni che ricadono sotto il 2394 potrebbero essere idonee a far scaturire un’azione sociale di
responsabilità, però ci vogliono dei soci che sono disponibili a promuoverla: può accadere che i soci, non avendo
nulla da perdere decidano di non intraprendere l’azione sociale di responsabilità ed i creditori rischierebbero di
rimanere gravemente insoddisfatti.
Ecco allora che il legislatore offre ai creditori quest’arma: l’azione non dev’essere necessariamente proposta da tutti
i creditori ed è un’azione diretta ad assicurare al creditore quanto gli sarebbe spettato da parte della società. Non
basta trovarsi di fronte ad una condotta che ha solo deteriorato il patrimonio sociale, ma è necessario che questo
patrimonio sociale risulti insufficiente a soddisfare il credito vantato.
Si suole identificare questa insufficienza del patrimonio sociale con una situazione di insolvenza, che è quella
situazione che può determinare il fallimento della società, e quest’azione fino a prima della riforma veniva esercitata
solo in condizione del fallimento della società: la conseguenza di questo è che l’azione veniva esercitata non dai
singoli creditori, ma dal curatore fallimentare.
Intorno al 2005 un’importante modifica della legge fallimentare ha determinato una ridefinizione di una procedura
che si chiama concordato preventivo: questa è una procedura che è applicabile sempre in presenza di una situazione
di sofferenza della società, ma una situazione di sofferenza non così grave come il fallimento, cioè che con gli
opportuni correttivi e accorgimenti può essere in qualche misura rimediata e che si pone come alternativa al
fallimento.
Anche la procedura di concordato ha come presupposto una situazione di insolvenza della società: attraverso la
procedura di concordato la situazione è considerata rimediabile, però l’incapacità della società di far fronte ai propri
debiti resta e quindi i creditori potranno proporre per la differenza l’azione nei confronti degli amministratori.

Art. 2380 bis: l’amministrazione può essere affidata a più persone: quando vengono nominati più amministratori si
ha un consiglio di amministrazione (CDA). La possibilità che l’attività amministrativa venga portata avanti da più
amministratori può succedere: nella società di persone i meccanismi sono quelli dell’amministrazione congiuntiva e
dell’amministrazione disgiuntiva.
Qui il CDA assume le decisioni secondo un metodo collegiale:
-convocare la riunione del CDA con la fissazione di un ordine del giorno
-gli amministratori si riuniscono e dibattano sui punti all’ordine del giorno
-momento della votazione (perché non è detto che tutti gli amministratori la pensino allo stesso modo)
-il procedimento deliberativo si conclude con la relativa proclamazione.
Un ruolo fondamentale viene assunto dal presidente del CDA: di norma una volta che il CDA si insedia, i vari
componenti nominano al proprio interno il presidente del CDA, che può coincidere col presidente della società. Egli
assume un ruolo importante nella sequenza di atti perché è lui che li compie.

I CDA possono essere composti da un numero variabile di amministratori: non ha molto senso un numero pari
(anche se non è vietato, ma rischia di creare situazioni di stallo), ma il CDA può essere composto da un numero
anche molto elevato, giustificato dalla natura dell’attività svolta e dalle dimensioni della società.

Tutti gli amministratori sono chiamati a concorrere all’assunzioni delle varie decisioni
-se il CDA si presenta così numeroso l’idea di convocare ogni volta il CDA quando occorre assumere una decisione
rischia di produrre gravi inefficienze. Ecco perché di norma nell’ambito del CDA oltre a nominare un presidente si
nomina un amministratore delegato: è una decisione che matura all’interno del CDA, è lo stesso CDA che con una
decisione collegiale delibera di nominare un amministratore delegato.

L’amministratore delegato viene investito delle funzioni di operatività quotidiana dell’impresa, cioè il day by day
dello svolgimento dell’impresa.
L’art 2381 3° comma dice che il perimetro della delega in favore dell’amministratore delegato può essere variabile:
il legislatore non stabilisce un raggio minimo della delega ma individua delle materie che non possono essere
delegate (l’approvazione del progetto del bilancio spetta a tutto il CDA).

Il vantaggio della delega è quello di adottare una soluzione più efficiente, più rapida, che concentra nelle mani di
una sola persona la gestione quotidiana dell’impresa lasciando al CDA nella sua interezza l’assunzione delle decisioni
più importanti, ovvero quelle che devono necessariamente essere assunte dal CDA oppure quelle più strategiche.

I poteri conferiti all’amministratore delegato possono essere sempre revocati dal consiglio nella sua interezza,
perché è il CDA ad essere il titolare dei poteri: i poteri di per sé appartengono al consiglio, per cui come esso può
delegare, così può richiamare indietro oppure può impartire delle istruzioni all’amministratore delegato (egli deve
comunque raccordarsi con l’intero CDA).

