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VIROLOGIA

CENNI STORICI
Sin dall’antichità le popolazioni hanno avuto a che fare con i virus, perché una parte di essi sono
correlati all’insorgenza di malattie, spesso molto gravi, letali, che si diffondevano in maniera rapida,
decimando intere popolazione, ma nonostante ciò non esistono reperti fossili dei virus, non si può
datare una presenza ancestrale dei virus. Il reperto storico più recente è di circa un centinaio di anni
fa, e si tratta di un corpo recuperato dal permafrost, ghiacci perenni, in cui è stato possibile trovare
dell’acido nucleico, corrispondente a un virus influenzale.
Si sa però che fin dall’antichità, le popolazioni sono state afflitte da tante epidemie virali, ciò si sa
grazie a particolari documenti tra cui una stele ritrovata a Menfi (Egitto), datato circa 1400AC, che
rappresenta un sacerdote con un arto atrofico e deformato, probabile
segno di una poliomielite paralitica. Questa immagine è presente in
tutti i testi di virologia, a dimostrazione che la comunità scientifica ha accettato questa
interpretazione, anche se qualche paleopatologo ha ipotizzato che si tratti
dell’imprecisione dell’artista. In ogni caso viene considerata la prima testimonianza
scritta di un’infezione virale, ciò segna un po’ la storia della virologia. Altre
testimonianze del passato sono la tomba di Ramses V, datata 1157 A.C, in cui si
vedono delle cicatrici sulla gota, probabilmente dovuti a un’infezione da vaiolo. Malattia
sradicata grazie a una estesa campagna di vaccinazione, negli anni 70’ ma che ha mietuto moltissime vittime, si parla
di 200 milioni di vittime nel passato, si pensa infatti che Ramses V sia deceduto per un’infezione da vaiolo, si può
anche citare la sconfitta della popolazione Azteca nel nuovo mondo, dopo la scoperta dell’America, con la
conseguente conquista dei conquistadores Spagnola. Si pensa che Hernan Cortèz sconfigge la popolazione Azteca
(1520) introducendo malattie infettive come vaiolo e morbillo, che si diffusero nella popolazione immunologicamente
vergine, annientandoli.
Nonostante questi presupposti storici la virologia è considerata una scienza moderna, sviluppatasi negli ultimi 120
anni, infatti fino alla fine del 1800 non c’era distinzione tra virus e batteri, entrambi venivano chiamati virus, che
significa veleno. Virus era qualunque organismo che potesse essere in grado di indurre malattie. La virologia nasce in
concomitanza a un’invenzione particolare, nel 1884, dal chimico Chamberlain, un filtro di porcellana, in grado di
trattenere i batteri, lasciando fluire nell’eluato tutto il resto, ciò permise di identificare un numero molto alto di batteri,
fino a quel momento le malattie infettive si studiavano semplicemente inoculando del materiale infetto, da pazienti
infetti a pazienti sani. Grazie a questa invenzione derivarono altre intuizioni fondamentale per lo sviluppo della
virologia, come quella del1892, di Dmitri Ivanowski, che mentre studiava una malattia delle foglie del tabacco,
malattia che portava alla morte delle foglie di tabacco, dimostrò che estratti di foglie di tabacco malate, trattate,
omogenizzate e poi fatte passare attraverso il filtro di ceramica, che avrebbe dovuto trattenere i batteri, potevano, in
realtà, ancora trasmettere la malattia ad altre piante. Nell’eluato c’era qualcosa che non veniva trattenuto dal filtro,
c’era qualcosa di diverso dai batteri, che era in grado di trasmettere un’attività patogena. Ivanowski non riuscì’ ad
elaborare questo concetto, che venne elaborato 6 anni più tardi nel 1898, da Martinus Beijerinick che confermò ed
estese i risultati di Ivanowski e sviluppò per primo il concetto di “virus” da lui definito come agente filtrabile infettante
(contagium vivum fluidum), in contrapposizione ai batteri, che vengono trattenuti dal filtro.
Queste due scoperte segnano l’inizio dell’era della virologia moderna. Questo tipo strumento, la filtrazione, viene
mantenuta nei laboratori moderni, nei filtri commerciali, vi è una camera superiore in cui si deposita una sospensione
e il terreno viene fatto passare attraverso un filtro di porosità diversa che può escludere a seconda dei pori di
filtrazione può escludere solamente batteri oppure può escludere virus di dimensioni diverse. Metodo di
sterilizzazione. Da allora ci fu un impulso straordinario allo

- nel1901 si scoprì che la febbre gialla era trasmessa da un virus


- 1903 il virus della rabbia
- 1911 si scoprì che alcuni virus potevano causare tumori nei polli, prima scoperta che ha messo in relazione
l’infezione virale e la calgerogenesi.
- Dal 1915-1917 scoperta di alcuni virus che possono infettare i batteri, identificazione dei batteriofagi.
- Era molto difficile studiare i virus, perché i virus non possono essere coltivati in un brodo, in un terreno di cultura
come i batteri, perciò negli anni 30 furono fondamentali alcuni metodi di propagazione dei virus, o in animali in
vivo oppure nelle uova embrionate perché questo permise di coltivare i virus e di averli in quantità sufficiente per
poterli studiare meglio.
- Nel 1935 fu cristallizzato per la prima volta un virus vegetale, il virus del mosaico del tabacco, i virus non si
potevano vedere, ma per la prima volta si studiò il cristallo, si diede una forma e una sostanza a questi virus, che
risultarono diversi dagli esseri viventi, sembravano delle grosse macromolecole.
- Negli anni 30’ un’altra innovazione fondamentale fu l’invenzione del primo microscopio elettronico, finalmente i
virus vennero osservate come particelle
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- Allestimento delle culture cellulari, metodo diverso rispetto all’organismo in vivo o alle uova embrionate, metodo
molto più manipolabile, che ha permesso nel 52’ a Dubecco, di quantificare i virus, permesso di quantificarne la
concentrazione
- 1954 vaccino anti-polio
- L’acido nucleico, il DNA come depositario dell’informazione genetica è stato scoperto nel 52-53, grazie allo studio
dei batteriofagi. Ciò portò ad un’implementazione dello studio della biologia, con l’inizio della biologia molecolare
- Arriviamo ai giorni nostri, con scoperte di virus, che emergono perché improvvisamente trovano delle nichie in cui
svilupparsi in maniera esplosiva (2010 esplosione virus Zika, 2012 MERS-CoV, 2019 SARS-CoV-2)

COSA SONO I VIRUS INTRODUZIONE


I batteri sono cellule procariotiche, che si dividono pe scissione binaria: una
cellula batterica inizialmente aumenta la propria massa e duplica il proprio
cromosoma, depositario dell’informazione genetica, poi si allunga, e si forma un
setto che divide la cellula batterica progenitrice in due cellule identiche.
Abbiamo studiato la moltiplicazione, il ciclo replicativo e la curva di crescita dei
batteri. Crescita esponenziale, che può essere rappresentato da un grafico

I virus invece sono strutture estremamente semplici, dal punto di vista morfologico, strutturale. Sono essenziali.
Codificano per quelle funzioni che servono alla loro replicazione, ma se noi andiamo a vedere come sono fatti, sono
molto diversi dai batteri, (cellule vere e proprie, con un loro citoplasma, cromosoma, organelli, membrana, parete
cellulare), perché sono fondamentalmente acidi nucleici rivestite da proteine, sono acellulari. I virus mostrano una
grande varietà di acidi nucleici contenuti all’interno del virione, l’acido nucleico rappresenta il depositario
dell’informazione genetica, e codifica tutte quelle funzioni che servono a sintetizzare le proteine, serve per
l’espressione genica propria del virus e rappresenta la parte centrale del virus. Data la sua importanza deve essere
protetta, la protezione deriva da un uscio proteico chiamato capside. In alcuni virus, questa struttura, chiamata nucleo-
capside, può essere avvolta da un’ulteriore membrana che viene chiamata pericapside o envelope.
Dalla biologia sappiamo che il virus viene trascritto e
tradotto attraverso una serie di eventi, il codice genetico
è contenuto nell’acido nucleico, sotto forma di DNA, che
viene trascritto in un RNA messaggero, tradotto su
speciali macchinari, biosintetici, macromolecolari, i
ribosomi, in proteine.

L’informazione genetica contenuta all’interno dell’acido


nucleico sotto forma di una sequenza di nucleotidi, viene
copiataendocellulari e trascritta in nucleotidi
complementari, e viene decodificata, con un sistema di
combinazione ternario, in triplette, in cui ciascuna tripletta
viene associata, sul ribosoma, a uno specifico
amminoacido. L’importanza del ribosoma sta nel riuscire a
decodificare un’informazione contenuta in un acido
nucleico.

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I virus, contengono tutto il potenziale per l’espressione genica che serve alla replicazione del virus, quindi alla
replicazione dell’acido nucleico, e alla sintesi delle proteine, ma mancano dei ribosomi, per questo motivo i virus per
potersi replicare devono necessariamente entrare, penetrare all’interno di una cellula ospite, cellula batterica, cellula
animale o vegetale, perché proprio all’interno della cellula
troverà quei macchinari, indispensabili, alla replicazione
virale. Il virus deve entrare all’interno della cellula ospite,
questo implica una serie di problematiche che devono
essere superate, primo fra tutti, il fatto che la cellula ospite
sia una cellula che presenti un rivestimento esterno, una
membrana, una parte cellulare, più o meno spessa, fatta
da cellulosa, lignina, peptoglicani, che funge da protezione.
Per poter entrare, il virus deve riconoscere la cellula, deve
poi penetrarla, all’interno l’acido nucleico deve essere reso
accessibile per il macchinario trascrittivo e replicativo,
pertanto deve essere trascritto in un messaggero virale
leggibile dai ribosomi della cellula, il quale trascrive le
proteine virali. L’acido nucleico contemporaneamente, o
con una certa sequenza regolata nello spazio e nel tempo,
deve essere duplicato.
Ogni virus ha delle strategie replicative differenti, ma sostanzialmente le fasi sono le stesse: attacco, penetrazione,
espressione genica (sintesi di un RNA messaggero), traduzione di proteine virali, replicazione dell’acido nucleico, che
porterà la formazione di tante copie del genoma virale.
Quando tutte le componenti saranno presenti in maniera sufficienti, all’interno della cellula, queste componenti,
cominceranno a combinarsi tra loro, ad assemblarsi, per dare origine a delle particelle virali, progenie virale, che si
forma all’interno della cellula ospite, fino a quando la cellula, non ne permette la liberazione. La liberazione po'
avvenire in maniera drastica, attraverso la lisi della cellula, in cui tuta questa progenie virale viene liberata
immediatamente all’esterno della cellula ospite, oppure in maniera più graduale attraverso la gemmazione a livello
delle membrane plasmatiche. I virus vengono definiti parassiti endocellulari, obbligati, acellulari. Parassiti, perché non
possono replicarsi se non attraverso una cellula, endocellulari perché devono entrare all’interno della cellula, obbligati,
perché è l’unico modo per potersi replicare. Ci sono dei virus con genomi molto grandi, capaci di codificare molti
fattori, funzioni, proteine, che servono per la loro replicazione, e quindi sono relativamente indipendenti dalla cellula
ma comunque non hanno i ribosomi, e virus molto piccoli, che codificano per 1 o 2 proteine e che quindi sono
fortemente dipendenti dalla cellula ospite. Non possono crescere in un brodo, perché i virus per potersi replicare
hanno bisogno di substrati viventi, di cellule, di organismi, tessuti, perché mancano di ribosomi.
La curva di crescita dei batteri è una curva di crescita esponenziale, perché si duplicano per scissione binaria e quindi
aumentano quantitativamente, mentre la curva di crescita dei virus, è una curva diversa: vi è una fase detta di eclissi,
in cui sembra che non succeda nulla e poi c’è uno scoppio. Nella prima fase si accumulano le componenti virali, e solo
una volta che si assemblano, la progenie virali è completata e può fuoriuscire dalla cellula in questa sorta di
esplosione, che viene chiamata resa virale.

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Possiamo considerare il virus come un organismo con 2 fasi:

- Fase extracellulare: fase che intercorre fra


l’infezione di una cellula e l’infezione successiva,
in cui in microrganismo è presente come un
microrganismo strutturato, riconoscibile. Può
essere considerato come una macromolecola. Il
virus in questo stato è chiamato virione, particella
fisica, inerte. Forma del virus quando si trova al di fuori dalla cellula,
strutturata in maniera tale da dover essere particolarmente
resistente a insulti meccanici, chimici, enzimatici
- Fase intracellulare: il virione è biologicamente attivo, ma quando
comincia a replicarsi non si può più parlare di virione, perché per
fare questo deve scomporsi, per rendere accessibile al macchinario
replicativo l’acido nucleico. Questo evento si chiama Uncoting o
spogliazione, perché il virus si spoglia di tutte le componenti
strutturali, al fine di liberare l’acido nucleico all’interno della cellula.
Alcuni virus si replicano nel citoplasma, alcuni si replicano nel
nucleo, in relazione all’acido nucleico.

Le due fasi del virus si possono paragonare a un programma in una chiavetta, finché rimane nella chiavetta è inerte
non fa niente, ma se viene scaricato nel computer allora potrà espletare le proprie funzioni, all’interno del computer.
I virus sono organismi submicroscopici, non si vedono al microscopio ottico, che ha un potere risolutivo di 0.1μm,
distanza minima oltre alla quale due punti che sono separati, si rilevano come un’unica entità, i virus hanno delle
dimensioni molto variabili, spaziano dai 20 ai 200 nm, sono quindi al di sotto del potere risolutivo del microscopio
ottico, si possono osservare al microscopio elettronico. Il microscopio ottico ci permette di osservare le cellule infette,
le alterazioni che la cellula subisce dopo l’infezione virale.
Alcune dimensioni
Alfa-elica delle proteine= 1nm. di diametro
DNA: 2nm di diametro
Ribosomi: 20nm di diametro
Poliovirus: 30 nm di diametro
Mimivirus: 750 nm di diametro (virus giganti, eccezione)
Diversità dei virus:
I virus sono fonte di grandissima diversità biologica, che viene espressa nel tipo di acido nucleico, nella dimensione,
nella morfologia dei virioni

Famiglia filoviridae: aspetto nastriforme


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L’eccezione che conferma la regola: I MIMIVIRUS. Virus
giganti, visibili a microscopio ottico. Sono stati isolati per la
prima volta attorno al 1999 in una torre di raffreddamento in
Inghilterra, ma si pensava fossero dei batteri e solo nel 2003
sono stati identificati come virus, anomali nella morfologia e
nelle dimensioni. Sono virus che infettano prevalentemente i
protozoi, come l’ameba.
Hanno una struttura inusuale, con un DNA gigantesco di
1.2Mbs di DNA, che codifica per 911 proteine. Il diametro del
capside è di 400nm. Costituito da un core interno dove è
stipato il DNA, membrana interno avvolta da un capside
esterno da dove partono delle fibrille. È perfettamente visibile al
microscopio ottico. Il ciclo replicativo dura circa 16h.

I virus sono elettro-lucenti quindi vengono attraversati dal fascio di elettroni, e molto spesso non si riescono ad
evidenziare con molta chiarezza, vengono spesso trattati con un tipo di colorazione chiamata colorazione negativa,
colorazione è ottenuta mescolando il campione, griglia contenete la sospensione virale, con dei sali elettron-opachi
(Nafosfotungstato). Sali che non vengono attraversati dagli
elettroni, li fanno deviare. I Sali possono penetrare a livello di
avvallamenti delle strutture superficiali del virione, si
depositano, lasciano libere le protusione, questo permette di
aumentare il contrasto della visione, mettendo in evidenza
strutture superficiali del virione, come anelli del capside definiti
capsomeri, strutture proteiche, assemblate in modo particolare
tipo rosette, fondamentali per il capside.
Esempi di virioni dopo una colorazione a negativo

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Fasi del ciclo replicativo virale
Gemmazione di una progenie virale dalla membrana
plasmatica. Particelle virali che fuoriescono dalla membrana
plasmatica.

Citoplasma di una cellula parassitizzata da un virus, che si è


replicato e ha prodotto una progenie virale numericamente
importante che ha saturato spazialmente l’intero citoplasma
della cellula a formare questa specie di rete paracristallina di
lattice

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19.05.2020
STRUTTURA E CLASSIFICAZIONE DEI VIRUS
Come ne mondo animale, la necessità di
colonizzare delle nicchie sempre nuove ha portato
all’evoluzione di forme particolarmente diverse, così
anche i virus hanno sviluppato diverse morfologie.
Le morfologie possono essere schematizzate in
questa figura. Le caratteristiche morfologiche a
volte sono caratteristiche della specie virale, a volte
sono caratteristiche comuni a molte specie e generi.
La struttura e morfologia dei virus è stata studiata
non solo con il microscopio elettronico, ma anche
con la cristallizzazione, spettroscopia a raggi X,
risonanza magnetica nucleare, metodi biochimici e
sierologici.

Per i virus vi è un parallelismo, tra estrema semplicità strutturale ma estrema complessità funzionale, e nonostante
l’estrema variabilità delle morfologie, tutti sono accumunati da semplici requisiti:

- Tutti sono parassiti endocellulari obbligati e sono quindi costretti, per questa semplicità strutturale, a replicarsi
esclusivamente all’interno di una cellula ospite
- Tutti, indipendentemente dal loro genoma devono sintetizzare un mRNA leggibile dai ribosomi cellulari. I virus
devono codificare delle proprie proteine, i mRNA devono essere riconosciuti dai ribosomi
- Tutti sono riconducibili ad una organizzazione strutturale essenziale, acido nucleico (informazione genetica
depositaria delle funzioni virali in forma potenziale), un guscio protettivo, ed eventualmente un evelope lipidico.

Nonostante la grande diversificazione di forme tutti sono riconducibile ad una organizzazione strutturale essenziale
fortemente conservata durante l’evoluzione, e dal momento che ha resistito alle pressioni evolutive, questa struttura è
funzionale e permette al virus di propagare la propria specie in maniera valida.
Partendo dall’interno verso l’esterno, abbiamo:

- Una struttura interna chiamata core interno che contiene l’acido nucleico, il quale non è nudo all’interno della
parte centrale del virus, ma è associato a delle proteine, che possono aver una funzione strutturale, ma anche
enzimatica. Nell’immagine virus papovavirus, virus molto piccolo, adenovirus, herpes virus, che hanno questa
struttura centrale dove è contenuto l’acido nucleico organizzato in modo differente. Ad esempio il genoma del
papovavirus si può organizzare, in maniera da associarsi a delle proteine, in maniera simil-istonica, che ci ricorda
l’organizzazione della cromatina, dei genomi eucariotici, oppure possono essere associati a varie proteine
all’interno di core
complessi, ad esempio il
genoma dell’adenovirus,
sarebbe lineare, ma per
sua struttura tende a
circolarizzare ad essere
per lo meno ripiegato in
una forma circolare, ed
infine il genoma di
herpes virus, che è molto
grade, in forma lineare.
Tutti sono associati in
vario modo a delle
proteine.
- All’esterno del core troviamo un capside, costituito fondamentalmente da proteico, un guscio che può avere una
forma sferica, simil-sferica o anche cilindrica, bastoncello. Ci sono capsidi semplici, quelli dei virus con genomi
piccoli e capsidi che possono avere una struttura e organizzazione complessa. Ancora più esternamente può
essere presente un envelope lipidico, costituito da un doppio strato lipidico su cui sono immerse delle
glicoproteine, con diverse funzioni. Il capside viene codificato dal virus, mentre l’envelope ha un’origine cellulare,
non è una funzione codificata dal virus

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GENOMA
I genomi virali presentano una grandissima biodiversità, di forma, struttura, di composizione: abbiamo virus che
possono contenere genomi a DNA, genomi a RNA, entrambi possono essere o a doppio filamento, struttura analoga
a quella che è tipica del genoma della cellula eucariotica e procariotica, ma anche a singolo filamento.
I filamenti possono avere funzionamenti diversi a seconda della loro polarità (filamento +, filamento -).
SS= singolo filamento; DS=doppio filamento

Ci sono dei virus particolari come i retrovirus, tipicamente hanno un genoma a singolo filamento RNA oppure i
Epadnavirus, virus dell’epatite B, con genomi a doppio filamento di DNA, incompleto, che hanno dei meccanismi di
replicazione piuttosto atipici, perché utilizzano un enzima specifico, la trascrittasi inversa. Hanno degli intermedi
replicativi particolari.
I filamenti genomici possono essere strutturati in maniera diversa, possiamo trovare genomi lineari, filamenti che sono
costituiti da un unico segmento, anche molto lungo, genomi circoli, o genomi segmentati, suddivisi, in cui la capacità
codificante viene suddivisa in più segmenti, analogo ai geni eucarioti. Questa struttura è comune ai virus a RNA,
perché l’RNA è un acido nucleico molto più fragile e sensibile a torsioni, stiramenti meccanici, rotture, ma anche a
degradazione da parte delle RNAsi. Per questo possono essere frammentati, in modo da mantenere una lunghezza
compatibile con la necessità di sopravvivenza oppure essere più corti.
L’acido nucleico è importante perché al suo interno è contenuto l’informazione genetica, la scoperta è datata 1953,
quasi simultanea alla scoperta della struttura del DNA, struttura della doppia elica di Watson e Crick. La scoperta che
l’informazione genetica è contenuta nell’acido nucleico è stata fatta utilizzando dei batteriofagi, grazie a Hershey-
Chase.
Il genoma virale, impacchettato nel capside, non soltanto ha questa organizzazione e una composizione
estremamente variabile, ma ha anche dimensioni estremamente variabili: virus piccoli, come i batteriofagi, con un
genoma lungo 3500 nt (fago MS2) oppure genomi molto grande lunghi 280 Kbp (EBV: Epstein Barr Virus). Se
confrontiamo questi genomi con altri di altri organismi viventi, batteri, lieviti, umani, notiamo che i genomi sono molto
ridotti, nel loro piccolo sono molto variabili. Se noi srotoliamo il genoma di un batteriofago, scopriamo che la sua
lunghezza è di almeno 1-2 logaritmi superiore del capside che lo contiene, questo significa che il genoma deve essere
compattato, impacchettato, all’interno del capside. Non possono essere troppo lunghi, perché deve essere contenuto
in un guscio che deve essere trasferito da una cellula a un'altra.

Es. Virus influenzale con un genoma a RNA singolo filamento a polarità negativa,
frammentato.
Questo genoma è tipico perché il genoma è arrotolato a spirale, le proteine, dette
nucleocapsidiche, si complessano attorno, quello che vediamo non è il guscio capsidico, ma
è il guscio costituito dalla matrice e dall’envelope virale.
L’influenza virus codifica 8 segmenti genici, a singolo filamento, RNA a polarità negativa, che
codificano per più di 10 proteine. Questi segmenti genici sono complessati a proteine,
nucleocapsidiche, cariche positivamente, ricche di arginina e di
lisina, perché i gruppi positivi servono a neutralizzare la carica
negativa dell’acido nucleico e permettere i ripiegamenti all’interno del virione. Oltre alle
proteine strutturali (viola) ci sono altre proteine PA, PB1, PB2, tre subunità della
polimerasi virale.

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Proteine ad attività enzimatica. Il genoma di questo virus lo consideriamo un virus che ha una struttura capsidica
elicoidale, anche se all’interno dell’envelope la sua morfologia sembra sferica, la disposizione dello spazio delle
proteine capside è una disposizione ad elica, ed è complessato con proteine enzimatiche strutturali, dette
ribonucleoproteine, ribonucleo, perché contengono il filamento genomico, proteine, perché sono associate ad altre
proteine. Le proteine ribonucleoproteiche si trovano ammassate all’interno del virione, cementate con altre proteine di
matrice, che a sua volta è avvolta dall’envelope lipidico, su cui poi sono inserite, le altre proteine virali,
l’emoagglutidina e la neuraminidase.
La composizione del genoma virale a DNA o RNA ci permette di definire le varie strategie di replicazione.

