Fede e ragione
Si crede prima e poi si ha la luce nella stessa ragione, poiché
dall’altezza si può contemplare la valle e misurare l’altezza, mentre dalla
valle non può contemplarsi l’orizzonte dell’altezza. È una cosa di grande
importanza: non si va alla fede scrutando, ma si può scrutare quando si
crede, per amare, contemplare e credere maggiormente.
Gli sforzi della ragione umana precedenti la fede sono utili solo a
spingerci a Dio, ricercando da Lui la fede; ma questa è luce trascendente e
vivificante che non si trova nelle povere caverne della ragione, appena
fosforescenti. È più bello illuminare la ragione col sole della fede che
pretendere di far luce col lucignolo della ragione. Noi non ponderiamo
quanto è meschina questa nostra ragione di fronte alla luce ineffabile di
Dio; per questo le diamo tanta importanza. I santi semplici che si sono
abbandonati alla luce di Dio, hanno avuto sempre una ragione illuminata
immensamente più di quella dei grandi pensatori della nostra povera terra.
Maria credé: «Ecco la serva del Signore…»
Maria credé al grande mistero che le si annunciò e credé
all’effusione dello Spirito Santo in Lei. Curvò la fronte con immensa
umiltà, aprì il cuore con piena dedizione, e pronunciò quelle ammirabili
parole che dovevano far compiere il grande mistero dell’Incarnazione del
Verbo: Ecco la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola. Fu
un momento solenne che la povera penna non sa rendere; fu il momento
delle nozze d’una creatura con l’eterno Amore, e della discesa del Verbo
nel suo immacolato seno. Si direbbe che questa discesa d’amore fu come
l’immenso peso che fece traboccare la bilancia della misericordia, e
sollevò Maria fin là dove il Verbo era disceso, fino alle altezze eterne.
Maria si raccolse in silenzio, s’inabissò in Dio, si donò a Lui interamente,
umiliandosi fino alla polvere del proprio nulla. Sparì quasi in questo atto di
profondissima umiltà, e pregò ardentemente. Avvertì una grande pace, e
sentì rifluire nella sua vita una corrente di purezza sterminata.
Il suo corpo sembrava fosse diventato spirito, tanto era luminoso e
diafano in quella gran luce che l’adombrava. Fu tutta come un cantico
vivente d’amore: cantavano le sue potenze nell’armonia dei doni dello
Spirito Santo, rifulgeva l’intelletto di sapienza divina, rifulgeva la volontà
tutta unita a quella di Dio, l’inondava una luce immensa di scienza celeste
per la quale conversava nei cieli, anzi nella pace amorosa della Santissima
Trinità, poiché da quel momento Dio la chiamava quasi nel divino
consesso: era infatti la Figlia, la Sposa, la Madre di Dio, aveva in sé
l’immagine più grande della Santissima Trinità, era principio generante del
Verbo Incarnato, l’aveva nel suo seno, congiunto a sé per l’eterno Amore,
e poteva rispondere, come eco, alle eterne parole: Ex utero ante luciferum
genui te, dette da Dio Padre, con le parole del suo amore materno: Dal mio
seno, nella luce di Dio ti ho generato. È mirabile! Dio parlando della
generazione eterna del Figlio paragonò il suo eterno seno all’utero
verginale, perché non fosse sembrato strano che da una Vergine un giorno
potesse essere concepito il Verbo Incarnato, e Maria poteva paragonare il
suo utero al seno eterno di Dio Padre!
Padre Dolindo Ruotolo