Gli altri amministratori sono gli amministratori non esecutivi perché si sono spogliati dei compiti operativi affidati
all’amministratore delegato e svolgono un ruolo di indirizzo da un lato (al CDA spetta la definizione delle linee
strategiche relative allo svolgimento dell’attività imprenditoriale) e dall’altro la vigilanza sull’azione
dell’amministratore delegato (il CDA deve fungere da stimolo, ma anche da controllo dell’attività
dell’amministratore delegato).
Art. 2381 prevede infatti che l’amministratore delegato riferisca al consiglio di amministrazione e al collegio
sindacale con una periodicità almeno semestrale, ma in realtà almeno mensile, sul generale andamento della
gestione, sulla sua prevedibile evoluzione e sulle operazioni di maggior rilievo realizzate per consentire al CDA di
valutare l’andamento della società ed eventualmente verificare se l’attività dell’amministratore delegato procede in
linea con le indicazioni strategiche fissate dal CDA nella sua interezza.

Quando c’è l’amministratore delegato si ha anche un’articolazione del principio di corretta amministrazione:
il legislatore attribuisce un ruolo importante a chi si trova coinvolto nella gestione quotidiana dell’attività
Art. 2381 dice che sarà l’amministratore delegato a curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile
perché è lui che è immerso nella gestione quotidiana dell’impresa.
L’amministratore delegato è chiamato concretamente a costruire questi assetti, il CDA nella sua interezza è chiamato
a valutarne l’adeguatezza: il CDA potrà anche rimodellare questi assetti, potrà modificarli perché la funzione
comunque spetta agli amministratori ed è stata affidata all’amministratore delegato proprio perché c’è una delega.
Il CDA nel momento in cui è chiamato a valutare l’adeguatezza degli assetti può anche incidere sul merito delle scelte
dell’amministratore delegato, questo perché l’amministratore non ha competenze proprie.

Art. 2381 ultimo comma: gli amministratori non esecutivi dovranno fare riferimento a quanto riferito
dall’amministratore delegato: però se le informazioni fornite dall’amministratore delegato risultano incomplete o
inadeguate perché superficiali oppure intrinsecamente contraddittorie, allora gli amministratori non esecutivi sono
chiamati ad attivarsi, cioè a porre domande specifiche all’amministratore delegato. Se egli continua a non rispondere
ci potrà essere una confisca delle funzioni.
La delega è una soluzione per consentire al CDA di lavorare in modo efficiente, non è una comoda via per gli
amministratori non esecutivi per disinteressarsi dell’andamento della società, per rimettere tutto nelle mani
dell’amministratore delegato e prendere un compenso a tradimento.

RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI NEI CONFRONTI DELLA SOCIETA’


problema si pone in termini differenti nel momento in cui si abbiano due o più amministratori.

Art. 2392 sancisce un principio di default: quando c’è un CDA gli amministratori sono solidalmente responsabili
verso la società: il principio è che se ci sono più amministratori, tutti sono chiamati a rispondere in modo solidale.
Sono solidalmente responsabili, a meno che le condotte dannose per la società non si inquadrino in attribuzioni
proprie di un amministratore delegato, non rientrino cioè in quello che è il perimetro della delega conferita
all’amministratore delegato, perché in questo caso sarà chiamato a rispondere solo lui.

Art. 2392 ultimo comma: può essere esonerato dalla responsabilità solidale, anche in assenza di delega,
l’amministratore che abbia votato contro la decisione rovinosa e oltre a questo abbia fatto annotare il proprio
dissenso nel verbale con le ragioni del dissenso e abbia informato immediatamente il presidente del collegio
sindacale: in questo caso l’amministratore è immune e non può essere chiamato a rispondere dei danni.

Art.2392 terzo comma: di per sé la delega è idonea a sgravare dalla responsabilità gli amministratore non esecutivi
quantomeno con riferimento alle funzioni dell’amministrazione delegato, però delega o non delega, se vi è evidenza
che gli amministratori siano venuti per una qualsiasi ragione, anche del tutto casuale, a conoscenza di fatti dannosi
per la società, gli amministratori risponderanno dei danni, a meno che non dimostrino di aver fatto il possibile per
impedire il verificarsi di questi danni o comunque per mitigarne le conseguenze. Il punto importante: la società
deve essere in grado di dimostrare che tutti o taluni degli amministratori non esecutivi fossero a conoscenza del
problema e nonostante questo non abbiano assunto iniziative volte ad eliminare o ad attenuare l’esistenza dei
danni.
COLLEGIO SINDACALE (articoli 2397 e seguenti)

Il collegio sindacale è un organo di controllo: i componenti del collegio sindacale sono designati dall’assemblea
ordinaria dei soci, che può anche revocarli e determina il loro compenso (anche qui vale un po’ lo stesso discorso
degli amministratori: si instaura tra la SPA e i sindaci un rapporto contrattuale, ci dovrà essere l’accettazione del
sindaco).

L’Art. 2397 è più rigoroso in quanto al numero dei componenti del collegio sindacale rispetto a quanto succede per
gli amministratori:
1° comma: dice che il collegio sindacale si compone di 3 o 5 membri effettivi a seconda delle dimensioni
dell’attività. Per un’esigenza di continuità e di efficienza nel controllo devono essere individuati anche 2 sindaci
supplenti per evitare interruzioni nell’attività di vigilanza.