Il genoma virale ha delle proprietà particolari:

1. Grande varietà di composizione in termini di acido nucleico: importante per prevedere e definire la strategia di
replicazione del virus a DNA o RNA, singola e doppia elica, lineare e circolare, unico o frammentato
2. Strettamente impacchettato nel capside
3. Associato a Ioni positivi o a proteine basiche (virali o cellulari) per neutralizzare le cariche negative dei gruppi
fosfato
4. I genomi che vengono prodotti, in grande quantità, dalla cellula ospite, per formare la progenie virale si
andranno ad accumulare nel compartimento di replicazione, per alcuni virus è il nucleo, per altri virus il
citoplasma, per altri vescicole citoplasmatiche e successivamente dovranno essere impacchettati all’interno
del capside. Devono essere quindi riconosciuti dalle proteine virali, e devono competere con altre molecole
simili nella cellula. Per poter comporre un capside corretto che contenga un genoma virale, anziché spezzoni
di genoma cellulari e di RNA messaggero, ci devono essere delle sequenze di riconoscimento. Queste
sequenze vengono chiamate sequenze di packaging, che possono essere sia nella struttura primaria,
corrispondere a una particolare sequenza nucleotidica, oppure corrispondere a una particolare struttura
tridimensionale, quindi secondaria o terziaria dell’acido nucleico. Le sequenze di packaging devono essere
riconosciute a corrispondenti sequenze che sono sulle proteine capsidiche. Proteine e sequenze si
riconoscono e piano piano il virione prende forma, completandosi in maniera corretta
5. Gli acidi nucleici per potersi replicare hanno la necessità di aggiungere i nuovi nucleotidi a un primer, un
innesco. Gli inneschi vengono dati da estremità ridondati sui genomi virali oppure da estremità ripetute alle
terminazioni dei genomi virali, oppure da proteine, che come nel poliovirus, vengono uridylate, vengono
modificate con l’aggiunta di una serie di nucleotidi che fungono da innesco, oppure come nei retrovirus,
vengono utilizzati dei tRNA, degli RNA che il virus ruba, sottrae alla cellula
6. I genomi virali sono piccoli, devono stare all’interno del capside ma devono codificare più funzioni possibili, ciò
è possibile perché durante l’evoluzione sono stati premiate, a seguito della pressione selettiva, degli
stratagemmi come: la presenza di geni sovrapposti, la possibilità di splicing multipli e alternativi dell’RNA
messaggero oppure la presenza di sito di inizio traduzione interna. Questa capacità del virus di codificare
tante funzioni diverse, multiple, utilizzando la quantità minima di genoma viene chiamata economia di
genoma.

ECONOMIA DI GENOMA

- Splicing mRNA: che è stato identificato per la prima volta studiando i virus ed è un sistema di taglia e cuci di
alcune sequenze che vengono dette introniche; quindi permettono allo stesso filamento di RNA messaggero
di riprodurre tanti filamenti modificati ciascuno dei quali è in grado di codificare una proteina diversa
- Lettura flessibile (scorretta) dei codoni di stop→ uno stesso mRNA va a finire sui ribosomi e quando il
ribosoma lo scansionando arriva al codone di stop non viene letto e continua, a seguito di particolari
conformazioni del mRNA sul ribosoma, a leggere e ottiene delle proteine diverse e più lunghe.
- Siti di inizio di traduzione multipli→ Il ribosoma posiziona l’RNA messaggero tenendo il cap fermo in 5’ e dal
primo codone di inizio comincia la traduzione, mentre per alcuni virus invece la traduzione può iniziare anche
da siti di inizio all’interno del messaggero.
- Geni sovrapposti: geni embricati, sequenze geniche una dentro l’altra
- Clivaggio di proteine: una grande proteina viene spezzettata in tante componenti, ciascuna delle quali svolge
una funzione diversa. Il sistema mantiene il requisito che l’mRNA all’interno di una cellula eucariotica sia
monocistronico, quindi un gene e una proteina. Questa proteina viene però poi tagliata in tante altre proteine
con funzioni differenti
- Framentshifting ribosomiale: in cui viene letto il codone fino ad un certo punto nel quale il messaggero subisce
degli slittamenti e dunque il ribosoma cambia la griglia di lettura continuando a tradurre il messaggero
leggendo le triplette leggermente sfasate.

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VIRUS A RNA
Abbiamo detto che i virus possono avere composizioni diverse, possono essere a DNA o a RNA, i genomi a RNA
sono molto più fragili, più suscettibili alla degradazione da RNAsi quindi o sono più corti, o sono frammentati. Possono
essere sia a singolo che a doppio filamento.
Per quelli a singolo filamento dobbiamo definire quella che viene chiamata polarità: definiamo per default una polarità
positiva (ssRNA Polarità (+)) quella polarità identica all’mRNA, il genoma ha la stessa sequenza degli mRNA e quindi
può essere direttamente letto dai ribosomi e tradotto in proteine.
Il genoma a singolo filamento a singolo filamento è quel genoma, che funzionalmente una volta entrata nella cellula
può agire esattamente come un mRNA
Analogamente ci sono dei virus che hanno un genoma a singolo filamento con una polarità che è opposta all’mRNA e
questa polarità viene definita polarità negativa (ssRNA Polarità (–)). Questo genoma non può essere considerato
come un messaggero e per poter essere tradotto su ribosomi e quindi originare un mRNA in grado di essere
decodificato dai ribosomi e di dare una catena di amminoacidi (proteina) deve essere trascritto (copiato). Il virus
utilizza il proprio genoma per trascrivere gli mRNA che per definizione saranno a polarità positiva.
Abbiamo un genoma a singolo filamento di RNA e dobbiamo ottenere un messaggero a singolo filamento di RNA e
quindi dobbiamo avere un enzima che trascrive RNA su uno stampo di RNA, ma la cellula non possiede questo
enzima.
La trascrizione e la replicazione del genoma nella cellula eucariote avviene nel nucleo nel quale l'mRNA viene
trascritto dal doppio filamento di DNA; I geni sono geni a DNA, il messaggero è a RNA e l’enzima deputato alla
trascrizione è una RNA polimerasi che negli eucarioti si chiama RNA polimerasi 2 DNA-dipendente.
L’enzima che serve il virus, RNA-polimerasi RNA-dipendente non c'è e questo significa che virus a RNA a polarità
negativa che vogliono trascrivere in mRNA il proprio genoma devono portare all'interno del virione un proprio enzima
replicativo, una RNA-polimerasi RNA-dipendente che permette di trascrivere il genoma a polarità negativo in un
mRNA a polarità positiva.
Poi ci sono i virus a RNA doppio filamento a polarità mista (dsRNA(–)/(+))che quindi hanno sia il filamento + che
filamento - e generalmente questo virus trascrive gli RNA messaggeri utilizzando il filamento negativo del genoma,
anche qui questi virus devono portarsi con se come enzima strutturale una RNA-polimerasi RNA-dipendente di origine
virale.

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CAPSIDE
Il capside formato da proteine è il guscio a del genoma, che oltre ad avere la funzione di protezione, soprattutto nella
fase extracellulare del virione, quando il virus passa da una cellula all’altra, dove il virus potrebbe essere esposto ai
raggi ultravioletto, distruzione meccanica, degradazione nucleasica, aggressioni sia fisiche che chimiche, ha anche
altre funzioni, soprattutto in quei virus che mancano dell’envelope, come il riconoscimento recettori cellulari,
importante nella fase di attacco e la guida del genoma al compartimento di replicazione. Le proteine capsidiche
devono prendere contatto con le strutture cellulari, come i microtubuli, microfilamneti, in modo tale che il genoma sia
guidato nel compartimento che permetterà al virus di replicarsi. Inoltre il capside funziona come impacchettamento di
proteine enzimatiche o regolatorie necessarie per la replicazione.
Il capside può essere globalmente di due forme: capside a bastoncello/tubolare che seguono la cosiddetta simmetria
elicoidale o capsidi che somigliano ad una sfera, che vengono detti a simmetria icosaedrica.
Il virus è soggetto a dei vincoli biologici, che impongono di costruire una struttura regolare a partire da subunità
irregolari, le proteine infatti sono irregolari, utilizzando una quantità limitata di informazione genetica, la soluzione è
stata quella di organizzare il genoma attraverso la ripetizione di una o poche subunità, impegnando un geno o pochi
geni, che producano delle proteine che andranno ripetute nello spazio secondo una struttura confacente alla funzione
protettiva, producendo delle strutture capienti e cave all’interno.
Il capside deve garantire la protezione al virus come una casa con il muro in mattoni e cemento, dove le molecole
sono i mattoni legati da legami covalenti il cemento.
Ma necessità di altre caratteristiche per cui la casa in mattoni non va bene: i virus come abbiamo già detto hanno una
forma extracellulare, il cui capside deve essere molto resistente ma nel momento in cui il virus riconosce una cellula
ospite, entra grazie ai segnali di riconoscimento che inducono dei cambiamenti conformazionali e deve essere quindi
in grado di dissembrarsi. Il capside quindi deve essere sufficientemente stabile per resistere nella fase extracellulare,
ma altrettanto flessibili, e dinamico per potersi disassemblare al momento opportuno nella forma infettiva. Non
possiamo quindi costruire un capside attraverso legami covalenti, perché sarebbero troppo resistenti, e non
permetterebbero mai al virus di disassemblarsi e quindi di rendere accessibile il proprio acido nucleico. Durante
l’evoluzione sono stati premiati i legami che garantiscono questa enorme flessibilità di struttura ovvero i legami non
covalenti: legami ionici e legami a idrogeno, legami idrofobici e forze di Van der Wall. Possiamo quindi considerare il
virione come la risultate di un insieme di legami non covalenti tra proteina e proteina all’interno del capside, proteina-
acido nucleico tra il capside e il genoma virale e proteina-lipide tra il capside e l’envelope.
Il virus ha necessità di costruire un capside utilizzando il minor spazio genico possibile e per fare questo la cosa più
semplice è quella, per i virus più piccoli, che hanno poco spazio genico, di utilizzare una singola subunità (quindi un
gene) che venga ripetuta disponendosi nello spazio in una maniera simmetrica in modo tale da ottenere dei legami
equivalenti o similequivalenti con le subunità prossimali.
Esistono principalmente due simmetrie:
una simmetria che viene detta elicoidale che porta la costituzione di gusci a bastoncello (detti anche a cilindro cavo o
tubolari) oppure una simmetria semisferica che viene detta
icosaedrica.
Nella forma più semplice, la costruzione dei capsidi a
simmetria elicoidale, possiamo immaginare che una singola
unità asimmetrica si dispone nello spazio attorno ad un asse di
simmetria circolare (circonferenza) e cominci a prendere
contatto con le subunità contigue attraverso legami equivalenti
(testa-testa o coda-coda) formando un disco che si può
associare ad altri dischi andando a formare una struttura
cilindrica/elicoidale cava all’interno della quale viene contenuto
l’acido nucleico.
Le subunità irregolari si possono associare fra di loro a
formare strutture regolare, come nel virus a mosaico del
tabacco. Il virus ha una struttura elicoidale fatta di unità che
si associano l’una con l’altra a formare dei dischi e
successivamente nel momento in cui l’acido nucleico a RNA
attraverso le sue sequenze di impacchettamento riconosce
alcuni domini delle strutture delle proteine capsidiche, si
associa, determinando un cambiamento conformazionale,
che permette lo slittamento dei dischi su sé stessi a formare
una struttura elicoidale. Sono capsidi relativamente rigidi ed
hanno un diametro di 18-20 nm, mentre la lunghezza può
arrivare anche a 200-300 nm. Le singole subunità vengono chiamati protomeri

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I virus dei vegetali non sono rivestiti da envelope perché la cellula vegetale non ha una membrana plasmatica libera
accessibile ma è sempre rivestita di cellulosa, lignina, pectina, sono quindi virus rigidi, mentre i capsidi elicoidali di
virus animali possono essere rivestiti di envelope, come il virus dell’influenza che pur essendo un virus che ha una
simmetria capsidica elicoidale, morfologicamente appare come un virus tondo. Altri virus animali particolari sono i
Rhabdovirus, di cui un rappresentante è il virus della rabbia, che ha una forma detta a proiettile: base piatta e una
terminazione convessa. È un virus che presenta l’envelope, sulla cui superficie sono presenti delle proteine che
permettono l’attacco e l’ingresso del virus, all’interno il genoma a RNA si
avvolge nella parte cava del cilindro in maniera elicoidale complessato a
delle ribonucleotide.
Per i virus è comune, per il capside, la forma tubulare, ciò fa sì che la
capienza non sia tanta, per questo si è reso necessario durante l’evoluzione
sviluppare delle forme diverse di gusci, che avessero una maggiore
capienza e maggiormente protettivi, quindi dei gusci che assomigliassero il
più possibile ed una sfera.
Questi gusci vengono costruiti disponendo le subunità secondo una
simmetria che viene chiamata icosaedrica, chiamata così perché l’icosaedro
è un poliedro regolare caratterizzato dall’avere 20 facce corrispondenti a
triangoli equilateri, 12 vertici, e 3 assi di simmetria (2,3,5). Significa che se
noi facciamo passere l’asse di simmetria lungo uno dei tre punti e ruotiamo il
solido otterremo la stessa figura geometrica per 3,5,2, volte. In prossimità
degli assi di simmetria le particelle che si trovano in quella configurazione
hanno una disposizione simmetrica, possono avere dei legami equivalenti
l’una con l’altra.

Immaginiamo di aver un virus semplice, che dispone di una singola proteina per costituire il proprio guscio, la cosa più
facile è che la proteina si disponga sulla faccia del triangolo su ciascun vertice. In ciascuna faccia 3 proteine o
protomeri, formando una struttura che sembra una rosetta proteica detta capsomero,
costituita da 5 protomeri. 5 protomeri formano 1 capsomerio, che viene messo in evidenza
dalla colorazione negativa. Tanti capsomeri formano in capside. Possiamo costituire un
capside chiuso, utilizzando 3 protomeri identiche per faccia, e avendo 20 facce, il capside
più semplice ha 60 protomeri (12 capsomeri). Ciascuna subunità (protomeri) corrisponde
ad una unità strutturale asimmetrica, che si assembla a formare capsomeri, arrangiati ai
vertici dell’icosaedro in pentameri (o pentoni).
Alloggiando le subunità anche lungo il lato del triangolo si ottengono delle altre strutture,
capsomeri a 6 subunità chiamati esameri o esoni. Struttura conservata per cui ci troveremo sempre ad avere
all’estremità dei 12 vertici i pentoni e lungo la faccia dei triangoli degli esoni. Le subunità
possono essere identiche o diverse, ma essendo alloggiate sempre con la stessa
organizzazione, quindi tra di loro possono avere dei legami equivalenti o semi-equivalenti
Per alloggiare più subunità, mantenendo comunque la stessa struttura, possiamo
pensare di suddividere ciascuna faccia del traingolo in tanti triangoli, possiamo inscrivere
all’interno della faccia del triangolo un numero progressivamente ampio di triangoli, in cui
però le relazioni, la disposizione delle subunità si
mantiene inalterata, si verrà comune a formare la
rosetta di 5 subunità al vertice.. L’icosaedro è il guscio con la capienza massima
possibile, e infatti questa disposizione è stata premiata dall’evoluzione perché
permette di costituire delle strutture sferiche utilizzando la quantità minima di
energia, livelli termodinamicamente favorevole. Tanti più triangoli inscriveremo
tanto più complesso sarà il capside, tanto più l’icosaedro assomiglierà ad una
sfera. I capsidi derivano dall’assemblaggio di componenti preformate, perché
nella cellula ospite mano man che le strutture proteiche capsidiche vengono ad
essere prodotte sintetizzate e si accumulano, si associano l’uno con le altre,
perché questa associazione corrisponde a un
livello di energia libera minima. Le subunità si
associano a formare i pentameri o esameri,
strutture con i legami più forti, quando
disgreghiamo il capside sono gli ultimi ad essere
dissociati e poi pentameri ed esami si associano
a formare il capside completo, stabilizzato dalla
presenza dell’acido nucleico.
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Assembramento del picoronavirus in cui il capside è costituito da 3 subunità fondamentali
T= numero di triangolazione, è un valore matematico e corrisponde al numero di triangoli inscritti in ciascuna faccia
dell’icosaedro oppure il numero di subunità che costituiscono l’unità
strutturale asimmetrica. T definisce la complessità del capside.
L’adenovirus ha un capside icosaedrico di 90nm di diametro.
I pentomeri sono 12 mentre gli esomeri 240. Le subunità totali 1500.
Dai 12 pentoni protude una fibra proteica importante per l’attacco e
nella penetrazione del virus nell’ospite e ha anche un con attività
tossica, quando il capside di disgrega, questa fibra si libera all’interno
della cellula e ha un’attività tossica. Il DNA è 35-36kb, ds e lineare,
associato a proteine.

Il batteriofago è un virus a simmetria doppia T4 (T=taill) con


una testa icosaedrica e una coda elicoidale, unite da un
colletto. La coda è una guaina contrattile e termina con una
piastra caudale da cui si dipartono delle spine (fibre caudali-
proteine) che riconoscono il recettore permettono l'attacco del
virus alla cellula ospite. Sono virus molto complessi hanno
anche dei genomi parecchio grandi e codificano per almeno
300 proteine cosa succede questo lo vedremo questa
microfotografia al microscopio elettronico. All'interno di questo
tubo/guaina contrattile c'è un cilindro proteico che invece è
rigido, quando il virus arriva alla cellula ospite le spine legano
un recettore e questo legame viene trasferito sotto forma di cambiamento conformazionale al corpo del batterio la
guaina contratti si accorcia e il cilindro rigido contenuto al suo interno viene iniettato. Ciò serve a perforare la parete
batterica della cellula ospite del DNA penetra attraverso questo cilindro cavo all'interno della cellula ospite.
La guaina contrattile termina con una piastra caudale ed è provvista di spine proteiche e poi delle fibrille della coda
che sono delle proteine flessibili.
Altri virus complessi che non rientro in questa simmetria sono i poxvirus, virus
ad RNA, rappresentati dal virus del vaiolo, il virus vaccinico, il virus del
mollusco contagioso hanno una struttura tipica: un corpo centrale a disco
biconcavo che è circondato da una serie di membrane da un tessuto palizzata
due corpi laterali e di nuovo un'altra membrana su cui sono disposte delle
fibrille. Sono virus che generalmente non vengono osservati quando invece è
bene ricordare la morfologia perché per un certo periodo di tempo il virus del
vaiolo prima degli anni '70, periodo in cui è stato stradicato, era molto
contagioso ad altissima mortalità del 50%, sfigurante.
Si è temuto per un certo periodo che gruppi organizzati e terroristi o eversivi
potessero in qualche modo a reintrodurre questo virus così letale come arma di
bioterrorismo.

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ENVELOPE
Alcuni virus possono essere rivestiti da un guscio non sempre presente, dipende dalle specie virali, è un guscio
lipidico, chiamato pericapside oppure envelope. Guscio lipidico costituito da un doppio strato lipidico quindi che riveste
il capside. A volte fra il capside e l’envelope sono presenti delle proteine che vengono chiamate comunemente
proteine di matrice o proteine del tegumento. Possono avere anche delle funzioni di attivazione, per esempio del ciclo
replicativo, quindi non soltanto funzione strutturale ma anche funzione enzimatica oppure di modulazione del ciclo
replicativo virale. L’envelope non è codificato dal virus ma è di origine cellulare, e si origina quando la progenie virale
che è contenuta all'interno della cellula ospite deve fuoriuscire. I virus e senza envelope generalmente escono dalla
cellula per lisi della cellula quindi la cellula scoppia la membrana si spacca si degrada e la progenie virale esce, nei
virus con envelope invece fuoriesce per gemmazione, processo che ricorda un processo esocitico, in cui il virus può
essere trasportato attraverso una vescicola lipidica fino alla membrana.
La gemmazione attraverso la membrana plasmatica è considerato un passo evolutivo, la cellula no è costretta a
morire, segno della coevoluzione tra virus e cellule. Il virus non ha nessun vataggio a far morire la cellula, i virus
adattati si sono evoluti a essere meno cattivi, quanto più la cellula sopravvive tanta più progenie si può produrre. I
virus hanno evoluto tante strategie per bloccare, alcuni sistemi di difesa della cellula, come l’apoptosi, perché la cellula
deve sopravvivere per più tempo possibile
FROMAZIONI ENVELOPE
Il capside può prendere contatto con la membrana plasmatica
della cellula infetta, che conterrà delle glicoproteine virali le quali
possono avere una coda intracitoplasmatica che prendono
contatto e quindi riconoscono associandosi alle proteine
capsidiche. La membrana si estroflette e piano piano il capside
viene inviluppato, viene avvolto, da quella che è la membrana
plasmatica arricchita di glicoproteine virali.
L’envelope lipidico non è un strato inerte ma contiene delle
proteine virali che possono essere proteine integrali o proteine
transmembrana che a volte protrudono dall’envelope a formare
delle spine o spikes strutture più esterne che permettono il riconoscimento dei recettori cellulari e mediano l’ingresso
del virus all’interno dell’ospite, ma sono anche le prime che vengono riconosciute nel sistema immunitario, sono
bersaglio degli anticorpi, immunoglobuline, glicoproteine che vanno a legare queste proteine dell’envelope,
neutralizzando il virus.
Per essere proteine integrali devono avere un segmento transmembrana idrofobico hanno una testa, un ectodominio
globulare esterno, e una coda intracitoplasmatica all'interno e possono quindi prendere contatto con le altre porzioni
del virione attraverso la coda citoplasmatica che interagisce e si associa con le proteine capsidiche, o con le proteine
della matrice o con delle proteine del tegumento o altri strati che circondano il capside virale.
Sono proteine che possono avere una testa globulare anche abbastanza importante che protrudono e quindi possono
essere visibili come spine tipiche della famiglia di coronavirus, perché hanno uno stelo abbastanza lungo e una testa
globulare che fa assumere a questi virioni la configurazione di una specie di corona solare
Ci sono anche altre proteine che possono essere proteine integrali che funziona come canali ionico come la proteina
M2 del virus influenzale. Ci sono altre proteine che servono per la replicazione del virus.
Non è un uno strato inerte ma è un gusto che è provvisto di strutturali fondamentali per il ciclo replicativo.

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20.05.2020
MECCANISMI DI ATTACCO E PENETRAZIONE DEI VIRUS NELLE CELLULA OSPITI

La prima fase e l’’incontro del virus con la cellula ospite che consiste in una interazione fra alcune componenti del
virione, componenti dei capside se il virione è nudo o componenti dell’envelope se il virione ne è provvisto con una
molecola della cellula che viene chiamata recettore.
Questo incontro determina la possibilità dell’attacco e dell’assorbimento del virus, il quale naviga nell’ambiente
cellulare o nell’ambiente tissutale fino a quando non incontra una molecola che attraverso un' affinità di legame lo
blocca lo ferma, possiamo interpretare questa interazione come una chiave, la molecola che si trova sulla superficie
del virus, che incontra la giusta serratura molecolare, il recettore, da questo incontro può avere, può perché ci sono
tante altre condizioni che devono essere soddisfatte, un infezione virale. Se è vero che il virione all'esterno della
cellula deve essere resistente e quando incontra una cellula comincia ad assemblarsi, potendo quindi considerare il
virione all'esterno della cellula può essere considerato come una grossa macromolecola di cui possiamo anche
definire la composizione chimica di un materiale inerte e invece all'interno diventa attivo, ci possiamo chiedere cos'è
che scatena la transizione fra le 2 fasi.
L'attacco detto anche ad assorbimento e la penetrazione sono due concetti che rappresentano due eventi diversi.
L’attacco è un processo che non richiede energia processo spontaneo, in laboratorio può avvenire anche per esempio
a 4 °C quando le componenti energetiche sono bloccate ed è basato principalmente su un riconoscimento, un'
interazione elettrostatica fra una proteina virale è una proteina cellulare che è per definizione chiamiamo recettore
cellulare è funzionalmente un recettore per il virus ma nella cellula svolge delle funzioni cellulari ha uno scopo che è
completamente diverso da quello che invece viene richiesto dal virus. Per definizione la molecola virale che riconosce
il recettore viene chiamata anti-recettore quindi l’anti-recettore è sul virus, e il recettore cellulare è la molecola che
viene riconosciuta dal virus sulla superficie della cellula.
Questo attacco non è sufficiente a iniziare le infezione perché per iniziare le infezioni abbiamo visto che il virus deve
penetrare all'interno della cellula quindi deve superare la barriera imposta dalla membrana plasmatica o da altre
membrane accessorie in altri tipi di cellule: come la vegetale come la cellula batterica. Questa prima fase di attacco
deve essere seguita da un evento che viene chiamato penetrazione o ingresso associato alla perdita del capside,
spogliazione o uncoating
Per semplicità trattiamo questi eventi, come eventi che si susseguono spazialmente in maniera separata ma in realtà
nella cellula si susseguono molto velocemente e a volte sono inguidabili temporalmente. Le modalità di penetrazione
del virus all'interno della cellula ospite dipende dalla presenza o meno dell’enevelope, avremo virus con envelope che
entrano con un certo meccanismo che è comune a tutti i virus con envelope indipendentemente dalla loro
composizione genomica, della loro specie, dall’appartenenza a particolari classici replicative mentre i virus che sono
nudi hanno un meccanismo comune.
La cellula è rivestita e il compartimento più esterno è la membrana plasmatica, questo impone dei vincoli al virus che
deve entrare, poiché tutti i virus per penetrare all'interno di una cellula devono attraversare il doppio strato lipidico, i
virus vegetali e quelli batterici devono anche attraversare ulteriori barriere accessori come la parete cellulare o altre
membrana accessori. Per la spoliazione il virus deve passare da una forma stabile extracellulare inerte chimica ad
una forma instabile, e questa transizione avviene, non ovviamente in maniera casuale perché se il virus si
scapsidasse all’esterno della cellula sarebbe un virus morto, perduto che non sarebbe più in grado di dare origine ad
un ciclo replicativo efficace, la spogliazione deve quindi avvenire nel giusto momento e anche nel giusto
compartimento. Il virus sente, percepisce, attraverso dei segnali che sono segnali molecolari, segnali biochimici di
interazione con delle molecole, questo è il modo di comunicare anche fra le cellule e quindi anche fra organismi con
caratteristiche differenti, che è in prossimità di un ambiente favorevole alla propria replicazione. I segnali molecolari,
possono essere rappresentati da un’interazione fra anti-recettore virale e recettore cellulare oppure da tagli proteolitici
che innescano dei cambiamenti conformazionali e possono attivare le proteine virali in modo che possano svolgere la
propria funzione nel giusto momento oppure da variazione di PH, che servono un po' a definire la
compartimentalizzazione degli eventi all'interno della cellula ospite.

