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RICERCA, SVILUPPO E INNOVAZIONE: EVOLUZIONE E PANORAMA ATTUALE.

Innovare è un processo che richiede adattamento e riorganizzazione dei processi produttivi di


un’impresa, che può realizzarsi acquisendo nuovi mezzi di produzione e nuove tecnologie.
Uno strumento fondamentale per innovare è rappresentato dall’attività di Ricerca e Sviluppo (R&S)
descritta come «complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere
l’insieme delle conoscenze, sia per utilizzare tali conoscenze per nuove applicazioni».
Essa richiede risorse tecnologiche e umane di elevato livello e presuppone una componente di
rischio data dal mancato ottenimento di risultati spendibili.
Si tratta di un settore peculiare sul quale l’economia di un Paese dovrebbe investire risorse
proporzionate per assicurare un livello di redditività e di lustro innovativo del proprio sistema
produttivo.
In seguito allo scoppio della crisi del 2008, gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione
hanno conosciuto un considerevole aumento: in tale contesto l’obiettivo era quello di risollevarsi
dopo un periodo di forte depressione, puntando, anche attraverso la destinazione di risorse in
Ricerca e Sviluppo, alla creazione di un modello europeo improntato al rafforzamento economico e
alla salvaguardia da recessioni future.
Nel 2011 viene emanato il regolamento che istituisce il programma quadro di Ricerca e Innovazione
“Horizon 2020”; si tratta dell’ottavo dei programmi quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico
incentrato sulla necessità di integrare ricerca e innovazione.
Nell’ambito di tale importante manovra legislativa l’UE si è posta l’ambizioso obiettivo comune di
raggiungere la soglia del 3% di PIL destinato agli investimenti in ricerca e innovazione.
Analizzando i dati Eurostat ad oggi disponibili, si osserva come nel 2012 l’UE abbia raggiunto la
soglia cuscinetto del 2%, arrivando però nel 2017 a destinare solamente il 2,08% del PIL. Dunque,
traguardo vicino ma raggiungibile solo con un ulteriore sforzo. I Paesi maggiormente virtuosi in tale
classifica, sempre facendo riferimento ai dati Eurostat, nel 2017 sono stati: la Svezia con il 3,33%
del PIL, l’Austria con il 3,16% del PIL, la Danimarca con il 3,06% del PIL e la Germania con il
3,02% del PIL.
L’Europa, pertanto, risulta ancora indietro rispetto alle grandi potenze, persino superata dalla Cina,
unica grande nazione rimasta indietro fino al 2015.
Considerando la spesa italiana in R&S, si evidenzia come essa abbia subito un calo, passando da
7,9% nel 2010 a 7,6% nel 2011, attestandosi notevolmente al di sotto della quota tedesca (28,3% nel
2010 e 29,1% nel 2011) e di quella francese e inglese entrambe superiori al 10%.

