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LAURA: CREATURA MORTALE ED ETERNA

Nelle donne dello Stilnovo predominano le qualità morali su quelle fisiche, il loro saluto è salute dell'anima.
Nel Canzoniere è il corpo di Laura che avvicina il poeta; la sua virtù lo allontana, lo separa irrimediabilmente dalla
donna amata, è fonte di tormento. L'amore per Laura vive tutto dentro la contraddizione tra anima e corpo, tra
senso di colpa e bisogno di redenzione. Proprio per questo Laura sottende una concretezza fisica che manca alle
donne dello Stilnovo, pur conservando alcuni tratti della convenzionalità stilnovistica: la soavità e la grazia leggera
della donna-angelo, ma allo stesso tempo con “voce humana” ( Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, XC).
Un ritratto compiuto di Laura non si trova nel Canzoniere. Il poeta rappresenta solo i particolari della sua bellezza, la
cui idealizzazione non è mai ridotta ad allegoria, ma tradisce uno sguardo voluttuoso. La donna comincia tuttavia a
muoversi nella natura e nel tempo, si anima in una varietà di stati d'animo. Non è sempre la stessa. Passano gli anni
e la bellezza non splende più come in gioventù negli “occhi ch'or ne son sì scarsi” ( Erano i capei d’oro a l’aura
sparsi, XC). L'invecchiamento introduce una dimensione nuova, inconciliabile con lo stilnovismo: la bellezza di Laura
è fisica, caduca, perciò fonte di un'attrazione e di una passione puramente terrene. Anche il topos stilnovista dei
capelli biondi è reinventato nel movimento delle chiome sparse al vento, che, mentre recupera l'immagine classica
di Venere, colloca la figura della donna nella natura, conferendole mutevolezza e vitalità e consegna all'arte
rinascimentale un modello femminile destinato a larga fortuna. Il corpo di Laura è al centro della canzone “Chiare,
fresche et dolci acque”. Il poeta ne rappresenta solo i particolari fisici (le “belle membra”, il “bel fianco”, I'”angelico
seno”, il “grembo”, le trecce bionde) e li mette in rapporto con i particolari della natura: le acque, il tronco, l'erba e i
fiori, l'aria serena. È stabilita così una corrispondenza, quasi uno scambio di vita, tra le cose e le parti del corpo,
tanto che alla fine della canzone il poeta trova nel paesaggio, un locus amoenus, quasi un oggetto sostitutivo della
donna: «Da indi in qua mi piace / quest'herba sì, ch'altrove non ò pace». Il corpo vivo e splendente di Laura è
messo in rapporto con il corpo morto del poeta, che immagina, almeno dopo la morte, di divenire oggetto d'amore
per la donna: “volga la vista disiosa e lieta, / cercandomi” e “già terra infra le pietre / vedendo, Amor l'ispiri / in
guisa che sospiri / sì dolcemente”. Anche nella forma così sublimata di questa canzone il rapporto d'amore si
configura come rapporto tra corpi.
L'amore per Laura è passione, desiderio sensuale della bellezza fisica e terrena. Laura riempie il poeta di desiderio;
perciò la lontananza è così angosciosa. Nel sonetto “Movesi il vecchierel canuto et biancho”, si affronta la morte di
Laura. Petrarca si paragona ad un vecchio che un giorno decide di andarsene di casa per raggiungere il sudario di
Cristo: anche Petrarca cerca il volto di Laura nei visi delle altre donne (“talor vo cerchand’io donna, quanto è
possibile, in altrui la disiata forma vera”), ma a differenza del vecchio, lui è in cerca di qualcosa che è terreno.
Entrambi hanno in comune però la morale del mito di Platone, il mito della caverna: la verità è sempre distorta, ciò
che vediamo non è la realtà, ma una sua raffigurazione.
Quanto più l'allusione alla natura terrena e sensuale dell'amore si fa diretta e stringente, tanto più il corpo di Laura
viene rimosso e negato nella sua realtà materiale. Il poeta rappresenta gli effetti del desiderio, della voluttà, della
passione che la presenza corporea della donna provoca nel proprio animo. Laura è anch'essa trasformata in
immagine simbolica, in archetipo: non è una donna, ma la donna. Essa richiama continuamente la bellezza e il
fascino della creatura terrena, è un termine della scissione interiore che travaglia il poeta, è “il conflitto tra amore e
morale” (doc B5).
Ma nonostante trascorrano gli anni, nonostante sia consapevole del fatto che “ciò che piace al mondo è breve
sogno” (sonetto proemiale), l’amore del poeta non diminuisce. Con la morte, Laura diventa una creatura eterna.

Renzo Greta 3^BS

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