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VIRUS BATTERICI
Es. batteriofago T4, quindi un batterio che deve penetrare
all'interno di una cellula batterica, le quali oltre alla membrana
plasmatica hanno anche delle pareti cellulari formate da strati/o di
peptidoglicano che possono essere più spesse a seconda che
siano batteri gram positivi o gram negativi.
L'ospite della batterio T4 è un ospite batterico, una cellula di
E.Coli, un batterio gram negativo e il recettore per il batteriofago
T4, la molecola che permette l’adesione del batteriofago sulla sua
cellula ospite è una componente aspecifica non è propriamente
una molecola definita è il lipopolisaccaride. Quando le fibre
caudale incontro di un batterio riconoscono il lipopolisaccaride, il batteriofago si attacca, aderisce, sulla superficie della
cellula batterica questa interazione fra le spine caudali e il recettore scatenano, l’innesco di una serie di reazioni che
sono rappresentate da cambiamenti conformazionali che si trasferiscono da strutture alle altre, partono dalle fibre
caudali, si trasmette alla piastra basa, alla quale è legata e successivamente arrivano alla guaina di proteine contrattili,
all'interno delle quali c'è una un cilindro piuttosto rigido. Nel momento in cui il batterio viene attaccato dal batteriofago
le spine caudali si ripiegano, innescando il cambiamento conformazionale che attiva la guaina contrattile che si
contrae, si schiaccia diventando più corta, il cilindro rigido che si trova all'interno della guaina contrattile viene ad
essere iniettato nella cellula ospite. Il cilindro è cavo e attraverso di esso passa il DNA del batteriofago che viene
iniettato all'interno della cellula ospite, potrà così iniziare, un ciclo replicativo che porterà alla produzione di una
progenie virale estremamente cospicua e importante che porta poi alla lisi del batterio.
All'interno della piastra caudale possono essere presenti ad esempio degli enzimi idrolitici, come per esempio il
lisozima o altri tipi di idrolasi a seconda dei tipi fagici, in grado di tagliare le componenti del peptidoglicano in differenti
punti, questo aiuta a sciogliere la parete così rigida del batterio e favorire la penetrazione il genoma del batterio.

VIRUS VEGETALI
La cellula vegetale è una cellula che durante l'evoluzione hanno elaborato delle strategie evolutive per difendersi: una
di queste è quella di rivestire le proprie cellule di strutture resistenti, quindi le cellule vegetali hanno una membrana
plasmatica ma generalmente sono su rivestite da uno spesso strato di cellulosa o di lignina o di pectina, sostanze che
rendono la cellula molto resistente. I virus vegetali hanno un po' di difficoltà a penetrare all'interno di queste cellule
ospiti e quindi generalmente penetrano attraverso:

- Insetti vettori, affidi ragnetti rossi, lepidotteri o vari altri insetti che attraverso i loro apparati pungitori, morsicatori,
o succhiatori riescono a produrre delle soluzioni di continuità, interrompere la continuità di queste pareti rigide, e
a inoculare all'interno della cellula ospite eventuali virus. Trasferiscono il virus da una specie infetta a una non
infetta attraverso l’apparato masticatore, o pungitore.
- Lesioni meccanica, una rottura meccanica delle pareti esterne della cellula ospite.
- Trasmissione diretta da cellula a cellula attraverso i plasmodesmi
- Propagazione vegetativa attraverso la trasmissione di semi contaminare oppure attraverso inneschi

Le cellule infette possono reagire o con necrosi, morte di alcune cellule o con iperplasia, crescita incontrollata della
zona infetta o ipoplasia, ritardo nella divisione, che porta delle distorsioni, deformità a livello delle foglie, dei fiori o del
frutto. Possono portare a picchettature, maculature, mosaicismo, perché ci sono delle zone che sono variamente
pigmentate zone più chiare o zone più scure per la presenza minore o maggiore di i pigmenti fotosintetici.

VIRUS ANIMALI
I virus si legano a recettori presenti sulla membrana plasmatica e questi recettori possono essere di vario tipo,
fondamentalmente tutte le componenti della membrana plasmatica (componenti lipidiche componenti proteiche
componenti glicidiche) possono fungere da recettori per il virus. I virus non sono degli organismi, devono trovarsi delle
nicchie ecologiche in cui potersi riprodurre, e durante l'evoluzione qualunque specie molecolare è presente sulla
superficie della cellula ospite è stata adottata come un recettore che potesse servire come serratura per poter aprire la
membrana plasmatica. I principali recettori sulla membrana plasmatica sono in genere proteine, o anche glicoproteine,
che possono essere proteine integrali o proteine transmembrana oppure carboidrati catene ramificate associati alle
proteine, possono essere strutture specifiche per esempio terminazioni come l'acido sialico, specifici zuccheri che si
trovano alla terminazione delle catene ramificate dei glucidi maturi oppure semplicemente lipidi o glicolipid.
L'importanza di questi recettori è data dal fatto che sono le molecole che permettono l’innesco del ciclo replicativo e
quindi sono le più studiate, è molto importante definire qual è il recettore per la il virus proprio perché è l’interazione fra
ligando virale e recettore cellulare è il primo target per la terapia farmacologica, per gli inibitori della replicazione virale,
perché bloccando il recettore si blocca l'interazione e quindi si blocca la replicazione del virus.

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I recettori determinano:

- La suscettibilità della cellula, dove per suscettibilità intendiamo l’espressione sulla cellula del recettore
appropriata. Una cellula è suscettibile se è in grado di codificare ed esprimere il recettore per quel virus.
- Il tropismo, che vuol dire l'indirizzamento verso specifici organi bersaglio, se un recettore è espresso
solamente in cellule specifiche come per esempio, negli epatociti, alcuni virus come il virus dell’epatite
possono infettare solamente quel tipo di cellule
- Spettro d’ospite: se un virus riconosce un recettore che è espresso solamente in una specie, per esempio il
poliovirus, infetta solo i primati perché il recettore del poliovirus che si chiama PVR è una molecola che è
presente solamente in cellule di primati

Non dobbiamo confondere la suscettibilità con la permissività: il fatto che è un virus attacchi una cellula ospite e un
requisito necessario ma non sufficiente, affinché si possa compiere un ciclo replicativo, la cellula deve essere
suscettibile, quindi esprimere il recettore adeguato per quel virus ma anche permissiva.
La permissività è un'altra proprietà della cellula, relativa a quel particolare virus e che consiste nella presenza di tutti i
fattori cellulari richiesti indispensabilmente per la replicazione virale. Noi possiamo avere delle cellule suscettibili
quindi che codificano il recettore ma non permissive o viceversa cellule che sono permissive ma non sono suscettibili
perché non hanno i recettori, potrebbero permettere la replicazione virale ma non possono essere attaccate.
In quel modo si può rendere suscettibile una cellula che naturalmente non lo è attraverso tecniche di ingegneria
genetica, attraverso l'espressione transgenica di un recettore cellulare, attraverso la trasfezione di un plasmide che
codifichi il gene per quel recettore. Lo si fa a volte in laboratorio per studiare e identificare i recettori.

Recettori più comuni utilizzati dai virus, per esempio


l'acido sialico (zucchero), riconosciuto dal virus
influenzale, dal morbillo, il recettore simile alle LDL,
chiamato LDLR che viene riconosciuto dal virus
dell’epatite C.
Il recettore DC-SIGN, che si trova sulle cellule
immunitarie della linea monacitaria, è riconosciuto dal
virus ebola, oppure le integrine riconosciute dal
citomegalovirus, il recettore CD4 insieme a un altro
corecettore chiamato CCRS, sono riconosciuti
dall’HIV, oppure le molecole car o molecole di adesione intercellulari come le integrine sono riconosciute dagli
adenovirus.
Sono tutte molecole che nelle cellule svolgono altre funzioni e possono avere anche strutture molto diverse fra loro
molte di queste per esempio hanno dei domini chiamati i domini immunoglobuline, perché hanno questi loop che
vengono a formarsi per la presenza di cisteina conservate in determinati punti della sequenza che formano dei ponti
disolfuro oppure possiamo avere delle molecole che attraversano la membrana per almeno 7 volte.
Alcuni virus possono avere dei recettori ridondanti, recettori multi si possono legare a diverse molecole in cellule
diverse, oppure appunto recettori che possono avere una localizzazione in specifiche cellule determinano un tropismo
e uno spettro d’ospite particolare. Ci sono anche tanti virus per i quali i recettori non sono ancora noti.

Assorbimento e penetrazione sono due fasi distinte perché il virus si muove in maniera stocastica fino a quando non
incontrerà una molecola che avrà una certa affinità di legame per le proprie strutture e quindi si ferma per affinità di
legame, possiamo avere recettori ad alta affinità o a basta affinità. Successivamente sulla superficie incontra un
recettore per l'ingresso che gli permette di superare la barriera della membrana.
Per alcuni virus il recettore dell’attacco e il recettore della penetrazione sono coincidenti, sono la stessa molecola, per
altri virus ci sono invece dei recettori multipli.
Si conoscono attualmente almeno quattro mila specie virali e continuamente se ne aggiungono quindi non possiamo
conoscere i meccanismi di penetrazione di tutti i virus, per semplificarci le cose, noi illustreremo dei prodotti di modelli
di penetrazione virale, fondamentalmente sono abbastanza semplici perché noi possiamo suddividere le strategie di
penetrazione dei virus animali in due grandi categorie: virus con o senza envelope.

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VIRUS NUDO: ADENOVIRUS
Uno dei virus nudi che penetrano per endocitosi,
sono gli adenovirus, sono virus ad DNA lineare
associato a molte proteine. L’adenovirus è
responsabile di molte affezioni che riguardano
anche l'uomo sia respiratorie che gastrointestinali.
All'interno del capside ci sono anche, molte altre
proteine che vengono chiamate con dei numeri
romani che sottendono la superficie del capside.
L’anti-recettore per questo virus è rappresentato
dalla fibra, associata al pentone, quindi 12 pentoni
12 fibre. La fibra lega il recettore cellulare che è
rappresentato sia un recettore a bassa affinità che
viene chiamato car, questo serve a concentrare
parecchi virioni sulla superficie della cellula, sia il
vero recettore per l'ingresso: un integrina. Quando
il virus lega il proprio recettore sulla membrana
della cellula ospite questo scatena una serie di
cambiamenti conformazionali e quindi possiamo pensare che il virione che noi abbiamo sempre detto essere in una
forma stabile in realtà sia in una forma metastabile, perché è in una conformazione energeticamente favorevole, ma in
realtà potrebbe raggiungere una condizione ancora più favorevole. Per farlo deve superare una barriera energetica
che spontaneamente non viene superata, può essere superata solo a seguito di inneschi, spinte molecolari, in questo
caso è data dal legame al recettore e successivamente da una variazione di pH. Il virione si lega alla membrana
plasmatica, che si invagina a seguito dell’interazione ligando-recettore, invaginandosi si arricchisce di molecole di
clatrina, che si associa alla membrana plasmatica, definendo una curvatura della membrana. Successivamente
avviene la strozzatura e la formazione di una vescicola endocitica, all’interno della quale si trova il virione, il pH
comincia ad abbassarsi (gli ioni H+ cominciano ad essere reclutati all’interno dell’endosoma) pertanto la forza ionica
all’interno della vescicola endocitica cambia rispetto all’esterno e le associazioni, non covalenti cominciano ad
allentarsi. La prima cosa che si stacca è la fibra, elemento tossico, e anche il pentone comincia a disassemblarsi.
Questo parziale disassemblaggio provoca un'alterazione della struttura dell’integrità della membrana dell’endosoma
che comincia a sfaldarsi e quindi a rompersi. L’endosoma si lisa, la membrana perde la sua continuità e il capside
parzialmente disassemblato penetra nel citoplasma, dove poi viene accompagnato da altri elementi del citoscheletro
fino ai pori nucleari. Lo spogliamento totale può avvenire a livello citoplasmatico o a livello della membrana nucleare,
questo dipende dalle componenti capsdiche che possono prendere contatto con delle componenti dell’endosoma o
delle componenti del citoscheletro che accompagnano il nucleocapside ai pori nucleari. Qui il DNA viene libera
all’interno del nucleo, diventando accessibile a quello che è il macchinario trascrittivo e replicativo della cellula ospite.

VIRUS CON ENVELOPE


I virus con envelope entrano attraverso un meccanismo di fusione perché il virus, oltre a dover liberare l'acido nucleico
e quindi renderlo accessibile liberandosi del capside, si devono liberare dal doppio strato lipidico. Ciò è possibile
attraverso un meccanismo di fusione di membrane, fra l’envelope virale ed una membrana cellulare che può avvenire
in due compartimenti:

- Membrana plasmatica: avviene quando i meccanismi


fusogenici non richiedono un'attivazione da pH, sono pH-
indipendente
- All'interno di vescicole endocitiche: potrebbero essere dei
meccanismi che oltre al legame fra l'anti-recettore virale e il
recettore cellulare possano richiedere ulteriori inneschi, come
una variazione di pH. Generalmente all'interno della cellula le
variazioni di pH si riscontrano comunemente all'interno di
endosomi, dotati di pompe di ATPasi, che pompano H+
all'interno della cellula. Gli endosomi maturi nella cellula sana
nella cellula che voi e sono caratterizzati da un pH più basso,
che consiste in un aumento di ioni H+. Questa diminuzione di
pH può essere l’innesco per l'attivazione di proteine fusogenica
del virus e per questo motivo la fusione dell’envelope virale e la
membrana plasmatica avviene in questo compartimento.

18
È un sistema misto. Senza evento di fusione il virus con envelope non libera il proprio capside all’interno della cellula
ospite.
La fusione di membrana è stata studiata, principalmente sui virus influenzale, è però un processo che riguarda
moltissimi processi biologici, neurosecrezione, fecondazione, processo di endocitosi, trasporto di vescicole di
membrana dal Golgi alla membrana plasmatica.
La fusione di membrana non è un processo che avviene spontaneamente perché le membrane sono fatte da doppi
strati lipidici, estremamente flessibili, quindi è molto difficile rompere le membrane, che avviene solamente se si riesce
a superare una barriera energetica che spontaneamente non è superabile. Questo evento deve essere catalizzato da
qualche elemento, nei virus tendenzialmente i catalizzatori della fusione di membrana sono delle proteine
fusogeniche, glicoproteine immerse nell’envelope virale, che hanno delle caratteristiche particolari, grazie alle quali
sono in grado di catalizzare la fusione di membrana. La fusione avviene con diversi meccanismi, nel tempo le modalità
sono state suddivise in varie classi (classe I, II, III, IV), tutte hanno un obbiettivo, quello di avvicinare le due membrane
per destabilizzare il doppio strato fosfolipidico e provocare il rimescolamento inizialmente dei foglietti esterni,
emifusione, si fonde solo metà del foglietti, e poi successivamente la destabilizzazione avanza fino a quando la
fusione non è completa e si ha l’apertura di un poro di fusione.
La fusione di membrana dev’essere finemente modulata nello spazio e nel tempo attraverso tre passaggi:

1. Riconoscimento di un recettore cellulare ad opera di una glicoproteina virale


2. L’innesco della fusione
3. Esecuzione della fusione.

Ci concentriamo sulle gliproteiene di fusione di classe I che sono le più comuni e le più studiate, questo processo è
basata su un meccanismo di Hairpining, aggancio di membrane: la proteina virale viene attivata da un segnale, che
può essere il riconoscimento del recettore o un abbassamento di pH. Queste proteine presenti sulla membrana sono
presenti in forma trimerica.
Principi molecolari della fusione virale, che
interessano in senso lato tutti i meccanismi
di fusione, sono mediati da glicoproteine
fusogeniche che protrudono dall’envelope.
Le proteine sono diverse, codificate da
virus con genoma diversi, con cicli
applicativi diversi, una filogenesi diversa,
hanno però un'organizzazione comune
conservata perché questa organizzazione è
quella che assicura la loro funzione. Sono
generalmente sintetizzate come dei
precursori più lunghi che poi vengono
tagliati mediante un meccanismo di
proteolisi da una proteasi in due segmenti, che generalmente vengono comunque tenuti insieme da ponti di solfuro,
che sono la testa globulare, quindi un segmento amino terminale ed uno stelo che si libera al termine del taglio,
rappresentato da una serie di domini funzionalmente conservati. Abbiamo una nuova estremità N-terminale,
rappresentata da FP (fusion peptide), 25-30 amminoacidi estremamente idrofobici, che aggancia la membrana
giustapposta determinadone un’invaginazione, seguito da
una serie di domini, chiamati HR (Heptad repeat) ripetizioni
di 7 amminoacidi che hanno la caratteristica di formare delle
eliche coiled-coil (superavvolta, 6 eliche), seguiti dal
segmento transmembrana. Il taglio, ad opera di proteasi
specifiche, può avvenire o durante il percorso di esocitosi o nel virione già formato.Nella fase di riposo la proteina ha
la formazione tipica della spike, con una testa globulare e uno stelo che la ancora alla membrana, nel momento in cui
queste glicoproteine legano il recettore si attuano dei cambiamenti conformazionali, per cui la porzione del peptide di
fusione che prima era nascosta all’interno viene estruso, va ad agganciare la membrana della cellula. Si ha quindi un
ripiegamento a livello del segmento che si interpone fra le due HR, permettendo alle due HR di avvolgersi a elica
superavvolta, 6 eliche. Questa superelica trascina le membrane, avvicinandole fino a farle fondere. Questo è il
meccanismo che sottende la fusione di membrana di tutti i virus che presentano glicoproteine fusogeniche di classe I
e intervengo nella fusione di molti virus comuni: proteina HA dell’Influenzavirus, l’Env dei Retrovirus, la proteina
GP160 dell’HIV la proteina Spaike dei Coronavirus, la proteina F in coppia con HN dei Paramyxovirus e la
glicoproteina dei Filovirusche.

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MECCANISMI DI FUSIONE VIRUS-CELLULA DEL VIRUS INFLUENZALE
Il virus influenzale è il prototipo dei virus, provvisti di envelope che entrano
all’interno della cellula per endocitosi all'interno mediata da recettore (il primo
step è quindi il riconoscimento del recettore) con la formazione dell’endosoma,
al cui interno si ha un innesco dovuto alla variazione di pH, che portano dei
cambiamenti conformazionali, che terminano con la fusione dell’envelope
virale con la membrana dell’endosoma, e il rilascio del nucleocapside
all’interno del citoplasma. Il virus influenzale e a RNA, singolo filamento a
polarità negativa, con genoma segmentato, 8 segmenti che codificano per più
di 10 proteine. I genomi sono complessati con delle proteine capsidiche, che si
chiamano RNPs (Ribonucleoproteine, sono associati anche a delle proteine
enziamtiche, PA, PB1, PB2, le polimerasi virali. Questo genoma è complesso
stipato all’interno del virione, cementato da una proteina di meatrice M1 che
legano le ribonucleoproteine. La membrana del envelope contiene tre proteine

 HA (emoagglutinina) lega in sé le 2 funzioni: anti-recettore, riconosce il recettore e proteina fusogenica. Il


recettore per questo virus è l’acido sialico, zucchero, legato alle estremità delle catene glucidiche dei carboidrati,
galattosio. È presente in moltissime cellule, ma fa parte anche di tutti i composti che contengono zuccheri, come il
muco che riveste l’epitelio respiratorio. Infatti il virus influenzale si trasmette per via aerea ed ha come tropismo le
cellule dell’epitelio superiore rivestite da muco, che contiene il recettore. Proteina più studiata, la prima ad essere
cristallizzata, ed è il prototipo delle glicoproteine di fusione di classe I.
HA viene sintetizzata da un grande
precursore (HA0) che viene attivata da un
taglio proteolitico che riconoscono delle
sequenze con senso, che tagliano il
precursore in 2 frammenti, HA1 (testa) e
HA2 (stelo). Nello stelo viene quindi liberata
l’estremità –NH2 contenente il peptide di
fusione (altamente idrofobici), che rimane
però immerso all’interno del trimero. Il
taglio, ad opera di proteasi specifiche, può
avvenire o durante il percorso di esocitosi o
nel virione già formato.
 NA (neuroamminidasi) che taglia stacca i residui di acido sialico dalle catene glucidiche, permettendo al virus di
aprirsi un varco nello strato di muco che riveste l’epitelio; permette la diffusione dei virioni neoprodotti dalla cellula
ospite, impedendo che rimangano intrappolati dall’acido sialico presente sulla superficie cellulare.
 Proteina M2, una proteina canale, tetramerica, che ha delle eliche anfipatiche, con dei domini idrofilici all’interno e
idrofobici all’esterno, è quindi in grado di formare dei canali ionici. Ci sono anche delle proteine non strutturali NS 2

Le proteine dell’envelope sono le prime che il sistema immunitario vede, e sono quindi le prime verso cui verranno
prodotte degli anticorpi, che se vanno a bloccare il sito di riconoscimento del recettore o dei domini importanti per la
funzionalità delle proteine, sono anche in grado di bloccare il ciclo replicativo. Questi anticorpi vengono chiamati
anticorpi neutralizzanti. Inoltre le proteine dell’envelope o anche le proteine del capside, perché sono altamente
immunogene, capaci di scatenare una risposta immunitaria con la formazione degli anticorpi, è proprio per questo
sono anche utilizzate come componenti vaccinali o in forma ricombinate o in forma purificata, in quei vaccini che
mantengono la caratteristica immunologa della molecola, senza però essere associati a nessuna pericolosità
(virulenza o patogenecità). Il legame al recettore, permette l’invaginazione e l’internalizzazione della particella virale
che si ritrova all’interno dell’endosoma, nel quale avviene la diminuzione del pH
che induce i cambiamenti conformazionali in HA che innescano l’attività
fusogenica, fusione fra l’envelope virale e la membrana plasmatica, ma
contemporaneamente, il gradiente di pH attiva la proteina canale M2, che lascia
passare ioni H+ all’interno della particella, rendendo più lassa l’associazione fra le
nucleoproteine e l’acido nucleico. Quando è completata la fusione tra l’envelope
virale e la membrana endosomiale, le nucleoproteine sono liberate nel citoplasma,
si attiva la dissociazione del capside. HA è fortemente dipendente dal pH: nel
momento in cui il virione si trova all’esterno in una fase extracellulare, il peptide di
fusione è nascosto, ma momento in cui il recettore è riconosciuto dalla proteina, il
virus viene internalizzato, e si trova all’interno dell’endosoma, a pH acido, qui HA 1,

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la testa gòlobulare si allontana, si stacca, da HA 2 e le eliche ripiegate nello stelo si distendono e il peptide di fusione
viene estruso all’esterno.

MECCANISMI DI FUSIONE VIRUS-CELLULA HIV.


L’HIV (Human Immunodeficiency Virus) viene utilizzato
come prototipo dei virus che determinano la fusione della
membrana plasmatica.
L’HIV è un retrovirus provvisto di envelope e sul suo
envelope ha una proteina fusogenica di classe I che si
chiama GP160 ed in generale questa proteina viene definita
ENV per tutti i retrovirus.
La proteina fusogenica è un trimero, suddivisa in una testa
globulare (gP120), dove troviamo i siti di legame per il
recettore, tipico dei linfociti helper, CD4, espressa sui
linfociti e sui macrofagi, legata ad uno stelo (gP41 che
corrisponde alla porzione fusogenica quindi il peptide di
fusione si trova qua).

