Sei sulla pagina 1di 6

 

Corso di formazione per   

 
ausiliari di assistenza 
 
Maggio 2016 
 

[STILE DI COMPORTAMENTO E 
DI COMUNICAZIONE 
NELL’AMBITO DELLE 
STRUTTURE ASSISTENZIALI] 
[Docente: Pedrotti Monica] 
 

PRINCIPI GENERALI DELLA COMUNICAZIONE

Un’assistenza efficace non si basa solo interventi e tecniche di documentata efficacia; essa è
essenzialmente una relazione di aiuto, i cui obiettivi sono quelli di aiutare, assistere, prendersi cura. Per
questo motivo lo sviluppo di competenze relazionali risulta fondamentale per chi svolge una professione
assistenziale che ha lo scopo di assicurare aiuto e supporto alle persone che esprimono un bisogno o un
problema di salute.
La comunicazione non è solo un mezzo per trasmettere informazioni: è l’elemento fondamentale attraverso
il quale si realizza il rapporto sociale. Nel 1971 è stata elaborata la Teoria della comunicazione, ancora molto
attuale. Secondo questo studio ogni interazione, sia conscia che inconscia, fra due persone deve essere
considerata comunicazione, quindi… non è possibile, non comunicare! La Teoria della comunicazione si
basa su cinque regole fondamentali, dette assiomi, il cui rispetto permette di porre le basi per una
comunicazione efficace:
1. IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE: in ogni situazione è impossibile non avere un comportamento e in una
relazione il comportamento ha valore di messaggio, cioè comunicazione. In base a questo primo assioma
viene considerata efficace ogni comunicazione chiara, dove l’accettazione/rifiuto o l’accordo/disaccordo
sono espressi in modo esplicito. Le comunicazioni inefficaci sono quelle ambigue, quando si dice una
cosa senza dirla veramente  far finta di non aver sentito, dire “dopo” sperando che l’altra persona si
dimentichi della propria richiesta, … e vaghe  dopo vengo, ancora un attimo, … .
2. LIVELLI COMUNICATIVI DI CONTENUTO E DI RELAZIONE: il contenuto riguarda l’insieme delle informazioni
verbali e non che due persone si scambiano, quello di relazione riguarda invece come il messaggio deve
essere compreso da chi lo riceve (metacomunicazione) ed emerge prevalentemente dal comportamento
non verbale di chi trasmette il messaggio  parole pronunciate + modo in cui vengono pronunciate.
3. LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA DELLE SEQUENZE DI COMUNICAZIONE TRA

COMUNICANTI: ognuno di noi interpreta la comunicazione degli altri secondo il proprio punto di vista
(punteggiatura) e di conseguenza organizza i propri comportamenti. In base al terzo assioma viene
considerata efficace la comunicazione caratterizzata da un certo grado di elasticità e flessibilità sulla
punteggiatura quindi: capacità di mettersi nei panni dell’altro, considerando il suo punto di vista.
4. GLI ESSERI UMANI COMUNICANO SIA CON UN MODULO NUMERICO SIA CON QUELLO ANALOGICO: la
comunicazione numerica è quella verbale, mentre per comunicazione analogica s’intende quella non
verbale (gesti, tono della voce, espressione del viso, …). Attraverso la comunicazione numerica vengono
trasmesse informazioni, mentre con la comunicazione analogica esprimiamo e comunichiamo degli stati
d’animo; rispetto alla precedente è meno soggetta a falsificazione ed è più immediata. La
comunicazione non verbale si esprime attraverso:
o Contatto fisico
o Distanza fisica
 intima (meno di 45 cm)  mamma/bambino, manovre assistenziali
 personale (all’incirca la lunghezza del braccio)  è ancora possibile il contatto fisico, scambio
comunicativo personalizzato e confidenziale

  1
 sociale (120-210 cm)  scambio verbale e solo contatto visivo e uditivo, può essere
considerata difensiva nella relazione operatore-paziente
o Postura  rigida, rilassata, …
o Sguardo  con il mantenimento del contatto visivo l’operatore comunica la propria attenzione
psicologica “ti sto ascoltando”, “sono interessato a ciò che mi stai raccontando”
o Espressione del viso  è importante che vi sia concordanza tra quanto espresso verbalmente e
quanto viene comunicato attraverso l’espressione del viso
o Orientamento  come ci posizioniamo rispetto all’altra persona “fianco a fianco”, “di spalle”, …
o Comportamento motorio  movimenti del corpo + gestualità
5. TUTTI GLI SCAMBI DI COMUNICAZIONE SONO SIMMETRICI O COMPLEMENTARI A SECONDA CHE SIANO BASATI

SULL’UGUAGLIANZA O SULLA DIFFERENZA: tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o


complementari a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza (madre- figlio; insegnante –
studente). Nella relazione simmetrica due persone si collocano sullo stesso piano.