Gli ambiti della sua attività di controllo storicamente è stato il controllo contabile, ovvero tenuta regolare delle
scritture contabili da parte degli amministratori, corrispondenza del bilancio alle scritture contabili e verifiche di
cassa.
Il collegio sindacale nel corso del tempo ha visto diversificare i profili del controllo e dall’altra perdere il controllo
contabile perché oggi il controllo contabile viene normalmente assegnato ad un soggetto esterno rispetto alla
società: il revisore contabile (ultimo comma dell’articolo 2403).
Il collegio sindacale continua ad esercitare il controllo contabile ma solo nei casi previsti dall’articolo 2409 bis, in tutti
gli altri casi il collegio sindacale non esercita il controllo contabile (che è stata la ragione per cui è stato costituito il
collego sindacale).
I casi in cui continua ad essere esercitata sono i casi in cui ci sia una previsione statutaria, una clausola apposita
nello statuto e che la SPA non è tenuta alla redazione del bilancio consolidato. (che si ha quando si ha un gruppo di
società).

Il collegio sindacale svolge un controllo generale di legalità (valuta la conformità alla legge o allo statuto delle
manifestazioni di volontà degli altri organi) e un controllo sul rispetto dei principi di corretta amministrazione:
In entrambi i casi se ravvisa una qualche anomalia il collegio sindacale deve intervenire anche andando ad
impugnare la delibera dell’assemblea dei soci o la deliberazione del CDA.
Controllo sul rispetto dei principi di corretta amministrazione = presuppone un’attività di vigilanza sugli assetti
organizzativi, amministrativi e contabili, cioè quegli assetti che vengono curati dall’amministratore delegato, valutati
dal CDA nella sua interezza e vigilati dal collegio sindacale, che è chiamato a sua volta a valutarne l’adeguatezza e
l’efficienza nel loro concreto funzionamento.
Inoltre c’è anche il controllo di gestione, cioè il collegio sindacale è chiamato ad esercitare un controllo sulla
conformità e corretta gestione delle decisioni assunte dagli amministratori.
(La gestione dell’impresa spetta agli amministratori e nel decidere gli atti da compiere essi usufruiscono di un
margine di discrezionalità, e quindi è chiaro che sotto questo profilo il collegio sindacale non può sostituirsi
all’organo amministrativo):
Il controllo di gestione da parte del collegio sindacale rispetto all’attività degli amministratori si può muovere
secondo la BUSINESS JUDGMENT RULE, il collegio sindacale valuta se le decisioni assunte dagli amministratori sono
manifestamente irrazionali oppure in caso non lo siano verificano il modo attraverso cui sono state assunte.

Art. 2405 i sindaci devo assistere alle riunioni del CDA, perché è proprio in quella sede che si percepisce come la
decisione viene assunta.

I poteri attribuiti ai componenti del collegio sindacale sono sanciti dall’Art 2403 bis: i sindaci, anche
individualmente, possono in qualsiasi momento procedere ad atti di ispezione e controllo.

Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su
determinati affari (potere-dovere di interloquire con gli amministratori che sono tenuti a rispondere).
Art.2408 dice che il collegio sindacale può acquisire notizie anche dai singoli soci; ogni socio può denunciare i fatti
che ritiene censurabili al collego sindacale.

I poteri:
Il collegio sindacale una volta verificate delle irregolarità investe della questione l’assemblea dei soci (se rileva
delle irregolarità da parte degli amministratori deve farne segnalazione alla prima assemblea dei soci), può
impugnare, qualora vengano riconosciute invalide, le deliberazioni sia dell’assemblea che del CDA, può proporre
un’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori in sostituzione all’assemblea ordinaria dei soci e
infine può, secondo Art. 2409, denunciare all’autorità giudiziaria.
Nel caso di denuncia il collegio sindacale si rivolge all’autorità giudiziaria
-segnala presunte gravi irregolarità compiuti dagli amministratori
-il tribunale acquisita la denuncia può compiere atti di ispezione e interrogare gli amministratori:
se le violazioni denunciate vengono confermate il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e
convocare l’assemblea dei soci per eventuali deliberazioni.
Nei casi più gravi il tribunale revoca gli amministratori e nomina un amministratore giudiziario, determinandone
poteri e durata (c’è un potere ampio dei poteri reattivi che possono essere esercitati dal collegio sindacale in caso di
atti non conformi alla legge o all’atto costitutivo).

Il compito del collegio sindacale è delicato, è un’attività di controllo, si svolge all’interno di una cornice contrattuale
e quindi ci può essere un inadempimento rispetto agli obblighi derivanti dal contratto, che può determinare una
responsabilità dei sindaci.

L’assemblea dei soci può deliberare un’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci.
Art. 2407
I sindaci devono adempiere ai loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico, sono
chiamati ad una diligenza di carattere professionale (viene sempre in gioco l’articolo 1176 al 2° comma).
Inoltre i sindaci sono responsabili della verità delle loro attestazioni, e devono conservare il segreto sui fatti e sui
documenti di cui hanno conoscenza per ragione dei loro ufficio (in caso di divulgazione sarebbe contestabile loro un
inadempimento e potrebbero essere chiamati a risarcire i danni in favore della società).
Questo tipo di responsabilità, che deriva dalla violazione di specifici doveri ricadenti sui sindaci si chiama
responsabilità diretta: diretta perché trae origine dalla violazione di specifici obblighi che vengono addossati sui
sindaci (per esempio, obblighi diretti possono essere che il collegio sindacale deve riunirsi ogni novanta giorni).