E’ una proteina di classe I quindi viene sintetizzata come


un unico precursore GP160 e viene tagliata mediante un
taglio proteolitico in gP120 e gP41 (testa e stelo).
gP120 e gP41 mediano l’ingresso di HIV nella cellula
ospite quindi danno l’avvio al ciclo replicativo. Il taglio
proteolitico libera lo stelo, quindi libera lo stelo, libera il
peptide di fusione, che nello stato di riposo rimane
compresso all’interno dello stelo, che però nel momento
della fusione si innesca.
Nell’ectodominio sono contenute delle sequenze chiamate
costanti e delle sequenze variabili, importanti per i
meccanismi di fusione.
SP: Signal Peptide FP: Fusion protein HR: Heptad repeat
TMD: Transmembrane domain MPER: Membrane
Proximal External Region C: Constant domains V: Variable
domains
Il ciclo replicativo dell’HIV è complesso, richiede
l’intervento di due molecole recettoriali diverse che non
sono recettori alternativi (o l'uno o l'altro) ma agiscono
sequenzialmente in sinergia.
gP120 lega il recettore cd4 presente su alcune cellule del sistema immunitario, questo legame è necessario ma non
sufficiente alla penetrazione del virus, induce un cambiamento conformazionale della testa globulare che espone il
dominio V3 prima nascosto che è in grado di legare un secondo recettore detto co-recettore, una molecola che nelle
cellule ha una funzione di recettore per le chemochine. È una molecola altamente idrofobica a 7 domini
transmembrana. I recettori per le chemochine possono essere di 2 tipi: CCR5 e CXCR4 (la doppia C significa 2
cisteine che possono trovarsi vicine o separate X) e sono presenti sulle cellule linfocitarie, in particolare CCR5 è
presente maggiormente sui macrofagi, mentre CXCR4 è maggiormente presente sui linfociti T. Una volta legato anche
il co-recettore che sia uno o l'altro dei
due si scatena un ulteriore cambiamento
conformazionale che attiva il peptide di
fusione che viene estruso quindi le eliche
che prima erano ripiegate si distendono.
Il peptide di fusione aggancia la
membrana plasmatica e a questo punto
c'è un nuovo cambiamento
conformazionale che fa ripiegare questo
dominio cerniera e permette il
ripiegamento delle due HR1 e HR2 su se
stesse avvicinando le due membrane
tirale e innescando la fusione.

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21.05.2020
IL CICLO REPLICATIVO DEI VIRUS

La replicazione del genoma virale può avvenire o


nel nucleo o nel citoplasma a seconda delle
caratteristiche del virus.
Quando la progenie virale infettante si è costituita
all'interno della cellula ospite deve affrontare un altro
problema che è quello di liberarsi all'esterno perché
solo dall'esterno potrà dare origine ad un altro ciclo
replicativo che permetterà la propagazione della
specie.
Ci sono dei requisiti (fasi) attraverso cui la cellula
condiziona la replicazione del virus:

1. Trovare e entrare in una cellula ospite: in


quanto parassiti obbligati, i virus devono trovare
il giusto tipo di cellula per la loro replicazione, la
devono invadere e portare il proprio genoma al
giusto sito di replicazione.
2. Sintetizzare proteine virali: tutti i virus sono
parassiti per la traduzione, perché non contengono nella loro struttura i ribosomi, per la traduzione
dell’informazione genetica dall’mRNA a proteina. Per ciò il virus deve produrre mRNA (a meno che non sia già a
ss(+)RNA), devono esistere precise strategie di produzione di RNA Messaggero virale.
3. Sintetizzare genomi virali: replicare il proprio genoma, che sia a DNA o a RNA, e molti genomi virali sono copiati
a partire dagli enzimi replicativi della cellula che possono agire in cooperazione con altre proteine virali o con altre
proteine cellulari. Ciò dipende dalla capienza codificante del virus, genomi molto grandi possono contenere un
numero di geni molto ampio, tra cui gli enzimi replicativi. Quanto più un virus è grande tanto meno deve
dipendere dalla cellula ospite
4. Produrre progenie virale: il genoma virale, le proteine del capside e dell'envelope devono essere trasportate
attraverso la cellula fino al sito di assemblaggio. La corretta informazione per l'assemblaggio deve essere quindi
programmata in anticipo.
5. Diffondere all'interno di un ospite e da ospite a ospite: per assicurarsi la sopravvivenza il virus deve propagarsi in
nuove cellule. Meccanismi di uscita del virus, per potersi trasmettere da una cellula a un’altra.
6. Superare le difese dell’ospite: l'ospite è in grado di distinguere il proprio e difendersi dal non proprio, i virus hanno
evoluto delle strategie per combattere queste difese.

La cellula degli eucarioti (anche nella cellula procariotica ma ci concentriamo sulla prima) è caratterizzata da una
proprietà che riguarda il flusso dell’informazione genetica, flusso unidirezionale, che parte dal DNA ed arriva alle
proteine passando per l’RNA. È anche rappresentato da un flusso di enventi.
(Dogma centrale della biologia molecolare: DNA → trascrizione → RNA → traduzione → proteine).
Per la cellula eucariotica queste funzioni sono strettamente compartimentalizzate: nel nucleo avvengono le funzioni
replicazione e di trascrizione mentre la traduzione avviene nel citoplasma e quindi ci saranno tutta una serie di
meccanismi che permettano questa comunicazione tra i vari compartimenti. L’mRNA deve essere trasportato nel
citoplasma, dovrà prendere contatto con delle molecole che permettano di veicolare l’RNA dal nucleo al citoplasma, e
così via. Nel nucleo troviamo tutti quegli enzimi replicativi come la DNA-polimerasi DNA-dipendete che permette la
replicazione del genoma cellulare, i mattoni della replicazione e della trascrizione, i deossinucleoside trifosfato, o gli
enzimi trascrittivi come l’RNA polimerasi, in grado di trascrivere un filamento di RNA a partire da uno stampo di DNA.
La quasi totalità dei virus con genoma a DNA replicano nel nucleo, perché hanno un genoma simile a quello della
cellula ospite e possono semplicemente sfruttare le strutture cellulari della cellula, con l’eccezione dei Poxvirus che
sono talmente autonomi, hanno la capacità di codificare talmente tanti geni e tanti enzimi replicativi, che possono
permettersi di replicare nel citoplasma, dipendono comunque dalla presenza di ribosomi per la traduzione. Al contrario
i virus con genoma a RNA, nel citoplasma, devono trascrivere un messaggero a RNA quindi hanno bisogno di
un’RNA-polimerasi RNA-dipendente che la cellula non ha (la cellula normalmente possiede un’RNA-polimerasi DNA-
dipendente) e quindi tutti i virus a RNA codificano un proprio enzima RNA-polimerasi RNA-dipendente.

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Il messaggero, delle cellule viene prodotto nel nucleo, quindi i virus
vogliono codificare un mRNA messaggero che assomigli a quello
prodotto nelle cellule eucariotiche si deve adattare a certi requisiti.
La struttura dei geni eucariotici è abbastanza caratteristiche, sono
geni singoli, ciascuno caratterizzato da un proprio promotore, che
promuove la trascrizione. Il promotore è una sequenza di DNA
conservata nella quale deve andare ad alloggiarsi l’RNA polimerasi
2, in modo che possa iniziare a trascrivere il filamento subito a valle
del promotore. Il filamento a valle è costituito a sequenze, che
corrispondono a sequenze che vengono espresse (esoni), vengono
tradotte in proteine, intervallate a sequenze che non vengono
espresse (introni). Nelle cellule eucariotiche l’mRNA, che viene
trascritto subisce una serie di modificazioni, post-trascrizionali, che
portano alla formazione di un mRNA maturo, le sequenze
inespresse vengono eliminate mediante taglio in punti specifici, splicing, inoltre viene aggiunto un cappuccio 5’ (CAP
5’), modificazione chimica, una 7-metilguanosina, che si lega al residuo 5-terminale della catena, serve a posizionare
in maniera corretta l’RNA sui ribosomi in modo che le subunità ribosomiali 40s e 60s si possano associare nella
maniera ottimale e possano iniziare scansionare RNA fino a quando non trovano lo start codon e iniziano a tradurre il
messaggero in proteina e un’aggiunta di una coda di tante adenina polyA, all’estremità 3’. Negli eucarioti è
monocistronico, codifica per un solo gene, mentre nei procarioti sono policistronici.
I virus che vogliono sfruttare il macchinario biosintetico della cellula devono adattarsi a questi requisiti, devono
produrre degli mRNA che siano simili, strutturalmente o funzionalmente, inoltre il virus deve competere con gli altri
messaggeri cellulari, competere con le esigenze della cellula. I virus che codificano per proprie proteine devono
trascrivere mRNA leggibili dai ribosomi, o adattandosi e simulando una struttura analoga o producendo delle strutture
proprie in grado di interagire con i ribosomi e non solo di legarsi ad essi.

Quindi fondamentalmente, i virus


indipendentemente dal loro genoma (a DNA,
a RNA…) devono trascrivere un mRNA
leggibile dai ribosomi della cellula, si mette
in evidenza il ruolo centrale dell’mRNA,
fulcro dell’espressione genica del virus.
Questo ruolo centrale del mRNA è stato
evidenziato da Baltimore, scoprì anche al
trascrittasi inversa..
Baltimore propose una classificazione,
tuttora utilizzata, denominata classificazione
Baltimore. È una classificazione funzionale,
perché permette di suddividere i virus in 7
classi, raggruppate in base alla natura del
loro genoma. In base al tipo di genoma,
possiamo prevedere la modalità di
produzione dell’mRNA, e ci permette di
prevedere quale sarà la strategia di
replicazione dei virus.
La quasi totalità dei virus con genoma a
DNA replicano nel nucleo, perché hanno un genoma simile a quello della cellula ospite e possono semplicemente
sfruttare le strutture cellulari della cellula, con l’eccezione dei Poxvirus. Per i virus a RNA possiamo distinguere:

 Virus a singolo filamento a polarità positiva: il genoma del virus ha la stessa polarità del mRNA. Il primo evento
della sua replicazione è la traduzione di questo mRNA, il genoma, per dare origine a una grande proteina, da cui
sarà espressa l’RNA polimerasi RNA-dipendendente
 Virus a singolo filamento a polarità negativa: la polarità del virus non corrisponde al messaggero, pertanto questi
virus, sono costretti a portare con loro, la propria RNA-polimerasi RNA-dipendente
 Retrovirus: utilizzano la trascrittasi inversa, enzima, in grado di copiare un filamento di RNA, in un duplice
filamento di DNA è una DNA-polimerasi RNA-dipendete. Si ottengono degli intermedi replicativi a DNA a doppio
filamento che si comporta come un gene cellulare, può essere trascritto da RNA-polimerasi cellulari.

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Gli RNA messaggeri virali tradotti nei ribosomi devono competere con quelli cellulari, i virus hanno elaborato strategie
diverse per inibire la replicazione del DNA cellulare, eliminare la competizione per gli enzimi nucleare, per bloccare la
sintesi proteica cellulare, eliminare la competizione a livello dei ribosomi, in modo da convogliare gli apparati di
trascrizione e traduzione per l’espressione dei geni virali. Eliminando la trascrizione cellulare, eliminando la
replicazione del DNA, eliminando la sintesi di proteine della cellula, le funzioni cellulari si spengono. L’insieme
dell’inibizione viene chiamato SHUT-OFF.

Virus a DNA (Adenovirus, Papilomavirus, Herpes simplex) hanno un genoma simile a quello della cellula, quindi
vengono trascritti e replicati come geni cellulari dalla RNA e DNA polimerasi DNA dipendente nel nucleo (eccezione
Poxvirus). La replicazione può avvenire o tramite la DNA-polimerasi della cellula, oppure i virus più grandi come
Herper simplex, si codificano una propria DNA-polimerasi DNA-dipendente. Siccome tutti devono usare l’RNA-
polimerasi 2 della cellula, i virus devono trovare dei sistemi per sottrarre il macchinario molecolare della cellula, e
trasferirlo su quello virale, i virus codificano per delle proteine TRANSATTIVANTI, proteine che vengono prodotte dal
virus, sintetizzate sui ribosomi nel citoplasma e poi attraversano la membrana nucleare, ritornano del nucleo, dove
vanno a reclutare fattori di trascrizione della cellula, oppure interagiscono direttamente o indirettamente con l’RNA-
polimerasi della cellula per reclutarla e favorirne il posizionamento sui promotori virali, anziché sui promotori cellulari.

Virus a RNA (influenza, poliovirus, HIV): devono codificare speciali enzimi per trascrivere l’RNA del genoma in RNA
messaggero (RNA pol RNA dipendenti) o l’RNA in DNA (trascrittasi inversa). Nei virus a RNAss (-) questi enzimi sono
contenuti nel virione come enzimi strutturali. L’RNA polimerasi RNA-dipendente virale, indispensabile per i virus a
genoma a RNA è un enzima infedele, non ha la capacità di correzione degli errori, quando trascrive un filamento di
RNA, trascrive aggiungendo nucleotidi complementari, seguendo l’informazione del filamento stampo, può compiere
degli errori, che possono consistere nell’inserimento di nucleotidi non perfettamente complementari. I virus a RNA
sono molto mutevoli, subiscono queste introduzione di mutazioni, con una frequenza di 10-3/ 10-4 (1 base sbagliata su
1000, 1 base sbagliata su 10000). Ad ogni generazione di virus a RNA si introducono tante mutazioni. I virus a RNA
non costituiscono mai una vera specie, una progenie tutti esattamente identici, ma la popolazione differisce l’uno
dall’altra, per la presenza di queste mutazioni. Queste mutazioni sono state conservate perché determinano un
vantaggio: mutando continuamente sfuggono al riconoscimento del sistema immunitario. I virus infettano l’uomo,
inducendo una risposta immunitaria, con la produzione di anticorpi, che andrebbero ad annientare il virus, ma questo
cambia continuamente e gli anticorpi non lo riescono a riconoscere. Per questo motivo virus come l’influenza, HIV,
epatite sino così difficile da curare. L’influenza la prendiamo tutti gli anni, perché il virus si ripresenta con una faccia
diversa
Oltre alla trascrizione i virus devono anche replicare il
genoma, moltiplicarlo, farne copie identiche. A seconda dei
tipi di genoma ci sono meccanismi diversi. Ci sono dei
meccanismi che vengono chiamati cerchio-rotanti o
meccanismi con una divisione simili al cromosoma batterico,
che viene chiamato modello θ.
A dispetto di questa grande varietà del tipo di replicazione,
c’è una norma comune: la replicazione di un acido nucleico
necessità di un innesco, di un primer, al quale vengono
aggiunti all’estremità 3’ i nuovi nucleotidi.
I nuovi nucleotidi che si aggiungono sono nucleotidi trifosfati,
e il legame fosfodistereo lega il fosfato in 5’ e l’idrossile in 3’

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La replicazione degli acidi nucleici avviene con una direzione 5’-3’. I virus devono munirsi di un innesco, pur avendo
una modalità di replicazione molto differente, tutti necessitano di un innesco.
Ci sono dei virus, Parvovirus, che hanno dei genomi, che terminano con un’estremità palindrome, ripetute e invertite,
formando dei loop, che servono a fornire l’estremità 3’ su cui si possono aggiungere i nucleotidi per formare la catena
nascente el filamento neoreplicato. L’innesco, nel poliovirus, è provvisto da una proteina VpG, che viene modificata in
maniera post-traduzionale, con l’aggiunta di un poli-U, viene uridilata, e la coda serve come innesco per la
replicazione del genoma. Oppure nei retrovirus, l’innesco viene dato, da un tRNA che viene rubato dal virus alla
cellula, durante la formazione della progenie virale precedente.

Le componenti del virus che sono state sintetizzate, componenti proteiche e strutturali del capside, le glicoproteine
che poi andranno ad essere inglobate nell’envelope e i genomi neoreplicati, si trovano in grande quantità nel
compartimento di replicazione, nucleo, citoplasma, vescicole, golgi…ecc. Questi componenti si devono assemblare, si
devono incontrare e riconoscere per strutturarsi in quella che è la particella virale. Dopo di che la particella può subire
delle modificazioni, non sempre le particelle virali, sono funzionali, infettanti, devono subire dei processi di
maturazione che solitamente sono dei processi proteolitici. Infine avvien la fuoriuscita della cellula.

 Le glicoproteine virali si
comportano in tutto e per tutto
come delle glicoproteine cellulari,
e seguono la via esocitica,
durante il percorso dal RER, al
Golgi cis – media –trans,
subiscono delle modificazioni
tipiche delle glicoproteine,
possono oligomerizzare,
acquisiscono le catene di carboidrati, semplici e poi complessi,
modificazioni proteolitiche (attivazione dell’emaglutinina), fosforilati,
acquisire gruppi acilici. Le glicoproteine andranno a localizzarsi in quello
che sarà il compartimento di gemmazione, dove il virus acquisirà la
membrana virale, l’envelope. La localizzazione delle glicoproteine virali
determina il sito di fuoriuscita del virus. Le code citoplasmatiche
prenderanno contato con le proteine della matrice che a loro volta grazie a
delle sequenze di riconoscimento e di associazione richiameranno le
 Le proteine strutturali si auto-assemblano vengono sintetizzati i singoli
componenti. Prima vengono sintetizzate le singole componenti del
capside, i monomeri della base del pentone, i protomeri, che si associano
a formare i pentoni, poi si associano con le componenti che andranno a
formare gli esoni. Anche se questa è una struttura complessa la spinta termodinamica porta queste componenti
ad associarsi tra loro a formare prima una particella vuota
 Poi viene stabilizzato dall’associazione con il proprio genoma. I genomi segmentati hanno sui geni delle
sequenze nucleotidiche che permettono il riconoscimento l’uno degli altri, per evitare l’associazione di virioni
anomali, con geni diversi, o la ripetizione di parti di esso

La presenza di questa piattaforma sulla membrana plasmatica


determinerà un’alterazione della curvatura, che spinge il virus a
fuoriuscire attraverso questo evento di gemmazione

25
I siti di gemmazione (gemmazione= processo con cui i virus si
provvedono dell’envelope) possono essere diversi e dipendono da
dove si vanno a localizzare le glicoproteine dell’envelope. Ciascuna
avrà un segnale intrinseco che porta l’informazione per la
localizzazione. Ci sono dei virus che gemmano alla superficie della
membrana plasmatica, come il virus dell’influenza e il paramixovirus,
altri che gemmano alla membrana nucleare come herpes virus.
L’herpes virus gemma alla membrana nucleare poi tramite un
processo esocitico viene liberato comunque alla membrana
plasmatica. Altri virus gemmano in altri compartimenti, come il reticolo
endoplasmico, per alcuni coronavirus, altri dall’apparato del Golgi.
A seconda del virus da ogni cellula infetta si liberano dai 10 5 -106
particelle virali. Alcuni virus fuoriescono dalla cellula ospite ma non
sono ancora infettanti. Hanno una struttura indefinita dal punto di vista
funzionale. Richiedono un processo che prende il nome di
maturazione. Processo che serve a rimodellare il virione oppure
modifica sue componenti attivandone le proprietà biologiche.

Es. HIV retrovirus, in cui il gene GAG, codifica per


le proteine della matrice, del capside e alcune
proteine regolatrici, in una grande poliproteina.
Quando il virione esce dalla cellula ospite, le
componenti strutturali sono ancora organizzate in
maniera amorfa. La grande poliproteina non è
ancora stata tagliata, non è in grado di infettare le
altre cellule. Affinché possa infettare i virus, deve
intervenire la proteasi virale, che taglia le singole
componenti, che si organizzano a formare il
capside, proteine della matrice. Le proteine
dell’envelope sono tagliate da una proteasi
cellulare. Se non avviene questa maturazione il virus non è infettante. L’inibitore della proteasi che impediscono
questo processo di maturazione vengono utilizzati nella terapia farmacologica antiretrovirale.
Per sapere quanto virus si produce a ogni ciclo replicativo, si può misurare l’efficienza
replicativa di un virus studiandone la curva di crescita in cellule in cultura, possono
misurare, quantificare la quantità di virus presente o nel sopranatante, nel terreno di
cultura o all’interno delle cellule, a diversi virus, a seconda del ciclo replicativo del virus
(poliovirus 6h, citomegalovirus 24-48h, herpes 16h). A intervalli regolari vado a
misurare quantificare il numero di particelle infettanti che sono rilevabili nel terreno di
cultura, all’esterno, o all’interno della cellula oppure complessivamente e costruisco
una curva di crescita dal tempo 0 al tempo X. Indica la progenie viale che si produce
dopo un dato tempo dopo l’infezione. In ordina indichiamo la quantità di virus che si
misura in unità formate placca e in ascissa il tempo. Prossimo trovare la curva con un
inizio piatto o no, a seconda che andiamo a misurare il virus presente all’interno della
cellula o nel sopranatante o. Se noi misuriamo il virus nel terreno nel momento in cui aggiungiamo il virus, in quel
momento noi lo misuriamo e quando il virus entra nella cellula scompare è presente solo come materiale genetico, dal
quel momento non siamo in grado di vedere nulla, periodo latente. La fase latente può essere distinta in una fase di
eclissi e in una fase di maturazione. Se misuriamo il virus extracellulare la fase di eclissi definisce il momento in cu il
virus scompare, perché ha perso la sua componente strutturale ed è entrato nella cellula. Il virus sta iniziando il ciclo
replicativo. Il virus può essere conteggiato nuovamente una volta finito il ciclo
replicativo, avviene uno scoppio è la fase in cui il virus è rilasciato dalla cellula. Su
questa progenie prossimo fare il conteggio dei virioni e capire la resa virale. Durante il
ciclo replicativo si viene a produrre una progenie che è molto abbondante, di questa
solo una piccola parte è in grado di infettare, molti di questi sono virus difettivi, virus
che si sono assemblati in maniera non perfetta, non in grado di infettare le altre cellule.
Bisogna quindi quantificare bene perché il numero di virioni prodotti è il numero di
virioni infettanti che vengono prodotti, i rapporti sono molto alti.

26
INTERAZIONE VIRUS CELLULA
Il virus ha tanti momenti di interazione, nel momento in cui entra, prende contato con la membrana che si invaginano.
Il virione viene rilasciato nel citoplasma e può prendere contato con gli elementi del citoscheletro, e da proteine di
trasporto, che lo trasportano fino ai pori nucleari. Il virus può essere endocitato va a parasitizzare un compartimento
delle vescicole endocitiche, che nella cellula svolge altre funzioni. Quando il virus entra ci sono delle interazioni a
livello della SUPERFICIE CELLULARE, il virus utilizza dei recettori cellulari, che nella cellula hanno delle funzioni
specifiche. Potrebbero subire delle modificazioni, attivazioni.
Il virus entra per fusione alla MEMBRANA PLASMATICA, l’envelope virale con le sue glicoproteine virali si fonde con
la membrana plasmatica, che comincia ad arricchirsi di antigeni virali, di molecole estranee. Le cellule infette
potrebbero acquisire le capacità fusogeniche, fondersi con le membrane di cellule non infette. Il virus inoltre
determina un’alterazione della permeabilità di membrana agli ioni o altre molecole, a causa della discontinuità della
emmbrna, possono quindi penetrare maggiormente degli ioni. L’endocitosi e la gemmazione determina un’alterazione
della membrana.
Anche a livello del CITOPLASMA avvengono dell’alterazioni, i virus utilizzano tutti i macchinari e le
compartimentalizzazioni della cellula, abbiamo l’accumulo delle componenti virali, a volte si formano dei veri e propri
corpi di inclusioni. La progenie virali può essere avvolta da membrane e formare dei lattici che riempiono il
citoplasma, andando a sopraffare le funzioni della cellula.
Sono inoltre state osservate delle alterazioni a livello dei MICROTUBULI MICROFILAMENTI, quali la
depolimerizzazione della tubulina, componenti che servono a stabilizzare la struttura e la morfologia della cellula.
Queste componenti sono responsabili della morfologia della cellula, che in generale tende a rigonfiarsi o se è una
cellula in cultura a arrotondarsi e poi a staccarsi dal substrato, proprio perché perde l’integrità della componente
citoscheletrica.
I RIBOSOMI vengono utilizzati per la traduzione dei messaggeri virali a scapito dei messaggeri cellulari. Il virus per
poter favorire la propria replicazione e il metabolismo ha evoluto delle strategie per spegnere le sintesi
macromolecolare della cellula, inibisce attraverso un meccanismo detto shut-off, la traduzione delle proteine
molecolari, degrada i messaggeri cellulari. Tutto questo porta ad uno stress della cellula, che può indurre delle
segnalazioni che portano ad una risposta apoptotica. La cellula attaccata dal virus risponde suicidandosi, per questo
motivo i virus hanno evoluto delle strategie per contrastare la morte della cellula.
A livello del RER le glicoproteine virali seguono la via esocita, vi è quindi anche qui l’ingolfamento della sintesi delle
proteine.
A livello nucleare ci sono delle alterazioni del DNA cellulare, perché alcuni virus degradano il genoma cellulare per
ottenere dei mattoni di ribonucleotidi trifosfato, che possono servire alla sintesi delle componenti virali, si può
assistere a un’alterazione dell’organizzazione del DNA, come una dislocazione, alterazione della cromatina. Inoltre
all’interno del nucleo, se per caso il virus che infetta è a DNA riscontrremo una certa concentrazione di fattori
transattivanti del virus, che vanno ad interferire con la regolazione dell’espressione genica. Sono delle molecole che
reclutano fattori di trascrizione della cellula, fattori che attivano l’RNA-polimerasi posizionandolo sui promotori virali,
sottraendola alla cellula. Vi è anche l’inibizione della replicazione del genoma cellulare.