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La spesa italiana in R&S pro capite rimane notevolmente inferiore ai livelli della Germania, Francia
e Regno Unito, mentre supera quella spagnola e portoghese.
Analizzando l’andamento dei brevetti, nel 2011 si assiste ad un calo del 6,1% delle domande di essi
presentate all’EPO.
Sei si considera invece l’impatto economico dell’attività di ricerca e innovazione, invece, non si
assiste ad una variazione della quota degli occupati nei settori high-tech nel 2012.
Una ragione di questa crescita è da individuarsi nella maggiore specializzazione in ambito
tecnologico che il genere femminile ha raggiunto negli ultimi anni.
Esaminando la diffusione delle attività innovative, si può notare come i due terzi della spesa in R&S
siano concentrati in cinque regioni: Lombardia (20,6%), Lazio (13,7%), Piemonte (11,8%), Emilia-
Romagna (13%) e Veneto (9%).
Una delle cause dell’arretratezza italiana è la scarsa presenza di ricerca industriale.
Il contributo degli investimenti privati italiani in R&S (53%) è ancora molto lontano dalla media
europea (63,1%) nonché da altri Paesi quali Germania (67,7%), Francia (63,9%) e Regno Unito
(63,6%).
In Italia solo il 56% delle persone tra i 16 e i 74 anni usa internet almeno una volta alla settimana,
data inferiore alla media europea del 72%, che comporta la collocazione del nostro Paese in fondo
alla graduatoria.
Con riferimento alle sole imprese, la spesa per Ricerca e Sviluppo supera il 75% nelle citate cinque
regioni. In particolare, tra le regioni più virtuose è la Lombardia a contribuire di più alla spesa
complessiva (25,2%).
Facendo riferimento al numero di addetti alla R&S per mille abitanti si può notare un trend simile
per tutte le regioni del Paese, sebbene i livelli di partenza e di arrivo siano notevolmente
differenziati.
Il Nord-est risulta l’area con la più ampia crescita; si individuano infatti circa 3 addetti nel 2002
fino ad arrivare ad oltre 5 addetti nel 2021; il Nord-ovest e il Centro presentano un incremento
inferiore pur attestandosi su valori più elevati.
Il Mezzogiorno presenta valori e una crescita notevolmente inferiori, passando da 1,5 addetti nel
2002 a 2 addetti nel 2012.
La media nazionale si allinea sui 3/4 addetti.
Per quanto riguarda invece l’andamento relativo all’incidenza della spesa in R&S sul PIL, conferma
con discreta approssimazione le dinamiche relative al numero di addetti nel comparto di riferimento
nel quale si denota l’assenza di un pattern comune alle diverse macroaree del Paese.

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Nord-Ovest e Centro presentano la più alta spesa, rimasta stabile nel periodo 2002-2012; mentre il
Nord-Est è l’area in cui si è verificata la crescita maggiore passando dallo 0,9% nel 2002 a circa
l’1,3% nel 2012.
Il Mezzogiorno pur presentando un livello inferiore (intorno allo 0,8%) si mantiene stabile nel
tempo.
A livello nazionale, invece possiamo notare un modesto e costante aumento nel tempo in particolare
dal 2002 al 2008-2009 per poi stabilizzarsi fino al 2011 e subire una leggera ripresa dal 2011 al
2012.
Pertanto, la dinamica positiva riscontrata a livello tendenziale nel Sistema Paese è diretta
conseguenza della buona performance delle regioni del Centro Italia che hanno sperimentato già a
partire dagli anni Novanta un importante processo di sviluppo economico dovuto ad una crescente
internazionalizzazione della grande e della piccola-media impresa.
Tuttavia, nel contesto europeo c’è un crescente dibattito sul futuro della politica europea della
Ricerca e Innovazione, con opinioni divergenti sulle priorità e sugli strumenti politici da adottare in
Horizon Europe, il successore del programma europeo di ricerca Horizon 2020.
Da un lato, vi è la pressione per concentrare le risorse dell’Unione Europea nei principali attori e nei
settori di maggiore forza, con il rischio di peggiorare le divergenze in materia di Ricerca e
Innovazione in Europa.
Dall’altro lato è stata proposta una nuova strategia basata su programmi di Ricerca e Innovazione
“mission-oriented”, che riflettono più ampie priorità economiche, sociali e ambientali.

Bibliografia

Elaborazione degli autori su dati ISTAT Ricerca e Innovazione – Ind. 152.


Elaborazione degli autori su dati ISTAT Ricerca e Innovazione – Ind. 396.
Elaborazione degli autori su dati ISTAT Ricerca e Innovazione – Ind. 148.
Elaborazione degli autori su dati ISTAT Ricerca e Innovazione – Ind. 092.
Elaborazione degli autori su dati ISTAT Ricerca e Innovazione – Ind. 114.
Elaborazione degli autori su dati ISTAT Ricerca e Innovazione – Ind. 251.

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Lamy Report (2017) Lab-Fab-App - “Investing in the European future we want”. Report of the
independent High Level Group chaired by Pascal Lamy, European Commission, DG Research and
Innovation, 2017.
 Mazzucato M, “Mission-Oriented Research & Innovation in the European Union. A problem-
solving approach to fuel innovation-led growth”, European Commission, DG Research and
Innovation, 2018, Brussels.

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