Il 2407 prevede un’altra forma di responsabilità nei confronti dei sindaci: (ipotesi molto più frequente) consiste nel
fatto che i sindaci sono responsabili solidalmente CON gli amministratori per i fatti o le omissioni degli
amministratori stessi quando il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato in conformità agli
obblighi attribuiti alla loro carica.
(Gli episodi di malagestio veri e propri sono compiuti dagli amministratori.)
(solidalmente nei confronti della società, ma a livello interno saranno gli amministratori a supportare il peso
maggiore del danno: l’assicurazione che copre il sindaco potrebbe trovarsi costretta a rispondere dell’intero danno
salvo poi agire in rivalsa nei confronti degli altri)
Quando si propone un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori la si estende anche ai sindaci: il
vantaggio è che si può agire verso un numero maggiore di sfere patrimoniali e quindi aumentano le masse
aggredibili, inoltre se amministratori e sindaci hanno assicurazioni, agire nei loro confronti farà sì che vengano
attivate le polizze di copertura (questa possibilità permette di rendere più probabili le aspettative di risarcimento
per la società).

Le responsabilità dei sindaci sono modellate secondo lo schema di quelle degli amministratori:
i sindaci rispondono nei confronti del
-società
-creditori della società
-singolo socio o del terzo.

Collegio sindacale È UN PRESIDIO SUFFICIENTE?


Da un lato si dice che il collegio sindacale è necessario perché le SPA nascono come società aperte, molti soci non
hanno tempo e non sono in grado di controllare la gestione dell’impresa sociale, e quindi è necessario un organo di
controllo composto da persone competenti.
(è anche inevitabile che i componenti di questo organo vengano designati all’assemblea dei soci perché il loro
controllo va a vantaggio dei soci).
Dall’altro lato si sottolinea la debolezza del collegio sindacale perché:
I suoi componenti vengono designati dall’assemblea ordinaria dei soci, però in assemblea ci sono soci di
riferimento e soci di minoranza: dal momento che esistono soci di riferimento, in grado di incidere sui risultati
dell’assemblea ordinaria, i componenti del collegio sindacale sono espressione della volontà dei soci riferimento.
Questo è un elemento che può compromettere la tenuta complessiva del sistema delle SPA e dall’altro può
sacrificare le legittime ragioni del socio di minoranza.

Il legislatore della riforma del 2003 ha tenuto conto e ha cercato di intervenire:


- ha rafforzato i requisiti di competenza dei sindaci
(in ogni caso un membro effettivo e un membro supplente dei sindaci devono essere scelti da soggetti iscritti dal
registro dei revisori legali, mentre gli altri membri devono essere scelti tra gli iscritti in albi professionali o professori
universitari in materie economiche o giuridiche).
-ha introdotto requisiti di indipendenza dei sindaci rispetto agli amministratori, ai soci: ha cercato di stabilire una
maggiore distanza.
-i sindaci possono essere rimossi dal loro incarico anticipatamente rispetto alla scadenza solo in presenza di giusta
causa accertata da un giudice (non perché viene meno la fiducia, non perché il sindaco è scomodo, ma perché è
contestabile nei loro confronti una grave inadempienza: regime di stabilità reale).

Il senso della norma è di rafforzare l’indipendenza dei sindaci rispetto all’assemblea dei soci e fare in modo che essi
possano operare autonomamente senza temere ripercussioni da parte del socio di maggioranza.

Questa misura è una misura efficace MA non basta a risolvere ogni problema perché i sindaci esercitano una
professione e quindi la norma li rassicura fino alla scadenza dell’incarico.
Si può immaginare che comunque tengano atteggiamenti più blandi nella prospettiva di essere rinnovati.

L’ultima misura che è stata adottata regola le società che hanno azioni quotate in borsa, le società aperte:
-i sindaci sono eletti per liste contrapposte con l’idea che una lista sia presentata dal socio di maggioranza e l’altra
dal socio di minoranza.
Il senso è che almeno 1 delle 3 posizioni del collegio sindacale sia ricoperta dal sindaco attinto dalla lista dei soci di
minoranza che ha preso più voti.
Si determina una composizione più eterogenea del collegio sindacale: questa norma è un passo ulteriore, però resta
il fatto che nel collegio sindacale si è 2 contro 1.
Il collegio sindacale presenta delle criticità (si è cercato di renderlo più indipendente).
Oggi si fatica a trovare un organo più efficiente, quindi pur con tutti i suoi limiti il collegio sindacale continua ad
essere un organo imprescindibile e di fatto è stato confermato dal legislatore della riforma.

OPERAZIONI STRAORDINARIE SUL CAPITALE

=quelle operazioni che hanno ad oggetto l’aumento o la riduzione del capitale sociale:
Si parla di aumento o riduzione con riferimento al capitale nominale, all’ammontare del capitale nominato nell’atto
costitutivo.
Tali operazioni comportano una modificazione dell’atto costitutivo, devono di essere approvate dall’assemblea
straordinaria dei soci.

Operazioni di AUMENTO DI CAPITALE SOCIALE


2 modelli diversi di operazione di aumento del capitale sociale.