LA RELAZIONE DI AIUTO

Nella relazione d’aiuto i due soggetti principali della relazione sono l’operatore sanitario e il paziente. In
questo tipo di relazione non è paritaria ma asimmetrica, perché uno necessita di cure e l’altro le eroga.
Affinché un operatore possa agire direttamente sia sulla cura che sulla relazione, è necessario che egli
conosca il malato, la sua personalità e le sue aspettative. Il rapporto interpersonale può diventare quindi uno
strumento terapeutico, orientato a stimolare, sollecitare e sostenere le potenzialità dell’individuo;
l’operatore agisce quindi nell’ottica del fare insieme al paziente piuttosto che fare per il paziente 
approccio centrato sulla persona. La relazione d’aiuto si fonda sull’accettazione incondizionata, la
congruenza e l’empatia.
1. L’accettazione incondizionata: capacità di accogliere e non giudicare l’altro. In questo ambito
giocano a sfavore i pregiudizi, cioè quelle idee, opinioni che si basano su convinzioni personali,
senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tali da condizionare fortemente la
nostra valutazione. Il pregiudizio diventa un fattore negativo o ostacolante la relazione assistenziale
nel momento in cui rimane costante e rigido, non riesce a cogliere le differenze.
2. La congruenza: consiste nella capacità di essere in pieno contatto con i propri pensieri, emozioni e
vissuti ed anche i propri limiti, affinché la relazione con il paziente possa essere trasparente,
autentica.
3. L’empatia: consiste nella capacità di immedesimarsi nell’interlocutore per comprendere il suo punto
di vista, senza però farlo proprio. Per fare ciò bisogna essere capaci di porre le domande giuste ma
soprattutto essere abili nell’osservare e nell’ascoltare. Nel rapporto empatico è quindi importante
mantenere la “giusta distanza” che la dimensione professionale necessita.
 

ECCESSIVO   
ECCESSIVO 
EMPATIA 
DISTACCO  COINVOGIMENTO

  2
POSSIBILI CONTESTI NELLA RELAZIONE D’AIUTO

Il contesto è la cornice all’interno della quale avviene la comunicazione; non si tratta quindi solo del luogo in
senso fisico, ma anche le regole (esplicite e implicite) che governano l’ambiente, i ruoli, le attività, ecc.
È quindi importante che l’operatore tenga ben presente i condizionamenti derivanti da ogni specifico
contesto e che ricordi sempre che ogni ambiente di lavoro è “unico”.

RESIDENZA SANITARIA ASSISTENZIALE (RSA)

Cosa può rappresentare per l’utente


 È di solito il luogo nel quale viene accolta la persona in seguito alla perdita dell’autosufficienza 
l’ospite può sperimentare vissuti legati alla percezione del proprio decadimento fisico e psichico e
all’imminenza della morte.
 L’istituzionalizzazione in RSA impone la separazione dal proprio ambiente fisico e relazionale  può
rappresentare un evento traumatico, l’ospite può provare sentimenti di perdita e di abbandono.

Cosa può rappresentare per l’operatore


 Le regole del contesto sono chiaramente riconoscibili e dettate dall’istituzione  questo facilita
l’individuazione del proprio ruolo ma impone anche dei vincoli.
 È possibile condividere in équipe i pesi e le difficoltà del lavoro, ma ciò significa anche dover
conciliare diversi stili di lavoro, gestire conflitti, ecc.
 L’operatore è in contatto con la cronicità degli utenti  ciò può suscitare sentimenti di impotenza e
vissuti depressivi ma permette anche di mantenere il rapporto relazione nel tempo.
 Deve occuparsi di molti utenti  ciò può farlo sentire come un esecutore di prestazioni ma può
anche arricchire il proprio bagaglio esperienziale.
 Deve interagire costantemente non solo con l’ospite ma anche con la sua famiglia  ciò può farlo
sentire costantemente “sotto esame” ma può rappresentare anche un’importante alleata nel
processo assistenziale.

Come può porsi l’operatore


 Può evitare di assumere un atteggiamento routinario e spersonalizzante e tentare di mantenere
presente dentro di sé la soggettività di ogni utente.
 Può cercare di adottare e mantenere una prospettiva di comprensione e rispetto della condizione di
“ospite”.
 In collaborazione con l’intera équipe, può coinvolgere e sostenere i familiari nel percorso di cura e
assistenza dell’utente (PAI).