27
Tutto questo porta a una sofferenza della cellula che prende il nome di effetto citopatico. L’esito dell’infezione dipende
dal virus e dipende dalla cellula, ma anche dalla carica virale. Quando un virus entra ad una cellula ci possono esser
tanti esiti diversi:

 Non produttiva o abortiva: il virus non si replica; la cellula non è suscettibile o non permissiva
 Litica: il virus si replica; la cellula muore o perché scoppia o perché le alterazioni
sono talmente tante che viene sopraffatta dall’infezione virale
 Latente: il virus può infettare cellule non perfettamente permissive, e in quel casi
i virus permane nella cellula in uno stato silente, in cui non viene permessa
l’espressione genica, si riattiva saltuariamente (herpes simplex)
 Persistente: il virus si replica lentamente; la cellula non muore e il virus riesce a
perpetuare la sua specie in un lasso di tempo molto lungo (infezioni croniche,
epatiti). Inizialmente la replicazione non viene percepita, ma il continuo stimolo
immunitario, determina una reazione infiammatoria continuo, e soprattutto una
continua lisi e rigenerazione delle cellule.
 Trasformazione: il genoma virale infetta cellule non permissive, si ha
un’espressione parziale della capacità genica del virus. Si possono esprimere
solamente alcune proteine, e queste in qualche modo hanno la capacità di
interferire con il controllo del ciclo cellulare della cellulare. Questa infezione
parziale porta ad una deregolazione del ciclo cellulare della cellula infetta. I
sistemi di controllo del ciclo cellulare sono aboliti o deregolati e la cellula
continua a replicarsi in maniera anomala non più controllata dall’esigenze dei
tessuti circostanti. Potrebbe essere un primo step verso la trasformazione
neoplastica. Questi virus vengono chiamati oncogeni, correlati all’insorgenza di tumori

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25.05.200

COLTIVAZIONE E QUANTIFICAZIONE DEI VIRUS


Come si possono quantificare i virus e come si possono amplificare, coltivati.
Tecniche fondamentali che vengono utilizzate nella ricerca virologica. Ci sono due tipi di ricerca virologica:

 Ricerca di base: mira ad approfondire, illustrare, quelli che sono i meccanismi d’azione del virus, meccanismi
dell’ingresso, struttura del virus, come il virus si replica, come il virus interagisce con la cellula. Comprendere i
meccanismi molecolari del virus.
 Ricerca applicata: focalizza la sua attenzione su applicazioni precise, come l’allestimento di nuovi vaccini,
approccio terapeutico, trattando il paziente con farmaci. Tecniche diagnostiche sempre più rapide e precise.
Per la capacità dei virus di interagire con le cellule ospite e quindi di essere vettore di informazione genetica,
informazione che può essere indirizzata specificatamente verso cellule, mediate l’interazione ligando-
recettore, i virus possono essere utilizzati come vettori per la terapia genica, riparare dei difetti genici, oppure
nella terapia oncolitica, possono essere veicolati in maniera selettiva per riconoscere e distruggere cellule
tumorali. Nella vita del virologo, soprattutto quello che lavora in ospedale, è occupata dalla diagnostica
virologica molto importante perché permette di identificare un patogeno da un campione clinico nel modo più
rapido economico ed affidabile.

CULTURE CELLULARI
Per poter studiare i virus dobbiamo avere una quantità sufficiente di virus, dobbiamo amplificarli ed essere in grado di
fare degli esperimenti ripetibili, dobbiamo fare degli esperimenti con un numero certo di virus.
Per poterli coltivare dobbiamo rispettare le esigenze del virus: hanno bisogno di substrati viventi, le cellule vive
possono essere fornite da animali vivi, cavie, topolini, che servono da modello sperimentali. L’utilizzo di animali è
necessario quando si deve studiare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco, cose che non si possono trattare e
studiare completamente con altri sistemi. I virus possono crescere anche su uova embrionate di pollo, metodo di
elezione per la coltivazione del virus influenzale. La preparazione delle componenti virali per la preparazione dei
vaccini antiinfluenzale, si fa ancora inoculando il virus in uova embrionate. Le cellule in coltura hanno soppiantato le
due approcci precedenti e derivano da tessuti di organi espiantati, si distinguono in culture cellulari primarie e
secondarie che si possono mantenere solamente per pochi passaggi, perché invecchiano o muoiono oppure linee
cellulari immortalizzate, cellule originate da una deregolarizzazione del ciclo cellulare. Sono cellule capaci di crescere
in maniera illimitata, sono scelte per la coltivazione dei virus, perché crescendo in maniera indefinita sono facilmente
maneggevoli. Le culture primarie derivano da un tessuto o da un organo che viene sminuzzato e tagliato con un
bisturi, trattato meccanicamente, ma poi viene trattato chimicamente attraverso la dissociazione proteolitica, con una
proteasi, la tripsina, che scinde anche i legami di alcune componenti del collagene, di proteine che tengono insieme le
cellule le una con le altre, e con la EDTA, sottrae gli ioni positivi, favorendo la dissociazione delle cellule. Si tiene alla
fine cellule singole, che vengono seminate all’interno di un contenitore, una fiaschetta, una piastra, con l’opportuno
terreno nutritivo e cominciano a duplicarsi. Sono cellule che per la maggiore parte crescono in adesione, ma possono
crescere ance in sospensione. Fino a quando a seguito della moltiplicazione non si forma un monostrato confluente.
La fiaschetta è piena, le cellule smettono di duplicarsi, smettono di duplicarsi, perché subiscono inibizione da contatto.
A quel punto si tripsinizano e si trasferiscono diluite in una fiaschetta di terreno fresco, in questo modo si ottengono
delle culture secondarie. Queste culture secondarie possono subire al massimo alcune decine di passaggi, dopodiché
muoiono, a meno che non subiscano dei processi di immortalizzazione. Il processo di immortalizzazione è multifasico
e multifattoriale: dipende dall’accumulo di diverse mutazioni che dereglarizzano il ciclo cellulare. Queste cellule
possono trasformarsi in linee immortalizzate, sono cellule che crescono in maniera infinita. Vengono chiamate linee
cellulari continue. Possono derivare anche dall’espianto di tessuti tumorali.

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Grafico curva cellulare cellulari. Le
cellule crescono ci sono un certo
numero di subcolture tripsinizzo la
cultura e la passo in altre vaschette
dove diluisco la cultura. Amplifico
così la mia linea cellulare. Dopo un
certo numero dio passaggi, le cellule
sono talmente invecchiate che
muoiono, a meno che non si
immortalizzano. In laboratorio si
utilizzano delle line cellulari continue,
a meno che il virus che si sta
studiando non abbia particolari
esigenze.
Non tutti i virus si riescono a coltivare
in laboratorio.

Le linee cellulari continue sono derivate da colture secondarie che hanno subito modificazioni che conferiscono loro la
capacità di replicarsi indefinitamente. Possono avere delle manifestazioni fenotipiche differenti. Ci possono essere
delle alterazioni:

 Nella morfologia: perdita o comparsa di antigeni specifici, recettori


 Nella fisiologia: minori esigenze nutrizionali, perdita dell’inibizione da contatto.
 Nel corredo cromosomico della cellula: aneuploidia, poliploidia, eteroploidia etc

Le linee cellulari derivano da una


molteplicità di tessuti, quelle più usate
derivano da cellule renali di scimmia o di
cavia (Vero, BHK) o da cellule cancerose
(HeLa, Hep2, etc). Possono crescer in
monostrato o in sospensione

Le cellule da sole non possono crescere i hanno bisogno di un terreno di coltura che fornisca i metaboliti, i fattori di
crescita come: zuccheri, aminoacidi, vitamine, sali minerali (Na, K, Ca, Mg etc). È un terreno molto ricco dove
possono crescere sia i batteri sia le cellule, per questo è molto importante addizionarlo di sostanze antibiotiche o
antifungine che ti prevengano la contaminazione batterica. Un'altra caratteristica è che questo terreno deve essere
isotonico, deve avere la stessa osmolarità delle cellule e un pH costante, Se contiene pochi sali o troppi sali la cellula
si rigonfia oppure si restringe, comunque sì deforma e muore.
Il pH viene controllato periodicamente grazie alla presenza di indicatori colorimetrici, sostanze come rosso fenolo che
cambiano colore a seconda del pH e quindi visivamente ci permettono di monitorare continuamente che il pH sia
appropriato.
Le cellule possono crescere in adesione o in sospensione, che viene sempre agitata mediante un agitatore magnetico
In modo tale che le cellule non si depositano sullo sfondo non si accumulino le cellule stesse, ma anche pe evitare che
le sostanze tossiche di rifiuto non si concentrino in pochissimo volume.
Si possono utilizzare a seconda delle necessità e delle finalità delle piastre particolari per la cultura cellulare come
piastre Petri classiche da 10 cm oppure se vogliamo analizzare diversi campione in uno stesso vassoio possiamo
usare campioni multi-pozzetti che possono contenere da 4, 6, 12, 24, 48 fino a 96 pozzetti.

30
Quindi se vogliamo fare degli esperimenti con tanti campioni in duplicato li possiamo fare utilizzando questi campioni
che ci permettono devi seguire visivamente l'infezione o di ottenere delle repliche dello stesso esperimento senza
variare le condizioni quindi all'interno di un supporto. Ci sono delle fiasche che gradualmente possono essere sempre
più grande hanno delle superfici variabili che possono andare 25, 75, 150, cm2 o addirittura delle bottiglie che vengono
disposte su agitatore rotanti in modo tale che ruotando il terreno di cultura lambisca tutta la superficie amplificando la
superficie di cultura della cellula, in questo caso anche del virus che vogliamo inoculare nelle cellule, utilizzando una
quantità minima di terreno.
Le cellule crescono a 37°C o in incubatori provvisti di una miscela ti gas appropriati oppure a delle vere e proprie celle
calde.

AMPLIFICAZIONE DEL VIRUS


L’amplificazione del virus si ottiene inoculando il virus sull’opportuno substrato cellulare, ovviamente le cellule devono
essere suscettibile e permissive e poi
andiamo ad osservare a tempi definiti
dopo l'infezione se c'è l'effetto citopatico,
che dipenderà dal tipo di virus. L’effetto
citopatico più comune si manifesta
attraverso un arrotondamento e un
distaccamento delle cellule infette
perché si viene a scompaginare
l’assetto del citoscheletro della cellula.
NI= cellula non infetta. A 30 minuti
dall’infezione compaiono dei pallini,
cellule arrotondate, che stanno
perdendo la propria morfologia, sono
cellule infette. Nel frattempo il virus esce
dalle cellule e infetta le cellule
circostanti, si libera del sopranatante
andando ad infettare altre cellule.
Ad 8h la maggior parte del monostrato è
già distrutto a 24h non vediamo più
niente.
L’effetto citopatico può essere evidenziato al microscopio ottico, seguendo e monitorando l’alterazione morfologica
delle cellule, oppure attraverso l’evidenziazione di sincizi, se è un virus che codifica delle proteine fusogeniche. Può
determinare la fusione di cellule infette con cellule non infette, così la formazione di sincizi, grandi cellule polinucleate.
Non tutti i virus che entrano per fusione sono sincizio-geni. Possiamo evidenziare le cellule infette marcandole con
anticorpi fluorescenti, che riconoscono strutture particolari del virus, e quindi andando a controllare il monostrato con
un microscopio a fluorescenza. Quando vediamo che l’effetto citopatico è massimo, tutte le cellule sono infette, allora
a quel punto possiamo raccogliere da nostro contenitore, tutte le cellule e il sopranatante, in modo da raccogliere sia il
virus intracellulare sia quello extracellulare e ultracentrifugare il tutto, in modo da ritrovarci il virus e le cellule infette
sotto forma di detriti nel pellet. Se vogliamo avere una purificazione maggiore lo centrifughiamo su un gradiente di
saccarosio, o su un gradiente di ficoll, su un gradiente di una sostanza più densa, visualizziamo la parte più opaca del
tubo, con una siringa facciamo un prelievo, preleviamo la nostra fase, arricchita dei virioni.
I virioni a seconda del coefficiente di sedimentazione saranno separati da altri detriti cellulari, membrane plasmatiche,
organelli e quindi saranno molto più purificati. Passiamo da litri di sospensioni a pochi millilitri, i virioni sono piuttosto
concentrati e quini possono esser utilizzati per gli studi: una caratterizzazione biochimica e funzionale, studiare le
caratteristiche chimico-fisiche, le caratteristiche infettanti, studiarne la morfologia di placca, analisi sierologiche, isolare
il DNA e sequenziarlo, per compiere delle anali genetiche per costruire alberi filogenetici, oppure studiare la biologia
molecolare. In base alla sequenza si può prevedere la frequenza di alcune sequenze geniche e quindi di alcune
proteine. Dalla coltivazione otteniamo uno stock di virus che possiamo congelare, otteniamo in una quantità sufficiente
lo aliquotiamo, per far si che per le future analisi partiamo dallo stesso materiale. Non basta dobbiamo sapere quanto
è stata buona la nostra preparazione.

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TITOLAZIONE VIRALE
Possiamo avere delle preparazioni che ci portano ad una resa molto alta, altre basse, dobbiamo essere in grado di
distinguere il successo del nostro lavoro. Dobbiamo quantificare la nostra sospensione: stabilire quante particelle virali
sono presenti all’interno del nostro campione. Possiamo farlo attraverso un procedimento che viene chiamato
titolazione virale, che avviene attraverso diversi metodi, noi ne affrontiamo due eli divideremo attraverso una
discriminazione funzionale:
 Metodi che permettono di quantificare il numero delle particelle virali presenti in una sospensione basandosi sulle
proprietà chimico-fisiche del virus, considerando il virus come una particella inattiva, materiale inerte. Misura tutte
le particelle virali presente indipendentemente che siamo infettanti o meno, attive o meno.
 Metodi che misurano le proprietà biologiche, la loro capacità di infettare la cellula. Proprietà del virus di compiere
un ciclo replicativo, misura solo le particelle infettanti, trascura le particelle difettive.
CONTA AL MICROSCOPIO ELETTRONICO, non tanto utilizzata. Per
effettualo, innanzitutto dobbiamo avere un riferimento quantitativo,
osservando il campione al microscopio elettronico, devo sapere he volume
sto osservando, dato che la concentrazione si misura sempre unità di
particelle /volume. Per definire il volume in osservazione, corrispondente al
campo visivo aggiungo a un volume noto del mio campione una quantità
nota di palline di polistirene o lattice, ottengo così un riferimento quantitativo
per unità di volume (per es.10 palline / μl). Questo mi serve a capire quanti
microliti sto osservando nella mia griglia, perché dal numero delle sfere
contate (5) posso risalire al volume corrispondente al campo di osservazione (0.5 μl). A questo punto conto le
particelle virali, sono circa una 30 entina, contenuti in 0.5 μl, = 60/ μl = 60.000 /ml = 6x10^4/ ml. Non possono
distinguere se queste particelle sono virus difettivi, capsidici incompleti, non so quanti saranno in grado di compiere un
ciclo replicativo infettante. Le sospensioni devono essere omogenee, per essere piiù sicuri si fanno dei duplicati,
quadruplicati, si fa quindi un’analisi statistica dell’affidabilità del dato

TITOLAZIONE PER PLACCA, tecnica introdotta da Doulbecco


negli anni 50. Questo metodo è il metodo di elezione attuale
per la conta dei virus infettanti nei laboratori virologici. Metodo
molto sensibile, molto accurato, altamente riproducibile,
utilizzabile sia per virus animali sia per batteriofagi. A la
particolarità di permettere la conta delle sole particelle
infettanti, non rileva virus inattiva.
Si allestiscono delle diluizioni seriali, della sospensione madre,
perché non sappiamo quanto virus abbiamo nel campione.
In parallelo allestiamo un numero corrispondente ai tubi diluiti
delle piastre contenenti cellule in adesione permissive e
suscettibili. Dopo di che inoculiamo ciascuna diluizione nella
piastra corrispondente, lasciamo un tempo appropriato, dopo di che preleviamo l’inoculo, togliamo tutto il virus che
avevamo inoculato, in modo tale che rimanga adeso alle cellule il virus che si è assorbito. Rimettiamo del terreno
fresco, aggiungiamo del terreno che sia denso, o che contenga sostanze addensati come la metil-cellulosa oppure un
terreno agarizzato, in alternativa possiamo mettere un terreno che contenga degli anticorpi monoclonali che vanno a
bloccare gli antirecettori, anticorpi neutralizzati, bloccano l’infettività dl virus, bloccano l’interazione fra la proteina virale
e il recettore. Questo procedimento serve ad immobilizzare o inattivare chimicamente i virioni che fuoriescono dalle
cellule infette (progenie virale) impedendo loro di reinfettare altre cellule e produrre foci di infezione secondaria. I
virioni della progenie possono quindi infettare solo cellule adiacenti (diffusione cellula-cellula) dando origine ad aree
litiche (placche di lisi) o lesioni evidenziabili in vari modi. Dopo un certo periodo di tempo si osserveranno delle aree
necrotiche, placche di lisi, visibili anche a occhio nudo. Il numero delle
placche sarà inversamente proporzionale alla diluizione, quanto più il virus è
diluito tante meno placche formerà. Possiamo contrae le placche e
possiamo derivare il titolo virale moltiplicando il numero delle placche
contate per il fattore di diluizione. Questo titolo viene espresso con un’unità
che viene chiamata PFU/ml.
Le placche di lisi sono aree necrotiche dovute alla diffusione radiale del
virus, cellula. Il virus si diffonde nelle cellule in maniera radiale perché abbiamo messo un terreno denso che inibisce il
virus, che impedisce al virus di diffondersi da una cellula all’altra attraverso il terreno. Per virus litici si presentano
come aree in cui le cellule sono morte o completamente distaccate, per virus non citolitici può essere evidenziato
l’effetto citopatico.

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Le placche le andiamo a contare in una piastra dove il numero è significativo, non
troppo alto, le placche sono confluenti, non sappiamo se una placca è derivata da
un singolo virione o da più placche che si sono unite, né dove le placche sono in
numero troppo basso, non sarebbe staticamente significativo.
Abbiamo detto che allestiamo una serie di diluizioni seriali in base 10 e poi
infettiamo un numero corrispondente di placche, le infettiamo con un volume noto
che stabiliamo noi, ad esempio 0.1ml, dopo di che, andiamo a contare le placche.
Mi concentro nelle piastre con un numero di placche adeguate, in questo caso
corrisponde alla piastra on una diluizione 10-6.
La formula è

17* 106 PFU/0,1ml = 170 x106 PFU/1ml = 1,7 x108 PFU/ml


La diluizione è 10-6 ma il fattore di diluizione è 106

Esercizio.
Qual è il titolo della sospensione madre (virus stock) espresso in PFU/ml?
100 μl di una diluizione virale 10-6 forniscono 75 placche
200 μl di una diluizione virale 10-6 forniscono 75 placche

Dobbiamo ricordare che i PFU vanno riferiti a 1ml, quindi se l’inoculo è relativo a 100 μl, 0,1 ml, dobbiamo fare la
proporzione
75x 106/0,1ml = 7.5x107/0,1ml= 7.5x108/ml
7.5x107/0,2ml= 37.5x107/ml = 3.75x108/ml

È importante sottolineare che questi due metodi di quantificazione misurano cose differenti, perché se rapportiamo, tra
il numero di virioni misurato al microscopio elettronico, numero di virioni che considera sia le particelle infettanti, sia
quelle non infettanti, con quello ottenuto con la conta quantificata per placca, rileva solamente i virioni infettanti,
calcolati all’interno della stessa sospensione, notiamo che questi numeri non coincidono, sono numeri molto diversi, la
differenza può essere di fattori da 101 alla 103. Il che significa che durante un ciclo replicativo solamente una piccola
parte dei virioni è infettante, la grande maggioranza sono virioni che non sono infettanti, virioni incompleti, capsidi
vuoti che non hanno incluso il genoma. A seconda della finalità che mi sono imposta dovrò contare e calcolare la mia
sospensione con metodi diversi: se mi interessa la quantità di virioni fisicamente presenti, utilizzerò il ME, se devo
calcolare la resa virale, e sapere quanto virus si produce allora dovrò utilizzare il metodo a placche. Questo rapporto
viene chiamato efficacia di piastramento, può dipendere dal tipo di virus, ma anche dal tipo di cellula: stessa quantità
di virus piastrata su cellule diverse può dare conte differenti, le cellule possono essere diversamente permissive e
suscettibili.

Un’altra applicazione del metodo delle placche deriva dalla considerazione, che teoricamente ciascuna placca
dovrebbe derivare da un singolo virus, che ha infettato la prima cellula, questo soprattutto se abbiamo delle diluizioni
molto alte. Con virus molto diluiti possiamo pensare che una singola placca possa derivare da un singolo virus, se io
utilizzo una diluizione bassa, può succedere che una singola cellula sia infettata da un più virus. Per questo si fanno
diluizioni seriali. Poiché ciascuna placca può derivare da un singolo virus, che ha infettato la prima cellula, posso
pensare che ciascuna placca derivi da un clone di virus, da una progenie di virus, che sono tutti strutturalmente e
geneticamente identici, una popolazione omogenea che deriva da un unico progenitore. Questo sistema è utile se
bisogna isolare dei virus da una popolazione mista. Se devo isolare un particolare virus, lo devo purificare, per farlo
utilizzo il sistema di placche. Posso fare delle diluizioni seriale, utilizzare le diluizioni più alte, che mi forniscono un
numero di placche adeguate e ben separate, ricopro il monostrato di cellule infette con del terreno agarizzate e
visualizzo le placche. Ciascuna placca corrisponderà a un clone di virus a una popolazione di virus identici. Posso
prelevare con una paster, un cilidretto, una carotina, dell’agar corrispondete alla placca, lo trasferisco in una provetta,
dove aggiungo del terreno liquido, che permettere di riportare in eluizione il virus dalla carotina di agar. Ottengo una
piccola sospensione di virus purificato.

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Il metodo delle placche può essere utilizzato sia per contare il
numero di virus che infettano cellule eucariotiche, e in questo caso
utilizzerò delle piastre contenete dei monostrati di cellule adese
confluenti, oppure posso misurare una sospensione fagica, una
sospensione di virus batterici, in questo caso avremmo delle piastre
contenenti un brodo di cultura agarizzato all’interno del quale
saranno presenti delle cellule batteriche. Si utilizzano dei miscugli di
cellule batteriche in sospensione, in un agar molle che vengono
mescolate con delle diluizioni seriali di fagi. Si versa l’agar molle su
una piastra dove è già stato depositato uno strato di agar nutritivo, a
concentrazione più alta. A distanza di giorni, a seconda della cultura
batterica e del fago, i batteri si moltiplicheranno in tempi rapidi
andando a formare un monostrato che viene visualizzato come una
patina pianca sulla piastra, mentre le placche di lisi, determinate
dall’infezione fagica saranno visualizzate ad occhio nudo come delle
are circolari trasparenti. Oltre alla quantificazione questo sistema può
essere utilizzato per determinare la sensibilità di un ceppo batterico a
diversi fagi. In questo caso le sospensioni fagiche vengono deposte
sul monostrato batterico in punti ben identificabili «spot».

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27.05.2020
CLASSIFICAZIONE VIRUS
I virus possono essere empiricamente classificati in vari modi: in base al tipo di capside, alla presenza o meno
dell’envelope, in base al tipo dell’ospite, in base all’acido nucleico. Questi sono metodi empirici che non ci permettono
di raggruppare i virus in modo da poterne studiare uno come elemento rappresentativo di tutta la classe. Attualmente i
metodi più utilizzati per la classificazione sono uno di tipo, gerarchica basata sull’identificazione binomia genere e
specie, e poi raggruppamenti più alti gerarchicamente, famiglie, ordini e così via. Attraverso l’allineamento delle
sequenze geniche, e in base all’omologia di sequenza, è possibile raggruppare specie geneticamente affini e costruire
un albero filogenetico, identificando per ciascun gruppo il progenitore comune. Comprende però una moltitudine molto
ampia di gruppi, sarebbe difficile da studiare, l’altra è una divisione funzionale, introdotta da Baltimore negli anni 70,
che ha come parametro principale la formazione dell’mRNA, che dipende dal tipo di genoma virale. Ci permettere di
suddividere i virus esistenti in 6/7 classi.