1. L’AUMENTO REALE O A PAGAMENTO (articoli 2438 e seguenti) ricorre quando gli amministratori ritengono che
la società abbia bisogno di nuove risorse finanziarie: le ragioni possono essere le più varie.
-Nel caso le cose siano andate male conviene acquisire nuove risorse sia per dimostrare al mercato che i soci
continuano a credere nel disegno imprenditoriale e sia per acquisire una maggiore solidità.
-l’aumento del capitale può rispondere anche ad esigenze di reputazione della società.

Le operazioni di aumento del capitale = un afflusso di risorse ulteriori che dall’esterno va a aumentare il capitale
sociale, quell’ammontare di ricchezza che è destinato a restare all’interno della società e che quindi non può essere
restituito sotto forma di utile.
Un’operazione di questo genere comporta un sacrificio per i soci:
-se i soci attuali intendono sottoscrivere l’aumento del capitale sociale in numero proporzionale alle azioni
possedute in modo da lasciare inalterato il proprio peso all’interno della società devono sottostare ad un sacrificio
patrimoniale.
-se invece non intendono sottoscrivere quelle azioni subiranno un sacrificio nel senso di una diluizione del loro peso
all’interno della società.
(La decisione degli amministratori è una decisione coraggiosa, perché si tratta di chiedere ai soci un sacrificio).

La proposta di aumento del capitale sociale è effettuata dagli amministratori con l’indicazione delle ragioni che la
investono dev’essere approvato dall’assemblea straordinaria dei soci.
Una volta che viene deliberato l’aumento del capitale sociale, esso determinerà l’emissione di nuove azioni che
dovranno essere sottoscritte (solo sottoscrivendole si diventa soci e si assume l’obbligo di eseguire il conferimento).
Il loro ammontare sarà corrispondente all’ammontare della quota di cui si aumenta il capitale sociale.

L’aumento del capitale sociale presuppone il diritto di opzione, oppure le azioni verranno offerte sul mercato con un
sovrapprezzo.

L’operazione di aumento di capitale sociale a pagamento può essere:


-scindibile: l’aumento del capitale sociale si perfeziona anche se non è sottoscritto interamente, nella misura in cui è
stato sottoscritto.
-inscindibile: l’aumento di capitale sociale si perfeziona solo se è sottoscritto interamente (se no si restituiscono i
conferimenti).

L’operazione di aumento del capitale sociale a pagamento può essere determinata da molte ragioni per lo più lecite;
tuttavia può essere anche ispirata dall’astio dei soci di riferimento contro i soci di minoranza.

2.AUMENTO GRATUITO DEL CAPITALE SOCIALE


Art. 2442
Qui l’aumento di capitale sociale non si realizza facendo affluire dall’esterno nuove somme di denaro, ma si ottiene
riclassificando la ricchezza già presente all’interno della società.

Il patrimonio netto (attività – passività) e indica la ricchezza presente all’interno della società: un amento gratuito
del capitale sociale potrà effettuarsi solo quando essa sia di ammontare > capitale sociale. Questa ricchezza che di
per sé potrebbe essere usata o per distribuire utili o per costituire delle riserve, viene impiegata per aumentare il
capitale sociale.
Anche qui è necessaria una deliberazione dell’assemblea straordinaria perché si ha una modificazione dell’atto
costitutivo.
Si emettono nuove azioni, che sono assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzioni al numero di azioni già
possedute.

Il senso di quest’operazione è soprattutto di reputazione = serve prevalentemente al prestigio della società, ad


aumentare la sua solidità, a dimostrare che i soci credono cecamente al progetto industriale al punto di accettare di
non farsi distribuire gli ulti ma di reimpiegarli alla costituzione di un capitale sociale maggiore. Nella logica di
acquisire una posizione di maggior prestigio sul mercato.

Quest’operazione, che sembrerebbe tradursi in un vantaggio per i soci (perché si trovano ad avere un numero di
azioni superiore), ha uno svantaggio: se si aumenta il capitale sociale correlativamente si riducono a parità di
condizioni gli utili distribuibili non solo nell’esercizio in cui si verifica l’operazione, ma anche in tutti gli esercizi
successivi.

Operazioni di RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE

1.Riduzione volontaria del capitale sociale (Art. 2445) si intende capitale nominale per cui si necessita
l’approvazione dell’assemblea straordinaria.
Il capitale sociale si può ridurre, ma vale la regola del minimo legale: non si può andare al di sotto dei 50 mila euro.
Le ragioni che inducono ad una riduzione volontaria del capitale sociale sono:
-i soci intendono appropriarsi di una maggiore frazione di utili
-le cose non vanno bene perché si era deciso di dotare la società di un capitale sociale elevato con l’idea di fare molti
progetti, ma molti progetti non possono essere intrapresi e senza che la società di per sé vada male e abbia perdite,
quindi non ha più senso tenere immobilizzata in questo progetto una frazione troppo grande di ricchezza e per
tanto ci può stare un ridimensionamento.