  3
ETICA e DEONTOLOGIA

L’etica (ethos = scienza o studio della morale) è l’insieme dei valori morali e dei principi che guidano le
nostre scelte, quando dobbiamo valutare quel che riteniamo bene o che consideriamo giusto.
Risponde quindi alla domanda:
“Che cosa è giusto fare?”
Essa orienta e limita i comportamenti professionali, assieme alla legge e alla deontologia.
La deontologia è un insieme di regole che indicano i comportamenti migliori. Rappresenta quindi uno
strumento che aiuta il professionista a svolgere in modo corretto e onesto la propria professione,
trasformando i quattro principi etici in comportamenti.
Risponde alla domanda:
“Chi sono chiamato a essere?”
 il codice deontologico è un insieme di regole e comportamenti con efficacia normativa, cui il
professionista deve attenersi per l’esercizio della propria professione. Esistono diversi codici deontologici,
che fanno riferimento a diversi ordini professionali: biologici, medici, giornalisti, veterinari, ecc. e infermieri.

I PRINCIPI BIOETICI (bioetica = etica applicata alla cura e alla salute)


1. AUTONOMA E AUTODETERMINAZIONE  capacità della persona di scegliere fra diverse possibilità e
affermare così le proprie volontà  accettare o meno un intervento sanitario e/o assistenziale  la
persona deve essere informata in modo corretto prima di ogni attività, anche di fronte a difficoltà di
comunicazione e comprensione.
2. BENEFICITÀ O FARE IL BENE DELL’ALTRO  agire sempre nell’interesse e per il bene della persona 
ascoltarla quando esprime il suo punto di vista  discutere il punto di vista della persona in équipe e
agire in base alle proprie competenze.
3. PRINCIPIO DI MALEFICITÀ  gli interventi assistenziali sono sempre attuati senza la volontà di nuocere
a qualcuno  vista la sempre maggiore complessità alla quale l’operatore deve saper dare una
risposta, è importante usare alcuni strumenti assistenziali: il PAI, il diario giornaliero, la consegna a
inizio/fine turno.
4. PRINCIPIO DI GIUSTIZIA  distribuzione delle risorse rispetto ai reali bisogni di ciascuna persona 
anche in questo caso è molto importante utilizzare gli strumenti assistenziali a disposizione (PAI,
diario giornaliero, consegne) per descrivere cambiamenti, bisogni e priorità della persona assistita.

… e se la persona non è in grado di comunicare?

1. COINVOLGERE I FAMILIARI NEL PROGETTO ASSISTENZIALE  forniscono informazioni importanti: chi era
la persona, quali erano i suoi valori, le aspettative, ecc.
2. DOCUMENTARE SEMPRE FATTI E SENTIMENTI DELL’ASSISTITO, SCELTE E PREFERENZE  mantenere una
traccia scritta che potrebbe servire per eventuali, future decisioni.

  4
RISERVATEZZA e CONFIDENZIALITA’ NELLA RELAZIONE ASSISTENZIALE

Durante la relazione assistenziale con l’ospite, gli operatori diventano i “custodi” di informazioni, di storie di
vita, di speranze delle che devono conservare con rispetto e riservatezza. La Carta Europea dei diritti del
malato (2002) riporta 14 diritti dei pazienti, tra cui: ”Ogni individuo ha il diritto alla confidenzialità delle
informazioni di carattere personale, incluse quelle che riguardano il suo stato di salute e le possibili
procedure diagnostiche o terapeutiche, così come ha diritto alla protezione della propria privacy durante
l’attuazione di esami diagnostici, visite specialistiche e trattamenti medico-chirurgici in generale”.
La riservatezza consiste nel non rendere pubbliche le informazioni su un ospite, comprese quelle
documentate nella cartella clinica/infermieristica e assistenziale; questa dovrà essere accessibile solo a
coloro che assistono l’ospite.
Inoltre tutte le figure sanitarie e assistenziali sono tenute a rispettare il segreto professionale su tutto ciò
che abbia visto, udito, letto, osservato, appreso, compreso o intuito direttamente o indirettamente durante il
proprio turno di lavoro.

BIBLIOGRAFIA:

Saiani L, Brugnolli A (2011). Trattato di cure infermieristiche. Sorbona

Cuel M, Cosi A. (2004). La formazione sanitaria dell’OSS. Ambrosiana -;

Casson P, Cavicchioli A., Morello M., Pomes A., Zanella G. (2001). Manuale per l’operatore socio – sanitario-principi
e tecniche. Casa Editrice Ambrosiana

Cavazzuti F., G. Cremonini, con la collaborazione di P.Di Giulio, E. Zanetti (2002). Assistenza geriatrica oggi. Casa
Editrice Ambrosiana.

Sorrentino S. A., (1994). Assistenza infermieristica di base: principi e procedure. Mc-Graw-Hill, Milano.

Juchli L., Vogel A., Rosini (1990). L’assistenza infermieristica di base. Editrice s.r.l., Firenze.

  5

Potrebbero piacerti anche