IV CLASSE REPLICATIVA SS(+)RNA VIRUS


Questa classe comprende una serie di virus, che pur appartenendo a famigli tassonomiche differenti, accumunati
dall’avere un genoma a singolo filamento a polarità positiva. Polarità positiva significa avere una polarità che
corrisponde alla polarità del messaggero. Sono virus che hanno un genoma, che può essere considerato un
messaggero, i geni possono essere codificati subito in proteine.
La caratteristica di questa classe replicativa, è che il primo evento della replicazione di questi virus è la traduzione
dell’mRNA. Il messaggero viene tradotto sui ribosomi cellulari, dalle quali otteniamo delle proteine virali, codificati dal
virus, tra le quali ci sarà l’enzima fondamentale RNA-polimerasi RNA-dipendete, detta anche replicasi. Questi virus
non hanno la necessità di potarsi dietro questa proteina nel loro virione, perché la possono sintetizzare subito una
volta che entrano nella cellula ospite. La replicasi servirà per trascrivere il filamento + in un intermedio replicativo a
polarità negativa, che servirà da stampo per la produzione di altri filamenti a polarità positiva. I filamenti possono
servire sia da genomi virali, sia da messaggeri, si amplifica il pool del genoma virale. Si ha un’amplificazione
dell’espressione genica, perché all’inizio questi filamenti potranno tornare sui ribosomi, per essere tradotti in altrettante
proteine e quando saranno presenti
nella cellula in quantità sufficienti, a
formare dei capsidi, una parte di
questi filamenti a polarità positiva
verrà incapsulata in nuovi virioni.
Startegia fodamentale, che ci
permette di prevedere,
semplicemente conoscendo la
tipologia del genoma virale, i passi
successivi della replicazione.

I virus che appartengono a questa classe sono una serie di famiglie patogene per l’uomo o per gli altri animali, fra le
quali ricordiamo:

 PICORNAVIRUS, (Pico RNA virus= virus piccoli con genomi a RNA) che comprendono una serie di generi:
o ENTEROVIRUS: virus che infettano le mucose enteriche, gastrointestinali, fra questi i più conosciuti e i più
studiati sono i Poliovirus, Enterovirus, Coxsackievirus
o RHINOVIRUS: virus del raffreddore comune,
o HEPATOVIRUS: rappresentato dal Virus dell’Epatite A
o APHTOVIRUS: virus che inducono patologie negli animali (bestiame, maiali)
o CARDIOVIRUS: virus dell’encefalomiocardite (topo)
 FLAVIVIRUS: rappresentato dal Virus dell’epatite C
 CORONAVIRUS: SARS CoV 2
 TOGAVIRUS: virus più conosciuto è il virus della Rosolia

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POLIOVIRUS
Di questi i più conosciuti e studiati sono i poliovirus, agenti eziologici, responsabili della poliomelite. I virus sono stato
isolati nel 1908, uno dei primi virus ad essere stato isolato e studiati anche a livello atomico. Ha un’importanza non
solo dal punto di vista medico, ma anche storico. Pietre miliare della virologia. La poliomelite è una sorta di paralisi
flaccida che interesse gli organi, può essere letale, estremamente invalidante e deformante.
Il virus infetta le cellule, penetrando attraverso le mucose, attraverso l’ingestione di cibi o bevande contaminate. Il
virus penetra all’interno del canale alimentare, si replica nelle mucose delle cellule intestinali e viene espulso
attraverso le feci tramite cui, può avvenire una nuova infezione. Questa trasmissione viene chiamata circuito oro-
fecale, perché l’infezione entra dalla bocca e viene espulso attraverso le feci, che vanno a contaminare acqua, ortaggi
o semplicemente le mani e il virus viene rimesso. Questa patologia generalmente non provoca malattie devastanti,
nella stragrande maggioranza dei casi si manifesta con sintomi blandi o addirittura è asintomatica, purtroppo una
piccola percentuale dei casi, 1%, anche una percentuale piccola su numeri grandi può avere conseguenze nefaste, il
virus può sfuggire da questo circuito entra nel circolo sanguineo, linfatico, oppure attraverso le terminazioni nervose
può arrivare anche al sistema nervoso centrale, e andare ad annidarsi nelle corna anteriori del midollo spinale, dove
va a infettare i motoneuroni, sviluppando una paralisi flaccida della muscolatura. La paralisi è settoriale a seconda del
tipo di ganglio che è stato interessato. Di questo 1% il 30% dei casi è rappresentato da una paralisi irreversibile e
generalmente da una malattia che colpisce i bambini nei primi anni di vita, nei bambini la letalità è del 5-10%, può
colpire anche gli adulti, in questo caso la letalità aumenta, 30-40%. Ci fu negli anni 50 una grande epidemia, che
interesso non solo l’Europa ma anche l’America, che colpì 100 di migliaia di persone. In quegli anni era comune
vedere interi reparti di ospedali trasformati in parcheggi di ventilatori meccanici, polmoni d’acciaio, macchine all’interno
delle quali le persone potevano continuare a respirare. Ad oggi non se ne parla, si tende a sottovalutarla, perché negli
anni 55-60 vennero introdotti due tipi di vaccini, il vaccino di Salk, vaccino a virus ucciso, inattivato, e il vaccino di
Sabin, vaccino a virus attenuato. Questi vaccini sono d’allora obbligatori hanno permesso, grazie alla vaccinazione di
massa, di diminuire i casi significativamente, fino alla completa eradicazione del virus. Tre nazioni mantengono
indenni il virus Afghanistan, Pakistan e Nigeria dove il virus colpisce moltissimi bambini

Sono virus piccoli, con un diametro molto ridotto 27-30 nm, caratterizzato da un capside privo
di envelope, capside nudo, icosaedrico, costituito da 4 proteine, che formano il protomero,
unità strutturale del capside, si chiamano VP1, VP2, VP3, esterne, VP4 proteine interna. È
una proteina miristilata, sta sotto al capside.
All’interno di ogni faccia ci sono 3 protomeri, ciascuno costituito da 4 proteine. Il capside è
costituito da 60 subunità ciascuno, di queste 4 proteine. All’interno del capside è contenuto il
genoma a singolo filamento. Sono capsidi molto resistenti a condizioni ambientali molto
difficili, sono capsidi che si sono evoluti per resistere nell’ambinete del circuito oro-fecale,
sopravvivono quindi nelle fogne, nei laghi, e agli attacchi del tratto gastro-intestinale,
sopravvivono a pH acidi. Interagiscono con la cellula
ospite attraverso un legame fra recettore cellulare, e
l’antirecettore virale che in questo caso non è dato da una singola molecola
virale, ma è dato da una conformazione. Il capside è costituito da tante
subunità proteiniche, tridimensionali, all’incontro nell’interfaccia tra VP1, VP2,
VP3, si forma una depressione chiamata canyon, considerato l’antirecettore,
nel quale si adagia il recettore cellulare, che generalmente sono recettori con
delle strutture gamma-globuline. Sono dei recettori che hanno una funzione di
connessione intercellualre, a seconda dei virus questo ICAM1, è una molecola
di adesione intercellualre, oppure per il picovirus il recettore si chiama CD155 o
PVR, espresso solamente in cellule di primati, quindi nell’uomo e nella scimmia. Questo fa si che le cellule suscettibili
a questo virus siano soltanto cellule di primati. È un virus che naturalmente infetta l’uomo e la scimmia. Se vogliamo
studiarlo in laboratorio dobbiamo modificare dei topi, ingegnerizzandoli dei topi transgenici che esprimano
costituitamene il recettore PVR.

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Il genoma è costituito da una lunga sequenza codificante, è ampiamente cosdificante, dalla porzione 5’, nel 1/3 la
sequenza codifica per delle proteine capsidiche, nei 2/3 terminali codifica per proteine non strutturali, in parte proteine
enzimatiche, che intervengono a favorire il ciclo replicativo del virus. Codificano per delle proteasi, e per la RNA-
polimerasi RNA-dipendente. L’estremità 5’ è legata a una proteina VPG, proteina virale, in mezzo vi è una regione non
codificante, chiamata anche UTR, all’estremità 3’ vi è sempre una regione non codificante e poi una coda di poliA.
Il genoma è ampiamente codificante, le
sequenze non codificanti comprendono la
proteina VPG, le sequenze non tradotte
chiamate IRES. Caratterizzate da una
struttura secondaria e terziaria molto
complessa, sono costituite da molti
segmenti con una sequenza ripetuta e
invertita che formano molte strutture ad
ansa, forcine, agrifoglio.
Gli RNA virali a singolo filamento a
polarità positiva, vengono detti infettati proprio per la loro capacità di trascrivere senza problemi proteine. In particolare
questi virus, non hanno la necessità di entrare in una cellula vivente, si possono replicare anche all’interno di un
estratto cellulare, all’interno di una provetta, in cui la cellula è stata lisata, ma contiene tutti i fattori essenziali per la
replicazione del virus. Questo dipende dal potenziale dell’RNA genomico, in grado di codificare tutti i fattori che sono
necessari alla replicazione del virus.
Sui ribosomi eucariotici la traduzione dei mRNA è dipendente dalla
CAP 5’, riconosciuta da fattori, di inizio traduzione sul ribosoma e
permettendo l’inizio della scansione del filamento di RNA.
Il poliovirus non hanno la 5’CAP, ma il virus ha una proteina VPG,
che all’entrata del virus viene tagliata, rimanendo con le sequenze
IRES in 5’. Le IRES sono sequenze UTR (UNTRANSLATED),
sequenze cioè non tradotte che si trovano al terminale 5’ del
genoma virale dei picornavirus hanno una funziona molto
importante, perché permettono l’inizio di traduzione dell’mRNA
messaggero in maniera 5’CAP indipendente. Hanno la capacità di
legarsi direttamente a un sito interno del ribosoma, senza
l’intermediazione dei fattori di inizio traduzione. Hanno una lunghezza di circa 700nt e permettono la traduzione dei
messaggeri virali anche in assenza di un 5’CAP. Mentre l’mRNA degli eucariotici ha bisogno del complesso di inizio
traduzione, per fissarsi al ribosoma, e in particolare di EIF4G e EIF4E, le IRES si legano direttamente al ribosoma.
Questo comporta un vantaggio evolutivo per i piconavirus, perché fra le tante proteine che questi virus codificano ci
sono anche delle proteasi, in particolare la proteasi 2A, che ha la capacità di degradare il fattore di inizio di traduzione
EIF4G, quello che permette di legare dipendentemente o indipendentemente il 5’CAP, in questo modo i ribosomi con
questo fattore degradato non sono più in grado di legare i messaggeri della cellula e possono legare solamente i
messaggeri virali. SI ha un shutt off della sintesi proteica cellulare.

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Quando il recettore si lega alla depressione, canyon, si induce un cambiamento conformazionale della struttura
capsidica, si ha una specie di spostamento
della proteina VP3, che si sposta all’indietro,
il movimento si trasferisce a VP1 e a VP4.
VP1 ha delle porzioni idrofobobiche che
penetrano nel doppio strato fosfolipidico, e
forma un canale attraverso cui passa il RNA
virale. Si forma un poro può formarsi o a
livello della membrana plasmatica o a livello
di una vescicola endoplasmatica. Anche se
non ha l’envelope riesce a forare la
membrana plasmatica.
RNA virale è liberato che come primo evento
subisce la traduzione, grazie ai ribosomi cellulari,
viene tradotto in un grande poliproteina, tutta la
regione codificante viene tradotta. Il genoma si
comporta come un grande RNA monocistronico,
rispettando le regole della cellula. Il virus ha
bisogno di molte proteine, interviene quindi una
proteasi virale, che nel momento in cui la proteina
viene tradotta, si attiva in una fase
cotraduzionale, taglia la proteina in piccoli pezzi,
in maniera sequenziale.

La poliproteina viene prima scissa in 3


grossi frammenti P1, P2, P3, ad opera
della proteasi 2°, poi successivamente
viene spezzettata sequenzialmente in tanti
prodotti genici, dalla proteasi 3C. Da una
proteina si formano almeno 25 prodotti
genici, tutti con una funziona particolare,
anche gli intermedi, non completamente
tagliati hanno una funziona diversa,
rispetto al prodotto genico che ne deriva.
In questo modo si ha una amplificazione di
funzione tutte a partire da una stessa
poliproteina. Un gene, 25 proteine.

Dalla traduzione vengono prodotte le proteine


traslocate, all’interno di vescicole nel citoplasma,
all’interno del quale, il genoma anche esso
traslocato al suo interno, viene trascritto. Il
genoma si deve replicare, si deve amplificare,
deve sostenere la sintesi proteica, si devono
formare altri messaggeri, ma si devono formare
anche i genomi che verranno incapsulati nella
nuova progenie virale. La replicazione avviene nel
citoplasma, non libero, ma compartimentalizzata
all’interno di vescicole che sembrano in qualche
modo formate proprio dalla presenza di alcune di
queste proteine virali. Si formano queste
vescicole, strutture avvolte da doppia membrana all’interno delle quali il filamento genomico a polarità positiva viene
trascritto in un filamento a polarità negativa. Non è chiaro se ci sia un intermedio a doppio filamento di RNA.

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Il filamento a polarità negativo funge da stampo per gli altri filamenti. Per la replicazione serve un primer un innesco,
dato da VPG, viene uridilata, modificata dalla polimersi virale, viene modificata post-traduzionalmente mediante
l’addizione di una serie di uracili, a livello di una tirosina della proteina. Si forma un primo innesco VPG-UUU.
Nel momento in cui deve essere duplicato, viene sintetizzata una nuova VPG che viene uridilata, che si associano
all’estremità 5’ del genoma neoreplicato.
Non abbiamo una distinzione fra espressine genica precoci ed espressione genica tardiva, differenza caratteristica
della replicazione a virus a DNA. Abbiamo comunque temporalmente una scansione funzionale. All’inizio nella fase
precoce tutti i genomi che vengono neorepliati, non troveranno abbastanza proteine per potersi incapsidare, andranno
quindi sui ribosomi per poter effettuare nuove traduzioni. Si amplifica il numero di proteine.
Successivamente, con l’accumulo delle proteine capsidiche, i nuovi genomi verranno incapsidati per la formazione dei
nuovi virioni. Si produrrà la nuova progenie virale

I CLASSE REPLICATIVA DS DNA VIRUS


I virus a doppio filamento a DNA, hanno un genoma del tutto simile a quello contenuto nel cromosoma della cellula, a
quello cellulare. Come tutti i geni cellulari per poter essere espressi devono codificare, devono essere trascritti in un
messaggero. Rappresentano un gruppo molto numeroso, comprendono tante famiglie di virus molto importanti, sono
importanti patogeni per l’uomo e per gli animali e sono molto eterogenei. Abbiamo virus con genomi molto piccoli, con
poca capacità codificante e strutturalmente piccoli, con un ciclo replicativo relativamente semplice e virus molto più
capienti, con capacità codificante molto più grande, con ciclo complesso. Fra questa classe possiamo ricordare un
gruppo di virus piccoli, che fino a poco tempo fa venivano chiamati, papovavirus, gruppo che condivide delle
caratteristiche comuni, sono virus che hanno un potenziale oncogeno, gli adenovirus, responsabile nell’uomo di
affezioni respiratorie, e a volte gastrointestinali, herpes virus, Poxvirus, virus talmente grandi, con un genoma talmente
ampio, che codifica per 150/200 proteine, fra queste RNA-polimerasi 2 e altre proteine che intervengono nella sintesi
dei nucleotidi. Queste proteine vengono contenute all’interno del virione, rendendo molto indipendente il virus, tanto
che si possono replicare nel citoplasma. Sono dipendenti dalla cellula ospite per quanto riguarda la sintesi proteica, la
necessità di reclutare ribosomi. Avendo un genoma simile a quello della cellula si replicano nel nucleo, luogo dove
trovano tutti gli enzimi replicativi e i reattivi replicativi che servono alla sintesi del DNA e alla trascrizione dell’RNA. Nel
nucleo il genoma virale è trascritto dall’RNA-polimerasi cellulare. Per la DNA-polimerasi alcuni virus grandi sono in
grado di codificarla in autonomia, mentre quelli piccoli la sottraggono alla cellula. Il primo evento della replicazione di
questi virus è la trascrizione del messaggero, la sintesi di un mRNA. Essendo un DNA a doppio filamento l’mRNA a
polarità positiva sarà trascritto sul filamento che corrisponde alla polarità negativa. L’mRNA con la traduzione esprime
le proteine precoci, prime proteine ad essere tradotte, vengono chiamate anche “early” E, generalmente sono proteine
regolatorie, o sono proteine transattivanti, che servono a promuovere la trascrizione dei geni virali oppure sono
proteine enzimatiche che intervengono nel ciclo replicativo del virus. Possono essere DNA-polimerasi, proteine che
legano l’origine di replicazione per attivarla, proteine che stimolano l’ingresso nella fase S.
Molti di questi virus replicandosi nel nucleo avendo bisogno dei mattoni della replicazione, nucleotidi trifosfati, enzimi
replicativi, hanno evoluto nel tempo delle strategie per indurre la cellula ad entrare nella fase S, nella fase di sintesi. In
questa fase la cellula sintetizza una serie di questi materiali replicativi o reagenti. Indurre la cellula nella fase S,
quando la cellula non ne sente l’esigenza significa forzare un controllo, questa forzatura può portare all’induzione di
una moltiplicazione incontrollata della cellula. Alcuni di questi di questi virus sono considerati virus oncogeni, virus
correlati all’insorgenza di alcune neoplasia. La sintesi delle proteine precoci, sono necessarie per la replicazione del
genoma virale, successivamente, avviene la replicazione del genoma, caratterizzata da un innesco, sequenza che
viene chiamata ori, sequenza caratterizzata dal fatto di poter legare una serie di fattori di replicazione, ed essere
riconosciuta dalla DNA-polimerasi o cellulare o virale. La replicazione del genoma può coinvolgere o solo fattori virali,
per i genomi più grandi o soltanto fattori cellulari, oppure dalla cooperazione di proteine virali e cellulari. Una volta che
il genoma è replicato, che i filamenti genomici sono amplificati, su questi genomi neoreplicati avviene la trascrizione e
l’espressione genica delle proteine tardive, proteine che vengono codificate sui genomi neoreplicati, perché le proteine
tardive, sono proteine strutturali, come proteine del capside o dell’envelope. Dato che di proteine regolatorie ne
servono poche, sono codificate dal genoma parentali, al contrario invece di proteine strutturali ne servono tante, per
cui sono codificate dai geni neoreplicati. La serie di eventi che caratterizza questi virus, comprende la penetrazione
del virus, può avvenire o per fusione o per endocitosi a seconda che il virus sia provvisto o no di envelope. Tutti i virus
devono essere accompagnati dal sistema citoscheletrico fino ai pori nucleari, dove il DNA viene liberato. A livello del
nucleo avviene la trascrizione dei geni precoci, che codificano per mRNA, dove nel citoplasma vengono sintetizzate le
proteine precoci, che entrano di nuovo nel nucleo andando ad attivare la replicazione del DNA e la trascrizione sul
DNA neoreplicato di geni tardivi, che fuoriescono nel citoplasma, sintetizzano proteine strutturali, che tornano nel
nucleo dove avviene l’assemblaggio del virione, che poi fuoriesce dalla cellula. Essendo nel nucleo questi genomi
virali devono competere con il genoma cellulari, con i fattori di trascrizione, e anche per i fattori di replicazione, devono
sottrarre questi fattori, in modo che si concentrino maggiormente sul genoma virale lasciando il genoma cellulare.

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Per fare questo i virus esprimono delle proteine trasattivanti, che hanno la capacità di reclutare di segregare tutti i
fattori che servono alla trascrizione cellulare, per poterli reclutare e posizionare sui promotori del virus. Le proteine
trasattivati, dobbiamo immaginarle come qualcosa di adesivo, che lega tutte le proteine che sono disposte sui
promotori della cellula e servono per l’espressione genica della cellula, portandoli sui promotori del virus.
In questo modo il promotore del virus con l’RNA-polimerasi 2 cellulari si attiva, attivando la trascrizione dei mRNA.

PAPOVAVIRUS (PAPILLOMA POLYOMA/SIMIAN VACUOLATING (SV40) VIRUS)


Sono virus molto piccoli caratterizzati da un genoma piccolo 4-5 mila coppie di basi. Assomigliano a un plasmide, più
che a un genoma virale.
I papilloma virus, sono più di 100 genotipi e causano una serie di patologie tra cui verruche e sono anche associati
all’insorgenza di tumori nl collo dell’utero nelle donne.
Polyoma virus: Poly+omas=induce una grande varietà di tumori nel topo
SV40: riconosciuto inizialmente come contaminante nelle colture cellulari di rene di scimmia usate per l’allestimento
del vaccino antipolio.
Questi virus sono accumunati dal fatto di avere un DNA doppio filamenti circolare associate con delle proteine
simil-istoniche a formare delle strutture che assomigliano ai nucleosomi. Sono virus molto piccoli, codificano quidi
poche proteine, dipendono vortemente dalla cellual ospite. Possono dare un’infezione produttiva, se presenti in cellule
suscettibili e permissive, ma a volte possono infettare cellule non del tutto permissive, dando un’infezione non
produttiva. In queste cellule non permissive a volte questi virus si integrano, inseriscono il proprio genoma all’interno
del cromosoma della cellula, perdono delle funzioni e possono codificare soltanto alcuni geni. Se questi geni virali
sono proteine regolatorie che inducono la cellula ad entrare nella fase S, questa infezione non produttiva, può portare
una deregolazione del ciclo cellulare, per questo motivo alcuni di questi virus sono correlati con l’insorgenza di alcuni
tumori. Sono considerati virus potenzialmente oncogeni.

SV40
Prendiamo come punto di riferimento l’origine della replicazione, a
destra vediamo PE e PL, due promotori, promotore della sintesi dei
geni E e promotore dei geni L. I geni precoci che codificano per delle
proteine regolatorie, Tag, (antigene tumorale). L’espressione genica
parte dalla sequenza ORI, e a sinistra e a destra è data da una serie
di trascritti E o L, che avvengono nelle due direzioni opposte. Per
ciascuna sequenza E viene trascritto un solo messaggero, che poi per
splicing alternativo, dà origine a proteine di dimensioni differenti, per
questo motivo gli antigeni si chiamano Small, medium, antigene.
Così pure un unico trascritto viene prodotto per le proteine strutturali,
che poi per splicing dà origine a VP1, Vp2, VP.
Una volta che è stata intrapresa la sintesi delle proteine E, viene
sintetizzato l’antigene T grande, proteina multifunzionale, in grado di
legare una serie di altre sequenze. Si lega all’ORI, induce la
replicazione del genoma, ma allo stesso tempo spegne la trascrizione
dei geni precoci e attiva la trascrizione dei geni tardivi. È in grado di
legare delle proteine ce nella cellula servono da sentinella di controllo
del ciclo cellulare, come PRB e P53, innescando la fase S del ciclo
cellulare, anche laddove la cellula non ne ha il bisogno, ciò porta a una moltiplicazione deregolata della cellula che al
virus fornisce i mattoni e gli enzimi per la replicazione. Può capitare che il genoma circolare, si integri nel DNA della
cellula ospite, linearizzandosi, ciò porta a una rottura a livello o dei geni precoci o a livello dei geni tardivi e quindi una
parte della porzione codificante viene ad essere persa. Se viene ad essere persa la parte delle proteine regolatrici,
non succede nulla, se invece viene mantenuta codificante la parte dei geni precoce, l’antigene T grande, pur in
assenza di produzione dei virus, può essere codificato nella cellula, che può indurre ulteriore deregolazione del ciclo
cellulare. Il virus trasforma le cellule.

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HERPESVIRIDAE.
Si possono dividere in 3 grandi gruppi, α, β, Y. Tutti questi hanno la proprietà comune di poter svolgere un ciclo litico,
in cellule suscettibili e permissive, ma di entrare in una fase di latenza in cellule che sono suscettibili, ma non
permissive. Questi 3 gruppi si differenziano dal tipo di cellula che viene infettata e dal sito all’interno del quale il virus
entra in latenza. Gli Herpes virus del gruppo α comprendono i quelli più conosciuti HSV1, herpes labiale e HSV2,
herpes genitale, ma anche la VZV, virus che causa la varicella nell’infezione primaria, e può stabilire un'infezione
latente, che può recidivare con una forma diversa che può essere chiamata il fuoco di sant’Antonio. Gli Herpes virus
del gruppo β comprendono CMV (Citomegalovirus), che causa la mononucleosi infettiva ed è un’importante causa di
difetti congeniti associati a ritardi mentali, l’HHV6 (Human Herpesvirus 6) causa la rosolia degli infanti (VI malattia) e
non sono note reinfezioni e infezioni latenti. Il gruppo Y comprende EBV (Epstein Barr Virus) che causa una
mononucleosi e può intervenire nella patogenesi di alcuni tumori umani (Burkitt), in special modo linfomi e carcinomi,
soprattutto in pazienti immunocompromessi e l’HHV8 sembra associato al sarcoma di Kaposi, tumore vascolare
frequente nei pazienti affetti da sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).