Se i conferimenti sono stati interamente versati dai soci, la diminuzione del capitale sociale avverrà attraverso un
rimborso parziale dei conferimenti (se fossero rimborsati nella loro interezza si avrebbe una riduzione del capitale
sociale), si avrà una fuoriuscita di risorse dalla società verso le tasche dei soci.
Se i conferimenti non sono stati ancora eseguiti per intero (nel caso dei conferimenti in denaro) e viene deliberata
una diminuzione del capitale sociale: non ci sarà un rimborso dei conferimenti, ma una liberazione dei soci
dall’obbligo di corrispondere il residuo dei conferimenti (remissione del debito residuo).

Se l’ammontare del capitale sociale viene diminuito


problema = il valore del numero di azioni emesse eccede l’ammontare del capitale sociale
Bisogna annullare le azioni emesse in eccedenza in modo proporzionale alle azioni di ogni socio e alla diminuzione
del capitale sociale.

Il legislatore ammette questo tipo di operazione


Tale può rivelarsi pericolosa per i creditori sociali: potrebbe determinare una diminuzione delle possibilità di
soddisfacimento dei creditori perché diminuisce la garanzia generica che la società è in grado di offrire ossia il
patrimonio sulla quale i creditori della società fanno affidamento.
INFATTI
La delibera di riduzione volontaria del capitale sociale una volta approvata dall’assemblea straordinaria dei soci non
può essere immediatamente eseguita.
Art. 2445 essa deve essere iscritta nel registro delle imprese e può essere eseguita solo 90 giorni dopo.
Questo per dare ai creditori sociali (o al singolo creditore sociale) la possibilità di venire a conoscenza dell’operazione
e la possibilità di fare opposizione (rivolgendosi ad un giudice e chiedendo il blocco dell’operazione o di tenere una
cauzione).

2.RIDUZIONE PER PERDITE DEL CAPITALE SOCIALE (Art. 2446 e 2447) = è una conseguenza del fatto che si sono
verificate delle perdite che hanno determinato un consumo della ricchezza presente all’interno della società.
La riduzione del capitale sociale per perdite determina un adeguamento del capitale nominale alla ricchezza residua
presente all’interno della società.
Nel 1 caso la riduzione del capitale sociale è conseguenza di una fuoriuscita di ricchezza, in questo caso la ricchezza
presente all’interno della società è diminuita (bruciata). Il capitale nominale indicato nell’atto costitutivo non è più
un dato veritiero. È questa la necessità di diminuire il valore del capitale sociale nominale.

Anche qui è necessario una deliberazione dell’assemblea straordinaria dei soci (modifica dell’atto costitutivo).

Inoltre le perdite si distinguono in:


-lievi
-gravi (il legislatore dà un anno di tempo, al termine del quale si dovrà attuare un’operazione del capitale sociale per
perdite)
-gravissime (la prima cosa da fare è quella della riduzione del capitale sociale per perdite, poi ci saranno le tre
opzioni già descritte).
Perdite quando al termine dell’esercizio risulta che la ricchezza presente all’interno della società < capitale sociale.
Può capitare addirittura che si verifichino delle perdite che contabilmente vanno sotto lo zero.
In questi casi si interviene con il metodo dell’altalena
-si riduce per perdite il capitale sociale a zero
-si approva un aumento del capitale sociale fino all’ammontare sociale minimo
-si riporta a zero per assorbire le perdite
-nuovamente si delibera un successivo aumento del capitale sociale per portare alla soglia del capitale sociale
minimo.
LA FINE DELLE SPA

La società è una figura soggettiva dotata di capacità giuridica e di capacità di agire: l’estinzione di una società non è
una vicenda istantanea ma richiede un certo tempo.
La fase della liquidazione, che precede estinzione, può durare anche anni.
La fase della liquidazione è una situazione in cui i rapporti pendenti devono essere definiti (riscuotere i crediti e
bisogna pagare i debiti).
La fase della liquidazione può essere innescata da
-sentenza di nullità delle SPA (nella sentenza il tribunale nomina anche i liquidatori, mentre normalmente lo fa
l’assemblea straordinaria dei soci)
-quando si ravvisano perdite gravissime (la liquidazione della società costituisce una delle tre strade che il legislatore
mette a disposizione dei soci).

Il capo 8° del codice civile contiene le norme in materia di scioglimento e liquidazione delle SPA.
La procedura della liquidazione: questa sequenza dovrebbe essere integrata da un terzo termine, l’estinzione; la
società viene rimossa dalla realtà giuridica solo in seguito alla sua estinzione, resta in vita anche durante la fase della
liquidazione.

Quali RAGIONI possono determinare lo SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ


Art. 2484 fissa un elenco di cause (vicende) di scioglimento

-Decorso del termine di durata: una società può essere a durata indeterminata o determinata: quando è prevista
una scadenza. Quasi tutte le società hanno un termine di durata in modo da non consentire il recesso libero (perché
la vicenda del recesso trascina sempre con sé una fuoriuscita di risorse che vanno dalla società alle tasche del socio,
vicenda traumatica per la società).
Nulla impedisce ai soci di prorogare il termine e trattandosi di una modifica dell’atto costitutivo servirà una
deliberazione dell’assemblea straordinaria dei soci.

-Conseguimento dell’oggetto sociale: questa causa di scioglimento non si applica a società che abbiano come
oggetto sociale l’attività produttiva di beni perché l’oggetto sociale non si può dire mai conseguito.
Ma si applica alle società di scopo, costituite il più delle volte per la realizzazione di un’opera pubblica imponente o
comunque uno scopo preciso: realizzata l’opera pubblica, o viene modificato l’oggetto sociale oppure si può ritenere
conseguito l’oggetto sociale.

-Sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale: l’impossibilità non è originaria, ma significa che è
sopravvenuto un fattore che ha determinato l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (il caso più comune è
quello di un sopravvenuto divieto, un’impossibilità di carattere normativo).

-Impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea: l’assemblea ha delle competenze molto


importanti (che non attengono alla gestione, che è nelle mani degli amministratori) e che sono necessarie per il
buon funzionamento della società. Compete all’assemblea designare gli amministratori, i componenti del collegio
sindacale e determinare i loro compensi, inoltre deve approvare il bilancio.
Se l’assemblea rimane inattiva per molto tempo e non prende decisioni oppure viene convocata regolarmente, ma i
soci non si presentano, oppure si verifica una situazione di stallo decisionale al suo interno prolungato nel tempo si
mette a repentaglio la vita stessa della società e quindi il legislatore preferisce ravvisare una causa di scioglimento
perché i soci non riescono nella gestione comune.

-Riduzione del capitale al di sotto del minimo legale in presenza di perdite gravissime
-Messa in liquidazione volontaria: niente impedisce ai soci, così come hanno costituito la società, di assumere la
decisione inversa (perché per esempio ritengono di poter investire le proprie risorse in un progetto più redditizio).
Una causa di scioglimento potrà quindi essere determinata da una deliberazione presa dall’assemblea straordinaria
dei soci.

-Ipotesi statutarie: l’autonomia statutaria può prevedere determinate causa di scioglimento (nelle SPA chiuse, per
esempio, se nella compagine sociale c’è un socio più importante di altri e se questi non dovesse essere più presente
nella vita societaria questa può essere una causa di scioglimento).
Cosa succede se si verifica una causa di scioglimento

Scattano degli obblighi in capo agli amministratori.


Gli amministratori devono per prima cosa depositare nel registro delle imprese un’attestazione che dia atto al
verificarsi di una causa di scioglimento: bisogna darle pubblicità e portare i terzi a conoscenza.

Art. 2486 dice che gli amministratori devono modificare il proprio paradigma di gestione, cioè devono passare da un
tipo di gestione indirizzata alla massimizzazione del profitto a un modello di gestione di carattere conservativo (non
ha senso intraprendere nuovi affari ma bisogna definire i rapporti pendenti, dare esecuzione ai contratti in corso, e
poi salvaguardare il più possibile l’attuale patrimonio in una logica di sua monetizzazione).
(Prima della riforma del 2003 si diceva che con il verificarsi della causa di scioglimento gli amministratori non
potevano definire nessun contratto nuovo: non c’è un divieto assoluto, nuovi contratti si possono concludere ma
solo se funzionali al compimento di incarichi preesistenti (non è consentito intraprendere nuovi business, nuove
occasioni di guadagno perché questo significherebbe esporre l’SPA a nuovi rischi d’impresa e questo non è
consentito).

Gli amministratori devono poi convocare al più presto un’assemblea straordinaria dei soci per nominare i
liquidatori.

Se gli amministratori non tengono questi comportamenti, il legislatore ha previsto una responsabilità di carattere
risarcitorio per gli eventuali danni che dovessero derivare dai loro inadempimenti e delle forme di supplenza:

1. Art. 2485 2° comma dice che quando gli amministratori omettono gli adempimenti in materia di pubblicità, il
tribunale su istanza dei singoli soci, ovvero dei singoli amministratori o dei sindaci può accertare il verificarsi della
causa di scioglimento con un decreto e procedere al deposito, a fornire pubblicità alla causa di scioglimento.
Mentre l’organo amministrativo se prende un’iniziativa deposita semplicemente un’attestazione, se l’iniziativa viene
presa in un modo diverso richiede un previo passaggio attraverso il giudice (si chiede al giudice di accertare che si è
verificata una causa di scioglimento).

2.Se gli amministratori compiono operazioni di nuovi affari che esorbitano dalla gestione conservativa del
patrimonio, rispondono dei danni arrecati alla società oppure ai creditori sociali delle iniziative nuove che hanno
determinato un assottigliamento della garanzia generica, hanno precluso il soddisfacimento delle ragioni creditorie.
Se queste iniziative dovessero ritorcersi contro la sfera giuridica di un socio o di un terzo, sarà anche ammissibile
un’azione ex articolo 2395. (Se l’operazione è fuori dalla logica conservativa, allora non può essere compiuta e se ha
determinato dei danni questi andranno necessariamente risarciti).

3.Se gli amministratori non convocano un’assemblea l’Art. 2487 dice che è previsto un potere di supplenza: si
ammette che singoli soci, amministratori o sindaci possono chiedere al tribunale di provvedere.
Se poi l’assemblea convocata non riuscisse a nominare i liquidatori (situazione di stallo) i singoli amministratori,
sindaci o soci possono nuovamente ricorrere al giudice perché i liquidatori vengano designati dal giudice.