HSV
Virus molto diffuso, la cui infezione primaria avviene in maniera asintomatica, probabilmente nei
primi anni i vita, il virus si replica senza manifestarsi, a livello delle mucose. Il virus ha la capacità
di risalire le terminazioni sensitive che innervano il sito di ingresso, ed entra in una fase di
latenza, di dormienza a livello dei gangli sensitivi. Per l’Herpes labiale il ganglio del nervo
trigemino, per l’Herpes genitale, il ganglio sacrale. In questa fase di latenza può rimanere o per tutta la vita
dell’individuo oppure può riattivarsi a seguito di fenomeni, di eventi, stress, immunosoppressore, sfasamenti ormonali,
eventi che indeboliscono il sistema immunitario. In questi casi dal ganglio del nervo, il virus si riattiva ripercorre a
ritroso tutto il percorso fino a tornare al sito di ingresso primario, dove può cominciare a replicarsi e la sua replicazione
induce una reazione infiammatoria, che viene manifestata con la comparsa delle bollicine, febbre herpes.
Generalmente queste vescicole sono a prognosi benigna, il sistema immunitario è in grado di neutralizzare il virus, il
virus però non viene eradicato ritorna sempre attraverso il percorso assonale retrogrado e rimane latente nei gangli
sensoriali. Una volta che uno si è infettato non scompare male. In alcuni casi particolari o nei neonati o nelle persone
anziane o in pazienti immunocompromessi, il
virus può avere esiti severi, può andare ad
infettare le congiutive, portando a cerato-
congiuntiviti e a cecità oppure portare infezioni
sistemiche, oppure può infettare il SNC e dare
delle encefaliti anche mortali. Il virus si
manifesta generalmente con sintomatologia
blanda, ma in alcuni casi è un virus pericoloso.

È un virus, è dotato di un capside icosaedro che contiene un genoma


non semplice, che codifica per almeno 80 proteine, formato da 152kpd.
DNA lineare. Al di fuori del capside ha uno stato definito
tegumento, dato da un complesso di proteine, + 20, che hanno la
funzione di regolazione del ciclo replicativo del virus. Tra le
proteine del tegumento evidenziamo la proteina VHS, e la
proteina VP16, fattore transattiavanti È morfologicamente amorfo,
ma funzionalmente è molto importante. Il virione è circondato da
un envelope virale su cui sono presenti almeno 11 glicoproteine,
che servono per l’interazione del virus con la cellula ospite, di cui
4 sono impegnate per l’ingresso del virus nella cellula ospite.
Vengono nominate con lettere alfabetiche. Quelle coinvolte nel
legame alla cellula ospite sono gD, che legail recettore, gB, gH,
gL, che nel loro insieme forano il complesso fusogenico. Il genoma è molto complesso costituito da due segmenti uno
lungo e uno corto, affiancati da sequenze ripetute e invertite che inducono una circolarizzazione del genoma, una
volta che il virus penetra nella cellula ospite.
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La prima fase del ciclo replicativo è l’attacco e
la penetrazione, gD, è la proteina che lega il
recettore, ci sono recettori multipli per HSV,
recettori alternativi, uno di questi è la nectina,
proteina di membrana, proteina di adesione
intercellulare. Una volta che gD lega il suo
recettore, recluta le altre proteine gB, gH, e gL
che innescano il processo fusogenico, che
avviene alla membrana plasmatica. Si libera il
capside e le proteine del tegumento, tra cui
VP16 entra nel nucleo e va ad attivare la
trascrizione genica, e VHS che si libera nel
citoplasma e ha la funzione di degradare gli
mRNA della cellula, azione nucleasica. Libera i
ribosomi cellulari dalla presenza dei
messaggeri cellulari, in questo modo i ribosomi
della cellula sono maggiormente disponibili per
la traduzione delle sintesi proteiche del virus. Il
capside si associa alle componenti del
citoscheletro e viene accompagnato fino ai pori
nucleari, dove interagisce con proteine del
complesso del poro. Il capside subisce dei
cambiamenti conformazionali che fanno
fuoriuscire il DNA che è introdotto all’interno
del nucleo, dove il DNA circolarizza e si
associa con la proteina VP16, che attiva la
trascrizione dei geni α. Non abbiamo solo
proteine precoci e proteine tardive, ma
abbiamo 3 classi di geni: proteine precocissime, precoci, tardive. Le proteine α tornano nel nucleo attivano la
trascrizione dei geni β, i quali vengono tradotti nel citoplasma, traducono le proteine , ancora proteine precoci,
transattivanti, enzimi replicativi, che tornano nel nucleo dove attivano la replicazione del genoma e allo stesso tempo
sul genoma neoformato attivano la trascrizione dei geni tardivi Y. Le proteine Y sono proteine capsideiche, del
tegumento e dell’envelope. Sono proteine che vengono sintetizzate sui ribosomi liberi oppure sui ribosomi associati al
RER, come le glicoproteine. Successivamente avviene l’assemblaggio del virione e l’acquisizione dell’envelope,
attraverso la gemmazione dei capsidi neoformati, all’interno del nucleo, attraverso la membrana nucleare. Attraverso
poi una serie di eventi, non ancora ben chiara, prende la via esocitica trasportato attraverso vescicole, fino alla
membrana plasmatica, dove viene liberato.

42
VP16 è la proteina che transattiva, che attiva la cascata
trascrizionale litica. VP16 viene liberata all’interno della cellula
ospite, prima di andare nel nucleo, nel passaggio fra citoplasma e
nucleo si associa con dei fattori trascrizionale HCF. Questo
complesso si lega ad un altro fattore di trascrizione della cellula
Oct1. Questo complesso lega tramite Oct1 una sequenza,
TAATGARAT, che accomuna tutti i promotori dei geni α di HSV.
Attraverso una serie di mediatori recluta tutta una serie di fattori
trascrizionali della cellula, non che l’RNA-polimerasi 2. Entra nel
nucleo e induce la trascrizione di geni α.

Viene quindi attivata la cascata di espressione


genica α (poi β, γ), la replicazione virale e il
completamento dell’infezione litica. Questa
espressione genica avviene tramite un meccanismo
a cascata regolato sia nel tempo, e nello spazio,
perché data da una serie di proteine che vengono
sintetizzate in maniera sequenziale.
I geni α codificano per altre proteine regolatorie o transattivanti,
deputate alla promozione della trascrizione virale (α0, 4, 22, 27, 47)
che vanno a legare ed attivare la trascrizione dei geni β. Le proteine β
codificano per proteine enzimatiche, deputate alla replicazione del
genoma (polimerasi, nucleotide-chinasi, ribonucleotide reduttasi etc),
enzimi che servono a produrre i nucleoidi trifosfati, ch servono a
replicare il genoma sul quale vengono codificate le proteine γ, proteine
strutturali, deputate all’assemblaggio della particella virale (proteine
del capside, glicoproteine dell’envelope etc).

Il meccanismo con cui si replica il genoma viene


chiamato a cerchio rotante. La replicazione a
cerchio rotante inizia con l’introduzione di una
incisione (nick) che crea un’estremità 3’-OH in uno dei due filamenti della doppia elica di DNA circolare. Un filamento
dello stampo è copiato dalla DNApol virale in maniera continua e ripetutamente, mentre quello dislocato è copiato
discontinuamente I concatenameri corrispondenti ai genomi neoformati contengono sequenze pac1 e pac2
riconosciute dalle proteine capsidiche e delle nucleasi tagliano in siti specifici per dare singole unità genomiche da
incapsidare. Si forma una struttura, un’impalcatura che nel tempo matura a seguito di tagli proteolitici, fino a quando il
capside non assume la sua forma definitiva. Può impacchettare il genoma. Una volta che il capside ha impacchettato il
genoma, il virus gemma nello spazio perinucleare, acquista la membrana plasmatica, su cui sono inserite le
glicoproteine dell'envelope primario. Il virione fuoriesce dalla cellula seguendo la via esocitica, attraverso eventi ripetuti
di «deinviluppo» e «reinviluppo». Perdite e acquisizione di envelope, man mano che il virus passa attraverso la via
esocitica, fino a quando il virus non viene incluso in una via vescicola esocitica e liberato all’esterno
43
Abbiamo parlato di una fase litica, in cellule suscettive e permissive che per HSV sono le cellule della mucosa o
labiale o genitale e di una fase di latenza. Quello che fa sì che il virus non possa replicarsi nelle cellule neuronali e poi
a un certo punto fa sì che il virus possa riacquisire la capacità replicativa, sembra che sia perché il virus nella fase
latente dovendo ripercorrere a ritroso il percorso assonale retrogrado, in qualche modo perda le componenti di VP16.
VP?16 si disperde lungo l’assone. La cellula neuronale non è permissiva per caratteristiche proprie, cellula che non si
divide, non esprime i fattori di replicazione di cui il virus ha bisogno. In questa cellula il genoma rimane silente, l’unico
trascritto che è stato riscontrato è un RNA chiamata LAT, Latency Associated Transcript, non codificante. Questo
trascritto insieme ad altri filamenti ha una funzione di silenziamento genico. Il virus permane in questa forma latente,
riamane nascosto in una cellula bene protetto dalla barriera emato-encefalica e dal sistema immunitario, fino a quando
non si riattiva a seguito di una serie di modificazione, dovuto a stress emotivo, fisico, ambientale a livello neuronale,
altera l’espressione genica all’interno del neurone e fa si che possano essere codificati almeno in minima parte degli
elementi che servano alla replicazione del virus. Il virus comincia lentamente ad attivarsi e a ripercorre a ritroso tutto
l’assone fino a tornare al sito d’ingresso dove trova delle cellule permissive, ha quindi la possibilità di un ciclo
replicativo attivo

44
28.05.2020
VI CLASSE REPLICATIVA SS (+) RNA VIRUS
Hanno la caratteristica di avere un genoma a RNA
a singolo filamento a polarità positiva, ma
diversamente da quello che abbiamo visto, questo
singolo filamento di RNA genomico che ha tutte le
caratteristiche di un RNA messaggero non viene
subito tradotto. Questi virus hanno la caratteristica
di replicarsi attraverso un intermedio a DNA. Sono virus che contengono un enzima particolare la trascrittasi inversa,
quindi pur avendo un genoma a singolo filamento a polarità positiva seguono una strategia di replicazione differente
da quella che abbiamo visto. Il primo evento della replicazione di questi virus è la retrotrascrizione, che avviene nel
nucleo. La trascrittasi inversa è un enzima DNA-polimerasi RNA o DNA-dipendente. È un enzima che il virione porta
con se. Una volta penetrato all’interno della cellula, il virus comincia a modificare la sua struttura, ma anche ad attivare
le sue funzioni enziamtiche. La trascrittasi inversa ha il compito di retrotrascrivere il singolo filamento a polarità
positiva in un doppio filamento complementare di DNA che prende il nome di DNA virale o provirale. Da questo doppio
filamento di DNA, verrà poi integrato nel cromosoma della cellula, diventerà come un gene cellulare a tutti gli effetti.
Prende il nome di DNA virale integrato. Come un gene cellulare viene trascritto dall’RNA-polimerasi 2 della cellula in
mRNA che andranno a codificare per le proteine virali. Uno di questi messaggeri, a piena lunghezza, è identico al
genoma. Una parte di questi filamenti che vengono trascritti verranno usati come messaggeri e una parte verranno
usati come RNA genomici da incapsulare.
Si chiamano retrovirus, perché vanno al contrario, sembrano trasgredire quello che è il dogma centrale della biologia
molecolare, che afferma che nelle cellule il flusso di informazione genica è unidirezionale, va solo in un’unica
direzione, da DNA, a RNA a proteine. L’informazione è contenuta nel DNA e l’RNA è solamente un mediatore di
questa informazione. Nei retrovirus troviamo un genoma a RNA, che viene retrotrascritto in un DNA, segue un
processo inverso. È soltanto un’anomalia apparente, perché il genoma virale retrotrascritto diventa un DNA a doppio
filamento, da cui posi si ripristina il flusso unidirezionale.
Sono virus particolarmente caratteristici, con un ciclo di replicazione molto complesso, sono una grande famiglia di
virus, che comprende moltissime specie di virus che infettano sia l’uomo ma anche molti vertebrati, dando origine a
delle patologie molto severe, portano alla formazione di tumori, molti di questi virus sono virus oncogeni, alterazione
del sistema immunitario, alterazioni del sistema nervoso, malattie neurodegenerative.
I retrovirus possono essere suddivisi in 3 famiglie:

- ONCOVIRUS: virus associati a delle forme tumorali, nell’uomo quello più conosciuto è il virus della leucemia
umana HTLV. Comprende una serie di virus che infettano altri vertebrati, come le leucemie aviarie, tumori della
mammella del topo MMTV. Uno dei primi virus che è stato studiato è il virus del sarcoma di Raus, virus che
colpisce il pollo, tramite cui sono stati identificati i meccanismi molecolari che possono indurre tumori e il controllo
del ciclo cellulare nelle cellule ospiti.
- LENTIVIRUS: il rappresentate più conosciuto è il virus dell’immunodeficienza umana HIV.
- SPUMAVIRUS: comprende il virus spumoso umano e della scimmia. Sono chiamati spumavirus, perché
inducono vacuolizzazione delle cellule, sembrano non associate a delle patologie, ma le cellule diventano molto
vacuolizzate, assumono quindi un aspetto spumoso.

Le caratteristiche uniche per tutti i retrovirus sono:

- Unici virus con un genoma diploide, per diploide si intende una replica una duplicazione, non è un genoma a
RNA a doppia elica, ma all’interno del virione sono presenti due filamenti identici di RNA. Questi due filamenti
sono tenuti insieme da ponti idrogeno a livello della terminazione5’
- Sono gli unici virus con genoma a singolo filamento RNA positivo che non viene utilizzato subito come
messaggero
- Sono gli unici virus il cui genoma e anche gli mRNA vengono prodotti da un RNA-polimerasi cellulare e non
virale. Abbiamo detto come caratteristica generale che i virus con genoma a RNA devono codificare un
proprio enzima RNA-polimerasi RNA-dipendete, tranne questi che al posto dell’RNA-polimerasi
RNA-dipendente codificano la trascrittasi inversa che determina un flusso di informazioni e di eventi differenti.

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STRUTURA DL VIRIONE (HIV)
Il virione è un virione particolare, partendo
dall’interno troviamo una zona core interna che
contiene il duplice filamento di due filamenti
identici di genoma virale, associato a una serie
di enzimi virali, tra i quali ricordiamo la
trascrittasi che ha la funzione di integrasi e di
ribonucleasi. Gli enzimi sono richiesti per la
replicazione. Il core è circoscritto da un capside
a forma di tronco di cono, di proteine definite
generalmente CA, il capside è cementato
all’envelope virale tramite uno strato di proteine
della matrice, che costituiscono un secondo
rivestimento proteico che serve a stabilizzare, i
raporti fra il capside e l’envelope virale e infine
abbiamo un doppio strato lipidico, un evelope,
su cui sono immerse delle glicoproteine virali. Queste glicoproteine vengono chiamate generalmente ENV, vengono
processate a formare due subunità, che nell’HIV abbiamo chiamato gP120 e gP41, ma genericamente vengono
definite subunità SU, subunità di superficie, quella che lega l’antirecettore, e la subunità TM, subunità transmembrana,
che contiene il segmento trasmembana ed ha attività fusogenica, perché al terminale NH 2 presenta il peptide di
fusione. Oltre a queste molecole possiamo trovare edlle molecole che provengono dalla cellula ospite, che il virus ha
in qualche modo reclutato, sottratto durante il ciclo replicativo precedente. Possono essere complessi di
istocompatibilità MHC di classe I e II. All’interno del capside sono contenute una o più compie di tRNA, provenienti
dalla cellula ospite, che serviranno ad innescare la retrotrascrizione, sono essenziali perché fungono da primer.

ORGANIZZAZIONE DEL GENOMA

L’organizzazione del genoma è tipica e


molto conservato in tutti i retrovirus. È un
genoma che ha una lunghezza dagli 8 /9
mila nucleotidi, caratterizzato dalla
presenza di un CAP 5’, e un poly A
all’estremità 3’. Troviamo poi due
sequenze che sono ripetute all’estremità
5’ e all’estremità 3’ che vengono chiamate
sequenze R affiancate da segmenti che
sono unici, chiamami U5 e U3, nella
porzione centrale abbiamo le sequenze
codificanti. A monte delle sequenze
codificanti troviamo poi altre sequenze:
una sequenza chiamata PBS, è il sito di
legame agli tRNA che serviranno come
innesco per la retrotrascrizione, una sequenza DMS, sito di dimerizzazione, punto in cui i due filamenti identici di
genoma vengono tenut insieme testa-testa da legami idrogeno, Psi, sequenza di impacchettamento, sequenza
regolatrici che servono per la replicazione e per l’assemblaggio del virione, ma non sono codificante. Le sequenze
codificani sono tipiche, e conservate in tutti i retrovirus, vengono chiamate gag, pol, env.
gag, sta per un gene che codifica per gli antigeni di gruppo, codifica per le proteine strutturali: la proteina del
nucleocapside, la proteina del capside, la proteina della matrice e per la proteasi. La proteasi ai trova sovrapposta al
termine a valle di gag, a volte all’inizio di pol
pol codifica per gli enzimi replicativi, per le polimerasi, e quindi codifica per la trascrittasi inversa, che contiene
all’interno della sua subunità un dominio con funzione esonucleasica o endonucleasica, di RNAsi H e un’integrasi.
env, codifica per le proteine dell’envelope, quindi per la proteina di subunità, la proteina transmembrana

46
CICLO REPLICATIVO
Il ciclo replicativo dei retrovirus inizia
con la fase di attacco e penetrazione del
virus (abbiamo già parlato di questa
parte), che avviene tramite un
meccanismo di fusione alla membrana
plasmatica dove l’attività fusogenica è
mediata dalle glicoproteine
dell’envelope. Avviene grazie alla
proteina di subunità che riconosce il
recettore, attivando un cambiamento
conformazionale che induce
l’estroflessione del peptide di fusione,
nascosto, facente parte del segmento
transmembrana, si induce così la
fusione fra l’envelope virale e la
membrana plasmatica. È una fusione a
pH indipendente. Tutto quello che
contenuto all’interno dell’envelope virale
si trova nelle condizioni di poter
attraversare la membrana plasmatica,
viene rilasciato nel citoplasma.
Successivamente avviene la
retrotrascrizione, primo evento
replicativo che incomincia ad avvenire
all’interno di una particella che si sta
disassemblando ma non è ancora scomposta, nella particella data da un aggregato di strutture, di molecole che
costituiscono il nucleocapside, ma anche tanti enzimi che contribuiscono a questo evento. La trascrittasi inversa è un
enzima che ha la funzione di DNA-polimerasi RNA-dipendente, copia un filamento di RNA singolo in un doppio
filamento di DNA, ma è anche capace di sintetizzare DNA da uno stampo di DNA, è anche DNA-dipendente. Ha una
funzione di nucleasi H, RNAsi H, è capace di degradare i filamenti di RNA, che si trovano in una condizione H
(eteroduplex).

È un enzima eterodimerico, costituito da 2 subunità, che si


chiamano p51 e p66 che vengono rappresentate come un
palmo della mano destra, i cui domini funzionali sono dati dalle
dita, dal pollice e dal palmo. Soprattutto la scanalatura del
palmo che si forma quando il pollice si contrappone all’indice,
dove si dispone l’RNA a singolo filamento che deve essere
retrotrascritto in un doppio filamento di DNA. In un aporzione
della subunità p66 c’è anche un dominio che funziona come
RNAsi H. Questo enzima viene considerato infedele, che cmie
molti errori, introduce molti nucleotidi sbagliati, non
complementari a quelli presenti nello stampo, per questo i
virioni, che vengono prodotti, sono caratterizzati dall’avere dei
genomi che sono molto mutevoli, a causa della mancanza di
proof-reading. La frequenza di questa mutazione è attorno a 10 -3, 10-4, viene introdotta 1 base sbagliata basi su 1000,
oppure 1 base sbagliata su 10000, ma siccome il genoma dei retrovirus è attorno a 10000 nucleotidi, vuol dire che ad
ogni replicazione un genoma che viene replicato contiene una mutazione. Per il virus è un vantaggio evolutivo,
consente di aumentare la diversità biologica della propria popolazione, permettendole un maggiore adattamento ai
cambiamenti ambientali sfavorevoli, dato che l’ambiente è la cellula, un cambiamento sfavorevole può essere
l’introduzione di farmaci antivirali. Le popolazioni di virus che si producono dalla replicazione dei retrovirus non sono
delle popolazioni omogene, vengono chiamate quasi specie-virali. Questa è una caratteristica sia della trascrttasi
inversa, ma anche di altre RNA-polimerasi (influenza ed epatite).

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L’allungamento del filamento progenomico avviene attraverso un
meccanismo di retrotrascrizione, che prevede una serie di fasi
complesse. Per poter retrotrascrivere e iniziare a copiare questo
filamento, abbiamo bisogno di un primer, che il virus porta con
sé, tRNA di un’arginina o di una lisina, che il virus ha rubato alla
cellula, nel ciclo replicativo precedente. Il tRNA ha la
caratteristica di avere all’estremità 3’-OH, gli ultimi 18 nucleotidi
complementari all’estremità PBS, ciò permette l’appaiamento del
tRNA sul filamento. Avviene la retrotrascrizione del segmento, si
aggiungono nucleotidi al 3’-OH del tRNA, cpon la formazione di
un ibrido DNA/RNA.
La trascrittasi inversa ha un attività di RNAsi H, è in grado di
degradare filamento di RNA, quando sono appaiati in un
Heteroduplex, in una doppia elica di cose diverse, DNA e RNA.
Taglia quindi il filamento di RNA che scompare.
A questo avviene il salto della polimerasi, il filamento si appaia
attraverso le basi complementari (verdi). All’interno del virione il
genoma non è lineare, ma è avvolto, le due estremità possono
essere ripiegate e trovarsi vicine, e si appaiano. Abbiamo quindi
un’estremità 3’OH libera su cui avviene di nuovo la trascrittasi
inversa, che allunga il filamento aggiungendo nucleotidi. Il
filamento superiore di nuova sintesi di DNA, tranne per il tRNA, il
filamento sotto è RNA, interviene ancora l’RNAasi H, che
degrada tutto l’RNA ibrido, tranne un piccolo pezzo che si
chiama tratto polipurinico (adenina e guanina) perchp più
resistente all’azione dell’RNAsi H, perché i legami tra adenina e
guanina sono più forti. Abbiamo l’estremità 3’-OH libero nel tratto
polipurinico, che funge da primer per l’allungamento della
seconda catena. La trascrittasi inversa aggiunge nucleotidi legandoli al tratto polipurinico, fino alla coppia del tratto
PBS, corrispondente al tRNA. L’RNAsi H taglia tutti i residui di RNA, sia il tRNA, che il tratto polipurinico, rimane quindi
un intermedio che è una doppia elica parziale, DNA/DNA. Si forma un’estremità adesiva quella corrispondente al PBS,
avviene il secondo salto della polimerasi. Ci troviamo due filamenti di DNA, tenuti insieme attraverso la
complementarietà delle basi e due estremita 3’-OH libere. Interviene quindi la trascrittasi inversa, e ciascun filamento
serve da stampo e da innesco l’uno per l’altro. La catena viene completata nelle due eliche complementari e
antiparallele. Quello che si ottiene è un DNA a doppio filamento con delle estremità duplicate, chiamate LTR
Nella figura sopra vediamo il filamento a RNA a
singolo filamento genomico, che inizia e termina
con delle estremità R, se andiamo a vedere il DNA
a doppio filamento che ne deriva le sequenze sono
un po’ diverse. Abbiamo delle terminazioni che
sono più lunghe, per un’aggiunta dell’estremità 5’
della sequenza unica U3 e all’estremità 3’ della
sequanza unica U5. In questo modo alle due
estremità che affiancano la sequenza codificante si
vengano a riscontrare due sequenze più lunghe
ripetute
U3 - R - U5, che vengono chiamate LRT, sequenze
lunghe terminali, che contengono le sequenze di
regolazione per la trascrizione genica. Contengono
le sequenze promotrici che favoriranno
l’espressione del virus.