I liquidatori sono un ulteriore organo


(si dice che nelle SPA gli organo sono 3+1)
Sono un organo eventuale = intervengono nel momento in cui la SPA viene messa in liquidazione.
I liquidatori intervengono a sostituire gli amministratori, mentre gli altri organi restano attivi. Questo transito viene
cristallizzato proprio con la consegna della società dagli amministratori ai liquidatori. I liquidatori hanno il potere di
decidere e compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società (sono investiti della rappresentanza generale
della società).
Essi hanno il compito di definire i rapporti pendenti, riscuotere i crediti e pagare i debiti della società.
Se la società in liquidazione non è in grado di pagare i debiti fallisce (la messa in liquidazione della società non
preclude la possibilità di dichiarazione di fallimento della società).
I liquidatori hanno il compito di monetizzare il patrimonio della società e di vendere i vari cespiti perché la logica è
quella della monetizzazione destinata al pagamento dei creditori, poi se avanza un residuo questo sarà destinato a
rimborsare i rapporti conferiti dai soci (se i residui non bastano a coprire tutti i conferimenti vorrà dire che al termine
del ciclo vitale delle società si sono verificate delle perdite).
Se una volta rimborsati i conferimenti dovesse avanzare del residuo, questo sarà distribuito ai soci sotto forma di
utile.
Le operazioni di liquidazione si concludono, secondo l’Art. 2493, con l’approvazione del bilancio finale di
liquidazione, che dev’essere depositato presso il registro delle imprese e ogni socio può fare reclamo entro novanta
giorni (se non si presentano reclami si considera approvato).

Estinzione della società


Quando risulta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori potranno chiedere la cancellazione della
società dal registro delle imprese: la società si estingue.

Problemi collegati all’estinzione

Una volta che viene meno la società come entità soggettiva autonoma, vengono scoperte situazione attive o passive
riferibili alla società che non erano state considerate dai liquidatori.
(può capitare che si scopra l’esistenza di beni appartenenti alla società, per esempio situati in paesi stranieri lontani
dall’Italia, di crediti oppure di debiti gravanti sulla società. Bisogna chiedersi qual è la sorte di queste attività o
passività non considerate dai liquidatori).

Prima della riforma del 2003 alcuni sostenevano che l’esistenza anche di un unico rapporto facente capo alla società
avrebbe impedito l’estinzione della società (la società avrebbe potuto considerarsi estinta solo nel momento in cui
tutti i rapporti facenti capo ad essa potevano considerarsi esauriti o estinti) e questo malgrado la cancellazione dal
registro delle imprese.

L’Art. 2495 2° comma: una volta che la società viene cancellata la si deve considerare estinta e la scoperta di
ulteriori rapporti in capo alla società non fa tornare in vita la società.

•Per quanto riguarda i beni = su di essi si formerà una situazione di comunione ordinaria da parte di tutti i soci
(rispetto ad un medesimo bene più comproprietari e le quote di comproprietà saranno direttamente proporzionali
alla misura delle partecipazioni detenute nell’ambito della società).

•Rispetto ai crediti bisogna distinguere:


-crediti certi, non più contestabili, essi vengono trattati come i beni
-crediti che al momento della richiesta di cancellazione erano incerti, non erano stati accertati con una sentenza,
ma ancora suscettibili di formare oggetto di contestazione, si ritiene che la richiesta di cancellazione equivalga ad
una rinuncia da parte della società di avvalersi di questi crediti.

•Viene successivamente scoperta è l’esistenza di debiti della società


Si hanno dei creditori a cui rimane un credito nei confronti della società estinta.

Il legislatore offre 2 vie: agire in via risarcitoria nei confronti dei liquidatori se la non considerazione del loro
credito dipende da una negligenza dei liquidatori.
Se non è rimproverabile alcuna negligenza ai liquidatori e sussistono altre ragioni, i creditori potranno agire nei
confronti dei soci, ma solo nei limiti di quanto i soci abbiano ottenuto dalla liquidazione: questa soluzione offre una
possibilità in più di soddisfazione ai creditori non considerati, però non intacca il beneficio della limitazione della
responsabilità (perché il socio non deve rispondere dei debiti della società e la misura massima del suo rischio è data
dal conferimento) (ovviamente solo se dalla liquidazione il socio ha ottenuto il rimborso del conferimento).
Questo si verifica anche nel caso in cui il socio abbia ricevuto dalla liquidazione il conferimento e qualche utile e in
questo caso il creditore potrà agire per il conferimento e l’utile (il socio non subisce perdite superiori alla ricchezza
originariamente conferita).
Questa regola contenuta nell’Art. 2495 e si applica alle società di capitali, ma viene applicata in via analogica alle
società di persone registrate nel registro delle imprese (ricordando che i soci rispondono per i debiti della società).
Per le società di persone non iscritte nel registro delle imprese vale la teoria precedente alla riforma del 2003,
ovvero una società può considerarsi estinta quando vengono meno tutti i rapporti facenti capo ad essa (essi saranno
considerati estinti, in riferimento particolare ai debiti, in dieci anni e quindi si potrà parlare di estinzione solo decorsi
dieci anni dalla cessazione dell’attività).

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