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Un’altra possibilità di aumentare la diversità genia è quella che viene chiamata possibilità di ricombinazione. Quando
all’interno del capside abbiamo due filamenti identici del genoma virale, in realtà non sono mai identici, perché ad ogni
retrotrascrizione si accumulano gli errori. Nella scelta delle coppie, può anche essere che man mano che procede la
retrotrascrizione, in uno di questi passaggi si abbia un salto di stampo, cioè che l’intermedio di replicazione si vada a
legare all’’altra copia del genoma.
Al termine della retrotrascrizione abbiamo un doppio
filamento di DNA complementrae, che in parte circolarizza
perché si associa fino ai pori nucleari a delle proteine sia
cellulari che virali, come le integrasi, proteine che servono
per l’integrazione, proteine del nucleocapside. Si forma un
complessato di pre-integrazione o PIC. Il DNA provirale
entra nel nucleo, e viene ad essere integrato grazie
all’azione dell’integrasi, proteina enzimatica che la funzione
di tagliare un cromosoma cellulare, e lega all’interno le
sequenze provirale, che si comporta come un gene cellulare,
provirale perché non è ancora un virus. L’inserimento sulle
sequenze del virus, è un inserimento specifico, avviene a
livello delle LTR, mentre nella cellula è causale e questo può
determinare elle alterazioni delle funzioni della cellula. Alcuni
virus sono proprio oncogeni a seguito di mutazioni
inserzionali, vanno ad inserirsi in un punto dove
l’espressione genica è importante per la regolazione del ciclo
cellulare. L’integrazione porta delle modificazioni produce un
accorciamento di 2bp sul genoma virale e una duplicazione
di 4-6bp sul cromosoma cellulare.
L’integrazione è evento che determina una permanenza
stabile, all’interno della cellula. L’integrazione è per sempre,
adattamento che risponde a una pressione selettiva data dal
sistema immunitario. Pur eradicando l particelle virali, non si
potranno mai distruggere i provirioni dal genoma della
cellula. Per questo motivo dopo 35 anni di studi, non c’è
ancora una cura, un vaccino per la prevenzione dell’AIDS, perché muta continuamente, si presenta sempre con tante
facce, induce la generazione di tanti mutanti farmaco resistenti, grazie all’RNA-polimerasi che introduce tante
mutazione, e nonostante esistano dei farmaci molto efficaci che permettono di ridurre la carica virale nel paziente a
zero, non si riesce a eradicare il genoma provirale che si mantiene nelle cellule T di memoria. Il virus rimane nascosto
dall’organismo, nascosto dall’azione difensiva del sistema immunitario, per potersi riattivare all’occorrenza.

Abbiamo detto che le sequenze LTR


contengono le sequenze di regolazione
per la trascrizione genica. In particolare
la sequenza U3 è una sequenza che ha
la funzione di promotore virale, contiene
il TATA BOX, CAAT BOX, sequenze che
sono in grado di legare fattori di
trascrizione per la cellula e attivare la
trascrizione dei geni virali. Questi fattori
di trascrizioni potrebbero essere specifici
per cellule particolare e questo può
spiegare perché certi virus si replicano
meglio in certe cellule, che in altre. Le
cellule possono essere più o meno
permissive perle richieste di questi
fattori. TATA box lega la RNA-polimerasi
2 della cellula che dà luogo alla
trascrizione, che inizia in maniera
coordinata da R. Il genoma virale prima
aumenta di dimensione quando diventa provirus, che però deve produrre dei messaggeri di lunghezza opportuna,
quindi devono in qualche modo ripristinare la lunghezza genomica. Le sequenze promotrici sono su U3, e il trascritto a
piena lunghezza corrisponde anche al genoma virale, parte e finisce su R.
49
Essendo un gene simil-cellulare, viene trascritto dall’RNA-polimerasi 2 della cellula. Trascrivono una serie di
messaggeri che possono essere distinti in due tipologia:

- Messaggeri a piena lunghezza: colineari, complementari al DNA


provirale, con la differenza che la loro sequenza parte dalle
sequenze R. Questi escono dal nucleo e potranno andare o a
sintetizzare, ad essere tradotti in proteine che codificano per i
geni gag e gag-pol, oppure possono essere incapsulati nei nuovi
virioni che si stanno formando.
L’mRNA a piena lunghezze ha al termine di gag un primo codone
di stop che viene letto dai ribosomi nel 90% con la produzione di
un precursore gag piccolo. I primi tagli della proteasi sono
cotraduzionali. Il dominio proteasico si ripiega su se stesso e si
libera, andando poi a tagliare delle sequenze con senso per dare
i prodotti genici finale
Nel 10% il codone di stop non viene letto o a seguito di uno
scivolamento della griglia di lettura, oppure per la presenza di
tRNA che si legano alle sequenze di stop-codon come se non la
vedessero, associando a questa sequenza un amminoacido. La
traduzione prosegue fino a quando non si arriva al secondo
codone di stop. Dalla lettura del messaggero a piena lunghezza si
formano molte proteine gag e in una piccola percentuale si forma un precursore gag-pol che per taglio proteolitico
daròà origine oltre alle proteien strutturali anche alle proteine enzimatiche.
- Oltre a questi per una modificazione post-traduzionale si assiste ad un evento di spling, per cui l’mRNA a piena
lunghezza viene rimaneggiato, tagliato dalle sequenze considerate introniche (gag-pol) e poi ricucito. Si forma un
RNA più piccolo che codifca per le sequenze env. Questi messaggeri vengono letti e tradotti sui ribosomi
associati al RER in modo tale che le proteine di membrana si associno ai compartimenti esocitici e attraverso la
via esocitica si portino alla membrana plasmatica

Nei retrovirus sono presenti molti strategie di economia del


genoma: splicing del RNA, lettura o non lettura degli stop-
codon, clivaggio delle proteine e il frameshifting ribosomiale,
che permette la formazione del precursore più lungo gag-pol.
A questo livello ci può essere uno sfasamento della griglia di
lettura c’è un frameshifting di -1 si ottiene che la sequenza di pol è in una griglia di lettura differente rispetto a gag.
Questo aumenta la possibilità di codificazione delle proteine. Lo sfasamento della griglia di lettura significa che fra una
tripletta e l’altra si forma un’ansa. La ripresa della traduzione può avvenire mantenendo la stessa griglia se l’ansa
contiene un numero di nucleotidi pari a 3 o multiplo di 3, se il numero di nucleotidi è diverso da 3 o da multipli di 3 tutta
la sequenza a valle avrà una griglia diversa.

50
È avvenuta l’espressione genica si è
replicata il genoma virale, abbiamo nel
citoplasma i precursori delle proteine
strutturali, abbiamo i nuovi genomi e sulle
membrane plasmatiche sono inserite le
glicoproteine dell’envelope. A livello della
membrana comincerà l’assemblaggio dei
capsidi e dei virioni. Le code
citoplasmatiche delle proteine
dell’envelope prendono contatto con le
proteine della matrice, le quali sono legati
alle proteine si assoceranno con le
proteine della matrice, associate a loro
volta alla grande poliproteina. La
piattaforma molecolare sulla membrana
plasmatica determina un’estroflessione
della membrana, il virus comincia a
gemmare. Il virione viene rilasciato nello
spazio esterno. Non è ancora un virus infettante, per poter diventare infettante la proteasi deve continuare a tagliare i
precursori o gli intermedi dei precursori, fino ad arrivare alla scomposizione totale del precursore. La maturazione non
è solo morfologica, strutturale ma è anche funzionale. La proteasi è un target dei farmaci retrovirale, perché inibendo
la proteasi si inibisce la maturazione del virus, un altro target è l’enzima intgrasi e la trascrittasi inversa

51
1.05.2020
SARS-CoV-2
Questa avventura è datata ufficialmente al Dicembre 2019, quando è
emersa questa nuova malattia caratterizzate da polmoniti atipiche a
eziologia sconosciuta. Focolai di polmoniti la cui causa era sconosciuta. In
pochissimo tempo, nel giro di una settimana, 10 giorni il virus, è stato isolato
da pazienti, e caratterizzato, fu identificato come un nuovo, cioè mai
riscontrato all’interno della popolazione umana, coronavirus umano.
Dall’analisi genica emerse che era un virus strettamente correlato con quello
della SARS, emerso nel 2002/2003, per questo denominato SARS-CoV-2. La malattia è stata denominata
ufficialmente COVID-19. Come HIV è il virus dell’immunodeficienza acquisita, e AIDS è la sindrome di
immunodeficienza acquisita, quindi la malattia. Questo virus, ed è stato isolato la prima volta Whan, una cittadina
molto grande, nella parte centro-meridionale della Cina e si è diffuso molto velocemente. Il 31 Gennaio
l’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato uno stato di emergenza sanitaria di interesse internazionale, ha
lanciato un’allerta ufficiale a tutti i governi globali, e l’11 Marzo l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia. Dichiarare lo
stato di pandemia significa imporre ai governi una serie di misure, che prevedono una preparazione nell’attesa di un
eventuale arrivo della pandemia nel proprio paese e una serie di piani strategici per monitorare e per far fronte ad
un’emergenza improvvisa. Whan è una grandissima metropoli, conta 11 milioni di abitanti, 2-3° città per importanza
della Cina, quartiere generale delle principali industrie automobilistiche, tecnologiche, e tessili, ed è per questo un
attivissimo snodo aereo per le principali destinazioni nazionali ed internazionali. Proprio attraverso il trasporto globale
in pochissimo tempo il virus si è trasmesso da questa zona, ben definita, a moltissimi altri paesi. In questa città come
in tante altre città della Cina convivono due anime, due aspetti: metropoli moderna, altamente tecnologizzata, ma
anche antiche tradizioni. In queste città sono ancora presenti i mercati di animali vivi, vengono chiamati wet marcket,
mercati in cui moltissime specie animali, sia di uso comune, ma anche animali selvatici, vengono portati in questi
mercati vivi e ammassati. Vengono macellati al momento, il cliente sceglie l’animale, che viene macellato in condizioni
igieniche assolutamente insufficienti. Questi mercati sono considerati una fonte di grande propagazione di eventuali
nuovi virus, che potrebbero passare dagli animali all’uomo, proprio per questa grande promiscuità, di animali di specie
diverse, molti selvatici. Proprio qui nel mercato di Whan, sono stati riscontrati i primi casi di SARS-CoV-2.
Poi c’è stato un altro aspetto che ha favorito la rapida trasmissione del virus. A Gennaio, il 25, cadeva la data del
capodanno cinese, festa molto attesa e importante, come il nostro Natale, miliardi di persone sono in vacanza e si
riuniscono in grandi banchetti, le persone che lavorano all’estero riornano, c’è una grande mobilitazione di persone. Il
numero dei malati è cresciuto vertiginosamente ed è seguita la decisione del governo di Whaun di imporre il lock-
down, quarantena totale. Epidemia contagiosa perché il virus è un virus nuovo, che trova una popolazione
estremamente suscettibile, prive di difese immunitarie, è un virus che si diffonde rapidamente all’interno della
popolazione, perché non trova degli anticorpi presistenti possano bloccare il diffondersi della malattia. La patogenesi,
la modalità attraverso cui il virus induce la malattia è sconosciuta, quindi di difficile trattamento.
Per ogni passaggio del virus in una nazione, si possono analizzare gli isolati virali e individuare le eventuali mutazioni
che intercorrono durante l’evoluzione del virus. Alla diffusione si possono associare degli alberi filogenetici che ci
mostrano come il virus muta. L’infezione per lo più è asintomatica, il che non facilita il controllo, anche le persone sane
possono trasmettere il virus. Attualmente le persone infette sono 6 milioni, valore sottostimato, molte persone vivono
la malattia a livello domestico, non ufficializzate, casi di morte 360.00. Il virus è diffuso in 216 paesi.

CARATTERISTICHE BIOLOGICHE:
Virus con envelope sul quale ci sono spine glicoproteiche a testa globulare e uno stelo molto
lungo e quando sono osservate al TEM queste spine conferiscono al virione un aspetto a
corona solare. Sono virus molto diffusi in natura e possono contagiare molte specie animali
causando una varietà di malattie o molto blande o molto severe con gravità variabile. Questi
virus si pensano derivati da unico genitore ancestrale, ignoto, e poi trasmessi da specie aviarie
che poi si sono evoluti a formare raggruppamenti che vengono individuati, con alberi
filogenetici, in gruppi detti alfa, beta, gamma, delta e altri. Nell’uomo sono responsabili di
infezioni respiratorie e gastrointestinali, nell’uomo troviamo solo alfa e beta e al momento ce ne
sono 7 di corona virus. I 4 più comuni sono rappresentati da virus che fondamentalmente sono
virus respiratori blandi che infettano vie respiratorie superiori e generalmente causano semplici raffreddori, come 229E
e NL63 che sono coronavirus alpha, OC43 e HKU1 che sono coronavirus beta. I raffreddori di origine virale nell’uomo
sono causati o da coronavirus o da rinovirus. Sono tutti a singolo filamento di RNA a polarità positiva. Negli ultimi 20
anni sono emersi altri virus che hanno dato epidemie associate a malattie più severe: SARS CORONAVIRUS
(sindrome respiratoria acuta severa), il MERS emerso in regioni mediorientali con sindromi respiratorie e
gastrointestinali e infine il SARS CORONAVIRUS 2.

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Origine zoonotica, abbiamo detto che i virus possono avere un tropismo di ospite grazie al riconoscimento di recettori
particolari sulla superficie delle cellule e anche al contenuto della cellula stessa, per questo motivo i virus non
superano la barriera della specie, in particolari condizioni però che possono derivare o da un’alta carica virale o da
uno stato immunitario del ricevente molto alterato, o da mutazioni questi virus animali possono infettare l’uomo, si
parla di zoonosi cioè salto di specie, spill over, passaggio di un virus da una specie all’altra che può avvenire o
direttamente o con ospite intermedio. Il virus animale può infettare la singola persona, queste infezioni vengono
chiamate dead-end, perché la persona infetta, essendo sprovvista di anticorpi, verso quel particolare virus, soccombe,
dato che il sistema immunitario non è in grado di difendersi, ma il virus non ha la possibilità di diffondersi all’interno
della popolazione umana. Questo può essere un periodo di adattamento del virus, quando però a seguito di un
accumulo di mutazione a carico del virus, che acquisisce non solo la capacità di infettare le cellule dell’uomo ma
anche di trasmettersi all’interno della popolazione, allora si ha una nuova origine dell’epidemia.
Questi coronavirus sono noti per essere virus che possono dare origine a zoonosi emergenti, negli ultimi 20 anni
questi episodi sono emersi almeno 3 volte: SARS, MERS, SARS-CoV-2.
Per la SARS non è stato ancora identificato in maniera equivocabile l’ospite intermedio, si era pensato al pangolino,
ma analisi genetiche più recenti fanno pensare a una trasmissione diretta dal pipistrello all’uomo, per la MERS, l’ospite
intermedio sembra essere il dromedario o il cammello, per il COVID-19 l’ospite intermedio non è stato ancora
identificato. Queste 3 patologie hanno caratteristiche diverse la SARS è stata un’epidemia molto rapida che si è
contenuta in brevissimo tempo, con una letalità del 10%, (letalità = numero di decessi / numero totale di infetti) virus
molto contagioso con una letalità relativamente ridotto, la MERS ha avuto un numero di casi più bassi, ma un numero
di decessi molto più alto, una letalità del 34%. Il SARS-CoV-2, ha una letalità media del 6% che varia a seconda della
popolazione in cui si misura. Quello che è successo quest’anno non è una cosa impensata imprevedibile, fa parte
della natura dei virus.
ANALISI GENETICA:
Quando è stato isolato il virus, questo è stato coltivato e poi studiato estraendone il genoma, decodificandolo e
sequenziandolo con metodo di Sanger e poi allineato con tutti i genomi di corona virus conosciuti. L’analisi filogenetica
ha rilevato che SARS-CoV-2 è un Beta-coronavirus, lineare B, strettamente correlato a un SARSCoV-like (SL) CoV,
RAT TG13, un coronavirus di pipistrello, isolato in Cina nel 2013 in una grotta dello Yunnan. Se lo confrontiamo con il
virus della SARS-CoV-1 notiamo che questo è più simile al coronavirus di altri mammiferi, come lo zibetto. Il virus
della SAR-CoV-1 e SAR-CoV-2 non sono simili tra di loro, ma sono più simili ad altri organismi, che sono stati
sospettati di essere gli ospiti intermedi. Per molto tempo si è pensato che il SAR-CoV-1derivasse da un virus dello
zibetto, mentre il virus nuovo ha omologia di sequenza molto alta in alcuni segmenti del genoma del 96% con un virus
del pipistrello. Quindi si pensa che sia emerso da un pipistrello.

I pipistrelli possono essere serbatoi di nuove infezioni, molto studiati e possono essere considerati potenziale minaccia
alla salute pubblica. I pipistrelli sono mammiferi molto antichi, comparsi 65 milioni di anni fa, hanno avuto tempo per
evolversi e coevolversi con ospiti nelle loro cellule, inoltre sono molto numerosi, circa 1/4 dei mammiferi esistenti con
grande diversità, più di mille specie. Possono essere quindi infettati da molteplici virus, hanno una vita media, rispetto
alla loro massa, lunga fino a 40 anni, un topolino della stessa massa vive fino a 2 anni e quindi devono avere sistemi
di omeostasi complessi. Vivono in comunità ammassate e questo permette la trasmissione e la ricombinazione di virus
diversi che può generare un’estrema variabilità. Hanno unicità per spiegare tolleranza a infezioni virali: sono gli unici
mammiferi volanti, la capacità di volare e correlata al poter trasmettere il virus in regioni anche molto distanti inoltre il
poter volare ha permesso al loro sistema di evolvere una tolleranza a specie reattive dell’ossigeno, alle molecole che
si formano a seguito dello stress ossidativo; l’azione del volo produce cataboliti che potrebbero disturbare la cellula ma
i pipistrelli hanno evoluto sistemi per contrastare questi metaboliti e tutte le reazioni infiammatorie, che accompagnano
la difesa e la riparazione del danno. Hanno sistema immunitario particolare, con tolleranza per le infezioni che
possono essere patogeni per altre specie.

Scienziata cinese, virologa, Shi Zhengli, direttrice del laboratorio di biosicurezza 4, in Whan, che è stat la principale
imputata. Si è sospettato che il virus in Whan fosse stato manipolato e poi sfuggito, l’analisi filogenetica ha dimostrato
che questo virus è estremamente simile, omologia di sequenza altissima, a dei virus già presenti in natura oppure che
lo stoccaggio di questi virus di pipistrelli che lei ha isolato e studiato, siano sfuggiti e entrati nella popolazione, anche
se questa ipotesi è stata negata dal governo cinese, che nega l’esserci un virus con quel genoma nel laboratorio. La
natura è in grado, da sola, di creare e di evolvere dei microrganismi che possono indurre le pandemie.

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VIRIONE:
Sferico con 120 nm di diametro, con envelope lipidico, importante perché questa doppia
membrana lipidica determina sensibilità ai detergenti, che può essere sciolta da solventi
organici, soluzioni alcoliche, e da saponi. Vi sono poi 3 proteine di membrana, la più
grande (rossa) viene chiamata spike, una proteina di matrice (arancione) che serve a
tenere insieme l’envelope con il core sottostante e poi proteina piccola, proteina E (gialla),
dell’envelope con funzione poco chiara, forse per assemblaggio del virione.

Dall’interno abbiamo un genoma singolo


filamento a RNAdi circa 30 kpb associato
a una proteina nucleocapsidica basica che si associa al genoma per
formare nucleocapside e poterlo compattare.

La proteina più importante è la proteina spike è una


glicoproteina dell’envelope che media l’attacco al recettore e la
fusione alla membrana e quindi determina ingresso del virus. La
fusione avviene alla membrana plasmatica o alla membrana
endosomiale, quindi può essere pH dipendente o meno in base
al tipo di cellula che ospita infezione e in base al tipo di proteasi
che attiveranno la proteina. Queste proteine sono omotrimeri,
con 3 subunità identiche e ciascun monomero, è di 180kD, ed è
formato da una testa globulare S1 che contiene sito di legame
al recettore e dopo il taglio proteolitico si libera anche S2 che
contiene il peptide di fusione di classe I. Viene codificata come
un unico precursore e poi subisce dei tagli proteolitici, per
potersi attivare deve subire due tagli proteolitici ci sono due siti
di taglio, uno che serve per allontanare la testa globulare e uno
per liberare peptide di fusione che attiva le proprietà
fusogeniche. È una proteina che lega un recettore detto hACE2,
enzima di membrana che serve a convertire l’angiotensina umana. È molto studiata perché essendo la proteina più
esposta è il bersaglio della risposta degli anticorpi dell’organismo e si sono focalizzati su di essa per formare nuovi
vaccini.

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La sequenza amminoacidica del sito di legame al recettore della proteina spike del nuovo coronavirus è stata appaiata
con sequenze analoghe delle proteine spike isolati da altri coronavirus correlati, e si è notato essere molto simile alle
spike del coronavirus dei pipistrelli e del pangolino, ipotetico intermedio. I siti importanti che interagiscono
nell’interfaccia tra il recettore e l’antirecettore, sono molti siti conservati (cerchiati in blu). Nel sito di legame del
recettore ACE2 ci sono 6 amminoacidi critici per il legame, 5 dei quali sono diversi nel SARS-CoV-2, rispetto al SARS-
CoV-1 ma questo riesce a legare il recettore. Questo potrebbe determinare una maggiore affinità per il recettore, e
potrebbe spiegare la maggiore contagiosità del SARS-CoV-2. (97% AA identici con RaTG13 e 76% AA identici cons
SARS-CoV-)
Inoltre nella proteina spike del nuovo coronavirus, nel secondo sito di taglio proteolitico è stata evidenziata una serie di
amminoacidi basici, le arginine, che corrispondono a delle sequenze di senso per dei siti di taglio, questa sequenza
manca negli altri coronavirus. Potrebbe essere una mutazione derivata da ricombinazione con altri SARSCoV-like
presenti nei pipistrelli e che potrebbe aver generato una maggiore efficienza di taglio, o un maggiore riconoscimento di
proteasi all’interno dell’ospite. Il recettore ACE2 è espresso in alcune cellule dell’epitelio polmonare, nell’arterie, nel
rene e nell’intestino.
Nel momento in cui il virione si avvicina alla
membrana plasmatica, incontra il proprio
recettore e qui può incontrare le proteasi che
tagliano S1o S2.
Il primo taglio sembra essere operato da una
furina della cellula, quindi durante il percorso
esocitico della proteina attraverso il golgi mentre
il taglio che attiva la fusogenesi è dato da una
proteasi TMPRSS2, serinproteasi associata alla
membrana. Gli inibitori delle proteasi possono
essere bersagli per la sintesi di farmaci che
servono proprio a inibire l’ingresso del virus. La
fusione può avvenire nella membrana
plasmatica o endosomiale in base alla
localizzazione delle proteasi.

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GENOMA:
Monopartito lineare con polarità positiva e genoma
lungo, più lungo di tutti i genomi virali e si è visto che la
RNA polimerasi ha un’attività di correzione degli errori,
chiamata attivtà 3’-5’ endonuclasica. Questo si pensa
essere il motivo per cui questo virus ha un genoma così
lungo e stabile, che subiscono meno mutazioni per ogni
ciclo replicativo. Hanno un 5’ cap e un 3’ poli A.
Abbiamo due grandi geni ORF1A e ORF1B che
codificano per almeno 16 proteine non strutturali, NSP
1-16 e il genoma appena entra nella cellula non viene
codificato tutto ma vengono tradotti solo questi due
grandi geni, tradotti in una grande poliproteina che viene
tagliata, all’interno di questi blocchi ci sono proteasi e
RNA-polimerasi RNA-dipendente.
Il terzo blocco di geni, che codifica per proteine
strutturali, proteina spike, proteina dell’envelope, della matrice, nucleoproteina vengono codificate successivamente a
parte, non dall’RNA messaggeri che entra subito ma da mRNA subgenomici. Quindi pur essendo della quarta classe
replicativa, hanno un ciclo di replicazione differente e più complesso.
Il primo evento della
replicazione è la traduzione
del primo blocco (ORF1a e
ORF1b), inizialmente si viene
a formare una grande
proteina, che poi viene tagliata
nelle singole componenti. Tra
il gene ORF1a e ORF1b c’è
uno stop-codon che può
essere letto come no per uno
scivolamento della griglia di
lettura, per un frameshifitng
dei ribosomi. La traduzione
termina alla fine di OFR1b. Le
più importanti sono delle
proteinasi e delle proteasi e
l’RNA-polimerasi RNA-
dipendente.

Da terzo blocco si formano degli altri RNA subgenomici,


in cui ciascun gene è codificato da un suo mRNA. Si ha
un messaggero per la proteina E, M, spike, ecc. Tra le
proteine non strutturali c’è la proteina NS1 con il ruolo di
spegnere la sintesi delle proteine cellulare, degradando i
mRNA
Le proteine non strutturali prodotte, vanno ad interferire
con le membrane degli endosomi e formano una serie di
vescicole a doppia membrana. Questa vescicolazione
serve a concentrare tutti gli enzimi replicativi, all’interno
delle vescicole avviene la replicazione del genoma a
piena lunghezza e la formazione degli mRNA
subgenomici che codificano per le proteine strutturali.
Quando tutte le proteine sono presenti nel citoplasma, si
assemblano a formare il capside, che acquisisce
l’envelope in un compartimento del Golgi per poi
fuoriuscire dalla cellula.

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